l`osservatore romano

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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLIII n. 255 (46.499)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
giovedì 7 novembre 2013
.
Papa Francesco durante l’udienza generale ricorda la drammatica vicenda della piccola malata di atrofia muscolare spinale
Visita di Kerry in Vicino Oriente
Un atto di carità per Noemi
Washington cerca l’intesa
tra israeliani e palestinesi
E invita a non essere aridi e indifferenti ma piuttosto capaci di entrare nel dolore altrui per farlo proprio
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di MARIO PONZI
Qualcuno ha pianto questa mattina
in piazza San Pietro. Ha pianto
mentre il silenzio surreale che si è
impadronito della piazza si trasformava in preghiera. Una preghiera
chiesta da Papa Francesco per una
bambina che sta per rientrare in cielo. «Si chiama Noemi» ha informato
il Papa. «Questa mattina sono andato a trovarla» e lei «sorrideva poveretta!». «Facciamo un atto d’amore
per lei» anche «se non la conosciamo» perché lei «è una di noi». Noemi, mentre la gente pregava per lei,
stava già rientrando nella sua cittadina natale in provincia di Chieti. È lì
che da sedici mesi, cioè da quando è
nata, attende che la malattia genetica che l’ha colpita — l’atrofia muscolare spinale (Sma) — concluda inesorabilmente il suo itinerario. Accanto
a lei solo l’amore di papà Andrea e
di mamma Tahereh. E dal 14 ottobre
di quest’anno, da quando cioè il cellulare di Andrea Sciarretta squillò
annunciandone la telefonata, ai piedi
del suo lettino di dolore c’è anche
l’amore di Papa Francesco. Non li
ha più lasciati soli. Ha chiesto all’arcivescovo Krajewski, il suo elemosiniere, di seguirli da vicino. Da allora
i contatti sono stati frequenti. L’ultima volta che monsignor Krajewski è
stato a trovarli in Abruzzo era il
giorno di Tutti i santi. Il Papa aveva
voluto che portasse personalmente il
suo augurio e che pregasse con loro
come se fosse lui stesso a farlo.
Poi ieri mattina una telefonata angosciosa al cellulare dell’elemosiniere: «Padre, sono Andrea. Non c’è
più tempo. Noemi sta morendo...».
«Vieni, vieni subito. Il Papa vi accoglierà sicuramente». Il tempo di organizzarsi e questa mattina presto, il
viaggio verso Roma. Alle 9 Papa
Francesco stringeva a sé Noemi.
L’ha accarezzata teneramente, l’ha
baciata commosso, l’ha benedetta
gioioso della stessa gioia che straordinariamente illuminava il volto di
Noemi. Certo non sa cosa le capita,
soprattutto non sa perché proprio a
lei; ma nei suoi occhi si intravede
quella luce che, come ha scritto il
padre nella lettera inviata al Papa
nei primi giorni di ottobre, trasmette
in chi la guarda «coraggio e forza di
vivere».
La storia di Noemi è divenuta di
dominio pubblico qualche mese fa,
quando in Italia è esplosa la polemica intorno alla cosiddetta “cura stamina”, un protocollo terapeutico che
prevede l’uso di staminali per bloccare malattie neurodegenerative come appunto l’atrofia muscolare spinale da cui è affetta Noemi, la sclerosi laterale amiotrofica e altre ancora. Noemi è nata il 31 maggio 2012.
A ottobre le viene diagnosticata la
Sma. È una condanna a morte. Le
restano solo pochi mesi. Inizia il suo
lungo calvario con i genitori che
sentono crescere l’amore per la loro
bambina al pari dello sconforto per
una manifesta impotenza. Sentono
parlare della cura stamina e dei progressi di un’altra bimba nelle stesse
condizioni di Noemi. Chiedono, come da prassi quando si tratta di cure
staminali, autorizzazione al giudice.
Che viene negata. Fanno ricorso ma
nel frattempo Noemi peggiora. Viene ricoverata a Bologna per una grave polmonite. Rischia la vita. E proprio in quei giorni giunge il no definitivo. Cominciano a perdere ogni
speranza. Si uniscono ai tanti malati
che decidono di manifestare accampandosi a Roma in piazza Montecitorio. Certo non possono restare così
tanto come fanno gli altri. Ma restano solidali anche quando muore il
primo di quelli che erano scesi in
piazza per reclamare il diritto a tentare tutte le strade possibili per ridare vita alla speranza.
Qualcosa nasce in Andrea quando
sente dalla televisione «un santo uomo — scriverà poi nella lettera al Papa — invitare tutti a non farsi rubare
la speranza». Abbandonati da un
mondo del tutto indifferente alla
sofferenza altrui Andrea decide di
scrivere al Santo Padre. Una lettera
piena d’amore, dirà poi Papa Francesco al telefono con l’uomo. «Padre
ci appelliamo a lei. La prego non ci
abbandoni, non abbandoni Noemi.
Uno Stato non può decidere se dobbiamo vivere o morire. Ve lo chiedo
con umiltà, carità e amore».
Papa Francesco non li ha abbandonati. Ha chiamato il papà di Noemi e dopo averlo rassicurato della
sua vicinanza «mi ha chiesto — ha
raccontato Andrea — cosa mai avrebbe potuto fare. Gli ho fatto capire
che siamo invisibili per tutti. Gli ho
chiesto di farsi presente anche con
gli altri che condividono le mie stesse sofferenze».
La preghiera di questa mattina in
piazza San Pietro è stata la prima risposta di Papa Francesco. Ma se ha
assicurato ad Andrea che continuerà
a seguire la loro vicenda c’è da ritenere che lo farà sicuramente. Intanto
monsignor Krajewski è pronto a recarsi tra i manifestanti in piazza
Montecitorio, accompagnato dal medico personale del Papa, per esprimere la vicinanza del Pontefice stesso il quale «intende condividere con
quei malati — ci ha detto l’elemosiniere — ogni istante della loro sofferenza e il suo stesso medico se mai
fosse necessario».
LA
CATECHESI E I SALUTI A PAGINA
8
L’inviato dell’Onu e della Lega araba annuncia un nuovo rinvio senza fissare date
Rimandata
la conferenza internazionale sulla Siria
GINEVRA, 6. Slitta ancora la Conferenza internazionale di pace sulla
Siria, la cosiddetta Ginevra 2. Ieri è
stata cancellata la data del 23 e 24
novembre, indicata da più parti nelle ultime settimane. L’annuncio è
venuto nella stessa Ginevra, dove
l’inviato per la Siria dell’Onu e della Lega araba, Lakhdar Brahimi, ha
incontrato i vice ministri degli Esteri russi, Mikhail Bogdanov e Gennady Gatilov, e il vice segretario di
Stato americano, Wendy Sherman.
La riunione serviva appunto a valutare se c’erano le condizioni per
confermare la conferenza. L’esito,
peraltro, era ormai previsto da molti osservatori. Lo stesso Brahimi
aveva detto che senza un’opposizione siriana credibile al tavolo delle
trattative la conferenza non avrebbe
senso. Come noto, gli oppositori
del presidente Bashar Al Assad sono frammentati in gruppi che ormai
si combattono tra loro, oltre a fronteggiare le forze governative.
Damasco aveva ribadito disponibilità a partecipare alla conferenza
senza limiti o condizioni, ma ritiene
irricevibile quella dell’abbandono
del potere da parte di Assad, posta
dalla Coalizione nazionale siriana,
principale interlocutrice di alcuni
Paesi stranieri. Poche ore prima
dell’avvio dei colloqui di Brahimi a
Ginevra, lo aveva ribadito chiaramente il ministro siriano dell’Informazione, Omran Al Zohbi, contestando affermazioni in questo senso
del suo omologo saudita Saud Al
Faysal, dopo che anche il segretario
di Stato americano, John Kerry,
aveva confermato che un mutamento di Governo a Damasco resta un
obiettivo degli Stati Uniti.
Ahmad Jarba, presidente della
Coalizione nazionale siriana, ha anche chiesto di escludere dalla conferenza l’Iran, principale alleato di
Damasco nella regione. Il coinvolgimento di Teheran è invece ritenuto necessario dalla Russia e
dall’Onu, promotrici della conferenza insieme con gli Stati Uniti.
Per il momento, comunque, è
stata annullata solo la data, senza
peraltro fissarne altre, ma lo stesso
Brahimi ha detto che si spera ancora di poter tenere la conferenza entro l’anno. L’inviato dell’Onu e della Lega araba ha specificato che incontrerà di nuovo i rappresentanti
russi e statunitensi il 25 novembre,
dopo i colloqui tra i gruppi dell’opposizione siriana in programma il 9
e il 22 novembre, «nella speranza
di poter formare una delegazione»
che rappresenti l’opposizione in
modo appunto credibile.
Nel frattempo, le violenze non si
fermano. Oggi l’esplosione di una
bomba a Damasco ha provocato
non meno di otto morti.
TEL AVIV, 6. Rilanciare il negoziato fortemente protestato, ieri, contro
tra israeliani e palestinesi per rag- la demolizione di un edificio di
giungere in tempi brevi un accordo proprietà del Patriarcato, nel quale
di massima su tutti i punti del con- abitava una famiglia palestinese.
tenzioso: con questo obiettivo è «Questo atto è contro la legge, la
giunto oggi a Gerusalemme il se- giustizia e l’umanità, contro ogni
gretario di Stato americano, John idea di pace da costruire» ha diKerry, impegnato in una missione chiarato il Patriarca Twal, che si è
in Vicino Oriente. Di certo, Kerry, recato di persona sul luogo della
che incontra i vertici del Governo demolizione. Le autorità locali
disposto
l’abbattimento
israeliano e dell’Autorità palestine- hanno
se (Ap), non troverà una
situazione facile.
I
palestinesi
hanno
espresso ieri scetticismo
sulla possibilità di raggiungere un accordo in
tempi brevi, soprattutto
dopo l’annuncio israeliano
di oltre mille nuove abitazioni a Gerusalemme est.
«L’equazione rilascio dei
prigionieri-costruzioni farà
esplodere la situazione» ha
dichiarato da Ramallah il
presidente dell’Ap, Abu
Mazen. Abeb Rabbo, segretario del Comitato esecutivo dell’Olp (l’O rganizzazione per la liberazione
della Palestina), ha spiegato che «c’è una parte disposta a negoziare, e quella siamo noi, mentre l’altra
parte non propone nulla
che sia in linea con la legge e la legittimità internazionale». E agli americani
Kerry e Netanyahu a colloquio (Ansa)
ha spiegato che serve più
tempo perché le trattative
«non sono ancora seriamente ini- dell’edificio affermando che queziate».
st’ultimo era stato costruito senza
Dura la reazione israeliana. Il permesso. In una lettera di protepremier Netanyahu ha detto chia- sta, Twal ha sottolineato che la
ramente che il suo Governo «non proprietà era legale e che il Patriaraccetterà nessun diktat esterno». I cato non aveva ricevuto alcuna copalestinesi — ha aggiunto — stanno municazione da parte delle autorità
tentando di creare «crisi artificiali». israeliane.
Netanyahu ha comunque auspicato
che la visita di Kerry possa riportare i palestinesi in una posizione
«da cui raggiungere la storica pace
che stiamo cercando».
Secondo la stampa, l’Amministrazione Obama avrebbe intenzione di presentare a gennaio il proprio piano per uno schema di acIl Santo Padre ha ricevuto
cordo su base permanente tra israequesta mattina in udienza,
liani e palestinesi. Kerry avrebbe
nella saletta dell’Aula Paolo
già informato Netanyahu nel recenVI, il Signor Henrique Caprite incontro tra i due svoltosi a Roles Radonski, Governatore
ma. Il piano statunitense includerà
dello Stato di Miranda (Vetutte le principali questioni attualmente sul tavolo (dai confini ai
nezuela).
profughi, dagli insediamenti allo
status di Gerusalemme), si baserà
Il Santo Padre ha nominasulle linee del 1967 e comprenderà
to Nunzio Apostolico in
un calendario graduale per la sua
Guinea Sua Eccellenza Reveattuazione. L’accordo dovrebbe
avere anche un’apertura regionale
rendissima Monsignor Santo
sulla base della proposta della LeGangemi, Arcivescovo titolaga Araba, che prevede il riconoscire di Umbriatico, già Nunzio
mento di Israele da parte dei Paesi
Apostolico in Papua Nuova
arabi in cambio della nascita di
Guinea e nelle Isole Salouno Stato palestinese.
mone.
Intanto, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, ha
NOSTRE
INFORMAZIONI
Provviste di Chiese
Madrid rafforzerà le barriere dopo l’assalto di duecento immigrati
I muri di Melilla
MADRID, 6. Per cercare di contrastare i frequenti tentativi di migranti irregolari di oltrepassare il confine a Melilla, una delle due enclavi
spagnole in Marocco, il Governo di
Madrid ha preso la decisione di rafforzare le barriere al confine. Le recinzioni saranno rinforzate, su sei
dei nove chilometri totali, anche dal
filo spinato. L’installazione di tali
elementi è già cominciata e finirà
entro fine mese, come ha confermato Abdelmalik El Barkani, delegato
del Governo spagnolo sulle questioni migratorie.
L’ultimo episodio di violenza a
Melilla è stato registrato ieri: una
persona è morta e altre quattro sono rimaste ferite durante l’assalto di
duecento immigrati subsahariani,
che cercavano di superare la recinzione al confine nel disperato tenta-
tivo di entrare in Europa. La vittima — dicono le ultime ricostruzioni
fornite dalle autorità — è caduta in
territorio marocchino da un’altezza
di sei metri. Un centinaio di immigrati è riuscito a entrare in territorio spagnolo. Al momento, sono
ancora in corso accertamenti sulla
nazionalità di ciascun immigrato
per procedere — in base a quanto
riferito dalle autorità spagnole — alla loro espulsione.
Gli immigrati, comunque, resteranno per i prossimi giorni nei locali del centro di accoglienza per i
profughi a Melilla. Altri immigrati
sono stati bloccati dalle forze di sicurezza marocchine. La polizia spagnola ha riferito ieri che negli scontri non vi sono stati feriti tra i suoi
agenti.
Fede e cultura nell’Oriente siriaco dal
II
al
IX
In data 6 novembre, il
Santo Padre ha nominato Vescovo di Rochester (Stati
Uniti d’America) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Salvatore Ronald Matano, finora Vescovo di Burlington.
secolo
Come il Vangelo
arrivò nella terra di Agbar
In data 6 novembre, il
Santo Padre ha nominato Vescovo di Crateús (Brasile) il
Reverendo Ailton Menegussi,
del clero della Diocesi di São
Mateus e Parroco della Parrocchia «São Francisco de
Assis» a Barra de São Francisco nella medesima Diocesi.
«Annunciazione della Madre di Dio» (evangeliario siriaco del
XIII
secolo, Tur Abdin, Turchia)
SABINO CHIALÀ
A PAGINA
4
In data 6 novembre, il
Santo Padre ha nominato Vescovo di San Pedro (Paraguay) il Reverendo Padre
Pierre Jubinville, C.S.Sp., Primo Assistente Generale del
medesimo Istituto religioso.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
giovedì 7 novembre 2013
Aperto il capitolo sulla politica regionale
Braccio di ferro sulle misure di austerità
I negoziati per l’adesione della Turchia all’Ue
ripresi dopo tre anni
Gli scioperi
in Grecia
non finiscono mai
BRUXELLES, 6. Dopo oltre tre anni
di sospensione, sono ripresi ieri a
Bruxelles i negoziati per l’adesione
della Turchia all’Unione europea. Le
trattative non saranno brevi e richiederanno lunghi anni.
Come anticipato nei giorni scorsi,
dopo l’ultimo rapporto della Commissione europea, che raccomandava
la ripresa del dialogo, i rappresentanti di Bruxelles e la delegazione di
Ankara hanno aperto il capitolo 22,
quello relativo alla politica regionale,
che spiana la strada anche alla firma
dell’accordo di riammissione fra Ue
e Turchia, un’intesa chiave sul delicato fronte dell’immigrazione irregolare in Europa.
L’inizio dei colloqui sul capitolo
22 era previsto per l’estate, ma era
stato poi rinviato dopo il violento
intervento della polizia per allontanare i giovani che protestavano a
Istanbul davanti al Gezi Park.
D all’avvio dei negoziati di adesione con la Turchia, il 3 ottobre del
2005, sono stati aperti 14 su 35 capitoli negoziali, ma solo uno è stato
chiuso. La ripresa dei colloqui costituisce «un momento di svolta, simbolicamente molto importante» ha
sottolineato il ministro turco per gli
Affari europei, Egemen Bağiş. «Siamo convinti che sia nell’interesse di
entrambe le parti che i negoziati riprendano slancio» ha ribadito il mi-
Il ministro turco per gli Affari europei, Egemen Bağış (Afp)
nistro degli Esteri lituano, Linas
Linkevičius, a nome della presidenza
di turno dell’Ue, dopo che il Consiglio aveva dato luce verde al riavvio
dei negoziati con Ankara lo scorso
22 ottobre. Anche il ministero degli
Esteri di Ankara è intervenuto, chiedendo in una nota ufficiale di rimuovere tutte le motivazioni politiche che ancora ostacolano l’ingresso
della Turchia nell’Ue.
