Penso quIndI gIoco

Transcript

Penso quIndI gIoco
Andrea Pirlo
con Alessandro Alciato
Penso quindi gioco
Pirlo_.indd 3
05/04/13 12:40
L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti di riproduzione delle fotografie dell’inserto senza riuscire a reperirli tutti: è ovviamente a piena disposizione per l’assolvimento di quanto occorra nei
loro confronti.
Penso quindi gioco
di Andrea Pirlo
Collezione Ingrandimenti
ISBN 978-88-04-62869-9
© 2013 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
I edizione aprile 2013
Pirlo_.indd 4
05/04/13 12:40
Penso quindi gioco
Alla mia famiglia,
a mia moglie, ai miei figli.
Una dedica semplice
per gente speciale
Andrea
A Niccolò,
perché ogni giorno è Natale
Alessandro
Pirlo_.indd 9
05/04/13 12:40
Pirlo_.indd 10
05/04/13 12:40
1
Una penna. Bella eh, ma pur sempre una penna. Di Cartier, luccicante, più pesante di una Bic, con lo stemma
del Milan. Eppure una penna. Con un ripieno di inchiostro blu, banalmente blu. La guardavo, me la rigiravo tra le mani, ci giochicchiavo incuriosito, come fa
un neonato con il suo primo peluche. Tentavo di studiarne il profilo da diverse angolazioni, di coglierne il
senso più profondo, di portarne in superficie il significato più nascosto. Di capire. Mi è venuto il mal di testa a forza di pensare, credo sia scesa anche qualche
gocciolina di sudore, però alla fine l’illuminazione è
arrivata. Mistero risolto: il lato B non esisteva, il suo
inventore non l’aveva previsto. Volutamente? Chissà.
“E mi raccomando, non usarla per firmare il nuovo
contratto con la Juventus.”
Almeno, Adriano Galliani aveva azzeccato la battuta. Come regalo d’addio mi sarei aspettato qualcosina di più di quel tempo comico perfetto. Dieci anni
di Milan andati così. Comunque, ho sorriso. Perché
io so ridere, tanto e bene. “E grazie di tutto, Andrea.”
Mentre parlava, al sicuro dietro la sua scrivania, io
11
Pirlo_.indd 11
05/04/13 12:40
davo un’occhiata in giro. Conoscevo a memoria il suo
ufficio, un caveau dentro al quartier generale di via
Turati: ci avevo trascorso momenti felici, fatti di altri
contratti e di altre penne, eppure certe foto alle pareti
– con il peso dei loro anni e con la leggerezza del loro
prestigio – non le avevo mai notate, se non in modo
distratto. Ce n’era di ogni tipo, soprattutto ricordi di
giorni unici e a quanto pare irripetibili, di coppe alzate
al cielo e di nuvole spostate sempre un metro più in là.
Mi stavano tirando giù dalla cornice, ma non a forza.
La noia da Milan era il rischio che non volevo correre,
ecco perché alla fine di quell’ultimo incontro ero dispiaciuto, ma il giusto. Come me, Galliani. Come noi,
il mio procuratore Tullio Tinti. Ci siamo lasciati senza
rimorso. In mezz’ora, arrotondando per eccesso, ero
fuori da lì. Quando si ama serve tempo, quando il sentimento muore può aiutare una scusa.
“Andrea, il nostro allenatore Allegri pensa che se
resti non potrai più giocare davanti alla difesa. Per te
avrebbe pensato a un altro ruolo: sempre a centrocampo, ma sulla parte sinistra.”
Piccolo particolare: davanti alla difesa pensavo di
poter dare ancora il meglio di me. Un pesce quando
il mare è profondo respira, se lo spostano sotto il pelo
dell’acqua si arrangia, ma non è la stessa cosa.
“Anche con te in panchina o in tribuna abbiamo vinto lo scudetto. E poi, Andrea, da quest’anno la politica
della società è cambiata. A chi ha più di trent’anni, proponiamo il rinnovo di contratto solo per dodici mesi.”
Altro piccolo particolare: non mi è mai capitato di
sentirmi vecchio, neppure in quel preciso momento.
Solo a tratti ho avuto la sensazione che qualcuno volesse farmi passare per bollito, più che altro erano le
premesse a lasciarmi perplesso.
12
Pirlo_.indd 12
05/04/13 12:40
“Grazie, ma davvero non posso accettare. E poi la
Juventus mi ha proposto un accordo triennale.”
Ho declinato. Senza mai parlare di soldi, quel pomeriggio della primavera del 2011. Mai. Discorsi economici con Galliani, in quei trenta minuti, non ne sono
stati affrontati. Volevo essere considerato importante,
al centro del progetto, non un giocatore in lista per la
rottamazione.
Il ciclo, a quanto pare, era finito e io sentivo il bisogno di qualcos’altro. L’allarme era suonato il giorno in cui, arrivando a Milanello per allenarmi, nel bel
mezzo di una stagione (l’ultima da quelle parti) rovinata da due infortuni, mi ero accorto di non aver
voglia di scendere nello spogliatoio. Di cambiarmi.
