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scheda tecnica
durata: 118 minuti
nazionalità: usa, canada
anno: 2002
regia: Julie Taymor
sceneggiatura: Diane lake, Gregory Nava, Clancy Sigal, Anna Thomas
soggetto: Hayden Herrera dal suo libro “Frida: a biography of Frida Kahlo”
produzione: Handprint Ent., Miramax, Trimark Pict., Ventanarosa Prod., Lions Gate Films
fotografia: Rodrigo Prieto
montaggio: Francoise Bonnot
musiche originali: Elliot Goldenthal
scenografia: Felipe Fernandez Del Paso
costumi:Julie Weiss
interpreti: SALMA HAYEK (FRIDA KAHLO), ALFRED MOLINA (DIEGO RIVERA), GEOFFREY
RUSH (LEON TROTSKY), ASHLEY JUDD (TINA MODOTTI), EDWARD NORTON (NELSON
ROCKFELLER), ANTONIO BANDERAS (DAVID SIQUEIROS), MIA MAESTRO (CRISTINA KAHLO),
VALERIA GOLINO (LUPE MARIN),
Julie Taymor
nato a Roma nel 1965
STUDIO 54
Attrice - 1998
filmografia
THE FACULTY
Attrice - 1998
TITUS
Regia, Sceneggiatura - 2000
DOGMA
Attrice - 1999
FRIDA
Regia - 2002
WILD WILD WEST
Attrice - 1999
Salma Hayek
LA GRANDE VITA
Attrice - 2000
nata a Napoli il 22 ottobre 1966
NESSUNO SCRIVE AL COLONNELLO
Attrice - - 2000
filmografia
TIMECODE
Attrice - 2000
NEL CUORE DELLA CITTA' - MIDAQ ALLEY
Attrice - 1994
DESPERADO
Attrice - 1995
FACILE PREDA
Attrice - 1995
INSEGUITI
Attrice - 1996
DAL TRAMONTO ALL'ALBA
Attrice – 1996
BREAKING UP - LASCIARSI
Attrice - 1996
MELA E TEQUILA - UNA PAZZA STORIA
D'AMORE CON SORPRESA
Attrice - 1997
HOTEL
Attrice - 2001
FRIDA
Attrice – 2002
C'ERA UNA VOLTA IN MESSICO
Attrice - 2002
THE MALDONADO MIRACLE
Attrice - 2002
SEARCHING FOR DEBRA WINGER
Attrice - 2002
MISSIONE 3-D GAME OVER
Attrice - 2003
CHIEDI LA POLVERE
Attrice - 2005
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premi e festival
Academy Awards, USA 2003
Oscar miglior trucco John E. Jackson, Beatrice De Alba
Oscar migliore musiche originali Elliot Goldenthal
Oscar migliori costumi Julie Weiss
Nomination miglior scenografia Felipe Fernández del Paso (art director), Hannia
Robledo (set decorator)
Nomination miglior canzone originale Elliot Goldenthal (musica), Julie Taymor
(parole) per la canzone "Burn It Blue".
Nomination miglior attrice protagonista Salma Hayek
Bangkok International Film Festival 2003
Nomination Golden Kinnaree Award miglior film Julie Taymor
Golden Globes, USA 2003
Golden Globe miglior musiche Elliot Goldenthal
Nomination miglior attrice drammatica Salma Hayek
Venezia Film Festival 2002
vincitore Mimmo Rotella Foundation Award Julie Taymor
Nomination Leone d’Oro Julie Taymor
Salma Hayek, Julie Taymor e Valeria Golino
Intervista alla protagonista, regista e una delle interpreti di "Frida"
di Valerio Salvi
Incontriamo i protagonisti di "Frida", film in concorso a Venezia, nelle sale del Casinò.
Mrs. Hayek come è cominciato questo viaggio nel mondo di "Frida"?
È stata un'ottima esperienza, ricordo che eravamo in studio per prepararci a girare,
ma non mi sentivo pronta e rifiutavo di cominciare perché sentivo che mi mancava
qualcosa. Produttore e regista hanno insistito molto ed io ho lavorato a lungo per
sentire mio il personaggio. Soprattutto Julie [la regista n.d.a.] è stata la persona
giusta, con la giusta visione per riprendere questa storia ed il mio paese.
