Regolamentazione
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L’attività di lobbying nell’Unione Europea Paolo Bennardo Alice Farella Manuela Oretano Erika Savazzi Alessandro Poletti Paola Di Staso INDICE 1. INQUADRAMENTO DEL FENOMENO p.4 1.1 Sviluppi storici p.4 1.2 Situazione attuale p.4 2. REGOLAMENTAZIONE EUROPEA DELLA PROFESSIONE DI p.6 LOBBYING 2.1 Introduzione p.6 2.2 Iniziativa europea sulla trasparenza p.7 2.3 La questione del‟Registro‟ p.8 2.4 La comunicazione della Commissione sulla trasparenza (COM 2008, p.9 323 definitivo) 2.5 Una sorta di fallimento del „Registro‟ p.11 3. LOBBYING FIRMS E ALTRI SOGGETTI CHE FANNO LOBBYING p.13 3.1 Introduzione p.13 3.2 Cifre e stime: presenza internazionale a Bruxelles p.13 3.3 Lobbying firms o società di consulenza in affari pubblici p.15 3.4 Studi legali p.16 3.5 ONG e Think tank p.17 3.6 ONG p.18 3.7 Think tank p.19 3.8 Le istituzioni che subiscono l‟attività di lobbying p.20 3.9 Il Parlamento Europeo p.22 3.10 La Commissione Europea p.23 3.11 Il Consiglio dell‟Unione Europea p.23 4. UN’ANALISI DEL MERCATO EUROPEO p.25 5 LA PERCEZIONE DELLE LOBBY E DEI LOBBISTI TRA POLITICI E p.29 FUNZIONARI 5.1 Aspetti postivi e negativi p.29 5.2 Trasparenza p.29 2 5.3 Caratteristiche del lobbista p.30 5.4 Punti deboli p.30 6 LOBBY A BRUXELLES p.31 7. CONCLUSIONI p.32 3 1 - INQUADRAMENTO DEL FENOMENO 1.1 - Sviluppi storici Il fenomeno del lobbismo in Europa si intensifica particolarmente nel periodo compreso tra 1984 e 1994, quando oltre 200 aziende decisero di sviluppare attività di lobbying diretto, a Bruxelles, spostando il proprio focus di attività politica dal livello nazionale a quello delle istituzioni europee. In seguito, esse divennero consapevoli del fatto che un approccio olistico al lobbying, che coinvolge sia i governi nazionali e regionali sia le istituzioni europee, avrebbe reso l‟attività di rappresentanza di interessi più efficace. È tra il 1994 e il 2005 che emerse uno stile di lobbismo europeo. Tuttavia, la natura riservata della maggior parte dell‟attività di lobbying riduce la comprensione dell‟influenza del lobbismo europeo, a differenza dell‟elevata visibilità di cui la stessa attività gode nell‟ambito del Congresso statunitense. 1.2 - Situazione attuale Il lobbying europeo rispecchia molte caratteristiche dell‟Europa: esteso nella varietà di argomenti trattati, molteplice negli approcci e influenzato da tradizioni e culture specifiche e diverse. Viene esercitato sulle istituzioni europee che scelgono di essere aperte e di comunicare con i gruppi di interesse e la società civile. Le istituzioni europee sono tra le entità governative più influenzate dalle lobby, attraverso l‟azione dei 2.600 gruppi di pressione che lavorano al fianco di parlamentari, funzionari, assistenti, giornalisti e commissari: un totale di 55 mila persone attive in un centinaio di studi legali, oltre 150 società di consulenza (public affairs consulting) e di pubbliche relazioni, decine di think tank, Ong, sindacati. Senza contare gli innumerevoli uffici di rappresentanza (governi nazionali, regioni, enti locali, industrie, gruppi inter-istituzionali, camere di commercio, ecc). Questa presenza imponente si deve al fatto che a Bruxelles viene deciso circa l‟80% dei contenuti delle leggi nazionali e locali, incluse le leggi finanziarie, con un evidente impatto sul PIL dei Paesi membri e sullo sviluppo sociale ed economico. Inoltre, si negoziano gli stanziamenti del budget delle istituzioni comunitarie per l‟attuazione dei programmi e dei progetti europei, di cui circa il 6% è destinato alla gestione 4 amministrativa delle istituzioni, per un totale di circa 100 miliardi di euro all‟anno, ovvero circa l‟1% del PIL cumulato dei 27 Stati membri. 5 2 - REGOLAMENTAZIONE EUROPEA DELLA PROFESSIONE DI LOBBYING 2.1 - Introduzione L‟attività di Lobbying presso le Istituzioni Europee ha avuto negli ultimi 15 anni un notevole sviluppo, sia sul piano del policy-making, in quanto oggi sono presenti a Bruxelles più di 15.000 lobbisti, sia sul piano regolamentare con l‟adozione del libro verde e l‟iscrizione al registro per la trasparenza. Dalla metà degli anni ‟90, l‟attività dei gruppi di interesse presso l‟UE è incrementata, a causa del trasferimento di determinate funzioni, precedentemente spettanti agli Stati ed alle Istituzioni Europee, così da garantire una forma di democrazia partecipativa da parte dei portatori di interessi. I lobbisti possono essere coinvolti nel processo politico, assicurando anche la partecipazione della società civile organizzata nel processo di adozione delle politiche europee. La finalità dei lobbisti è di influenzare le politiche pubbliche dell‟UE tramite il monitoraggio dell‟attività politica e di governo, attuando così strategie specifiche in funzione dei propri interessi. Questa politica di pressione attuata dalle lobby ha favorito la creazione nel 1997 dell‟associazione SEAP1, la quale si è dotata di un codice di condotta con cui regolava le relazioni che i membri dovevano tenere nei confronti dei colleghi e dei loro concorrenti. Solamente dal 2000 l‟Unione Europea ha avviato un processo di elaborazione delle proprie politiche, permettendo una maggiore partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni alla definizione delle stesse. L‟anno successivo, la Commissione ha presentato la riforma della governance europea con il Libro bianco sulla governance2, che disciplina le regole secondo cui le Istituzioni Europee esercitano i loro poteri. Il lobbying europeo è stato in seguito influenzato dall‟iniziativa promossa da Siim Kallas nel 2005, Commissario per gli Affari Amministrativi, Verifica Contabile e Anti Frode, che ha avviato una Iniziativa Europea per la Trasparenza (ETI) 3. Tale azione è stata indirizzata principalmente a garantire l‟integrità dei decision 1 SEAP: Società europea di affari Professionali. Associazione composta da membri appartenenti alla consultazione, associazioni per il commercio e corporazioni. 2 Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2001/com2001_0428it02.pdf , La governance europea, Un libro Bianco, Bruxelles, 2001. 3 European Trasparency Iniziative è stata formalmente lanciata il 9 novembre 2005. 