Di lavorare. Andavo d’accordo con tutti, con Allegri
avevo un rapporto normale, il problema era l’aria. Riconoscevo i muri che negli anni mi avevano riparato
e protetto, però incominciavo a intravederne le crepe, a percepire la corrente che tentava di farmi ammalare. La richiesta interiore di spostarmi, di andare a respirare altrove si faceva presente e pressante,
sempre più intensa. La poesia che mi aveva sempre
circondato stava diventando routine, e questa non
era una novità da sottovalutare. Pure i tifosi, dopo
avermi applaudito per tanti anni a San Siro la domenica (e il sabato, e il martedì, e il mercoledì), magari avevano voglia di distrarsi un po’. Di appiccicare
sull’album Panini altre facce, di sentirsi raccontare
altre storie. Si erano abituati alle cose che facevo, ai
miei movimenti, alle mie invenzioni, non si stupivano più, ai loro occhi lo straordinario degradava pericolosamente verso la normalità. “Non puoi più fare
il Pirlo”, per me, era un concetto duro da accettare.
Profondamente ingiusto, a pensarci bene. Mi creava
13
Pirlo_.indd 13
05/04/13 12:40
un principio di mal di pancia, alla ricerca dello stimolo perduto.
Mi sono subito confrontato con Alessandro Nesta,
amico e fratello, compagno di squadra e di merende,
di mille avventure, da sempre compagno di stanza. Tra
il primo e il secondo tempo di una delle nostre infinite partite alla PlayStation, mi sono confessato: “Sandrino, io me ne andrei”.
Non si è stupito: “Mi dispiace tanto, però è la scelta più giusta”.
È stato il primo a sapere, dopo la mia famiglia. L’ho
aggiornato su tutto, passo dopo passo, pianto dopo
pianto. Certe settimane erano più dure di altre, dentro di me era partito il conto alla rovescia, però non è
mai facile dover abbandonare un posto di cui conosci tutto, segreti compresi. Un piccolo mondo a parte, che mi ha dato più di ciò che mi ha tolto, che senza ombra di dubbio mi ha emozionato. Alcune volte
era sconforto misto a tristezza, altre sentimento puro,
in ogni caso una lezione di vita da imparare: le lacrime fanno bene, sono la spiegazione visibile di chi sei,
una verità incontrovertibile. Non mi trattenevo. Piangevo e non mi vergognavo. Con la carta d’imbarco in
testa più che in mano, lo stato d’animo era quello di
chi si trova all’aeroporto, un secondo prima di voltarsi e salutare amici, parenti e nemici. Che sia tanto o
poco, qualcosa indietro si lascia sempre.
Telefonavo al mio procuratore ogni giorno, soprattutto nel periodo in cui dovevo recuperare dall’infortunio, ma la voglia di mettercela tutta mancava. Quantomeno non era la stessa di un tempo. Ambrosini e poi
Van Bommel giocavano davanti alla difesa, la mia casa
era stata violata (da amici e a fin di bene) e io sfrattato
dal mio amato giardinetto di erba spelacchiata.
14
Pirlo_.indd 14
05/04/13 12:40
“Tullio, ci sono novità?”
Ce n’erano sempre, di buone e di ottime. Il mio disagio aumentava la forza contrattuale, strana regola
del calcio. Assomigliavo molto alla X sulla mappa del
tesoro. Si sono fatti avanti tutti, anche l’Inter. Prove di
terremoto a Milano, fosse successo si sarebbe rotto il
sismografo. Hanno chiamato Tinti, ponendo una semplice domanda, “Andrea tornerebbe da noi?”, che mi
è stata girata pari pari.
“Andrea, torneresti da loro?”
Non scartavamo nulla a priori. In ogni caso, era prevista una risposta per tutti.
“Senti bene cosa vogliono.”
Volevano me. Però sono stati lenti (bravi ma lenti),
nel senso che prima di iniziare a trattare seriamente
avevano bisogno di capire come sarebbe finito il campionato, chi sarebbe stato l’allenatore nella stagione successiva, quali sarebbero stati i programmi e gli obiettivi della società. Io, direttamente, sono stato contattato
solo una volta. Me la ricordo bene, era un lunedì mattina, a stagione appena terminata.
“Pronto, Andrea, sono Leo.”
Dall’altra parte della cornetta c’era Leonardo, in quel
momento allenatore dell’Inter.
“Ciao Leo.”
“Senti, finalmente è tutto a posto. Ho il via libera
del presidente Moratti. Possiamo iniziare a trattare.”
Tra l’altro, mi raccontava grandi cose dell’Inter, di
come si sentisse carico e si trovasse bene. Poteva essere
una bella sfida, affascinante: tornare dove ero già stato. Passare sull’altra sponda dopo dieci anni consecutivi al Milan, di cui nove straordinari. Pure in questo
Leonardo avrebbe potuto aiutarmi, non fosse stato che
15
Pirlo_.indd 15
05/04/13 12:40
dopo poche settimane si è trasferito al Paris Saint-Germain degli sceicchi.
“Andrea, nella nuova Inter avrai un ruolo fondamentale.”
Sì, a un certo punto ci ho pensato, ma non ne sarei
stato capace. Sarebbe stato davvero troppo, un affronto che i tifosi del Milan non avrebbero meritato.
“Ti ringrazio Leo, ma non posso. Anche perché ieri
sera ho firmato con la Juventus...”
Con quale penna, non lo dirò mai.
16
Pirlo_.indd 16
05/04/13 12:40