Perchè lei pensa che sarebbe potuta essere l'unica attrice adatta a questo ruolo?
Mi sono innamorata di Frida all'età di 14 anni; la sua storia mostra i messicani ed il
Messico stesso in un modo diverso ed in un periodo dove era il centro dell'attività
culturale mondiale. Il Messico era parte di qualcosa di più grande, poichè la cultura
"esule" arrivava tutta li. Il personaggio di Frida, in questo contesto, era libero e
viveva la sua vita intensamente.
Secondo lei Frida era felice o cercava di interpretare unapersona felice?
Le persone sempre felici esistono solo nelle fiabe. Ogni persona ha momenti di
felicità ed altri di sconforto. Io ho cercato di coglierene l'essenza, soprattutto nel suo
lato passionale.
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Lei Mrs. Taymor è abituata ai viaggi ed alle sfide con personaggi importanti. In questo film
il peso della storia e della cultura è fortissimo, come ha gestito la cosa?
Non mi sono avvicinata alla storia con questa idea, perché per me il fulcro del film
erano Diego e Frida, una storia romantica e passionale di due artisti. La maggior
parte delle storie di questo tipo sono piene di tensione e conflitti interiori e tendono
così ad essere eccessivamente didascaliche; io sono , invece, rimasta affascinata
dall'idea di portare sullo schermo il mondo di Frida. Io ho scelto i punti salienti della
storia da riportare nella pellicola per dargli l'impronta che volevo.
In effetti è vero, i film biografici suscitano di solito scarso interesse e si pensa piu'
alla realizzazione di un prodotto televisivo che di qualcosa per il grande schermo.
Ma io ho sempre considerato la possibilità di realizzare una storia con grandi attori,
perchè volevo un film sugli artisti e non una piatta biografia. Inoltre i personaggi
(con la loro passione e la bisessualità di Frida), ed il periodo storico in cui si
muovono (con rivoluzioni in atto), si prestano molto ad un prodotto che interessi il
pubblico.
Poi io credo che bisogna sempre trovare una "chiave" di realizzaZione intorno alla
quale far ruotare il tutto. Ad esempio "Amadeus" (un grandissimo film), non era un
film su Mozart, ma sull'invidia e "Frida" più che un film sulla pittrice, lo vedo come
un film sull'amore e la passione.
Il film parla anche della censura che può subire un artista. Voi vi siete posti problemi di
autocensura, ad esempio il fatto che fumava e beveva e che ad Hollywood attualmente
non piace rappresentare questi aspetti?
Ovviamente no, se Frida fumava, fumava, se beveva, beveva. Non avevamo alcuna
intenzione di edulcorare la storia.
Lei ha lavorato molto nelle produzioni "Off-Brodway", forse possiamo considerare la
Miramax come il suo Rockfeller?
A differenza di quanto potrebbe sembrare il film non ha avuto un budget
elevatissimo. L'abbiamo comunque potuto realizzare al meglio, dando anche
l'impressione di avere a disposizione più soldi di quanto sembri, soprattutto perchè
abbiamo lavorato in Messico (con costi quindi notevolmente inferiori), ed utilizzando
i luoghi dove si è realmente svolta la storia. Abbiamo utilizzato la vera casa di Frida
ed abbiamo girato nei posti dove erano presenti gli affreschi di Diego. Questo è
stato possibile soprattutto grazie alla presenza di Salma che conosceva le autorità
locali che ci hanno autorizzato.
Voi della produzione come avete fatto a raccogliete così tanti talenti, come Edward Norton,
Ashley Judd o Goeffry Rush, intorno al progetto?
In realtà è stato abbastanza facile poichè le persone erano attratte dalla
sceneggiatura e dalla regista, la Taymor, con cui si lavora molto bene. Una volta
che hai trovato persone con cui gli altri lavorano senza problemi, i collaboratori si
offrono da soli di partecipare al progetto.