6 makers e dei gruppi di interessi nella scelta e nel perseguimento delle politiche dell‟Unione. Nello stesso anno diverse associazioni di public affairs,4 con sede a Bruxelles, a causa della mancanza di una disciplina comune europea per la trasparenza, si sono autoregolamentate tramite l‟adozione di un Codice di condotta, che implicava che l‟attività di lobbying dovesse essere svolta in accordo con i principi di onestà ed integrità. La Commissione, preso atto della necessità di regolare il settore dei gruppi di interesse e delle consultazioni, ha formalizzato nel 2006 l‟Iniziativa Europea per la trasparenza, pubblicando il Libro Verde, per sottolineare l‟importanza «di un alto grado di trasparenza per la scelta delle politiche europee»5. Infine la Commissione, per regolare e definire gli interventi dei portatori di interessi, ha adottato un sistema di registrazione per le associazioni di lobbying su base volontaria, con il quale tutti i soggetti sono obbligati ad indicare i campi in cui operano e l‟ammontare economico-finanziario di cui dispongono. 2.2 - Iniziativa europea sulla trasparenza L‟iniziativa europea sulla trasparenza è stato uno degli obiettivi strategici della Commissione Kallas. Con l‟adozione del Libro Verde, il 3 maggio 2006, si è avviato il processo di consultazione pubblica in ambito di Trasparenza. Gli aspetti fondamentali dell‟Iniziativa Europea sulla Trasparenza (IET) hanno riguardato la creazione di un sistema maggiormente strutturato per l‟attività dei lobbisti a Bruxelles, il miglioramento dei feedback delle norme in materia di consultazione e, infine, la definizione dell‟obbligatorietà della divulgazione delle informazioni sui beneficiari dei fondi UE, in riferimento all‟ambito della gestione concorrente.6 La Commissione ha proposto un modello con cui disciplinare l‟attività di lobbying basato su determinati elementi: - Un sistema di registrazione su base volontaria, con incentivi per incoraggiare i lobbisti a registrarsi; 4 EPACA (European Public Affairs Association) e AALEP (Association of Accredited Lobbyists to the European Parliament). 5 Cit.: http://europa.eu/documents/comm/green_papers/pdf/com2006_194_it.pdf; Comunicazione della Commissione, Libro Verde Iniziativa europea per la trasparenza, Bruxelles, 2006. 6 Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2007/com2007_0127it01.pdf; COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE. Seguito del Libro verde Iniziativa europea per la trasparenza, Bruxelles, 2007. 7 - Un codice di condotta comune per tutti i lobbisti; - Un sistema di controllo e di sanzioni da applicare in caso di registrazione errata e/o di violazione del codice di condotta. La regolamentazione dell‟attività di lobbying da parte delle istituzioni europee è oggi un elemento imprescindibile dell‟Unione, che mira a garantire la trasparenza interna delle Istituzioni durante il processo decisionale. 2.3 - La questione del “Registro” Con riferimento al sistema di registrazione su base volontaria, la Commissione ha voluto incoraggiare l‟attività lobbistica europea. La creazione del registro permette ai portatori di interessi di inserire informazioni riguardanti i campi in cui operano e di ricevere informazioni su eventuali consultazioni relative alle loro attività. La prima bozza del registro, presentato dalla Commissione Europea nel 2007, risultava inefficiente, poiché i gruppi di interesse consideravano il processo di consultazione poco efficace rispetto alle loro esigenze. Per tale motivo, la Commissione ha deciso di incoraggiare la registrazione di studi legali, think tanks e società di lobby, tramite un rafforzamento online della consultazione, per consentire alle parti interessate di inserire informazioni riguardanti i loro obiettivi e la loro struttura, così da renderli maggiormente accessibili alla società civile. Il miglioramento della consultazione del registro, secondo la Commissione Europea, è un elemento indispensabile per valutare le attività svolte dai gruppi di interesse presso le Istituzioni Europee. Per tale ragione la Commissione intende integrare il registro volontario con un modello standard di registrazione per migliorare le consultazioni telematiche. Inoltre, le organizzazioni che fruiranno di tali servizi, oltre a descrivere la loro mission, dovranno inserire i dati relativi al loro sistema di finanziamento. Proprio dal punto di vista economico, il “libro Verde” vincola i soggetti che intendano registrarsi a rendere pubblici i propri dati di bilancio, le fonti di finanziamento ed i principali clienti. L‟obiettivo di tale approccio è comprendere le motivazioni che spingono i gruppi di interesse ad intervenire tramite azioni di lobbying nei processi decisionali europei. Questa regolamentazione finanziaria è stata stabilita dalla Commissione Europea nel documento dell‟Iniziativa Europea per la Trasparenza del 2007, il quale stabilisce i requisiti minimi per la registrazione: 8 a) le società di consulenza specializzate e gli studi legali che svolgono attività di lobbismo presso le istituzioni dell’UE devono dichiarare il fatturato generato da tali attività e indicare il peso relativo dei singoli clienti; b) I lobbisti “interni” e le associazioni di categoria che si occupano di lobbismo devono formulare una stima dei costi associati all’attività diretta di lobbismo presso le istituzioni dell’UE; c) Le ONG e i centri studi devono fornire il bilancio complessivo e indicare la ripartizione delle principali fonti di finanziamento (importo e provenienza dei finanziamenti pubblici, donazioni, quote associative, ecc.)7. Nello stesso comunicato la Commissione ha indicato l‟approvazione di un “codice di condotta” che dovrà essere sottoscritto da tutti i gruppi di interesse che si iscriveranno al registro, al fine di evitare un‟autoregolamentazione dei gruppi di pressione. In questo modo, la Commissione sarà l‟unico responsabile delle relazioni con i rappresentanti di interessi. Inoltre, tramite l‟adozione di tale codice, le Istituzioni potranno radiare dal registro le associazioni che non inseriscono informazioni corrette riguardo al loro operato o che non rispettino il codice. 