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PREVENZIONE DELLA CARENZA DI VITAMINA D NEGLI ULTRASETTANTACINQUENNI PREMESSE 1. Incidenza di ipovitaminosi D La carenza di vitamina D è particolarmente frequente (>80%) tra la popolazione anziana (1-7). Ciò è legato a deficit alimentari, alla scarsa propensione ad esporsi al sole con l’avanzare dell’età e ad una compromissione senile della capacità di sintetizzare la vitamina D. Contrariamente a quanto si tende a credere le regioni Europee più a sud sono quelle dove è più frequente l’ipovitaminosi D in persone oltre i 60 anni (2,4,6,7). Nei paesi Nord-Europei il fenomeno è meno frequente per varie ragioni: maggior sensibilizzazione “storica” al problema, più frequente introito di grassi animali e soprattutto di pesce, frequente aggiunta di vitamina D nei prodotti lattiero-caseari. In Italia una grave carenza di vitamina D (livelli di 25OHvitamina D circolanti < 12 ng/ml) è stata riscontrata nei mesi invernali nel 82% dei soggetti oltre i 70 anni (1,3,5). Questi risultati sono stati riportati anche in studi condotti specificamente nella nostra regione (1). La prevalenza della carenza aumenta nelle età più avanzate, sia nelle femmine che nei maschi (5,8,9), e coinvolge praticamente quasi tutti i soggetti sopra i 75 anni di età. 2. Conseguenze della carenza di vitamina D In numerosi studi è stata dimostrata una relazione tra deficit di vitamina e rischio di frattura, in particolare di femore (10-19). Al deficit di vitamina D è stato associato anche un quadro di miopatia prossimale o comunque di deficit muscolare (20,21). In effetti è stato osservato che soggetti anziani con deficit muscolari o che cadono frequentemente hanno livelli sierici di 25OHvit. D mediamente inferiori rispetto ai controlli (22-29). Il deficit di vitamina D potrebbe pertanto di per sè tradursi clinicamente in un aumentato rischio di caduta e quindi di frattura, indipendentemente dagli effetti deleteri sulla massa ossea. Anche la riabilitazione ed il rischio di caduta dopo una frattura di femore sarebbero negativamente influenzate da una condizione di carenza di vitamina D (30). Con l’invecchiamento è stata riportata anche una diminuzione dei recettori muscolari per la vitamina D (31). Oltre alla patologia scheletrica ed a quella muscolare ridotti livelli sierici di 25OH vit. D sarebbero associati anche ad un aumentato rischio di malattie reumatiche (artrosi, artrite reumatoide) (32-36), neurologiche (sclerosi multipla, demenza senile) (37,38), metaboliche (diabete) (39-42), cardiovascolari (infarti, ictus) (43-48), neoplastiche (carcinoma del seno e del colon, melanoma) (49-55) ed infettive (infezioni delle prime vie aeree superiori ed influenza) (56-58). 3. Risultati noti della Supplementazione di vitamina D in anziani E’ stato più volte dimostrato che la somministrazione in soggetti anziani carenti di dosi adeguate di vitamina D, in associazione ad un buon introito di calcio, si associa ad una riduzione del rischio di frattura, specie di quella del femore (59-66). La farmacocinetica della vitamina D ne consente la somministrazione non necessariamente giornaliera, con possibili boli settimanali, mensili, trimestrali od annuali. In un trial clinico randomizzato in doppio cieco è stato osservato che la somministrazione di 100000 UI di vitamina D ogni 4 mesi riduce in maniera significativa l’incidenza di fratture non vertebrali (62). In uno studio pilota di comunità condotto presso la ASL di Verona, la somministrazione orale di un bolo di vitamina D in donne anziane carenti ha ridotto l’incidenza di fratture di femore di circa il 20% nei trattati rispetto ai non trattati (63), specie dopo i 75 anni. E’ probabile che i risultati positivi possano essere ascritti anche ad effetti extra-scheletrici, in particolare muscolari. In effetti è stato ampiamente documentato un miglioramento dell’equilibrio, della forza muscolare e della mobilità funzionale ed una riduzione del rischio di cadute in seguito al trattamento con vitamina D (67-75). In recenti metanalisi (65,66,73), specifiche review (76) e Consensus Conference (77,78) è emerso che per conseguire risultati positivi in termini di incidenza di fratture sono necessarie nell’anziano dosi di vitamina D superiori a 800 UI/die, tali da consentire di raggiungere livelli sierici di 25OHD pari ad almeno 75 nmol/l. Si è inoltre più volte convenuto di raccomandare un intervento di comunità in popolazioni ad elevato rischio (anziani e residenti in case di riposo). Va ricordato che effetti nulli od addirittura negativi (79) sono stati riportati somministrando 500000 