N. 5 - CRISTIANO SOCIALI

Transcript

N. 5 - CRISTIANO SOCIALI
Cristiano
Sociali news
30 gennaio 2003
ANNO VII • NUMERO CINQUE
€ 0,77 - L. 1.500
SETTIMANALE DEL MOVIMENTO DEI CRISTIANO-SOCIALI
SPEDIZIONE IN ABB. POST. ART. 2 COMMA 20/C L. 662/96 - FILIALE ROMA
Mimmo Lucà
Presidente dei Cristiano
Sociali e membro della
Segreteria DS
CRISI FIAT: TANTI PIANI,
NESSUNA STRATEGIA
Perchè la guerra
non è inevitabile
ECCO IL TESTO INTEGRALE DELL’ARTICOLO PUBBLICATO DALL’UNITÀ
IL 17 GENNAIO SCORSO
pp. 4-5
I preparativi per la guerra contro l’Iraq appaiono oramai inarrestabili. E ciò nonostante
occorre compiere ogni sforzo per bloccarli. L’uso delle armi non è una fatalità e non è
L’INTERNAZIONALE
detto che sia assolutamente inevitabile. Si devono esaurire tutti i mezzi che il diritto
SOCIALISTA A ROMA
internazionale prevede, tutte le mediazioni possibili, fare in modo che si estenda in tutto
p. 7
il mondo una campagna di dissuasione nei confronti dell’Amministrazione americana, per
evitare un conflitto militare che potrebbe avere per il popolo iracheno, per il medio
Oriente e per l’intero pianeta conseguenze tragiche.
Gli ispettori dell’Onu stanno svolgendo il loro lavoro senza
impedimenti o interferenze da parte delle autorità irachene e,
dopo circa 300 siti ispezionati, non sono emersi elementi che
possano portare a conseguenze di carattere militare. Ciò ha fatto
dire a Kofi Annan e a Javier Solana che la guerra non avrebbe
giustificazione alcuna.
È quanto vanno ripetendo in molti oramai, a partire dalle massime autorità della Chiesa cattolica. “La pace è doverosa e possibile” ha detto Papa Wojtyla nel primo Angelus del 2003.
QUESTO ARTICOLO È APPARSO SUL “RIFORMI“La guerra è una sconfitta per l’umanità” ha ripetuto davanti
STA” CON IL TITOLO “LA CHIESA SI FIDI DEI POLIal corpo diplomatico il 13 gennaio. Il Papa è sceso in campo conTICI CATTOLICI CI SERVONO TANTI DE GASPERI E
tro la guerra senza esitazione ed ha fortemente contrastato l’idea
KOHL”, LO STESSO GIORNO (GIOVEDÌ 16 GENNAdella sua ineluttabilità, oltretutto al di fuori di “un’autorità inIO) DELL’USCITA DEL DOCUMENTO DEL CARD. RAternazionale riconosciuta”. Il richiamo alle esigenze della pace è
TZINGER SU CATTOLICI E POLITICA. PUBBLICHIAstato netto e senza ambiguità.
MO IL TESTO INTEGRALE, APRENDO COSÌ UN DIIl Pontefice ha evocato l’Enciclica Pacem in Terris di Giovanni
BATTITO SU UN TEMA PARTICOLARMENTE INTEXXIII ed ha sollecitato le responsabilità dell’Onu per affrontare i
RESSANTE E DELICATO.
problemi del pianeta in un quadro di dialogo e di cooperazione
internazionale, in cui non vi sia spazio per il concetto di “Guerra
di Giorgio Tonini e Stefano Ceccanti
preventiva” che, come ha ricordato il Cardinale Sodano, non fa
parte del vocabolario della comunità internazionale.
Salvo rinvii dell’ultima ora, oggi verrà preMons. Martino, ex nunzio all’Onu e nuovo presidente del Consentata una nota dottrinale del cardinale Ratsiglio Justitia et Pax della Santa Sede, è stato ancora più esplicizinger sui politici cattolici. Vedremo il testo, ma
to. “La guerra preventiva - ha spiegato – non c’è dubbio che sia in
è giusto porre già alcuni interrogativi.
realtà aggressiva”, poiché non è per definizione una guerra moti-
Nel rapporto
tra etica e politica,
non partiamo da zero
segue a pag. 2
segue a pag. 2
politica
segue da pag. 1
vata dalla legittima difesa, e “l’unilateralismo non è accettabile perché non possiamo pensare che ci sia un poliziotto universale che fa il castigamatti con quelli
che si comportano male”.
Lo stesso Episcopato americano sul no
alla guerra si è allineato alle posizioni della
Santa Sede, con una lettera che Mons.
Gregory, presidente dei vescovi degli Usa,
ha inviato al presidente Bush il 13 settembre 2002. “La guerra contro l’Iraq – scrive
Mons. Gregory – potrebbe avere conseguenze imprevedibili non solo per l’Iraq
stesso, ma anche per la pace e la stabilità
nel resto del Medio Oriente”.
L’opposizione alla guerra nel mondo
cattolico, dunque, non è fondata soltanto
su ragioni etico-religiose, come spesso si
ritiene sbagliando, ma è sostenuta anche
da motivazioni giuridiche e politiche.