Guerra
del cioccolato
fra Kiev
e Mosca
KIEV, 6. La “guerra del cioccolato”
tra Mosca e Kiev rischia di far perdere il lavoro a centinaia di ucraini.
Lo scrive il quotidiano «Kommersant-Ukraina» citando il sindacato
del settore agroalimentare. La decisione della Russia di bloccare a fine
luglio le importazioni dei prodotti
della Roshen — una grande azienda
che produce cioccolata e merendine
di proprietà dell’ex ministro Petro
Poroshenko — potrebbe causare alla
compagnia danni per 200 milioni di
dollari e, dopo più di tre mesi, iniziano a diffondersi le prime voci di
licenziamenti. Nonostante in un’intervista a «Forbes» la scorsa settimana il “re del cioccolato” Poroshenko
abbia smentito che qualcuno perderà
il lavoro, il capo del sindacato del
settore agroalimentare nella regione
di Donetsk, Iana Litvin, ha detto
che entro la fine dell’anno l’azienda
prevede di congedare 140 impiegati
nella fabbrica di Mariupol e circa
400 in quella di Vinnitsia. Ma secondo la leader sindacale, sono più
di mille i lavoratori dell’azienda che
rischiano di dover rimanere a casa.
La “guerra del cioccolato” tra
Russia e Ucraina è vista da alcuni
osservatori come un tentativo da
parte di Mosca di scoraggiare Kiev a
firmare un accordo di associazione e
libero scambio con l’Unione europea
a fine novembre. Il servizio federale
russo a tutela della salute dei consumatori (Rospotrebnadzor) ha ispezionato le tre fabbriche ucraine
dell’impresa alimentare pochi giorni
fa e ha confermato che la qualità
della produzione non è sufficiente a
consentire l’esportazione in Russia.
Il Governo ucraino ha risposto immediatamente accusando Mosca di
diffondere «informazioni false».
In questo clima di tensione con
Mosca, in cui rientrano anche i mancati pagamenti della società energetica statale ucraina Naftogaz alla russa
Gazprom, l’Ucraina ha firmato ieri
un accordo con il gruppo statunitense Chevron per l’esplorazione
e lo sviluppo dello shale gas
nell’ovest del Paese. Ad annunciarlo
è stato il ministro dell’Energia ucraino, Eduard Stavytsky. Chevron investirà 350 milioni di dollari nell’esplorazione del giacimento Olesska.
Kiev punta su una produzione intorno ai 10 miliardi di metri cubi
l’anno.
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Sono passati 40 mesi di stop nelle
trattative. «Spero che non aspetteremo un altro periodo così lungo prima di fare nuovi passi avanti» ha invece dichiarato il commissario europeo all’Allargamento, Štefan Füle,
auspicando «che l’Unione europea
riesca presto a dare il suo via libera
anche alla discussione dei capitoli
(23 e 24) su diritti e libertà fondamentali e giustizia, gli stessi tanto
evocati dai manifestanti di Gezi
Park. Ma i tempi per fare avanzare
capitoli delicati come quello dei diritti umani non sembrano ancora
maturi: a ostacolare la decisione rimane ancora la questione di Cipro e
anche Ankara, ha ricordato Füle,
«deve fare ulteriori sforzi», in particolare aprire porti e aeroporti ai greco-ciprioti.
In compenso, la ripresa dei negoziati di adesione darà un’iniezione di
fiducia ad altri colloqui fra Bruxelles
e il Governo di Ankara. «Siamo vicini alla firma dell’accordo di riammissione e al lancio del dialogo sui visti» ha infatti annunciato Bağiş.
L’accordo, già siglato a giugno
dell’anno scorso, prevede che sia gli
immigrati irregolari di cittadinanza
turca sia quelli provenienti da Paesi
terzi ed entrati illegalmente nell’Unione europea attraverso la frontiera turca vengano riaccettati da
Ankara nel suo territorio, qualora
vengano espulsi dall’Ue.
In cambio, la Turchia ottiene il
tanto richiesto avvio del dialogo sui
visti, cioè la possibilità di facilitare
l’accesso dei cittadini turchi nell’area
di Schengen per periodi limitati, come già avvenuto per i vicini di Albania, Serbia, Montenegro, Bosnia ed
Erzegovina ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia.
ATENE, 6. La Grecia, ancora una
volta, ostaggio degli scioperi. Oggi, per ventiquattro ore, il Paese resta paralizzato a causa dello sciopero indetto dai due maggiori sindacati, Adedy e Gsee, che raggruppano rispettivamente i dipendenti
del settore pubblico e di quello privato. L’iniziativa intende essere
una forma di protesta contro la politica del Governo che prevede, tra
l’altro, tagli di migliaia di statali
entro la fine del 2014. Ospedali e
centri sanitari funzioneranno con il
personale di emergenza, mentre la
Federazione nazionale dei lavoratori degli ospedali pubblici ha convocato, per questa mattina, una
manifestazione di protesta davanti
alla sede del Ministero della sanità.
Disagi in vista anche per chi deve
viaggiare: le navi resteranno nei
porti, fermi i treni interurbani e
quelli suburbani. Per tre ore incrociano le braccia anche i piloti. Allo
sciopero aderisce anche la Federazione nazionale dei giornalisti con
un’astensione di cinque ore.
Nel frattempo continua ad Atene
la missione dei rappresentanti della
troika (Unione europea, Fondo
monetario internazionale, Banca
centrale europea). E non è una
missione facile. Le posizioni sono
contrastanti: la troika sembra orien-
tata a rilanciare le misure di austerità, mentre il Governo ritiene che,
nell’ambito del piano di risanamento economico, non siano necessarie. Il ministro delle Finanze greco,
Yannis Stournaras, ha dichiarato
ieri che in base agli ultimi dati si
può affermare che la situazione
economica del Paese sta migliorando e che gli introiti nelle casse dello Stato sono notevolmente aumentati. Ma la troika intende capire come Atene pensi di coprire il buco
nel bilancio del 2014: altrimenti
non verrà erogata la tranche di aiuti da un miliardo di euro che doveva già essere assegnata da tempo.
Per esaminare l’esito delle recenti elezioni amministrative nel Kosovo
Colloquio a Bruxelles
tra i premier di Belgrado e Pristina
PRISTINA, 6. I premier serbo e kosovaro, Ivica Dačić e Hashim Thaçi, si
incontrano oggi a Bruxelles — alla
presenza dell’Alto rappresentante
per gli Affari esteri e la Politica di
sicurezza dell’Ue, Catherine Ashton
— per esaminare l’esito del voto locale di domenica scorsa in Kosovo,
dove vi sono stati incidenti, violenze
e irregolarità in alcune località del
Nuove violenze
in Nigeria
anche nello Stato
centrale del Plateau
ABUJA, 6. Mentre non si fermano
le stragi nel nord-est della Nigeria, dove agisce il gruppo di matrice fondamentalista islamico
Boko Haram, anche nel centro
del Paese, nello Stato di Plateau,
si registrano nuove violenze. La
polizia ha riferito dell’uccisione
dei quattro membri di una famiglia, padre, madre e due bambini, da parte di uomini armati non
identificati che hanno fatto irruzione ieri, poco prima dell’alba,
nel villaggio di Rantis, nel distretto di Gashes. Al momento
non ci sono indicazioni sui possibili autori del massacro. Fonti di
polizia locale, peraltro, ritengono
che anche questo nuovo episodio
di violenza vada inquadrato negli
scontri a carattere etnico ed economico che ciclicamente si riaccendono nell’area tra i pastori
nomadi fulani e gli agricoltori di
etnia eggon.
Nello Stato di Borno, considerato la principale roccaforte di
Boko Haram, intanto, l’esercito
ha comunicato ieri di aver ucciso
in combattimento quattro miliziani del gruppo fondamentalista
islamico. Il Borno è uno dei tre
Stati, con lo Yobe e l’Adamawa,
nei quali da mesi vige lo stato
d’assedio proclamato dal presidente Goodluck Jonathan che ha
inviato l’esercito contro Boko
Haram.
nord a maggioranza serba. Ne danno notizia a Belgrado l’agenzia di
stampa Tanjug e l’emittente B92,
aggiungendo che all’incontro di
Bruxelles parteciperà il vicepremier
serbo, Aleksandar Vucić.
In discussione, anche le prospettive di istituire delle nuove comunità
autonome dei serbi del Kosovo, previste dall’accordo di aprile tra Belgrado e Pristina. L’intesa era stata
concordata prima delle municipali
di domenica scorsa, ma finora non è
stata confermata, dopo gli attacchi e
le intimidazioni degli estremisti serbi in alcuni seggi elettorali di
Kosovska Mitrovica e Zvecan, nel
nord del Kosovo, che hanno portato
alla sospensione delle operazioni di
voto due ore prima della conclusione prevista. Il colloquio tra Dačić e
Thaçi — che arriva a un mese di distanza dall’ultimo, tenutosi il 6 ottobre — servirà a discutere i prossimi
passi nel processo elettorale, come
ha sottolineato il capo della diplomazia Ue in un comunicato.
Commentando il voto, il primo su
tutto il territorio dell’ex provincia
serba, Ashton ha voluto sottolineare
come «nella maggiore parte del
Kosovo abbia avuto luogo in maniera ordinata». Allo stesso tempo, ha
condannato fermamente i violenti
incidenti in alcuni seggi del nord,
esortando le autorità locali a «indagare senza ritardi».
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
TIPO GRAFIA VATICANA
EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
direttore generale
Un funzionario ordina le urne contenenti i voti in Kosovo (Afp)
Governo, espressione Frente de Libertaçao de Moçambique (Frelimo),
il partito ininterrottamente al potere
fin dall’indipendenza dal Portogallo
nel 1975. Secondo Fernando Mazanga, il Governo vorrebbe mostrare
all’opinione pubblica di essere disponibile al dialogo senza però sospendere un’offensiva militare contro le roccaforti della Renamo.
La crisi in atto in Mozambico è
la più grave da oltre vent’anni, da
quando cioè Frelimo e Renamo firmarono a Roma, il 4 ottobre 1992,
l’accordo di pace che mise fine a sedici anno di guerra civile.
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ROMA, 6. Cresce la voglia di ritrovare l’altro, di recuperare la
dimensione della solidarietà e
dare vita a una nuova società.
L’Italia che emerge dall’ultima
ricerca del Censis è un Paese
preoccupato, ma non disperato.
La voglia di altruismo c’è: per il
29,5 degli italiani aiutare chi si
trova in difficoltà trasmette
maggiore energia positiva che
non l’idea di occuparsi del proprio benessere. E la percentuale
rimane costante per tutte le fasce di età. La ricerca del Censis
mette inoltre in rilievo che il 40
per cento degli italiani si dice
disponibile a fare visita agli ammalati; più del 36 per cento si
dice assolutamente pronto a rendersi disponibile in caso di calamità naturale per contribuire al
bene comune. Un’alta percentuale si dice poi pronto ad aiutare per migliorare lo stato delle
scuole, dei boschi e del patrimonio culturale.
Infine, tra tutti i vari dati, il
Censis rileva che per oltre la
metà degli intervistati curare la
propria spiritualità è fonte di
energia positiva.
Feriti e arresti
per un corteo
in Sud Africa
Niente incontro in Mozambico
tra presidente e leader dell’opposizione
MAPUTO, 6. Non ci sarà l’incontro
di venerdì 8 novembre al quale il
presidente del Mozambico, Armando Emilio Guebuza, aveva invitato
Afonso Dhlakama, leader della Resistência Nacional Moçambicana
(Renamo), principale forza di opposizione, al dichiarato scopo di
fermare la ripresa di violenze nel
centro del Paese, in particolare nella
provincia di Sofala. Il portavoce
della Renamo, Fernando Mazanga,
ha sostenuto che l’invito è un atto
di cinismo, una mossa propagandistica che non esprime alcuna volontà di dialogo o di pace da parte del
I dati del Censis
sui valori
degli italiani
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
Saccheggiati
due villaggi
centroafricani
BANGUI, 6. Nella Repubblica
Centroafricana non s’interrompono le violenze delle milizie ex ribelli della Seleka che in marzo
hanno preso il potere rovesciando
il presidente François Bozizé. Vacap e Yangoro, due villaggi a circa
quattrocento chilometri a nordovest della capitale Bangui, sono
stati saccheggiati e dati alle fiamme da miliziani della Seleka, secondo quanto riferito ieri da fonti
della missione africana Misca.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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CITTÀ DEL CAPO, 6. Quattro arresti e diversi manifestanti feriti
da colpi di arma da fuoco sono
l’esito dei disordini scoppiati ieri
durante un corteo di abitanti
della baraccopoli di Mooiplaas,
a ovest di Pretoria, in Sud Africa. La manifestazione era stata
organizzata dal nuovo partito di
opposizione Economic Freedom
Fighters (Eff, combattenti per la
libertà economica), fondato e
guidato da Julius Malema, un
ex dirigente dell’African National Congress (Anc), il partito al
Governo dalla fine del regime di
apartheid, quasi vent’anni fa.
A Mooiplaas, dove mancano i
servizi essenziali, era stato avviato un piano di sgomberi. Secondo le forze dell’ordine, la manifestazione non era stata autorizzata, mentre Eff parla di un duro intervento repressivo senza
giustificazione e accusa il Governo di trasformare il Paese in
uno Stato di polizia.
Il nuovo partito, che punta a
rappresentare gli strati più deboli della popolazione, parteciperà alle elezioni del prossimo
aprile, con un programma di nazionalizzazione delle miniere e
di ridistribuzione delle terre a
beneficio dei contadini poveri.
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L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 7 novembre 2013
Violenze
quotidiane
scuotono
l’Iraq
BAGHDAD, 6. Anche quella di ieri
è stata per l’Iraq una giornata di
sangue. Dieci persone, tra le quali
otto membri delle forze di sicurezza, sono state uccise in diversi
attacchi. Queste nuove violenze
hanno portato a oltre 5.500 il numero delle vittime dall’inizio del
2013, secondo le stime fornite da
fonti mediche e di sicurezza. Tre i
soldati uccisi nella provincia settentrionale di Ninive, in seguito
all’esplosione di due bombe collocate sul ciglio della strada. A
Mossul un agente di polizia è rimasto ucciso in una sparatoria ingaggiata con uomini armati a un
posto di blocco. A nord di Baghdad il capo locale di una milizia sunnita anti Al Qaeda è stato
ucciso, insieme al figlio, da un
gruppo di uomini armati. In un
attacco dinamitardo, a Kirkuk,
sono rimasti uccisi un agente di
polizia e un civile.
Il Paese dunque continua a essere ostaggio delle violenze. Una
difficile realtà che dura da mesi.
Tra le cause, la ridestata rivalità
tra sciiti e sunniti, che ha portato
a una recrudescenza di attacchi e
di conseguenti rappresaglie. E in
questo clima si attendono, il prossimo 30 aprile, le elezioni legislative. Gli osservatori vedono in
questo avvenimento una preziosa
opportunità per contribuire a dare un più stabile assetto a un Paese che sta vivendo momenti difficili. Ieri il vice presidente degli
Stati Uniti, Joe Biden, ha salutato con favore l’annuncio delle legislative. Un’occasione, ha detto,
che servirà a ribadire la forza della democrazia a fronte della minaccia rappresentata dal terrorismo.
pagina 3
Ripresi i combattimenti tra ribelli sciiti zaiditi ed estremisti sunniti salafiti
Fallita la tregua nello Yemen
Un soldato yemenita di pattuglia a San’a (La Presse/Ap)
SAN’A, 6. Sono ripresi durante la scorsa notte nel
nord dello Yemen i combattimenti fra i ribelli
sciiti zaiditi e gli estremisti sunniti salafiti, malgrado si fosse arrivati a un cessate il fuoco dopo
cinque giorni di sanguinosi scontri armati che
hanno provocato oltre 100 morti. La tregua era
stata annunciata domenica scorsa dall’inviato speciale dell’Onu per lo Yemen, Jamal Benomar.
Il portavoce dei miliziani sciiti zaiditi, Ali Al
Bakhiti, ha accusato i salafiti, e in particolare il
loro capo nella città roccaforte di Dammaj, Yahia
Al Hajuri, di aver violato la tregua. I miliziani
sciiti del gruppo armato Ansarullah, detti anche
Houthi dal nome del loro capo, Hussein
Badreddin Al Houthi, accusano i salafiti, che
hanno la loro roccaforte in una moschea nella città di Dammaj, non lontana dal confine saudita, di
aver utilizzato la loro scuola coranica per radunare un esercito di combattenti stranieri in veste di
studenti con il fine di attaccarli. E mercoledì hanno sferrato un’offensiva contro Dammaj, culminata in un bombardamento che ha provocato almeno cinquanta morti, fra cui diversi studenti.
«Lo sheikh Al Hajuri — ha detto il portavoce
degli zaiditi — non è riuscito a controllare i suoi
miliziani armati». Gli zaiditi sono una scuola di
pensiero minoritaria fra i musulmani sciiti e sono
circoscritti quasi tutti nello Yemen.
