Regolamentazione

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Regolamentazione
L’attività di lobbying nell’Unione Europea
Paolo Bennardo
Alice Farella
Manuela Oretano
Erika Savazzi
Alessandro Poletti
Paola Di Staso
INDICE
1. INQUADRAMENTO DEL FENOMENO
p.4
1.1 Sviluppi storici
p.4
1.2 Situazione attuale
p.4
2. REGOLAMENTAZIONE EUROPEA DELLA PROFESSIONE DI
p.6
LOBBYING
2.1 Introduzione
p.6
2.2 Iniziativa europea sulla trasparenza
p.7
2.3 La questione del‟Registro‟
p.8
2.4 La comunicazione della Commissione sulla trasparenza (COM 2008,
p.9
323 definitivo)
2.5 Una sorta di fallimento del „Registro‟
p.11
3. LOBBYING FIRMS E ALTRI SOGGETTI CHE FANNO LOBBYING
p.13
3.1 Introduzione
p.13
3.2 Cifre e stime: presenza internazionale a Bruxelles
p.13
3.3 Lobbying firms o società di consulenza in affari pubblici
p.15
3.4 Studi legali
p.16
3.5 ONG e Think tank
p.17
3.6 ONG
p.18
3.7 Think tank
p.19
3.8 Le istituzioni che subiscono l‟attività di lobbying
p.20
3.9 Il Parlamento Europeo
p.22
3.10 La Commissione Europea
p.23
3.11 Il Consiglio dell‟Unione Europea
p.23
4. UN’ANALISI DEL MERCATO EUROPEO
p.25
5 LA PERCEZIONE DELLE LOBBY E DEI LOBBISTI TRA POLITICI E
p.29
FUNZIONARI
5.1 Aspetti postivi e negativi
p.29
5.2 Trasparenza
p.29
2
5.3 Caratteristiche del lobbista
p.30
5.4 Punti deboli
p.30
6 LOBBY A BRUXELLES
p.31
7. CONCLUSIONI
p.32
3
1 - INQUADRAMENTO DEL FENOMENO
1.1 - Sviluppi storici
Il fenomeno del lobbismo in Europa si intensifica particolarmente nel
periodo compreso tra 1984 e 1994, quando oltre 200 aziende decisero di
sviluppare attività di lobbying diretto, a Bruxelles, spostando il proprio focus di
attività politica dal livello nazionale a quello delle istituzioni europee. In seguito,
esse divennero consapevoli del fatto che un approccio olistico al lobbying, che
coinvolge sia i governi nazionali e regionali sia le istituzioni europee, avrebbe reso
l‟attività di rappresentanza di interessi più efficace.
È tra il 1994 e il 2005 che emerse uno stile di lobbismo europeo. Tuttavia, la
natura riservata della maggior parte dell‟attività di lobbying riduce la comprensione
dell‟influenza del lobbismo europeo, a differenza dell‟elevata visibilità di cui la
stessa attività gode nell‟ambito del Congresso statunitense.
1.2 - Situazione attuale
Il lobbying europeo rispecchia molte caratteristiche dell‟Europa: esteso nella
varietà di argomenti trattati, molteplice negli approcci e influenzato da tradizioni e
culture specifiche e diverse. Viene esercitato sulle istituzioni europee che
scelgono di essere aperte e di comunicare con i gruppi di interesse e la società
civile.
Le istituzioni europee sono tra le entità governative più influenzate dalle
lobby, attraverso l‟azione dei 2.600 gruppi di pressione che lavorano al fianco di
parlamentari, funzionari, assistenti, giornalisti e commissari: un totale di 55 mila
persone attive in un centinaio di studi legali, oltre 150 società di consulenza (public
affairs consulting) e di pubbliche relazioni, decine di think tank, Ong, sindacati.
Senza contare gli innumerevoli uffici di rappresentanza (governi nazionali, regioni,
enti locali, industrie, gruppi inter-istituzionali, camere di commercio, ecc). Questa
presenza imponente si deve al fatto che a Bruxelles viene deciso circa l‟80% dei
contenuti delle leggi nazionali e locali, incluse le leggi finanziarie, con un evidente
impatto sul PIL dei Paesi membri e sullo sviluppo sociale ed economico. Inoltre, si
negoziano gli stanziamenti del budget delle istituzioni comunitarie per l‟attuazione
dei programmi e dei progetti europei, di cui circa il 6% è destinato alla gestione
4
amministrativa delle istituzioni, per un totale di circa 100 miliardi di euro all‟anno,
ovvero circa l‟1% del PIL cumulato dei 27 Stati membri.
