BERLINO, POTSDAM

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BERLINO, POTSDAM
Università degli Studi di Firenze
Master in Paesaggistica
APPUNTI PER IL QUARTO VIAGGIO DI STUDIO
DELLA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE/MASTER IN PAESAGGISTICA
(25/29 luglio 2004)
BERLINO, POTSDAM
a cura di Anna Lambertini e Beatrice Mosca
BERLINO: ITINERARI DEL CONTEMPORANEO DENTRO LE TRASFORMAZIONI
di Anna Lambertini
"1946. Polvere di mattone...polvere di mattone dappertutto! Nell'aria, nei vestiti, tra i denti e non so ancora
dove...A quei tempi, quando tutt'intorno c'erano solo rovine e montagne di calcinacci dove riuscivi a
passare,...
1961. ..quando da un giorno all'altro hanno tirato su il Muro...Molri corsero a dimostrare, protestando
davanti al Reichstag o da altre parti, io no.
1963. Un sogno abitabile...audacemente progettata...vicino all'orribile Muro...una nave incagliata di nome
Filarmonica..
1995. Solo qui, a Berlino, dove ...il Reichstag impacchettato...é diventato un avvenimento...qui, solo qui,
dove pochi anno addietro i giovani hanno ballato sul Muro...Lasciatemi concludere la mia cronaca...con
uno sguardo al futuro: qui a Berlino, é giá cominciato...qui, in questa cittá un tempo divisa e che ora cresce
riunita".1
PAROLE TRA VUOTI E PIENI
Una visita a Berlino è come fare un salto dritti dentro il cambiamento: la cittá simbolo della Germania
riunificata vive nella condizione del mutante e continua a cambiare pelle ad una velocità prodigiosa.
A quindici anni dalla caduta del muro, la capitale resta il più grande cantiere d' Europa, tanto che a
qualcuno è parso di poterla definire come un solido "manuale di progettazione": innumerevole la quantitá
di articoli, saggi, cronache, immagini a documentazione e commento degli effetti prodotti dai poderosi
interventi di riqualificazione urbana, segnalati anche dalla incredibile densitá di gru metalliche sospese sul
panorama della cittá.
Differenza, contrasto e trasformazione2 sono le tre parole chiave che possiamo usare per entrare
nell'anima della città, parole per leggere il quadro generale di interventi che ad un ritmo incalzante le
stanno conferendo nuova immagine, altre identità, e che possono riassumere anche gli aspetti vitali della
cittá, quelli legati alla dimensione quotidiana. Proviamo a capire perché.
Differenza. Tra le parti fisiche della cittá: quella orientale, congelata in quasi trent'anni di isolamento dietro
il Muro in un clima di drammatica attesa, cresciuta quasi in silenzio ma vigorosamente: blocchi residenziali
da cinque a dieci piani e torri fino a 25 piani (chiamati in gergo die Platten, le piastre, in riferimento ai
materiali prefabbricati utilizzati per la loro costruzione) furono realizzati per dare alloggio a piú di 70.000
persone, applicando i principi del movimento moderno luce-aria-sole. Ma la storia é la solita, la quantità
prevalse sulla qualità, e la cittá dei nuovi insediamenti, se pur formata da un soddisfacente rapporto
pieni/vuoti che lasciava a disposizione ampie aree libere, risultò deprivata di valori estetici, con le sue
facciate piatte e monocolore, e scarsamente dotata di servizi commerciali e terziari. Berlino Est aveva
peró la sua Torre della Televisione, la piú visibile testimonianza della modernitá dello skyline urbano, ed il
suo serbatoio di valori della storia collettiva: l'Isola dei Musei, la Porta di Brandeburgo e l'Unter der Linden,
la Humboldt Universitat. C'era al tempo un luogo comune, qualcosa che faceva pensare a chi arrivava da
fuori che il colore del cielo sopra Berlino est fosse diverso, un po' piú grigio, un po' piú sporco.