Nel frattempo, il premio Nobel per la pace
Tawakkol Karman ha annunciato di aver donato i
500.000 dollari del premio ottenuto nel 2011 a un
fondo per i feriti e le famiglie delle vittime della
rivolta yemenita di due anni fa. Karman è stata la
prima donna araba a ottenere il premio Nobel per
la pace. «È mio dovere nei confronti dei giovani
che si sono sacrificati per il cambiamento e per
costruire un Paese fondato sulla libertà, la giustizia, l’uguaglianza e la buona governance» si legge
in un comunicato della Karman.
Il direttore
dell’Aiea
l’11 novembre
a Teheran
TEHERAN, 6. Il direttore generale
dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica (Aiea), Yukiya
Amano, andrà a Teheran l’11 novembre prossimo: lo ha annunciato la televisione di Stato iraniana,
in quello che potrebbe essere il
segnale di un possibile passo in
avanti nel negoziato sul nucleare.
Il nuovo capo dell’organizzazione
per l’energia atomica iraniana, Ali
Akbar Salehi, ha dichiarato di
sperare che si raggiunga un accordo durante la visita di Amano.
La presenza del direttore generale dell’Aiea in Iran lascia intendere che vi possa essere uno sviluppo positivo nei negoziati con
Teheran. Parlando sabato scorso
al Woodrow Wilson International
Center for Scholars di Washington, Amano, secondo sintesi del
suo intervento rilanciate anche in
Iran, aveva espresso cauto ottimismo sull’esito dei colloqui.
Il negoziato tra l’Aiea e l’Iran
corre in parallelo, ma è cosa diversa rispetto ai colloqui tra Teheran e il gruppo cinque più uno (i
Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti,
Gran Bretagna, Francia, Russia e
Cina; più la Germania), ripresi a
Ginevra lo scorso mese e che continueranno sempre nella città elvetica domani e venerdì. È «possibile» che si arrivi a un accordo
quadro nelle trattative sul nucleare iraniano questa settimana, ma
«se non dovessimo arrivare alla
svolta in questa fase, non sarebbe
un disastro». Lo ha affermato ieri
il ministro degli Esteri iraniano,
Mohamed Jawad Zarif, intervistato da France 24 in occasione di
una visita a Parigi, durante la
quale incontrerà l’omologo francese, Laurent Fabius.
Fiducioso il presidente Marzouki
La Libia continua a essere nel caos
Scia di sangue in Pakistan e in Afghanistan
Processo democratico
in Tunisia
A Tripoli
scontri tra gruppi armati
L’Afpak sempre
a rischio instabilità
PARIGI, 6. La Tunisia «lavora per
installare uno Stato democratico
trasparente e non corrotto», ha dichiarato il presidente tunisino,
Moncef Marzouki, ribadendo la
sua «fiducia» nella capacità di Tunisi di «superare la crisi attuale».
«Siamo decisi a sviluppare il processo democratico in Tunisia, nonostante le attuali difficoltà e i problemi che conosciamo» ha aggiunto Marzouki in una conferenza
stampa ieri a Parigi, al termine di
un incontro con il presidente francese, François Hollande.
Il presidente tunisino ha promesso oggi la scarcerazione di Jabeur
Mejri, condannato insieme a Ghazi
Beji (attualmente latitante) a 7 anni
e mezzo di carcere per la pubblicazione nel 2012 di alcune caricature
satiriche. Marzouki ha però spiegato di voler «aspettare prima una
tregua politica nel Paese. Attualmente — ha detto — ci sono tensioni legate a questa lotta contro il
terrorismo e non vorrei che la mia
decisione sollevasse dei dibattiti».
Intanto, anche se nessuno vuole
ammetterlo ufficialmente, il dialogo nazionale tra maggioranza e opposizioni tunisine è fallito, almeno
in questo formato, perché le posizioni dei due schieramenti sono
inequivocabilmente inconciliabili. I
primi a rendersene conto sono stati
i quattro mediatori (il forte sindacato Ugtt, l’Unione degli industriali, l’Ordine nazionale forense e la
Lega per la difesa dei Diritti
dell’Uomo) che, amaramente, hanno dovuto prendere atto che il loro
coraggioso tentativo si è incagliato,
suddividendo comunque equamente le responsabilità tra gli schieramenti e quindi, abbastanza sorprendentemente, non salvando nessuno. A segnare il punto di non ritorno della trattativa è stata la incolmabile distanza tra le due parti,
ciascuna convinta d’essere la sola
abilitata a imporre il nome del futuro primo ministro.
TRIPOLI, 6. Nel clima di turbolenza che investe la Libia a due anni
dalla fine del regime di Muammar
Gheddafi, due persone sono rimaste ferite in seguito a scontri tra
gruppi armati a Tripoli iniziati
all’alba di ieri mattina. Lo riferiscono fonti della sicurezza secondo
cui gli scontri, durati oltre tre ore,
sono iniziati quando un membro di
una milizia è stato fermato a un
posto di blocco e i suoi compagni
sono venuti in soccorso. Le autorità di transizione non riescono a
formare un esercito e una polizia in
grado di contrastare la presenza sul
territorio dei gruppi armati.
Il Congresso generale nazionale
ha intanto votato ieri in favore dello smantellamento della milizia
“Camera operativa dei rivoluzionari di Libia” coinvolta nel sequestro
del premier, Ali Zeidan, del 10 ottobre scorso. Alla milizia era stato
assegnato quattro mesi fa il compito dal presidente del Congresso,
Nuri Abu Sahmain, di proteggere
Tripoli. Non è stato ancora deciso
chi sostituirà l’unità armata nella
protezione della capitale libica.
Nella città orientale di Bengasi,
teatro di un’ondata di violenze, c’è
stata la pacifica protesta di un
gruppo di abitanti. Uomini e donne si sono riuniti davanti all’Hotel
Tibesti per condannare i ripetuti
episodi di violenza tra cui omicidi
quasi giornalieri che si stanno verificando da mesi. Non ultimo
l’esplosione domenica di un ordigno nella vettura di un ufficiale
delle forze di sicurezza. La deflagrazione ha ucciso sul colpo l’uomo e il figlio di due anni. A bordo
dell’auto si trovavano anche la moglie incinta e il secondo figlio che
sono morti in ospedale. La condanna agli attentati è arrivata anche dalla Missione delle Nazioni
Unite di sostegno alla Libia
(Unsmil), che chiede alle autorità
libiche di intervenire per assicurare
le condizioni necessarie per una
transizione democratica in Libia.
Nuovi sindaci anche a Boston e a Detroit
De Blasio eletto primo cittadino di New York
WASHINGTON, 6. È Bill De Blasio
il nuovo sindaco di New York: il
primo democratico a diventare il
primo cittadino della Grande Mela
in vent’anni. «Siamo orgogliosi di
quello che abbiamo realizzato in
questa campagna» ha detto De Blasio rivolgendosi a una folla di sostenitori. Il nuovo sindaco ha poi
affermato: «Oggi avete parlato ad
alta voce e chiaramente per una
nuova direzione per la nostra città,
uniti dalla convinzione che la città
non debba lasciare indietro nessun
newyorkese». L’avversario di De
Blasio era il repubblicano Joe
Lotha. Il programma politico di De
Blasio, più volte enunciato durante
la campagna elettorale, fa perno
sull’obiettivo di cancellare il divario
tra la New York dei ricchi e quella
dei poveri, in modo da far diventare la Grande Mela «una città per
tutti». De Blasio proviene da una
famiglia di sant’Agata de’ Goti, in
provincia di Benevento, emigrata
negli Stati Uniti agli inizi degli anni Venti. È il terzo italoamericano a
diventare sindaco di New York dopo Fiorello La Guardia e Rudolph
Giuliani.
È stato poi eletto il sindaco di
Boston: la scelta degli elettori ha
premiato il democratico Martin
Walsh, che ha sconfitto il collega
democratico John Connolly. Walsh
succede a Thomas Menino. Si è votato anche a Detroit: per la prima
volta da quarant’anni la città, a netta maggioranza afroamericana, ha
eletto un sindaco bianco. Si tratta
dell’ex manager ospedaliero Mike
Duggan, che ha avuto la meglio
sullo sceriffo della contea di
Wayne, Benny Napoleon. Entrambi
sono democratici.
A New York il piccolo Tobias, 2 anni, aspetta il padre occupato a votare (Reuters)
KABUL, 6. Ancora violenze, sia in
Pakistan, sia in Afghanistan. La regione dell’Afpak, dunque, nonostante gli sforzi delle autorità di Islamabad e di Kabul, continua a essere segnata da un’instabilità che finisce
per prestare il fianco agli attacchi
dei diversi gruppi estremisti. Di questa situazione è un esempio indicativo la città pakistana di Karachi, dove da tempo si registrano violenze.
Nelle ultime ventiquattro ore, in
questa metropoli sempre scossa da
tensioni politiche e interconfessionali, sono morte più di venti persone.
Gli attacchi, alcuni dei quali sono
stati compiuti da clan rivali, sono
avvenuti in diverse zone della città,
in particolare nei sobborghi di
Gulshan-e-Iqbal e Korangi Town.
Riferisce l’agenzia di stampa Adnkronos che le forze di polizia hanno scoperto i cadaveri di cinque persone che sono state torturate prima
di essere uccise. Da ricordare che lo
scorso anno la città era stata insanguinata da una lunga scia di attac-
Alle urne
per le presidenziali
in Tadjikistan
DUSCHAMBÉ, 6. Si recano oggi alle
urne i quattro milioni di elettori del
Tadjikistan per le presidenziali che
dovrebbero confermare un quarto
mandato a Emomali Rakhmov, leader del Partito popolare democratico
(comunisti) al potere dopo il 1992 in
questo Paese ex sovietico che al sud
confina con l’Afghansitan. Le elezioni nei regimi comunisti non sono
mai state particolarmente avvincenti,
e se qualcosa è cambiato nell’Europa
orientale lo stesso non si può dire
per l’Asia centrale. Qui infatti non ci
sono stati, con la sola eccezione del
Kyrgyzstan, terremoti politici. In
Asia centrale è andata di scena la
continuità. Sei candidati sono in lizza per queste elezioni presidenziali,
alla quale però i principali partiti
dell’opposizione tadjika hanno rinunciato a partecipare.
chi, che secondo cifre fornite dai
media locali, hanno causato la morte
di più di duemila persone.
Sul fronte afghano, intanto, si segnala che un soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) è
morto, ieri nel sud, in seguito a un
attentato dinamitardo. Si tratta, riferisce l’Ansa, della centoquarantaseiesima vittima del contingente internazionale dall’inizio dell’anno.
L’Onu elogia
il dialogo di pace
in Myanmar
NAYPYIDAW, 6. L’Onu ha accolto
con favore l’avvio dell’atteso dialogo tra il Governo del Myanmar
e le varie etnie, che per anni hanno difeso con le armi la propria
identità. Il summit è stato convocato dall’Esecutivo del Paese del
sud-est asiatico con l’obiettivo di
porre fine a decenni di sanguinosa guerra civile.
Riuniti a Laiza, città dello Stato del Kachin, i rappresentanti
governativi e delle minoranze etniche hanno discusso a lungo sulla possibilità di arrivare a un cessate il fuoco nazionale. L’intesa è
a buon punto. «Queste discussioni sono un passo importante nel
processo di riconciliazione nazionale» ha elogiato il rappresentante speciale delle Nazioni Unite
per il Myanmar, Vijay Nambiar,
che ha partecipato in qualità di
osservatore al vertice.
Il dialogo tra il Governo di
Naypyidaw e le minoranze etniche è una iniziativa attesa da molto tempo per risolvere uno dei
principali ostacoli che ancora restano sul cammino delle riforme e
della pacificazione del Myanmar,
intrapresa dal presidente, Thein
Sein, dopo anni di regime militare. Un nuovo incontro è previsto
per la fine del mese.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
Fede e cultura nell’Oriente siriaco dal
al
IX
secolo
Come il Vangelo arrivò
nella terra di Agbar
di SABINO CHIALÀ
isto
da
Occidente,
l’Oriente appare spesso
come una realtà omogenea e dai contorni un po’
sfumati: un insieme di
tradizioni abbastanza simili nella loro esoticità, e in ogni caso troppo
poco note. Fa forse eccezione il
mondo bizantino-slavo, che però rischia di essere considerato rappresentativo dell’intero universo orientale cristiano, non essendone in realtà
che una parte, benché tanto significativa. Le Chiese di tradizione siriaca attestano un altro Oriente, antico,
ricco di tradizione e con una fisionomia peculiare che ne fa quello che
uno dei massimi cultori della materia, Sebastian Brock, ha definito il
«terzo polmone» della tradizione
cristiana, accanto a quello greco e
quello latino.
Sebbene le complesse dispute cristologiche dei primi secoli abbiano
contribuito a dividere l’antica Chiesa
di espressione siriaca in varie comunità ecclesiali, ragione per cui è più
corretto parlare di “Chiese di tradizione siriaca”, è nella comunità e nel
patriarcato di Antiochia che tale
realtà ecclesiale, nel suo insieme, affonda le proprie radici. Da Antiochia, dove per la prima volta i credenti nel Risorto ricevettero il nome
di cristiani (cfr. Atti degli apostoli, 11,
26), l’annuncio evangelico raggiunse
la città di Edessa, capitale dell’Osroene, e di qui la Mesopotamia,
regioni abitate in massima parte da
popolazioni di lingua e cultura aramaica. L’idioma edesseno, variante
di aramaico noto come “siriaco”,
configurerà dunque queste comunità
come “siriache”.
La tradizione attribuisce l’evangelizzazione di queste terre all’apostolo
Tommaso, che di qui avrebbe raggiunto l’India; e insieme a lui a due
discepoli, di nome Addai e Mari, cui
la tradizione siro-orientale ascrive
una delle più arcaiche preghiere eucaristiche giunte sino a noi. Un’antica leggenda riferisce poi quello che
pretende sia stato l’antefatto di tale
missione: il re edesseno Abgar
Ukkama avrebbe inviato il proprio
funzionario Anania da Gesù per offrirgli ospitalità nel proprio regno, al
II
giovedì 7 novembre 2013
V
fine di metterlo al riparo dalle insidie tesegli dai capi del suo popolo e
per ottenerne in cambio la guarigione da una malattia. Gesù, respingendo l’invito, avrebbe tuttavia promesso l’invio, dopo la sua morte, di un
discepolo a Edessa. Intanto, avrebbe
fatto dono al re edesseno di una sua
lettera o, secondo un’altra versione
della leggenda, di una sua immagine
miracolosamente impressa su di un
telo, da cui deriva la tradizione del
mandylion.
Al di là della leggenda, alcuni dati
storici attestano la presenza di cristiani in questa regione già intorno
alla metà del II secolo: l’esistenza di
un’antica traduzione dei vangeli in
siriaco; l’opera di uno scrittore di
nome Bardesane (154-223); la testimonianza di Abercio di Gerapoli
che nella sua stele racconta di un
viaggio verso oriente, datato intorno
al 200, durante il quale sarebbe passato per Edessa e vi avrebbe incontrato una comunità cristiana; e da
ultimo, al 206 si fa risalire la conversione di un altro re di Edessa, Abgar
IX, che regnò tra il 179 e il 216, probabile realtà storica soggiacente la
leggenda su menzionata.
L’espansione del cristianesimo in
queste regioni fu rapida e diede frutti abbondanti e anche vari: nella medesima città di Edessa si fiancheggiarono varie correnti di cristianesimo, la maggior parte delle quali successivamente ritenute eterodosse. So-
Seguendo l’anno liturgico
Venerdì 8 novembre a Roma, nella libreria internazionale Paolo VI,
verrà presentato il libro Il soffio dell’Oriente Siriaco. L’anno liturgico siro
occidentale (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2013, pagine
144, euro 18) che raccoglie articoli pubblicati su «L’O sservatore Romano» dal
benedettino Manuel
Nin, archimandrita e
rettore del Pontificio
Collegio Greco di
Roma. All’incontro,
moderato dal direttore del nostro giornale, intervengono l’arcivescovo Cyril Vasil’, segretario della
Congregazione delle
Chiese orientali, e
Alberto
Camplani
dell’università La Sapienza. Pubblichiamo stralci dell’introduzione del libro.
«Gesù porge il calice ai discepoli» (XII secolo, miniatura siriaca)
no espressione di tale vivacità le prime attestazioni letterarie in lingua
siriaca, provenienti da quest’area: la
Lettera di Mara bar Serapione; le
Odi di Salomone; il Canto della perla;
la Caverna dei tesori; oltre ai già
menzionati scritti di Bardesane e
all’opera di Taziano, autore, tra l’altro, del famoso Diatessaron o Armonia dei quattro vangeli. Tale produzione letteraria raggiunse un suo primo apice nel IV secolo con due autori che la tradizione successiva considererà come i due primi pilastri della propria espressione teologica:
Afraat, il “sapiente persiano”, ed
Efrem, “l’arpa dello Spirito Santo”,
nelle cui opere la prima fisionomia
di questa tradizione cristiana, semitica e profondamente radicata nella
Scrittura e nella sua interpretazione,
è ancora particolarmente evidente.