5
2 - REGOLAMENTAZIONE EUROPEA DELLA PROFESSIONE DI LOBBYING
2.1 - Introduzione
L‟attività di Lobbying presso le Istituzioni Europee ha avuto negli ultimi 15
anni un notevole sviluppo, sia sul piano del policy-making, in quanto oggi sono
presenti a Bruxelles più di 15.000 lobbisti, sia sul piano regolamentare con
l‟adozione del libro verde e l‟iscrizione al registro per la trasparenza.
Dalla metà degli anni ‟90, l‟attività dei gruppi di interesse presso l‟UE è
incrementata, a causa del trasferimento di determinate funzioni, precedentemente
spettanti agli Stati ed alle Istituzioni Europee, così da garantire una forma di
democrazia partecipativa da parte dei portatori di interessi. I lobbisti possono
essere coinvolti nel processo politico, assicurando anche la partecipazione della
società civile organizzata nel processo di adozione delle politiche europee.
La finalità dei lobbisti è di influenzare le politiche pubbliche dell‟UE tramite il
monitoraggio dell‟attività politica e di governo, attuando così strategie specifiche
in funzione dei propri interessi.
Questa politica di pressione attuata dalle lobby ha favorito la creazione nel
1997 dell‟associazione SEAP1, la quale si è dotata di un codice di condotta con cui
regolava le relazioni che i membri dovevano tenere nei confronti dei colleghi e dei
loro concorrenti.
Solamente dal 2000 l‟Unione Europea ha avviato un processo di
elaborazione delle proprie politiche, permettendo una maggiore partecipazione dei
cittadini e delle organizzazioni alla definizione delle stesse. L‟anno successivo, la
Commissione ha presentato la riforma della governance europea con il Libro
bianco sulla governance2, che disciplina le regole secondo cui le Istituzioni
Europee esercitano i loro poteri.
Il lobbying europeo è stato in seguito influenzato dall‟iniziativa promossa da
Siim Kallas nel 2005, Commissario per gli Affari Amministrativi, Verifica Contabile
e Anti Frode, che ha avviato una Iniziativa Europea per la Trasparenza (ETI) 3.
Tale azione è stata indirizzata principalmente a garantire l‟integrità dei decision
1
SEAP: Società europea di affari Professionali. Associazione composta da membri appartenenti
alla consultazione, associazioni per il commercio e corporazioni.
2
Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2001/com2001_0428it02.pdf , La governance
europea, Un libro Bianco, Bruxelles, 2001.
3
European Trasparency Iniziative è stata formalmente lanciata il 9 novembre 2005.
6
makers e dei gruppi di interessi nella scelta e nel perseguimento delle politiche
dell‟Unione.
Nello stesso anno diverse associazioni di public affairs,4 con sede a
Bruxelles, a causa della mancanza di una disciplina comune europea per la
trasparenza, si sono autoregolamentate tramite l‟adozione di un Codice di
condotta, che implicava che l‟attività di lobbying dovesse essere svolta in accordo
con i principi di onestà ed integrità.
La Commissione, preso atto della necessità di regolare il settore dei gruppi
di interesse e delle consultazioni, ha formalizzato nel 2006 l‟Iniziativa Europea per
la trasparenza, pubblicando il Libro Verde, per sottolineare l‟importanza «di un
alto grado di trasparenza per la scelta delle politiche europee»5.
Infine la Commissione, per regolare e definire gli interventi dei portatori di
interessi, ha adottato un sistema di registrazione per le associazioni di lobbying
su base volontaria, con il quale tutti i soggetti sono obbligati ad indicare i campi in
cui operano e l‟ammontare economico-finanziario di cui dispongono.
2.2 - Iniziativa europea sulla trasparenza
L‟iniziativa europea sulla trasparenza è stato uno degli obiettivi strategici
della Commissione Kallas. Con l‟adozione del Libro Verde, il 3 maggio 2006, si è
avviato il processo di consultazione pubblica in ambito di Trasparenza. Gli aspetti
fondamentali dell‟Iniziativa Europea sulla Trasparenza (IET) hanno riguardato la
creazione di un sistema maggiormente strutturato per l‟attività dei lobbisti a
Bruxelles, il miglioramento dei feedback delle norme in materia di consultazione e,
infine, la definizione dell‟obbligatorietà della divulgazione delle informazioni sui
beneficiari dei fondi UE, in riferimento all‟ambito della gestione concorrente.6
La Commissione ha proposto un modello con cui disciplinare l‟attività di lobbying
basato su determinati elementi:
-
Un sistema di registrazione su base volontaria, con incentivi per
incoraggiare i lobbisti a registrarsi;
4
EPACA (European Public Affairs Association) e AALEP (Association of Accredited Lobbyists to
the European Parliament).
