l`osservatore romano
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLIII n. 255 (46.499) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano giovedì 7 novembre 2013 . Papa Francesco durante l’udienza generale ricorda la drammatica vicenda della piccola malata di atrofia muscolare spinale Visita di Kerry in Vicino Oriente Un atto di carità per Noemi Washington cerca l’intesa tra israeliani e palestinesi E invita a non essere aridi e indifferenti ma piuttosto capaci di entrare nel dolore altrui per farlo proprio y(7HA3J1*QSSKKM( +@!#!#!z!/! di MARIO PONZI Qualcuno ha pianto questa mattina in piazza San Pietro. Ha pianto mentre il silenzio surreale che si è impadronito della piazza si trasformava in preghiera. Una preghiera chiesta da Papa Francesco per una bambina che sta per rientrare in cielo. «Si chiama Noemi» ha informato il Papa. «Questa mattina sono andato a trovarla» e lei «sorrideva poveretta!». «Facciamo un atto d’amore per lei» anche «se non la conosciamo» perché lei «è una di noi». Noemi, mentre la gente pregava per lei, stava già rientrando nella sua cittadina natale in provincia di Chieti. È lì che da sedici mesi, cioè da quando è nata, attende che la malattia genetica che l’ha colpita — l’atrofia muscolare spinale (Sma) — concluda inesorabilmente il suo itinerario. Accanto a lei solo l’amore di papà Andrea e di mamma Tahereh. E dal 14 ottobre di quest’anno, da quando cioè il cellulare di Andrea Sciarretta squillò annunciandone la telefonata, ai piedi del suo lettino di dolore c’è anche l’amore di Papa Francesco. Non li ha più lasciati soli. Ha chiesto all’arcivescovo Krajewski, il suo elemosiniere, di seguirli da vicino. Da allora i contatti sono stati frequenti. L’ultima volta che monsignor Krajewski è stato a trovarli in Abruzzo era il giorno di Tutti i santi. Il Papa aveva voluto che portasse personalmente il suo augurio e che pregasse con loro come se fosse lui stesso a farlo. Poi ieri mattina una telefonata angosciosa al cellulare dell’elemosiniere: «Padre, sono Andrea. Non c’è più tempo. Noemi sta morendo...». «Vieni, vieni subito. Il Papa vi accoglierà sicuramente». Il tempo di organizzarsi e questa mattina presto, il viaggio verso Roma. Alle 9 Papa Francesco stringeva a sé Noemi. L’ha accarezzata teneramente, l’ha baciata commosso, l’ha benedetta gioioso della stessa gioia che straordinariamente illuminava il volto di Noemi. Certo non sa cosa le capita, soprattutto non sa perché proprio a lei; ma nei suoi occhi si intravede quella luce che, come ha scritto il padre nella lettera inviata al Papa nei primi giorni di ottobre, trasmette in chi la guarda «coraggio e forza di vivere». La storia di Noemi è divenuta di dominio pubblico qualche mese fa, quando in Italia è esplosa la polemica intorno alla cosiddetta “cura stamina”, un protocollo terapeutico che prevede l’uso di staminali per bloccare malattie neurodegenerative come appunto l’atrofia muscolare spinale da cui è affetta Noemi, la sclerosi laterale amiotrofica e altre ancora. Noemi è nata il 31 maggio 2012. A ottobre le viene diagnosticata la Sma. È una condanna a morte. Le restano solo pochi mesi. Inizia il suo lungo calvario con i genitori che sentono crescere l’amore per la loro bambina al pari dello sconforto per una manifesta impotenza. Sentono parlare della cura stamina e dei progressi di un’altra bimba nelle stesse condizioni di Noemi. Chiedono, come da prassi quando si tratta di cure staminali, autorizzazione al giudice. Che viene negata. Fanno ricorso ma nel frattempo Noemi peggiora. Viene ricoverata a Bologna per una grave polmonite. Rischia la vita. E proprio in quei giorni giunge il no definitivo. Cominciano a perdere ogni speranza. Si uniscono ai tanti malati che decidono di manifestare accampandosi a Roma in piazza Montecitorio. Certo non possono restare così tanto come fanno gli altri. Ma restano solidali anche quando muore il primo di quelli che erano scesi in piazza per reclamare il diritto a tentare tutte le strade possibili per ridare vita alla speranza. Qualcosa nasce in Andrea quando sente dalla televisione «un santo uomo — scriverà poi nella lettera al Papa — invitare tutti a non farsi rubare la speranza». Abbandonati da un mondo del tutto indifferente alla sofferenza altrui Andrea decide di scrivere al Santo Padre. Una lettera piena d’amore, dirà poi Papa Francesco al telefono con l’uomo. «Padre ci appelliamo a lei. La prego non ci abbandoni, non abbandoni Noemi. Uno Stato non può decidere se dobbiamo vivere o morire. Ve lo chiedo con umiltà, carità e amore». Papa Francesco non li ha abbandonati. Ha chiamato il papà di Noemi e dopo averlo rassicurato della sua vicinanza «mi ha chiesto — ha raccontato Andrea — cosa mai avrebbe potuto fare. Gli ho fatto capire che siamo invisibili per tutti. Gli ho chiesto di farsi presente anche con gli altri che condividono le mie stesse sofferenze». La preghiera di questa mattina in piazza San Pietro è stata la prima risposta di Papa Francesco. Ma se ha assicurato ad Andrea che continuerà a seguire la loro vicenda c’è da ritenere che lo farà sicuramente. Intanto monsignor Krajewski è pronto a recarsi tra i manifestanti in piazza Montecitorio, accompagnato dal medico personale del Papa, per esprimere la vicinanza del Pontefice stesso il quale «intende condividere con quei malati — ci ha detto l’elemosiniere — ogni istante della loro sofferenza e il suo stesso medico se mai fosse necessario». LA CATECHESI E I SALUTI A PAGINA 8 L’inviato dell’Onu e della Lega araba annuncia un nuovo rinvio senza fissare date Rimandata la conferenza internazionale sulla Siria GINEVRA, 6. Slitta ancora la Conferenza internazionale di pace sulla Siria, la cosiddetta Ginevra 2. Ieri è stata cancellata la data del 23 e 24 novembre, indicata da più parti nelle ultime settimane. L’annuncio è venuto nella stessa Ginevra, dove l’inviato per la Siria dell’Onu e della Lega araba, Lakhdar Brahimi, ha incontrato i vice ministri degli Esteri russi, Mikhail Bogdanov e Gennady Gatilov, e il vice segretario di Stato americano, Wendy Sherman. La riunione serviva appunto a valutare se c’erano le condizioni per confermare la conferenza. L’esito, peraltro, era ormai previsto da molti osservatori. Lo stesso Brahimi aveva detto che senza un’opposizione siriana credibile al tavolo delle trattative la conferenza non avrebbe senso. Come noto, gli oppositori del presidente Bashar Al Assad sono frammentati in gruppi che ormai si combattono tra loro, oltre a fronteggiare le forze governative. Damasco aveva ribadito disponibilità a partecipare alla conferenza senza limiti o condizioni, ma ritiene irricevibile quella dell’abbandono del potere da parte di Assad, posta dalla Coalizione nazionale siriana, principale interlocutrice di alcuni Paesi stranieri. Poche ore prima dell’avvio dei colloqui di Brahimi a Ginevra, lo aveva ribadito chiaramente il ministro siriano dell’Informazione, Omran Al Zohbi, contestando affermazioni in questo senso del suo omologo saudita Saud Al Faysal, dopo che anche il segretario di Stato americano, John Kerry, aveva confermato che un mutamento di Governo a Damasco resta un obiettivo degli Stati Uniti. Ahmad Jarba, presidente della Coalizione nazionale siriana, ha anche chiesto di escludere dalla conferenza l’Iran, principale alleato di Damasco nella regione. Il coinvolgimento di Teheran è invece ritenuto necessario dalla Russia e dall’Onu, promotrici della conferenza insieme con gli Stati Uniti. Per il momento, comunque, è stata annullata solo la data, senza peraltro fissarne altre, ma lo stesso Brahimi ha detto che si spera ancora di poter tenere la conferenza entro l’anno. L’inviato dell’Onu e della Lega araba ha specificato che incontrerà di nuovo i rappresentanti russi e statunitensi il 25 novembre, dopo i colloqui tra i gruppi dell’opposizione siriana in programma il 9 e il 22 novembre, «nella speranza di poter formare una delegazione» che rappresenti l’opposizione in modo appunto credibile. Nel frattempo, le violenze non si fermano. Oggi l’esplosione di una bomba a Damasco ha provocato non meno di otto morti. TEL AVIV, 6. Rilanciare il negoziato fortemente protestato, ieri, contro tra israeliani e palestinesi per rag- la demolizione di un edificio di giungere in tempi brevi un accordo proprietà del Patriarcato, nel quale di massima su tutti i punti del con- abitava una famiglia palestinese. tenzioso: con questo obiettivo è «Questo atto è contro la legge, la giunto oggi a Gerusalemme il se- giustizia e l’umanità, contro ogni gretario di Stato americano, John idea di pace da costruire» ha diKerry, impegnato in una missione chiarato il Patriarca Twal, che si è in Vicino Oriente. Di certo, Kerry, recato di persona sul luogo della che incontra i vertici del Governo demolizione. Le autorità locali disposto l’abbattimento israeliano e dell’Autorità palestine- hanno se (Ap), non troverà una situazione facile. I palestinesi hanno espresso ieri scetticismo sulla possibilità di raggiungere un accordo in tempi brevi, soprattutto dopo l’annuncio israeliano di oltre mille nuove abitazioni a Gerusalemme est. «L’equazione rilascio dei prigionieri-costruzioni farà esplodere la situazione» ha dichiarato da Ramallah il presidente dell’Ap, Abu Mazen. Abeb Rabbo, segretario del Comitato esecutivo dell’Olp (l’O rganizzazione per la liberazione della Palestina), ha spiegato che «c’è una parte disposta a negoziare, e quella siamo noi, mentre l’altra parte non propone nulla che sia in linea con la legge e la legittimità internazionale». E agli americani Kerry e Netanyahu a colloquio (Ansa) ha spiegato che serve più tempo perché le trattative «non sono ancora seriamente ini- dell’edificio affermando che queziate». st’ultimo era stato costruito senza Dura la reazione israeliana. Il permesso. In una lettera di protepremier Netanyahu ha detto chia- sta, Twal ha sottolineato che la ramente che il suo Governo «non proprietà era legale e che il Patriaraccetterà nessun diktat esterno». I cato non aveva ricevuto alcuna copalestinesi — ha aggiunto — stanno municazione da parte delle autorità tentando di creare «crisi artificiali». israeliane. Netanyahu ha comunque auspicato che la visita di Kerry possa riportare i palestinesi in una posizione «da cui raggiungere la storica pace che stiamo cercando». Secondo la stampa, l’Amministrazione Obama avrebbe intenzione di presentare a gennaio il proprio piano per uno schema di acIl Santo Padre ha ricevuto cordo su base permanente tra israequesta mattina in udienza, liani e palestinesi. Kerry avrebbe nella saletta dell’Aula Paolo già informato Netanyahu nel recenVI, il Signor Henrique Caprite incontro tra i due svoltosi a Roles Radonski, Governatore ma. Il piano statunitense includerà dello Stato di Miranda (Vetutte le principali questioni attualmente sul tavolo (dai confini ai nezuela). profughi, dagli insediamenti allo status di Gerusalemme), si baserà Il Santo Padre ha nominasulle linee del 1967 e comprenderà to Nunzio Apostolico in un calendario graduale per la sua Guinea Sua Eccellenza Reveattuazione. L’accordo dovrebbe avere anche un’apertura regionale rendissima Monsignor Santo sulla base della proposta della LeGangemi, Arcivescovo titolaga Araba, che prevede il riconoscire di Umbriatico, già Nunzio mento di Israele da parte dei Paesi Apostolico in Papua Nuova arabi in cambio della nascita di Guinea e nelle Isole Salouno Stato palestinese. mone. Intanto, il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Fouad Twal, ha NOSTRE INFORMAZIONI Provviste di Chiese Madrid rafforzerà le barriere dopo l’assalto di duecento immigrati I muri di Melilla MADRID, 6. Per cercare di contrastare i frequenti tentativi di migranti irregolari di oltrepassare il confine a Melilla, una delle due enclavi spagnole in Marocco, il Governo di Madrid ha preso la decisione di rafforzare le barriere al confine. Le recinzioni saranno rinforzate, su sei dei nove chilometri totali, anche dal filo spinato. L’installazione di tali elementi è già cominciata e finirà entro fine mese, come ha confermato Abdelmalik El Barkani, delegato del Governo spagnolo sulle questioni migratorie. L’ultimo episodio di violenza a Melilla è stato registrato ieri: una persona è morta e altre quattro sono rimaste ferite durante l’assalto di duecento immigrati subsahariani, che cercavano di superare la recinzione al confine nel disperato tenta- tivo di entrare in Europa. La vittima — dicono le ultime ricostruzioni fornite dalle autorità — è caduta in territorio marocchino da un’altezza di sei metri. Un centinaio di immigrati è riuscito a entrare in territorio spagnolo. Al momento, sono ancora in corso accertamenti sulla nazionalità di ciascun immigrato per procedere — in base a quanto riferito dalle autorità spagnole — alla loro espulsione. Gli immigrati, comunque, resteranno per i prossimi giorni nei locali del centro di accoglienza per i profughi a Melilla. Altri immigrati sono stati bloccati dalle forze di sicurezza marocchine. La polizia spagnola ha riferito ieri che negli scontri non vi sono stati feriti tra i suoi agenti. Fede e cultura nell’Oriente siriaco dal II al IX In data 6 novembre, il Santo Padre ha nominato Vescovo di Rochester (Stati Uniti d’America) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Salvatore Ronald Matano, finora Vescovo di Burlington. secolo Come il Vangelo arrivò nella terra di Agbar In data 6 novembre, il Santo Padre ha nominato Vescovo di Crateús (Brasile) il Reverendo Ailton Menegussi, del clero della Diocesi di São Mateus e Parroco della Parrocchia «São Francisco de Assis» a Barra de São Francisco nella medesima Diocesi. «Annunciazione della Madre di Dio» (evangeliario siriaco del XIII secolo, Tur Abdin, Turchia) SABINO CHIALÀ A PAGINA 4 In data 6 novembre, il Santo Padre ha nominato Vescovo di San Pedro (Paraguay) il Reverendo Padre Pierre Jubinville, C.S.Sp., Primo Assistente Generale del medesimo Istituto religioso. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 7 novembre 2013 Aperto il capitolo sulla politica regionale Braccio di ferro sulle misure di austerità I negoziati per l’adesione della Turchia all’Ue ripresi dopo tre anni Gli scioperi in Grecia non finiscono mai BRUXELLES, 6. Dopo oltre tre anni di sospensione, sono ripresi ieri a Bruxelles i negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione europea. Le trattative non saranno brevi e richiederanno lunghi anni. Come anticipato nei giorni scorsi, dopo l’ultimo rapporto della Commissione europea, che raccomandava la ripresa del dialogo, i rappresentanti di Bruxelles e la delegazione di Ankara hanno aperto il capitolo 22, quello relativo alla politica regionale, che spiana la strada anche alla firma dell’accordo di riammissione fra Ue e Turchia, un’intesa chiave sul delicato fronte dell’immigrazione irregolare in Europa. L’inizio dei colloqui sul capitolo 22 era previsto per l’estate, ma era stato poi rinviato dopo il violento intervento della polizia per allontanare i giovani che protestavano a Istanbul davanti al Gezi Park. D all’avvio dei negoziati di adesione con la Turchia, il 3 ottobre del 2005, sono stati aperti 14 su 35 capitoli negoziali, ma solo uno è stato chiuso. La ripresa dei colloqui costituisce «un momento di svolta, simbolicamente molto importante» ha sottolineato il ministro turco per gli Affari europei, Egemen Bağiş. «Siamo convinti che sia nell’interesse di entrambe le parti che i negoziati riprendano slancio» ha ribadito il mi- Il ministro turco per gli Affari europei, Egemen Bağış (Afp) nistro degli Esteri lituano, Linas Linkevičius, a nome della presidenza di turno dell’Ue, dopo che il Consiglio aveva dato luce verde al riavvio dei negoziati con Ankara lo scorso 22 ottobre. Anche il ministero degli Esteri di Ankara è intervenuto, chiedendo in una nota ufficiale di rimuovere tutte le motivazioni politiche che ancora ostacolano l’ingresso della Turchia nell’Ue. Guerra del cioccolato fra Kiev e Mosca KIEV, 6. La “guerra del cioccolato” tra Mosca e Kiev rischia di far perdere il lavoro a centinaia di ucraini. Lo scrive il quotidiano «Kommersant-Ukraina» citando il sindacato del settore agroalimentare. La decisione della Russia di bloccare a fine luglio le importazioni dei prodotti della Roshen — una grande azienda che produce cioccolata e merendine di proprietà dell’ex ministro Petro Poroshenko — potrebbe causare alla compagnia danni per 200 milioni di dollari e, dopo più di tre mesi, iniziano a diffondersi le prime voci di licenziamenti. Nonostante in un’intervista a «Forbes» la scorsa settimana il “re del cioccolato” Poroshenko abbia smentito che qualcuno perderà il lavoro, il capo del sindacato del settore agroalimentare nella regione di Donetsk, Iana Litvin, ha detto che entro la fine dell’anno l’azienda prevede di congedare 140 impiegati nella fabbrica di Mariupol e circa 400 in quella di Vinnitsia. Ma secondo la leader sindacale, sono più di mille i lavoratori dell’azienda che rischiano di dover rimanere a casa. La “guerra del cioccolato” tra Russia e Ucraina è vista da alcuni osservatori come un tentativo da parte di Mosca di scoraggiare Kiev a firmare un accordo di associazione e libero scambio con l’Unione europea a fine novembre. Il servizio federale russo a tutela della salute dei consumatori (Rospotrebnadzor) ha ispezionato le tre fabbriche ucraine dell’impresa alimentare pochi giorni fa e ha confermato che la qualità della produzione non è sufficiente a consentire l’esportazione in Russia. Il Governo ucraino ha risposto immediatamente accusando Mosca di diffondere «informazioni false». In questo clima di tensione con Mosca, in cui rientrano anche i mancati pagamenti della società energetica statale ucraina Naftogaz alla russa Gazprom, l’Ucraina ha firmato ieri un accordo con il gruppo statunitense Chevron per l’esplorazione e lo sviluppo dello shale gas nell’ovest del Paese. Ad annunciarlo è stato il ministro dell’Energia ucraino, Eduard Stavytsky. Chevron investirà 350 milioni di dollari nell’esplorazione del giacimento Olesska. Kiev punta su una produzione intorno ai 10 miliardi di metri cubi l’anno. