MF_Bond Sovrani

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MF_Bond Sovrani
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Venerdì 15 Aprile 2016
PRIMO PIANO
UNO STUDIO DELLA BANCA D’ITALIA SU REQUISITI DI CAPITALE E TETTI ALLE ESPOSIZIONI
Bond sovrani, la stretta è dannosa
I costi sarebbero rilevanti, mentre i benefici incerti. Le maggiori 5 banche italiane rischierebbero
fino all’1,2% del capitale o di dover vendere 100 miliardi di Bot e Btp. La palla passa all’Ecofin
di Francesco Ninfole
L’IMPATTO DELLE STRETTE SUI TITOLI DI STATO PER LE 39 MAGGIORI BANCHE
Giugno 2013 - Dati in milioni di euro - Per l’Italia Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Popolare, Ubi Banca
La materia ha riflessi significativi in Italia, uno dei Paesi dove le
banche hanno accresciuto maggiormente l’esposizione sui titoli
di Stato durante la crisi. Secondo
indiscrezioni, nel prossimo Ecofin saranno discusse per la prima
volta proposte per introdurre una
ponderazione di capitale (oggi è
pari a zero) e per mettere limiti
alle esposizioni. Si valutano anche soluzioni ibride, basate per
esempio sulla concentrazione e
sulla qualità dei titoli. Così l’Europa, su pressione della Germania, si muoverebbe in anticipo
rispetto al Comitato di Basilea,
violando le raccomandazioni di
molti (per esempio, del presidente della Bce Mario Draghi)
di trovare sulla questione una
soluzione a livello globale.
L’analisi di Bankitalia ha mostrato il potenziale impatto di misure
di questo tipo sulle maggiori 39
banche europee (tra cui le italiane
Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps,
Banco Popolare e Ubi Banca,
con dati a metà 2013). Innanzitutto gli autori hanno valutato
l’effetto di una ponderazione patrimoniale basata sul rating del
Paese (quindi al 50% per l’Italia)
oppure uguale al 10% per tutti
gli Stati (scegliere tra la prima e
la seconda ipotesi non sarà semplice, per le conseguenze anche
politiche della decisione). Nel
primo caso le banche italiane
perderebbero l’1,2% di capitale Tier 1, passando dall’11,9 al
10,7%. Le più penalizzate sarebbero quelle portoghesi (-130
punti base di capitale), seguite da
Banche
per paese
Tier Tier 1 (con ponderazione
Tier 1 (con
1 ratio basata su rating sovrano) ponderaz. al 10%)
Titoli stato
nazionali /Tier1
Esposizione in eccesso
(max 100% T1) (max 200% T1)
◆ Austria
11,2%
11,1%
11,1%
55%
-
-
◆ Germania
15,1%
14,8%
14,6%
181%
157.362
81.342
◆ Spagna
10,6%
9,8%
10,5%
148%
57.105
3.935
◆ Francia
12,6%
12,5%
12,5%
45%
-
-
◆ Regno Unito
13,4%
13,4%
13,3%
39%
-
-
◆ Italia
11,9%
10,7%
11,6%
193%
100.058
33.567
◆ Olanda
15,1%
15,1%
14,8%
51%
-
-
◆ Portogallo
11,4%
10,1%
11,2%
106%
4.660
-
Media ponderata
12,9%
12,5%
12,7%
Fonte: SNL Financial su dati Eba
U
no studio della Banca
d’Italia ha bocciato una
stretta sul trattamento regolamentare dei titoli di
Stato detenuti dalle banche, sia
in termini di requisiti di capitale
aggiuntivi sia riguardo a un tetto
all’esposizione. «I costi microeconomici e macroeconomici di
una riforma potrebbero essere
rilevanti, mentre i benefici sono
incerti», hanno scritto gli autori
dell’analisi di Via Nazionale (Lanotte, Manzelli, Rinaldi, Taboga,
Tommasino). La riforma avrebbe
«considerevoli problemi d’introduzione», a cominciare dall’impiego dei rating delle agenzie, che
sarebbero utilizzati nonostante i
problemi emersi nella crisi del
debito sovrano e le raccomandazioni contrarie del Financial
Stability Board. La ricerca non
rappresenta necessariamente la
posizione di Bankitalia, anche
se i vertici di Via Nazionale hanno espresso in passato opinioni
critiche su eventuali strette sui
titoli di Stato, contenute peraltro
anche in un precedente studio
di Palazzo Koch (di Angelini,
Grande e Panetta).