La parte occidentale si é sviluppata come centro pulsante di frenetica attivitá, con la sua scena urbana
moderna plasmata attraverso gli ingenti investimenti del piano Marshall, che nel corso degli anni
Cinquanta diedero licenza di demolire e ricostruire. Una cittá che doveva apparire quasi come una rutilante
vetrina del benessere della societá democratica e capitalista, che si accendeva anche di notte per
scintillare come una specie di isola-miraggio. E poi, giovane, multietnica e colorata, con "l'esposizione
delle merci" nel Ku-damm e gli edifici dalle facciate colorate occupati da studenti e artisti a Kreuzberg, con
1
Günter Grass, Il mio secolo - cento racconti, Einaudi, Torino 1999. Citato in Daniela Fondi, Berlino, contrasto e
trasformazione, in DEL VECCHIO MASSIMO, FONDI DANIELA, a cura di, Ricognizioni berlinesi oltre il muro, Edizioni
Kappa, Roma, 2001. Pagg. 23 - 34
2
Cfr. Daniela Fondi, op. Cit., Roma, 2001. Pagg. 23 - 34
il piú notevole parco del sistema di paesaggio urbano ideato da Lenné, il Tiergarten, ed i boschi di
Spandau e del Grünewald.
La differenza sostanziale é nel di qua/di lá dal Muro, nel prima e nel dopo il Muro. La differenza si mostra,
necessariamente, anche nelle modalitá e nei principi guida adottati nell'affrontare il riordino morfologicofunzionale dei pieni e dei vuoti della cittá unificata, nella definizione delle figure del nuovo scenario e del
nuovo immaginario nelle diverse porzioni urbane. Pesano gli annosi, tradizionali (inutili?) antagonismi
concettuali e culturali delle categorie del moderno: innovazione contra tradizione, pieno contra vuoto,
conservazione contra demolizione. Antagonismi che la retorica del post-moderno in fin dei conti non é
certo riuscita ad eliminare. Le polemiche sull'operazione di ricostruzione del vuoto lasciato a Potsdamer
Platz (perché saturare, quanto saturare, si é saturato troppo e troppo in fretta, si è saturato male)
stigmatizzano questo aspetto in maniera esemplare.
Poi ci sono le differenze che si leggono nella vita di tutti i giorni, quelle tra gli Ossis (gli abitanti dell'ovest
nel gergo dell'est) ed i Wessis (gli abitanti dell'est nel gergo dell'ovest), persone che pur parlando la stessa
lingua provengono da due mondi culturalmente molto diversi, e che d'un tratto si trovano a condividere un
comune sogno collettivo.
Contrasto. È addensato soprattutto lungo la linea del Muro, che come un impietoso evidenziatore
sottolinea i citati temi della differenza e li evoca inasprendoli con una tecnica tutta mentale di chiaro/scuro.
Il Muro comportò la definizione di una fascia urbana da dimenticare lungo più di centosessanta chilometri
di sviluppo complessivo: per crearla, é noto, furono fatti saltare pezzi di cittá costruita. Era una frontiera
sotto osservazione armata, larga in tutto cinquanta metri, che si guadagnò sinistramente l'appellativo di
moderna in seguito ai lavori condotti dal 1964 al 1971. In quell'arco di tempo fu creato infatti un micidiale
sistema lineare, articolato per nastri in successione di diverso spessore, e costituito da muri di cemento
armato sormontati da tubi o da una fitta grata (l'altezza variava da un minimo di tre ad un massimo di
quattro metri e venti); una 'no man's land' coperta di sabbia larga dai sei ai quindici metri; fossati o barriere
anticarro larghi dai tre ai cinque metri; passaggi per le truppe di frontiera ampi dai tre ai quattro metri. Il
tutto marcato da un sistema di illuminazione, torrette di controllo, bunker, recinzioni con filo spinato. La
frontiera tra le due cittá della grande Berlino strillava senza equivoci che oltrepassarla senza permesso
poteva significare assaggiare il contrasto tra vita e morte. Dal 1961 al 1989 sono state piú di cento le
persone uccise mentre tentavano di oltrepassare il confine tra i blocchi.
Il contrasto è poi, ovviamente, quello del rosso e del nero. Per Berlino davvero il Novecento é stato un
lungo secolo: con l'ascesa al pieno potere di Hitler nel 1933, da qui cominció ad allungarsi la devastante
ombra nera del nazismo, Berlino divenne capitale del Terzo Reich e gli stendardi con le svastiche
sventolarono dalla sede del Reichstag. Quando il 20 aprile del 1943 le armate russe entrarono in cittá, al
loro posto fu issata la bandiera rossa.