In un appello promosso dalla Tavola
della Pace, al quale hanno aderito numerose organizzazioni anche di ispirazione
religiosa, si può leggere infatti che la guerra va impedita “perché provocherà molti
più problemi di quanti ne vuole risolvere,
allontanerà ancora di più la possibilità di
mettere fine al drammatico conflitto arabo-israeliano e di costruire una pace giusta e duratura in medio Oriente, indebolirà i cosiddetti regimi arabi moderati bloccandone ogni possibile evoluzione democratica, accrescerà il risentimento contro
gli americani e i loro alleati, allargando il
fossato che separa l’Occidente e il mondo
islamico e ci esporrà tutti al rischio di violenze e sconsiderate azioni terroristiche”.
La Chiesa e le comunità religiose, rivolgendosi alle autorità istituzionali e politiche, chiedono ad alta voce il coraggio
e l’ostinazione di rimanere ancorati al tavolo negoziale dell’Onu, esigendo certamente il rispetto delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza e, nel contempo, di ricercare tutte le possibili soluzioni diplomatiche e politiche per evitare una guerra che condannerebbe ad indicibili sofferenze un popolo già duramente provato da
un embargo che dura da dodici anni, causerebbe il sacrificio di tantissime vite umane e metterebbe a repentaglio la stessa
sicurezza internazionale.
Molti movimenti ed associazioni, di diversa ispirazione culturale, sono scesi in
campo, spesso unitamente alle organizzazioni dei partiti della sinistra, per sostenere le ragioni della pace ed hanno, recentemente, rivolto un appello al Parlamento e al Governo italiano, per negare
ogni forma di assenso e di coinvolgimento
militare nell’organizzazione di un possibile attacco armato contro l’Iraq.
Personalmente condivido l’appello,
senza “se” e senza “ma”, perché penso
che si debba sostenere in modo risoluto il
no a questa guerra in ogni caso e spero
che la sinistra e tutto lo schieramento dei
riformisti italiani sappiano trovare al più
presto le forme e definire i contenuti di
una risposta positiva e coerente.
sicurezza
internazionale
segue da pag. 1
Essa s’inserisce nel filone della critica
contro un “relativismo etico” che finirebbe col generare un “totalitarismo aperto
oppure subdolo”, come ha ribadito il Papa
alle Camere. Il problema è reale. Non partiamo però da zero. Il Vaticano II aveva affrontato questo problema con una triplice
discontinuità: una visione dinamica della
Tradizione, la cui comprensione “cresce”
e “progredisce” nell’“esperienza” dell’unica storia; un’opzione preferenziale per la
democrazia e una valorizzazione del diritto alla libertà religiosa.
2
La polemica contro il relativismo, se
mal declinata, rischia di restringere la portata della discontinuità del Vaticano II sul
primo aspetto, quasi che l’autorità della
Chiesa possedesse la comprensione piena
e astorica del diritto naturale da tradurre
in leggi civili. Il non cattolico può limitarsi
a dissentire: non sarà impossibile trovare
compromessi. Ma chi deve fare la mediazione? L’autorità della Chiesa in modo vincolante o c’è uno spazio autonomo in cui,
sia pure dentro determinati princìpi, si esercita la responsabilità dei laici cattolici? C’è
un mandato imperativo che dai princìpi
della Chiesa trae volta per volta un’unica
CRISTIANO SOCIALI NEWS
politica
soluzione possibile o un margine significativo di scelta? C’è infatti una connessione
stringente tra una visione dinamica della
verità e la conseguenza per la quale il Concilio invita a valorizzare la competenza, anche se non esclusiva, di un laicato cattolico in grado di assumersi “la propria responsabilità” e che abbia nei confronti del magistero dei vescovi un’“atten-zione rispettosa”, senza aspettarsi da esso né richiedergli una “soluzione concreta” ai problemi emergenti.
Tre esempi di laici cattolici che si sono
esercitati in modo fecondo sul tema. Il giurista Costantino Mortati ci ricorda che il
relativismo delle democrazie è a sua volta
relativo perché alle sue spalle c’è comunque “la credenza nell’assolutezza del valore da riconoscere ad ogni uomo”, un fondamento così esigente rispetto al quale le
democrazie possono raggiungere solo un
“ragionevole grado di approssimazione”
attraverso il dialogo. Un altro giurista,
Gregorio Peces Barba, allievo di Maritain,
ricorda che la “verità unica” non può essere espressa né da una maggioranza né
“da una minoranza religiosa o filosofica
che pensando di esprimere il monopolio
della verità possa imporsi alla maggioranza”. Infine uno statista, Alcide De Gasperi: di fronte a vescovi che, tra le altre perle, identificavano come norma di diritto
naturale non disponibile per il legislatore
il carattere “gerarchico” del rapporto
uomo-donna nel matrimonio, invitava nel
1945 a scendere “dall’alta montagna” di
un’“atmosfera ossigenata” di soli cattolici per capire il suo sforzo di “fissare una
pratica di convivenza civile che tiene conto delle opinioni altrui e che deve cercare
una via di mezzo fra quelle che possono
essere le aspirazioni di principio e le possibilità di azione”.
