Geografia delle mobilità. Muoversi e viaggiare in un mondo globale

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Geografia delle mobilità. Muoversi e viaggiare in un mondo globale
Recensioni
va del potere e al suo fallimento, almeno
allo stato attuale delle cose, come dimostrerebbero nella fattispecie le vicende
egiziane, yemenite, ma anche tunisine e
quant’altro. La modalità di scrittura e di
costruzione dei singoli contributi mi pare
ricalchi quella di Longo e sia funzionale
alla già sottolineata unitarietà e coerenza
all’intero volume. Preme a chi scrive sottolineare l’esplicitamente considerata
centralità dell’Iran, intesa giustamente
come caso a sé, ma analizzata anche sul
piano dell’impatto della Rivoluzione
khomeinista nello scenario mediorientale
e da leggersi nel quadro complessivo dei
mutamenti sociali e politici dell’intera
area negli scorsi decenni. Neppure questo
elemento non è scontato nelle “normali”
analisi politiche del mondo musulmano,
soprattutto vicino-orientale. Tutto a dire
che il volume va letto e studiato. A facilitarne la lettura sarebbe stato utile, per
esempio, una lista delle sigle usate. Ma
sono peccati veniali.
Biancamaria Scarcia Amoretti
Sapienza Università di Roma
Geografia delle mobilità.
Muoversi e viaggiare in un
mondo globale
Gino De Vecchis
Roma, Carocci, 2014, pp. 223
M
olte sono le accezioni del termine “mobilità”. In ambito sociologico si parla di mobilità sociale.
In ambito economico di quella dei capitali. Nel nostro ambiente accademico, in
ambito Erasmus o di scambi istituzionali,
si è diffusa la mobilità studentesca e quella
dei docenti e dei ricercatori. Si parla di
mobilità nella moderna concezione del turismo che abbraccia anche il concetto di
sostenibilità. Più ovvia la mobilità intesa
nel senso dei trasporti che collegano -oggi
con molta più facilità che in passato- territori, cose e persone.
Evidentemente immediato – nella più
recente quotidianità – è il collegamento
con la dolorosa vicenda dei viaggi dei migranti, una tragedia che scuote e sommerge la nostra sensibilità.
Mobilità, dunque, nella sua accezione
positiva e in quella negativa. Nella sua
portata di fenomeno globalizzato che è
protagonista della nostra vita e dà senso
alle trasformazioni cui siamo soggetti.
Il libro di De Vecchis, Geografia delle
mobilità. Muoversi e viaggiare in un
mondo globale, ragiona di questo e altro,
ma ne ragiona in un modo diverso da
quanto fanno i più diffusi manuali di geografia, o di quanto si può leggere in capitoli di manuali di antropologia, o di storia. C’è intanto un problema di fondo che
quasi mai è affrontato in quei testi. Il movimento, lo si intende facilmente, è un
modo di “esserci” relativo: ci si può muovere per 42 capitoli intorno alla propria
stanza di 36 passi per lato, come capita a
Xavier de Maistre nel proprio romanzo, o
si può partire senza sapere, con vaghe
idee sulla meta del proprio viaggio.
La storia per la verità è molto più lunga e il viaggio molto più “relativo”. Come
osserva De Vecchis nel primo capitolo del
suo testo, noi viaggiamo dentro un viaggio ben più grande, un viaggio iniziato
qualche miliardo di anni fa (circa 14): il
viaggio con il quale è cominciata la vita. È
un viaggio lontano, e vicinissimo al tempo
stesso: basta guardare il cielo, o pensare
alle trasformazioni ambientali, le trasformazioni del pianeta, e del rapporto fra il
pianeta e i suoi abitanti.
Ecco, la chiave del libro mi sembra stia
proprio in questo inizio, in questa capacità di mettere insieme tutte le “scale” del
viaggio e di vedere come si intersechino
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Semestrale di Studi e Ricerche di Geografia
l’una con l’altra, senza considerare in modo riduttivo, e isolatamente, una sola scala. Come, ad esempio, il clima abbia avuto
influenza sui grandi movimenti etnologici
e storici; da qui le pagine dedicate
all’opera pionieristica di Friedrich Ratzel
(1944-1904), il primo, o fra i primi geografi a teorizzare la geografia come scienza umana, quasi come sfondo di tutte le
scienze umane, e anello di congiunzione
con le scienza della natura.