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt 00120 Città del Vaticano [email protected] http://www.osservatoreromano.va Sono passati 40 mesi di stop nelle trattative. «Spero che non aspetteremo un altro periodo così lungo prima di fare nuovi passi avanti» ha invece dichiarato il commissario europeo all’Allargamento, Štefan Füle, auspicando «che l’Unione europea riesca presto a dare il suo via libera anche alla discussione dei capitoli (23 e 24) su diritti e libertà fondamentali e giustizia, gli stessi tanto evocati dai manifestanti di Gezi Park. Ma i tempi per fare avanzare capitoli delicati come quello dei diritti umani non sembrano ancora maturi: a ostacolare la decisione rimane ancora la questione di Cipro e anche Ankara, ha ricordato Füle, «deve fare ulteriori sforzi», in particolare aprire porti e aeroporti ai greco-ciprioti. In compenso, la ripresa dei negoziati di adesione darà un’iniezione di fiducia ad altri colloqui fra Bruxelles e il Governo di Ankara. «Siamo vicini alla firma dell’accordo di riammissione e al lancio del dialogo sui visti» ha infatti annunciato Bağiş. L’accordo, già siglato a giugno dell’anno scorso, prevede che sia gli immigrati irregolari di cittadinanza turca sia quelli provenienti da Paesi terzi ed entrati illegalmente nell’Unione europea attraverso la frontiera turca vengano riaccettati da Ankara nel suo territorio, qualora vengano espulsi dall’Ue. In cambio, la Turchia ottiene il tanto richiesto avvio del dialogo sui visti, cioè la possibilità di facilitare l’accesso dei cittadini turchi nell’area di Schengen per periodi limitati, come già avvenuto per i vicini di Albania, Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia. ATENE, 6. La Grecia, ancora una volta, ostaggio degli scioperi. Oggi, per ventiquattro ore, il Paese resta paralizzato a causa dello sciopero indetto dai due maggiori sindacati, Adedy e Gsee, che raggruppano rispettivamente i dipendenti del settore pubblico e di quello privato. L’iniziativa intende essere una forma di protesta contro la politica del Governo che prevede, tra l’altro, tagli di migliaia di statali entro la fine del 2014. Ospedali e centri sanitari funzioneranno con il personale di emergenza, mentre la Federazione nazionale dei lavoratori degli ospedali pubblici ha convocato, per questa mattina, una manifestazione di protesta davanti alla sede del Ministero della sanità. Disagi in vista anche per chi deve viaggiare: le navi resteranno nei porti, fermi i treni interurbani e quelli suburbani. Per tre ore incrociano le braccia anche i piloti. Allo sciopero aderisce anche la Federazione nazionale dei giornalisti con un’astensione di cinque ore. Nel frattempo continua ad Atene la missione dei rappresentanti della troika (Unione europea, Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea). E non è una missione facile. Le posizioni sono contrastanti: la troika sembra orien- tata a rilanciare le misure di austerità, mentre il Governo ritiene che, nell’ambito del piano di risanamento economico, non siano necessarie. Il ministro delle Finanze greco, Yannis Stournaras, ha dichiarato ieri che in base agli ultimi dati si può affermare che la situazione economica del Paese sta migliorando e che gli introiti nelle casse dello Stato sono notevolmente aumentati. Ma la troika intende capire come Atene pensi di coprire il buco nel bilancio del 2014: altrimenti non verrà erogata la tranche di aiuti da un miliardo di euro che doveva già essere assegnata da tempo. Per esaminare l’esito delle recenti elezioni amministrative nel Kosovo Colloquio a Bruxelles tra i premier di Belgrado e Pristina PRISTINA, 6. I premier serbo e kosovaro, Ivica Dačić e Hashim Thaçi, si incontrano oggi a Bruxelles — alla presenza dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza dell’Ue, Catherine Ashton — per esaminare l’esito del voto locale di domenica scorsa in Kosovo, dove vi sono stati incidenti, violenze e irregolarità in alcune località del Nuove violenze in Nigeria anche nello Stato centrale del Plateau ABUJA, 6. Mentre non si fermano le stragi nel nord-est della Nigeria, dove agisce il gruppo di matrice fondamentalista islamico Boko Haram, anche nel centro del Paese, nello Stato di Plateau, si registrano nuove violenze. La polizia ha riferito dell’uccisione dei quattro membri di una famiglia, padre, madre e due bambini, da parte di uomini armati non identificati che hanno fatto irruzione ieri, poco prima dell’alba, nel villaggio di Rantis, nel distretto di Gashes. Al momento non ci sono indicazioni sui possibili autori del massacro. Fonti di polizia locale, peraltro, ritengono che anche questo nuovo episodio di violenza vada inquadrato negli scontri a carattere etnico ed economico che ciclicamente si riaccendono nell’area tra i pastori nomadi fulani e gli agricoltori di etnia eggon. Nello Stato di Borno, considerato la principale roccaforte di Boko Haram, intanto, l’esercito ha comunicato ieri di aver ucciso in combattimento quattro miliziani del gruppo fondamentalista islamico. Il Borno è uno dei tre Stati, con lo Yobe e l’Adamawa, nei quali da mesi vige lo stato d’assedio proclamato dal presidente Goodluck Jonathan che ha inviato l’esercito contro Boko Haram. nord a maggioranza serba. Ne danno notizia a Belgrado l’agenzia di stampa Tanjug e l’emittente B92, aggiungendo che all’incontro di Bruxelles parteciperà il vicepremier serbo, Aleksandar Vucić. In discussione, anche le prospettive di istituire delle nuove comunità autonome dei serbi del Kosovo, previste dall’accordo di aprile tra Belgrado e Pristina. L’intesa era stata concordata prima delle municipali di domenica scorsa, ma finora non è stata confermata, dopo gli attacchi e le intimidazioni degli estremisti serbi in alcuni seggi elettorali di Kosovska Mitrovica e Zvecan, nel nord del Kosovo, che hanno portato alla sospensione delle operazioni di voto due ore prima della conclusione prevista. Il colloquio tra Dačić e Thaçi — che arriva a un mese di distanza dall’ultimo, tenutosi il 6 ottobre — servirà a discutere i prossimi passi nel processo elettorale, come ha sottolineato il capo della diplomazia Ue in un comunicato. Commentando il voto, il primo su tutto il territorio dell’ex provincia serba, Ashton ha voluto sottolineare come «nella maggiore parte del Kosovo abbia avuto luogo in maniera ordinata». Allo stesso tempo, ha condannato fermamente i violenti incidenti in alcuni seggi del nord, esortando le autorità locali a «indagare senza ritardi». GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO Carlo Di Cicco don Sergio Pellini S.D.B. vicedirettore Piero Di Domenicantonio caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione direttore generale Un funzionario ordina le urne contenenti i voti in Kosovo (Afp) Governo, espressione Frente de Libertaçao de Moçambique (Frelimo), il partito ininterrottamente al potere fin dall’indipendenza dal Portogallo nel 1975. Secondo Fernando Mazanga, il Governo vorrebbe mostrare all’opinione pubblica di essere disponibile al dialogo senza però sospendere un’offensiva militare contro le roccaforti della Renamo. La crisi in atto in Mozambico è la più grave da oltre vent’anni, da quando cioè Frelimo e Renamo firmarono a Roma, il 4 ottobre 1992, l’accordo di pace che mise fine a sedici anno di guerra civile. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] ROMA, 6. Cresce la voglia di ritrovare l’altro, di recuperare la dimensione della solidarietà e dare vita a una nuova società. L’Italia che emerge dall’ultima ricerca del Censis è un Paese preoccupato, ma non disperato. La voglia di altruismo c’è: per il 29,5 degli italiani aiutare chi si trova in difficoltà trasmette maggiore energia positiva che non l’idea di occuparsi del proprio benessere. E la percentuale rimane costante per tutte le fasce di età. La ricerca del Censis mette inoltre in rilievo che il 40 per cento degli italiani si dice disponibile a fare visita agli ammalati; più del 36 per cento si dice assolutamente pronto a rendersi disponibile in caso di calamità naturale per contribuire al bene comune. Un’alta percentuale si dice poi pronto ad aiutare per migliorare lo stato delle scuole, dei boschi e del patrimonio culturale. Infine, tra tutti i vari dati, il Censis rileva che per oltre la metà degli intervistati curare la propria spiritualità è fonte di energia positiva. Feriti e arresti per un corteo in Sud Africa Niente incontro in Mozambico tra presidente e leader dell’opposizione MAPUTO, 6. Non ci sarà l’incontro di venerdì 8 novembre al quale il presidente del Mozambico, Armando Emilio Guebuza, aveva invitato Afonso Dhlakama, leader della Resistência Nacional Moçambicana (Renamo), principale forza di opposizione, al dichiarato scopo di fermare la ripresa di violenze nel centro del Paese, in particolare nella provincia di Sofala. Il portavoce della Renamo, Fernando Mazanga, ha sostenuto che l’invito è un atto di cinismo, una mossa propagandistica che non esprime alcuna volontà di dialogo o di pace da parte del I dati del Censis sui valori degli italiani Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Saccheggiati due villaggi centroafricani BANGUI, 6. Nella Repubblica Centroafricana non s’interrompono le violenze delle milizie ex ribelli della Seleka che in marzo hanno preso il potere rovesciando il presidente François Bozizé. Vacap e Yangoro, due villaggi a circa quattrocento chilometri a nordovest della capitale Bangui, sono stati saccheggiati e dati alle fiamme da miliziani della Seleka, secondo quanto riferito ieri da fonti della missione africana Misca. 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A Mooiplaas, dove mancano i servizi essenziali, era stato avviato un piano di sgomberi. Secondo le forze dell’ordine, la manifestazione non era stata autorizzata, mentre Eff parla di un duro intervento repressivo senza giustificazione e accusa il Governo di trasformare il Paese in uno Stato di polizia. Il nuovo partito, che punta a rappresentare gli strati più deboli della popolazione, parteciperà alle elezioni del prossimo aprile, con un programma di nazionalizzazione delle miniere e di ridistribuzione delle terre a beneficio dei contadini poveri. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vicedirettore generale Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 Società Cattolica di Assicurazione [email protected] Banca Carige Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 7 novembre 2013 Violenze quotidiane scuotono l’Iraq BAGHDAD, 6. Anche quella di ieri è stata per l’Iraq una giornata di sangue. Dieci persone, tra le quali otto membri delle forze di sicurezza, sono state uccise in diversi attacchi. Queste nuove violenze hanno portato a oltre 5.500 il numero delle vittime dall’inizio del 2013, secondo le stime fornite da fonti mediche e di sicurezza. Tre i soldati uccisi nella provincia settentrionale di Ninive, in seguito all’esplosione di due bombe collocate sul ciglio della strada. A Mossul un agente di polizia è rimasto ucciso in una sparatoria ingaggiata con uomini armati a un posto di blocco. A nord di Baghdad il capo locale di una milizia sunnita anti Al Qaeda è stato ucciso, insieme al figlio, da un gruppo di uomini armati. In un attacco dinamitardo, a Kirkuk, sono rimasti uccisi un agente di polizia e un civile. Il Paese dunque continua a essere ostaggio delle violenze. Una difficile realtà che dura da mesi. Tra le cause, la ridestata rivalità tra sciiti e sunniti, che ha portato a una recrudescenza di attacchi e di conseguenti rappresaglie. E in questo clima si attendono, il prossimo 30 aprile, le elezioni legislative. Gli osservatori vedono in questo avvenimento una preziosa opportunità per contribuire a dare un più stabile assetto a un Paese che sta vivendo momenti difficili. Ieri il vice presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha salutato con favore l’annuncio delle legislative. Un’occasione, ha detto, che servirà a ribadire la forza della democrazia a fronte della minaccia rappresentata dal terrorismo. pagina 3 Ripresi i combattimenti tra ribelli sciiti zaiditi ed estremisti sunniti salafiti Fallita la tregua nello Yemen Un soldato yemenita di pattuglia a San’a (La Presse/Ap) SAN’A, 6. Sono ripresi durante la scorsa notte nel nord dello Yemen i combattimenti fra i ribelli sciiti zaiditi e gli estremisti sunniti salafiti, malgrado si fosse arrivati a un cessate il fuoco dopo cinque giorni di sanguinosi scontri armati che hanno provocato oltre 100 morti. La tregua era stata annunciata domenica scorsa dall’inviato speciale dell’Onu per lo Yemen, Jamal Benomar. Il portavoce dei miliziani sciiti zaiditi, Ali Al Bakhiti, ha accusato i salafiti, e in particolare il loro capo nella città roccaforte di Dammaj, Yahia Al Hajuri, di aver violato la tregua. I miliziani sciiti del gruppo armato Ansarullah, detti anche Houthi dal nome del loro capo, Hussein Badreddin Al Houthi, accusano i salafiti, che hanno la loro roccaforte in una moschea nella città di Dammaj, non lontana dal confine saudita, di aver utilizzato la loro scuola coranica per radunare un esercito di combattenti stranieri in veste di studenti con il fine di attaccarli. E mercoledì hanno sferrato un’offensiva contro Dammaj, culminata in un bombardamento che ha provocato almeno cinquanta morti, fra cui diversi studenti. «Lo sheikh Al Hajuri — ha detto il portavoce degli zaiditi — non è riuscito a controllare i suoi miliziani armati». Gli zaiditi sono una scuola di pensiero minoritaria fra i musulmani sciiti e sono circoscritti quasi tutti nello Yemen. Nel frattempo, il premio Nobel per la pace Tawakkol Karman ha annunciato di aver donato i 500.000 dollari del premio ottenuto nel 2011 a un fondo per i feriti e le famiglie delle vittime della rivolta yemenita di due anni fa. Karman è stata la prima donna araba a ottenere il premio Nobel per la pace. «È mio dovere nei confronti dei giovani che si sono sacrificati