I dilemmi posti dal relativismo si affrontano cercando di avere tanti De Gasperi
a destra come a sinistra, cioè tanti Kohl e
Delors, ma ciò richiede che non si comprima il loro ruolo attivo di mediazione. Altrimenti, che lo si voglia o meno, vi è solo
spazio solo per gruppi di pressione confessionale monotematica che lottino per immediate traduzioni dei valori in politica
trattando come incoerenti gli altri cattoli-
CRISTIANO SOCIALI NEWS
ci, producendo cioè pacifisti fondamentalisti a sinistra e antiabortisti fanatici a destra. Una volta negata la mediazione, è difficile restringere una logica semplicistica
ad alcuni temi anziché ad altri.
Bisogna distinguere bene, come nei
documenti conciliari, tra l’appello alle
coscienze perché si orientino verso “la
vera religione” e il livello delle decisioni
politiche vincolanti per tutti dove “va rispettata la norma secondo la quale agli
esseri umani va riconosciuta la libertà più
ampia possibile”, il diritto di “non essere
oppressi da misure coercitive”.
Per questo speriamo che la nota - oltre che parlare, come annunciato, di “resistenza profetica” e di “tolleranza” di
fronte a “leggi imperfette”, vie d’uscita
solo dopo il fallimento di ogni dialogo possibile - parli anche del dovere morale prioritario di costruire leggi magari imperfette ma più solide perché condivise.
Ovvero frutto del dialogo dei deputati cattolici con tutti i loro elettori che
essi rappresentano (cattolici e non) e con
gli altri parlamentari. Proprio noi che in
questi giorni difendiamo su un’altra materia, quella delle riforme costituzionali,
il principio che si debba preferire una
convergenza larga, oltre gli schieramenti destra-sinistra, alla stretta applicazione del principio di maggioranza, vorremmo che anche il dialogo cattolici-non cattolici, la ricerca di soluzioni condivise sui
temi etici fosse considerata un valore, con
un’attenzione almeno pari a quella prestata ai contenuti. Prima di resistere o
tollerare, o di imporsi a maggioranza (magari pagando per questo prezzi di compromissioni su altri terreni) viene il dovere di ricercare soluzioni condivise.
Al di là dei contenuti della nota, sarà
importante che i politici cattolici, impegnati in prima linea e per questo più coscienti delle potenzialità e delle difficoltà del pluralismo, la vivano e la interpretino degasperianamente, tenendo ferma
la distinzione tra cose di Dio e cose di Cesare, contro facili deduzioni dalla fede alla
legge.
Un laicato cattolico conscio del proprio ruolo ha anch’esso “istruzioni” da
dare. Roma locuta, causa non finita.
3
argomenti
Pierre Carniti
Crisi Fiat
Crisi Fiat: tanti piani,
nessuna strategia
La Fiat rimane in prognosi riservata. Perché i diversi “piani” approntati in queste settimane si limitano a suggerire soluzioni (più o
meno ingegnose) per risolvere i problemi finanziari e trascurano completamente il punto cruciale. Cioè
come fare buone macchine e riuscire a venderle.
Sembra quasi che per i terapeuti che si sono candidati a risanare
la Fiat il problema della strategia
industriale sia una sorta di optional. Un accessorio non indispensabile che, come l’”enten-dance” per
Napoleone, può seguire. Può venire dopo. Non è un caso che tutti
coloro che potrebbero fare qualcosa per cercare di risolvere la crisi
(governo, banche, famiglia Agnelli,
finanzieri, aspiranti imprenditori e
quant’altri) siano soprattutto interessati agli aggiustamenti finanziari ed alla connessa ridefinizione
delle quote di proprietà, più che
alle condizioni necessarie per produrre automobili competitive.
quando anche il mercato ha dovuto
essere aperto), si è cercato di accompagnare l’inesorabile declino
dell’azienda. Di tanto in tanto, questo armamentario è stato integrato
da svalutazioni competitive. Ma con
l’entrata nell’Euro le svalutazioni
sono ormai precluse. Si è quindi ripiegato su più canoniche misure assistenziali.
Però queste cure sono come il
cortisone nelle crisi asmatiche. Può
dare sollievo nelle fasi acute. Ma la
sua azione è passeggera e, oltre
tutto, non esente da inconvenienti. I sindacati, giustamente consapevoli che con simili rimedi non si
sarebbe risanato l’ammalato, hanno insistito (per ora senza successo) per ottenere soluzioni più convincenti.
Il governo, un po’ per cialtroneria, ed un po’ perché non poteva fare diversamente, ha invece
condiviso le misure proposte dall’azienda.
Si è soltanto limitato a chiedere
qualche piccolo correttivo (con un
occhio alle situazioni sociali e l’altro a quelle elettorali) nella distribuzione territoriale dei tagli programmati. La sostanza, ovviamente, non è cambiata e quindi nemmeno le prospettive dell’azienda.
Dunque, nella migliore delle ipotesi, le misure adottate (assieme ad
alcune cessioni per alleggerire la
situazione debitoria del gruppo)
potranno servire a guadagnare tempo ed arrivare al 2004. Quando scatterà l’obbligo di GM ad acquistare
il settore auto della Fiat.
Cosa potrà avvenire da qui al
2004 e soprattutto quale potrà essere il futuro dell’auto in Italia
dopo quella data, resta avvolto
nella nebbia.