Sigr.ra Golino, lei conosceva gia' il personaggio di Frida e come si e' trovata poi sul set?
Si, vivendo in Nord America l'ho conosciuta attraverso i suoi lavori, che sono molto
apprezzati, tra l'altro Frida è diventata ormai una sorta di icona del movimento d'arte
moderna. L'esperinza di questo film mi ha, però, portato a conoscere molto meglio il
personaggio.
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La vita sul set è stata molto caotica, vuoi perchè abbiamo girato a Città del Messico,
vuoi perchè il film ha sempre avuto un atmofera da produzione indipendente (a
dispetto del budget) con quel costante senso di urgenza/emergenza tipico di queste
produzioni. Comunque mi sono divertita molto ed è stata un'occasione per lavorare
accanto a persone dall'enorme talento.
FRIDA KAHLO – note biografiche
Gli avvenimenti drammatici che segnarono la vita di Frida Kahlo sono molto noti (negli
ultimi anni sono stati dedicati numerosi libri e un paio di film all’artista). Figli di padre
europeo (Guillermo Kahlo era figlio di ebrei ungheresi emigrati in Germania) e di madre
messicana, nel 1925, a 18 anni, fu vittima di un incidente che le procurò ferite così gravi,
diffuse in quasi tutto il corpo, che la portarono e subire oltre trenta interventi chirurgici da
quel momento fino al 1954, anno della sua morte. Fu durante la prima convalescenza che
cominciò a dipingere i suoi autoritratti, aiutata da uno specchio appeso sul soffitto.
La sua pittura si trasformò presto in un “diario” della sua vita (e il suo diario, conservato a
Casa Azul, la casa in cui nacque, visse e morì nel quartiere di Coyocán, è sicuramente
una delle opere più interessanti).
La vicenda amorosa con Diego Rivera fatta di passione, tradimenti reciproci, abbandoni e
nuovi incontri (dopo essersi separati tornarono a sposarsi una seconda volta).
La militanza nel partito comunista che la portò a presenziare attivamente ai momenti più
salienti della storia del partito nel suo paese (i Rivera, fra l’altro, furono gli ospiti di Trotsky
durante il suo soggiorno in Messico).
La storia e la tradizione messicane così radicate in lei che, ispirata da un forte
nazionalismo, le fecero cambiare la data della sua nascita e le fecero dichiarare di essere
nata nel 1910, l’anno della rivoluzione messicana.
Le radici indigene che la portarono a vestire alla maniera delle indie tehuane e che
riempirono i suoi quadri con il loro simbolismo ( “Io e la mia balia”, opera presente in
mostra). La famiglia, quella di origine e quella “allargata”, come punto costante di
riferimento affettivo e ideologico.
I viaggi negli Stati Uniti, tanto amati da Rivera e tanto odiati da lei, che alimentano di
simbolismi alcuni quadri (“Vetrina in una via di Detroit”, presente in mostra, ne è un
esempio) e ai quali sono legati alcuni momenti salienti della sua vicenda umana
(“Ospedale Henry Ford”, qui esposto, ripropone con una forza e un’intensità straordinaria il
dramma dell’ennesimo aborto di Frida).
E’ solo una sommaria carrellata su alcuni dei temi e degli elementi che, con insistenza,
ritornano in tutte le opere di Frida Kahlo e che, fin da subito, la identificarono per la sua
eccezionale originalità e la fecero apprezzare dai più importanti esponenti dell’arte e della
cultura internazionali. Fu Andrè Breton, il padre del surrealismo, a firmare la prefazione al
catalogo della mostra organizzata, nel 1939, nella galleria di Julian Levy a New York e
Picasso a Kandinsky furono entusiasti della sua pittura quando ebbero modo di vedere le
sue opere esposte a Parigi (in questa occasione il museo del Louvre acquistò un suo
quadro). Frida, fedele alle proprie origini e alla propria originalità rifiutò la definizione che le
venne data di artista surrealista. “Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo
sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni”.
Un’opera e una vita al di fuori di qualsiasi definizione e una realtà, la sua, dominata dal
tema del dolore. Un dolore che, probabilmente come nessun altro artista è riuscito a fare,
viene trasformato in opera d’arte. Un dolore mai chiuso su se stesso o portatore di
disperazione.
