Programma

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Programma
Mercoledì 27 gennaio 2016
Teatro Sperimentale, ore 21.00
CONCERTO PER LA MEMORIA
LA CORDA ROTTA
UN VIOLONCELLO NEL GHETTO DI
TEREZÍN
Per contralto, pianoforte e voce narrante
ALESSANDRA VISENTIN
contralto
PAOLO MARZOCCHI pianoforte
GUIDO BARBIERI voce narrante
CONCERTO FUORI ABBONAMENTO
Il concerto verrà preceduto da una conversazione di Rita Baldoni e
Annalisa Pavoni sulla figura di Ilse Weber.
60121 ANCONA, Via degli Aranci 2, tel. e fax 071/2070119 www.amicimusica.an.it [email protected] P. IVA 00733590426
PROGRAMMA
PAOLO MARZOCCHI (Pesaro, 1971)
Heimatloss (Ich hab' kein Heimatland), da un tema di Friederich Schwarz* [5’]
ILSE WEBER (Witkowitz, 1903 – Auschwitz, 1944)
Wiegala (ninna nanna), per contralto e pianoforte [3’]
VIKTOR ULLMANN (Český Těšín, 1898 – Auschwitz, 1944)
Zwei chinesische Lieder, per voce e pianoforte (1943) [5’]
GIDEON KLEIN (Přerov, 1919 – Fürstengrube, 1944)
Sonata per pianoforte [10’]
VIKTOR ULLMAN
Drei jiddische Lieder op. 53, per contralto e pianoforte [10’]
GIDEON KLEIN
Wiegenlied (ninna nanna), per contralto e pianoforte [3’]
ILSE WEBER
Ich wandere durch Theresienstadt (Vado errando per Theresienstadt), per contralto e
pianoforte [5’]
SILVIA COLASANTI (Roma, 1975)
Uv' tzeil k' nofecho, da un tema di David Grünfeld e Siegmund Schul * [5’]
*Commissione d’opera Società Amici della Musica “G. Michelli”.
Prima esecuzione assoluta.
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In collaborazione con il Comune di Ancona, il Consiglio Regionale delle
Marche, la Giunta Regionale delle Marche e con il patrocinio della
Comunità Ebraica di Ancona.
La corda rotta
Un violoncello nel ghetto di Terezín
C’è un momento tragico, nel corso del Novecento, in cui, all’improvviso, sotto gli occhi
silenziosi di migliaia di testimoni, la corda che aveva sempre tenute legate l’arte e la storia si
spezza. Forse per sempre. Quel “momento” dura, in realtà, tre lunghi anni e ha per teatro una
fortezza asburgica a sessanta chilometri da Praga: la fortezza di Terezín, Theresienstadt per i
tedeschi. Tra le mura “a stella” di quella vecchia prigione, trasformata in un ghetto “modello”
riservato agli ebrei anziani e “Illustri” (i cosiddetti prominenten), si consuma infatti una frattura
epocale che solo oggi, forse, siamo in grado di comprendere.
Tra il 1941 e il 1944, Terezín è una fabbrica d’arte che lavora giorno e notte, come in nessun
altra città europea: centinaia di concerti, decine di opere liriche, spettacoli teatrali e di cabaret,
mostre d’arte, film, riviste, conferenze, lezioni. Una produzione culturale ricca, originale,
innovativa frutto delle migliaia di artisti boemi, moravi, moldavi, austriaci che la macchina nazista
aveva concentrato in un unico luogo. E che nel ghetto avevano portato, insieme ai loro corpi avviliti
dalla prigionia, l’impellente necessità della creazione. A loro viene concessa una inusitata, surreale,
stupefacente libertà di pensiero e di azione. Era però un meccanismo a tempo determinato che
conteneva, scritta nei propri ingranaggi, una scadenza precisa.
A partire dalla metà del ’44 infatti quella stessa macchina, piegata inesorabilmente al
progetto dello sterminio, non può far altro che fermare l’orologio e mettere in atto, nei confronti
degli artisti, la forma più estrema di censura possibile: la loro sistematica eliminazione fisica.