Convinto, come molti, che il
“piano di risanamento e di rilancio”
non risanava e non rilanciava un bel
nulla, si è fatto avanti Colaninno. Il
suo “piano” è noto solo attraverso
indiscrezioni di stampa, quindi dei
dettagli non si conosce granché. Ma,
da quel che si è capito, il primo punto della proposta Colaninno è che
la Fiat dovrebbe decidere in tempi
brevi se tentare di accordarsi anticipatamente con GM per l’esercizio del put, oppure se (al prezzo più
alto possibile) liberare l’azienda
americana dall’onere dell’acquisto.
Comunque nell’uno e nell’altro caso
la Fiat si dovrebbe forzatamente impegnare alla bonifica del settore
auto. Anche solo per venderlo risanato.
Il secondo punto del piano Colaninno è che le risorse per gli investimenti necessari (a parte 1 milione di Euro che metterebbe a disposizione lui, chiedendo in cambio la
gestione dell’azienda) verrebbero
reperite con la vendita di attività
non legate al settore della produzione automobilistica, a cominciare dalla Toro Assicurazioni dalla Fiat
Avio. Con queste ed altre cessioni,
ne potrebbe scaturire un gruppo
molto più focalizzato sull’auto e
quindi potenzialmente anche più in
grado di competere.
Questa, comunque, è l’opinione
di Colaninno.
settore
auto
Ma è un vero “piano di
risanamento e rilancio”?
Del tutto evanescente appare la
strategia industriale del cosiddetto
“piano di risanamento e rilancio”,
proposto dai vertici del Lingotto a
sindacati e governo. In realtà, malgrado il titolo impegnativo, il “piano” non è altro che l’ennesimo programma di dimagrimento della produzione di auto. D’altra parte, la
cassa integrazione straordinaria, gli
ecoincentivi per incoraggiare la domanda, i contributi alla ricerca per
innovare e migliorare il prodotto,
sono i tradizionali ingredienti con
cui, da più di tre decenni (cioè da
4
Le “novità” del piano
Colaninno
Negli ultimi giorni, al “piano”
Colaninno si è aggiunta la proposta
di Vitale & Associati. Si tratta di un
CRISTIANO SOCIALI NEWS
documento di 25 pagine che da
qualche giorno sarebbe sul tavolo
del Ministro del Tesoro e dei banchieri coinvolti nella crisi della Fiat.
Come quello di Colaninno anche il
“piano” Vitale si concentra soprattutto sugli aspetti finanziari e societari. Con due novità. La prima è
che l’auto verrebbe scorporata dalla
holding Fiat per costituire una nuova società da collocare in borsa.
La seconda è che nella nuova
società viene prevista una significativa presenza di capitale pubblico nell’azionariato. Senza entrare
nei dettagli, in una prima fase l’assetto societario immaginato da Vitale prevede che al Tesoro vada il
33,7 per cento del capitale, alla
General Motors (che attualmente
detiene il 20 per cento di Fiat Auto)
il 27 per cento, alla Fiat spa il 22,5
per cento, alle banche creditrici il
16,8 per cento.
In un secondo tempo, al termine di un’operazione di collocamento misto (azioni ed obbligazioni convertibili) il Tesoro risulterebbe sempre il principale azionista con il 25
per cento, seguito dalla General Motors con il 20 per cento, dalla Fiat
spa con il 16,7 per cento, dalle banche con il 12,5 per cento. La quota
sul mercato sarebbe pari al 25,8 per
cento, ma potrebbe raggiungere il
42,5 per cento nel caso, assai probabile, che la famiglia Agnelli (e
quindi la Fiat spa) dovesse decidere di uscire dall’auto.
Negli ultimi giorni, sulla scena
della crisi Fiat ha infine fatto la sua
comparsa (anche se per ora non ufficialmente) il finanziere bresciano
Emilio Gnutti, sodale di Colaninno
ai tempi della scalata a Telecom. Si
dice che, contrariamente a Colaninno, il coinvolgimento di Gnutti non
sarebbe alternativo al progetto del
Lingotto e delle banche che, all’osso, è di fare arrivare Fiat auto viva
al 2004. Comunque, quale che sia il
progetto che Gnutti ha in testa il
suo affacciarsi nella crisi Fiat è un
fatto che non può essere sottovalutato. Non può essere sottovalutato
perché tra i soci della sua Hopa c’è
la Fininvest (cioè Silvio Berlusconi,
che non a caso si è tempestivamente incontrato con il finanziere bresciano). E non è difficile immaginare che la Fininvest sia presumibilmente più interessata al destino del
Corriere della Sera e della Stampa,
che a quello dell’auto.
Per salvare la produzione
automobilistica italiana non
bastano soluzioni finanziarie
Siamo tutti abbastanza “vecchi
di questi boschi” per sapere che la
soluzione della crisi Fiat comporterà un riassetto del capitalismo italiano.
Quindi, a prescindere da ogni
considerazione di carattere politico (ed anche da quelle relative al
conflitto di interesse), nessuna sorpresa che Berlusconi si dia da fare
per sostituire Agnelli nel ruolo che
questi ha tradizionalmente occupato nel capitalismo italiano. L’importante però è avere ben chiaro che
questa “competizione di ruolo” può
essere una conseguenza, un effetto della crisi Fiat, ma non costituisce la soluzione della crisi. Non ha
nulla a che fare con il rilancio del
settore dell’auto.