2.4 - La Comunicazione della Commissione sulla Trasparenza (COM 2008, 323 definitivo) Con la Comunicazione della Commissione, pubblicata nel 2008, in riferimento all‟adozione del libro Verde sull‟Iniziativa europea per la trasparenza, le Istituzioni Europee hanno introdotto definitivamente il registro online, tramite il quale sia i rappresentanti di interessi sia la società civile saranno in grado di prendere visione degli attori coinvolti nel policy cycle. La Commissione attraverso la comunicazione pubblicata nel 2008, definisce le attività per le quali è prevista la registrazione: le attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee8. Con tale definizione, la Commissione ha escluso le attività di consulenza legale, di 7 Rif.http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2007/com2007_0127it01.pdf; COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE. Seguito del Libro verde Iniziativa europea per la trasparenza, Bruxelles, 2007. 8 Cit. Comunicazione della Commissione Iniziativa europea per la trasparenza. Quadro di riferimento per le relazioni con i rappresentanti di interessi (registro e codice di condotta). Bruxelles, 2008. 9 associazioni e sindacati e tutte le attività in risposta a dirette richieste della Commissione. Per regolare le azioni svolte dai gruppi di interesse, la Commissione ha presentato il definitivo codice di condotta a cui tutti gli organismi che si registrano dovranno conformarsi. Il codice, redatto grazie ai contributi pervenuti alla Commissione in fase di consultazione, definisce i principi di integrità e onestà che devono essere rispettati durante le attività di lobbying dai gruppi di interesse. Il Codice di condotta è costituito da otto norme, le quali disciplinano il comportamento che devono assumere i rappresentanti di interessi: 1) Indicare il proprio nome e l‟organismo per il quale lavorano o che rappresentano; 2) Presentarsi fornendo informazioni corrette al momento della registrazione al fine di non indurre in errore i terzi o il personale dell‟UE; 3) Dichiarare gli interessi e, se del caso, i clienti o i membri che essi rappresentano; 4) Garantire che, per quanto a loro conoscenza, le informazioni fornite sono obiettive, complete, aggiornate e non fuorvianti; 5) Non ottenere e non cercare di ottenere informazioni o decisioni in maniera disonesta; 6) Non indurre funzionari dell‟UE a contravvenire alle disposizioni e alle norme di comportamento ad essi applicabili; 7) Qualora lavorino per loro degli ex funzionari dell‟UE, rispettare l‟obbligo di questi ultimi, e di 8) Attenersi alle norme e agli obblighi in materia di riservatezza ad essi applicabili.9 Analizzando le norme sopra citate, la Commissione definisce le attività degli organismi interessati e i meccanismi di controllo ed applicazione delle attività lobbistiche, le quali disciplinano le azioni che possono essere intraprese contro chi non rispetta le norme del registro. Infatti, in caso di violazione del codice, può scattare la sospensione dal registro, in seguito ad un atto amministrativo della 9 Norme del Codice di condotta dei gruppi di interesse. Comunicazione della Commissione Iniziativa europea per la trasparenza. Quadro di riferimento per le relazioni con i rappresentanti di interessi (registro e codice di condotta). Bruxelles, 2008 10 Commissione; inoltre, tutti gli organismi registrati hanno la possibilità di presentare un reclamo, basato su fatti reali, di una presunta violazione del codice da parte di un‟altra associazione; infine, alle organizzazioni registrate saranno resi noti i documenti relativi le consultazioni. Oltre a questi punti, nel documento presentato nel 2008 la Commissione ha avviato un approccio interistituzionale con il Parlamento Europeo, il Comitato delle Regioni ed il Comitato economico e sociale europeo, per la futura realizzazione di uno sportello unico di registrazione inerente l‟attività dei gruppi di interesse nelle varie Istituzioni Europee. Tale sportello unico garantirebbe un maggiore controllo sull‟attività di lobbying presso le Istituzioni dell‟Unione. 2.5 - Una sorta di “Fallimento del Registro” La necessità di una regolamentazione dell‟attività di lobbying presso le Istituzione europee è stata resa inevitabile dalla presenza di più di 2600 lobbying firms e 55.000 persone che svolgono attività di pressione presso l‟Unione. È possibile sostenere che, con l‟iniziativa per la trasparenza, è cresciuto il legame tra lobbies e istituzioni comunitarie. Il legame è dato, da un lato, dalle numerose attività svolte dai rappresentati di interessi a diversi livelli e dall‟altro la dai numerosi contributi specialistici, forniti dalle lobby durante la produzione normativa, di cui si avvale la Commissione. Nell‟ultima comunicazione della Commissione, pubblicata nell‟ottobre del 2009, in riferimento all‟andamento del registro dei rappresentanti di interessi, viene indicato un aumento considerevole della registrazione da parte di associazioni di categoria, lobbisti aziendali “interni” e organizzazioni non governative. Nonostante la tendenza dei vari operatori ad adeguarsi al registro, è presente ancora oggi una alta percentuale di società di lobbying non ancora iscritte. Queste società fanno parte degli “studi legali” e “centri studi”. Le motivazioni sono differenti: gli studi legali non intendono registrarsi a causa della mancanza di norme che rispettino la riservatezza dei propri clienti. I centri studi, invece, giustificano la loro assenza dal registro perché non si considerano portatori di interessi specifici o a fine di lucro10. 10 Cfr. http://ec.europa.eu/transparency/docs/communication_2009_it.pdf, Comunicazione della Commissione, Iniziativa europea per la trasparenza: il registro dei rappresentanti di interessi, un anno dopo, Bruxelles, 2009. 11 La Commissione, per quanto riguarda queste due categorie, si è limitata a richiamare questi operatori, invitandoli a registrarsi sulla base delle informazioni fornite dalla comunicazione approvata nel 200811, nella quale la Commissione definisce le attività che prevedono la iscrizione al registro. È quindi possibile affermare che un registro con iscrizione obbligatoria riuscirebbe a definire più precisamente le regole e le attività di lobbying consentite presso le Istituzioni Europee. Inoltre, garantirebbe maggiore trasparenza in riferimento alla pubblicazione dei dati e permetterebbe lo svolgimento dell‟attività di pressione solo a coloro che sono iscritti al registro dei rappresentanti di interessi. 