Quando il 17 ottobre del 1944 i 1390 artisti di Terezín partiti il giorno prima a bordo del
kunstlertransport vengono passati, tutti insieme, per le camere a gas di Birkenau non si verifica
soltanto uno dei più tragici pogrom della storia europea, ma accade qualcosa di inimmaginabile: nel
giro di poche ore vengono sterminate due generazioni di artisti, ma soprattutto viene intriso di
veleno l’humus della storia, quel terreno che aveva per secoli generato i frutti dell’arte e della
scienza. Senza saperlo le SS che hanno accompagnato sotto le docce gli artisti di Terezín hanno
fatto sì che le loro opere divenissero brutalmente postume, senza padri e senza madri, abbandonate
alla loro spaventosa solitudine. L’esito, a posteriori, è stato ed è ancora oggi sconvolgente: per la
prima volta nel corso del secolo infatti l’arte non è stata generata dalla storia, bensì dalla negazione
della storia, dalla morte della stessa idea progressiva, evolutiva, unidirezionale della storia. Le opere
lasciate dagli artisti di Terezín, le sonate, i quartetti, i drammi, le commedie, i film, le poesie, i
disegni sono la testimonianza ancora miracolosamente vivente di questa frattura che forse non si è
più risanata. Opere che non hanno radici nella società, ma nella totale abolizione di qualsiasi idea di
società.
Tra le infinite storie individuali generate dalla tragedia corale di Terezín ce n’è una che
possiede uno stupefacente valore paradigmatico. Una vicenda in cui la corda simbolica che lega
l'arte e la storia acquista la forma di una corda vera, autentica: anzi di quattro corde distinte, le
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quattro corde di un violoncello. Protagonista di questa parabola reale è infatti un violoncellista
praghese senza volto. Di lui non conosciamo il nome, l'età, il destino: forse è salito anche lui il 16
ottobre sul treno degli artisti. O forse no. Sappiano però che prima di essere deportato, come
migliaia di suoi concittadini, nel ghetto di Terezín compie un atto bellissimo e disperato. Sa
perfettamente che prima o poi i soldati tedeschi lo strapperanno alla sua casa e alla sua città, ma sa
altrettanto bene che non vuole separarsi, per nessuna ragione al mondo, dal suo violoncello, la sua
unica ricchezza. E allora giorno dopo giorno, notte dopo notte, smonta accuratamente, con infinita
cura e pazienza, il suo strumento, lo riduce ad un cumulo di legno e ferro e lo infila in una sacca da
viaggio. Quando le SS bussano alla sua porta e lo caricano sul treno diretto a Terezín, quella sacca è
il suo unico bagaglio. Una volta arrivato nel ghetto, con altrettanta precisa determinazione, inizia il
percorso alla rovescia e ricostruisce, pezzo per pezzo il suo violoncello, fino a farlo tornare a vivere.
E le corde rotte dopo mesi di silenzio riprendono a suonare.
Questo piccolo straordinario episodio di amore e di sopravvivenza è il filo narrativo
principale de “La corda rotta. Un violoncello nel ghetto di Terezin”, il melologo che gli Amici della
Musica Guido Michelli di Ancona propongono questa sera in occasione della Giornata della
Memoria. Le parole del racconto si irradiano però dal suono, il suono lontano nel tempo, e quasi
mai ascoltato, delle musiche composte nella operosa cattività di Terezín. La voce di Alessandra
Visentin e il pianoforte di Paolo Marzocchi intonano infatti sei pagine, vocali e strumentali, nate ed
eseguite nel ghetto. I destini dei tre compositori che figurano in locandina sono singolarmente
diversi. Gideon Klein viene caricato sul treno per Auschwitz del 1 ottobre per essere poi trasferito
nel campo di lavoro di Fürstengrube: verrà ucciso dai soldati nazisti, in circostanze mai chiarite, il
27 gennaio del 1945, esattamente lo stesso giorno in cui l'Armata Rossa libera per sempre il campo
di Auschwitz. Ilse Weber lo seguirà di pochi giorni. A lei tocca il transport del 5 ottobre: verrà
giustiziata insieme al figlio il giorno successivo. Viktor Ulmmann sale invece sul kunstlertransport
del 16 ottobre e verrà passato per i camini il 17 insieme agli altri 1389 artisti di Terezin.