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Una sorta di karma vissuto e trasformato nella pittura con quell’ironia tanto tipica
dell’artista e tanto radicato nella cultura messicana. E’ da questo approccio che nascono
quadri di profonda riflessione come “Pensando alla morte” del 1943, “La colonna
spezzata” (entrambi presenti in mostra) ma anche veri e propri inni alla vita come l’ultima
opera dipinta che si intitola, per l’appunto, “Viva la vita”.
L’eccezionalità, nel senso etimologico del termine, di Frida Kahlo, deve essere il filo
conduttore che accompagna il visitatore in questa mostra, altrettanto straordinaria per la
sua completezza. Eccezionalità che ne fece una delle donne più amate e fotografate del
suo tempo, una delle artiste più stimate e che, ancora oggi, crea intorno alla sua figura
consensi forse senza precedenti.
recensioni
Sette - Claudio Carabba
Bisogna essere sfacciati per mostrare un Trotzkij innamorato che salta addosso alla bella
desiderata; o mostrare una comparsa con baschetto che dice: «Piacere, sono Pablo Picasso».
Julie Taymor, ardita regista di Broadway, sembrava adatta a sparigliare le carte, sì da non ridurre
l'avventurosa vita di Frida Kahlo, artista e pasionaria, a uno sceneggiato da museo delle cere. E
invece in Frida la Tay)or vola piatta, lasciando al truccatore il destino di Salma Hayek, la tenace
diva che a ogni costo ha voluto questo kolossal triste, né profondo né paradossale.
Il Giorno - Silvio Danese
Di un film sulla pittrice messicana Frida Khalo si sente vagheggiare da un decennio. Della sua
tempra e della sua torturata vita, e l'amore per l'inquieto maestro Rivera, ne sanno da più di mezzo
secolo gli studenti d'arte e i viaggiatori a caccia di "artistico esotico". Le biografie cinematografiche
sono sempre difficili: oltre al rischio di agiografia, quando gli autori amano troppo il personaggio
attraverso l'amore per il proprio film, c'è l'ambizione del ritratto totale, l'affresco d'epoca e, nel caso
degli artisti, la restituzione del senso dell'opera. In ciascuno di questi passaggi il film della Taymor
è o eccessivo o deficitario. La Hayek, anche produttrice, è impegnata nella parte della sua vita. Le
figure storiche sono improbabili santini. I quadri onirici di Frida entrano in gioco soltanto alla fine.
Ha ragione Lusardi che, su Ciak, scrive: «'Frida' ha un problema fondamentale: mescola in
maniera sbagliata la sincera passione della Hayek per la pittrice conterranea con la sua voglia di
sfondare a Hollywood».
la Repubblica - Roberto Nepoti
Assieme a Tina Modotti, Frida Kahlo rappresenta una delle figure femminili più affascinanti e in
anticipo sui tempi di tutto il secolo scorso. Ed è bello che Salma Hayek se ne sia lasciata sedurre,
battendosi fortissimamente per riuscire a produrre-interpretare un film su quella donna
eccezionale, Frida. Il compito di raccontare in due ore vita e morte, gioventù, maturità e amori della
pittrice è toccato a Julie Taymor, regista intellettuale ("Titus") alle prese con il classico film
biografico srotolato lungo il corso di decenni, fitto di avvenimenti e di passioni (Frida fu
rivoluzionaria in arte e in politica; sposò due volte lo stesso uomo, il pittore Diego Rivera), pieno di
nomi altisonanti del '900, da Trotzkij a Siqueiros, da Rockefeller alla Modotti, a Picasso. Ad onta
delle ottime intenzioni della brava Salma, il risultato è un classico album di figurine d'epoca
(l'autore di Guernica calza il basco e si presenta con un "Piacere, Picasso") dove si ritrovano
allineati in dose massiccia i luoghi comuni del genere artista-maledetto: solo chi ha sofferto
profondamente nel corpo e nello spirito riesce a esprimere un autentico talento, gli artisti sono tutti
avidi di sesso e hanno tendenze promiscue e via repertoriando - inquadrate esattamente nel modo
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che ci si aspetta. Il tutto raccontato con una fiducia eccessiva nelle informazioni in possesso dello
spettatore, tale da rendere gli eventi non sempre comprensibili, e con un singolare ribaltamento
dell'atteggiamento reverenziale tanto comune in questo genere di pellicole: un po' come se la
Taymor volesse dare del "tu" ai grandi della Storia. Ma forse la cosa peggiore è che lei voleva fare
un altro film; così, appena può, infila qui e là una sequenza quasi sperimentale (vedi l'arrivo di
Frida e Diego Rivera a New York), che contrasta in maniera vistosa col tono convenzionale di tutto
il resto.
