Il_rischio_corre_sul_filo_

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Il_rischio_corre_sul_filo_
44 INSURANCE MAGAZINE Maggio 2013 02
TELECOMUNICAZIONI
di Maria Moro
Il rischio
corre sul filo
Una tavola rotonda tra i principali operatori italiani nel settore
delle telecomunicazioni è stata l’occasione per capire come si intende
il rischio in questo comparto e quali sono le pratiche per la prevenzione,
tra necessità di dare continuità di servizio in ogni eventualità, reputazione
presso i clienti e furti di cavi in rame
Un settore in continua evoluzione, con un ritmo di
adattamento all’innovazione che spazia dall’offerta di prodotto alle infrastrutture, ai sistemi di assistenza al cliente: sono questi i molti fronti aperti
nel settore delle telecomunicazioni, attento da un
lato a gestire infrastrutture estremamente complesse e dall’altro a seguire ogni singolo cliente
di utenza telefonica. Con un campo di operatività
così ampio, i rischi potenziali sono molti e in questi
casi le funzioni di risk management possono fare
capo a più figure aziendali o a team di esperti del
rischio nei vari campi. Di questo si è discusso in
un confronto organizzato da Anra (l’associazione
nazionale dei risk manager) e coordinato da Maria
Rosa Alaggio, direttore di Insurance Magazine, tra
i responsabili della gestione del rischio delle principali società che operano nel campo della telecomunicazione in Italia. La gestione del rischio è nata in
quasi tutte le grandi imprese italiane come settore
dedicato a seguire le coperture assicurative; con il
tempo la funzione si è ampliata alle fasi necessarie
di prevenzione e di controllo ed è stata così affidata
alle competenze di una funzione di risk management che ha assunto il ruolo di owner del processo.
Nel settore delle Tlc, uno degli elementi chiave per
capire la difficoltà nel risk management è la struttura estremamente complessa e diffusa su tutto il
territorio nazionale di una rete capillare, fondata
su siti costosi e allo stesso tempo vulnerabili, che
garantiscono, da un lato le normali trasmissioni
e le conversazioni tra utenti e dall’altro ricoprono
un valore strategico per la sicurezza del Paese. La
continuità del servizio è requisito necessario e deve
sussistere anche in caso di catastrofi naturali, uno
dei rischi più temuti dai risk manager delle Tlc. Si
lavora quindi con grande attenzione a tutti quegli
elementi che possano contribuire a ridurre i danni
diretti o indiretti. Per prevenire le interruzioni di
servizio è necessario creare una infrastruttura di
rete ridondante che consenta di “trovare alternative” di trasmissione nel caso si verifichino danni ai
siti. Da un punto di vista di gestione interna, tutti
i partecipanti alla tavola rotonda ritengono fondamentale effettuare una costante mappatura del
rischio e agire parallelamente attraverso la valutazione del patrimonio societario. Su questo tema,
Telecom Italia ha introdotto un sistema di valorizzazione geo-referenziata degli asset aziendali che
consente, secondo Paolo Rubini, “di effettuare simulazioni e valutazioni su diversi scenari di danno,
e al contempo di valorizzare rapidamente eventuali
sinistri e di contare su un parametro utile in fase
di perizia”.
Oltre ai rischi da catastrofe naturale e la copertura
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degli asset proprietari (dalle strutture all’innovazione), è dedicata attenzione ai problemi legati alla
normativa, all’emissione di onde elettromagnetiche
e ai rischi indiretti causati dalla mancata erogazione del servizio.
Il rapporto
con i consumatori
Tra tutte le criticità a cui possono essere soggette
le società di telecomunicazione, la più visibile e allo
stesso tempo meno controllabile è il rapporto con
i consumatori: risulta evidente come la gestione
di milioni di utenze e l’attività commerciale quotidiana su centinaia di migliaia di potenziali clienti
possa dare vita a un numero elevato e non controllabile di inefficienze o in ogni caso di situazioni
di non soddisfazione. L’impossibilità reale di poter
controllare ogni singolo evento negativo può determinare situazioni di disservizio di cui la compagnia
subisce le conseguenze: sono i clienti che influenzano l’opinione comune e danno l’avvio a situazioni di potenziale rischio reputazionale. Su questo
punto, in tutte le compagnie il presidio sul rapporto
con i consumatori è molto elevato: “Il danno reputazionale per noi è la madre di tutti i rischi” – dice
Domenico Fumai di Telecom Italia – “perché tutti i danni, di qualsiasi origine, alla fine colpiscono
il nome dell’azienda, dalla capacità di rispondere
tempestivamente a un evento catastrofale che coinvolga migliaia di clienti, sino alla qualità del servizio in un negozio. Si tratta di rischi il cui impatto
sul valore del brand è difficilmente misurabile”.