A Efrem è poi tradizionalmente ricondotta la fondazione della prima e
meglio nota “scuola teologica” siriaca, quella di Edessa-Nisibe, che tanta parte avrà nello sviluppo religioso
e culturale di queste comunità. Di
pari passo con le accademie teologiche, dove si coltivavano anche la filosofia greca e la medicina, parallelamente a quanto avveniva in Egitto,
fra III e IV secolo si assiste in Siria e
Mesopotamia alla fioritura di un
ascetismo autoctono e peculiare, che
si espresse negli stiliti della regione
di Aleppo, nei “figli del patto”, o in
comunità cenobitiche meglio defini-
Sant’Efrem il Siro
te, in cui la vita comune era contemperata da un cospicuo tempo di solitudine. Soprattutto tra i siro-occidentali, i monasteri divennero ben
presto anche luoghi di cultura, dove
i classici greci furono studiati, tradotti e commentati.
I secoli V e VI segnarono nella
Chiesa tutta, ma in particolare al
cuore della tradizione siriaca, le pri-
Vie del sapere
Giovedì 7 novembre a Roma, al Pontificio Istituto Orientale, viene presentato il volume Le vie del sapere in ambito siro-mesopotamico dal III al IX
secolo (Roma, Orientalia Christiana, 2013, pagine 373, euro 38) curato da
Carla Noce, Massimo Pampaloni e Claudia Tavolieri. Intervengono, tra
gli altri, Marco Bais, del Pontificio Istituto Orientale, e Alberto Camplani dell’università La Sapienza.
Ordini religiosi e arte tra Rinascimento e Barocco
Camillo, Ignazio e gli amici romani
di LYDIA SALVIUCCI INSOLERA*
Si è svolto a Roma, presso la casa generalizia dei ministri degli infermi, a due passi dal
Pantheon, nel cuore storico della città, il
convegno «San Camillo de Lellis e i suoi
amici. Ordini religiosi e arte tra Rinascimento e Barocco», ideato e curato da chi scrive.
Il Comitato scientifico, che ha seguito tutte
le fasi organizzative, è composto dai religiosi
camilliani Alberto Marques de Sousa ed Eugenio Sapori e dai membri del Comitato
scientifico dell’ordine dei ministri degli infermi Johan Ickx, Luciana Mellone, Marco
Pizzo e Daniel Ponziani.
L’idea del convegno è sorta con il fine di
analizzare i punti di contatto in ambito artistico tra i vari ordini religiosi a Roma e in
relazione con altre città tra il Rinascimento e
il Barocco, avendo però come riferimento
centrale di raccordo san Camillo de Lellis e
i religiosi camilliani. Iniziativa culturale che
giunge a festeggiare il santo in occasione del
quarto centenario dalla morte: 1614-2014.
Attraverso i diversi contributi dei relatori,
si è voluto sottolineare il diverso carisma dei
vari ordini religiosi — principalmente quello
dei cappuccini perché san Camillo ne era
particolarmente ispirato, poi carmelitani,
scolopi, oratoriani, gesuiti — in funzione delle loro committenze architettoniche e figurative, facendo emergere il loro contatto diretto e indiretto con san Camillo de Lellis. Si è
volutamente lasciato un cospicuo spazio di
approfondimento alla spiritualità del santo,
alle fonti archivistiche, ai luoghi legati alla
sua vita, come la zona delle terme di Santa
Maria degli Angeli e alle committenze dei
religiosi camilliani a Roma, nel Lazio, in
Abruzzo — essendo egli originario di Bucchianico, vicino a Chieti — con ulteriori riferimenti alle fondazioni Camilliane a Milano
e a Torino. A corredo del convegno si sono
svolte anche due visite nei luoghi camilliani:
una alla adiacente chiesa della Maddalena e
l’altra al museo interno alla casa generalizia.
Si sono così potuti scandagliare i rapporti
tra le varie spiritualità del periodo e l’arte,
attraverso le biblioteche soprattutto in funzione della loro reciproca influenza. Si sono
verificate le connessioni, le divergenze, le
scelte di stile simili o contrarie. Tutto questo
inserito in un discorso continuo e circolare,
così come è stato il rapporto di amicizia e
condivisione spirituale tra i vari ordini religiosi, protagonisti della vita della Chiesa tra
Cinquecento e Seicento a Roma: cappuccini,
gesuiti, oratoriani, teatini, carmelitani. Emergono in modo particolare le figure carismati-
che dei grandi santi dell’epoca, amici tra di
loro. Basti pensare allo stesso Camillo de
Lellis amico di Filippo Neri, quest’ultimo
amico a sua volta di Ignazio di Loyola.
Gli storici hanno sempre sottolineato il
periodo di fioritura di ordini religiosi, che
anima la Chiesa nel corso del Cinquecento e
in particolare la città di Roma, grazie alla
presenza di un nutrito numero di figure di
santi: oltre ai già citati, Gaetano da Thiene,
Antonio Maria Zaccaria, Felice da Cantalice,
Giuseppe Calasanzio, Giovanni Leonardi,
Francesco Borgia, Luigi Gonzaga e altri.
In particolare è interessante indagare sulla
posizione di san Ignazio nei confronti degli
altri ordini religiosi. Agli albori della sua
conversione, nel 1521, costretto a letto per la
ferita alla gamba, Ignazio legge in castigliano la Legenda aurea del domenicano Jacopo
da Varazze e — citiamo dalla sua Autobiografia — «si soffermava a pensare e a riflettere
tra sé: “E se anche io facessi quel che ha fatto san Francesco o san Domenico. (...) Tutto
il suo ragionare era un ripetere a se stesso:
“san Domenico ha fatto questo, devo farlo
anche io; san Francesco ha fatto questo, devo farlo anch’io”». Ignazio, poi, sempre durante la convalescenza, decide di andare in
pellegrinaggio a Gerusalemme e «progettando quello che avrebbe fatto al suo ritorno
da Gerusalemme, allo scopo di vivere in penitenza continua, gli si affacciava l’idea di
ritirarsi nella Certosa di Siviglia, senza dire
chi era, per essere considerato meno, e lì di
non nutrirsi che di erbe. Altre volte però riemergeva il pensiero delle austerità che intendeva affrontare andando per il mondo, e allora il desiderio della Certosa si affievoliva
nel timore di non potervi esercitare
quell’odio di sé che ormai aveva concepito.
E tuttavia diede incarico a un domestico che
andava a Burgos di chiedere informazioni
sulla Regola della Certosa e le notizie che
ne ebbe gli piacquero».
Ignazio depone quindi le armi da cavaliere ai piedi della Madonna di Monserrato,
una delle più famose immagini di devozione
e si trova nell’abbazia benedettina, meta famosa di pellegrinaggio. Qui scopre i testi
contemplativi del benedettino García Cisneros. Dopo questi primi anni di penitenza e
di illuminazione, dal 1527 inizia a meditare
sulla scelta da compiere e si chiede se entrare in un ordine preesistente per poter aiutare
meglio. Sempre nell’Autobiografia scrive:
«Quando il pellegrino a Barcellona stava
deliberando se doveva applicarsi agli studi e
per quanto tempo, la vera domanda che si
poneva era questa: finiti gli studi si sarebbe
fatto religioso o sarebbe andato così per il
A proposito della personalità “santa” di
mondo? Quando gli veniva il pensiero di uno dei primi compagni di Ignazio, Pietro
entrare in un ordine religioso, subito si sen- Favre, inviato in varie città in Europa, Ribativa portato a sceglierne uno decaduto e po- deneira ricorda che durante la sua permaco osservante: intendeva farsi religioso per nenza a Colonia «tali erano la vita e l’esemavere l’occasione di soffrire di più. Inoltre pio di questo buon padre, che per rispetto
pensava che forse Dio in questo modo verso di lui, i monaci certosini, riunitisi a caavrebbe aiutato quei religiosi».
pitolo, chiesero di stabilire un’alleanza con
Sulla base di queste riflessioni si legge la nostra Compagnia, per cui si fecero partenella prima biografia di sant’Ignazio, scritta cipi di tutte le buone opere e di tutti i meriti
da Pietro Ribadeneira, una spiegazione an- loro».
cora più dettagliata. Il dubbio, se prendere
La forte devozione della Compagnia e in
l’abito di qualche ordine o di restare libero, particolare di Francesco Borgia verso san
lo «tiene molto perplesso e incerto. Tuttavia Francesco d’Assisi si riscontra addirittura
cominciò a stabilire che se si fosse deciso a nella dedica di una cappella della chiesa del
farsi frate, avrebbe
scelto un ordine
che risultasse essersi molto allontanato dai suoi fervidi
principi e che avesse alquanto posto
in poco interesse
l’osservanza
della
propria regola; e
ciò perché gli pareva da un lato che
nostro Signore non
avrebbe potuto essere meglio servito
che se egli fosse
riuscito col proprio
lavoro e col proprio
esempio a riformare
un ordine decaduto, e dall’altro che
in un ordine siffatto avrebbe trovato
occasioni più numerose di soffrire
Matteo Toni, «Venerazione della salma di san Camillo» (XVIII secolo)
per le molte contraddizioni e persecuzioni da parte di coloro i quali, paghi uni- Gesù interamente consacrata al santo. Ma
camente del nome e dell’abito di frati, attenzione: i dipinti nella cappella a destra
avrebbero ostacolato la riforma della disci- dell’abside sono sì dedicati a san Francesco
plina regolare e della loro vita religiosa. Però d’Assisi, attraverso però l’iconografia della
egli si sentiva molto più incline a cercar e nascente testimonianza della nuova parte ostrovar compagni per potere, con maggiore servante dell’ordine, quella dei cappuccini:
comodità e preparazione darsi tutto all’aiuto lo si intende infatti dall’abito raffigurato. Si
spirituale del prossimo».
ricorda, anche, come la santa carmelitana
Ignazio stringe anche in questi anni buoni Maria Maddalena de’ Pazzi parlasse in estasi
rapporti di amicizia con alcuni frati domenidello spirito della Compagnia, apparendole
cani; mentre a Venezia nel 1537 entra in conanche san Luigi Gonzaga. Pure santa Teresa
tatto con Giovanni Pietro Carafa, che diventerà più tardi Paolo IV, che invece in quel d’Avila, carmelitana scalza, è stata particoperiodo insieme a Gaetano da Vicenza fon- larmente legata alla Compagnia: gesuiti, inda i Teatini. Ben diffusa, soprattutto nella fatti, sono stati alcuni dei suoi principali
storia della Roma del periodo, è l’amicizia confessori.
tra Filippo Neri e Ignazio, sottolineata più
volte anche in dipinti e incisioni.
*Pontificia Università Gregoriana
me e più profonde lacerazioni; le
tappe emblematiche di queste divisioni sono il concilio di Efeso del
431, quello di Calcedonia del 451, il
secondo di Costantinopoli del 553 e
poi ancora il terzo di Costantinopoli
del 680, ma in realtà tensioni di natura politica, economica e di altro
genere erano già in atto e avevano
minato quell’unità che sembrava ora
spezzarsi intorno a questioni di cristologia.
È durante questi secoli che nacque
una Chiesa Siro-orientale o Assira,
detta anche impropriamente «nestoriana», che non accettò la condanna
di Nestorio e il concilio di Efeso; e
poco più tardi, intorno alla questione calcedonese, si consolidò una
nuova frattura da cui nacque un secondo ramo della tradizione siriaca,
la Chiesa Siro-occidentale, detta anche «giacobita» e «monofisita», termini impropriamente utilizzati e dedotti dalla polemica confessionale.
Lungo i secoli, parti delle due comunità entrarono in comunione con
la chiesa di Roma, dando vita ad altrettante «nuove» Chiese: nel 1550
quella Caldea, derivata dalla chiesa
Siro-orientale o Assira; e nel corso
del XVII secolo quella Siro-cattolica,
parte dell’antica Chiesa Siro-occidentale o Siro-ortodossa. Infine appartengono alla medesima tradizione
siriaca la Chiesa Maronita, interamente in comunione con quella di
Roma, sulla cui origine si dibattono
ancora varie ipotesi tra cui quella
che la connette alla crisi monotelita,
e le diverse chiese dell’India.
Le lacerazioni cristologiche del V
secolo isolarono ancora di più le comunità cristiane di Persia e Mesopotamia, situate al di là del limes romano in territorio persiano, che si costituirono in una struttura ecclesiastica
indipendente, dotata di un proprio
catholicos-patriarca con sede prima
nelle città imperiali di Seleucia-Ctesifonte, quindi a Baghdad e di qui,
in epoca medievale, in varie altre sedi sempre più a nord. L’isolamento,
tuttavia, non impedì a questa tradizione di conoscere una fioritura eccezionale lungo tutto il primo millennio. Ne sono testimonianza, oltre
ai numerosi monasteri e scuole, anche la sua straordinaria irradiazione
missionaria che interessò la penisola
arabica fino all’isola di Socotra,
l’Asia Centrale, l’India, il Tibet e la
lontana Cina, dove comunità siroorientali sopravvissero almeno sino
al XIV secolo. A livello letterario, la
tradizione siro-orientale, tra il VI e il
IX secolo, seppe offrire alcune tra le
perle più preziose della letteratura
siriaca: da Martyrios-Sandona a Simone di Taibuteh, da Giovanni di
Dalyatha a Giuseppe Hazzaya, fino
a Isacco di Ninive la cui opera fu
apprezzata anche in Occidente, come testimoniano le numerose e antiche versioni realizzate in quasi tutte
le lingue parlate da cristiani.
Nelle regioni occidentali intanto si
consolidava, in reazione alle definizioni cristologiche calcedonesi, l’altra tradizione ecclesiale su evocata,
genericamente designata come Chiesa Siro-occidentale. L’elaborazione
della sua fisionomia teologica propria si deve, oltre che a Severo di
Antiochia (morto nel 538), autore di
lingua greca presto tradotto in siriaco, a due figure di particolare prestigio, vissute a cavallo dei secoli V e
VI: Filosseno di Mabbug e Giacomo
di Sarug. L’organizzazione ecclesiastica fu invece in massima parte opera di Giacomo Baradeo. Un posto di
rilievo va infine riconosciuto a un
corpus di scritti che vanno sotto il
nome di Giovanni il Solitario o di
Apamea (V secolo), nel quale, secondo gli studiosi, si devono riconoscere
due o tre autori distinti.
La morte
di François Bovon
Lo storico e biblista svizzero
François Bovon, studioso protestante
del Nuovo Testamento, della
letteratura apocrifa e del
cristianesimo delle origini, è morto il
1° novembre nella città di Aubonne.
Era nato a Losanna, aveva 75 anni e
da tempo era malato. Ne ha dato
notizia la Harvard Divinity School,
nella quale dal 1993 al 2002 Bovon
ha diretto il Dipartimento di studi
sul Nuovo Testamento.
Considerato uno dei maggiori
esperti mondiali dei Vangeli, Bovon
ha scritto tra l’altro: Luc le théologien
(1978), L’œuvre de Luc (1987), Nouvel
Âge et foi chrétienne (1992),
Révélations et écritures (1993) e Les
derniers jours de Jésus (2004).
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 7 novembre 2013
pagina 5
Etica e problemi del lavoro
La lungimirante analisi di McNabb
Tira e molla
al mercato
Contro la crisi
un frate
economista
di PAOLO PECORARI
lmeno fino agli inizi degli anni
Settanta del Novecento, il problema del rapporto tra etica ed
economia o, come anche si dice, tra efficienza ed equità, è rimasto alquanto in ombra. Ciò si spiega col
fatto che le politiche macroeconomiche
espansive dell’età keynesiana, usando leve
decisionali di tipo ridistributivo, come l’accrescimento della spesa pubblica per trasferimenti e la riduzione del carico fiscale,
hanno ridotto l’inefficienza connessa con la
disoccupazione e con la capacità produttiva
non utilizzata. La situazione è cambiata
quando, per effetto di tali politiche, benché
non solo in conseguenza di esse, nel corso
degli anni Ottanta e Novanta sono emersi
problemi nuovi, che hanno reso inequivocabile la necessità di scelte consapevoli e coerenti tra obiettivi di efficienza e obiettivi di
equità. Si pensi alla crisi del debito pubblico e alla riscoperta dei vincoli di bilancio
cui la spesa deve sottostare. Ciò è avvenuto
in molti Paesi, tra i quali l’Italia.
Se la gravità del debito ha contribuito a
richiamare l’attenzione sul rapporto tra efficienza ed equità, che cosa si deve intendere
per “equità”? Una prima risposta può essere
abbastanza semplice: dare a ciascuno ciò che
gli è dovuto. Così rispondendo, però, nulla
si dice circa il criterio identificativo di ciò
che è dovuto e di ciò che non lo è. Si deve
tenere conto dei meriti o fare riferimento ai
bisogni? Va da sé che sull’opzione non può
A
La definizione di equità non è univoca
Dipende infatti dal modo in cui
i diversi contesti culturali
concepiscono la giustizia distributiva
non influire il diverso modo di concepire la
giustizia distributiva nei vari contesti culturali nazionali e internazionali. Ad esempio,
se si pone l’accento sulla liberazione dal bisogno, ne viene un obbligo morale alla ridistribuzione internazionale della ricchezza.
Viceversa, ponendo l’accento sul merito, si
possono giustificare gli squilibri nello sviluppo tra Paese e Paese. Analogamente, nel
quadro delle relazioni interpersonali, se si
privilegia la liberazione dal bisogno, ne deriva una spinta all’intervento pubblico verso i
più deboli. Se si accede alla regola della ricompensa del merito, anche le differenze
economiche possono trovare spiegazione
nelle responsabilità individuali.
