S peciale 8 marzo

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S peciale 8 marzo
INSTITUTE
girl
power
Speciale
8 marzo
reportage
Educare le femmine come i maschi sarebbe conveniente (oltre che
equo): ogni Paese che non lo fa perde in media un miliardo di dollari di Pil.
È la solita storia? No, perché quest’anno...
di Manuela Mimosa Ravasio - foto Rania Matar
(Quasi) donne
Le immagini di queste
pagine fanno parte
di un progetto intitolato
Enfant femme (Bambina
donna), nel quale l’autrice
ha ritratto adolescenti
in Libano (il Paese di cui
è originaria) e negli Stati
Uniti (il Paese in cui vive).
A tutte loro è stata
fatta la stessa richiesta:
non sorridere e scegliere
la posa in cui volevano
essere ritratte.
In alto, Yasmine,
12 anni, a Beirut. A destra,
sdraiata sul trampolino
elastico, Katie, dieci,
in Massachusetts.
Nella pagina a lato:
in alto, Anne, 11 anni,
Massachusetts; sotto,
Assala, 11, in un campo
profughi di Beirut.
reportage
Ancora oggi, quando ci chiediamo dove cominciano
i diritti di ognuno di noi, vale la risposta di Eleanor Roosevelt
nel suo discorso per il decimo anniversario della Dichiarazione dei
diritti universali: intorno a noi. Nel quartiere in cui viviamo, a scuola, nei luoghi di lavoro. È qui che ogni bambino e bambina cerca
pari giustizia, pari dignità e pari opportunità. Più che nei proclami,
nelle quote o nelle leggi (che pure servono), la libertà cresce nella
condivisione di valori comuni, nella cultura.
Quando la fotografa Rania Matar, autrice delle foto di questo
servizio, ha cominciato a ritrarre adolescenti americane e libanesi,
voleva cogliere il senso e la complessità di un momento di passaggio: quello in cui una fanciulla comincia ad avere esperienza del
diventare donna. Tra angoscia e fiducia, scoperta e provocazione,
egocentrismo ed emulazione, le bambine di due mondi distanti
sembrano avere sentimenti e aspirazioni simili. Forse perché, lo
sguardo dritto all’obiettivo e al futuro, tutte rivendicano “solo”
uno spazio vitale. Un diritto di presenza. In ogni caso, il 2015
sarà il loro anno. L’anno della Girl declaration, dell’empowerment delle adolescenti, dei diritti per l’educazione e di una nuova consapevolezza su ciò che significa nascere e crescere femmina.
Il potere
dello
sguardo
In alto, Fatima,
13 anni, vive a Beirut.
Qui sopra: Olivia,
otto anni,
in Massachusetts,
come Grace
(a lato), 13 anni.
La fotografa Rania
Matar (www.
raniamatar.com) ritrae
da sempre donne e
ragazze, «per cogliere
la loro prospettiva
sulle cose».
82
Lorena, otto anni, lo ha già capito. Da quando era piccola, insieme
ad altre 142 bambine di nove Paesi, dal Vietnam alla Repubblica
Dominicana, ha preso parte a Real choices, real lives, uno studio di
Plan international – l’ong che sostiene la campagna Because I am
girl – che ne ha seguito la crescita per ottenere una fotografia reale
della sua vita. E ora che intravede la fine della fanciullezza, inizia
a badare ai più piccoli e aiutare in casa scoprendo che sì, è diverso
essere maschio o femmina, comincia anche a capire sulla sua pelle cosa significa pari opportunità. «Io penso che donne e uomini
possono fare le stesse cose. Mio padre non aiuta la mamma, ma
potrebbe farlo», dice. Lorena è brasiliana, ma la sua voce è quella
delle ragazzine di tutto il mondo. Perché ci sono, in ogni Paese, forme di potere invisibile che passano dalla famiglia, dalla comunità,
dalle logiche di mercato. E sono queste che bisogna combattere per
eliminare le discriminazioni.
Eppure, a leggere gli Obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, i diritti specifici delle adolescenti sono stati ignorati.
Nonostante il ruolo cruciale che le ragazze avrebbero nello sviluppo
globale (un anno in più di scuola aumenta il potenziale guadagno
di un adulto fino al 25 per cento), e nonostante la più numerosa
popolazione giovanile al mondo mai rilevata (1,8 miliardi, rapporto Unfpa 2014). L’unica speranza è che, a fine 2015, quando si
riscriveranno i nuovi Obiettivi, sarà finalmente considerato quanto
scritto da 500 ragazze nella Girl declaration promossa in Italia da
AIDoS, che per tutto l’anno darà voce al documento di The girl
effect in università, biblioteche e centri culturali. Perché la promozione della parità di genere va agita fin dalla giovane età. E perché
solo loro, le ragazze, hanno davvero la forza di cambiare le cose.