Non vogliamo in alcun modo, però, piegare i suoni e le storie di Terezín alle ragioni di una
mera celebrazione del passato, né chiudere noi stessi nel recinto spento della memoria. È
profondamente ingiusto, crediamo, imprigionare le musiche e i racconti generati dalla Shoah in un
nuovo, intollerabile ghetto, quello degli anniversari, delle ricorrenze stancamente e meccanicamente
riproposte. L'unico antidoto per uscire dai nuovi ghetti del presente è quello di far dialogare gli
artisti del passato con quelli del nostro tempo. Di unire cioè i lembi estremi di quel filo spezzato che
ha impedito ai figli di conoscere i loro padri. Per questo il prologo e il congedo del concerto sono
affidati a due nuove composizioni che gli Amici della Musica di Ancona hanno commissionato,
appositamente per questa occasione, a Silvia Colasanti e a Paolo Marzocchi, due tra i più originali
compositori del nostro tempo, che hanno lavorato sui materiali poetici e musicali prodotti dalla
fertilissima fabbrica di Terezín.
Un posto particolare, nella serata di oggi, viene riservato a Ilse Weber. La poetessa ceca,
deportata a Terezín nel 1942, lavorò per due anni come infermiera di notte nell'angusta e male
attrezzata infermeria per bambini del ghetto. Durante la detenzione scrisse più di settanta testi
poetici, per alcuni dei quali compose anche le musiche. Per ricordare la statura etica ed estetica di
Ilse, il concerto verrà preceduto da una conversazione con Rita Baldoni, studiosa fine e sensibile
della sua opera poetica.
Guido Barbieri
La voce spezzata
“Ghetto-paradiso”. Così la propaganda nazista definisce il campo di Theresienstadt in
Cecoslovacchia, dove si scrivono poesie e musica, i bambini disegnano e sono accuditi. Una
perfetta messinscena per occultare alla Croce Rossa l’orrore, dipingendo Terezín come un luogo
dove gli ebrei vivono protetti dal Reich. In migliaia, artisti, musicisti e compositori, tra il 1941 e il
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1944, vengono internati nel ghetto di smistamento per i deportati diretti a Auschwitz: Pavel Haas,
allievo di Janácek; Hans Krása, autore dell’opera per bambini Brundibar, eseguita 55 volte dai
bimbi del campo; Gideon Klein e Viktor Ullmann, compositori di quella “musica degenerata” tanto
invisa al nazifascismo.
Ma quello di Terezín è anche ricordato come il Lager dei bambini (circa 15.000), che scrivono
poesie (ce ne sono arrivate 66) e disegnano con la pittrice e fotografa Friedl Dicker-Brandeis (al
Museo Ebraico di Praga sono conservati 4000 disegni).
Ai più piccoli la poetessa Ilse Herlinger Weber dedica attenzioni, poesie e canzoni. Ha 39 anni
l’autrice di racconti per l’infanzia e conduttrice alla radio di programmi per bambini quando nel
1942 viene deportata a Terezín insieme al marito Willi e al figlio più piccolo Tomas. Era riuscita a
mettere in salvo il primogenito Hanuš, mandandolo in Svezia con un kindertransport. Assegnata
all’infermeria pediatrica, per i piccoli pazienti compone liriche che poi improvvisa
accompagnandosi con la chitarra. Nell’ottobre del 1944 suo marito viene trasferito ad Auschwitz e
Ilse chiede di seguirlo. Appena arrivati, il 6 ottobre, lei e suo figlio vengono uccisi. Prima di essere
deportato, Willi nasconde gli scritti della moglie in un capanno degli attrezzi: sopravvissuto
all’Olocausto insieme al figlio maggiore, sarà lui stesso a recuperarli. La prima pubblicazione delle
poesie della Weber è dell’ottobre 2008, per la casa editrice tedesca Hanser.
Wiegala è la ninna nanna che Ilse aveva insegnato ai bambini e che fa cantare loro mentre, insieme
a lei e a suo figlio, entrano nella camera a gas. Tanti saranno i piccoli che la intoneranno ad
Auschwitz, facendone il simbolo di quel massacro degli innocenti.
Nostalgia di casa e consapevolezza dell’avvicinarsi della fine nell’altro brano, Ich wandere durch
Theresienstadt, in cui la Weber canta: Io vado errando per Theresienstadt, col cuore pesante come
piombo. Quando riavremo la libertà?
Mentre è a Terezín, Viktor Ullmann, allievo di Schönberg, scrive L’imperatore di Atlantide ovvero
Il rifiuto della morte. Ullmann viene mandato ad Auschwitz il 16 ottobre 1944 e muore pochi giorni
dopo.