per il cambiamento e per costruire un Paese fondato sulla libertà, la giustizia, l’uguaglianza e la buona governance» si legge in un comunicato della Karman. Il direttore dell’Aiea l’11 novembre a Teheran TEHERAN, 6. Il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Yukiya Amano, andrà a Teheran l’11 novembre prossimo: lo ha annunciato la televisione di Stato iraniana, in quello che potrebbe essere il segnale di un possibile passo in avanti nel negoziato sul nucleare. Il nuovo capo dell’organizzazione per l’energia atomica iraniana, Ali Akbar Salehi, ha dichiarato di sperare che si raggiunga un accordo durante la visita di Amano. La presenza del direttore generale dell’Aiea in Iran lascia intendere che vi possa essere uno sviluppo positivo nei negoziati con Teheran. Parlando sabato scorso al Woodrow Wilson International Center for Scholars di Washington, Amano, secondo sintesi del suo intervento rilanciate anche in Iran, aveva espresso cauto ottimismo sull’esito dei colloqui. Il negoziato tra l’Aiea e l’Iran corre in parallelo, ma è cosa diversa rispetto ai colloqui tra Teheran e il gruppo cinque più uno (i Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina; più la Germania), ripresi a Ginevra lo scorso mese e che continueranno sempre nella città elvetica domani e venerdì. È «possibile» che si arrivi a un accordo quadro nelle trattative sul nucleare iraniano questa settimana, ma «se non dovessimo arrivare alla svolta in questa fase, non sarebbe un disastro». Lo ha affermato ieri il ministro degli Esteri iraniano, Mohamed Jawad Zarif, intervistato da France 24 in occasione di una visita a Parigi, durante la quale incontrerà l’omologo francese, Laurent Fabius. Fiducioso il presidente Marzouki La Libia continua a essere nel caos Scia di sangue in Pakistan e in Afghanistan Processo democratico in Tunisia A Tripoli scontri tra gruppi armati L’Afpak sempre a rischio instabilità PARIGI, 6. La Tunisia «lavora per installare uno Stato democratico trasparente e non corrotto», ha dichiarato il presidente tunisino, Moncef Marzouki, ribadendo la sua «fiducia» nella capacità di Tunisi di «superare la crisi attuale». «Siamo decisi a sviluppare il processo democratico in Tunisia, nonostante le attuali difficoltà e i problemi che conosciamo» ha aggiunto Marzouki in una conferenza stampa ieri a Parigi, al termine di un incontro con il presidente francese, François Hollande. Il presidente tunisino ha promesso oggi la scarcerazione di Jabeur Mejri, condannato insieme a Ghazi Beji (attualmente latitante) a 7 anni e mezzo di carcere per la pubblicazione nel 2012 di alcune caricature satiriche. Marzouki ha però spiegato di voler «aspettare prima una tregua politica nel Paese. Attualmente — ha detto — ci sono tensioni legate a questa lotta contro il terrorismo e non vorrei che la mia decisione sollevasse dei dibattiti». Intanto, anche se nessuno vuole ammetterlo ufficialmente, il dialogo nazionale tra maggioranza e opposizioni tunisine è fallito, almeno in questo formato, perché le posizioni dei due schieramenti sono inequivocabilmente inconciliabili. I primi a rendersene conto sono stati i quattro mediatori (il forte sindacato Ugtt, l’Unione degli industriali, l’Ordine nazionale forense e la Lega per la difesa dei Diritti dell’Uomo) che, amaramente, hanno dovuto prendere atto che il loro coraggioso tentativo si è incagliato, suddividendo comunque equamente le responsabilità tra gli schieramenti e quindi, abbastanza sorprendentemente, non salvando nessuno. A segnare il punto di non ritorno della trattativa è stata la incolmabile distanza tra le due parti, ciascuna convinta d’essere la sola abilitata a imporre il nome del futuro primo ministro. TRIPOLI, 6. Nel clima di turbolenza che investe la Libia a due anni dalla fine del regime di Muammar Gheddafi, due persone sono rimaste ferite in seguito a scontri tra gruppi armati a Tripoli iniziati all’alba di ieri mattina. Lo riferiscono fonti della sicurezza secondo cui gli scontri, durati oltre tre ore, sono iniziati quando un membro di una milizia è stato fermato a un posto di blocco e i suoi compagni sono venuti in soccorso. Le autorità di transizione non riescono a formare un esercito e una polizia in grado di contrastare la presenza sul territorio dei gruppi armati. Il Congresso generale nazionale ha intanto votato ieri in favore dello smantellamento della milizia “Camera operativa dei rivoluzionari di Libia” coinvolta nel sequestro del premier, Ali Zeidan, del 10 ottobre scorso. Alla milizia era stato assegnato quattro mesi fa il compito dal presidente del Congresso, Nuri Abu Sahmain, di proteggere Tripoli. Non è stato ancora deciso chi sostituirà l’unità armata nella protezione della capitale libica. Nella città orientale di Bengasi, teatro di un’ondata di violenze, c’è stata la pacifica protesta di un gruppo di abitanti. Uomini e donne si sono riuniti davanti all’Hotel Tibesti per condannare i ripetuti episodi di violenza tra cui omicidi quasi giornalieri che si stanno verificando da mesi. Non ultimo l’esplosione domenica di un ordigno nella vettura di un ufficiale delle forze di sicurezza. La deflagrazione ha ucciso sul colpo l’uomo e il figlio di due anni. A bordo dell’auto si trovavano anche la moglie incinta e il secondo figlio che sono morti in ospedale. La condanna agli attentati è arrivata anche dalla Missione delle Nazioni Unite di sostegno alla Libia (Unsmil), che chiede alle autorità libiche di intervenire per assicurare le condizioni necessarie per una transizione democratica in Libia. Nuovi sindaci anche a Boston e a Detroit De Blasio eletto primo cittadino di New York WASHINGTON, 6. È Bill De Blasio il nuovo sindaco di New York: il primo democratico a diventare il primo cittadino della Grande Mela in vent’anni. «Siamo orgogliosi di quello che abbiamo realizzato in questa campagna» ha detto De Blasio rivolgendosi a una folla di sostenitori. Il nuovo sindaco ha poi affermato: «Oggi avete parlato ad alta voce e chiaramente per una nuova direzione per la nostra città, uniti dalla convinzione che la città non debba lasciare indietro nessun newyorkese». L’avversario di De Blasio era il repubblicano Joe Lotha. Il programma politico di De Blasio, più volte enunciato durante la campagna elettorale, fa perno sull’obiettivo di cancellare il divario tra la New York dei ricchi e quella dei poveri, in modo da far diventare la Grande Mela «una città per tutti». De Blasio proviene da una famiglia di sant’Agata de’ Goti, in provincia di Benevento, emigrata negli Stati Uniti agli inizi degli anni Venti. È il terzo italoamericano a diventare sindaco di New York dopo Fiorello La Guardia e Rudolph Giuliani. È stato poi eletto il sindaco di Boston: la scelta degli elettori ha premiato il democratico Martin Walsh, che ha sconfitto il collega democratico John Connolly. Walsh succede a Thomas Menino. Si è votato anche a Detroit: per la prima volta da quarant’anni la città, a netta maggioranza afroamericana, ha eletto un sindaco bianco. Si tratta dell’ex manager ospedaliero Mike Duggan, che ha avuto la meglio sullo sceriffo della contea di Wayne, Benny Napoleon. Entrambi sono democratici. A New York il piccolo Tobias, 2 anni, aspetta il padre occupato a votare (Reuters) KABUL, 6. Ancora violenze, sia in Pakistan, sia in Afghanistan. La regione dell’Afpak, dunque, nonostante gli sforzi delle autorità di Islamabad e di Kabul, continua a essere segnata da un’instabilità che finisce per prestare il fianco agli attacchi dei diversi gruppi estremisti. Di questa situazione è un esempio indicativo la città pakistana di Karachi, dove da tempo si registrano violenze. Nelle ultime ventiquattro ore, in questa metropoli sempre scossa da tensioni politiche e interconfessionali, sono morte più di venti persone. Gli attacchi, alcuni dei quali sono stati compiuti da clan rivali, sono avvenuti in diverse zone della città, in particolare nei sobborghi di Gulshan-e-Iqbal e Korangi Town. Riferisce l’agenzia di stampa Adnkronos che le forze di polizia hanno scoperto i cadaveri di cinque persone che sono state torturate prima di essere uccise. Da ricordare che lo scorso anno la città era stata insanguinata da una lunga scia di attac- Alle urne per le presidenziali in Tadjikistan DUSCHAMBÉ, 6. Si recano oggi alle urne i quattro milioni di elettori del Tadjikistan per le presidenziali che dovrebbero confermare un quarto mandato a Emomali Rakhmov, leader del Partito popolare democratico (comunisti) al potere dopo il 1992 in questo Paese ex sovietico che al sud confina con l’Afghansitan. Le elezioni nei regimi comunisti non sono mai state particolarmente avvincenti, e se qualcosa è cambiato nell’Europa orientale lo stesso non si può dire per l’Asia centrale. Qui infatti non ci sono stati, con la sola eccezione del Kyrgyzstan, terremoti politici. In Asia centrale è andata di scena la continuità. Sei candidati sono in lizza per queste elezioni presidenziali, alla quale però i principali partiti dell’opposizione tadjika hanno rinunciato a partecipare. chi, che secondo cifre fornite dai media locali, hanno causato la morte di più di duemila persone. Sul fronte afghano, intanto, si segnala che un soldato della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) è morto, ieri nel sud, in seguito a un attentato dinamitardo. Si tratta, riferisce l’Ansa, della centoquarantaseiesima vittima del contingente internazionale dall’inizio dell’anno. L’Onu elogia il dialogo di pace in Myanmar NAYPYIDAW, 6. L’Onu ha accolto con favore l’avvio dell’atteso dialogo tra il Governo del Myanmar e le varie etnie, che per anni hanno difeso con le armi la propria identità. Il summit è stato convocato dall’Esecutivo del Paese del sud-est asiatico con l’obiettivo di porre fine a decenni di sanguinosa guerra civile. Riuniti a Laiza, città dello Stato del Kachin, i rappresentanti governativi e delle minoranze etniche hanno discusso a lungo sulla possibilità di arrivare a un cessate il fuoco nazionale. L’intesa è a buon punto. «Queste discussioni sono un passo importante nel processo di riconciliazione nazionale» ha elogiato il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per il Myanmar, Vijay Nambiar, che ha partecipato in qualità di osservatore al vertice. Il dialogo tra il Governo di Naypyidaw e le minoranze etniche è una iniziativa attesa da molto tempo per risolvere uno dei principali ostacoli che ancora restano sul cammino delle riforme e della pacificazione del Myanmar, intrapresa dal presidente, Thein Sein, dopo anni di regime militare. Un nuovo incontro è previsto per la fine del mese. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 Fede e cultura nell’Oriente siriaco dal al IX secolo Come il Vangelo arrivò nella terra di Agbar di SABINO CHIALÀ isto da Occidente, l’Oriente appare spesso come una realtà omogenea e dai contorni un po’ sfumati: un insieme di tradizioni abbastanza simili nella loro esoticità, e in ogni caso troppo poco note. Fa forse eccezione il mondo bizantino-slavo, che però rischia di essere considerato rappresentativo dell’intero universo orientale cristiano, non essendone in realtà che una parte, benché tanto significativa. Le Chiese di tradizione siriaca attestano un altro Oriente, antico, ricco di tradizione e con una fisionomia peculiare che ne fa quello che uno dei massimi cultori della materia, Sebastian Brock, ha definito il «terzo polmone» della tradizione cristiana, accanto a quello greco e quello latino. Sebbene le complesse dispute cristologiche dei primi secoli abbiano contribuito a dividere l’antica Chiesa di espressione siriaca in varie comunità ecclesiali, ragione per cui è più corretto parlare di “Chiese di tradizione siriaca”, è nella comunità e nel patriarcato di Antiochia che tale realtà ecclesiale, nel suo insieme, affonda le proprie radici. Da Antiochia, dove per la prima volta i credenti nel Risorto ricevettero il nome di cristiani (cfr. Atti degli apostoli, 11, 26), l’annuncio evangelico raggiunse la città di Edessa, capitale dell’Osroene, e di qui la Mesopotamia, regioni abitate in massima parte da popolazioni di lingua e cultura aramaica. L’idioma edesseno, variante di aramaico noto come “siriaco”, configurerà dunque queste comunità come “siriache”. La tradizione attribuisce l’evangelizzazione di queste terre all’apostolo Tommaso, che di qui avrebbe raggiunto l’India; e insieme a lui a due discepoli, di nome Addai e Mari, cui la tradizione siro-orientale ascrive una delle più arcaiche preghiere eucaristiche giunte sino a noi. Un’antica leggenda riferisce poi quello che pretende sia stato l’antefatto di tale missione: il re edesseno Abgar Ukkama avrebbe inviato il proprio funzionario Anania da Gesù per offrirgli ospitalità nel proprio regno, al II giovedì 7 novembre 2013 V fine di metterlo al riparo dalle insidie tesegli dai capi del suo popolo e per ottenerne in cambio la guarigione da una malattia. Gesù, respingendo l’invito, avrebbe tuttavia promesso l’invio, dopo la sua morte, di un discepolo a Edessa. Intanto, avrebbe fatto dono al re edesseno di una sua lettera o, secondo un’altra versione della leggenda, di una sua immagine miracolosamente impressa su di un telo, da cui deriva la tradizione del mandylion. Al di là della leggenda, alcuni dati storici attestano la presenza di cristiani in questa regione già intorno alla metà del II secolo: l’esistenza di un’antica traduzione dei vangeli in siriaco; l’opera di uno scrittore di nome Bardesane (154-223); la testimonianza di Abercio di Gerapoli che nella sua stele racconta di un viaggio verso oriente, datato intorno al 200, durante il quale sarebbe passato per Edessa e vi avrebbe incontrato una comunità cristiana; e da ultimo, al 206 si fa risalire la conversione di un altro re di Edessa, Abgar IX, che regnò tra il 179 e il 216, probabile realtà storica soggiacente la leggenda su menzionata. L’espansione del cristianesimo in queste regioni fu rapida e diede frutti abbondanti e anche vari: nella medesima città di Edessa si fiancheggiarono varie correnti di cristianesimo, la maggior parte delle quali successivamente ritenute eterodosse. So- Seguendo l’anno liturgico Venerdì 8 novembre a Roma, nella libreria internazionale Paolo VI, verrà presentato il libro Il soffio dell’Oriente Siriaco. L’anno liturgico siro occidentale (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2013, pagine 144, euro 18) che raccoglie articoli pubblicati su «L’O sservatore Romano» dal benedettino Manuel Nin, archimandrita e rettore del Pontificio Collegio Greco di Roma. All’incontro, moderato dal direttore del nostro giornale, intervengono l’arcivescovo Cyril Vasil’, segretario della Congregazione delle Chiese orientali, e Alberto Camplani dell’università La Sapienza. Pubblichiamo stralci dell’introduzione del libro. «Gesù porge il calice ai discepoli» (XII secolo, miniatura siriaca) no espressione di tale vivacità le prime attestazioni letterarie in lingua siriaca, provenienti da quest’area: la Lettera di Mara bar Serapione; le Odi di Salomone; il Canto della perla; la Caverna dei tesori; oltre ai già menzionati scritti di Bardesane e all’opera di Taziano, autore, tra l’altro, del famoso Diatessaron o Armonia dei quattro vangeli. Tale produzione letteraria raggiunse un suo primo apice nel IV secolo con due autori che la tradizione successiva considererà come i due primi pilastri della propria espressione teologica: Afraat, il “sapiente persiano”, ed Efrem, “l’arpa dello Spirito Santo”, nelle cui opere la prima fisionomia di questa tradizione cristiana, semitica e profondamente radicata nella Scrittura e nella sua interpretazione, è ancora particolarmente evidente. A Efrem è poi tradizionalmente ricondotta la fondazione della prima e meglio nota “scuola teologica” siriaca, quella di Edessa-Nisibe, che tanta parte avrà nello sviluppo religioso e culturale di queste comunità. Di pari passo con le accademie teologiche, dove si coltivavano anche la filosofia greca e la medicina, parallelamente a quanto avveniva in Egitto, fra III