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
Ft e Handelsblatt si accapigliano su Schaeuble
di Carlo Brustia
I
l Financial Times in un editoriale di fuoco contro il ministro delle Finanze tedesco
Wolfgang Schaeuble lo ha accusato di essere «non solo in difetto in linea di principio, ma
sconsiderato in pratica» per aver osato criticare
le politiche monetarie espansive della Banca
Centrale Europea. Immediatamente è arrivata
la replica del principale quotidiano economico
tedesco, ossia Handelsblatt, in un editoriale a
firma del direttore dell’edizione globale Kevin O’Brien. Secondo Handelsblatt, non è un
segreto che la Germania, la maggiore delle 19
economie dell’Eurozona, non sia una fan delle politiche di Quantitative easing introdotte
dal presidente della Bce
Mario Draghi. Il presidente della Bundesbank
Jens Weidmann, segnala
il giornale tedesco, lo ha
sottolineato in pressoché
ogni sua apparizione pubblica degli ultimi tempi.
Inoltre in alcune recenti
occasioni Schaeuble ha
alzato i toni, avvertendo
che la vita senza tassi
d’interesse che la Bce
ha imposto in Germania
sta fomentando disordini
politici nel Paese, dove
un partito anti-euro e
anti-immigrati come Alternativa per la Germania
(Afd) sta intercettando le
frustrazioni latenti di una classe media in piena stagnazione.
Secondo il Financial Times, collegare la
Banca Centrale Europea con Alternative Für
Deutschland è un passo troppo lungo: «Agli
interessi partitici non deve essere permesso di
impedire ai governatori della Bce di agire come meglio credono». Secondo Handelsblatt,
«certamente è noto ai nostri colleghi londinesi
che la Gran Bretagna è altrettanto colpevole,
se non di più, del tentativo di influenzare la
politica della Bce, che, diciamocelo francamente, sovrintende una moneta che è diretta concorrente della sterlina britannica». Il
giornale tedesco ricorda che George Osborne,
Cancelliere dello Scacchiere britannico e dunque omologo britannico di Schaeuble, nel gennaio 2015 a Davos non aveva avuto scrupoli a
prendere di mira la Bce definendo inadeguato
il suo Quantitative easing, che avrebbe solo
fornito «un’occasione a Francia e Italia di non
realizzare le riforme strutturali di cui hanno
bisogno». Schaeuble era seduto a pochi passi
di distanza da Osborne a Davos, quando il
Cancelliere dello Scacchiere affermava che
la Gran Bretagna non avrebbe mai abdicato
alla sterlina per l’euro o per qualsiasi altro
progetto di centralizzazione monetaria.