UI di vitamina D in un solo giorno a donne ultrasettantenni Australiane. La terapia veniva inviata a domicilio per posta ed i dati sono stati raccolti tramite questionari di nuovo postali. Va anche ricordato che la popolazione studiata era mediamente non carente di vitamina D. Malgrado questi limiti questo studio impone una rivalutazione di outcome per il protocollo terapeutico qui proposto. OBIETTIVO E RICADUTE PREVISTE SOCIO-SANITARIE Il riscontro ancora di un’elevata prevalenza di ipovitaminosi D negli anni 2000 nonostante le numerose e datate evidenze scientifiche di un importante ruolo nella patogenesi delle fratture e probabilmente anche di altre importanti malattie, indica l’insufficienza o l’inadeguatezza dei trattamenti preventivi sino ad ora intrapresi. La prevalenza del deficit, in particolare negli anziani, è tale da giustificare un approccio di comunità. La farmacocinetica della vitamina D consente la somministrazione sicura di boli, con probabili benefici in termini di compliance e di praticabilità per interventi preventivi territoriali ed a costi modesti. Il beneficio potenziale è prevedibilmente maggiore nei mesi invernali, quando più grande è il fabbisogno. Il programma di prevenzione primaria della ipovitaminosi D si prefigge di correggere il deficit nella popolazione di età superiore a 75 anni, nella quale il problema della carenza è endemico ed il rischio di frattura di femore è particolarmente elevato (80). Sulla scorta di studi sperimentali pregressi e dell’esperienza pilota presso la ASL 20 della Regione Veneto, la ricaduta socio-sanitaria sarà rappresentata da una riduzione della frequenza delle cadute accidentali e delle fratture specie di femore. La popolazione ultrasettantacinquenne della Regione Veneto interessata è circa pari a 458.603 (tab. 1): è ipotizzabile la prevenzione di non meno di 350 fratture di femore in 2 anni con un costo per frattura evitata di circa € 200, a fronte di un costo stimato per una sola frattura di femore non inferiore a 13000 €. I potenziali benefici nei confronti di altre patologie extrascheletriche non sono al momento prevedibili: se il ruolo della carenza di vitamina D nella epidemiologia di queste malattie fosse confermata, la correzione in prevenzione primaria della ipovitaminosi D si potrebbe rivelare come uno degli interventi di prevenzione sanitaria più proficui. ARTICOLAZIONE DELL’INTERVENTO Chi è interessato ? In collaborazione con i Servizi Farmaceutici Territoriali, i Distretti Sanitari, i Medici di Medicina Generale (MMG) che vorranno collaborare, gli operatori dei presidi ospedalieri e delle strutture residenziali per anziani, la vitamina D sarà offerta a: • ultrasettantenni residenti nelle R.S.A. e Case di Riposo del territorio • ultrasettantenni ricoverati presso i reparti ospedalieri di geriatria e/o lungodegenza, di medicina interna, di ortopedia • coorte dei nati del 1935 nella prossima stagione antinfluenzale; gli anni successivi si aggiungeranno i nuovi ultrasettantacinquenni in modo da coprire gradualmente l’intera popolazione >75enne. Verrà offerta ai soggetti sopraelencati la possibilità di assumere una fiala per os contenente 300.000 U di vitamina D3 al giorno x 2 giorni all’anno (600.000 U all’anno). Unico criterio di esclusione sarà il contemporaneo trattamento con altri preparati a base di vitamina D. A. Come ? Sarà di fatto consegnata all’anziano o ad un suo familiare una confezione contenente 2 fiale contenenti ciascuna 300000 UI di vitamina D3. Le fiale saranno da assumersi per os, 1 al giorno per 2 giorni, preferibilmente dopo mangiato. B. Quando ? Il momento ideale della somministrazione sono i mesi autunno-invernali; in questo periodo vanno considerati anche i potenziali benefici precedentemente descritti della vitamina D nei confronti del rischio di infezioni delle prime vie aeree e dell’influenza (57,58). C. In quali circostanze ? Le circostanze possono essere diverse: 1) dal MMG in occasione della vaccinazione anti-influenzale, specie se praticata presso il proprio ambulatorio 2) in occasione di un ricovero ospedaliero, qualora la supplementazione non sia già stata praticata dal MMG 3) in occasione di un ricovero per frattura di femore, al fine di contribuire a prevenire recidive di fratture (Progetto Regionale specifico definito Rifrat: DRV 2897 del 29/09/2009) 4) nelle lungodegenze, nelle quali l’intervento supplementare può prescindere dalla stagione e può essere ulteriormente integrato. Per identificare il soggetto che ha già assunto il bolo annuale di vitamina D ed evitare quindi sovrapposizioni si provvederà a consegnargli uno