5
Cit.: http://europa.eu/documents/comm/green_papers/pdf/com2006_194_it.pdf; Comunicazione
della Commissione, Libro Verde Iniziativa europea per la trasparenza, Bruxelles, 2006.
6
Cfr. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2007/com2007_0127it01.pdf;
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE. Seguito del Libro verde Iniziativa europea per la
trasparenza, Bruxelles, 2007.
7
-
Un codice di condotta comune per tutti i lobbisti;
-
Un sistema di controllo e di sanzioni da applicare in caso di registrazione
errata e/o di violazione del codice di condotta.
La regolamentazione dell‟attività di lobbying da parte delle istituzioni europee è
oggi un elemento imprescindibile dell‟Unione, che mira a garantire la trasparenza
interna delle Istituzioni durante il processo decisionale.
2.3 - La questione del “Registro”
Con
riferimento al sistema di registrazione su base volontaria, la
Commissione ha voluto incoraggiare l‟attività lobbistica europea. La creazione del
registro permette ai portatori di interessi di inserire informazioni riguardanti i campi
in cui operano e di ricevere informazioni su eventuali consultazioni relative alle
loro attività.
La prima bozza del registro, presentato dalla Commissione Europea nel
2007, risultava inefficiente, poiché i gruppi di interesse consideravano il processo
di consultazione poco efficace rispetto alle loro esigenze. Per tale motivo, la
Commissione ha deciso di incoraggiare la registrazione di studi legali, think tanks
e società di lobby, tramite un rafforzamento online della consultazione, per
consentire alle parti interessate di inserire informazioni riguardanti i loro obiettivi e
la loro struttura, così da renderli maggiormente accessibili alla società civile.
Il miglioramento della consultazione del registro, secondo la Commissione
Europea, è un elemento indispensabile per valutare le attività svolte dai gruppi di
interesse presso le Istituzioni Europee. Per tale ragione la Commissione intende
integrare il registro volontario con un modello standard di registrazione per
migliorare le consultazioni telematiche. Inoltre, le organizzazioni che fruiranno di
tali servizi, oltre a descrivere la loro mission, dovranno inserire i dati relativi al loro
sistema di finanziamento. Proprio dal punto di vista economico, il “libro Verde”
vincola i soggetti che intendano registrarsi a rendere pubblici i propri dati di
bilancio, le fonti di finanziamento ed i principali clienti. L‟obiettivo di tale approccio
è comprendere le motivazioni che spingono i gruppi di interesse ad intervenire
tramite azioni di lobbying nei processi decisionali europei.
Questa regolamentazione finanziaria è stata stabilita dalla Commissione
Europea nel documento dell‟Iniziativa Europea per la Trasparenza del 2007, il
quale stabilisce i requisiti minimi per la registrazione:
8
a) le società di consulenza specializzate e gli studi legali che svolgono attività
di lobbismo presso le istituzioni dell’UE devono dichiarare il fatturato
generato da tali attività e indicare il peso relativo dei singoli clienti;
b) I lobbisti “interni” e le associazioni di categoria che si occupano di lobbismo
devono formulare una stima dei costi associati all’attività diretta di lobbismo
presso le istituzioni dell’UE;
c) Le ONG e i centri studi devono fornire il bilancio complessivo e indicare la
ripartizione delle principali fonti di finanziamento (importo e provenienza dei
finanziamenti pubblici, donazioni, quote associative, ecc.)7.
Nello stesso comunicato la Commissione ha indicato l‟approvazione di un
“codice di condotta” che dovrà essere sottoscritto da tutti i gruppi di interesse che
si iscriveranno al registro, al fine di evitare un‟autoregolamentazione dei gruppi di
pressione. In questo modo, la Commissione sarà l‟unico responsabile delle
relazioni con i rappresentanti di interessi. Inoltre, tramite l‟adozione di tale codice,
le Istituzioni potranno radiare dal registro le associazioni che non inseriscono
informazioni corrette riguardo al loro operato o che non rispettino il codice.