11 Ibid. 12 3 - LOBBYING FIRMS E ALTRI SOGGETTI CHE FANNO LOBBYING 3.1 - Introduzione I lobbisti presso l‟Unione Europea si dividono generalmente in tre categorie: associazioni industriali, organizzazioni non governative (ONG) / gruppi di interesse e rappresentanze regionali. Non è facile ricostruire la mappa dell‟effettiva presenza delle lobby nella capitale d‟Europa. Ad oggi infatti sono solo cinquemila i lobbisti accreditati che hanno accesso permanente al Parlamento. Cinquemila lobbisti accreditati per 732 membri del Parlamento equivalgono a 7 lobbisti per ognuno di essi. Secondo il Ceo, un gruppo di ricerca no profit olandese, il 70% dei 15mila lobbisti di professione rappresenta gli interessi della grande industria. Bisogna inoltre considerare il ruolo di potenti associazioni industriali quali la Ert (Tavola rotonda degli industriali), l‟Unione delle Industrie dei paesi della comunità europea (Unice) ed il Forum europeo dei servizi (Esf). 3.2 - Cifre e stime: presenza internazionale a Bruxelles Sono state recensite 815 federazioni europee e internazionali, oltre 200 uffici di rappresentanza di autorità regionali e locali, più di 350 imprese direttamente rappresentate, circa 150 uffici di consulenza e molti altri che si occupano di materie comunitarie, cui si aggiungono: Camere di Commercio, Federazioni industriali e settoriali, associazioni di cittadini. Aggiungendo a tali lobby le numerose rappresentanze degli Stati e quelle istituzionali, il numero di persone che influenza il sistema comunitario ammonterebbe a circa 55.000, con una ratio di quasi 2:1 rispetto ai circa 30.000 funzionari delle istituzioni comunitarie. L‟insieme delle persone che operano a diverso titolo, diretto e indiretto, nel sistema comunitario, includendo i funzionari e i giornalisti accreditati (oltre 1000, una comunità più numerosa rispetto a Washington DC), si aggirerebbe intorno alle 150.000 persone circa. 13 Nel corso della ricerca, si è riscontrato un aumento mensile, dalle 50 alle 100 unità, per ciascuna delle categorie sotto indicate, con l‟eccezione della categoria “altre organizzazioni”, in cui si è invece registrata una leggera diminuzione degli uffici di rappresentanza accreditati. Società di consulenza specializzate e studi legali che svolgono attività di lobbismo presso le istituzioni dell’UE 159 Studi legali 15 Società di consulenza in affari pubblici 81 Consulenti in affari pubblici 35 Altre organizzazioni simili 28 “Lobbisti interni” e associazioni di categoria che si occupano di lobbismo 1.461 Imprese 368 Associazioni di categoria 836 Sindacati 73 14 Altre organizzazioni simili 184 ONG e centri studi (think-tanks) 805 Organizzazioni non governative e loro associazioni 613 Think tanks 87 Altre organizzazioni simili 105 Altre organizzazioni 327 Organismi accademici e loro associazioni 90 Rappresentanti di religioni, chiese e comunità laiche 9 Associazioni di amministrazioni pubbliche 46 Altre organizzazioni simili 182 3.3 - Lobbying firms o società di consulenza in affari pubblici12 Occorre innanzitutto operare una distinzione tra le cosiddette lobbying firms e lobbying organizations: le prime comprendono sia le singole persone fisiche che svolgono l‟attività in maniera diretta, sia le persone fisiche o giuridiche che impiegano terzi soggetti per conto di un cliente diverso da loro stesse; le seconde sono costituite da enti (società, associazioni, ecc.) che si avvalgono di persone che effettuano attività di lobbying per conto dell‟ente medesimo. Le lobbying firms possono essere società private indipendenti o sussidiarie di gruppi multinazionali. I nomi degli specialisti più quotati sono Hill & Knowlton, Burston Marsteller, Apco Worldwide, Kreab Gavin Anderson, WeberShandwick e Interel Cabinet Steward. 12 Vedi tabelle allegate 1 e 2 15 3.4 - Studi legali Se dalla ripartizione contenuta nella tabella riportata sopra non sorprende, per ovvie ragioni, il numero di studi legali belgi, lo stesso non si può dire per gli studi legali anglofoni insediati a Bruxelles, dato che comprendono 49 studi legali su un totale di 127. La presenza degli studi legali italiani a Bruxelles è incrementata negli ultimi anni e si colloca in buona posizione anche rispetto a Francia e Germania. Inoltre, alcuni studi di avvocati italiani, hanno creato una specifica cellula di relazioni con le istituzioni comunitarie, che ha per vocazione quella d‟informare i propri clienti sui progetti comunitari e sulle decisioni della Corte di Giustizia della Comunità Europea. Tra gli studi legali registrati, le presenze principali sono rappresentate da tedeschi e spagnoli. Tuttavia, analizzando il registro, si riscontrano alcune differenze. Nella descrizione delle attività degli studi legali tedeschi, le informazioni relative al fatturato non sono aggiornate; mentre nel caso degli studi spagnoli, le cifre sono aggiornate al 2009 e vi è una maggiore completezza descrittiva riguardo alle attività svolte. 16 3.5 - ONG e Think Tank Ad oggi, nel registro dei rappresentanti di interessi, sono iscritte 613 organizzazioni non governative e loro associazioni, 87 think-tank e 105 organizzazioni di carattere simile, per un totale di 805 rappresentanti di interessi compresi nella categoria III del registro. Come si evince dalle tabelle seguenti, Ong e think tank sono state incluse nei processi di decision making in quanto espressione della società civile, che nelle istituzioni comunitarie trova rappresentanza solo all‟interno del Parlamento Europeo, dando origine al cosiddetto “deficit democratico”. 17 3.6 - ONG Le Ong cercano di influenzare le istituzioni comunitarie redigendo Libri bianchi, con proposte ufficiali specifiche per un determinato tema, e Libri verdi, ovvero documenti preliminari alla discussione ufficiale. Svolgono inoltre azioni di consulenza e possono essere convocate dai decisori13 . Ovviamente le Ong più grandi, ricche e conosciute dispongono di maggiori risorse per le proprie azioni di lobbying e di advocacy, ed effettuano pertanto maggiori investimenti in studi e ricerche scientifiche. Tamsin Rose, ex Segretario Generale della European Public Health Alliance, una associazione no profit internazionale registrata in Belgio, che ha come missione quella di «promuovere e proteggere la salute delle persone residenti in Europa e supportare una maggiore partecipazione dei cittadini alla formazione di politiche riguardanti la salute a livello europeo14”, ha delineato il ruolo delle Ong nel lobbying15 : 1. Monitorare la vita delle