Un’interessante applicazione del controverso rapporto tra etica ed economia viene
dal mercato del lavoro. E un fatto che oggi
le grandi aziende tendono a ridurre l’occupazione. Esse cercano di coniugare competizione ed economicità. Per migliorare la
competitività, devono migliorare la qualità
del prodotto, il servizio e il tempo di risposta al mercato, il che ha un forte impatto
Nel libro «Affondo» di Sourou
Quello
che i media
non dicono
sull’immigrazione
«Dopo tanti sforzi per la
sensibilizzazione sulla questione
dell’immigrazione, sono arrivato
alla conclusione che ci siano
ipocrisia, un po’ di demagogia e
comportamenti poco rispettosi
della dignità dell’uomo e dei suoi
diritti». Jean-Baptiste Sourou,
giornalista e professore
universitario originario del Benin e
residente in Italia, avvia così le
conclusioni del suo volume Affondo
(Cinisello Balsamo, Edizioni San
Paolo, 2011, pagine 80, euro 9),
vincitore del Premio International
Journalism and Media Awards
2013 per la sezione «Solidarietà
con i rifugiati». Il breve ma
puntuale approfondimento, torna
oggi di tragica attualità dopo la
tragedia consumatasi a Lampedusa
e considerando la quotidiana
emergenza che si vive non solo tra
le sponde del Mediterraneo.
«Questi uomini e queste donne
rappresentano solo una parte della
questione, e fermare gli sbarchi
respingendo i barconi non significa
fermare il flusso dei migranti;
perché chi scappa dalla fame, dalla
guerra e dalle persecuzioni ha già
trovato altre strade per diventare
schiavo in terra straniera», sostiene
l’autore in una denuncia
documentata e durissima.
sull’ambiente produttivo. Che cosa comporta questo impatto? In primo luogo, la
necessità di passare da un sistema di lavoro
tradizionale, in cui prima si produceva e
poi si vendeva (push), a un sistema trainato
dalla domanda (pull) e basato su una produzione just in time. In secondo luogo, che
l’ambiente produttivo va organizzato «per
cellule», perché è «all’interno delle cellule»
che si costruiscono le parti di «famiglie dei
prodotti». Per realizzare una produzione
per «cellule» è necessario introdurre tecnologie produttive avanzate, onde assicurare
qualità e migliorare la risposta al mercato
(time to market). Occorre inoltre promuovere una nuova organizzazione del lavoro, nel
senso che all’interno di ogni «cellula» i lavoratori sono chiamati a svolgere non solo
compiti più numerosi, ma anche più qualificati. D’altra parte, le nuove tecnologie
comprimono il bisogno di manodopera diretta. Viene cioè meno la tradizionale occupazione di fabbrica, mentre si richiedono
competenze specialistiche, accompagnate
preferibilmente da capacità di progettazione. Senza tali competenze le imprese non
assumono. Se ciò vale in generale, a fortiori
vale per l’Italia, dove il mercato del lavoro,
per taluni aspetti troppo rigido e per altri
troppo flessibile, non offre le competenze
di cui ha bisogno, o non ne offre a sufficienza (Brunetti).
Stando così le cose, ci si potrebbe chiedere se la soluzione sia solo politico-economica o anche etica, e se le competenze necessarie vadano fornite all’interno dell’impresa (e dunque a spese di essa) o
acquisite all’esterno. Alternativa cui
si potrebbe aggiungere una terza,
quella “motivazionale” del sistema
germanico-giapponese,
dove
la
grande impresa è generalmente posseduta da un’intricata compagine di
azionisti: dalle banche di maggior
peso alle società di assicurazione,
dalle fondazioni legate all’impresa ai fondi
“alimentati” da dipendenti e/o sindacati:
tutti soggetti che effettuano controlli puntuti e continui sulle aziende in loro possesso (Dore).
Qui il ruolo attivo degli azionisti è bilanciato, «anche nell’operatività quotidiana»,
da vari «altri poteri aziendali», ossia dai
manager e «dai rappresentanti dei dipendenti dell’azienda», come pure da un rapporto «non di soggezione, ma di dialogo,
con la comunità estranea all’azienda: il governo nazionale, i poteri regionali e locali»,
nonché le «altre espressioni della società civile». Ne conseguono «equilibri complessi», dotati di un «profondo grado di stabilità, che esclude anche solo l’ipotesi che
un’impresa sia un bene da comprare o da
vendere come tutti gli altri». L’impresa,
«che assume sempre una certa rilevanza di
natura pubblica», da un lato offre un lavoro durevole, ma dall’altro chiede ai lavoratori di mettersi in gioco, di impegnarsi ad
acquisire sempre nuove competenze, uscendo magari per qualche tempo dall’azienda,
per poi rientrarvi con un più ricco bagaglio
di capacità e di competenze. In siffatto
contesto il lavoratore viene considerato (e
in effetti si sente ed è) parte essenziale
dell’azienda, diversamente da quanto accade nell’ambito del capitalismo anglosassone
di marca statunitense e inglese, australiano
e canadese, dove, come è ormai acquisito
nella prassi e in letteratura, l’azionariato
delle grandi imprese è in buona sostanza
«anonimo, fortemente mobile e quasi sempre disinteressato alla gestione quotidiana
delle imprese (...), fragile e onnipotente insieme». Fragile «perché vive nella quotidiana ossessione che la proprietà dell’azienda
possa subire assalti dall’esterno», onnipotente «in quanto nei momenti di crisi della
proprietà il potere degli azionisti nei confronti dei dirigenti diviene assoluto» (Prodi). La diversità esiste anche rispetto al modello francese, di natura «bifronte», perché
mai completamente appiattito sui due precedenti modelli.
Quale ruolo ha in tali complesse realtà il
lavoro, e quale il capitale? Può esistere un
«capitalismo etico»? Al primo quesito si
deve rispondere che negli accennati modelli
tutti i fattori di produzione sono chiamati a
svolgere funzioni tra loro complementari,
compreso il lavoro. Ciò nondimeno, al lavoro non è ancora riconosciuta la natura di
actus personae, il cui valore trovi fondamento nell’uomo stesso, nel suo stesso soggetto
(Laborem exercens). Quanto al secondo quesito, è da osservare che un sistema di produzione capitalistico segnato, poniamo,
dalla spirale di un debito pubblico continuamente rinnovato per autopagarsi, dalle
inefficienze della burocrazia, dallo spreco
di risorse, dalla distorsione del risparmio
verso forme d’impiego poco produttive (o
affatto improduttive) per la comunità, costituisce una forma di inequivocabile negazione dell’etica in economia. Del pari nega
l’etica un sistema che persegua solo l’efficienza economica alla Pareto. Entrambi i
“modelli” riflettono l’antinomia già denunciata nell’Ottocento da Mill, quando contrappone il produttivismo del mercato
all’equità distributiva delle forze sociali.
D’altra parte, tale contrapposizione non
di SILVIA GUIDI
Renato Guttuso, «Vucciria» (1974)
esaurisce le opzioni della politica economica e lascia fuori, ad esempio, il percorso
che, partendo da Smith, passando attraverso gli apporti teorici della Scuola austriaca
e giungendo ad Hayek, punta al “pubblico
bene”, non per via diretta, bensì per via indiretta. Né va tralasciato che il sistema capitalistico dispone di un’intrinseca potenzialità autocorrettiva, nel senso della
schumpeteriana «distruzione creatrice», il
che significa che possiede una capacità di
trasformazione dall’interno, permanente,
continua.
Su quest’ultimo punto concordano i più
recenti orientamenti della dottrina sociale
della Chiesa, la quale, mentre riconosce la
necessità che la produzione non si sottrag-
ga all’adozione delle tecniche più convenienti, al calcolo dei costi rapportati ai ricavi, al “ragionevole” soddisfacimento della
domanda dei consumatori, perché agendo
secondo questa logica si produce reddito,
prospetta pure la necessità di tassare tale
reddito e di ridistribuirlo sotto forma di
spesa pubblica, con conseguente creazione
di nuovo reddito, di nuova occupazione.
Lo Stato, a sua volta, deve saper spendere
produttivamente, e fornire nel contempo i
beni e i servizi pubblici fondamentali.
Se il sistema capitalistico segue siffatti
canoni di efficienza produttiva, la mano
pubblica può operare secondo criteri di
equità distributiva, perché i due momenti
fanno parte di un unico processo.
«È inutile parlare di ecologia se si parte
da una mentalità scientista, veteropositivista; senza la percezione della sacralità
del creato, prevarrà comunque la logica
dell’utile. La terra non è e non sarà mai
una merce». A parlare è Giannozzo
Pucci — omonimo del trisavolo amico di
Lorenzo il Magnifico — direttore della
Libreria Editrice Fiorentina (Lef), da
sempre (fin dalla fondazione, nel 1902)
attenta alla dottrina sociale della Chiesa,
alla tutela e alla riscoperta delle tradizioni popolari, polo di attrazione di figure del calibro di Giovanni Papini, Piero Bargellini, Carlo Betocchi, Fioretta
Mazzei e Giorgio La Pira.
Nel 2004 la Lef ha dato vita alla rivista «L’ecologist italiano», redazione italiana di «The ecologist», fondata da
Edward Goldsmith nel 1970, oggi pubblicata in più lingue e con redazioni in
Inghilterra, India, Nuova Zelanda, Francia, Spagna, Brasile, Libano. L’ultimo
volume in catalogo della Lef è La Chiesa
e la terra (Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2013, pagine 256, euro 18) del
teologo domenicano irlandese Vincent
McNabb (1868-1943) amico di G. K.
Chesterton e Hilaire Belloc. Il saggio —
spiega l’editore — pubblicato originariamente nel 1925 e tradotto per la prima
volta in italiano, riempie un vuoto, una
colpevole assenza, «quasi una capitolazione al mondo da parte di un certo sedicente realismo cattolico che ha diviso
una fede privata con l’anima, le preghiere ed alcune opere di misericordia corporale da una parte ed una dimensione
pubblica che, dall’altra, ha lasciato il
mondo nelle mani degli esperti della trasformazione delle pietre in pani, susci-
Le conclusioni del convegno in Vaticano
Le sfide
dell’alimentazione
di LUCA M. POSSATI
Educazione, biotecnologie, cultura al
servizio della vita: sono questi i temi
principali su cui si sono concentrati i
partecipanti al convegno «Bread and
Brain. Education and Poverty», organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, che si conclude oggi alla
Casina Pio IV in Vaticano. Il convegno
ha tracciato un bilancio complessivo
degli effetti della povertà sullo sviluppo della mente umana, anzitutto a livello neuronale, in una prospettiva for-
temente interdisciplinare. Per questo,
sono stati chiamati a confrontarsi sociologi, neurologi, economisti, biologi
ed educatori.
Una delle maggiori sfide poste dalla
povertà nel mondo globalizzato è quella di cercare di migliorare la qualità
dell’alimentazione delle popolazioni
più in difficoltà. E questo — secondo
quanto è emerso dalle relazioni del
convegno — passa soprattutto attraverso strategie precise per implementare le
coltivazioni, fornire maggiori quantità
di micronutrienti necessari allo sviluppo, combattendo ogni genere di sfruttamento. Anche per questo, l’uso delle
tecnologie deve essere ben ponderato e
finalizzato esclusivamente a migliorare
le condizioni di vita delle popolazioni,
proteggendone gli strati più deboli.
Solo strategie di questo tipo possono
contrastare anche un fenomeno complesso come la Hidden Hunger, cioè la
fame nascosta, che è la cronica mancanza di micronutrimenti essenziali allo
sviluppo. Questa piaga colpisce oltre
due milioni di persone nel mondo. Le
conseguenze per il fisico sono devastanti, non solo sul piano dello sviluppo neuronale.
La giornata di ieri, martedì 5, è stata
dedicata ad aspetti più tecnici delle deficienze nutritive e
dello sviluppo umano.
È stata dunque affrontata la spinosa questione della sicurezza
alimentare, un concetto che presenta diverse
dimensioni: la disponibilità del cibo, la
stabilità
dell’accesso
alle risorse per tutte le
popolazioni, l’uso razionale degli alimenti
mediante diete ben
definite ed equilibrate,
le procedure necessarie per garantire livelli
adeguati di igiene. E
anche in questo delicato settore possono
giocare un ruolo importante le nuove tecnologie.
In diverse relazioni
si è poi parlato,
nell’ottica di un approccio più comprensivo al problema della sicurezza
alimentare, della sfida di una regolazione dei prezzi alimentari.
Il convegno ha inoltre richiamato
l’attenzione sulle migrazioni, anche alla
luce delle attuali emergenze, mettendo
in rilievo le diverse variabili che regolano questo complesso fenomeno. Nello
specifico, è stato posto l’accento sul
ruolo della famiglia, su come cambia il
nucleo familiare in società plasmate da
ondate migratorie su scala globale.
Questo ha permesso di tracciare alcune
linee di ricerca per capire meglio come
permettere, oggi, una maggiore integrazione a livello educativo, linguistico
e culturale.
Jean-François Millet, «Angelus» (1857-1859)
tando una legittima domanda: la fede in
un Dio che si è incarnato come può non
incarnarsi nella vita quotidiana?».
La sapienza moderna incita le persone
ad affollare le città o le loro periferie, ad
avere pochi figli, a vivere a credito. Insegna a considerare inevitabile l’industrializzazione, a ritenere contemporaneamente normale e desiderabile un’esistenza fatta di velocità, rumore, rapporti
interpersonali usa e getta. La Chiesa insegna il contrario; proclama la gioia di
vivere, di formare una famiglia numerosa, di possedere ricchezze giuste e reali e
non apparenze artificiali e illusorie, di
interessarsi ai bisogni delle persone e
non delle macchine, di pensare alla vita
oltre la vita, strada maestra per la vera
realizzazione di sé.
Questi insegnamenti, suffragati da
studi e statistiche, da un’analisi attenta
delle strutture sociali e del cuore umano,
sono alla base del movimento del Distributismo, spiegato in La Chiesa e la terra
con una prosa concisa, penetrante e provocatoria. «L’autore — continua Giannozzo Pucci — scrive poco prima della
crisi del 1929: le sue ricette morali e materiali per quella crisi sono ancora più
attuali oggi, in un’epoca in cui tutti i
nodi della bancarotta del sistema industriale e virtuale previsti da McNabb
stanno venendo al pettine». Last but not
least l’intervento di suor Helen Alford,
consultore del Pontificio Consiglio della
giustizia e della pace e preside della Facoltà di Scienze sociali all’Angelicum,
tra il pubblico intervenuto a Roma per
la presentazione del libro, che ha preso
la parola per raccontare la sua storia —
sua madre era una parrocchiana di
McNabb ed ebbe modo di conoscerlo
bene, ma comunque migliaia di persone
lo sentivano parlare ad Hyde Park, dalla
classica soap box degli oratori — e spiegare ai non specialisti le tante varianti
della “terza via” suggerita dal Distributismo, perché, citando Keynes, «non c’è
niente di più pratico che una buona
teoria» .
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 7 novembre 2013
Cinquemila persone hanno partecipato al tradizionale pellegrinaggio
Solidarietà e servizio priorità della comunità ecclesiale
Tamil e cingalesi
ai piedi della Signora di Lanka
Per l’India
e per i suoi poveri
COLOMBO, 6. Oltre cinquemila giovani cattolici, tamil e cingalesi, provenienti da ogni distretto dello Sri
Lanka, hanno partecipato nei giorni
scorsi al tradizionale pellegrinaggio
presso il santuario di Nostra Signora di Lanka. È stata «una benedizione per tutti noi giovani poter
pregare insieme ai piedi della Madonna», ha affermato all’agenzia
AsiaNews un ragazzo tamil originario del nord dello Sri Lanka, che
per la prima volta nella sua vita ha
compiuto un pellegrinaggio nel famoso santuario del Paese assieme a
coetanei di altre etnie, organizzato
dalla National Youth Federation.
Tema della giornata scelto dai promotori: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole
nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo» (Matteo, 28,
19).
La giornata, dedicata al pellegrinaggio, è iniziata con un servizio di
preghiera davanti all’antica grotta
che ospita la statua della Madonna.
I ragazzi hanno poi compiuto una
processione, camminando divisi per
diocesi e mostrando i colori “tipici”
delle loro parrocchie e manifesti dedicati alla Vergine. Durante il cammino, alcuni di loro hanno intonato
inni. Al termine della processione,
tutti insieme hanno recitato l’Ave
Maria in tamil e singalese. Dopo la
preghiera speciale, il vescovo di Jaffna, monsignor Thomas Savundaranayagam Emmanuel, ha impartito
loro la benedizione.
Dinanzi al santuario della Madonna, i ragazzi hanno letto un’intenzione: «Aiutaci Amma (Madre) a
cercare la giusta soluzione ai problemi che affrontiamo in questa fase
della nostra vita. Nostra amata Amma, sii con noi sempre e sostienici
nel rimanere saldi nell’amore di
Dio, quando affrontiamo sconfitte,
preghiamo per i nostri errori e siamo vulnerabili».