INSTITUTE
Forza, ragazze!
La penna è più potente della spada
Una donna istruita è l’arma più potente per cambiare il mondo,
dice Maud Chifamba, attivista dello Zimbabwe entrata alla facoltà di Economia di Harare a 14 anni: come la pakistana Malala
(Nobel per la pace il 10 dicembre scorso), è uno dei simboli di un
riscatto femminile che passa per l’istruzione. Ma anche a New
York, Maya Nussbaum, fondatrice di Girls write now, insegna
alle ragazze che attraverso la penna si può scrivere il percorso della propria vita. L’espressione di sé comincia così. Nello sviluppo
di una capacità critica che aiuti a interpretare i modelli imposti
dalla società. Con la consapevolezza che le condizioni delle giovani donne nei Paesi in via di sviluppo sono più drammatiche
delle nostre, ma che dalla loro determinazione – come ha ripetuto
Emma Bonino all’ultimo convegno Genere e generazione – dobbiamo prendere solo esempio.
«I modelli di mascolinità e femminilità sono ormai globali», dice
Barbara Mapelli, docente di Pedagogia delle differenze all’Università Bicocca di Milano. «Ma sono anche contraddittori: da
una parte corpi sovraesposti, dall’altra una profusione di rosa
e brillantini, dall’altra ancora la mimesi con modelli maschili di
violenza verbale e fisica. Questo fa nascere desideri opposti su cui
sarebbe bene riflettere, per capire diversità e somiglianze e formare un’identità solida». A questo lavorano, dagli anni Ottanta,
Paesi come la Francia (che fece una massiccia campagna per avvicinare le bambine agli studi di matematica e ingegneria), l’Olanda
o il Belgio, che hanno come materia obbligatoria l’educazione alla
cura. E in Italia? Soroptimist e il Miur hanno da poco dato il via
al corso di formazione Scuola e genere, cercando di colmare un
ritardo culturale che, soprattutto per i libri di testo, ci è costato
diversi richiami dall’Europa.
Piccole leader crescono
Alla fine però, è ancora dalle cose di tutti i giorni che si riconosce la pari dignità. Un ragazzo che si fa avanti viene chiamato
leader; una ragazza, di solito, bossy, si legge sulla pagina di
Banbossy.com, il sito che invita le più giovani a non tirarsi
indietro. Lo disse anche Emma Thompson nel suo discorso
alle Nazioni Unite presentando la campagna HeForShe: oggi
l’empowerment delle adolescenti passa attraverso giochi e
accessori princess free. Fioriscono community chiamate A
mighty girl (raccolta di libri e giochi intelligenti per ragazze
coraggiose); Girl will be (abbigliamento per teenager amanti
di calcio e arrampicate); Shine for girl (che insegna la bellezza della matematica attraverso la danza); GoldieBlox (un set
di costruzioni che rafforza la fiducia e le abilità spaziali delle
progettiste di domani). Le ragazze hanno un forte desiderio di
prendere la parola. Non c’è da meravigliarsi che abbiano tanta
forza. Quando ne chiesero il motivo a Ziauddin Yousafzai,
padre di Malala, egli rispose semplicemente: «Perché non le ho
tarpato le ali».
G
Che numeri, ragazze
2005 L’anno in cui il mondo avrebbe dovuto
raggiungere l’uguaglianza di genere nell’educazione.
2015 È l’anno in cui ancora il 14 per cento dei Paesi
è lontano dall’obiettivo. 250 milioni di ragazze vivono
in povertà. 14 milioni di teenager diventano madri ogni
anno. 62 milioni di ragazze non vanno a scuola.
Un anno di scuola in più, per una donna, corrisponde
potenzialmente a uno stipendio maggiore del
25 per cento e al 10 per cento di probabilità in
meno di mortalità infantile. Un miliardo di dollari l’anno
è la perdita media stimata del Pil dei Paesi che non
garantiscono l’istruzione alle donne.
(Fonti: Unesco, Macro International, Banca mondiale, Plan international, Unicef)
Diverse
In alto, Chase,
13 anni, nella sua
stanza in Maine
(Usa). Accanto,
Samira, 12 anni,
in un campo
profughi di Beirut.
Nei Paesi in via di
sviluppo spesso le
famiglie scelgono
d’investire solo
sull’istruzione dei
figli maschi; i soldi
non bastano per
tutti e le ragazze
devono lavorare,
sposarsi e fare figli.