Infatti è più che probabile che il
mantenimento ed il rilancio della
produzione automobilistica in Italia comporti una modifica degli assetti proprietari della Fiat, ma, prima di ogni altra cosa, ha bisogno di
nuove risorse (economiche ed imprenditoriali) e di nuovi progetti per
fare auto migliori e più competitive. Poiché questo è il punto, è del
tutto evidente che per salvare la
produzione automobilistica italiana
non basta escogitare qualche soluzione alla crisi finanziaria della Fiat.
Occorre soprattutto definire investimenti in nuovi modelli, strategie
commerciali efficaci, rete di distribuzione e logistica efficiente. Occorre, in particolare, il management giusto. Insomma, è indispensabile una vera strategia industriale di cui, nei “piani” finora presentati, non c’è traccia.
Poiché siamo un paese senza
memoria, può essere utile ricordare (agli immemori) che circa un
anno fa la Fiat varò un aumento di
capitale a sostegno del ricorrente
“piano di risanamento e di rilancio”.
Da allora sono passati tre amministratori delegati, tra piani “ufficiali” e almeno altri tre “ufficiosi” (Mediobanca, Colaninno e Vitale).
L’unico risultato di tutti questi
“piani” e di tutti questi avvicendamenti al vertice è stata un’accelerazione nella perdita di quote di
mercato da parte del gruppo Fiat.
Se quest’esperienza può suggerire qualcosa è che senza un vero
piano industriale non si va da nessuna parte. Di conseguenza, se questo problema non venisse finalmente e seriamente affrontato potremmo trovarci di fronte all’eventualità di vedere scomparire dall’ordine del giorno la “questione Fiat”.
Non perché risolta.
Ma perché si dovrà prendere atto
che, nel frattempo, lentamente
quanto inesorabilmente, la produzione automobilistica italiana sarà
ormai diventata economicamente e
socialmente irrilevante.
Flaiano, che conosceva bene
l’indole degli italiani, sosteneva
che: “Ci sono molti modi per arrivare.
Il migliore è di non partire”.
Esattamente ciò che finora si è deciso di fare per il caso Fiat.
capitalismo
italiano
CRISTIANO SOCIALI NEWS
Articolo pubblicato sul sito
www.eguaglianzaeliberta.it
5
dal mondo
Chiara Martini
Ma la povertà non è solo
mancanza di reddito
È UN CHECK-UP DAVVERO IMPIETOSO DELLO STATO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE QUELLO CHE
L’UNFPA, IL FONDO DELLE NAZIONI UNITE PER LA POPOLAZIONE, FA NEL SUO RAPPORTO 2002,
DIVULGATO A FINE ANNO.
Meno di due dollari al giorno. I
soli di cui dispongono per vivere, o
meglio per sopravvivere, 3 miliardi
di persone, circa la metà della popolazione mondiale, condannate a
vedersi sistematicamente negato
l’accesso ai diritti fondamentali
come la salute, il lavoro, l’istruzione. È un check-up davvero impietoso dello stato della popolazione mondiale quello che l’UNFPA, il fondo
delle Nazioni Unite per la popolazione, fa nel suo Rapporto 2002, divulgato a fine anno.
Il rapporto dimostra che affrontare le tematiche della popolazione
è un elemento chiave per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio (Millennium Development
Goals, Mdg): eliminare la povertà
estrema e la fame, garantire l’accesso universale all’istruzione di
base; promuovere l’eguaglianza di
genere e l’empowerment delle donne; ridurre la mortalità infantile; migliorare la salute materna; lottare
contro Aids, tubercolosi, malaria e
altre malattie; assicurare la sostenibilità ambientale; costituire una
partnership mondiale per lo sviluppo. In sintesi l’ambizioso traguardo
fissato dalla comunità internazionale è di ridurre della metà il numero
di individui in stato di povertà assoluta entro il 2015.
I nuovi obiettivi riconoscono che
la povertà è più che la semplice carenza di reddito, ma è fatta di insicurezza, ineguaglianze, cattiva salute, mancanza di istruzione, tutti
fattori capaci di incidere sulla dignità, sulle opportunità e le possibilità di scelta almeno quanto il reddito. Nel fornire un contributo al di-
battito e una guida per le misure
da adottare, l’edizione 2002 del
Rapporto UNFPA sottolinea tre questioni chiave:
1. povertà e differenza di genere: le donne sono la stragrande maggioranza dei poveri. Crescita economica e aumento dei redditi contribuiscono a ridurre il divario di genere, ma non riescono ad abbattere
tutte le barriere alla partecipazione sociale e allo sviluppo delle donne. Sono necessarie azioni mirate
per far sì che le istituzioni sociali e
giuridiche garantiscano alla donne
parità di diritti umani e giuridici fondamentali.
Le donne devono poter avere il
controllo sulla terra, accesso al mercato del lavoro e a guadagni equi e
devono avere il diritto di partecipare alla vita sociale e politica. I programmi per ridurre le disuguaglianze di genere possono migliorare significativamente la condizione individuale e familiare e favorire la crescita economica nazionale: gli studi
condotti dimostrano, ad esempio,
l’aumento del tasso di scolarizzazione femminile è un fattore di incremento reale del Pil.
Potenziare l’istruzione femminile contribuisce altresì a ridurre la
natalità e la denutrizione infantile,
a migliorare la sopravvivenza materna e infantile, nonché gioca un ruolo chiave nell’arginare l’epidemia di
Aids.