I Drei Chinesische Lieder (soltanto due dei quali sono sopravvissuti) risalgono al 1943 e traggono
il titolo da altrettanti testi provenienti dallo Shijing, il cosiddetto Libro delle Odi, la prima raccolta
conosciuta di liriche in lingua cinese, risalente al primo millennio avanti Cristo. Il primo dei lieder
della raccolta Drei jiddische Lieder op. 53 (Brezulinka - Tre canti su testi popolari Jiddish:
Berjoskele, Margarithelech, A Mejdel in die Johren) è datato invece 25 maggio 1944 e se ne
conserva il manoscritto.
A Terezín nasce anche la Sonata per pianoforte di Gideon Klein, uno degli artisti più convinti
dell’importanza di continuare a scrivere musica e a suonarla anche con mezzi di fortuna. Verrà
deportato prima ad Auschwitz e poi a Fürstengrube dove muore nel 1945.
La Sonata presenta la tradizionale ripartizione in tre movimenti (più l’abbozzo di un quarto lasciato
incompiuto). Il primo movimento si basa su una scrittura densa e articolata. L’angoscia si fa strada
attraverso cambi ritmici e sbalzi di dinamiche. E, a sorpresa, nell’ultimo movimento appare una
forma di danza che contrasta e insieme sottolinea l’inquietudine che sottende l’intera composizione.
Un drammatico fortissimo conclude l’opera.
L’intensa melodia ebraica Wiegenlied (Ukolébavka) composta il 6 febbraio 1943, è una ninna nanna
su testo di Shalom Charitonov e Emmanuel Harussi.
Anna Cepollaro
20 dicembre 2015
ALESSANDRA VISENTIN
Una delle voci più interessanti della sua generazione, Alessandra Visentin ha già avuto modo di
calcare palcoscenici fra i più importanti del mondo, fra i quali Thèatre des Champs –Elysèes di
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Parigi, Opera Royal Versailles, Festival di Salisburgo, Ravenna Festival, Festival Anima Mundi,
Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Sferisterio di Macerata, Teatro Luciano Pavarotti di
Modena, Opera de Reims, Festival Opera Rara e Misteria Paschalia di Cracovia, Umbria Musicfest
e il Performing Arts Center di Seoul in Corea.
Ha collaborato con prestigiosi direttori, quali Riccardo Muti, Zubin Mehta, Riccardo Frizza,
Gianluca Martinenghi, Christopher Hogwood, Jean Claude Malgoire, Ottavio Dantone e Andrea
Marcon, e con registi come Pier Luigi Pizzi, Massimo Gasparon, Christian Schiaretti, Pierfrancesco
Maestrini e Alessandra Panzavolta.
Nelle scorse stagioni ha interpretato con grande successo Giulio Cesare di Händel all’ Opera Royal
di Versailles e all’Opera di Reims con la direzione di Jean Claude Malgoire, la Nona Sinfonia di
Beethoven al Festival Anima Mundi e alla Sagra Musicale Umbra con la direzione di Zubin Mehta
e la Messa Defunctorum di Paisiello al Festival di Salisburgo, Ravenna Festival e Teatro del
Maggio Musicale Fiorentino con la direzione di Riccardo Muti.
Ha debuttato presso il Performing Arts Center di Seoul nella Juditha Triumphans di Vivaldi. È stata
ospite all’Umbria Musicfest interpretando lo Stabat Mater di Dvořák ed ha inoltre interpretato nel
corso della stessa stagione Il Sequestro di A. Garcia Demestres e la Manon Lescaut di Puccini (nel
ruolo del Musico) al Teatro Luciano Pavarotti di Modena.
In collaborazione con il Teatro del Maggio Fiorentino e il Teatro alla Scala ha interpretato Albert
Herring di Britten.
Fra i più recenti impegni annovera il Requiem di Mayr al Festival Galuppi di Venezia, Il Viaggio di
Roberto di P. Marzocchi al Teatro D. Alighieri di Ravenna, al Teatro Luciano Pavarotti di Modena
e al Teatro Municipale di Piacenza e Juditha Triumphans al Teatro di Basilea in Svizzera.
Nata a Treviso, ha studiato al Conservatorio G. Verdi, alla Scuola Civica C. Abbado di Milano e al
Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza.
Allieva del contralto Bernadette Manca di Nissa, si è perfezionata con Sara Mingardo, Bob
Kettelson e Regina Resnik.