Corriere della Sera - Tullio Kezich
Snobbato dai critici e ignorato dalla giuria alla Mostra di Venezia, Frida appartiene a quel tipo di
film che anziché venir promozionati dai festival ne escono danneggiati. È invece una pellicola di
classe, firmata dall'imprevedibile Julie Taymor (quella del Titus post moderno con Hopkins) e
interpretato da Salma Hayek, un'attrice con il fuoco dentro che d'ora in poi va tenuta d'occhio. La
pittrice messicana Frida Kahlo (1907-1954) fu la compagna (sposata, separata e risposata) del
grande muralista Diego Rivera (nel film il bravo Alfredo Molina) ninfa egeria del vecchio Trotzkji
alla vigilia del suo assassinio e amante di maschi e femmine: ma soprattutto artista di talento, la
cui esistenza fu contrassegnata da infortuni e dolori senza fine. Anche per la partecipazione di
Valeria Golino, Edward Norton (Nelson Rockefeller) e Antonio Banderas (il pittore Siqueiros) il film
si gode come uno spettacolo politicamente scorretto, affascinante e caratterizzato da felici
sconfinamenti nel grottesco.
La Stampa - Lietta Tornabuoni
Due giovani donne eccezionali per indipendenza, per ardore erotico e per pensiero libero, Sabina
Spielrein, psicoanalista russa, e Frida Kahlo, pittrice messicana. Due personaggi destinati a
incontrare le grandi forze del Novecento (psicoanalisi, rivoluzione russa, stalinismo, nazismo) e i
grandi personaggi di quel secolo (Jung, Freud, Trockij, Picasso). Due testimoni dirette del modo in
cui le donne importanti, appassionate e ricche di personalità venivano considerate (come oggi, del
resto): presuntuose, scocciatrici, eccessive, fastidiose. Due film, una bello e l´altro no, che arrivano
contemporaneamente nei cinema per raccontare la loro vita. (...) «Frida» di Julie Taymor («Titus»),
tratto dalla biografia di Hayden Herrera, è un film grottesco e stereotipato, però vivace. Non che
fosse facile raccontare la vita della pittrice messicana con folte sopracciglia nere e baffi bruni,
fisicamente devastata nell´adolescenza da un incidente automobilistico, per due volte moglie del
pittore Diego Rivera, amante di Trockij e di altri e altre, sofferente per un aborto spontaneo e per
l´amputazione delle dita del piede incancrenite, costretta per gran parte della vita in corsetti, busti,
ingessature, gabbie di metallo e sedie a rotelle, morta a 47 anni nel 1954, divenuta più tardi una
figura d´artista suggestiva e famosa. Cose divertenti: un ballo fortemente erotico con la fotografa
Tina Modotti, il folclore messicano (pappagalli, pavoni, piante grasse, meloni, fiori rossi, pupazzi di
cartapesta, scheletrini di zucchero), Antonio Banderas nella parte del pittore Siqueiros, la
protagonista Salma Hayek brava e bella negli stupendi costumi disegnati da Julie Weiss. Cose
tremende: il rapporto malposto tra vita e arte, opere dipinte e momenti esistenziali (la maggior
parte dei quadri di Frida Kahlo è formata da autoritratti), Geoffrey Rush nella parte di Trockij che si
presenta alla porta di lei con una bottiglia, e in un baleno sono a letto.
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