istituzioni e l‟emergere di nuove politiche; 2. Analizzare l‟impatto delle regolamentazioni sul proprio gruppo di interesse; 3. Informare riguardo agli elementi principali delle proprie proposte e spiegare in che modo sono state elaborate; 4. Aumentare la consapevolezza dei propri membri riguardo alle implicazioni e agli effetti delle politiche e della legislazione; 5. Coinvolgere incoraggiando il dibattito e lo scambio d‟idee sul ruolo del lobbying; 6. Consultare le diverse organizzazioni – in particolare quelle direttamente coinvolte dalle normative - raccogliendone i punti di vista; 7. Chiedere ai decisori e agli altri stakeholder di fornire prove a sostegno della propria posizione; 13 http://www.globalpolicy.org/ngos/ngos-and-internationalregional-institutions/ngos-and-theeuropean-union.html 14 http://www.epha.org/ EPHA‟s mission is to promote and protect the health of all people living in Europe and to advocate for greater participation of citizens in health-related policy making at the European level 15 http://www.epha.org/IMG/ppt/Lobbying_EU_NGOs_20051031.ppt#256,1,European Public Health Alliance 18 8. Fornire gli strumenti di azione, ad esempio riunioni, lettere, raccolta di firme; 9. Rappresentare le diverse voci della società civile e renderle visibili sui media; 10. Valutare l‟implementazione delle azioni svolte. 3.7 - Think Tank I think-tank sono istituti e fondazioni che si occupano di studiare un tema ed elaborare idee e proposte nuove e originali. I temi principali di cui si occupano sono tecnologia, sviluppo, relazioni internazionali, studi politici e finanza. Nella apposita sezione del registro europeo sono presenti 87 think-tank, anche se in realtà molte associazioni registrate come Ong si autodefiniscono anche think-tank, ad esempio Amnesty International. Tra i più attivi e facoltosi ci sono Friends of Europe, il Foro dell‟Europa, la Security & Defence Agenda (Sda), fondata nel 2003 e finanziata da produttori di armi come Lockheed Martin e BAE System, e TechCentralStation, sostenuto economicamente da case automobilistiche e petrolieri, come General Motors ed Exxon Mobile, che si è particolarmente messo in luce atraverso una battaglia a contro gli eccessivi allarmismi inerenti il riscaldamento globale. Gli studiosi Stephen Boucher and Martine Royo16 hanno suddiviso queste organizzazioni in quattro categorie principali: i think-tank accademici, che si focalizzano su una ricerca di tipo accademico; gli advocacy think-tank, che producono proposte conformi ai propri valori; gli istituti di ricerca, che lavorano a contratto per governi, industrie e agenzie; e fondazioni e think-tank nate da un partito politico. Come risulta evidente da questa suddivisione, il problema principale di queste organizzazioni è mantenere l‟autonomia di pensiero: avere committenti e finanziatori può infatti significare una limitata autonomia nelle analisi e la tendenza a “soddisfare” le esigenze altrui. Lo stesso problema si ha anche quando i committenti sono le istituzioni europee, soprattutto nel caso in cui le ricerche contraddicano apertamente le politiche comunitarie. 16 Les Think-tanks: Cerveaux de la Guerre des Idées, Boucher, Royo, Lamy, éditions Le Félin, 160 pag. 19 Considerando che sul territorio europeo sono attive circa 1200 think-tank, è evidente come il numero di quelle registrate sia ridicolo. Nell‟aprile del 2009, vista la bassa adesione al registro, l‟allora commissario all‟antifrode Siim Kallas ha pubblicamente invitato i think-tank ad iscriversi nella sezione a loro dedicata, chiarendo che la definizione europea di lobbying comprende “tutte le attività portate avanti con l‟obiettivo di influenzare la formulazione delle politiche e il processo di decisione delle istituzioni17 comunitarie18”. In realtà la questione è ancora aperta, e anche all‟interno dei think-tank i pareri sulla necessità di iscriversi sono discordanti. Le motivazioni del rifiuto sono diverse: una definizione di lobbying troppo estesa, l‟assenza di un particolare interesse da promuovere, la necessità di prendere una decisione comune. Uno studio americano, “The Global go-to think-tanks”, uscito il 21 gennaio 2010, stila una classifica delle 40 migliori think-tank dell‟Europa occidentale. Di queste 40, solo 6 sono presenti nel registro, mentre 4 sono registrate come Ong. È quindi evidente che esiste un serio problema rispetto alla registrazione dei think-tank, che deriva direttamente dalla mancata condivisione di una definizione univoca di lobbying. 3.8 - Le Istituzioni che subiscono l‟attività di lobbying Gli attori che intendono partecipare al processo politico europeo devono considerare il carattere policentrico e i diversi livelli di questo processo. Considerando ciò, devono scegliere tra i diversi modi di influenzare i legislatori. “Al livello basico, devono considerare il livello nazionale, il quale si riferisce allo sfruttamento di contatti nazionali e politiche nazionali per influenzare il legislatore europeo. La strada europea riguarda, invece, la ricerca di influenza tramite la rappresentazione diretta presso le stesse istituzioni europee.”19 Il teorico Bouwen ha formulato un‟analisi comparativa del lobbying, riguardante il triangolo di istituzioni europee, applicando la “theory of access”20 a questa tematica. Secondo questa teoria, vitale è l‟accesso alle risorse e, a Bruxelles, la possibilità di avere accesso alle istituzioni rappresenta la condizione necessaria per esercitare influenza. Bouwen ha sostenuto numerose interviste con 17 http://www.euractiv.com/en/pa/changing-face-european-think-tanks/article-142652, The changing face of European think-tanks 18 http://www.ony.unu.edu/2009%20global%20go%20to%20think%20tank%20report.pdf 19 J.Greenwood, “Interest Representation in the European Union”, 2003 20 Ribot; Jesse C; Peluso; Nancy Lee, “Rural Sociology”, 2003 20 rappresentanti del Parlamento Europeo, della commissione e del consiglio ed ha analizzato l‟accesso di quattro diverse forme di rappresentazione degli interessi privati: associazioni europee, associazioni nazionali, aziende private e consulenti.21 Per quanto concerne il Parlamento Europeo, l‟autore identifica la sessione plenaria, le commissioni permanenti, le sedute ed il collegio dei questori, come momenti rilevanti per le attività di lobbying. Considerando che la maggior parte delle