Trasformazione. Nel recente saggio La seduzione del luogo, Joseph Ryckwert, con la consueta lucidità di
analisi, ci conduce lungo un percorso storico-interpretativo di rilettura del senso e del valore dell'idea di
cittá, intesa come privilegiato sistema di spazi per le relazioni sociali, la cultura e lo scambio tra individui e
collettivitá. Ryckwert, interrogandosi sulle caratteristiche fondamentali del luogo urbano, riporta l'attenzione
sulla necessitá di rendere gli spazi della cittá contemporanea fruibili soprattutto per favorire l'esperienza
sensoriale nella quotidianitá, luoghi reali per i cinque sensi dell'uomo, che necessitano di essere usati nella
vita di tutti i giorni e che non possono essere acquietati solo trattando con il software ruminato da
computer e strumenti elettronici sempre piú allenati all'interazione macchina/uomo. Per il critico, Berlino
incorpora l'essenza stessa delle trasformazioni urbane in chiave contemporanea, e puó essere identificata
come un osservatorio privilegiato, dove si materializza una delle piú grandi sfide lanciate a livello
internazionale per la proposizione di un modello aggiornato di cittá.
Le cifre parlano chiare: Berlino ha attivato il suo processo di cambiamento muovendo un flusso di capitali
vertiginoso. Dal 1989 al 1999 si calcola che sono stati investiti qualcosa come 500 milioni di miliardi di
euro, per interventi che hanno interessato l'intero bacino metropolitano, che tanto per ricordarlo, dopo la
riunificazione risulta il piú esteso della Germania, con i suoi 889 chilometriquadrati di superficie (circa otto
volte piú grande di Parigi). Nella saldatura tra le parti, alla trasformazione fisica ha corrisposto, come
prevedibile, anche una profonda modificazione degli assetti sociali ed economici: in pochi anni si sono
persi 370.000 posti di lavoro nei comparti dell'industria, del commercio e del trasporto, mentre 150.000
sono stati acquisiti nel terziario.
Il tema della trasformazione é cosí pervasivo nella storia della cittá, nel tempo e nello spazio che anche le
comuni guide turistiche recitano "una cittá costretta ad un continuo divenire. Questa è la più comune
definizione che si dá di Berlin, sempre tesa nello sforzo di trasformarsi in qualcosa di diverso.
Trasformazioni profonde che l'hanno resa una cittá non sempre facile da capire e ancora piú difficile da
spiegare".3
Con le dovute proporzioni, si puó paragonare la situazione della Berlino attuale con quella determinatasi
nel passaggio dal XIX secolo al XX, quando la cittá era considerata un centro di riferimento culturale ed
economico anche oltre i confini europei.
Nel 1920, quando giá da due anni la dinastia degli Hohenzollern era terminata per lasciare il posto alla
nuova Repubblica, con l'insediamento a Weimar dell'assemblea costituente, una riforma territoriale riuní 7
cittá, 59 comuni rurali e 27 grandi tenute, creando la Grande Berlino (nell'attuale estensione), considerata
allora la maggiore cittá industriale d'Europa. All'inizio del Novecento il movimento Dada ne parla entusiasta
come di "un turbinio simultaneo di rumori, colori, di ritmi spirituali". Non é forse la stessa impressione che si
ha oggi, quando anche senza cercarlo, ci si smarrisce continuamente mentre si percorre la città in lungo e
in largo?
LA COSTRUZIONE DEL NUOVO PAESAGGIO URBANO
Strumenti
I due fondamentali strumenti di pianificazione della Berlino riunificata sono il Piano di Uso del Suolo
(Flächenuztungsplan) ed il Programma di Paesaggio (Landschaftsprogramm): di entrambi il Land di
Berlino si è dotato già nel 1994, grazie ad una tempistica sbalorditiva anche per la proverbiale efficienza
tedesca. I due strumenti, che si integrano reciprocamente, condividono lo stesso principio generale:
promuovere uno sviluppo urbano compatibile con le questioni ambientali e che tuteli la naturalità diffusa
all'interno dell'area urbana.
Al sistema degli spazi aperti e di paesaggio viene assegnato un ruolo centrale nei processi di costruzione
della città: "Gli spazi liberi caratterizzano l'aspetto esteriore della città. La loro dimensione e il rapporto
armonioso con le costruzioni trasmettono ai visitatori la prima impressione, che poi permane. Determinano
la sensazione di benessere o di disagio nei confronti della città e sono fondamentali per l'identificazione
degli abitanti con la loro città". L'estratto dalla relazione introduttiva del Landschaftsprogramm si inserisce
pienamente nella linea della tradizione storica tedesca di arte urbana.