Nel 2004, presso il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, ha vinto il concorso della Comunità
Europea per l’Accademia per giovani cantanti lirici che le ha permesso di esibirsi sulla scena
fiorentina per due stagioni interpretando il Viaggio a Reims di Rossini, i Kindertoten Lieder di G.
Mahler e Where the wild things are di O. Knussen.
E’ vincitrice di vari concorsi internazionali fra cui il Premio Città di Bologna e il Concorso di
musica vocale da camera di Conegliano (premio speciale in duo con Giorgio Dal Monte).
PAOLO MARZOCCHI
Paolo Marzocchi, pianista e compositore, è nato nel 1971 a Pesaro, dove ha compiuto gli studi
musicali.
Di formazione classica, Marzocchi ha da sempre avuto verso la musica un approccio naturale e
incurante delle barriere linguistiche, dedicandosi al teatro, al cinema, alla radio, fino alle
sperimentazioni con altri linguaggi e alla composizione “pura”. Come compositore ha collaborato
con tantissimi artisti di fama internazionale, e ricevuto numerose commissioni per la realizzazione
di opere pianistiche, da camera e orchestrali, collaborando con istituzioni prestigiose come il
Lucerne Festival, il Maggio Musicale Fiorentino, il Teatro La Fenice di Venezia, i l’Orchestra
Verdi e i Pomeriggi Musicali di Milano, il Teatro dell’Opera di Roma, la Biennale di Venezia,
l’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini, il Festival Musica sull’Acqua, il Festival Multiplicidade
di Rio de Janeiro, il festival Borderline Moving Images di Pechino.
Collabora da alcuni anni con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca su progetti
sperimentali legati all'istruzione musicale e alla sensibilizzazione sociale, nonché alla creazione di
orchestre e cori giovanili. L’ultimo di questi progetti, intitolato “La musica, il lavoro minorile e il
diritto all’istruzione”, in collaborazione con ILO, MIUR e con la Filarmonica del Comunale di
Bologna, si è concluso lo scorso 16 aprile al Teatro Manzoni di Bologna, ed è stato per Marzocchi
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l’occasione di sperimentare una innovativa metodologia d’insegnamento della composizione su
giovanissimi musicisti, da lui definita “rendering”.
Tra gli eventi recenti che lo hanno visto protagonista si evidenziano la prima del suo nuovo
concerto per pianoforte orchestra e arpa a bicchieri, Fantasia dell’Assenza, con l'Orchestra del
Maggio Musicale Fiorentino e la Filarmonica Toscanini, la direzione musicale del progetto
sperimentale di Guido Barbieri Le nuove vie dei Canti a Lampedusa con i bambini dell'isola, una
collaborazione col tenore Juan Diego Florez per la sua ultima registrazione discografica (DECCA
International) e la nuova opera Il viaggio di Roberto, su libretto di Guido Barbieri, che ha riscosso,
tra gli altri, il plauso di Riccardo Muti. In ottobre 2015 è stata eseguita all’Opera di Firenze la nuova
composizione sinfonica dal titolo O pazzo desire!, commissione del Maggio Musicale Fiorentino,
direttore Diego Matheuz.
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BIGLIETTI
INTERI: € 10.00
RIDOTTI: € 8.00
(Riservato a: Palchettisti; Amici delle Muse; dipendenti di aziende sponsor; titolari Marche Teatro Card
e Opera Card; ARCI; UNITRE; studenti universitari; giovani da 19 a 26 anni; invalidi e disabili – un
biglietto omaggio per l’accompagnatore)
RIDOTTI EXTRA: € 4.00
(Gruppi di allievi di Scuole Medie Inferiori e Superiori; bambini e ragazzi fino a 19 anni)
Ingresso gratuito riservato a n. 10 studenti dell’Università Politecnica delle Marche: per ritirare il
biglietto gratuito, presentarsi muniti di libretto universitario presso la biglietteria del Teatro delle Muse
dalle ore 9.30 del giorno del concerto, fino ad esaurimento dei posti disponibili.
BIGLIETTERIA:
Tel. 071 52525 – Fax 071 52622
[email protected]
PER INFO:
Società Amici della Musica “Guido Michelli”
Via degli Aranci, 2
Tel. – fax: 071/2070119 (Lun. – ven. 9.30 – 17.00)
[email protected]
www.amicimusica.an.it
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