scelte legislative da parte del Parlamento avviene all‟interno delle sue commissioni specializzate, l‟analisi di Bouwen si concentra soprattutto sull‟accesso alla Commissione degli Affari politici e Monetari. La conclusione è che, in particolare le associazioni Europee, prediligono generalmente un accesso preferenziale, seguiti dalle associazioni nazionali e dalle aziende private, mentre i membri del parlamento preferiscono parlare con le organizzazioni rappresentative indipendentemente dal loro livello di aggregazione (nazionale o Europeo). Nel caso della Commissione, l‟obiettivo più interessante per i lobbisti è la Direzione Generale del Mercato Interno. Un punto di accesso ulteriore per i lobbisti sono anche le commissioni consultive, a cui è permessa la partecipazione delle aziende private e dei gruppi di interessi. L‟analisi di Bouwen mostra che sono le associazioni europee ad avere il grado di accesso più ampio alla Commissione. Questo fatto è apparso sorprendente allo studioso, poiché spesso le associazioni Europee appaiono come inefficienti, divise internamente, con poca disponibilità di risorse ed inabili a rispondere velocemente alle richieste di informazioni da parte della Commissione. Le seconde, in termini di accesso, sono le aziende private, mentre le associazioni nazionali ed i consulenti hanno il più basso livello di accesso. Bouwen conclude che, da un punto di vista interistituzionale, le aziende private hanno un livello di accesso più alto alla Commissione (34%) e al Consiglio (37%), rispetto che al Parlamento Europeo (20%). Lo studio mostra una particolarità riguardo le aziende private, ovvero che la Commissione è influenzata soprattutto da multinazionali, mentre per quanto riguarda il Consiglio, vi sono più influenze da parte delle principali aziende nazionali. Ulteriori studi hanno dimostrato la predisposizione del Parlamento a preferire l‟accesso ad associazioni europee e nazionali, mentre il consiglio e la Commissione favoriscono l‟ingresso alle aziende private. 21 P.Bouwen, “Corporate Lobbying in the European Union: the logic of access”, 2002 21 3.9 - Il Parlamento Europeo Giacché l‟interesse si indirizza verso il potere, la Commissione e il Consiglio erano, fino alla sottoscrizione del Single European Act (1 Luglio 1987), i due obiettivi principali delle attività di lobbying. Dopo che la posizione istituzionale del PE è aumentata, con l‟introduzione di nuove procedure legislative (in particolare le procedure di co-partecipazione e di co-decisione), i gruppi di pressione hanno intensificato la loro azione nei confronti del Parlamento, quale nuovo canale di influenza. In particolar modo, i gruppi di interesse meno organizzati hanno tentato di formare nuove alleanze con il PE su tematiche riguardanti la “res publica”. Stever Shaber nota che “la strategia principale di questi gruppi consiste nel fare lobbying sulla Commissione e il Consiglio tramite il Parlamento”22. Si stima che vi siano “circa settantamila contatti annui tra i gruppi di interesse ed i membri del Parlamento Europeo”.23 I gruppi di interesse iniziano ad interessarsi al Parlamento nel momento in cui coloro i quali devono redigere i rapporti delle Commissioni permanenti iniziano a prepararli e comincia la discussione tra i gruppi politici e la Commissione. I principali individui a cui i membri del Parlamento danno ascolto sono coloro che redigono i rapporti e la direzione delle Commissione; difatti, per un membro del PE l‟opinione di un individuo nella Commissione è più importante dell‟opinione di un gruppo politico. De Fouloy sostiene che: “le conoscenze personali, la nazionalità o l‟affiliazione politica che potrebbero influenzare l‟accesso e l‟apertura verso i parlamentari risultano relativamente poco importanti per un lobbista”24. Essi preferiscono dare precedenza allo staff vicino a coloro che redigono i rapporti oppure al segretariato delle Commissioni. Inoltre, i Membri del Parlamento Europeo ed i lobbisti sostengono che la maniera più efficiente di dare informazioni sia quella di incontrare un Membro di persona, anche se la maggioranza dei Parlamentari riceve richieste di aiuto e supporto tramite lettera. 22 S.M.Shaber, “Are You A Lobbyist? Some Say You Are!”, 2007 W.Wessels, “Lobbying in the European Union:current rules and practices”, 2001(traduzione libera) 24 C.D.De Fouloy, “The professional lobbyist's desk reference”, 2000 (traduzione libera) 23 22 3.10 - La Commissione Europea Dal punto di vista dei lobbisti, la Commissione è sicuramente la più importante istituzione, dato il suo ruolo centrale nel processo legislativo europeo, e per questo motivo è l‟organo da cui inizia il processo di lobbying. Come precedentemente25: “non si fa pressione sul Parlamento o il Consiglio, ma si fa pressione sulla commissione tramite il Parlamento o il Consiglio”. La Commissione, difatti, ha il diritto formale di avviare il processo legislativo ed è responsabile della stesura della bozza delle proposte di legge. A causa della mancanza di risorse interne, la Commissione ha bisogno di un contributo da parte dei gruppi di interesse, consistente in consulenze di esperti ed informazioni dettagliate; per questo motivo i contatti tra i gruppi di interesse e la Commissione variano da incontri ad-hoc ad incontri formali con diversi rappresentanti di interessi. Vi sono varie teorie su quanto questo apporto sia necessario alla Commissione ma, seguendo l‟approccio teorico di Bouwen, si può sostenere che “le conoscenze dettagliate dei gruppi di interesse rappresentano una risorsa critica per il lavoro legislativo della Commissione”26. Come conseguenza del numero sempre maggiore di lobbisti attivi a Bruxelles, la Commissione ha tentato di usare le risorse più efficacemente e di focalizzare la propria attenzione su un numero ristretto di gruppi di interesse ritenuti più influenti di altri. Il trend momentaneo è che si preferiscano dei gruppi piccoli, ma ben strutturati, rispetto a gruppi più vasti e molto meno organizzati. Per questo motivo i membri della Commissione favoriscono le aziende private o associazioni delle aziende più influenti. 