CORRIEREFC_NAZIONALE_WEB(2016_02_13)

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CORRIEREFC_NAZIONALE_WEB(2016_02_13)
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CRONACHE
Corriere della Sera Sabato 13 Febbraio 2016
#
La percentuale di alunne non comunitarie per ordine di scuola e cittadinanza nell’anno scolastico 2014 - 2015
INFANZIA
Dati in %
EGITTO
PRIMARIA
46,2
SENEGAL
47
BANGLADESH
PAKISTAN
TUNISIA
45,5
43,9
MAROCCO
CINA (rep. Popolare)
47,5
46,2
46,5
46
50,8
48,4
49,5
45,4
44,1
39,7
41,3
46,9
50,7
39,2
40,7
46,2
44,9
36,8
42,5
48,4
SECONDARIA II° GRADO
33
40
47,3
46,5
SRI LANKA
INDIA
SECONDARIA I° GRADO
43,7
41,1
48
48,9
49,7
47,5
50,9
46,6
Fonte: Miur
d’Arco
La scuola perduta
delle ragazze islamiche
Il Miur
 Secondo i
dati del Miur
sulle frequenze
e gli abbandoni
scolastici, le
studentesse
egiziane, senegalesi, bangladesi e
pachistane —
alla soglia della
adolescenza —
si ritirano con
più frequenza
rispetto ai coetanei maschi
 In media poi
sette ragazze
su 10 diventano «Neet» (Not
in employment,
education and
training) cioè
donne, tra i 15
e i 29 anni, che
non studiano,
non lavorano e
non seguono
percorsi formativi. In dettaglio: quasi
sette su 10
sono di origine
egiziana; sette
su 10 sono
senegalesi;
otto su dieci le
bangladesi,
sette su dieci le
pachistane
Abbandonano i banchi
(o vengono ritirate)
alla soglia dell’adolescenza
Sette su 10 diventano Neet:
né studiano né lavorano
di Goffredo Buccini
N
on è questione di velo, ma di libri di
testo. Non di forma e di passato, ma
di sostanza e futuro. Andare a scuola
in Italia per molte ragazzine delle comunità islamiche non è affatto un
diritto acquisito. I dati del Miur su frequenze e
abbandoni scolastici mostrano che egiziane e
senegalesi, bangladesi e pakistane alla soglia
dell’adolescenza vengono ritirate (troppo) più
spesso dei coetanei maschi, rinchiuse in casa,
instradate su quel percorso che, statisticamente, ne trasforma poco dopo in Neet sette su dieci: giovani donne tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, «imparano a essere buone
madri e buone casalinghe, perché questa percezione è tuttora ancorata profondamente»,
ammette Abdellah Redouane, segretario generale della Grande Moschea di Roma e voce politica dialogante dell’Islam italiano: «Certo, alcuni di questi dati stupiscono, eccome».
Madri e casalinghe
Il fenomeno è molto meno evidente
tra i maschi delle stesse nazionalità
Abdellah Redouane: «Le donne
diventano madri e casalinghe»
E tuttavia i numeri sono quelli, percentuali
talvolta sconfortanti che vengono dal Portale
Integrazione Migranti e dalle statistiche incrociate di due ministeri (Miur e Lavoro). Dei nove
gruppi non comunitari a maggiore dispersione
scolastica (quelli cioè nei quali è più basso il
rapporto percentuale tra iscritti a scuola e minori censiti nella comunità) sei provengono da
Paesi di religione islamica: Egitto, Bangladesh,
Senegal, Pakistan, Tunisia e Marocco. Ma, attenzione, i tre gruppi non musulmani di questa
classifica alla rovescia — Sri Lanka, Cina e India
— pur avendo bassi numeri di presenza tra i
banchi, mantengono sostanzialmente invariato
il rapporto tra maschi e femmine — circa uno a
uno — dalla scuola d’infanzia fino alla secondaria di secondo grado (le vecchie superiori);
così come accade ai due gruppi provenienti da
Paesi musulmani ritenuti più permeabili alle
istanze occidentali, Marocco e Tunisia.
Lo scenario cambia parecchio per gli altri
quattro gruppi di religione islamica, tra i quali,
dopo le primarie (le vecchie elementari), le ragazze cominciano a diminuire velocemente sino a scendere a percentuali assai più basse nelle secondarie. Il 33 per cento del totale le egiziane, il trentasei le senegalesi. Parliamo di scarti
tra i 16 e 13 punti percentuali rispetto alla media
degli studenti non comunitari. Che nell’Islam la
questione femminile sia aperta drammaticamente è insomma chiaro sin dalle nostre aule.
«In diverse comunità, purtroppo, il problema di genere c’è, è vero», dice Izzedin Elzir, il
giovane presidente che ha cambiato toni e linea
dell’Ucoii, la più forte (e un tempo più radicale)
tra le associazioni di comunità islamiche: «Proprio l’altro giorno ci hanno segnalato casi a Roma, tra i bangladesi di Tor Pignattara: famiglie
che non mandavano le figlie a scuola. Abbiamo
chiamato gli imam, che adesso stanno lavorando con queste famiglie per superare il problema. Ma è importante che ci segnalino questi casi, io posso non sapere, sono molto colpito dal
fatto che nel 2016 ci siano persone che non
mandano i figli a scuola». Più che altro le figlie.