2.4 - La Comunicazione della Commissione sulla Trasparenza (COM 2008, 323
definitivo)
Con la Comunicazione della Commissione, pubblicata nel 2008, in riferimento
all‟adozione del libro Verde sull‟Iniziativa europea per la trasparenza, le Istituzioni
Europee hanno introdotto definitivamente il registro online, tramite il quale sia i
rappresentanti di interessi sia la società civile saranno in grado di prendere visione
degli attori coinvolti nel policy cycle.
La Commissione attraverso la comunicazione pubblicata nel 2008, definisce le
attività per le quali è prevista la registrazione: le attività svolte al fine di influenzare
l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee8.
Con tale definizione, la Commissione ha escluso le attività di consulenza legale, di
7
Rif.http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/com/2007/com2007_0127it01.pdf;
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE. Seguito del Libro verde Iniziativa europea per la
trasparenza, Bruxelles, 2007.
8
Cit. Comunicazione della Commissione Iniziativa europea per la trasparenza. Quadro di
riferimento per le relazioni con i rappresentanti di interessi (registro e codice di condotta).
Bruxelles, 2008.
9
associazioni e sindacati e tutte le attività in risposta a dirette richieste della
Commissione.
Per regolare le azioni svolte dai gruppi di interesse, la Commissione ha
presentato il definitivo codice di condotta a cui tutti gli organismi che si registrano
dovranno conformarsi. Il codice, redatto grazie ai contributi pervenuti alla
Commissione in fase di consultazione, definisce i principi di integrità e onestà che
devono essere rispettati durante le attività di lobbying dai gruppi di interesse.
Il Codice di condotta è costituito da otto norme, le quali disciplinano il
comportamento che devono assumere i rappresentanti di interessi:
1) Indicare il proprio nome e l‟organismo per il quale lavorano o che
rappresentano;
2) Presentarsi fornendo informazioni corrette al momento della registrazione al
fine di non indurre in errore i terzi o il personale dell‟UE;
3) Dichiarare gli interessi e, se del caso, i clienti o i membri che essi
rappresentano;
4) Garantire che, per quanto a loro conoscenza, le informazioni fornite sono
obiettive, complete, aggiornate e non fuorvianti;
5) Non ottenere e non cercare di ottenere informazioni o decisioni in maniera
disonesta;
6) Non indurre funzionari dell‟UE a contravvenire alle disposizioni e alle norme
di comportamento ad essi applicabili;
7) Qualora lavorino per loro degli ex funzionari dell‟UE, rispettare l‟obbligo di
questi ultimi, e di
8) Attenersi alle norme e agli obblighi
in materia di riservatezza ad essi
applicabili.9
Analizzando le norme sopra citate, la Commissione definisce le attività degli
organismi interessati e i meccanismi di controllo ed applicazione delle attività
lobbistiche, le quali disciplinano le azioni che possono essere intraprese contro chi
non rispetta le norme del registro. Infatti, in caso di violazione del codice, può
scattare la sospensione dal registro, in seguito ad un atto amministrativo della
9
Norme del Codice di condotta dei gruppi di interesse. Comunicazione della Commissione
Iniziativa europea per la trasparenza. Quadro di riferimento per le relazioni con i rappresentanti di
interessi (registro e codice di condotta). Bruxelles, 2008
10
Commissione; inoltre, tutti gli organismi registrati hanno la possibilità di presentare
un reclamo, basato su fatti reali, di una presunta violazione del codice da parte di
un‟altra associazione; infine, alle organizzazioni registrate saranno resi noti i
documenti relativi le consultazioni.
Oltre a questi punti, nel documento presentato nel 2008 la Commissione ha
avviato un approccio interistituzionale con il Parlamento Europeo, il Comitato delle
Regioni ed il Comitato economico e sociale europeo, per la futura realizzazione di
uno sportello unico di registrazione inerente l‟attività dei gruppi di interesse nelle
varie Istituzioni Europee. Tale sportello unico garantirebbe un maggiore controllo
sull‟attività di lobbying presso le Istituzioni dell‟Unione.
2.5 - Una sorta di “Fallimento del Registro”
La necessità di una regolamentazione dell‟attività di lobbying presso le
Istituzione europee è stata resa inevitabile dalla presenza di più di 2600 lobbying
firms e 55.000 persone che svolgono attività di pressione presso l‟Unione.
È possibile sostenere che, con l‟iniziativa per la trasparenza, è cresciuto il
legame tra lobbies e istituzioni comunitarie. Il legame è dato, da un lato, dalle
numerose attività svolte dai rappresentati di interessi a diversi livelli e dall‟altro la
dai numerosi contributi specialistici, forniti dalle lobby durante la produzione
normativa, di cui si avvale la Commissione.