Ad AsiaNews Berni Fernando,
presidente del gruppo giovani della
parrocchia di Katana, nella diocesi
di Colombo, e Nisansala Madhushani, della diocesi di Ratnapura,
hanno raccontato di essere state
«davvero felici per aver avuto questa grande opportunità. È davvero
una benedizione per noi vedere così
tanti giovani del Nord e del Sud insieme con un unico scopo: mostrare
la nostra unità».
Il santuario di Nostra Signora di
Lanka si trova nella basilica di Tewatta, voluta dall’allora arcivescovo
di Colombo monsignor Jean-Marie
Masson. Nel 1940 il presule fece voto di costruire una basilica dedicata
alla Vergine, se all’isola fossero stati
risparmiati gli orrori della guerra.
Nel 1946 ottenne poi il permesso di
realizzare quanto promesso, dediando la chiesa a Nostra Signora di
Lanka. Papa Pio XII nel 1948 proclamò la Madre Benedetta quale protettrice dello Sri Lanka. La prima
pietra fu posta il 4 febbraio del 1951
e la statua della Madonna fu benedetta da Pio XII e portata nell’isola
nel 1952. La messa di consacrazione
del 1974 fu officiata da tutti i vescovi del Paese, guidati dal cardinale
Thomas Benjamin Cooray.
MUMBAI, 6. La Chiesa in India non
può restare muta testimone della
povertà e delle grandi contraddizioni che attraversano il Paese. Deve,
al contrario, mostrare sempre più il
suo volto caritatevole, accogliendo
l’invito di Papa Francesco per una
Chiesa che sia realmente al servizio
dei più poveri della società. È l’impegno ribadito nel corso di un simposio nazionale organizzato, in occasione della chiusura dell’Anno
della fede, per riflettere sull’applicazione, nell’India di oggi, della dottrina sociale della Chiesa, alla luce
dei documenti del concilio Vaticano
II. All’incontro hanno partecipato
vescovi, sacerdoti, religiosi e 550 delegati provenienti da 44 diocesi di
tutto il Paese. «Abbiamo riflettuto
sull’India di oggi. Il nostro è un
Paese segnato da grande progresso
economico e tecnologico, un Paese
che sta diventando sempre più omogeneo sotto l’impatto dei media e
della globalizzazione. Ma l’India ha
anche i suoi lati negativi», ha detto
il vescovo ausiliare di Bombay,
Agnelo Rufino Gracias, presidente
della Commissione per la teologia e
la dottrina della Conference of Catholic Bishops of India.
L’India è un Paese grande come
le sue contraddizioni. Da un lato c’è
un’economia in rapido sviluppo, e
dall’altro un crescente numero di
poveri del tutto ignorati. Una persona su tre è sotto la soglia di povertà, con circa 300 milioni di migranti in cerca di lavoro e di sopravvivenza. Secondo il Global Hunger
Index Report 2011-2013, un quarto
della popolazione mondiale affamata vive in India (210 milioni su 842
milioni) e il 43,5 per cento dei bam-
Dopo le violenze del 2008
In Orissa
c’è chi ancora reclama giustizia
Invito del cardinale arcivescovo di Colombo
Pastori più vicini ai fedeli
COLOMBO, 6. Pastori capaci di essere sempre più a contatto con le comunità locali e specialmente con le
persone più svantaggiate nello Sri
Lanka: questo è l’invito lanciato
dall’arcivescovo di Colombo, cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, in un recente incontro con i presbiteri dell’arcidiocesi.
Al centro del Presbyteral Meeting
2013 vi sono state una serie di riflessioni su come sviluppare nuove strategie per approfondire la fede nella
popolazione. Il cardinale ha auspicato che, in occasione del lancio
dell’Anno Mariano nell’arcidiocesi
— previsto per il 24 novembre — siano poste in programma nelle varie
comunità parrocchiali una serie di
iniziative, tra le quali anche la costruzione di nuove strutture di accoglienza per i poveri. Il porporato ha
osservato in particolare che i pastori
nel loro servizio caritativo devono
assumere un atteggiamento che sia
comunque rispettoso della dignità
delle persone. «Un importante modo nel quale possiamo renderci più
amati dalla nostra popolazione — ha
affermato il cardinale — è proprio
quello di non offendere la sensibilità dei poveri in alcun modo».
L’arcivescovo di Colombo, durante il suo intervento, ha anche suggerito una serie di misure pratiche per
migliorare l’attività spirituale e di
assistenza sociale. Il cardinale ha invitato i presbiteri «ad abbandonare
la mentalità da ufficio» e a essere
sempre più vicini ai bisogni dei fedeli con presenza più costante e attiva sul territorio. Il riferimento, fra
l’altro, è alla necessità «di visitare
personalmente e con costanza» le
famiglie all’interno della comunità
incoraggiandole «a essere più forti
nella fede». Secondo il porporato,
tra le necessità c’è quella di assicurare un’assistenza spirituale continua alle persone malate con visite
periodiche negli ospedali. Più in generale, il cardinale ha indicato come
via per rinsaldare i legami tra le comunità anche quella di organizzare
incontri periodici tra i fedeli e i reli-
giosi al fine di condividere esperienze e testimonianze.
Infine, un richiamo è anche alle
esigenze delle nuove generazioni. Il
porporato ha infatti esortato i presbiteri a prendersi cura particolare
nei confronti anche dei giovani, organizzando campi scuola estivi e altre iniziative per contribuire alla loro formazione spirituale. Come accennato, il 24 novembre verrà lanciato dall’arcidiocesi di Colombo,
l’Anno Mariano. Nei giorni scorsi
migliaia di fedeli hanno partecipato
a funzioni eucaristiche e incontri di
preghiera, con la recita del Santo
Rosario e momenti di adorazione in
diverse zone del Paese. Quest’anno
in particolare, la giornata più significativa si è celebrata il 16 ottobre
scorso quando una folla di migliaia
di persone si è riunita a Kurunegala
per la recita di uno speciale Rosario
nazionale. Nel corso della giornata
si sono tenute preghiere e canti.
Nell’omelia della messa il cardinale
Ranjith ha ricordato che «abbiamo
una mamma in terra e una Madre
celeste nei cieli che si prende cura
di noi». Il porporato ha sottolineato
anche che i cattolici si affidano
spesso alla cura amorevole di Maria,
«perché possiamo essere sicuri e
convinti che Lei ci ama».
BHUBANESWAR, 6. «I cristiani sono
scoraggiati e si sentono abbandonati dal sistema giudiziario». Dopo cinque anni dai tremendi fatti
dell’estate 2008 in Orissa — cento
morti e circa cinquantamila cristiani sfollati — due testimoni diretti
del pogrom, padre Dibakar Parichha, avvocato e portavoce dell’arcidiocesi di Cuttack-Bubhaneswar,
e padre Mrutyunjaya Digal, economo della stessa arcidiocesi, tracciano un bilancio di quanto è avvenuto dopo la campagna di persecuzione. In un’intervista rilasciata a Églises d’Asie, i due religiosi
parlano del clima d’insicurezza e
di situazioni di palese ingiustizia.
«Ci sono ancora molti autori di
violenze latitanti o che sono stati
subito rilasciati. Ci sono troppo
crimini impuniti, troppe ingiustizie». Infatti, spiega padre Digal,
su un totale di di 3.232 casi segnalati all’autorità di polizia, solo 828
sono stati ufficialmente registrati.
Di questi soltanto 327 sono stati
portati di fronte all’autorità giudiziaria, che ha eseguito solo 86
condanne. Per altro verso la magistratura ha assolto 1.597 sospetti
mentre migliaia di altre migliaia di
presunti aggressori non sono nemmeno stati contattati dalla polizia.
I cristiani, insomma, «devono riconquistare la fiducia. Non sono
accettati i loro reclami, i criminali
non vengono portati davanti alla
giustizia, e quando lo sono, essi
sono condannati solo molto raramente, mentre persone innocenti
vengono accusate ingiustamente».
Proprio nei giorni scorsi, un tribunale dell’Orissa ha prosciolto dalle
accuse 54 estremisti indù accusati
di saccheggi e violenze anticristiane compiute nel Natale 2007 nel
distretto di Kandhamal, nello Stato indiano dell’Orissa. Fra le distruzione compiute vi fu anche la
devastazione di una chiesa battista
nel villaggio di Barakhama e l’incendio di numerose case di fedeli
cristiani.
Le violenze del Natale 2007 furono un triste presagio e quasi una
«prova generale» dei massacri di
cristiani compiuti nello stesso distretto nell’agosto del 2008. Anche
per questi ultimi attacchi, la maggior parte dei colpevoli resta impunita. Durante il processo, in diversi casi, i testimoni oculari, anche sull’onda di pressioni e minacce, hanno ritrattato e sono decadute le accuse più gravi, come omicidio, stupro, incendio doloso.
Secondo il Global Council of
Indian Christians (Gcic), «le prove
nel processo dei 54 uomini erano
evidenti e incontrovertibili». Per
questo, il Consiglio ha invitato la
Commissione nazionale per i Diritti umani a «prendere atto degli
abusi su larga scala subiti dai cristiani e a intraprendere nuove indagini». Il Gcic ha rilevato «il totale fallimento nell’amministrazione della giustizia», ricordando che,
secondo ricostruzioni già accertate
all’epoca dei fatti, la violenza del
Natale 2007 era stata «perfettamente organizzata e programmata».
Nell’ottobre del 2012 anche la
Corte Suprema dell’India ha sollevato il dubbio sulle «assoluzioni
facili» nei casi di violenza religiosa
in Orissa, che hanno «guastato la
percezione di un giusto processo».
Paradossalmente, un mese fa, sette
cristiani sono stati invece condannati da un tribunale di primo grado in Orissa, per il presunto omicidio, nell’estate 2008, di un leader
indù che, secondo i cristiani, fu
ucciso da gruppi maoisti.
Proprio quell’episodio venne
usato come pretesto dagli estremisti indù per scatenare la violenza
contro i cristiani in Orissa. «Era
già molto tempo — ricorda padre
Parichha — che era in corso una
campagna di odio da parte degli
indù in Orissa. La stragrande
maggioranza dei cristiani nella regione è “tribale” o dalit, mentre gli
estremisti indù intendono continuare con le loro pratiche disumane e le discriminazioni di ogni genere al fine di mantenere il potere
su di loro. Ecco perché costantemente accusano i cristiani di “conversioni forzate”, chiedendo loro
di tornare alle loro credenze indù,
cosa che per i tribali è anche assurdo perché prima erano animisti
e non indù».
bini malnutriti sotto i 5 anni al
mondo sono indiani.
In questo contesto si è dunque
svolto il simposio della Chiesa in
India, che ha avuto lo scopo di riflettere su come poter svolgere un
ruolo profetico e di testimonianza
per la persona e il messaggio di Gesù. E su come concretamente poter
combattere la diffusa povertà e costruire una reale civiltà dell’amore.
In particolare, i partecipanti
all’incontro hanno sviluppato alcune
linee d’azione. In primo luogo, è
stato chiesto di seguire con fedeltà
l’invito di Papa Francesco che ripetutamente chiede che la Chiesa sia
«la Chiesa dei poveri». In questo
senso, l’episcopato è stato sollecitato
a rendere più efficace l’Education
Policy, per spingere le scuole cattoliche e gli altri istituti educativi della
Chiesa a essere ancora più vicini ai
poveri. I partecipanti al simposio si
sono detti poi pronti a combattere
la cosiddetta cultura del benessere,
«che ci fa pensare a noi stessi e ci
rende insensibili ai bisogni degli altri, e che conduce a una “globalizzazione dell’indifferenza”. Come
l’uomo ricco nella parabola di Gesù,
noi siamo abituati alla sofferenza di
Lazzaro. Essa non ci preoccupa».
Di qui un impegno che è chiamato
a coniugarsi con le azioni di ogni
giorno, contrastando ingiustizie e irregolarità. «Noi lotteremo contro la
corruzione in ogni modo possibile,
né pagheremo o daremo mazzette,
chiedendo una ricevuta per ogni acquisto, pagando salari giusti a quelli
che lavorano per noi. Useremo i
meccanismi e le facilitazioni disponibili, come il Right to Information
Act e il Food Security Bill (il provvedimento che prevede la distribuzione di cibo a prezzi calmierati)
per combattere la corruzione e lenire le fatiche dei poveri. Saremo coraggiosi nel denunciare tutto ciò che
è malvagio, ingiusto e sbagliato, per
annunciare davvero la Buona Novella. La cultura del silenzio ha portato alla “cultura della morte”». Infine, l’impegno ad avere «particolare
attenzione verso i deboli e gli emarginati, in particolare i dalit, unendoci alle proteste contro la violazione
dei diritti umani. Esortiamo le nostre parrocchie a essere più attente
nei loro confronti, accogliendoli nelle nostre parrocchie. Vogliamo essere persone che offrono loro speranza. Seguendo l’esempio dei primi
cristiani, che hanno condiviso generosamente con i poveri, faremo personali sacrifici, per quanto essi possano costarci, per i poveri, i dalit e i
tribali di oggi. Solo allora diventeremo davvero la Chiesa dei poveri».
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 7 novembre 2013
pagina 7
I gruppi presenti
in piazza San Pietro
All’udienza generale di mercoledì 6 novembre 2013, in piazza San Pietro,
erano presenti i seguenti gruppi:
Dall’Italia: Pellegrinaggi dalle
Diocesi: Teramo-Atri, con il Vescovo
Michele Seccia; Porto - Santa Rufina, con il Vescovo Gino Reali; Teggiano-Policastro, con il Vescovo Antonio De Luca; Patti, con il Vescovo
Ignazio Zambito. Gruppi di fedeli
dalle Parrocchie: Santa Maria Assunta, in Avio; Santa Maria Assunta,
in Crescentino; Maria Immacolata,
in Calderara di Paderno Dugnano;
Santi Apostoli Pietro e Paolo, in Gerenzano; San Martino, in Legnago;
Santa Maria Maggiore, in Sondalo;
San Giacomo, in Teglio; Santo Stefano, in Mazzo di Valtellina; San
Giorgio, in Varese; San Michele Arcangelo, in Montù Beccaria; Santi
Nazario e Celso, in Verano Brianza;
Santa Maria Assunta, in Mirabello
di Pavia; Santi Felice e Francesco
d’Assisi, in Prestino di Como; Maria
Vergine Incoronata, in Castelletto
Stura; Immacolata, in Galliate; Santa Maria della Stella, in Druento;
San Grato, in Cafasse; Assunta, in
Monasterolo; San Pietro, in Cento;
Santissima Trinità, in Dodici Morelli; San Francesco d’Assisi, in Imola;
San Martino, in Pesaro; Santa Vittoria, in Castilenti; Santa Maria Assunta, in Piteglio; San Pietro, in Luco di Mugello; San Pio X, in Chieti
Scalo; Santa Maria Maggiore, in
Città di Castello; Santo Stefano, in
Bracciano; Santa Eurosia, in Lariano; Cattedrale di Vieste; San Domenico, in Gravina di Puglia; Sacro
Cuore di Gesù, in Andria; Santa
Maria Maggiore, in Mirabello Eclano; Spirito Santo e Nostra Signora
del Santissimo Rosario di Fatima, in
Napoli; Santa Maria a Pugliano, in
Ercolano; Madonna della Neve, in
Ponticelli Sant’Eustachio, in Salerno; Maria Santissima delle tre Corone, in Sarno; Santa Maria del Carmine, in Avigliano; Santa Maria degli Angeli, in Guardavalle Marina;
San Francesco di Paola, in Corigliano Calabro; Sacro Cuore di Gesù e
Madonna di Loreto, in Cosenza;
Santissima Trinità, in Rende; Santi
Pietro e Paolo, in Pedivigliano; Santa Maria Assunta, in Scigliano; Sacro Cuore di Gesù, in Verbicaro;
Maria Madre della Chiesa, in Rossano Scalo; Santa Maria del Rosario,
in Torre Archirafi. Gruppi di fedeli
dalle Parrocchie di Vercelli, Vago di
Lavasmo, Portoferraio, Rovito, Bellinzago Novarese, Alano di Piave,
Piamborno,
Cave,
Gallignano.
Unione nazionale delle Pro Loco
d’Italia; Protezione civile gruppo
Lucano; Delegazione delle Universiadi Invernali; Rotary Club Orta
San Giulio; Lions Club, di Gioia del
Colle;
Panathlon
International;
Gruppo Carabinieri, da Vicenza;
Unione Nazionale Ufficiali in congedo, di Bari; Associazione Misasi,
di Cosenza; Associazione Dipendenti Maricorderia, di Castellammare di
Stabia; Associazione Maria Porta del
Cielo; Associazione culturale ferrovieri, di Bari; Associazione Guttuso,
di Favara; Associazione centro polivalente, di San Pietro Vernotico; Associazione dopolavoro ferroviario, di
Pescara e di Messina; Associazione
nazionale Carabinieri, di Fano; Associazione dipendenti comunali, di
Cattolica; Associazione donne rurali
del Bleggio; Associazione Filo di
Arianna, di Caserta; Associazione
Arkadia, di Arezzo; Associazione
Fratres, di Poggiardo; Associazione
Bambino Gesù Egitto, di Borghetto
Santo Spirito; Associazione Cardascia, di Rutigliano; Associazione laziale malati reumatici, di Cittaducale; Associazione Primo Levi, di Vergato; Associazione Carneo, di Concordia Sagittaria; Associazione I
bambini dell’arcobaleno, di Longa-
Lutto nell’episcopato
Monsignor Vasco Giuseppe Bertelli,
vescovo emerito di Volterra, è morto
sabato 2 novembre, a Firenze.