Senza offesa, viene da citare la Sura IV, versetto 34, An-Nisa’ (Le Donne) che recita: «Gli
uomini sono preposti alle donne, a causa della
preferenza che Allah concede agli uni rispetto
alle altre». Peserà un po’ il Corano nella differenza di genere, o no? Izzedin sorride: «Quel
versetto va interpretato. Senza offesa, se uno
pensa che il maschio sia superiore alla femmina non conosce il Corano. Poi magari qualche
maschio ignorante lo pensa. Certo c’è una questione culturale. Non mi piace usare l’espressione terzo mondo, ma molti vengono da Paesi
dove regna la “dis-cultura” del maschio». Egitto
compreso? «Non Il Cairo. Ma in Egitto ci sono
90 milioni di persone, e vari milioni dormono
nei cimiteri».
Il peso di certi numeri è difficile da portare. Il
sociologo Ali Baba Faye, già presidente della comunità senegalese, assicura: «In Senegal c’è
una legge sulla parità che funziona... Il vero
problema sta qui in Italia, nella diaspora delle
nostre famiglie. Molti bambini senegalesi in
I numeri
La dispersione più alta
si ha per chi proviene
da Bangladesh, Egitto,
Senegal e Pakistan
I dati del ministero
Più dell’80 per cento
dei ragazzi che lasciano
è rappresentato da
giovani nati all’estero
Italia sono affidati agli assistenti sociali, si fanno ricongiungimenti familiari con matrimoni
che non funzionano. Se poi qualcuno si radicalizza costruendo steccati, questo non so dirlo».
Secondo un rapporto del nostro ministero
dell’Istruzione «il rischio di abbandono della
scuola colpisce i ragazzi con background migratorio in misura maggiore degli italiani, nella
scuola primaria come in quella secondaria: più
dell’80 per cento dei ragazzi di origine straniera
a rischio dispersione nelle scuole secondarie è
rappresentato da ragazzi nati all’estero». Si parte male, già dai livelli di frequenza prescolare
«di 10 punti più bassa».
Poi, il gap di genere acuisce le distanze, fino a
quella categoria dolente di giovani tra i 15 e i 29
anni che i sociologi chiamano Neet, Not in employment, education and training: insomma
coloro che non studiano, non lavorano e nemmeno seguono qualche percorso formativo. Il
fattore genere tra i Neet è assai evidente. Secondo i rapporti del ministero del Lavoro, le «quasi
sette ragazze su dieci di origine egiziana» che
appartengono a questa categoria vanno raffrontate ad appena un coetaneo su dieci nella
medesima condizione.
Nella comunità senegalese le ragazze Neet
sono sette su dieci, i ragazzi quattro su dieci.
Otto su dieci le bangladesi, sette su dieci le
pakistane. Il fenomeno delle Neet tocca pesantemente anche la comunità più numerosa in
Italia, quella marocchina, col 67,8 per cento
delle ragazze sul totale della comunità femminile tra i 15 e i 29 anni.
Abdellah Redouane è in Italia da molti anni,
ma in Marocco ci è nato, tra le montagne a nord
di Marrakech. Dice che bisogna distinguere:
«Chi non chiede lavoro non vuol dire che non
lavori». E pensa alle molte che vivono di commercio ambulante, magari dietro le bancarelle
dei nostri mercati. Non una grande prospettiva.
«Ci sono comunità», dice, riferendosi ai bangladesi o ai pakistani «portate alla chiusura,
che temono l’occidentalizzazione delle ragazze.
La scuola aprirebbe loro gli occhi, c’è chi preferisce tenerle fuori dal circuito». E ci sono ragazze che hanno pagato con la vita il loro desiderio
di integrarsi tra noi.
Souad Sbai, leader di un’associazione che difende le donne marocchine ma un po’ anche
tutte le donne islamiche, ne raccoglie e ne diffonde le storie (e per questo non è da tutti amatissima). «In Italia», dice «gli egiziani sono
molto radicali e vicini alla Fratellanza musulmana. Ma il problema non è solo egiziano. Tante bambine, anche marocchine, appena avuto il
ciclo, vengono tolte da scuola e spesso rispedite
in Marocco, dai nonni, per riconvertirle all’Islam. Poi tornano grandi, già sposate, raggiunte dal marito in ricongiungimento familiare. Ricordo Amina, le hanno fatto sposare il cugino in Marocco, aveva undici anni».
A sera, Izzedin Elzir mi manda un sms con la
Sura XLIX versetto 13: «O uomini, vi abbiamo
creato da un maschio e una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi conosceste a vicenda. Presso Allah, il più nobile di
voi è colui che più lo teme…». Lui ci vede la prova della parità dei sessi. Ed è in fondo questo il
bello di tutti i libri: che dipende da chi li legge.
Purché ce li lascino leggere.
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