e IV secolo si assiste in Siria e Mesopotamia alla fioritura di un ascetismo autoctono e peculiare, che si espresse negli stiliti della regione di Aleppo, nei “figli del patto”, o in comunità cenobitiche meglio defini- Sant’Efrem il Siro te, in cui la vita comune era contemperata da un cospicuo tempo di solitudine. Soprattutto tra i siro-occidentali, i monasteri divennero ben presto anche luoghi di cultura, dove i classici greci furono studiati, tradotti e commentati. I secoli V e VI segnarono nella Chiesa tutta, ma in particolare al cuore della tradizione siriaca, le pri- Vie del sapere Giovedì 7 novembre a Roma, al Pontificio Istituto Orientale, viene presentato il volume Le vie del sapere in ambito siro-mesopotamico dal III al IX secolo (Roma, Orientalia Christiana, 2013, pagine 373, euro 38) curato da Carla Noce, Massimo Pampaloni e Claudia Tavolieri. Intervengono, tra gli altri, Marco Bais, del Pontificio Istituto Orientale, e Alberto Camplani dell’università La Sapienza. Ordini religiosi e arte tra Rinascimento e Barocco Camillo, Ignazio e gli amici romani di LYDIA SALVIUCCI INSOLERA* Si è svolto a Roma, presso la casa generalizia dei ministri degli infermi, a due passi dal Pantheon, nel cuore storico della città, il convegno «San Camillo de Lellis e i suoi amici. Ordini religiosi e arte tra Rinascimento e Barocco», ideato e curato da chi scrive. Il Comitato scientifico, che ha seguito tutte le fasi organizzative, è composto dai religiosi camilliani Alberto Marques de Sousa ed Eugenio Sapori e dai membri del Comitato scientifico dell’ordine dei ministri degli infermi Johan Ickx, Luciana Mellone, Marco Pizzo e Daniel Ponziani. L’idea del convegno è sorta con il fine di analizzare i punti di contatto in ambito artistico tra i vari ordini religiosi a Roma e in relazione con altre città tra il Rinascimento e il Barocco, avendo però come riferimento centrale di raccordo san Camillo de Lellis e i religiosi camilliani. Iniziativa culturale che giunge a festeggiare il santo in occasione del quarto centenario dalla morte: 1614-2014. Attraverso i diversi contributi dei relatori, si è voluto sottolineare il diverso carisma dei vari ordini religiosi — principalmente quello dei cappuccini perché san Camillo ne era particolarmente ispirato, poi carmelitani, scolopi, oratoriani, gesuiti — in funzione delle loro committenze architettoniche e figurative, facendo emergere il loro contatto diretto e indiretto con san Camillo de Lellis. Si è volutamente lasciato un cospicuo spazio di approfondimento alla spiritualità del santo, alle fonti archivistiche, ai luoghi legati alla sua vita, come la zona delle terme di Santa Maria degli Angeli e alle committenze dei religiosi camilliani a Roma, nel Lazio, in Abruzzo — essendo egli originario di Bucchianico, vicino a Chieti — con ulteriori riferimenti alle fondazioni Camilliane a Milano e a Torino. A corredo del convegno si sono svolte anche due visite nei luoghi camilliani: una alla adiacente chiesa della Maddalena e l’altra al museo interno alla casa generalizia. Si sono così potuti scandagliare i rapporti tra le varie spiritualità del periodo e l’arte, attraverso le biblioteche soprattutto in funzione della loro reciproca influenza. Si sono verificate le connessioni, le divergenze, le scelte di stile simili o contrarie. Tutto questo inserito in un discorso continuo e circolare, così come è stato il rapporto di amicizia e condivisione spirituale tra i vari ordini religiosi, protagonisti della vita della Chiesa tra Cinquecento e Seicento a Roma: cappuccini, gesuiti, oratoriani, teatini, carmelitani. Emergono in modo particolare le figure carismati- che dei grandi santi dell’epoca, amici tra di loro. Basti pensare allo stesso Camillo de Lellis amico di Filippo Neri, quest’ultimo amico a sua volta di Ignazio di Loyola. Gli storici hanno sempre sottolineato il periodo di fioritura di ordini religiosi, che anima la Chiesa nel corso del Cinquecento e in particolare la città di Roma, grazie alla presenza di un nutrito numero di figure di santi: oltre ai già citati, Gaetano da Thiene, Antonio Maria Zaccaria, Felice da Cantalice, Giuseppe Calasanzio, Giovanni Leonardi, Francesco Borgia, Luigi Gonzaga e altri. In particolare è interessante indagare sulla posizione di san Ignazio nei confronti degli altri ordini religiosi. Agli albori della sua conversione, nel 1521, costretto a letto per la ferita alla gamba, Ignazio legge in castigliano la Legenda aurea del domenicano Jacopo da Varazze e — citiamo dalla sua Autobiografia — «si soffermava a pensare e a riflettere tra sé: “E se anche io facessi quel che ha fatto san Francesco o san Domenico. (...) Tutto il suo ragionare era un ripetere a se stesso: “san Domenico ha fatto questo, devo farlo anche io; san Francesco ha fatto questo, devo farlo anch’io”». Ignazio, poi, sempre durante la convalescenza, decide di andare in pellegrinaggio a Gerusalemme e «progettando quello che avrebbe fatto al suo ritorno da Gerusalemme, allo scopo di vivere in penitenza continua, gli si affacciava l’idea di ritirarsi nella Certosa di Siviglia, senza dire chi era, per essere considerato meno, e lì di non nutrirsi che di erbe. Altre volte però riemergeva il pensiero delle austerità che intendeva affrontare andando per il mondo, e allora il desiderio della Certosa si affievoliva nel timore di non potervi esercitare quell’odio di sé che ormai aveva concepito. E tuttavia diede incarico a un domestico che andava a Burgos di chiedere informazioni sulla Regola della Certosa e le notizie che ne ebbe gli piacquero». Ignazio depone quindi le armi da cavaliere ai piedi della Madonna di Monserrato, una delle più famose immagini di devozione e si trova nell’abbazia benedettina, meta famosa di pellegrinaggio. Qui scopre i testi contemplativi del benedettino García Cisneros. Dopo questi primi anni di penitenza e di illuminazione, dal 1527 inizia a meditare sulla scelta da compiere e si chiede se entrare in un ordine preesistente per poter aiutare meglio. Sempre nell’Autobiografia scrive: «Quando il pellegrino a Barcellona stava deliberando se doveva applicarsi agli studi e per quanto tempo, la vera domanda che si poneva era questa: finiti gli studi si sarebbe fatto religioso o sarebbe andato così per il A proposito della personalità “santa” di mondo? Quando gli veniva il pensiero di uno dei primi compagni di Ignazio, Pietro entrare in un ordine religioso, subito si sen- Favre, inviato in varie città in Europa, Ribativa portato a sceglierne uno decaduto e po- deneira ricorda che durante la sua permaco osservante: intendeva farsi religioso per nenza a Colonia «tali erano la vita e l’esemavere l’occasione di soffrire di più. Inoltre pio di questo buon padre, che per rispetto pensava che forse Dio in questo modo verso di lui, i monaci certosini, riunitisi a caavrebbe aiutato quei religiosi». pitolo, chiesero di stabilire un’alleanza con Sulla base di queste riflessioni si legge la nostra Compagnia, per cui si fecero partenella prima biografia di sant’Ignazio, scritta cipi di tutte le buone opere e di tutti i meriti da Pietro Ribadeneira, una spiegazione an- loro». cora più dettagliata. Il dubbio, se prendere La forte devozione della Compagnia e in l’abito di qualche ordine o di restare libero, particolare di Francesco Borgia verso san lo «tiene molto perplesso e incerto. Tuttavia Francesco d’Assisi si riscontra addirittura cominciò a stabilire che se si fosse deciso a nella dedica di una cappella della chiesa del farsi frate, avrebbe scelto un ordine che risultasse essersi molto allontanato dai suoi fervidi principi e che avesse alquanto posto in poco interesse l’osservanza della propria regola; e ciò perché gli pareva da un lato che nostro Signore non avrebbe potuto essere meglio servito che se egli fosse riuscito col proprio lavoro e col proprio esempio a riformare un ordine decaduto, e dall’altro che in un ordine siffatto avrebbe trovato occasioni più numerose di soffrire Matteo Toni, «Venerazione della salma di san Camillo» (XVIII secolo) per le molte contraddizioni e persecuzioni da parte di coloro i quali, paghi uni- Gesù interamente consacrata al santo. Ma camente del nome e dell’abito di frati, attenzione: i dipinti nella cappella a destra avrebbero ostacolato la riforma della disci- dell’abside sono sì dedicati a san Francesco plina regolare e della loro vita religiosa. Però d’Assisi, attraverso però l’iconografia della egli si sentiva molto più incline a cercar e nascente testimonianza della nuova parte ostrovar compagni per potere, con maggiore servante dell’ordine, quella dei cappuccini: comodità e preparazione darsi tutto all’aiuto lo si intende infatti dall’abito raffigurato. Si spirituale del prossimo». ricorda, anche, come la santa carmelitana Ignazio stringe anche in questi anni buoni Maria Maddalena de’ Pazzi parlasse in estasi rapporti di amicizia con alcuni frati domenidello spirito della Compagnia, apparendole cani; mentre a Venezia nel 1537 entra in conanche san Luigi Gonzaga. Pure santa Teresa tatto con Giovanni Pietro Carafa, che diventerà più tardi Paolo IV, che invece in quel d’Avila, carmelitana scalza, è stata particoperiodo insieme a Gaetano da Vicenza fon- larmente legata alla Compagnia: gesuiti, inda i Teatini. Ben diffusa, soprattutto nella fatti, sono stati alcuni dei suoi principali storia della Roma del periodo, è l’amicizia confessori. tra Filippo Neri e Ignazio, sottolineata più volte anche in dipinti e incisioni. *Pontificia Università Gregoriana me e più profonde lacerazioni; le tappe emblematiche di queste divisioni sono il concilio di Efeso del 431, quello di Calcedonia del 451, il secondo di Costantinopoli del 553 e poi ancora il terzo di Costantinopoli del 680, ma in realtà tensioni di natura politica, economica e di altro genere erano già in atto e avevano minato quell’unità che sembrava ora spezzarsi intorno a questioni di cristologia. È durante questi secoli che nacque una Chiesa Siro-orientale o Assira, detta anche impropriamente «nestoriana», che non accettò la condanna di Nestorio e il concilio di Efeso; e poco più tardi, intorno alla questione calcedonese, si consolidò una nuova frattura da cui nacque un secondo ramo della tradizione siriaca, la Chiesa Siro-occidentale, detta anche «giacobita» e «monofisita», termini impropriamente utilizzati e dedotti dalla polemica confessionale. Lungo i secoli, parti delle due comunità entrarono in comunione con la chiesa di Roma, dando vita ad altrettante «nuove» Chiese: nel 1550 quella Caldea, derivata dalla chiesa Siro-orientale o Assira; e nel corso del XVII secolo quella Siro-cattolica, parte dell’antica Chiesa Siro-occidentale o Siro-ortodossa. Infine appartengono alla medesima tradizione siriaca la Chiesa Maronita, interamente in comunione con quella di Roma, sulla cui origine si dibattono ancora varie ipotesi tra cui quella che la connette alla crisi monotelita, e le diverse chiese dell’India. Le lacerazioni cristologiche del V secolo isolarono ancora di più le comunità cristiane di Persia e Mesopotamia, situate al di là del limes romano in territorio persiano, che si costituirono in una struttura ecclesiastica indipendente, dotata di un proprio catholicos-patriarca con sede prima nelle città imperiali di Seleucia-Ctesifonte, quindi a Baghdad e di qui, in epoca medievale, in varie altre sedi sempre più a nord. L’isolamento, tuttavia, non impedì a questa tradizione di conoscere una fioritura eccezionale lungo tutto il primo millennio. Ne sono testimonianza, oltre ai numerosi monasteri e scuole, anche la sua straordinaria irradiazione missionaria che interessò la penisola arabica fino all’isola di Socotra, l’Asia Centrale, l’India, il Tibet e la lontana Cina, dove comunità siroorientali sopravvissero almeno sino al XIV secolo. A livello letterario, la tradizione siro-orientale, tra il VI e il IX secolo, seppe offrire alcune tra le perle più preziose della letteratura siriaca: da Martyrios-Sandona a Simone di Taibuteh, da Giovanni di Dalyatha a Giuseppe Hazzaya, fino a Isacco di Ninive la cui opera fu apprezzata anche in Occidente, come testimoniano le numerose e antiche versioni realizzate in quasi tutte le lingue parlate da cristiani. Nelle regioni occidentali intanto si consolidava, in reazione alle definizioni cristologiche calcedonesi, l’altra tradizione ecclesiale su evocata, genericamente designata come Chiesa Siro-occidentale. L’elaborazione della sua fisionomia teologica propria si deve, oltre che a Severo di Antiochia (morto nel 538), autore di lingua greca presto tradotto in siriaco, a due figure di particolare prestigio, vissute a cavallo dei secoli V e VI: Filosseno di Mabbug e Giacomo di Sarug. L’organizzazione ecclesiastica fu invece in massima parte opera di Giacomo Baradeo. Un posto di rilievo va infine riconosciuto a un corpus di scritti che vanno sotto il nome di Giovanni il Solitario o di Apamea (V secolo), nel quale, secondo gli studiosi, si devono riconoscere due o tre autori distinti. La morte di François Bovon Lo storico e biblista svizzero François Bovon, studioso protestante del Nuovo Testamento, della letteratura apocrifa e del cristianesimo delle origini, è morto il 1° novembre nella città di Aubonne. Era nato a Losanna, aveva 75 anni e da tempo era malato. Ne ha dato notizia la Harvard Divinity School, nella quale dal 1993 al 2002 Bovon ha diretto il Dipartimento di studi sul Nuovo Testamento. Considerato uno dei maggiori esperti mondiali dei Vangeli, Bovon ha scritto tra l’altro: Luc le théologien (1978), L’œuvre de Luc (1987), Nouvel Âge et foi chrétienne (1992), Révélations et écritures (1993) e Les derniers jours de Jésus (2004). L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 7 novembre 2013 pagina 5 Etica e problemi del lavoro La lungimirante analisi di McNabb Tira e molla al mercato Contro la crisi un frate economista di PAOLO PECORARI lmeno fino agli inizi degli anni Settanta del Novecento, il problema del rapporto tra etica ed economia o, come anche si dice, tra efficienza ed equità, è rimasto alquanto in ombra. Ciò si spiega col fatto che le politiche macroeconomiche espansive dell’età keynesiana, usando leve decisionali di tipo ridistributivo, come l’accrescimento della spesa pubblica per trasferimenti e la riduzione del carico fiscale, hanno ridotto l’inefficienza connessa con la disoccupazione e con la capacità produttiva non utilizzata. La situazione è cambiata quando, per effetto di tali politiche, benché non solo in conseguenza di esse, nel corso degli anni Ottanta e Novanta sono emersi problemi nuovi, che hanno reso inequivocabile la necessità di scelte consapevoli e coerenti tra obiettivi di efficienza e obiettivi di equità. Si pensi alla crisi del debito pubblico e alla riscoperta dei vincoli di bilancio cui la spesa deve sottostare. Ciò è avvenuto in molti Paesi, tra i quali l’Italia. Se la gravità del debito ha contribuito a richiamare l’attenzione sul rapporto tra efficienza ed equità, che cosa si deve intendere per “equità”? Una prima risposta può essere abbastanza semplice: dare a ciascuno ciò che gli è dovuto. Così rispondendo, però, nulla si dice circa il criterio identificativo di ciò che è dovuto e di ciò che non lo è. Si deve tenere conto dei meriti o fare riferimento ai bisogni? Va da sé che sull’opzione non può A La definizione di equità non è univoca Dipende infatti dal modo in cui i diversi contesti culturali concepiscono la giustizia distributiva non influire il diverso modo di concepire la giustizia distributiva nei vari contesti culturali nazionali e internazionali. Ad esempio, se si pone l’accento sulla liberazione dal bisogno, ne viene un obbligo morale alla ridistribuzione internazionale della ricchezza. Viceversa, ponendo l’accento sul merito, si possono giustificare gli squilibri nello sviluppo tra Paese e Paese. Analogamente, nel quadro delle relazioni interpersonali, se si privilegia la liberazione dal bisogno, ne deriva una spinta all’intervento pubblico verso i più deboli. Se si accede alla