Il compianto presule era nato a
Pontedera, nell’arcidiocesi di Pisa, il
23 gennaio 1924 ed era stato ordinato sacerdote il 5 aprile 1947. Eletto
alla Chiesa residenziale di Volterra il
25 maggio 1985, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 29
giugno. Il 18 marzo 2000 aveva rinunciato al governo pastorale della
diocesi.
Le esequie sono state celebrate lunedì pomeriggio, 4 novembre, nella
cattedrale di Volterra.
rone; Associazione sportiva, di Pizzighettone; Associazione pensionati
agricoltori, di Ferrara; Associazione
di solidarietà sociale, di Baveno; Associazione Il Melograno; Associazione genitori in cammino, con l’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio Luigi
Negri; Associazione pellegrini Santa
Rita, di Potenza; Associazione Nazionale Forestali, di Viterbo; Gruppi
di Azione Cattolica, di Montevarchi,
Campagnola Emilia; Gruppo Acli
dalla Valle d’Aosta; Gruppi di preghiera Padre Pio, di Piazza Armerina, Lodi; Gruppo Amici del Beato
Luigi Monza, di Ostuni; Ex-allieve
Salesiane, del Piemonte; Gruppo
Maria Madre della Speranza, di
Campofelice di Roccella; Comunità
missionaria Giovanni Paolo II, di
Napoli; Gruppo Gesù-Maria, di
Messina; Gruppo Sorelle della carità, di Novara; Associazione Giovanni Paolo II, di Polignano a Mare;
Gruppo I giullari di Dio, di Torino;
Centro volontari della sofferenza, di
Salerno; Dipartimento salute mentale, di Montesarchio-Bucciano; Gruppi dell’Unitalsi, di Giulianova,
L’Aquila, Triveneto; Azienda unità
sanitaria locale Umbria 2; Gruppo
del Policlinico San Matteo, di Pavia;
Croce Rossa, di Savigliano e di Zungri; Gruppo Cisl Veneto; Azienda
Sanitaria di Cosenza; Unità Acquedottisti, di Puglia; Gruppo Bersaglieri, di Biella; Circolo Unicredit,
di Treviso; Confederazione nazionale
artigianato piccola e media impresa;
Cooperativa Oltre i sogni, di Sor-
rento; Centro Ermerino studi amministrativi, di Piazza Armerina; Centro sociale di Villanova; Gruppo
Credito cooperativo Valdarno Fiorentino; Gruppo La Boxe nel cuore;
Polisportiva Atletico Fiuggi Calcio;
Corpo musicale «Giuseppe Verdi»,
di Fognano; Gruppo Ochestra Katty, di Bergamo. Gruppi di studenti:
Liceo Leopardi, di Lecco; Istituto
Wojtyła, di Arzano; Istituto Midossi,
di Nepi; Istituto Majorana, di Avezzano; Istituto Einaudi, di Canosa di
Puglia; Istituto Giannone, di Pulsano; Istituto Don Giussani, di Ascoli
Piceno; Istituto Galilei, di Canicattì;
Scuola Pio X, di Treviso; Scuola Salotto e Fiorito, di Rivoli; Scuola
Giampaglia, di Ercolano; Scuola
materna, di Gerano. Gruppi di fedeli da Cittaducale, San Marco Argentano, Acerra, Porcari, Massafra, Verla di Giovo, Magliano de’ Marsi,
Maltignano, Montala, Livigno.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Croazia, Repubblica Ceca, Pellegrinaggio nazionale dei Rom-Zingari dall’Ungheria.
I polacchi: Ojcowie i bracia paulini
pełniący posługę duszpasterską w
Stanach Zjednoczonych Ameryki;
pielgrzymi z diecezji łowickiej; pielgrzymi z parafii: św. Jadwigi Królowej z Kielc, Miłosierdzia Bożego z
Bełchatowa, Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny z Woli Radziszowskiej; Zespół Szkół Specjalnych
nr 11 z Krakowa; pracownicy i grupa
producentów Spółdzielczej Mleczarni «Spomlek» z Radzynia Podlaskiego; pielgrzymi indywidualni.
De France: pèlerinage du diocèse
de Vannes; pèlerinage du diocèse de
Chalons en Champagne; paroisse
Sainte-Thérèse en haute vallée, d’Allonnes; paroisse de Herrlisheim; paroisse de Ciboure; pèlerinage des
Saintes-Maries-de-la Mer; groupe La
Croix glorieuse, Strasbourg; Collège
Fénelon-Sainte-Marie, de Paris.
From various Countries: Participants in the 44th International Congress of the Italian Society of Orthodontics.
From Great Britain: a group of
diocesan Vocation Directors of England and Wales participating in their
annual conference.
From England: Priests celebrating
the Diamond and Golden Jubilees
of Priestly Ordination, accompanied
by Bishop Howard Tripp. Pilgrims
from the following parishes: Sts
Ethelbert and Gertrude Parish,
Ramsgate; St Joseph, Reading.
From Ireland: Pilgrims from the
Diocese of Waterford and Lismore.
From Denmark: Pupils and staff
from: St James Catholic School,
Horsens; St Michael Catholic
School.
Prima dell’udienza generale, all’arco delle Campane, Papa Francesco
ha acceso e benedetto la fiaccola delle Universiadi che si svolgeranno
in Trentino dall’11 al 21 dicembre. A presentare la torcia al Papa è stato
il presidente della manifestazione Sergio Anesi. Tra i presenti — con il
ministro per gli Affari regionali e le Autonomie con delega allo Sport
Graziano Delrio e le autorità civili — anche l’arcivescovo di Trento
monsignor Luigi Bressan che rimarca «la vicinanza del Papa ai giovani
universitari» e la sua «attenzione per uno sport pulito». Le Universiadi trentine hanno registrato il record del numero di iscritti: oltre 3.600
tra atleti e tecnici di 61 Paesi, assistiti da 1.500 volontari locali. «Da
piazza San Pietro — spiega Anesi — ora partirà un tour internazionale,
con tappe anche nelle principali università italiane. La torcia è stata
progettata dal dipartimento di ingegneria industriale dell’università di
Trento e la sua linea richiama per forma e colore la genziana, un fiore
di montagna».
From Australia: The University of
Newcastle Chamber Choir.
From Japan: Pilgrims from St
Paul High School, Toyko.
From the United States of America:
Pilgrims from the following archdioceses: the Archdiocese of Chicago, Illinois; the Archdiocese of New
Orleans, Louisiana. Pilgrims from
the following dioceses: Fairbanks,
Alaska; Owensboro, Kentucky; Bismark, North Dakota; Permanent Diaconate Candidates, Diocese of
Fargo, North Dakota. Pilgrims from
the following parishes: Resurrection,
Escondido, California; St Frances of
Rome, Wildomar, California; St Vincent, Broward County, Florida; St
Casimir, Wells, Minnesota; St Mary,
Claremont,
New
Hampshire;
Cathedral of St Augustine, Newark,
New Jersey; St Columba, Newark,
New Jersey; Assumption of the
Blessed Virgin Mary, Providence,
Rhode Island; Our Lady of Atonement, San Antonio, Texas; San
Francesco di Paola, San Antonio,
Texas; St Joseph, Racine, Wisconsin;
St Paul Parish Choir School, Cambridge, Massachusetts; a Choir and
pilgrims from Immaculate Conception Parish and St Mark’s Parish,
diocese of Raleigh, North Carolina;
Pilgrims from the National Shrine of
Our
Lady
of
Czestochowa,
Doylestown, Pennsylvania; pilgrims
from Mercy College of Health and
Sciences, Des Moines, Iowa; a delegation from the United Jewish Appeal Federation; Pilgrims from Radio Mario, Chicago, Illinois.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Michael, Brakel; St.
Blasius, Dietmannsried; Heiligstes
Herz Jesu, Haus im Wald/Grafenau;
St. Johannes der Täufer, Hildesheim; St. Ulrich und St. Nikolaus,
Ingerkingen; St. Margaretha, Lengerich; St. Josef und St. Medardus,
Lüdenscheid; St. Peter und Paul,
Mittenwald; St. Joseph, Schwäbisch
Hall; St. Peter, Worms-Herrnsheim;
Mariä Himmelfahrt, Würding; Pilgergruppen aus dem Erzbistum
München und Freising; Bistum Rottenburg-Stuttgart; Pilgergruppen aus
Aachen; Eschbronn; Gießen; Hamburg; Heimertingen; Ingolstadt;
Karlsruhe;
Karlsruhe-Neustadt;
Köln; Münster; Neumünster; Nürburg; Ulm; Waiblingen; Evangelische Kirchengemeinde Paul Gerhardt, Hannover-Badenstedt; Leserreise der Kirchenzeitungen für die
Bistümer Fulda, Limburg und
Mainz; Bundespolizeidirektion Berlin; Leserreise Deggendorfer Zeitung; Leserreise Traunsteiner Tagblatt; Schülerinnen, Schüler und
Lehrer folgender Schulen: Berufskolleg St. Michael, Ahlen; Realschule
Maria Ward, Deggendorf.
Aus der Republik Österreich: Pilger
aus dem Erzbistum Salzburg; Pilgergruppen aus Peuerbach; Neukirchen
am Großvenediger.
Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilgergruppe aus dem Wallis.
Aus der Provinz Bozen — Republik
Italien: Pilger aus Bozen; Bruneck;
Pilgergruppe des Grand Prix der
Volksmusik.
Uit het Koninkrijk der Nederlanden:
Pelgrimsgroep uit het Bisdom Haarlem-Amsterdam; Pelgrimsgroep uit
Voerendaal.
De España: Parroquia Santa María, de Villafranca; Parroquia San
Ginés de la Jara, de Cartagena; Germandat Verge de Montserrat, de
Barcelona; Federación de centros sociales de Mayores, de Murcia; Asociación provincial Amas de casa, de
Tyrus Torrente.
De distintos Países: Fundación Líderes globales para el Fomento de
los Gobiernos Locales.
De México: grupo de San Luis Río
Colorado, Sonora; grupo de estudiantes mexicanas; grupo Jesús de
Belén, de Guadalajara.
De Panamá: grupo de niñas y
adolescentes.
De Argentina: grupo Mensajeros
de paz.
De Portugal: Amigos da Companhia de Jesus.
Do Brasil: Paróquia de Nossa Senhora do Rosário de Fátima, de São
Bernardo do Campo; Paróquia de
São Sebastião, de Bauru.
Nuovo appello della Conferenza episcopale degli Stati Uniti sul tema dei servizi abortivi inclusi nelle assicurazioni sanitarie dei lavoratori
In difesa dell’obiezione di coscienza
WASHINGTON, 6. Piani assicurativi
sanitari che non obblighino le persone a violare le loro convinzioni
morali e religiose. I vescovi cattolici
degli Stati Uniti tornano ad appellarsi alle autorità federali chiedendo
interventi per tutelare l’obiezione di
coscienza di quanti si oppongono
alla diffusione delle pratiche abortive. Il cardinale arcivescovo di Boston, Sean Patrick O’Malley, presidente del Comitato per le attività
pro-vita della Conferenza episcopale, in una lettera inviata ai membri
del Congresso, ha chiesto sostegno
per l’approvazione di un proposta
di legge con la quale si vorrebbe introdurre maggiore trasparenza nei
piani assicurativi per quanto concerne la copertura economica dei vari
servizi offerti, tra cui quelli volti a
interrompere volontariamente la
gravidanza. Si tratta, in particolare,
dell’Abortion Insurance Full Disclosure Act, che toglierebbe il “segreto”
nei piani assicurativi al fine di garantire una assoluta trasparenza in
tema di copertura dei costi per i
servizi abortivi. In base agli attuali
regolamenti sanitari, un assicuratore
può infatti evitare di specificare nei
piani proposti ai clienti, indipendentemente dalle loro convinzioni
morali o religiose, quale quota dei
premi pagati può andare al sostegno
collettivo di questi “servizi” definiti
di prevenzione e cura per la salute
delle donne.
Citando, fra l’altro, un sondaggio
del 2009, il cardinale O’Malley ha
sottolineato che la maggior parte
dei cittadini statunitensi e, in particolare la maggioranza delle donne,
non vogliono la copertura dell’aborto all’interno dei loro piani assicurativi sanitari. I cittadini, ha osservato
il porporato, «devono essere messi
in grado di compiere una scelta informata su piani sanitari per se stessi e per le loro famiglie che non violino le loro convinzioni morali e religiose».
In un precedente intervento il
cardinale O’Malley aveva ricordato
che dal 1973 il numero di aborti registratosi negli Stati Uniti ha toccato i cinquantacinque milioni: «La
portata di questa perdita di nascite
— ha sottolineato il porporato — è
sconcertante ma ancora oggi la Corte di giustizia e molti altri nella nostra società la ritengono relegata a
una questione di scelta personale».
Il cardinale O’Malley ha auspicato
che «le preghiere per difendere la
vita e la libertà religiosa, la testimo-
nianza per la dignità di ogni persona, il servizio di carità e le altre intenzioni di preghiera che richiamano l’infinito amore e la misericordia
di Dio possano animare un rinnovamento di amore e di impegno per il
vero bene a favore del prossimo».
Nella lettera inviata ai membri
del Congresso il porporato ha osser-
vato che «le persone che sono a favore della tutela della vita non solo
hanno una scelta limitata per quanto concerne l’offerta dei piani assicurativi sanitari ma la legge rende
anche quasi impossibile scoprirne i
contenuti». Pertanto, ha concluso,
ogni tipo di scelta a favore della vita resterebbe «vuota» se la legge
non ponesse le persone in grado di
essere informate in maniera trasparente e completa sui contenuti dei
piani sanitari.
La riforma del sistema sanitario
varata dall’amministrazione Obama,
prevede che i piani di assicurazione
sanitaria per i dipendenti di qualsiasi organizzazione includano dei servizi minimi obbligatori, fra i quali
sono fatti rientrare anche i servizi
abortivi, quali gli interventi chirurgici per la sterilizzazione e la prescrizione di tutti i contraccettivi presenti negli elenchi del Food and
Drug Administration, compresi farmaci che provocano l’aborto nel
corso delle prime settimane di gravidanza. Anche il cardinale arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale. Timothy
Michael Dolan, ha sottolineato in
un recente intervento che «forzare i
cittadini a scegliere tra violare la loro coscienza e rinunciare alla loro
salute è letteralmente irragionevole.
Si tratta di un attacco tanto alla
possibilità di accedere alla cure sanitarie quanto alla libertà religiosa.
Ciò rappresenta una sfida storica alla libertà religiosa».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
giovedì 7 novembre 2013
Papa Francesco durante l’udienza generale ricorda la drammatica vicenda della piccola malata di atrofia muscolare spinale
Un atto di carità per Noemi
E invita a non essere aridi, indifferenti, distaccati ma capaci di entrare nella gioia e nel dolore altrui per farli propri
Un atto di amore per Noemi. Lo ha
chiesto Papa Francesco mercoledì
mattina, 6 novembre, ai fedeli
che hanno partecipato all’udienza
generale in piazza San Pietro.
Ricordando la drammatica vicenda
della piccola colpita da una malattia
neurodegenerativa che non lascia
scampo, il Pontefice ha chiesto
di pregare per lei e di riscoprire quella
comunione «che ci rende capaci
di entrare nella gioia e nel dolore
altrui per farli nostri sinceramente».
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Mercoledì scorso ho parlato della
comunione dei santi, intesa come comunione tra le persone sante, cioè
tra noi credenti. Oggi vorrei approfondire l’altro aspetto di questa realtà. Vi ricordate che c’erano due
aspetti: uno la comunione, l’unità
fra noi e l’altro aspetto la comunione
alle cose sante, ai beni spirituali. I
due aspetti sono strettamente collegati fra loro, infatti la comunione tra
i cristiani cresce mediante la partecipazione ai beni spirituali. In particolare consideriamo: i Sacramenti, i carismi, e la carità. (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 949-953). Noi
cresciamo in unità, in comunione,
con: i Sacramenti, i carismi che ciascuno ha dallo Spirito Santo, e con
la carità.
Anzitutto la comunione ai Sacramenti. I Sacramenti esprimono e rea-
Ebrei e cattolici
accanto ai poveri
di New York
La United jewish appeal, la più
importante organizzazione
caritativa della comunità ebraica
di New York, ricalca nella sua
opera «il messaggio di fondo di
Papa Francesco a servizio dei
poveri, degli anziani e dei
giovani, in particolare quelli che
vivono il dramma della
disoccupazione». A riconoscerlo è
Mark D. Medin, vice presidente
dell’associazione ebraica che,
insieme alla Caritas arcidiocesana
newyorchese, è impegnata nel
sostegno concreto ai più poveri
della città. A conferma di questa
collaborazione ad accompagnare
la delegazione ebraica all’incontro
con il Papa c’erano anche i
rappresentanti dell’organizzazione
cattolica. «Il rapporto con la
comunità cattolica è per noi
molto importante e cerchiamo di
rendere ancora più stretta la
collaborazione» spiega John S.