3.11 - Il Consiglio dell‟Unione Europea Considerate le tre istituzioni a Bruxelles, il Consiglio è ritenuta quella meno accessibile. Il segretariato del Consiglio valuta e ammette pochi lobbisti e tende a dialogare solo con portatori di interesse influenti, quasi ignorando le associazioni meno organizzate. Il compito principale di colui che vuole influire sulle politiche del Consiglio è quello di entrare in contatto con i rappresentati del governo che sono parte dei gruppi di lavoro. Essi sono coloro che considerano e danno opinioni sulla 25 Cfr. nota 4 Bouwen, “Corporate Lobbying in the European Union: the logic of access”, 2002 (traduzione libera) 26 23 bozza della legge, prima che il Parlamento e la Commissione possano legiferare su di essa. Considerato che chi si vuole rivolgere al Consiglio Europeo, deve rivolgersi soprattutto al livello nazionale, tale organo diventa il più costoso da raggiungere e da influenzare (specialmente quando gli esperti nazionali non vivono a Bruxelles, ma nel loro paese di provenienza). Un ulteriore problema riguardante il lobbying verso il Consiglio è il coordinamento delle attività a livello nazionale con quelle a livello internazionale. Di conseguenza, solo le aziende con più risorse finanziarie portano avanti delle efficaci attività di pressione verso il Consiglio Europeo, legate a un ampio network di contatti in ognuna delle 27 capitali Europee e a Bruxelles. 24 4 - UN’ANALISI DEL MERCATO EUROPEO Rispetto ad un trattato riguardante il mondo delle lobby e specificatamente relativo al panorama europeo, una domanda sorge spontanea: con la crisi del 2007 e la conseguente recessione economica, che ne è diretta derivazione, l‟universo lobbistico ha accresciuto i propri introiti oppure no? Ovvero il crollo dei mercati finanziari ha avuto un impatto negativo anche nel mercato dell‟advocacy e delle influenze a livello comunitario? Rispondere a questa domanda è arduo considerando soprattutto la scarsa percentuale di lobbisti iscritti all‟albo sulla trasparenza. La difficoltà di ottenere una riposta precisa è anche data dal numero, costantemente in crescita, di aziende, organizzazioni e associazioni che si avvalgono della professionalità dei lobbisti che operano a livello europeo. Analizzarne singolarmente i profitti risulterebbe non solo uno sforzo inimmaginabile ed uno sperpero di risorse, ma probabilmente produrrebbe dati approssimativi e imprecisi. Tali considerazioni ci portano a basarci su dati generali ed ipotesi promulgate da esperti del settore, ma verranno analizzati anche casi specifici nei quali l‟attività di lobby è enormemente aumentata di volume. Considerando il mercato generale dei public affairs, potremmo ipotizzare un aumento delle attività di lobby conseguenti alle minori risorse che governi e comunità europea sono disposti ad allocare verso settori particolari. Ciò si tradurrebbe in una duplice battaglia di influenze verso il legislatore europeo. Da una parte si trovano le varie aziende e associazioni che necessitano di un supporto economico e fisico (soprattutto considerato il particolare momento storico di recessione e di diminuzione degli investimenti disponibili). Dall‟altra, vi sono coloro i quali vogliono approfittare della recessione ed incominciare ad estendere (o aumentare l‟estensione) la propria influenza sul legislatore, per ottenere un ruolo più rilevante a livello comunitario ed internazionale. Per molte aziende, organizzazioni e associazioni, questo è lo scenario che si trovano davanti 25 ma, considerando il panorama lobbistico generale, vi è una diminuzione significativa del volume dei propri introiti. Il budget spendibile delle aziende è in diminuzione dal 2007; i grandi tagli colpiscono soprattutto il mercato dei PA e della pubblicità, in quanto le aziende considerano che i risultati trimestrali e le azioni di lobby (le quali non hanno effetto immediato) non siano in linea con questa tendenza. Si prediligono, quindi, spese non direttamente correlate alla comunicazione (in quanto il lobbying spesso consiste nel comunicare e non influire direttamente), che abbiano come diretta conseguenza la generazione di utili investibili.27 Se consideriamo i dati del documento, possiamo notare immediatamente che, seppur nel 2007 vi era stato un aumento delle spese di Lobby, da tale anno vi è una diminuzione consistente dei soldi investiti in Public Affairs, anche se vi sono settori che hanno aumentato considerevolmente le proprie spese. Un esempio significativo può essere il settore bancario che, negli ultimi anni, anche se in difficoltà economiche non indifferenti, ha aumentato a dismisura le proprie azioni di lobby verso i governi e l‟unione Europea, al fine di ottenere vantaggi economici e fiscali da parte di questi attori. Altri istituti, organizzazioni o imprese sostengono che i propri investimenti siano aumentati nel campo dei PA, ma dobbiamo anche considerare la diminuzione del reddito spendibile da parte di tali aziende, le quali mantengono tuttavia elevati investimenti relativi al lobbying, nonostante risentano della crisi che le obbliga a mantenere un basso livello di spesa. 28 27 28 www.comres.eu.com, ECPA presentation by Andrew Hawkins Ibid. 26 Per rispondere a questa sfida vi sono diverse tecniche, che le aziende di PA utilizzano per contrastare la crisi ed i minori investimenti ovvero, secondo una indagine di ComRes (Think tank di ricerca sulla comunicazione), il 95% sostiene che l‟innovazione e la modernizzazione dei propri approcci porterà a un miglioramento qualitativo e quantitativo. Difatti, a Bruxelles, vi sono numerose aziende di lobbying, ma solo alcune hanno un potere e un volume d‟affari così alto da potersi permettere di rimanere sul mercato e promuovere un‟azione di lobby efficace. Il 78% delle aziende sostiene, invece, che la maniera migliore di rimanere sul mercato siano i tagli. Tagli mirati ad aumentare il livello e la qualità tagliando i progetti generici e focalizzandosi su progetti a lungo periodo, i quali possono portare a una azione continuativa, più efficace e molto più remunerativa per i partner e le aziende stesse. Inoltre la quasi totalità dichiara la necessità di ottimizzare il lavoro, appunto concentrandosi su azioni “value for money”, dimostrando un valore aggiunto propria opera e riguardante la cercando di minimizzare le spese.29 Sul futuro di quest‟attività, il panorama è diviso in 3 correnti principali, in quanto attualmente l‟unica opzione possibile è adattarsi al mercato, ottimizzando costi e partnership. Un vasto numero di aziende, organizzazioni e istituzioni non sa cosa aspettarsi da questa recessione che, così pesantemente, ha intaccato gli introiti di queste organizzazioni. Un parte consistente, quasi un terzo del totale, crede che il mondo delle PA non riuscirà a riprendersi così facilmente, se non vi saranno investimenti consistenti e/o azioni riparatori e una valorizzazione del loro operato. Infine, circa il 40% sostiene che il mondo lobbyistico si riprenderà bene da questa caduta vertiginosa e che molte aziende comprenderanno l‟operato e l‟utilità della PA e dell‟attività di Advocacy. 