regola della ricompensa del merito, anche le differenze economiche possono trovare spiegazione nelle responsabilità individuali. Un’interessante applicazione del controverso rapporto tra etica ed economia viene dal mercato del lavoro. E un fatto che oggi le grandi aziende tendono a ridurre l’occupazione. Esse cercano di coniugare competizione ed economicità. Per migliorare la competitività, devono migliorare la qualità del prodotto, il servizio e il tempo di risposta al mercato, il che ha un forte impatto Nel libro «Affondo» di Sourou Quello che i media non dicono sull’immigrazione «Dopo tanti sforzi per la sensibilizzazione sulla questione dell’immigrazione, sono arrivato alla conclusione che ci siano ipocrisia, un po’ di demagogia e comportamenti poco rispettosi della dignità dell’uomo e dei suoi diritti». Jean-Baptiste Sourou, giornalista e professore universitario originario del Benin e residente in Italia, avvia così le conclusioni del suo volume Affondo (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2011, pagine 80, euro 9), vincitore del Premio International Journalism and Media Awards 2013 per la sezione «Solidarietà con i rifugiati». Il breve ma puntuale approfondimento, torna oggi di tragica attualità dopo la tragedia consumatasi a Lampedusa e considerando la quotidiana emergenza che si vive non solo tra le sponde del Mediterraneo. «Questi uomini e queste donne rappresentano solo una parte della questione, e fermare gli sbarchi respingendo i barconi non significa fermare il flusso dei migranti; perché chi scappa dalla fame, dalla guerra e dalle persecuzioni ha già trovato altre strade per diventare schiavo in terra straniera», sostiene l’autore in una denuncia documentata e durissima. sull’ambiente produttivo. Che cosa comporta questo impatto? In primo luogo, la necessità di passare da un sistema di lavoro tradizionale, in cui prima si produceva e poi si vendeva (push), a un sistema trainato dalla domanda (pull) e basato su una produzione just in time. In secondo luogo, che l’ambiente produttivo va organizzato «per cellule», perché è «all’interno delle cellule» che si costruiscono le parti di «famiglie dei prodotti». Per realizzare una produzione per «cellule» è necessario introdurre tecnologie produttive avanzate, onde assicurare qualità e migliorare la risposta al mercato (time to market). Occorre inoltre promuovere una nuova organizzazione del lavoro, nel senso che all’interno di ogni «cellula» i lavoratori sono chiamati a svolgere non solo compiti più numerosi, ma anche più qualificati. D’altra parte, le nuove tecnologie comprimono il bisogno di manodopera diretta. Viene cioè meno la tradizionale occupazione di fabbrica, mentre si richiedono competenze specialistiche, accompagnate preferibilmente da capacità di progettazione. Senza tali competenze le imprese non assumono. Se ciò vale in generale, a fortiori vale per l’Italia, dove il mercato del lavoro, per taluni aspetti troppo rigido e per altri troppo flessibile, non offre le competenze di cui ha bisogno, o non ne offre a sufficienza (Brunetti). Stando così le cose, ci si potrebbe chiedere se la soluzione sia solo politico-economica o anche etica, e se le competenze necessarie vadano fornite all’interno dell’impresa (e dunque a spese di essa) o acquisite all’esterno. Alternativa cui si potrebbe aggiungere una terza, quella “motivazionale” del sistema germanico-giapponese, dove la grande impresa è generalmente posseduta da un’intricata compagine di azionisti: dalle banche di maggior peso alle società di assicurazione, dalle fondazioni legate all’impresa ai fondi “alimentati” da dipendenti e/o sindacati: tutti soggetti che effettuano controlli puntuti e continui sulle aziende in loro possesso (Dore). Qui il ruolo attivo degli azionisti è bilanciato, «anche nell’operatività quotidiana», da vari «altri poteri aziendali», ossia dai manager e «dai rappresentanti dei dipendenti dell’azienda», come pure da un rapporto «non di soggezione, ma di dialogo, con la comunità estranea all’azienda: il governo nazionale, i poteri regionali e locali», nonché le «altre espressioni della società civile». Ne conseguono «equilibri complessi», dotati di un «profondo grado di stabilità, che esclude anche solo l’ipotesi che un’impresa sia un bene da comprare o da vendere come tutti gli altri». L’impresa, «che assume sempre una certa rilevanza di natura pubblica», da un lato offre un lavoro durevole, ma dall’altro chiede ai lavoratori di mettersi in gioco, di impegnarsi ad acquisire sempre nuove competenze, uscendo magari per qualche tempo dall’azienda, per poi rientrarvi con un più ricco bagaglio di capacità e di competenze. In siffatto contesto il lavoratore viene considerato (e in effetti si sente ed è) parte essenziale dell’azienda, diversamente da quanto accade nell’ambito del capitalismo anglosassone di marca statunitense e inglese, australiano e canadese, dove, come è ormai acquisito nella prassi e in letteratura, l’azionariato delle grandi imprese è in buona sostanza «anonimo, fortemente mobile e quasi sempre disinteressato alla gestione quotidiana delle imprese (...), fragile e onnipotente insieme». Fragile «perché vive nella quotidiana ossessione che la proprietà dell’azienda possa subire assalti dall’esterno», onnipotente «in quanto nei momenti di crisi della proprietà il potere degli azionisti nei confronti dei dirigenti diviene assoluto» (Prodi). La diversità esiste anche rispetto al modello francese, di natura «bifronte», perché mai completamente appiattito sui due precedenti modelli. Quale ruolo ha in tali complesse realtà il lavoro, e quale il capitale? Può esistere un «capitalismo etico»? Al primo quesito si deve rispondere che negli accennati modelli tutti i fattori di produzione sono chiamati a svolgere funzioni tra loro complementari, compreso il lavoro. Ciò nondimeno, al lavoro non è ancora riconosciuta la natura di actus personae, il cui valore trovi fondamento nell’uomo stesso, nel suo stesso soggetto (Laborem exercens). Quanto al secondo quesito, è da osservare che un sistema di produzione capitalistico segnato, poniamo, dalla spirale di un debito pubblico continuamente rinnovato per autopagarsi, dalle inefficienze della burocrazia, dallo spreco di risorse, dalla distorsione del risparmio verso forme d’impiego poco produttive (o affatto improduttive) per la comunità, costituisce una forma di inequivocabile negazione dell’etica in economia. Del pari nega l’etica un sistema che persegua solo l’efficienza economica alla Pareto. Entrambi i “modelli” riflettono l’antinomia già denunciata nell’Ottocento da Mill, quando contrappone il produttivismo del mercato all’equità distributiva delle forze sociali. D’altra parte, tale contrapposizione non di SILVIA GUIDI Renato Guttuso, «Vucciria» (1974) esaurisce le opzioni della politica economica e lascia fuori, ad esempio, il percorso che, partendo da Smith, passando attraverso gli apporti teorici della Scuola austriaca e giungendo ad Hayek, punta al “pubblico bene”, non per via diretta, bensì per via indiretta. Né va tralasciato che il sistema capitalistico dispone di un’intrinseca potenzialità autocorrettiva, nel senso della schumpeteriana «distruzione creatrice», il che significa che possiede una capacità di trasformazione dall’interno, permanente, continua. Su quest’ultimo punto concordano i più recenti orientamenti della dottrina sociale della Chiesa, la quale, mentre riconosce la necessità che la produzione non si sottrag- ga all’adozione delle tecniche più convenienti, al calcolo dei costi rapportati ai ricavi, al “ragionevole” soddisfacimento della domanda dei consumatori, perché agendo secondo questa logica si produce reddito, prospetta pure la necessità di tassare tale reddito e di ridistribuirlo sotto forma di spesa pubblica, con conseguente creazione di nuovo reddito, di nuova occupazione. Lo Stato, a sua volta, deve saper spendere produttivamente, e fornire nel contempo i beni e i servizi pubblici fondamentali. Se il sistema capitalistico segue siffatti canoni di efficienza produttiva, la mano pubblica può operare secondo criteri di equità distributiva, perché i due momenti fanno parte di un unico processo. «È inutile parlare di ecologia se si parte da una mentalità scientista, veteropositivista; senza la percezione della sacralità del creato, prevarrà comunque la logica dell’utile. La terra non è e non sarà mai una merce». A parlare è Giannozzo Pucci — omonimo del trisavolo amico di Lorenzo il Magnifico — direttore della Libreria Editrice Fiorentina (Lef), da sempre (fin dalla fondazione, nel 1902) attenta alla dottrina sociale della Chiesa, alla tutela e alla riscoperta delle tradizioni popolari, polo di attrazione di figure del calibro di Giovanni Papini, Piero Bargellini, Carlo Betocchi, Fioretta Mazzei e Giorgio La Pira. Nel 2004 la Lef ha dato vita alla rivista «L’ecologist italiano», redazione italiana di «The ecologist», fondata da Edward Goldsmith nel 1970, oggi pubblicata in più lingue e con redazioni in Inghilterra, India, Nuova Zelanda, Francia, Spagna, Brasile, Libano. L’ultimo volume in catalogo della Lef è La Chiesa e la terra (Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 2013, pagine 256, euro 18) del teologo domenicano irlandese Vincent McNabb (1868-1943) amico di G. K. Chesterton e Hilaire Belloc. Il saggio — spiega l’editore — pubblicato originariamente nel 1925 e tradotto per la prima volta in italiano, riempie un vuoto, una colpevole assenza, «quasi una capitolazione al mondo da parte di un certo sedicente realismo cattolico che ha diviso una fede privata con l’anima, le preghiere ed alcune opere di misericordia corporale da una parte ed una dimensione pubblica che, dall’altra, ha lasciato il mondo nelle mani degli esperti della trasformazione delle pietre in pani, susci- Le conclusioni del convegno in Vaticano Le sfide dell’alimentazione di LUCA M. POSSATI Educazione, biotecnologie, cultura al servizio della vita: sono questi i temi principali su cui si sono concentrati i partecipanti al convegno «Bread and Brain. Education and Poverty», organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, che si conclude oggi alla Casina Pio IV in Vaticano. Il convegno ha tracciato un bilancio complessivo degli effetti della povertà sullo sviluppo della mente umana, anzitutto a livello neuronale, in una prospettiva for- temente interdisciplinare. Per questo, sono stati chiamati a confrontarsi sociologi, neurologi, economisti, biologi ed educatori. Una delle maggiori sfide poste dalla povertà nel mondo globalizzato è quella di cercare di migliorare la qualità dell’alimentazione delle popolazioni più in difficoltà. E questo — secondo quanto è emerso dalle relazioni del convegno — passa soprattutto attraverso strategie precise per implementare le coltivazioni, fornire maggiori quantità di micronutrienti necessari allo sviluppo, combattendo ogni genere di sfruttamento. Anche per questo, l’uso delle tecnologie deve essere ben ponderato e finalizzato esclusivamente a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, proteggendone gli strati più deboli. Solo strategie di questo tipo possono contrastare anche un fenomeno complesso come la Hidden Hunger, cioè la fame nascosta, che è la cronica mancanza di micronutrimenti essenziali allo sviluppo. Questa piaga colpisce oltre due milioni di persone nel mondo. Le conseguenze per il fisico sono devastanti, non solo sul piano dello sviluppo neuronale. La giornata di ieri, martedì 5, è stata dedicata ad aspetti più tecnici delle deficienze nutritive e dello sviluppo umano. È stata dunque affrontata la spinosa questione della sicurezza alimentare, un concetto che presenta diverse dimensioni: la disponibilità del cibo, la stabilità dell’accesso alle risorse per tutte le popolazioni, l’uso razionale degli alimenti mediante diete ben definite ed equilibrate, le procedure necessarie per garantire livelli adeguati di igiene. E anche in questo delicato settore possono giocare un ruolo importante le nuove tecnologie. In diverse relazioni si è poi parlato, nell’ottica di un approccio più comprensivo al problema della sicurezza alimentare, della sfida di una regolazione dei prezzi alimentari. Il convegno ha inoltre richiamato l’attenzione sulle migrazioni, anche alla luce delle attuali emergenze, mettendo in rilievo le diverse variabili che regolano questo complesso fenomeno. Nello specifico, è stato posto l’accento sul ruolo della famiglia, su come cambia il nucleo familiare in società plasmate da ondate migratorie su scala globale. Questo ha permesso di tracciare alcune linee di ricerca per capire meglio come permettere, oggi, una maggiore integrazione a livello educativo, linguistico e culturale. Jean-François Millet, «Angelus» (1857-1859) tando una legittima domanda: la fede in un Dio che si è incarnato come può non incarnarsi nella vita quotidiana?». La sapienza moderna incita le persone ad affollare le città o le loro periferie, ad avere pochi figli, a vivere a credito. Insegna a considerare inevitabile l’industrializzazione, a ritenere contemporaneamente normale e desiderabile un’esistenza fatta di velocità, rumore, rapporti interpersonali usa e getta. La Chiesa insegna il contrario; proclama la gioia di vivere, di formare una famiglia numerosa, di possedere ricchezze giuste e reali e non apparenze artificiali e illusorie, di interessarsi ai bisogni delle persone e non delle macchine, di pensare alla vita oltre la vita, strada maestra per la vera realizzazione di sé. Questi insegnamenti, suffragati da studi e statistiche, da un’analisi attenta delle strutture sociali e del cuore umano, sono alla base del movimento del Distributismo, spiegato in La Chiesa e la terra con una prosa concisa, penetrante e provocatoria. «L’autore — continua Giannozzo Pucci — scrive poco prima della crisi del 1929: le sue ricette morali e materiali per quella crisi sono ancora più attuali oggi, in un’epoca in cui tutti i nodi della bancarotta del sistema industriale e virtuale previsti da McNabb stanno venendo al pettine». Last but not least l’intervento di suor Helen Alford, consultore del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace e preside della Facoltà di Scienze sociali all’Angelicum, tra il pubblico intervenuto a Roma per la presentazione del libro, che ha preso la parola per raccontare la sua storia — sua madre era una parrocchiana di McNabb ed ebbe modo di conoscerlo bene, ma comunque migliaia di persone lo sentivano parlare ad Hyde Park, dalla classica soap box degli oratori — e spiegare ai non specialisti le tante varianti della “terza via” suggerita dal Distributismo, perché, citando Keynes, «non c’è niente di più pratico che una buona teoria» . L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 7 novembre 2013 Cinquemila persone hanno partecipato al tradizionale pellegrinaggio Solidarietà e servizio priorità della comunità ecclesiale Tamil e cingalesi ai piedi della Signora di Lanka Per l’India e per i suoi poveri COLOMBO, 6. Oltre cinquemila giovani cattolici, tamil e cingalesi, provenienti da ogni distretto dello Sri Lanka, hanno partecipato nei giorni scorsi al tradizionale pellegrinaggio presso il santuario di Nostra Signora di Lanka. È stata «una benedizione per tutti noi giovani poter pregare insieme ai piedi della Madonna», ha affermato all’agenzia AsiaNews un ragazzo tamil originario del nord dello Sri Lanka, che per la prima volta nella sua vita ha compiuto un pellegrinaggio nel famoso santuario del Paese assieme a coetanei di altre etnie, organizzato dalla National Youth Federation. Tema della giornata scelto dai promotori: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Matteo, 28, 19). La giornata, dedicata al pellegrinaggio, è iniziata con un servizio di preghiera davanti all’antica grotta che ospita la statua della Madonna. I ragazzi hanno poi compiuto una processione, camminando divisi per diocesi e mostrando i colori “tipici” delle loro parrocchie e manifesti dedicati alla Vergine. Durante