Ruskay, vice presidente esecutivo
della United jewish appeal,
rimarcando la sintonia di vedute
con Papa Francesco e ricordando
anche i forti legami di amicizia
del cardinale Bergoglio con la
comunità ebraica a Buenos Aires.
Sempre dagli Stati Uniti
d’America sono arrivati «i venti
sostenitori impegnati nella
raccolta di fondi per il telescopio
vaticano in Arizona» dice il
gesuita argentino José Gabriel
Funes, direttore della Specola
Vaticana. «Venerdì — aggiunge —
conosceranno da vicino il nostro
lavoro nella sede centrale a Castel
Gandolfo. Intanto martedì hanno
visitato l’Archivio Segreto e in
particolare la Torre dei Venti,
dove è nata la Specola».
Duecento zingari ungheresi sono
venuti in pellegrinaggio portando
la croce che dieci anni fa, proprio
in piazza San Pietro, aveva
benedetto Giovanni Paolo II.
L’incontro con Papa Francesco
avviene, spiegano, in un
momento complesso per la
comunità rom magiara che vede
una forte diffusione delle sette.
Anche a nome del cardinale
Stanisław Dziwisz, Gian Franco
Svidercoschi ha presentato a Papa
Francesco il libro, appena
pubblicato, Ho vissuto con un
santo (Milano, Rizzoli, 2013,
pagine 220, euro 17). «La
testimonianza sulla santità di
Giovanni Paolo II raccontata dal
suo segretario personale — spiega
il giornalista — aiuta a capire
meglio la grande umanità e
l’intimità di un grande Pontefice
che il 27 aprile sarà canonizzato».
lizzano un’effettiva e profonda comunione tra di noi, poiché in essi
incontriamo Cristo Salvatore e, attraverso di Lui, i nostri fratelli nella
fede. I Sacramenti non sono apparenze, non sono riti, ma sono la forza di Cristo; è Gesù Cristo presente
nei Sacramenti. Quando celebriamo
l’Eucaristia è Gesù vivo, che ci raduna, ci fa comunità, ci fa adorare il
Padre. Ciascuno di noi, infatti, mediante il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, è incorporato a
Cristo e unito a tutta la comunità
dei credenti. Pertanto, se da un lato
è la Chiesa che “fa” i Sacramenti,
dall’altro sono i Sacramenti che
“fanno” la Chiesa, la edificano, generando nuovi figli, aggregandoli al
popolo santo di Dio, consolidando
la loro appartenenza.
Ogni incontro con Cristo, che nei
Sacramenti ci dona la salvezza, ci invita ad “andare” e comunicare agli
altri una salvezza che abbiamo potuto vedere, toccare, incontrare, accogliere, e che è davvero credibile perché è amore. In questo modo, i Sacramenti ci spingono ad essere missionari, e l’impegno apostolico di
portare il Vangelo in ogni ambiente,
anche in quelli più ostili, costituisce
il frutto più autentico di un’assidua
vita sacramentale, in quanto è partecipazione all’iniziativa salvifica di
Dio, che vuole donare a tutti la salvezza. La grazia dei Sacramenti alimenta in noi una fede forte e gioiosa, una fede che sa stupirsi delle
“meraviglie” di Dio e sa resistere agli
idoli del mondo. Per questo è importante fare la Comunione, è importante che i bambini siano battezzati presto, che siano cresimati, perché i Sacramenti sono la presenza di
Gesù Cristo in noi, una presenza
che ci aiuta. È importante, quando
ci sentiamo peccatori, accostarci al
sacramento della Riconciliazione.
Qualcuno potrà dire: «Ma ho paura,
perché il prete mi bastonerà». No,
non ti bastonerà il prete; tu sai chi
incontrerai nel sacramento della Riconciliazione? Incontrerai Gesù che
ti perdona! È Gesù che ti aspetta lì;
e questo è un Sacramento che fa crescere tutta la Chiesa.
Un secondo aspetto della comunione alle cose sante è quello della
comunione dei carismi. Lo Spirito
Santo dispensa ai fedeli una moltitudine di doni e di grazie spirituali;
questa ricchezza diciamo “fantasiosa” dei doni dello Spirito Santo è finalizzata alla edificazione della
Chiesa. I carismi — parola un po’
difficile — sono i regali che ci dà lo
Spirito Santo, abilità possibilità...
Regali dati non perché siano nascosti, ma per parteciparli agli altri.
Non sono dati a beneficio di chi li
riceve, ma per l’utilità del popolo di
Dio. Se un carisma, invece, un regalo di questi, serve ad affermare se
stessi, c’è da dubitare che si tratti di
un autentico carisma o che sia fedelmente vissuto. I carismi sono grazie
particolari, date ad alcuni per fare
del bene a tanti altri. Sono delle attitudini, delle ispirazioni e delle
spinte interiori, che nascono nella
coscienza e nell’esperienza di determinate persone, le quali sono chiamate a metterle al servizio della comunità. In particolare, questi doni
spirituali vanno a vantaggio della
santità della Chiesa e della sua missione. Tutti siamo chiamati a rispettarli in noi e negli altri, ad accoglierli come stimoli utili per una presenza e un’opera feconda della Chiesa.
San Paolo ammoniva: «Non spegnete lo Spirito» (1 Ts 5, 19). Non spegniamo lo Spirito che ci dà questi
regali, queste abilità, queste virtù
tanto belle che fanno crescere la
Chiesa.
Qual è il nostro atteggiamento di
fronte a questi doni dello Spirito
Santo? Siamo consapevoli che lo
Spirito di Dio è libero di darli a chi
vuole? Li consideriamo come un aiuto spirituale, attraverso il quale il Signore sostiene la nostra fede e rafforza la nostra missione nel mondo?
E veniamo al terzo aspetto della
comunione alle cose sante, cioè la
comunione della carità, la unità fra
noi che fa la carità, l’amore. I pagani, osservando i primi cristiani, dicevano: ma come si amano, come si
vogliono bene! Non si odiano, non
sparlano uno contro l’altro. Questa è
la carità, l’amore di Dio che lo Spirito Santo ci mette nel cuore. I carismi sono importanti nella vita della
comunità cristiana, ma sono sempre
dei mezzi per crescere nella carità,
nell’amore, che san Paolo colloca al
di sopra dei carismi (cfr. 1 Cor 13, 113). Senza l’amore, infatti, anche i
doni più straordinari sono vani; questo uomo guarisce la gente, ha questa qualità, quest’altra virtù... ma ha
amore e carità nel suo cuore? Se ce
l’ha bene, ma se non ce l’ha non serve alla Chiesa. Senza l’amore tutti
questi doni e carismi non servono alla Chiesa, perché dove non c’è
l’amore c’è un vuoto che viene riempito dall’egoismo. E mi domando: se
tutti noi siamo egoisti, possiamo vivere in comunione e in pace? Non si
può, per questo è necessario l’amore
che ci unisce. Il più piccolo dei nostri gesti d’amore ha effetti buoni
per tutti! Pertanto, vivere l’unità nella Chiesa e la comunione della carità
significa non cercare il proprio interesse, ma condividere le sofferenze e
le gioie dei fratelli (cfr. 1 Cor 12, 26),
pronti a portare i pesi di quelli più
deboli e poveri. Questa solidarietà
fraterna non è una figura retorica,
un modo di dire, ma è parte integrante della comunione tra i cristiani. Se la viviamo, noi siamo nel
mondo segno, “sacramento” dell’amore di Dio. Lo siamo gli uni per
gli altri e lo siamo per tutti! Non si
tratta solo di quella carità spicciola
che ci possiamo offrire a vicenda, si
tratta di qualcosa di più profondo: è
una comunione che ci rende capaci
di entrare nella gioia e nel dolore altrui per farli nostri sinceramente.
E spesso siamo troppo aridi, indifferenti, distaccati e invece di trasmettere fraternità, trasmettiamo malumore, freddezza, egoismo. E con
malumore, freddezza, egoismo non
si può far crescere la Chiesa; la
Chiesa cresce soltanto con l’amore
che viene dallo Spirito Santo. Il Signore ci invita ad aprirci alla comunione con Lui, nei Sacramenti, nei
carismi e nella carità, per vivere in
maniera degna della nostra vocazione cristiana!
E adesso mi permetto di chiedervi
un atto di carità: state tranquilli che
non si farà la raccolta! Prima di venire in piazza sono andato a trovare
una bambina di un anno e mezzo
con una malattia gravissima. Suo papà e sua mamma pregano, e chiedono al Signore la salute di questa bella bambina. Si chiama Noemi. Sorrideva poveretta! Facciamo un atto di
amore. Noi non la conosciamo, ma è
una bambina battezzata, è una di
noi, è una cristiana. Facciamo un atto di amore per lei e in silenzio chiediamo che il Signore la aiuti in questo momento e le dia la salute. In silenzio un attimo, e poi pregheremo
l’Ave Maria. E adesso tutti insieme
preghiamo la Madonna per la salute
di Noemi. Ave Maria... Grazie per
questo atto di carità.
Per una solidarietà senza confini
Cari pellegrini di lingua francese, vi
accolgo con gioia! Saluto in particolare i fedeli della diocesi di Vannes e
di Chalons in Champagne, come
pure il collegio Fénelon-Saint Marie,
di Parigi. Nella vostra vita quotidiana, amate i Sacramenti, ponete i vostri talenti a servizio della Chiesa e
abbiate una carità senza frontiere.
Buon soggiorno nella Città eterna e,
visitando i luoghi sacri, non dimenticatevi di ringraziare il Signore e di
pregarlo.
Saluto tutti i pellegrini di lingua
inglese presenti a questa Udienza,
specialmente quelli provenienti da
Inghilterra e Galles, Irlanda, Danimarca, Australia, Giappone e Stati
Uniti. In modo particolare saluto i
sacerdoti inglesi che celebrano gli
anniversari di ordinazione. Ringrazio i cori per la loro lode a Dio attraverso il canto. Su tutti voi e sulle
vostre famiglie invoco la gioia e la
pace del Signore!
Saluto di cuore i pellegrini di lingua tedesca, in particolare gli studenti della Realschule Maria Ward di
Deggendorf nonché quelli del Berufskolleg Sankt Michael di Ahlen. Un
cordiale benvenuto anche ai cantanti
e musicisti provenienti dal Sud Tirolo. Tutti noi siamo invitati ad aprirci
alla comunione con Gesù nei Sacramenti, nei carismi e nella carità per
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa negli Stati Uniti d’America, in Brasile e in Paraguay.
Salvatore Ronald Matano
vescovo di Rochester
(Stati Uniti d’America)
Auspicio del Pontefice nei saluti ai pellegrini in piazza San Pietro
«Abbiate una carità senza frontiere».
È l’invito rivolto dal Papa ai fedeli
di lingua francese durante i saluti
che, come di consueto, ha riservato
ai diversi gruppi di pellegrini presenti
in piazza San Pietro.
Nomine
episcopali
vivere veramente la nostra vocazione
cristiana.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de
España, México, Panamá, Argentina
y los demás países latinoamericanos.
Que María Santísima haga de todos
nosotros discípulos misioneros, que
dan gratis las gracias recibidas. Muchas gracias.
Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese, in particolare al gruppo ignaziano del Portogallo e ai fedeli brasiliani di Bauru
e di São Bernardo do Campo. Nel
ringraziarvi per la presenza, vi inco-
raggio a proseguire la vostra fedele
testimonianza cristiana nella società.
Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo per crescere ricolmi dei suoi frutti. Volentieri benedico voi e i vostri
cari!
Sia lodato Gesù Cristo. Saluto
cordialmente i polacchi. In novembre ci ricordiamo in modo particolare dei defunti. Attraverso le visite ai
cimiteri, le preghiere, l’Eucaristia, le
indulgenze portiamo l’aiuto a quanti
sono in attesa della divina Misericordia, per essere accolti nella schiera
degli eletti in cielo. Affidiamoli alla
intercessione di Colei che è chiamata
“Regina di tutti i Santi”. Vi benedico con affetto.
Saluto cordialmente i partecipanti
al pellegrinaggio nazionale dei RomZingari ungheresi: Isten éltessen. Avete portato qui con voi la croce che
dieci anni fa fu benedetta in questa
Piazza dal Beato Giovanni Paolo II.
Dalla croce di Cristo, segno di amore, di misericordia e di riconciliazione, continuate ad attingere la speranza e la forza necessarie per essere
apostoli fra la vostra gente. Benedico di cuore voi e tutti i vostri cari!
Rivolgo un cordiale benvenuto ai
pellegrini di lingua italiana: alle famiglie, alle parrocchie, ai gruppi e
alle associazioni. In particolare, saluto i fedeli delle diocesi di TeramoAtri, Porto - Santa Rufina, Teggiano-Policastro e Patti, accompagnati
dai loro Vescovi, ed auspico che
questo pellegrinaggio porti frutti
spirituali e pastorali a beneficio delle
rispettive Comunità diocesane. Saluto l’associazione “Genitori in cammino”, con l’Arcivescovo di FerraraComacchio; l’Unione nazionale delle
Pro Loco e il gruppo di Protezione
Civile Lucano, invocando su ciascuno la continua assistenza divina.
Saluto infine i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Il mese di novembre, dedicato alla memoria e alla
preghiera per i defunti, ci offre l’opportunità di considerare più in profondità il significato dell’esistenza
terrena e il valore della vita eterna.
Questi giorni siano per tutti uno stimolo a comprendere che la vita ha
valore se spesa per amare Dio ed il
prossimo.
Nato il 15 settembre 1946 a
Providence, Rhode Island, nel
1964 è entrato nel seminario Our
Lady of Providence. Alunno del
Pontificio Collegio Americano del
Nord, ha proseguito gli studi alla
Pontificia Università Gregoriana
a Roma (1967-1972), conseguendovi anche il dottorato in diritto
canonico (1983). Ordinato sacerdote per la diocesi di Providence
il 17 dicembre 1971 nella basilica
vaticana, ha insegnato nella scuola Our Lady of Providence seminary (1972-1977) ed è stato viceparroco di Our Lady of Grace a
Johnston (1972-1973). È stato direttore dell’ufficio del personale
per i sacerdoti (1977-1980) e assistente cancelliere della diocesi
(1978). Dopo il dottorato, è stato
vicario per l’amministrazione e
co-cancelliere della sua diocesi
(1983-1991). Ha lavorato presso la
nunziatura apostolica di Washington (1991-1992) e poi è divenuto vicario generale e moderatore della curia di Providence (19921997). È stato parroco di Saint
Sebastian e contemporaneamente
professore presso il Providence
college of the dominican fathers
(1997-2000). Tornato al servizio
della nunziatura (2000-2005), il 3
marzo 2005 è stato nominato coadiutore di Burlington e ha ricevuto l’ordinazione il successivo 19
aprile. Ha assunto in pieno il governo pastorale della diocesi il 9
novembre dello stesso anno. Nella Conferenza episcopale è membro del Committee on Doctrine.
Ailton Menegussi
vescovo di Crateús
(Brasile)
Nato a Nova Venécia, diocesi
di São Mateus, il 5 novembre
1962, ha frequentato l’Istituto di
filosofia e teologia dell’arcidiocesi
di Vitória, e ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 22 novembre
1998. Ha conseguito anche l’habilitação para o magistério presso
l’Escola de formadores, a Florianópolis. Nella sua diocesi è stato
vicario parrocchiale di São José
ad Águia Branca e di Nossa Senhora Aparecida a Montanha,
(1998-2000); vicario parrocchiale
a São Mateus (2000-2003); rettore
del seminario minore e propedeutico João XXIII (2000-2003); rettore del seminario maggiore (20032012) e nel contempo padre spirituale nel seminario maggiore della diocesi di Colatina a Serra;
coordinatore dell’equipe diocesana vocazionale di São Mateus
(2003-2012); membro del consiglio di formazione della stessa
diocesi (2007-2012). Attualmente
lavorava come parroco di São
Francisco de Assis” a Barra de
São Francisco.
Pierre Jubinville, vescovo
di San Pedro (Paraguay)
Nato a Ottawa, in Canada, il 5
agosto 1960, ha compiuto gli studi secondari presso il Collegio
Saint-Alexandre della Congregazione dello Spirito Santo in Hull.
Entrato nel 1979 nel pre-noviziato
degli spiritani in Québec, ha svolto il noviziato in Farnham. Nel
1984 ha conseguito il baccellierato
in teologia presso l’università di
Montreal. Dal 1984 al 1987 ha
svolto una esperienza missionaria
nella Repubblica Democratica del
Congo. Dal 1987 al 1988 ha frequentato l’Istituto di formazione
umana integrale a Montreal. Il 17
settembre 1988 è stato ordinato
presbitero. Nel 1990 ha ottenuto
la licenza in scienze religiose
all’Institut catholique de Paris.
Missionario in Messico, dove ha
collaborato nella diocesi di San
Luis Potosí (1990-1991), si è poi
trasferito in Paraguay come collaboratore parrocchiale (1991-1996)
e poi parroco (1996-1999) nella
diocesi di San Pedro. Divenuto
formatore dell’aspirantato e postulantato spiritano presso Fernando de la Mora, Asunción
(1999-2010), e poi superiore della
comunità spiritana in Asunción
(2010-2012), attualmente era primo assistente generale della sua
congregazione a Roma.