2. povertà e salute: i poveri sono
i più esposti a rischi sanitari legati
alle condizioni ambientali e a infezioni derivanti dall’inadeguatezza e
dal sovraffollamento degli alloggi.
I poveri hanno minore accesso del-
le persone più agiate ai servizi sanitari, e minori sono le probabilità
che cerchino assistenza in caso di
bisogno.
Allo stesso tempo la cattiva salute aggrava la povertà: inficia le
capacità personali, diminuisce la
produttività e frena la crescita economica.
Ma vi sono strumenti per uscire
da questa diabolica spirale: l’agenzia Onu sottolinea che non basta
migliorare i servizi sanitari e ampliare l’utenza, ma occorre altresì rafforzare i servizi preventivi, come
quelli per la salute riproduttiva.
Secondo il rapporto, nell’arco di
una generazione la tendenza a ridurre la fecondità si traduce in potenzialità di crescita macroeconomica,
grazie alla prevalenza di persone in
età lavorativa e alla diminuzione del
numero di giovani e anziani a carico. Si tratta della cosiddetta finestra demografica, un’opportunità
che, accompagnata da adeguate politiche di sostegno, consente progressi notevolissimi.
3. povertà e istruzione: sebbene
il grado di accesso generale all’istruzione di base sia aumentato sostanzialmente in molti paesi in via di sviluppo nel corso dell’ultimo decennio, i poveri hanno tuttora minori
probabilità di frequentare la scuola. I dati in alcuni pvs indicano che
la maggior parte della spesa pubblica per l’istruzione è impiegata per
iniziative dello stato a tutto beneficio dei più abbienti.
Molti paesi riuscirebbe a garantire l’istruzione di base universale
anche solo aumentando la percentuale di iscrizione tra i poveri.
istituzioni
sociali
6
CRISTIANO SOCIALI NEWS
dal mondo
Valerio Ochetto
Il mondo “possibile”
dei socialisti
internazionali
I
L’INTERNAZIONALE SOCIALISTA RIUNITASI A ROMA A METÀ GENNAIO, ACCENTUA L’IMPEGNO PER
LA PACE E PER LO SVILUPPO DELLA GLOBALIZZAZIONE.
Un’accentuazione delle iniziative
di pace contro i venti di guerra che
soffiano sull’Irak è venuta dal Consiglio dell’Internazionale socialista di
Roma del 20-21 gennaio. Al di là delle
sfumature, che pure esistono, si è fatto
un ulteriore passo in avanti rispetto al
tradizionale ripudio d’ogni guerra preventiva ed azione unilaterale del governo statunitense, affermando che
anche l’Onu deve in questo caso preferire soluzioni politiche e diplomatiche rispetto ad un intervento militare. L’ha sostenuto con rigore e passione lo stesso presidente dell’Is, il portoghese Antonio Guterres, già primo
ministro del suo paese, il cui socialismo è nutrito di forti tensioni morali
anche per la sua formazione cattolica. Che non si tratti di pura testimonianza e di abdicazione di fronte alle
durezze della storia è dimostrato, tra
l’altro, dal fatto che alla stessa sessione sono stati invitati e hanno parlato i rappresentanti dei curdi iracheni, che governano su una parte del
Kurdistan già “liberato” dalla dittatura di Saddam e che hanno chiesto sostegno e appoggio per una transizione, se possibile pacifica, alla democrazia per tutto l’Irak. Un segno di
come lotta per la pace e per la democrazia possano essere congiunte e non
contrapposte (anzi stupisce che altri
si siano mobilitati in passato per i curdi della Turchia, “dimenticando” i curdi dell’Irak e dell’Iran, che non propongono uno stato indipendente ma
uno statuto federativo all’interno dei
rispettivi paesi).
Dal 23 al 28 gennaio si svolgerà in
Brasile il Forum sociale di Porto Alegre III e la presenza dei socialisti aumenterà (come sempre il Forum si articola in quello dei parlamentari, dei
poteri locali, e il “sociale” vero e proprio, delle Ong e dei movimenti). L’Internazionale sarà ufficialmente rappresentata dai leader del Ps belga, Elio
di Rupo (figlio di emigranti italiani).
Che parla di un profetico dialogo, oltre la ristretta frangia dei “contestatoti permanenti” che si autoescludono da soli, con quelli che definisce gli
CRISTIANO SOCIALI NEWS
“altro-mondialisti”, per sottolineare il
valore di proposizione alternativa alla
globalizzazione neo-liberista di quanti la stampa normalmente chiama no
o new-global. Un altro aspetto positivo, da accogliere fra i contenuti del
dibattito socialista, sono gli elementi
di “democrazia partecipativa” sperimentati dall’amministrazione del Pt
alla guida della città di Porto Alegre.
Accolto con molta simpatia dai partecipanti il deputato brasiliano José
Eduardo Cardozo, (del Partito dei lavoratori) che ha parlato degli indirizzi del
nuovo governo del presidente Lula. Lotta alla fame, all’esclusione sociale, per
l’educazione, contro la corruzione e il
crimine organizzato. Nel rispetto delle
regole democratiche, e quindi con una
necessaria ricerca di compromessi, ma
secondo principi etici forti. Il dialogo
sociale e il patto fra le parti per promuovere le riforme sono forse più lenti
e difficili che l’imposizione dall’alto,
ma più efficaci nel lungo periodo. Cardozo ha anche spiegato perché Lula,
dopo l’intervento al Forum di Porto Alegre, volerà a Davos, dove negli stessi
giorni si svolge l’incontro dell’élites
economiche e politiche, di cui Porto
Alegre vorrebbe essere il controaltare.