il cammino, alcuni di loro hanno intonato inni. Al termine della processione, tutti insieme hanno recitato l’Ave Maria in tamil e singalese. Dopo la preghiera speciale, il vescovo di Jaffna, monsignor Thomas Savundaranayagam Emmanuel, ha impartito loro la benedizione. Dinanzi al santuario della Madonna, i ragazzi hanno letto un’intenzione: «Aiutaci Amma (Madre) a cercare la giusta soluzione ai problemi che affrontiamo in questa fase della nostra vita. Nostra amata Amma, sii con noi sempre e sostienici nel rimanere saldi nell’amore di Dio, quando affrontiamo sconfitte, preghiamo per i nostri errori e siamo vulnerabili». Ad AsiaNews Berni Fernando, presidente del gruppo giovani della parrocchia di Katana, nella diocesi di Colombo, e Nisansala Madhushani, della diocesi di Ratnapura, hanno raccontato di essere state «davvero felici per aver avuto questa grande opportunità. È davvero una benedizione per noi vedere così tanti giovani del Nord e del Sud insieme con un unico scopo: mostrare la nostra unità». Il santuario di Nostra Signora di Lanka si trova nella basilica di Tewatta, voluta dall’allora arcivescovo di Colombo monsignor Jean-Marie Masson. Nel 1940 il presule fece voto di costruire una basilica dedicata alla Vergine, se all’isola fossero stati risparmiati gli orrori della guerra. Nel 1946 ottenne poi il permesso di realizzare quanto promesso, dediando la chiesa a Nostra Signora di Lanka. Papa Pio XII nel 1948 proclamò la Madre Benedetta quale protettrice dello Sri Lanka. La prima pietra fu posta il 4 febbraio del 1951 e la statua della Madonna fu benedetta da Pio XII e portata nell’isola nel 1952. La messa di consacrazione del 1974 fu officiata da tutti i vescovi del Paese, guidati dal cardinale Thomas Benjamin Cooray. MUMBAI, 6. La Chiesa in India non può restare muta testimone della povertà e delle grandi contraddizioni che attraversano il Paese. Deve, al contrario, mostrare sempre più il suo volto caritatevole, accogliendo l’invito di Papa Francesco per una Chiesa che sia realmente al servizio dei più poveri della società. È l’impegno ribadito nel corso di un simposio nazionale organizzato, in occasione della chiusura dell’Anno della fede, per riflettere sull’applicazione, nell’India di oggi, della dottrina sociale della Chiesa, alla luce dei documenti del concilio Vaticano II. All’incontro hanno partecipato vescovi, sacerdoti, religiosi e 550 delegati provenienti da 44 diocesi di tutto il Paese. «Abbiamo riflettuto sull’India di oggi. Il nostro è un Paese segnato da grande progresso economico e tecnologico, un Paese che sta diventando sempre più omogeneo sotto l’impatto dei media e della globalizzazione. Ma l’India ha anche i suoi lati negativi», ha detto il vescovo ausiliare di Bombay, Agnelo Rufino Gracias, presidente della Commissione per la teologia e la dottrina della Conference of Catholic Bishops of India. L’India è un Paese grande come le sue contraddizioni. Da un lato c’è un’economia in rapido sviluppo, e dall’altro un crescente numero di poveri del tutto ignorati. Una persona su tre è sotto la soglia di povertà, con circa 300 milioni di migranti in cerca di lavoro e di sopravvivenza. Secondo il Global Hunger Index Report 2011-2013, un quarto della popolazione mondiale affamata vive in India (210 milioni su 842 milioni) e il 43,5 per cento dei bam- Dopo le violenze del 2008 In Orissa c’è chi ancora reclama giustizia Invito del cardinale arcivescovo di Colombo Pastori più vicini ai fedeli COLOMBO, 6. Pastori capaci di essere sempre più a contatto con le comunità locali e specialmente con le persone più svantaggiate nello Sri Lanka: questo è l’invito lanciato dall’arcivescovo di Colombo, cardinale Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, in un recente incontro con i presbiteri dell’arcidiocesi. Al centro del Presbyteral Meeting 2013 vi sono state una serie di riflessioni su come sviluppare nuove strategie per approfondire la fede nella popolazione. Il cardinale ha auspicato che, in occasione del lancio dell’Anno Mariano nell’arcidiocesi — previsto per il 24 novembre — siano poste in programma nelle varie comunità parrocchiali una serie di iniziative, tra le quali anche la costruzione di nuove strutture di accoglienza per i poveri. Il porporato ha osservato in particolare che i pastori nel loro servizio caritativo devono assumere un atteggiamento che sia comunque rispettoso della dignità delle persone. «Un importante modo nel quale possiamo renderci più amati dalla nostra popolazione — ha affermato il cardinale — è proprio quello di non offendere la sensibilità dei poveri in alcun modo». L’arcivescovo di Colombo, durante il suo intervento, ha anche suggerito una serie di misure pratiche per migliorare l’attività spirituale e di assistenza sociale. Il cardinale ha invitato i presbiteri «ad abbandonare la mentalità da ufficio» e a essere sempre più vicini ai bisogni dei fedeli con presenza più costante e attiva sul territorio. Il riferimento, fra l’altro, è alla necessità «di visitare personalmente e con costanza» le famiglie all’interno della comunità incoraggiandole «a essere più forti nella fede». Secondo il porporato, tra le necessità c’è quella di assicurare un’assistenza spirituale continua alle persone malate con visite periodiche negli ospedali. Più in generale, il cardinale ha indicato come via per rinsaldare i legami tra le comunità anche quella di organizzare incontri periodici tra i fedeli e i reli- giosi al fine di condividere esperienze e testimonianze. Infine, un richiamo è anche alle esigenze delle nuove generazioni. Il porporato ha infatti esortato i presbiteri a prendersi cura particolare nei confronti anche dei giovani, organizzando campi scuola estivi e altre iniziative per contribuire alla loro formazione spirituale. Come accennato, il 24 novembre verrà lanciato dall’arcidiocesi di Colombo, l’Anno Mariano. Nei giorni scorsi migliaia di fedeli hanno partecipato a funzioni eucaristiche e incontri di preghiera, con la recita del Santo Rosario e momenti di adorazione in diverse zone del Paese. Quest’anno in particolare, la giornata più significativa si è celebrata il 16 ottobre scorso quando una folla di migliaia di persone si è riunita a Kurunegala per la recita di uno speciale Rosario nazionale. Nel corso della giornata si sono tenute preghiere e canti. Nell’omelia della messa il cardinale Ranjith ha ricordato che «abbiamo una mamma in terra e una Madre celeste nei cieli che si prende cura di noi». Il porporato ha sottolineato anche che i cattolici si affidano spesso alla cura amorevole di Maria, «perché possiamo essere sicuri e convinti che Lei ci ama». BHUBANESWAR, 6. «I cristiani sono scoraggiati e si sentono abbandonati dal sistema giudiziario». Dopo cinque anni dai tremendi fatti dell’estate 2008 in Orissa — cento morti e circa cinquantamila cristiani sfollati — due testimoni diretti del pogrom, padre Dibakar Parichha, avvocato e portavoce dell’arcidiocesi di Cuttack-Bubhaneswar, e padre Mrutyunjaya Digal, economo della stessa arcidiocesi, tracciano un bilancio di quanto è avvenuto dopo la campagna di persecuzione. In un’intervista rilasciata a Églises d’Asie, i due religiosi parlano del clima d’insicurezza e di situazioni di palese ingiustizia. «Ci sono ancora molti autori di violenze latitanti o che sono stati subito rilasciati. Ci sono troppo crimini impuniti, troppe ingiustizie». Infatti, spiega padre Digal, su un totale di di 3.232 casi segnalati all’autorità di polizia, solo 828 sono stati ufficialmente registrati. Di questi soltanto 327 sono stati portati di fronte all’autorità giudiziaria, che ha eseguito solo 86 condanne. Per altro verso la magistratura ha assolto 1.597 sospetti mentre migliaia di altre migliaia di presunti aggressori non sono nemmeno stati contattati dalla polizia. I cristiani, insomma, «devono riconquistare la fiducia. Non sono accettati i loro reclami, i criminali non vengono portati davanti alla giustizia, e quando lo sono, essi sono condannati solo molto raramente, mentre persone innocenti vengono accusate ingiustamente». Proprio nei giorni scorsi, un tribunale dell’Orissa ha prosciolto dalle accuse 54 estremisti indù accusati di saccheggi e violenze anticristiane compiute nel Natale 2007 nel distretto di Kandhamal, nello Stato indiano dell’Orissa. Fra le distruzione compiute vi fu anche la devastazione di una chiesa battista nel villaggio di Barakhama e l’incendio di numerose case di fedeli cristiani. Le violenze del Natale 2007 furono un triste presagio e quasi una «prova generale» dei massacri di cristiani compiuti nello stesso distretto nell’agosto del 2008. Anche per questi ultimi attacchi, la maggior parte dei colpevoli resta impunita. Durante il processo, in diversi casi, i testimoni oculari, anche sull’onda di pressioni e minacce, hanno ritrattato e sono decadute le accuse più gravi, come omicidio, stupro, incendio doloso. Secondo il Global Council of Indian Christians (Gcic), «le prove nel processo dei 54 uomini erano evidenti e incontrovertibili». Per questo, il Consiglio ha invitato la Commissione nazionale per i Diritti umani a «prendere atto degli abusi su larga scala subiti dai cristiani e a intraprendere nuove indagini». Il Gcic ha rilevato «il totale fallimento nell’amministrazione della giustizia», ricordando che, secondo ricostruzioni già accertate all’epoca dei fatti, la violenza del Natale 2007 era stata «perfettamente organizzata e programmata». Nell’ottobre del 2012 anche la Corte Suprema dell’India ha sollevato il dubbio sulle «assoluzioni facili» nei casi di violenza religiosa in Orissa, che hanno «guastato la percezione di un giusto processo». Paradossalmente, un mese fa, sette cristiani sono stati invece condannati da un tribunale di primo grado in Orissa, per il presunto omicidio, nell’estate 2008, di un leader indù che, secondo i cristiani, fu ucciso da gruppi maoisti. Proprio quell’episodio venne usato come pretesto dagli estremisti indù per scatenare la violenza contro i cristiani in Orissa. «Era già molto tempo — ricorda padre Parichha — che era in corso una campagna di odio da parte degli indù in Orissa. La stragrande maggioranza dei cristiani nella regione è “tribale” o dalit, mentre gli estremisti indù intendono continuare con le loro pratiche disumane e le discriminazioni di ogni genere al fine di mantenere il potere su di loro. Ecco perché costantemente accusano i cristiani di “conversioni forzate”, chiedendo loro di tornare alle loro credenze indù, cosa che per i tribali è anche assurdo perché prima erano animisti e non indù». bini malnutriti sotto i 5 anni al mondo sono indiani. In questo contesto si è dunque svolto il simposio della Chiesa in India, che ha avuto lo scopo di riflettere su come poter svolgere un ruolo profetico e di testimonianza per la persona e il messaggio di Gesù. E su come concretamente poter combattere la diffusa povertà e costruire una reale civiltà dell’amore. In particolare, i partecipanti all’incontro hanno sviluppato alcune linee d’azione. In primo luogo, è stato chiesto di seguire con fedeltà l’invito di Papa Francesco che ripetutamente chiede che la Chiesa sia «la Chiesa dei poveri». In questo senso, l’episcopato è stato sollecitato a rendere più efficace l’Education Policy, per spingere le scuole cattoliche e gli altri istituti educativi della Chiesa a essere ancora più vicini ai poveri. I partecipanti al simposio si sono detti poi pronti a combattere la cosiddetta cultura del benessere, «che ci fa pensare a noi stessi e ci rende insensibili ai bisogni degli altri, e che conduce a una “globalizzazione dell’indifferenza”. Come l’uomo ricco nella parabola di Gesù, noi siamo abituati alla sofferenza di Lazzaro. Essa non ci preoccupa». Di qui un impegno che è chiamato a coniugarsi con le azioni di ogni giorno, contrastando ingiustizie e irregolarità. «Noi lotteremo contro la corruzione in ogni modo possibile, né pagheremo o daremo mazzette, chiedendo una ricevuta per ogni acquisto, pagando salari giusti a quelli che lavorano per noi. Useremo i meccanismi e le facilitazioni disponibili, come il Right to Information Act e il Food Security Bill (il provvedimento che prevede la distribuzione di cibo a prezzi calmierati) per combattere la corruzione e lenire le fatiche dei poveri. Saremo coraggiosi nel denunciare tutto ciò che è malvagio, ingiusto e sbagliato, per annunciare davvero la Buona Novella. La cultura del silenzio ha portato alla “cultura della morte”». Infine, l’impegno ad avere «particolare attenzione verso i deboli e gli emarginati, in particolare i dalit, unendoci alle proteste contro la violazione dei diritti umani. Esortiamo le nostre parrocchie a essere più attente nei loro confronti, accogliendoli nelle nostre parrocchie. Vogliamo essere persone che offrono loro speranza. Seguendo l’esempio dei primi cristiani, che hanno condiviso generosamente con i poveri, faremo personali sacrifici, per quanto essi possano costarci, per i poveri, i dalit e i tribali di oggi. Solo allora diventeremo davvero la Chiesa dei poveri». L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 7 novembre 2013 pagina 7 I gruppi presenti in piazza San Pietro All’udienza generale di mercoledì 6 novembre 2013, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi: Dall’Italia: Pellegrinaggi dalle Diocesi: Teramo-Atri, con il Vescovo Michele Seccia; Porto - Santa Rufina, con il Vescovo Gino Reali; Teggiano-Policastro, con il Vescovo Antonio De Luca; Patti, con il Vescovo Ignazio Zambito. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Santa Maria Assunta, in Avio; Santa Maria Assunta, in Crescentino; Maria Immacolata, in Calderara di Paderno Dugnano; Santi Apostoli Pietro e Paolo, in Gerenzano; San Martino, in Legnago; Santa Maria Maggiore, in Sondalo; San Giacomo, in Teglio; Santo Stefano, in Mazzo di Valtellina; San Giorgio, in Varese; San Michele Arcangelo, in Montù Beccaria; Santi Nazario e Celso, in Verano Brianza; Santa Maria Assunta, in Mirabello di Pavia; Santi Felice e Francesco d’Assisi, in Prestino di Como; Maria Vergine Incoronata, in Castelletto Stura; Immacolata, in Galliate; Santa Maria della Stella, in Druento; San Grato, in Cafasse; Assunta, in Monasterolo; San Pietro, in Cento; Santissima Trinità, in Dodici Morelli; San Francesco d’Assisi, in Imola; San Martino, in Pesaro; Santa Vittoria, in Castilenti; Santa Maria Assunta, in Piteglio; San Pietro, in Luco di Mugello; San Pio X, in Chieti Scalo; Santa Maria Maggiore, in Città di Castello; Santo Stefano, in Bracciano; Santa Eurosia, in Lariano; Cattedrale di Vieste; San Domenico, in Gravina di Puglia; Sacro Cuore di Gesù, in Andria; Santa Maria Maggiore, in Mirabello Eclano; Spirito Santo e Nostra Signora del Santissimo Rosario di Fatima, in Napoli; Santa Maria a Pugliano, in Ercolano; Madonna della Neve, in Ponticelli Sant’Eustachio, in Salerno; Maria Santissima delle tre Corone, in Sarno; Santa Maria del Carmine, in Avigliano; Santa Maria degli Angeli, in Guardavalle Marina; San Francesco di Paola, in Corigliano Calabro; Sacro Cuore di Gesù e Madonna di Loreto, in Cosenza; Santissima Trinità, in Rende; Santi Pietro e Paolo, in Pedivigliano; Santa Maria Assunta, in Scigliano; Sacro Cuore di Gesù, in Verbicaro; Maria Madre della Chiesa, in Rossano Scalo; Santa Maria del Rosario, in Torre Archirafi. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Vercelli, Vago di Lavasmo, Portoferraio, Rovito, Bellinzago Novarese, Alano di Piave, Piamborno, Cave, Gallignano. Unione nazionale delle Pro Loco d’Italia; Protezione civile gruppo Lucano; Delegazione delle Universiadi Invernali; Rotary Club Orta San Giulio; Lions Club, di Gioia del Colle; Panathlon International; Gruppo Carabinieri, da Vicenza; Unione Nazionale Ufficiali in congedo, di Bari; Associazione Misasi, di Cosenza; Associazione Dipendenti Maricorderia, di Castellammare di Stabia; Associazione Maria Porta del Cielo; Associazione culturale ferrovieri, di Bari; Associazione Guttuso, di Favara; Associazione centro polivalente, di San Pietro Vernotico; Associazione dopolavoro ferroviario, di Pescara e di Messina; Associazione nazionale Carabinieri, di Fano; Associazione dipendenti comunali, di Cattolica; Associazione donne rurali del Bleggio; Associazione Filo di Arianna, di Caserta; Associazione Arkadia, di Arezzo; Associazione Fratres, di Poggiardo; Associazione Bambino Gesù Egitto, di Borghetto Santo Spirito; Associazione Cardascia, di Rutigliano; Associazione laziale malati reumatici, di Cittaducale; Associazione Primo Levi, di Vergato; Associazione Carneo, di Concordia Sagittaria; Associazione I bambini dell’arcobaleno, di Longa- Lutto nell’episcopato Monsignor Vasco Giuseppe Bertelli, vescovo emerito di Volterra, è morto sabato 2 novembre, a Firenze. Il compianto presule era nato a Pontedera, nell’arcidiocesi di Pisa, il 23 gennaio 1924 ed era stato ordinato sacerdote il 5 aprile 1947. Eletto alla Chiesa residenziale di Volterra il 25 maggio 1985, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 29 giugno. Il 18 marzo 2000 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le esequie sono state celebrate lunedì pomeriggio, 4 novembre, nella cattedrale di Volterra. rone; Associazione sportiva, di Pizzighettone; Associazione pensionati agricoltori, di Ferrara; Associazione di solidarietà sociale, di Baveno; Associazione Il Melograno; Associazione genitori in cammino, con l’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio Luigi Negri; Associazione pellegrini Santa Rita, di Potenza; Associazione Nazionale Forestali, di Viterbo; Gruppi di Azione Cattolica, di Montevarchi, Campagnola Emilia; Gruppo Acli dalla Valle d’Aosta; Gruppi di preghiera Padre Pio, di Piazza Armerina, Lodi; Gruppo Amici del Beato Luigi Monza, di Ostuni; Ex-allieve Salesiane, del Piemonte; Gruppo Maria Madre della Speranza, di Campofelice di Roccella; Comunità missionaria Giovanni Paolo II, di Napoli; Gruppo Gesù-Maria, di Messina; Gruppo Sorelle della carità, di Novara; Associazione Giovanni Paolo II, di Polignano a Mare; Gruppo I giullari di Dio, di Torino; Centro volontari della sofferenza, di Salerno; Dipartimento salute mentale, di Montesarchio-Bucciano; Gruppi dell’Unitalsi, di Giulianova, L’Aquila, Triveneto; Azienda unità sanitaria locale Umbria 2; Gruppo del Policlinico San Matteo, di Pavia; Croce Rossa, di Savigliano e di Zungri; Gruppo Cisl Veneto; Azienda Sanitaria di Cosenza; Unità Acquedottisti, di Puglia; Gruppo Bersaglieri, di Biella; Circolo Unicredit, di Treviso; Confederazione nazionale artigianato piccola e media impresa; Cooperativa Oltre i sogni, di Sor- rento; Centro Ermerino studi amministrativi, di Piazza Armerina; Centro sociale di Villanova; Gruppo Credito cooperativo Valdarno Fiorentino; Gruppo La Boxe nel cuore; Polisportiva Atletico Fiuggi Calcio; Corpo musicale «Giuseppe Verdi», di Fognano; Gruppo Ochestra Katty, di Bergamo. Gruppi di studenti: Liceo Leopardi, di Lecco; Istituto Wojtyła, di Arzano; Istituto Midossi, di Nepi; Istituto Majorana, di Avezzano; Istituto Einaudi, di Canosa di Puglia; Istituto Giannone, di Pulsano; Istituto Don Giussani, di Ascoli Piceno; Istituto Galilei, di Canicattì; Scuola Pio X, di Treviso; Scuola Salotto e Fiorito, di Rivoli; Scuola Giampaglia, di Ercolano; Scuola materna, di Gerano. Gruppi di fedeli da Cittaducale, San Marco Argentano, Acerra, Porcari, Massafra, Verla di Giovo, Magliano de’ Marsi, Maltignano, Montala, Livigno. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Croazia, Repubblica Ceca, Pellegrinaggio nazionale dei Rom-Zingari dall’Ungheria. I polacchi: Ojcowie i bracia paulini pełniący posługę duszpasterską w Stanach Zjednoczonych Ameryki; pielgrzymi z diecezji łowickiej; pielgrzymi z parafii: św. Jadwigi Królowej z Kielc, Miłosierdzia Bożego z Bełchatowa, Wniebowzięcia Najświętszej Maryi Panny z Woli Radziszowskiej; Zespół Szkół Specjalnych nr 11 z Krakowa; pracownicy i grupa producentów Spółdzielczej Mleczarni «Spomlek» z Radzynia Podlaskiego; pielgrzymi indywidualni. De France: pèlerinage du diocèse de Vannes; pèlerinage du diocèse de Chalons en Champagne; paroisse Sainte-Thérèse en haute vallée, d’Allonnes; paroisse de Herrlisheim; paroisse de Ciboure; pèlerinage des Saintes-Maries-de-la Mer; groupe La Croix glorieuse, Strasbourg; Collège Fénelon-Sainte-Marie, de Paris. From various Countries: Participants in the 44th International Congress of the Italian Society of Orthodontics. From Great Britain: a group of diocesan Vocation Directors of England and Wales participating in their annual conference. From England: Priests celebrating the Diamond and Golden Jubilees of Priestly Ordination, accompanied by Bishop Howard Tripp. Pilgrims from the following parishes: Sts Ethelbert and Gertrude Parish, Ramsgate; St Joseph, Reading. From Ireland: Pilgrims from the Diocese of Waterford and Lismore. From Denmark: Pupils and staff from: St James Catholic School, Horsens; St Michael Catholic School. Prima dell’udienza generale, all’arco delle Campane, Papa Francesco ha acceso e benedetto la fiaccola delle Universiadi che si svolgeranno in Trentino dall’11 al 21 dicembre. A presentare la torcia al Papa è stato il presidente della manifestazione Sergio Anesi. Tra i presenti — con il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie con delega allo Sport Graziano Delrio e le autorità civili — anche l’arcivescovo di Trento monsignor Luigi Bressan che rimarca «la vicinanza del Papa ai giovani universitari» e la sua «attenzione per uno sport pulito». Le Universiadi trentine hanno registrato il record del numero di iscritti: oltre 3.600 tra atleti e tecnici di 61 Paesi, assistiti da 1.500 volontari locali. «Da piazza San Pietro — spiega Anesi — ora partirà un tour internazionale, con tappe anche nelle principali università italiane. La torcia è stata progettata dal dipartimento di ingegneria industriale dell’università di Trento e la sua linea richiama per forma e colore la genziana, un fiore di montagna». From Australia: The University of Newcastle Chamber Choir. From Japan: Pilgrims from St Paul High School, Toyko. From the United States of America: Pilgrims from the following archdioceses: the Archdiocese of Chicago, Illinois; the Archdiocese of New Orleans, Louisiana. Pilgrims from the following dioceses: Fairbanks, Alaska; Owensboro, Kentucky; Bismark, North Dakota; Permanent Diaconate Candidates, Diocese of Fargo, North Dakota. Pilgrims from the following parishes: Resurrection, Escondido, California; St Frances of Rome, Wildomar, California; St Vincent, Broward County, Florida; St Casimir, Wells, Minnesota; St Mary, Claremont, New Hampshire; Cathedral of St Augustine, Newark, New Jersey; St Columba, Newark, New Jersey; Assumption of the Blessed Virgin Mary, Providence, Rhode Island; Our Lady of Atonement, San Antonio, Texas; San Francesco di Paola, San Antonio, Texas; St Joseph, Racine, Wisconsin; St Paul Parish Choir School, Cambridge, Massachusetts; a Choir and pilgrims from Immaculate Conception Parish and St Mark’s Parish, diocese of Raleigh, North Carolina; Pilgrims from the National Shrine of Our Lady of Czestochowa, Doylestown, Pennsylvania; pilgrims from Mercy College of Health and Sciences, Des Moines, Iowa; a delegation from the United Jewish Appeal Federation; Pilgrims from Radio Mario, Chicago, Illinois. Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Michael, Brakel; St. Blasius, Dietmannsried; Heiligstes Herz Jesu, Haus im Wald/Grafenau; St. Johannes der Täufer, Hildesheim; St. Ulrich und St. Nikolaus, Ingerkingen; St. Margaretha, Lengerich; St. Josef und St. Medardus, Lüdenscheid; St. Peter und Paul, Mittenwald; St. Joseph, Schwäbisch Hall; St. Peter, Worms-Herrnsheim; Mariä Himmelfahrt, Würding; Pilgergruppen aus dem Erzbistum München und Freising; Bistum Rottenburg-Stuttgart; Pilgergruppen aus Aachen; Eschbronn; Gießen; Hamburg; Heimertingen; Ingolstadt; Karlsruhe; Karlsruhe-Neustadt; Köln; Münster; Neumünster; Nürburg; Ulm; Waiblingen; Evangelische Kirchengemeinde Paul Gerhardt, Hannover-Badenstedt; Leserreise der Kirchenzeitungen für die Bistümer Fulda, Limburg und Mainz; Bundespolizeidirektion Berlin; Leserreise Deggendorfer Zeitung; Leserreise Traunsteiner Tagblatt; Schülerinnen, Schüler und Lehrer folgender Schulen: Berufskolleg St. Michael, Ahlen; Realschule Maria Ward, Deggendorf. Aus der Republik Österreich: Pilger aus dem Erzbistum Salzburg; Pilgergruppen aus Peuerbach; Neukirchen am Großvenediger. Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilgergruppe aus dem Wallis. Aus der Provinz Bozen — Republik Italien: Pilger aus Bozen; Bruneck; Pilgergruppe des Grand Prix der Volksmusik. Uit het Koninkrijk der Nederlanden: Pelgrimsgroep uit het Bisdom Haarlem-Amsterdam; Pelgrimsgroep uit Voerendaal. De España: Parroquia Santa María, de Villafranca; Parroquia San Ginés de la Jara, de Cartagena; Germandat Verge de Montserrat, de Barcelona; Federación de centros sociales de Mayores, de Murcia; Asociación provincial Amas de casa, de Tyrus Torrente. De distintos Países: Fundación Líderes globales para el Fomento de los Gobiernos Locales. De México: grupo de San Luis Río Colorado, Sonora; grupo de estudiantes mexicanas; grupo Jesús de Belén, de Guadalajara. De Panamá: grupo de niñas y adolescentes. De Argentina: grupo Mensajeros de paz. De Portugal: Amigos da Companhia de Jesus. Do Brasil: Paróquia de Nossa Senhora do Rosário de Fátima, de São Bernardo do Campo; Paróquia de São Sebastião, de Bauru. Nuovo appello della Conferenza episcopale degli Stati Uniti sul tema dei servizi abortivi inclusi nelle assicurazioni sanitarie dei lavoratori In difesa dell’obiezione di coscienza WASHINGTON, 6. Piani assicurativi sanitari che non obblighino le persone a violare le loro convinzioni morali e religiose. I vescovi cattolici degli Stati Uniti tornano ad appellarsi alle autorità federali chiedendo interventi per tutelare l’obiezione di coscienza di quanti si oppongono alla diffusione delle pratiche abortive. Il cardinale arcivescovo di Boston, Sean Patrick O’Malley, presidente del Comitato per le attività pro-vita della Conferenza episcopale, in una lettera inviata ai membri del Congresso, ha chiesto sostegno per l’approvazione di un proposta di legge con la quale si vorrebbe introdurre maggiore trasparenza nei piani assicurativi per quanto concerne la copertura economica dei vari servizi offerti, tra cui quelli volti a interrompere volontariamente la gravidanza. Si tratta, in particolare, dell’Abortion Insurance Full Disclosure Act, che toglierebbe il “segreto” nei piani assicurativi al fine di garantire una assoluta trasparenza in tema di copertura dei costi per i servizi abortivi. In base agli attuali regolamenti sanitari, un assicuratore può infatti evitare di specificare nei piani proposti ai clienti, indipendentemente dalle loro convinzioni morali o religiose, quale quota dei premi pagati può andare al sostegno collettivo di questi “servizi” definiti di prevenzione e cura per la salute delle donne. Citando, fra l’altro, un sondaggio del 2009, il cardinale O’Malley ha sottolineato che la maggior parte dei cittadini statunitensi e, in particolare la maggioranza delle donne, non vogliono la copertura dell’aborto all’interno dei loro piani assicurativi sanitari. I cittadini, ha osservato il porporato, «devono essere messi in grado di compiere una scelta informata su piani sanitari per se stessi e per le loro famiglie che non violino le loro convinzioni morali e religiose». In un precedente intervento il cardinale O’Malley aveva ricordato che dal 1973 il numero di aborti registratosi negli Stati Uniti ha toccato i cinquantacinque milioni: «La portata di questa perdita di nascite — ha sottolineato il porporato — è sconcertante ma ancora oggi la Corte di giustizia e molti altri nella nostra società la ritengono relegata a una questione di scelta personale». Il cardinale O’Malley ha auspicato che «le preghiere per difendere la vita e la libertà religiosa, la testimo- nianza per la dignità di ogni persona, il servizio di carità e le altre intenzioni di preghiera che richiamano l’infinito amore e la misericordia di Dio possano animare un rinnovamento di amore e di impegno per il vero bene a favore del prossimo». Nella lettera inviata ai membri del Congresso il porporato ha osser- vato che «le persone che sono a favore della tutela della vita non solo hanno una scelta limitata per quanto concerne l’offerta dei piani assicurativi sanitari ma la legge rende anche quasi impossibile scoprirne i contenuti». Pertanto, ha concluso, ogni tipo di scelta a favore della vita resterebbe «vuota» se la legge non ponesse le persone in grado di essere informate in maniera trasparente e completa sui contenuti dei piani sanitari. La riforma del sistema sanitario varata dall’amministrazione Obama, prevede che i piani di assicurazione sanitaria per i dipendenti di qualsiasi organizzazione includano dei servizi minimi obbligatori, fra i quali sono fatti rientrare anche i servizi abortivi, quali gli interventi chirurgici per la sterilizzazione e la prescrizione di tutti i contraccettivi presenti negli elenchi del Food and Drug Administration, compresi farmaci che provocano l’aborto nel corso delle prime settimane di gravidanza. Anche il cardinale arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale. Timothy Michael Dolan, ha sottolineato in un recente intervento che «forzare i cittadini a scegliere tra violare la loro coscienza e rinunciare alla loro salute è letteralmente irragionevole. Si tratta di un attacco tanto alla possibilità di accedere alla cure sanitarie quanto alla libertà religiosa. Ciò rappresenta una sfida storica alla libertà religiosa». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 giovedì 7 novembre 2013 Papa Francesco durante l’udienza generale ricorda la drammatica vicenda della piccola malata di atrofia muscolare spinale Un atto di carità per Noemi E invita a non essere aridi, indifferenti, distaccati ma capaci di entrare nella gioia e nel dolore altrui per farli propri Un atto di amore per Noemi. Lo ha chiesto Papa Francesco mercoledì mattina, 6 novembre, ai fedeli che hanno partecipato all’udienza generale in piazza San Pietro. Ricordando la drammatica vicenda della piccola colpita da una malattia neurodegenerativa che non lascia scampo, il Pontefice ha chiesto di pregare per lei e di riscoprire quella comunione «che ci rende capaci di entrare nella gioia e nel dolore altrui per farli nostri sinceramente». Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Mercoledì scorso ho parlato della comunione dei santi, intesa come comunione tra le persone sante, cioè tra noi credenti. Oggi vorrei approfondire l’altro aspetto di questa realtà. Vi ricordate che c’erano due aspetti: uno la comunione, l’unità fra noi e l’altro aspetto la comunione alle cose sante, ai beni spirituali. I due aspetti sono strettamente collegati fra loro, infatti la comunione tra i cristiani cresce mediante la partecipazione ai beni spirituali. In particolare consideriamo: i Sacramenti, i carismi, e la carità. (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 949-953). Noi cresciamo in unità, in comunione, con: i Sacramenti, i carismi che ciascuno ha dallo Spirito Santo, e con la carità. Anzitutto la comunione ai Sacramenti. I Sacramenti esprimono e rea- Ebrei e cattolici accanto ai poveri di New York La United jewish appeal, la più importante organizzazione caritativa della comunità ebraica di New York, ricalca nella sua opera «il messaggio di fondo di Papa Francesco a servizio dei poveri, degli anziani e dei giovani, in particolare quelli che vivono il dramma della disoccupazione». A riconoscerlo è Mark D. Medin, vice presidente dell’associazione ebraica che, insieme alla Caritas arcidiocesana newyorchese, è impegnata nel sostegno concreto ai più poveri della città. A conferma di questa collaborazione ad accompagnare la delegazione ebraica all’incontro con il Papa c’erano anche i rappresentanti dell’organizzazione cattolica. «Il rapporto con la comunità cattolica è per noi molto importante e cerchiamo di rendere ancora più stretta la collaborazione» spiega John S. Ruskay, vice presidente esecutivo della United jewish appeal, rimarcando la sintonia di vedute con Papa Francesco e ricordando anche i forti legami di amicizia del cardinale Bergoglio con la comunità ebraica a Buenos Aires. Sempre dagli Stati Uniti d’America sono arrivati «i venti sostenitori impegnati nella raccolta di fondi per il telescopio vaticano in Arizona» dice il gesuita argentino José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana. «Venerdì — aggiunge — conosceranno da vicino il nostro lavoro nella sede centrale a Castel Gandolfo. Intanto martedì hanno visitato l’Archivio Segreto e in particolare la Torre dei Venti, dove è nata la Specola». Duecento zingari ungheresi sono venuti in pellegrinaggio portando la croce che dieci anni fa, proprio in piazza San Pietro, aveva benedetto Giovanni Paolo II. L’incontro con Papa Francesco avviene, spiegano, in un momento complesso per la comunità rom magiara che vede una forte diffusione delle sette. Anche a nome del cardinale Stanisław Dziwisz, Gian Franco Svidercoschi ha presentato a Papa Francesco il libro, appena pubblicato, Ho vissuto con un santo (Milano, Rizzoli, 2013, pagine 220, euro 17). «La testimonianza sulla santità di Giovanni Paolo II raccontata dal suo segretario personale — spiega il giornalista — aiuta a capire meglio la grande umanità e l’intimità di un grande Pontefice che il 27 aprile sarà canonizzato». lizzano un’effettiva e profonda comunione tra di noi, poiché in essi incontriamo Cristo Salvatore e, attraverso di Lui, i nostri fratelli nella fede. I Sacramenti non sono apparenze, non sono riti, ma sono la forza di Cristo; è Gesù Cristo presente nei Sacramenti. Quando celebriamo l’Eucaristia è Gesù vivo, che ci raduna, ci fa comunità, ci fa adorare il Padre. Ciascuno di noi, infatti, mediante il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia, è incorporato a Cristo e unito a tutta la comunità dei credenti. Pertanto, se da un lato è la Chiesa che “fa” i Sacramenti, dall’altro sono i Sacramenti che “fanno” la Chiesa, la edificano, generando nuovi figli, aggregandoli al popolo santo di Dio, consolidando la loro appartenenza. Ogni incontro con Cristo, che nei Sacramenti ci dona la salvezza, ci invita ad “andare” e comunicare agli altri una salvezza che abbiamo potuto vedere, toccare, incontrare, accogliere, e che è davvero credibile perché è amore. In questo modo, i Sacramenti ci spingono ad essere missionari, e l’impegno apostolico di portare il Vangelo in ogni ambiente, anche in quelli più ostili, costituisce il frutto più autentico di un’assidua vita sacramentale, in quanto è partecipazione all’iniziativa salvifica di Dio, che vuole donare a tutti la salvezza. La grazia dei Sacramenti alimenta in noi una fede forte e gioiosa, una fede che sa stupirsi delle “meraviglie” di Dio e sa resistere agli idoli del mondo. Per questo è importante fare la Comunione, è importante che i bambini siano battezzati presto, che siano cresimati, perché i Sacramenti sono la presenza di Gesù Cristo in noi, una presenza che ci aiuta. È importante, quando ci sentiamo peccatori, accostarci al sacramento della Riconciliazione. Qualcuno potrà dire: «Ma ho paura, perché il prete mi bastonerà». No, non ti bastonerà il prete; tu sai chi incontrerai nel sacramento della Riconciliazione? Incontrerai Gesù che ti perdona! È Gesù che ti aspetta lì; e questo è un Sacramento che fa crescere tutta la Chiesa. Un secondo aspetto della comunione alle cose sante è quello della comunione dei carismi. Lo Spirito Santo dispensa ai fedeli una moltitudine di doni e di grazie spirituali; questa ricchezza diciamo “fantasiosa” dei doni dello Spirito Santo è finalizzata alla edificazione della Chiesa. I carismi — parola un po’ difficile — sono i regali che ci dà lo Spirito Santo, abilità possibilità... Regali dati non perché siano nascosti, ma per parteciparli agli altri. Non sono dati a beneficio di chi li riceve, ma per l’utilità del popolo di Dio. Se un carisma, invece, un regalo di questi, serve ad affermare se stessi, c’è da dubitare che si tratti di un autentico carisma o che sia fedelmente vissuto. I carismi sono grazie particolari, date ad alcuni per fare del bene a tanti altri. Sono delle attitudini, delle ispirazioni e delle spinte interiori, che nascono nella coscienza e nell’esperienza di determinate persone, le quali sono chiamate a metterle al servizio della comunità. In particolare, questi doni spirituali vanno a vantaggio della santità della Chiesa e della sua missione. Tutti siamo chiamati a rispettarli in noi e negli altri, ad accoglierli come stimoli utili per una presenza e un’opera feconda della Chiesa. San Paolo ammoniva: «Non spegnete lo Spirito» (1 Ts 5, 19). Non spegniamo lo Spirito che ci dà questi regali, queste abilità, queste virtù tanto belle che fanno crescere la Chiesa. Qual è il nostro atteggiamento di fronte a questi doni dello Spirito Santo? Siamo consapevoli che lo Spirito di Dio è libero di darli a chi vuole? Li consideriamo come un aiuto spirituale, attraverso il quale il Signore sostiene la nostra fede e rafforza la nostra missione nel mondo? E veniamo al terzo aspetto della comunione alle cose sante, cioè la comunione della carità, la unità fra noi che fa la carità, l’amore. I pagani, osservando i primi cristiani, dicevano: ma come si amano, come si vogliono bene! Non si odiano, non sparlano uno contro l’altro. Questa è la carità, l’amore di Dio che lo Spirito Santo ci mette nel cuore. I carismi sono importanti nella vita della comunità cristiana, ma sono sempre dei mezzi per crescere nella carità, nell’amore, che san Paolo colloca al di sopra dei carismi (cfr. 1 Cor 13, 113). Senza l’amore, infatti, anche i doni più straordinari sono vani; questo uomo guarisce la gente, ha questa qualità, quest’altra virtù... ma ha amore e carità nel suo cuore? Se ce l’ha bene, ma se non ce l’ha non serve alla Chiesa. Senza l’amore tutti questi doni e carismi non servono alla Chiesa, perché dove non c’è l’amore c’è un vuoto che viene riempito dall’egoismo. E mi domando: se tutti noi siamo egoisti, possiamo vivere in comunione e in pace? Non si può, per questo è necessario l’amore che ci unisce. Il più piccolo dei nostri gesti d’amore ha effetti buoni per tutti! Pertanto, vivere l’unità nella Chiesa e la comunione della carità significa non cercare il proprio interesse, ma condividere le sofferenze e le gioie dei fratelli (cfr. 1 Cor 12, 26), pronti a portare i pesi di quelli più deboli e poveri. Questa solidarietà fraterna non è una figura retorica, un modo di dire, ma è parte integrante della comunione tra i cristiani. Se la viviamo, noi siamo nel mondo segno, “sacramento” dell’amore di Dio. Lo siamo gli uni per gli altri e lo siamo per tutti! Non si tratta solo di quella carità spicciola che ci possiamo offrire a vicenda, si tratta di qualcosa di più profondo: è una comunione che ci rende capaci di entrare nella gioia e nel dolore altrui per farli nostri sinceramente. E spesso siamo troppo aridi, indifferenti, distaccati e invece di trasmettere fraternità, trasmettiamo malumore, freddezza, egoismo. E con malumore, freddezza, egoismo non si può far crescere la Chiesa; la Chiesa cresce soltanto con l’amore che viene dallo Spirito Santo. Il Signore ci invita ad aprirci alla comunione con Lui, nei Sacramenti, nei carismi e nella carità, per vivere in maniera degna della nostra vocazione cristiana! E adesso mi permetto di chiedervi un atto di carità: state tranquilli che non si farà la raccolta! Prima di venire in piazza sono andato a trovare una bambina di un anno e mezzo con una malattia gravissima. Suo papà e sua mamma pregano, e chiedono al Signore la salute di questa bella bambina. Si chiama Noemi. Sorrideva poveretta! Facciamo un atto di amore. Noi non la conosciamo, ma è una bambina battezzata, è una di noi, è una cristiana. Facciamo un atto di amore per lei e in silenzio chiediamo che il Signore la aiuti in questo momento e le dia la salute. In silenzio un attimo, e poi pregheremo l’Ave Maria. E adesso tutti insieme preghiamo la Madonna per la salute di Noemi. Ave Maria... Grazie per questo atto di carità. Per una solidarietà senza confini Cari pellegrini di lingua francese, vi accolgo con gioia! Saluto in particolare i fedeli della diocesi di Vannes e di Chalons in Champagne, come pure il collegio Fénelon-Saint Marie, di Parigi. Nella vostra vita quotidiana, amate i Sacramenti, ponete i vostri talenti a servizio della Chiesa e abbiate una carità senza frontiere. Buon soggiorno nella Città eterna e, visitando i luoghi sacri, non dimenticatevi di ringraziare il Signore e di pregarlo. Saluto tutti i pellegrini di lingua inglese presenti a questa Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra e Galles, Irlanda, Danimarca, Australia, Giappone e Stati Uniti. In modo particolare saluto i sacerdoti inglesi che celebrano gli anniversari di ordinazione. Ringrazio i cori per la loro lode a Dio attraverso il canto. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace del Signore! Saluto di cuore i pellegrini di lingua tedesca, in particolare gli studenti della Realschule Maria Ward di Deggendorf nonché quelli del Berufskolleg Sankt Michael di Ahlen. Un cordiale benvenuto anche ai cantanti e musicisti provenienti dal Sud Tirolo. Tutti noi siamo invitati ad aprirci alla comunione con Gesù nei Sacramenti, nei carismi e nella carità per Le nomine di oggi riguardano la Chiesa negli Stati Uniti d’America, in Brasile e in Paraguay. Salvatore Ronald Matano vescovo di Rochester (Stati Uniti d’America) Auspicio del Pontefice nei saluti ai pellegrini in piazza San Pietro «Abbiate una carità senza frontiere». È l’invito rivolto dal Papa ai fedeli di lingua francese durante i saluti che, come di consueto, ha riservato ai diversi gruppi di pellegrini presenti in piazza San Pietro. Nomine episcopali vivere veramente la nostra vocazione cristiana. Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México, Panamá, Argentina y los demás países latinoamericanos. Que María Santísima haga de todos nosotros discípulos misioneros, que dan gratis las gracias recibidas. Muchas gracias. Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese, in particolare al gruppo ignaziano del Portogallo e ai fedeli brasiliani di Bauru e di São Bernardo do Campo. Nel ringraziarvi per la presenza, vi inco- raggio a proseguire la vostra fedele testimonianza cristiana nella società. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo per crescere ricolmi dei suoi frutti. Volentieri benedico voi e i vostri cari! Sia lodato Gesù Cristo. Saluto cordialmente i polacchi. In novembre ci ricordiamo in modo particolare dei defunti. Attraverso le visite ai cimiteri, le preghiere, l’Eucaristia, le indulgenze portiamo l’aiuto a quanti sono in attesa della divina Misericordia, per essere accolti nella schiera degli eletti in cielo. Affidiamoli alla intercessione di Colei che è chiamata “Regina di tutti i Santi”. Vi benedico con affetto. Saluto cordialmente i partecipanti al pellegrinaggio nazionale dei RomZingari ungheresi: Isten éltessen. Avete portato qui con voi la croce che dieci anni fa fu benedetta in questa Piazza dal Beato Giovanni Paolo II. Dalla croce di Cristo, segno di amore, di misericordia e di riconciliazione, continuate ad attingere la speranza e la forza necessarie per essere apostoli fra la vostra gente. Benedico di cuore voi e tutti i vostri cari! Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana: alle famiglie, alle parrocchie, ai gruppi e alle associazioni. In particolare, saluto i fedeli delle diocesi di TeramoAtri, Porto - Santa Rufina, Teggiano-Policastro e Patti, accompagnati dai loro Vescovi, ed auspico che questo pellegrinaggio porti frutti spirituali e pastorali a beneficio delle rispettive Comunità diocesane. Saluto l’associazione “Genitori in cammino”, con l’Arcivescovo di FerraraComacchio; l’Unione nazionale delle Pro Loco e il gruppo di Protezione Civile Lucano, invocando su ciascuno la continua assistenza divina. Saluto infine i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Il mese di novembre, dedicato alla memoria e alla preghiera per i defunti, ci offre l’opportunità di considerare più in profondità il significato dell’esistenza terrena e il valore della vita eterna. Questi giorni siano per tutti uno stimolo a comprendere che la vita ha valore se spesa per amare Dio ed il prossimo. Nato il 15 settembre 1946 a Providence, Rhode Island, nel 1964 è entrato nel seminario Our Lady of Providence. Alunno del Pontificio Collegio Americano del Nord, ha proseguito gli studi alla Pontificia Università Gregoriana a Roma (1967-1972), conseguendovi anche il dottorato in diritto canonico (1983). Ordinato sacerdote per la diocesi di Providence il 17 dicembre 1971 nella basilica vaticana, ha insegnato nella scuola Our Lady of Providence seminary (1972-1977) ed è stato viceparroco di Our Lady of Grace a Johnston (1972-1973). È stato direttore dell’ufficio del personale per i sacerdoti (1977-1980) e assistente cancelliere della diocesi (1978). Dopo il dottorato, è stato vicario per l’amministrazione e co-cancelliere della sua diocesi (1983-1991). Ha lavorato presso la nunziatura apostolica di Washington (1991-1992) e poi è divenuto vicario generale e moderatore della curia di Providence (19921997). È stato parroco di Saint Sebastian e contemporaneamente professore presso il Providence college of the dominican fathers (1997-2000). Tornato al servizio della nunziatura (2000-2005), il 3 marzo 2005 è stato nominato coadiutore di Burlington e ha ricevuto l’ordinazione il successivo 19 aprile. Ha assunto in pieno il governo pastorale della diocesi il 9 novembre dello stesso anno. Nella Conferenza episcopale è membro del Committee on Doctrine. Ailton Menegussi vescovo di Crateús (Brasile) Nato a Nova Venécia, diocesi di São Mateus, il 5 novembre 1962, ha frequentato l’Istituto di filosofia e teologia dell’arcidiocesi di Vitória, e ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 22 novembre 1998. Ha conseguito anche l’habilitação para o magistério presso l’Escola de formadores, a Florianópolis. Nella sua diocesi è stato vicario parrocchiale di São José ad Águia Branca e di Nossa Senhora Aparecida a Montanha, (1998-2000); vicario parrocchiale a São Mateus (2000-2003); rettore del seminario minore e propedeutico João XXIII (2000-2003); rettore del seminario maggiore (20032012) e nel contempo padre spirituale nel seminario maggiore della diocesi di Colatina a Serra; coordinatore dell’equipe diocesana vocazionale di São Mateus (2003-2012); membro del consiglio di formazione della stessa diocesi (2007-2012). Attualmente lavorava come parroco di São Francisco de Assis” a Barra de São Francisco. Pierre Jubinville, vescovo di San Pedro (Paraguay) Nato a Ottawa, in Canada, il 5 agosto 1960, ha compiuto gli studi secondari presso il Collegio Saint-Alexandre della Congregazione dello Spirito Santo in Hull. Entrato nel 1979 nel pre-noviziato degli spiritani in Québec, ha svolto il noviziato in Farnham. Nel 1984 ha conseguito il baccellierato in teologia presso l’università di Montreal. Dal 1984 al 1987 ha svolto una esperienza missionaria nella Repubblica Democratica del Congo. Dal 1987 al 1988 ha frequentato l’Istituto di formazione umana integrale a Montreal. Il 17 settembre 1988 è stato ordinato presbitero. Nel 1990 ha ottenuto la licenza in scienze religiose all’Institut catholique de Paris. Missionario in Messico, dove ha collaborato nella diocesi di San Luis Potosí (1990-1991), si è poi trasferito in Paraguay come collaboratore parrocchiale (1991-1996) e poi parroco (1996-1999) nella diocesi di San Pedro. Divenuto formatore dell’aspirantato e postulantato spiritano presso Fernando de la Mora, Asunción (1999-2010), e poi superiore della comunità spiritana in Asunción (2010-2012), attualmente era primo assistente generale della sua congregazione a Roma.