Handelsblatt sostiene che, quando si tratta
dell’euro, il Financial Times tende a privilegiare gli interessi nazionali, in quanto rifiuta
per principio il progetto di moneta unica e
non vuole esservi coinvolto. Secondo Handelsblatt, la prudenza di Schaeuble sui programmi di Quantitative easing
non è frutto soltanto della volontà di azzannare i
banchieri centrali di Francoforte; si basa invece su
un argomento relativamente semplice, che sta
prevalendo in Germania,
«un Paese in cui indebiWolfgang
tarsi è un anatema e in
Schaeuble
cui gli ingegneri tendono
a fare le regole». Per fare
un paragone automobilistico, dice Handelsblatt,
«l’economia europea è
come uno pneumatico e
la Bce attraverso tassi di
interesse negativi e denaro gratis vi sta pompando
sempre più aria: la preoccupazione di Berlino è che tutto questo denaro comporta una fortissima pressione, che, se
non assorbita dai debitori e dal mercato, finirà
per gonfiare un’altra bolla. «Certo, i tedeschi
tendono a peccare per eccesso di conservatorismo fiscale, il che è anche riflesso nelle
loro preferenze di politica monetaria. È vero
anche che la Bce è stata probabilmente troppo
lenta quando si trattava di avviare la politica
espansiva. Ma, ora che l’ha fatto senza finora
ottenere l’effetto di stimolo economico desiderato, è ragionevole almeno iniziare a chiedersi se non sia meglio prendere in considerazione altri modi per evitare un’altra bolla. Il
Financial Times ha intitolato il suo editoriale:
«La Germania dovrebbe tenere le mani fuori
dalla Bce». L’ironia è che la Bce è l’ultima
istituzione che la maggior parte dei britannici
si degnerebbe mai di toccare», conclude Handelsblatt. (riproduzione riservata)
italiane (-120) e spagnole (-80).
Nella seconda ipotesi, ovvero
quella che prevede l’applicazione di una ponderazione comune
pari al 10%, l’impatto maggiore
sarebbe per gli istituti tedeschi
(-50 punti base) e italiani (-30).
Sul tavolo dei regolatori, come
detto, c’è anche la possibilità di
fissare un tetto ai bond pubblici.
Danièle Nouy, presidente della
vigilanza Bce, aveva proposto
un limite del 25% del capitale,
lo stesso valido nei fidi verso
privati. L’idea è stata poi bocciata dal vicepresidente Bce
Vitor Constancio, che ne ha
sottolineato le enormi conseguenze. Secondo gli economisti di Bankitalia, «non sembra
ragionevole applicare i limiti di
solito utilizzati per i privati». Di
conseguenza hanno ipotizzato un
tetto del 100% e del 200% del
capitale: le cinque maggiori banche italiane (che hanno in media
titoli pubblici pari al 193% del
patrimonio) dovrebbero cedere
rispettivamente 100 e 33,5 miliardi di titoli di Stato, con conseguenze anche per il Tesoro e
per lo spread. I dati sarebbero più
alti considerando l’intero settore.
Inoltre l’analisi ha rilevato che le
riforme produrrebbero anche effetti macroeconomici.
A fronte di costi certi, i benefici sarebbero incerti: gli autori
hanno ricordato che l’aumento
delle richieste patrimoniali non
basterebbe comunque a proteggere banche e imprese dal default
dello Stato in cui si opera. Peraltro già oggi la regolamentazione
si occupa dei titoli di Stato delle
banche, attraverso i limiti sulla
leva e i buffer sovrani richiesti negli stress test del 2011 e del 2014.
Inoltre l’eventuale uso dei rating
esterni è problematico: semmai
si dovrebbero preferire indicatori del Fmi o della Commissione
Ue. Secondo l’analisi Bankitalia,
il legame pericoloso tra banche e
Stati va spezzato piuttosto rafforzando i conti pubblici e completando l’Unione bancaria.
Sui prossimi passi della Banking Union potrebbe ora accendersi ulteriormente lo scontro
tra la Germania, che vuole la
stretta sui bond sovrani prima
di valutare una garanzia comune sui depositi a protezione di
banche estere, e Italia e Francia, che invece spingono per un
backstop Ue sui conti correnti e
sul fondo di risoluzione (che dovrebbe essere fornito da linee di
credito dell’Esm al Single Resolution Fund, secondo Roma
e Parigi). «La sfiducia lungo i
confini nazionali ancora prevale», ha detto nei giorni scorsi il
direttore generale di Bankitalia
Salvatore Rossi, sottolineando
che «l’Unione bancaria non è
né perfetta né completa». (riproduzione riservata)