Per spiegare le posizioni del suo governo e per una ricerca di dialogo, anche
partendo da posizioni molto diverse. E
al Social Forum di Porto Alegre e al Forum mondiale l’Is ha inviato un messaggio per spiegare e ribadire le proprie posizioni.
L’Internazionale socialista è oggi
probabilmente l’unica “famiglia politica” al mondo dove convivano persone e partiti multietnici e anche multireligiosi. E dove si possono chiamare
“compagni” gli israeliani Peres e Beilin e il palestinese Al-Hassan. E non è
poco.
L’Agenda per il governo del mondo
MESSAGGIO DELL’INTERNAZIONALE SOCIALISTA AL SOCIAL FORUM MONDIALE
E AL FORO ECONOMICO MONDIALE
Il messaggio si articola in sei punti. Il primo punto riafferma i principi dell’impegno per la pace e la giustizia, strettamente collegate. Il punto due ricorda l’agenda
stabilita dall’Onu, la reputa limitata, e afferma che va concretizzata. Al punto tre
riassume gli impegni principali: cancellazione del debito dei paesi più poveri; apertura dei mercati del mondo sviluppato; cambiamento radicale nel protezionismo
dell’agricoltura da parte di Europa, Usa e Giappone; accesso effettivo ai farmaci dei
più poveri; abolizione dei paradisi fiscali; significativo aumento degli aiuti pubblici
allo sviluppo; particolare attenzione alle emergenze dell’Africa sub-sahariana.
Al punto quattro si indica un programma globale di riforme delle organizzazioni
internazionali, la creazione di un consiglio di sicurezza economica e sociale dell’Onu, la riforma del “sistema di Bretton Woods” (FMI, ecc.), la creazione di un’organizzazione mondiale per l’ambiente, un ruolo più forte dell’organizzazione mondiale
del lavoro, l’introduzione di clausole sociali e ambientali del Two (organizzazione del
commercio mondiale). Segue il punto sei, che propone un nuovo “patto mondiale” e
che riproduciamo integralmente, con la sua introduzione.
Questa agenda di riforme implica una profonda ridistribuzione del potere, che
può essere considerata utopistica in un momento in cui il potere appare sempre più
concentrato.
“Per questo patto mondiale vogliamo sottolineare dieci punti fondamentali:
a) Il commercio internazionale come motore di sviluppo e occupazione, basato sul libero accesso ai mercati delle economie sviluppate da parte dei paesi in via di
sviluppo, specialmente per i prodotti agricoli e ad alto impiego di mano d’opera.
segue a pag. 8
7
dal mondo
L’Ultima
IL PATRONO
D’EUROPA
Anacleto non fa a tempo a raccontare l’ultima boutade dei leghisti che Bossi, Castelli, Moroni e sodali padani ne
“sparano” un’altra. Non si era, infatti,
ancora spenta l’eco della proposta di
legge, presentata in Parlamento dai deputati Ballaman e Rodeghiero, sul patrono d’Europa ed ecco che il consigliere provinciale di Trento, ex senatore leghista Boso (quello delle impronte digitali dei piedi e del “piscio dei maiali”
sulle aree destinate alla costruzione
delle Moschee) lancia l’idea dei vagoni
separati per gli immigrati. In fondo Boso
è generoso. Dal momento che c’era, poteva articolare meglio la proposta e distribuire i viaggiatori in carrozze (gli italiani) e in carri (gli immigrati) o, ancor
meglio, far salire in treno gli italiani e
mettere gli immigrati a …spingere il convoglio! Quando si dice la solidarietà!
Non si ha memmeno il tempo di ridere su ogni “pensata” leghista; una dietro l’altra, come le barzellette. E alla
fine le risate…si sprecano. La proposta
di legge, presentata dall’on. Ballaman
(a suo tempo si fece promotore d’analoga iniziativa legislativa per l’istituzione del marchio “Made in Padania”), mira
a fare Patrono d’Europa Marco d’Aviano, che sarà beatificato il prossimo 27
aprile. Il deputato leghista - ignorando,
tra l’altro, che non è nelle competenze
del Parlamento e nemmeno del Cavalie-
re d’Arcore, padrone d’Italia, l’indicazione del Patrono d’Europa - ritiene che
(le parole virgolettate sono del leghista!) “il frate cappuccino, che nel 1683
guidò la resistenza contro gli ottomani
giunti fino alle porte di Vienna” debba
diventare il Patrono d’Europa “in quanto - sempre parole testuali del leghista
- probabilmente senza Marco d’Aviano
oggi la Basilica di San Pietro ospiterebbe le stalle di Maometto IV.
E - sempre parole testuali del Ballaman - non credo sia un azzardo affermare che quella battaglia sia stato il
primo vagito dell’Europa unita”. Ma
queste cose le sanno a Bruxelles e a Strasburgo?