Un sistema per controllare o almeno per contenere
gli aspetti reputazionali è attivato in Telecom Italia
attraverso l’utilizzo, fra i sistemi di incentivazione
del management, dell’indice di valutazione della
customer satisfaction. Più facile da gestire in termini di danno alla reputazione risulta essere l’eventuale azione delle associazioni dei consumatori,
attente in modo particolare alle conseguenze che
le continue mutazioni legate alla normativa comportano nel rapporto con i consumatori: secondo
Fabrizio Sechi di Fastweb, “la tutela degli utenti
è comunque garantita dalle clausole definite nei
contratti. Per aggiornare costantemente gli aspetti
contrattuali e per garantire il pieno rispetto all’evoluzione della normativa, in Fastweb abbiamo una
funzione specificatamente dedicata che riveste un
ruolo fondamentale. Infatti, alcuni cambiamenti
delle norme potrebbero arrivare a suggerire modifiche nelle nuove proposte commerciali e perfino
indurci a riorientare parte della strategia”. Maria
Emilia Marsaglia, di H3G fa notare come l’attenzione dedicata al settore da parte delle associazioni
dei consumatori possa essere di stimolo per le imprese di telecomunicazioni nelle loro strategie commerciali: “Noi siamo arrivati per ultimi sul mercato
italiano e abbiamo iniziato in rincorsa, ma è stato
il motivo per cui abbiamo voluto dare fin dall’inizio
molta attenzione al cliente”. Proprio l’evolversi delle strategie commerciali e la ricerca di acquisizione
di quote in un mercato di traffico molto affollato, ha
portato, secondo Marco Maestrelli di Wind “a un
abbassamento dei costi del servizio per il cliente,
a fronte però di investimenti che restano forzatamente sempre uguali”.
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TELECOMUNICAZIONI
I rischi connessi
alla crisi
Dai tagli all’aumento di
furti e truffe, la crisi si fa
sentire anche nel mondo
delle telecomunicazioni,
e tra i compiti dei risk
manager c’è quello di
individuare potenziali
criticità e arginare i
danni. Paolo Rubini di
Telecom Italia sottolinea
come con la crisi
siano aumentati per
le imprese il rischio
finanziario, di credito, di
tasso e di controparte. Ci
sono poi i danni indiretti
come l’aumento dei
furti, ad esempio dei
telefonini ma dei cavi in
rame, estremamente
grave anche perché
spesso comporta
danneggiamenti anche
delle infrastrutture o dei
cavi in fibra ottica. Nella
dialettica interna con la
E tra costi di servizio al cliente e i consumatori si
pongono in prima linea i call center, i quali, secondo Fumai, “si collocano alla fine di un processo di
produzione, commerciale e di erogazione. Se tutto nel processo andasse sempre bene, i call center
quasi non dovrebbero lavorare. In realtà, la loro
esistenza conferma la centralità del cliente”. Ma
questo è uno di quegli investimenti citati da Maestrelli come necessari e sempre ad alto costo: “Non
esiste un sistema di servizio al singolo utente diverso dal call center, e per attivarlo sono richiesti
strumenti complessi e all’avanguardia oltre a competenze e conoscenze adeguate che vengono trasmesse agli operatori attraverso specifici percorsi
di formazione”.
Nell’ambito del servizio al cliente si collocano anche le problematiche legate al trattamento dei dati
personali che afferiscono alla normativa sulla privacy: secondo Paolo Rubini “si tratta di un tema
che in Italia, e in Europa in generale, è necessario
rivedere, soprattutto se confrontiamo i vincoli della
normativa europea con la libertà concessa alle imprese negli Stati Uniti”. In tal senso sono evidenti
gli svantaggi competitivi per gli operatori Tlc europei, cui la profilazione della clientela non è concessa, rispetto ai cosiddetti “Over the Top” americani,
che della profilazione fanno persino fonte diretta
di ricavi. E aggiunge Fabrizio Sechi: “Siamo tenuti
ad attività molto rigide nella gestione dei dati e il
propria azienda anche
il risk manager si trova
a essere coinvolto nelle
richieste di riduzione
dei costi: “Sicuramente
oggi proporre un
trasferimento del rischio
è più difficile, quando
anche a noi vengono
richiesti dei tagli”,
dice Roberto Bosco
di Mediaset, a cui fa
seguito Maria Emilia
Marsaglia di H3G: “Con
la crisi vanno giustificati
più ampiamente i
costi di tutte le scelte.
Per questo il rischio
va a maggior ragione
mappato e quantificato
per procedere a studi di
riduzione coerenti”.
rispetto della conformità comporta costi molto elevati. Se paragoniamo lo scenario italiano con quello
di altri Paesi, si capisce come l’eterogeneità della
normativa sul trattamento dei dati personali produca asimmetrie nella competizione”.