30 29 30 Ibid. Ibid. 27 28 5 - LA PERCEZIONE DELLE LOBBY E DEI LOBBISTI TRA POLITICI E FUNZIONARI Il 12 ottobre 2009, a Bruxelles, la società di consulenza in pubbliche relazioni e comunicazione Burson-Marsteller ha presentato la ricerca A guide to effective lobbying in Europe 200931, condotta intervistando politici nazionali32, membri del Parlamento europeo e funzionari nazionali e delle istituzioni comunitarie. Lo scopo dello studio è di delineare la qualità del lobby in Europa, e di delinearne punti di forza e debolezza nella percezione delle controparti, ovvero dei politici e dei funzionari che con i lobbisti intrattengono rapporti di lavoro. Delle 18 domande sulle quali è basata la survey, riportiamo qui quelle più interessanti per la nostra ricerca. 5.1 - Aspetti positivi e negativi Per il 50% degli intervistati, il merito principale delle attività di lobby è quello di sottolineare l‟importanza – locale o nazionale – di una tematica, seguito a breve distanza dal fatto di essere una parte importante del processo decisionale e di permettere la condivisione di capacità e conoscenze. La mancanza di trasparenza e la carenza di oggettività nelle informazioni fornite costituiscono aspetti negativi rispettivamente per il 57% e il 55% degli intervistati. Il timore per un‟influenza eccessiva nel processo democratico viene solo in terza posizione, con il 23% di intervistati che rileva tale problematica. 5.2 - Trasparenza Se la mancanza di trasparenza è percepita come un problema, dalla ricerca emerge che sindacati, imprese e associazioni commerciali sono ai primi posti nella trasparenza dell‟attività di lobbying. Al quarto posto si classificano le ONG, mentre le law firms sono considerate meno trasparenti delle agenzie di public affairs, rispettivamente al sesto e quinto posto. Chiudono la classifica i think-tanks e gli indipendenti. 31 http://www.oursocialmedia.com/wp-content/uploads/effective-lobbying_light_07102009.pdf I Paesi coinvolti sono quindici: Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Ungheria. 32 29 L‟ordine della classifica rispecchia in modo qualitativo i dati quantitativi forniti dal Registro dei rappresentanti di interessi, nel quale imprese, associazioni di categoria e sindacati compongono la categoria dei “lobbisti interni o associazioni di categoria”, che raccoglie il maggior numero di adesioni. Dall‟altro lato gli studi legali e le società di consulenza – che godono di bassa reputazione – sono registrati solo in 146, una cifra chiaramente sottostimata rispetto alle reali attività di queste categorie. 5.3 - Caratteristiche del lobbista Secondo il 64% dei politici e dei funzionari intervistati, la decisione di parlare con un lobbista dipende principalmente dalla trasparenza e dalla chiarezza degli interessi che vuole rappresentare; il soggetto della discussione è invece rilevante nel 59% dei casi. Secondo il rapporto, il fatto che un lobbista sia o meno registrato in un registro pubblico è irrilevante nella decisione di relazionarsi col rappresentante di interessi. 5.4 - Punti deboli Ancora una volta al primo posto emerge la trasparenza, o meglio, la mancanza di trasparenza: per il 52% degli intervistati è il problema principale. Seguono la troppa aggressività (47%) e la mancanza di comprensione dei processi e procedure (39%). 30 6 - LOBBY A BRUXELLES Secondo i dati raccolti da Burson-Marsteller, le lobby a Bruxelles sono “accettate come parte del processo di decision-making”: solo il 12% degli intervistati le vede negativamente. Viene riscontrato un alto livello di trasparenza, in cui eccellono soprattutto Ong e aziende. I punti deboli sono invece la mancanza di conoscenza dei processi decisionali (62%), operare con le tempistiche sbagliate (54%) e un approccio troppo aggressivo (56%). 31 CONCLUSIONI Dalla nostra indagine è emerso che il lobbying, a livello comunitario, è considerato una pratica in continua evoluzione, che coinvolge sempre più attori operanti in diversi settori. A Bruxelles si incontrano diversi modi di fare lobbying con operatori provenienti da tutto il mondo: così è emersa la necessità da parte delle istituzioni comunitarie di regolamentare un‟attività in crescita come quella dei public affairs. Dal punto di vista normativo, la regolamentazione, pur essendo in apparenza rigida e puntigliosa, in realtà presenta diverse lacune, prima fra tutte l‟assenza dell‟obbligatorietà di iscrizione al registro. Da ciò deriva che la maggior parte degli operatori, distribuiti tra studi legali e think tank, sono presenti in numero esiguo rispetto a quelli realmente operativi. La riluttanza di queste società a rivelare in un registro pubblico i propri guadagni, le proprie spese e i propri clienti costituisce una motivazione per la mancata iscrizione. Le sanzioni per chi non si attiene alla normativa si limitano ad escludere dal registro gli operatori inadempienti, previa verifica della Commissione. Non si inficia quindi in alcun modo la loro effettiva operatività. Un altro dato da tenere in considerazione è che, a causa della crisi finanziaria che ha investito le economie occidentali, gli investimenti in lobbying e public affairs sono diminuite, con l'eccezione di quei settori in cui la normativa comunitaria è in via di scrittura o di sviluppo. Gli investimenti in attività di lobbying, quindi, vengono attuati solo se strettamente necessari per la propria attività. Analizzando i dati su lobbying e politica, emerge chiaramente che le lobby a livello europeo, e soprattutto a livello di istituzioni comunitarie, godono di una buona reputazione. A Bruxelles le lobby – pur con i limiti sopra indicati – sono diventate componenti fondamentali del processo decisionale e legislativo, a patto che le attività di pressione siano improntate su trasparenza, onestà e chiarezza. 32