Da sbellicarsi dal ridere. Anacleto
non ne può più e di fronte a un tal cocktail di scempiaggine, ignoranza, protervia e ridicolezza, si limita a invitare il
leghisata a…scherzare coi fanti e lasciar
stare i santi. Comunque, provaci ancora
Sam!
E chissà perché ad Anacleto vengono
alla mente due detti popolari. Il primo,
antico, richiama una funzione atipica
della bocca: serve a spartire le orecchie.
Il secondo, più moderno, al passo con la
nostra era tecnologica, è quasi una sorta di avviso. “Prima di aprire la bocca,
verificare che il cervello sia inserito”.
Anacleto
segue da pag. 7
b) Trasformare il rischio di disuguaglianza nell’accesso alla tecnologia digitale in un’opportunità internazionale. I paesi in via di sviluppo devono poter “fare il salto della rana” nell’economia digitale ed il Nord deve lanciare un
piano di inclusione per il mondo in via di
SOSTENETE CS NEWS
Si avverte che dal prossimo febbraio 2003, riceveranno la Rivista solamente
gli Abbonati (ordinari € 26, sostenitori € 52) e tutti gli iscritti al Movimento
CS che faranno pervenire, tramite la struttura Regionale, alla Sede Nazionale
la somma di € 10, somma comprensiva dell’iscrizione e dell’abbonamento.
Le modalità di Abbonamento sono immutate e cioè:
a mezzo vers. postale sul c/c n. 19943000 intestato a Cristiano-Sociali, sede
nazionale P.za Adriana,5 - 00193 Roma; a mezzo Bonifico Bancario - Banca di
Roma Ag. n.8, c/c 14705/31 intestato a Cristiano-Sociali sede nazionale,
Cod. ABI n. 3002, CAB n. 05017/9.
CRISTIANO SOCIALI NEWS • SETTIMANALE DEL MOVIMENTO DEI CRISTIANO SOCIALI
Sede Nazionale del Movimento: Piazza Adriana, 5 - Tel. 06/68300537-38 Fax 06/68300539
Redazione: presso Altrimedia s.r.l., Via Properzio, 5 - 00193 Roma - Tel. 0668809295 Fax 0668213814
e-mail: [email protected]
Editore: Il Bianco & il Rosso scarl editore
Direttore Responsabile: Vittorio Sammarco
Direttore Editoriale: Giorgio Tonini
In redazione: Vittorino Ferla, Chiara Martini
Segreteria: Laura Horn
Autorizzazione: Tribunale di Roma, n. 00424-97 del 4/7/97
Progetto grafico e videoimpaginazione: Altrimedia immagine&comunicazione - Matera/Roma
Stampa: Consorzio Age - Roma
sviluppo che coinvolga il partenariato pubblico privati.
c) Trasformare lo sviluppo sostenibile in opportunità di crescita. Le attuali iniziative per promuovere uno sviluppo ambientale sostenibile nell’agricoltura, nel settore energetico e nei trasporti dovrebbero essere incoraggiate e
le opportunità di lavoro che questo creerebbe dovrebbero essere sfruttate.
d) Un nuovo approccio per le politiche di sviluppo che sfrutti le nuove
opportunità commerciali, attragga investimenti esteri, faciliti l’imprenditoria,
crei una capacità produttiva nazionale,
infrastrutture locali e aumenti il grado
di affidabilità. Nei paesi in via di sviluppo, la stabilità e i programmi di adeguamento strutturale dovrebbero garantire
un maggior reddito fiscale per gli investimenti e favorire la spesa soprattutto
nella istruzione, salute e sviluppo sociale. Il processo di cancellazione da debito deve essere accelerato per i paesi altamente indebitati e si devono rafforzare gli aiuti allo sviluppo, come parte di
una strategia di riduzione della povertà.
e) Una migliore regolamentazione,
supervisione e affidabilità del sistema
finanziario darebbe anche prospettive
più stabili per una crescita e uno sviluppo sostenibili.
f) Investire nelle risorse umane.
Aumentare i livelli d’istruzione e accrescere le opportunità di formazione per
tutti, usare strumenti innovativi, sono
condizioni essenziali per creare maggiori e migliori opportunità di lavoro, le tecnologie informatiche possono avere un
ruolo decisivo nel creare nuove opportunità ed elevare la qualità dell’istruzione.
g) Assistenza sanitaria e sicurezza
sono anch’esse un importante investimento sull’uomo ed hanno implicazioni
dirette e molto positive per quanto attiene alla produttività e alla qualità della vita. La lotta alle malattie contagiose
deve essere considerata una grande priorità.
h) La capacità di lavoro e l’adattabilità devono essere perseguite con attive politiche nel mercato del lavoro che
includano la lotta contro ogni forma di
discriminazione e una più efficace assistenza per i lavoratori più poveri, allo
scopo di migliorare le loro condizioni di
lavoro. Sono necessarie strategie specifiche per l’economia informale.
i) Un forte sistema di protezione
sociale si è dimostrato un’efficace condizione per consentire alle persone di
adattarsi al cambiamento.
j) Combattere la criminalità legata
alla droga e al riciclaggio di denaro
sporco rafforzando il coordinamento internazionale per ridurre le fonti della
domanda e dell’offerta e coinvolgendo
la società civile nella prevenzione dell’uso della droga.
Questo numero è stato chiuso in tipografia il 21 gennaio 2003
8
CRISTIANO SOCIALI NEWS