Esternalizzazione
e tecnologia: un bivio
per la crescita
La volontà delle imprese di ridurre i costi interni di
gestione ha determinato in tutti i settori negli ultimi
quindici-venti anni la scelta di esternalizzare alcuni servizi o parti del processo di produzione. Nel
campo delle telecomunicazioni l’esternalizzazione
è una materia complessa, in modo particolare dal
punto di vista dei risk manager. “L’aspetto strategico dell’affidare a terzi alcuni servizi particolarmente complessi richiede di selezionare con cura
fornitori da considerare, nei fatti, come parte stessa
dell’azienda”, sostiene Gina Pasquali di Vodafone
Italia. Fabrizio Sechi di Fastweb chiarisce come
talvolta la scelta di affidare a terze parti proprie attività possa consentire di cogliere opportunità, ma
anche introdurre vincoli nelle strategie aziendali
future: “L’analisi del rischio di questi progetti consiste nel pesare correttamente i risultati nel breve termine e le strategie nel lungo periodo”. Sulla
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stessa linea è l’opinione di Paolo Buiat di Italtel,
per il quale la tecnologia è da considerarsi core per
un’azienda soprattutto se operante nel settore It/
Tlc, e per questo non va mai gestita tramite uno
spin-off: “L’esternalizzazione rappresenta un forte rischio, nel nostro settore, si tratta di affidarsi
a imprese molto meno dimensionate e con minore
struttura. È compito di chi lavora nel settore del
rischio far comprendere alle direzioni che le strategie di ritorno vanno calcolate sui cinque anni e
non su qualche mese”. Una scelta in tal senso è
condivisa da Telecom Italia e da Wind: Domenico
Fumai rivela che “puntare solo sulla riduzione dei
costi può essere una scelta alla fine più costosa. Per
questo in Telecom Italia stiamo valutando di tornare all’in-sourcing, soprattutto nel settore Ict”; mentre Maestrelli racconta di un caso simile discusso
in azienda dove “si è scelto alla fine di tenere internamente una struttura che si era progettato di
esternalizzare”.
I partecipanti alla tavola rotonda
ANRA
Paolo Rubini
presidente
FASTWEB
Fabrizio Sechi
risk manager
H3G
Maria Emilia Marsaglia
insurance & guarantee manager
ITALTEL
Paolo Buiat
senior vice president
procurement, logistics & facility
MEDIASET
Roberto Bosco
corporate risk & facility manager
TELECOM ITALIA
Paolo Rubini
responsabile Afc risk management
Domenico Fumai
Afi risk management
VODAFONE ITALIA
Gina Pasquali
insurance specialist
WIND
Marco Maestrelli
direzione finance and procurement
insurance manager
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TELECOMUNICAZIONI
Le competenze dei risk manager
e il rapporto con le assicurazioni
Dal credito al furto dei telefonini, dalla privacy
al rischio elettromagnetico, dal procurement
strategico alle catastrofi naturali, gestire il
rischio in imprese così complesse è un lavoro
da super manager? “Nelle nostre aziende il
rischio non può essere gestito da una persona
sola; il risk manager è un facilitatore per
le altre funzioni, sostiene Roberto Bosco di
Mediaset. Sulla stessa linea Domenico Fumai di
Telecom Italia, secondo il quale “il ruolo del risk
manager è quello di dare una metodologia per
la gestione sicura dei processi”, mentre Paolo
Buiat di Italtel tiene a precisare come in questi
casi ci sia “la necessità di un team, nel quale
CATASTROFI NATURALI
REPUTAZIONALE
TECNOLOGICO
ONDE ELETTROMAGNETICHE
COMPLIANCE
il risk manager lavori in collaborazione con i
responsabili dei diversi settori e con il board”,
aprendo la discussione sul complesso problema
del posizionamento interno della funzione. Oltre
alle competenze trasversali e alla capacità
di dialogo con le altre funzioni, Maria Emilia
Marsaglia di H3G sottolinea l’importanza del
continuo aggiornamento e del confronto con
altre esperienze come elemento di crescita nel
ruolo.
Controparte necessaria per le aziende di
telecomunicazioni, e per chi al loro interno deve
proteggere dai rischi, è il mondo assicurativo,
dalle compagnie ai broker. Tra le aziende
presenti è questa la strada prevalente, mentre
solo Vodafone Italia ha optato per una gestione
captive del rischio, una scelta che secondo
Gina Pasquali “consente di avere una migliore
condivisione delle criticità e il vantaggio di
trarre esperienza dai casi di altre aziende
del gruppo”. Quello con le assicurazioni è un
rapporto controverso, caratterizzato da un lato
dalla continua necessità di prodotti innovativi
e al passo con l’evoluzione tecnologica degli
strumenti, e dall’altro dalla volontà di non
esporsi in maniera eccessiva su rischi non
conosciuti. Le compagnie che possono farsi
carico dei rischi complessi del settore in Italia
sono poche mentre risultano più dinamici
e attenti i broker: “Noi aziende chiediamo
maggiore dialogo per assecondare la rapida
evoluzione del rischio così come la viviamo
ogni giorno al nostro interno” – conclude Paolo
Rubini – .“Da parte nostra dobbiamo forzarci
a una maggiore trasparenza sui rischi, per
renderli più accettabili a chi può assumerli”.