Il Landschaftsprogramm, partendo da un'analisi dello stato di fatto e dal censimento degli spazi aperti,
formula gli indirizzi strategici per tutto il sistema di paesaggio, formato dalle seguenti classi di unità:
1. le tre grandi aree naturali intorno a Berlino formate dalle foreste e dai laghi che si trovano nei settori
Sud-Est, Sud-Ovest, Nord-Ovest;
2. gli ambiti fluviali, compresi in un ricco e articolato reticolo idrografico, formato dai tre fiumi principali
(Havel,Spree e Dahne) e da numerosi canali naturali e artificiali, a copertura del 7 % della superficie
urbana;
3. le aree ricreative a livello sovracomunale;
4. le aree del sistema verde urbano radiale e anulare: Ring e cunei verdi, di cui fa parte anche il
Tiergarten;
5. le aree verdi urbane distribuite nel tessuto consolidato o da consolidare.
Nel complesso il territorio viene strutturato in tre macro-ambiti principali: urbani, suburbani, paesistici, ed è
rispetto a questi che si esplicita la reciproca integrazione tra Landschaftsprogramm e Flächenuztungsplan.
3
TOURING CLUB ITALIANO, Berlino, Guide d'Europa, TCI, Torino 2002. Pag. 34.
Attraverso una serie di indicazioni prescrittive, questo strumento è rivolto ai principali interlocutori
istituzionali, i 23 Distretti urbani (Bezirke) e gli enti pubblici coinvolti nei processi di attuazione e
pianificazione degli interventi.
Il Flächenuztungsplan viene affiancato dai piani settoriali, ed attuato tramite Piani per ambiti urbani e Piani
per l'edificazione. Questi strumenti fanno riferimento al Codice dell'edilizia ed alla sua relativa legge
attuativa.
Attraverso la predisposizione di un Piano settoriale per gli spazi pubblici, elaborato nel biennio 1994/1995
da una èquipe interdisciplinare di urbanisti, architetti, paesaggisti, che ha condotto una analisi morfologica
e funzionale del tessuto urbano, sono stati definiti i criteri base per intervenire nella composizione del
sistema degli spazi aperti: leggibilità e differenziazione.
Vengono confermate così le strategie già attivate con il Grün verbindet del 1993, Piano del verde ad ampia
scala, messo a punto nei primi anni di ricostruzione per creare una vera e propria rete lineare di
“collegamento-verde” nella città. Il Grün verbindet è stato proposto e sostenuto economicamente dal
Senatsverwaltung für Stadtentwicklung, Umweltschutz und Technologie, il Ministero dell' Ambiente,
Territorio e Tecnologia, insieme alle amministrazioni dei distretti urbani. Obiettivo principale del programma
la creazione di un articolato sistema interconnesso che, proponendo diverse tipologie di spazio aperto,
percorsi pedonali, piste ciclabili, strade, promenades, piazze, parchi urbani lineari, tenesse conto delle
peculiarità morfologiche e spaziali di ogni distretto. Appoggiandosi alla fascia libera emersa dalla
demolizione del Muro, il sistema si sarebbe dovuto porre come elemento continuo di cerniera tra le due
parti di città. La tipologia del parco lineare costituiva pertanto il modello morfologico maggiormente
ricorrente.
Elementi
All'attuazione del Grün verbindet corrispose una fertile stagione di concorsi internazionali di progettazione,
che permisero a molti giovani paesaggisti di mettersi a confronto con i temi della ricostruzione e della
riqualificazione urbana. Si venne a detrminare un momento ricco di opportunità e di sperimentazione
progettuale, che se pure molto aveva in comune con l'esperienza della Barcellona degli anni Ottanta, la
superava per entità di investimenti e complessità delle tematiche degli interventi previsti. Se la Barcellona
post-franchista aveva soprattutto la necessità di costruire la sua nuova immagine democratica, la Berlino
del dopo Muro doveva fare i conti con i segni di un passato ingombrante e tragico, ma anche con la ricerca
di una identità urbana comune alle due diverse parti riunificate. Con alle spalle una tradizione storica
disciplinare forte e continuativa, i paesaggisti tedeschi ebbero modo di riflettere e far riflettere sul
contributo che l'architettura del paesaggio poteva offrire per migliorare la forma urbana, ma soprattutto la
qualità della vita dei suoi abitanti.