specifico tesserino. GARANZIE di SAFETY Un intervento di comunità ed in prevenzione primaria come quello già condotto (63) e tuttora in corso a Verona pone una serie di interrogativi cui è necessario dare una risposta. Ogni intervento di prevenzione primaria deve, infatti, essere virtualmente del tutto privo di potenziali effetti collaterali. Le possibili ragioni di preoccupazione o interrogativi potrebbero essere: a. L’impiego di boli di vitamina D potrebbero in qualche caso determinare intossicazione da vitamina D ? Gli studi disponibili ed esperienze preliminari indicano che le dosi di vitamina D qui consigliate prevengono il grave deficit di vitamina D nell’anziano e riportano nella norma i livelli sierici di 25OHD, perlomeno per alcuni mesi. Corrispondono a quanto ottenibile nel giovane in seguito ad un’intensa esposizione solare. Un’intossicazione da vitamina D può comparire per livelli ematici di 25OHvitamina D superiore a circa 375 nmol/l (81). La somministrazione di boli di vitamina D pari a 500000-600000 UI non possono determinare alcuna intossicazione neppure nelle persone già con una eccellente replezione di vitamina D (82). La profilassi del deficit di vitamina D è raccomandata anche in pazienti con ipercalcemia da iperparatiroidismo primitivo (83). In una recente Consensus Conference (77) si è riassestata la dose massima giornaliera di vitamina D da 2000 a 4000 U/die. La dose proposta nell’intervento della Regione Veneto pari a 300.000 U di Vitamina D3 per due giorni all’anno corrisponde ad una dose matematicamente equivalente giornaliera di circa 1650 U, ma probabilmente inferiore se si considera la farmacocinetica. b. La dose somministrata è sempre sufficiente? No. In condizioni di osteomalacia, osteoporosi, di particolare rischio di ipovitaminosi D (grave disabilità, scarsa esposizione solare, malassorbimento….) o di deficit di introito calcico non correggibile (84) possono essere necessarie, a giudizio del medico, ulteriori integrazioni giornaliere, settimanali o mensili. c. Perché la vitamina D3 ? La vitamina D2 è di derivazione vegetale, mentre la D3 può essere di derivazione endogena (irradiazione solare) o derivare dall’introito di grassi animali. La vitamina D2 e D3 hanno una attività biologica del tutto sovrapponibile, anche se la biodisponibilità generale della D3 appare superiore (85). I metaboliti attivi 1-alfa-idrossilati della vitamina D non sono un’alternativa alla vitamina D (78). d. Perché la via orale? La somministrazione orale garantisce più rapidi e prevedibili incrementi dei livelli di 25-OH vitD rispetto alla somministrazione i.m. (85). e. Il trattamento con vitamina D potrebbe favorire la comparsa di calcificazioni arteriose? E’ stata documentata una relazione tra carenza di vitamina D e rischio aterosclerotico. Anche se manca la dimostrazione che la correzione del deficit di vitamina D previene le malattie vascolari (86), appare assai improbabile che si possa verificare il contrario. f. Diete ricche di calcio e vitamina D possono favorire la calcolosi renale? E’ stato ampiamente dimostrato che una dieta ricca di calcio, anche in condizioni di replezione di vitamina D, riduce significativamente il rischio di calcolosi renale! Ciò è quasi sicuramente legato alla maggior disponibilità di calcio a livello del colon dove può prevenire l’assorbimento degli ossalati, ovvero dei composti più litogeni che si conoscano (87-89). Non vi sono evidenze che la somministrazione di sola vitamina D aumenti il rischio di calcolosi renale negli anziani, probabilmente anche perché questi sono generalmente caratterizzati da malassorbimento intestinale cronico di calcio. Tabella 1 Popolazione residente a livello regionale per Azienda Ulss (gennaio 2009) età Azienda Ulss Descrizione 1 Belluno 2 3 Feltre Bassano del Grappa 4 5 75 76 e più Totale 1.124 13.425 14.549 776 8.946 9.722 1.288 14.076 15.364 Alto vicentino 1.404 14.742 16.146 Ovest vincentino 1.368 13.216 14.584 6 Vicenza 2.404 25.123 27.527 7 Pieve di Soligo 1.720 20.439 22.159 8 Asolo 1.709 18.242 19.951 9 Treviso 2.988 32.942 35.930 10 Veneto Orientale 1.796 18.218 20.014 12 Veneziana 3.020 34.341 37.361 13 Mirano 2.045 19.035 21.080 14 Chioggia 1.156 10.416 11.572 15 Alta Padovana 1.757 17.607 19.364 16 Padova 3.670 37.297 40.967 17 Este 1.725 17.212 18.937 18 Rovigo 1.771 18.704 20.475 19 Adria 859 7.610 8.469 20 Verona 4.067 43.048 47.115 21 Legnago 1.288 13.750 15.038 22 Bussolengo 1.953 20.326 22.279 Totale Veneto 39.888 418.715 458.603 BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 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