Il libro comincia proprio da “una storia in scala minima”: dalla storia dei
viaggi del suo autore. La scoperta di Roma, attraverso i viaggi del suo abitare da
ragazzo nei diversi quartieri romani, fino
ai lunghi viaggi per ragioni di studio nei
vari continenti. E poi quel viaggio quotidiano, da casa all’università la “Sapienza”, un viaggio casualmente reso famoso
dalla foto che apre il portale Docenti della prima università romana. L’autore è
inquadrato di spalle mentre, borsa alla
mano, sale le scale della Facoltà di Lettere. Un viaggio personale durato ormai
qualche decennio.
Poi il testo, nel secondo capitolo, comincia a navigare lungo le rotte delle
esplorazioni umane. È il dantesco “fatti
non foste”, ma è anche una storia che
apre le porte (terzo e quarto capitolo) alla
politica della conquista, dell’incontro con
l’altro, della xenofobia, del colonialismo, e
dei muri di difesa.
Gli ultimi capitoli riguardano i nostri
giorni. La mobilità è entrata nell’esperienza quotidiana di milioni di persone,
grazie a una accresciuta fluidità dei modi
di vita, una fluidità che consente alle
persone di organizzare la propria vita
sulla base di continui spostamenti. Mai
come in questo momento il numero delle
persone in movimento è stato così alto e
ognuna di queste è spinta da motivazioni
diverse, da differenti storie e geografie
personali.
Si viaggia per conoscere, per studiare,
per curiosità, per noia, per fede. Ma prin-
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Roma - XXVII, Fascicolo 1, gennaio-giugno 2015
cipalmente si viaggia senza ritorno per
fuggire dalle nuove guerre, o perché il
clima sta cambiando e sconvolge interi territori. Assistiamo a un “secondo popolamento” del pianeta. Il primo viaggio dell’homo sapiens è iniziato con ogni probabilità 80-70mila anni fa ed è terminato 2015mila anni fa con il popolamento di tutto
il pianeta. C’è stato il tempo perché gli
uomini si differenziassero fisicamente e
culturalmente. Ora stiamo compiendo il
percorso à rebours: intere popolazioni sono costrette a spostarsi verso luoghi dove
sia possibile sopravvivere alla follia umana
e alle calamità climatiche; come già è accaduto nei secoli precedenti in molti paesi,
in Brasile, in vaste aree dell’India, le differenze fisiche sono destinate ad attenuarsi,
e le differenze culturali ad assumere forme
che oggi e difficile prevedere. Un nuovo
popolamento, con differenze grandi rispetto al primo: non è più un espandersi
per il mondo inabitato (o abitato da pochi
cugini della nostra specie) e tutto avviene
in pochi decenni a una velocità che né la
scienza, né tanto meno la politica avevano
previsto. E principalmente a una velocità
che è difficile governare.
È il tema dell’ultimo capitolo del libro, Governare la mobilità. È un tema di
cui parliamo ogni giorno; la ragione che
crea partiti e mette in crisi interi Stati.
Movimenti compositi e complessi, in cui
non è centrale soltanto lo spostamento
spaziale quanto, e soprattutto, il passaggio di condizione sociale e di una diversa
adesione culturale: la possibilità per ogni
individuo di trovare una propria collocazione, uno spazio adeguato per la propria
esistenza. La possibilità di abitare il pianeta. Un movimento destinato a cambiare
culture secolari e storie personali; un tratto di questa lunga storia che a volte ci
sembra senza soluzione. Suscita paure,
invita ai fili spinati, a moltiplicare le dogane, a riscoprire o inventare la propria
piccola patria. È qualcosa che conosciamo
molto bene.
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Molto cambia, tuttavia, se – come il libro di De Vecchis suggerisce – si è capaci
di osservare questo tratto della storia nella
giusta “scala” e di metterlo, come diceva-
mo, in relazione con le altre “scale” del
viaggio.
Carla Maria Rita
Sapienza Università di Roma
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