Superata la fase degli approcci contrapposti, sviluppatasi in particolare durante gli anni Settanta e Ottanta,
tra i due diversi dictat progettuali, quello di stampo estetico-ricreativo, che ha la sua matrice storica in
Lennè, e quello ecologico-funzionalista, derivato dall'applicazione ortodossa dei principi enunciati da Fritz
Schumacher, i nuovi paesaggisti hanno saputo dimostrare oltre all'attenzione per le tematiche ecologicoambientali, anche una rinnovata capacità di ricerca progettuale sotto il profilo formale e compositivo.
Si affermano in quegli anni, una schiera di progettisti "berlinesi" under quaranta come Gabriele Kiefer,
Arianne Röntz, Kamel Louafi, Stefan Tischer, Daniel Sprengler, Birgit Hammer. I loro nomi ricorrono
spesso a firma dei progetti premiati nei concorsi.
Le realizzazioni berlinesi della nuova generazione di paesaggisti documentano una varietà di orientamenti,
a volte compresenti anche in uno stesso progetto, che oscillano dalla stilizzazione formale di un
minimalismo misurato, alla invenzione di un classicismo contemporaneo che reintrepreta figure e misure
tradizionali dell'arte dei giardini dei modelli storici, all'applicazione di un approccio di una estetica ecologica
"leggera", che propone l'uso di zone lasciate in uno stato di incolto apparente dove la natura viene lasciata
agire liberamente.
Parchi urbani, cortili interni ai blocchi residenziali dei quartieri orientali, piazze, giardini di edifici di
rappresentanza e sedi politiche amministrative: la Grande Berlino continua ad essere un banco di prova,
che ha permesso, in poco più di dieci anni, il consolidarsi di quella che si può definire una vera e propria
scuola berlinese di architettura del paesaggio, ma anche la costituzione di un terreno culturale di confronto
tra progettisti provenienti da diversi paesi.
La rassegna di luoghi del contemporaneo documentati nelle schede che seguono ed oggetto delle nostre
visite costituisce una summa selezionata di esperienze da iscrivere nel quadro di presentazione proposto.
L'itinerario guidato nelle forme del paesaggio contemporaneo comprende una casistica variamente
articolata di tipologie di spazi aperti pubblici:
1. parchi urbani lineari die margini urbani della riunificazione, con il Mauerpark, progettato dal
paesaggista tedesco Gustav Lange (classe 1937), che ha curato anche il progetto
dell'Invalidenfriedhof e del cortile del Bundesrat;
2. piazza-parco: Invalidenpark di Cristhope Girot, paesaggista francese (classe 1957);
3. piazza: Piazza d'acqua della Biosfera, di Gabriele Kiefer (classe 1960);
4. parco delle esposizioni: BUGA 2001 di Potsdam, Waldpark, di Bekker § Blacker; e Landesgartenschau
di Wolfsburg, Masterplan di Gabriele Kiefer;
5. giardino pubblico legato ad un polo museale: Giardino del Museo ebraico (Cornelia Muller, classe
1952) e Lustgarten (Hans Löidl, classe 1944);
6. riqualificazione di un sistema esteso di spazi aperti urbani: parco del Regierungsviertel (sede del
parlamento)
7. parco naturale: parco naturale Berlin est (di Gabriele Kiefer) e Südgelände Berlin ovest Schöneberg
(Ökon und Planland);
8. cortili interni di edifici: cortili della facoltà di architettura ad Adlershof (Stephan Tischer, 1961).
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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CESARI MADDALENA, MOSCA BEATRICE, Episodi verdi a Berlino in "Architettura del paesaggio", n.2,
giugno/1999.
CESARI MADDALENA, MOSCA BEATRICE, Berlino: paesaggi urbani contemporanei, Tesi di laurea presso la
Facoltà di Architettura, Università degli Studi di Firenze, 1996. Relatore Mariella Zoppi, correlatore
Stephan Tischer.
DEL VECCHIO MASSIMO, FONDI DANIELA, a cura di, Ricognizioni berlinesi oltre il muro, Edizioni Kappa, Roma,
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GALLOTTA MARCELLA, Recupero e riuso a Berlino Adlershof in "Casabella", n.683, 2000. Pagg. 38 - 49.
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Wahlverwandtschaften. Itinerario nell'area germanica, Fondazione Benetton Studi e Ricerche - Guerini
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Nicolai, Berlin 2001.
PEDRAZZINI LUCIA, Sotto il cielo di Berlino, Franco Angeli, Venezia, 1999.
KASISKE MICHAEL, SCHRÖDER THIES, Gartenkunst 2001/Garden Art 2001, Birkhäuser, Berlin 2001.
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Michael Imhof, Berlin, 2004.