Nell‟ultima comunicazione della Commissione, pubblicata nell‟ottobre del
2009, in riferimento all‟andamento del registro dei rappresentanti di interessi, viene
indicato un aumento considerevole della registrazione da parte di associazioni di
categoria, lobbisti aziendali “interni” e organizzazioni non governative.
Nonostante la tendenza dei vari operatori ad adeguarsi al registro, è
presente ancora oggi una alta percentuale di società di lobbying non ancora
iscritte. Queste società fanno parte degli “studi legali” e “centri studi”. Le
motivazioni sono differenti: gli studi legali non intendono registrarsi a causa della
mancanza di norme che rispettino la riservatezza dei propri clienti. I centri studi,
invece, giustificano la loro assenza dal registro perché non si considerano
portatori di interessi specifici o a fine di lucro10.
10
Cfr. http://ec.europa.eu/transparency/docs/communication_2009_it.pdf, Comunicazione della
Commissione, Iniziativa europea per la trasparenza: il registro dei rappresentanti di interessi, un
anno dopo, Bruxelles, 2009.
11
La Commissione, per quanto riguarda queste due categorie, si è limitata a
richiamare questi operatori, invitandoli a registrarsi sulla base delle informazioni
fornite dalla comunicazione approvata nel 200811, nella quale la Commissione
definisce le attività che prevedono la iscrizione al registro.
È quindi possibile affermare che un registro con iscrizione obbligatoria
riuscirebbe a definire più precisamente le regole e le attività di lobbying consentite
presso le Istituzioni Europee. Inoltre, garantirebbe maggiore trasparenza in
riferimento alla pubblicazione dei dati e permetterebbe lo svolgimento dell‟attività
di pressione solo a coloro che sono iscritti al registro dei rappresentanti di
interessi.
11
Ibid.
12
3 - LOBBYING FIRMS E ALTRI SOGGETTI CHE FANNO LOBBYING
3.1 - Introduzione
I lobbisti presso l‟Unione Europea si dividono generalmente in tre categorie:
associazioni industriali, organizzazioni non governative (ONG) / gruppi di interesse
e rappresentanze regionali.
Non è facile ricostruire la mappa dell‟effettiva presenza delle lobby nella
capitale d‟Europa. Ad oggi infatti sono solo cinquemila i lobbisti accreditati che
hanno accesso permanente al Parlamento. Cinquemila lobbisti accreditati per 732
membri del Parlamento equivalgono a 7 lobbisti per ognuno di essi.
Secondo il Ceo, un gruppo di ricerca no profit olandese, il 70% dei 15mila
lobbisti di professione rappresenta gli interessi della grande industria. Bisogna
inoltre considerare il ruolo di potenti associazioni industriali quali la Ert (Tavola
rotonda degli industriali), l‟Unione delle Industrie dei paesi della comunità europea
(Unice) ed il Forum europeo dei servizi (Esf).
3.2 - Cifre e stime: presenza internazionale a Bruxelles
Sono state recensite 815 federazioni europee e internazionali, oltre 200
uffici di rappresentanza di autorità regionali e locali, più di 350 imprese
direttamente rappresentate, circa 150 uffici di consulenza e molti altri che si
occupano di materie comunitarie, cui si aggiungono: Camere di Commercio,
Federazioni industriali e settoriali, associazioni di cittadini. Aggiungendo a tali
lobby le numerose rappresentanze degli Stati e quelle istituzionali, il numero di
persone che influenza il sistema comunitario ammonterebbe a circa 55.000, con
una ratio di quasi 2:1 rispetto ai circa 30.000 funzionari delle istituzioni
comunitarie. L‟insieme delle persone che operano a diverso titolo, diretto e
indiretto, nel sistema comunitario, includendo i funzionari e i giornalisti accreditati
(oltre 1000, una comunità più numerosa rispetto a Washington DC), si aggirerebbe
intorno alle 150.000 persone circa.
13
Nel corso della ricerca, si è riscontrato un aumento mensile, dalle 50 alle
100 unità, per ciascuna delle categorie sotto indicate, con l‟eccezione della
categoria “altre organizzazioni”, in cui si è invece registrata una leggera
diminuzione degli uffici di rappresentanza accreditati.
Società di consulenza specializzate e studi legali che svolgono
attività di lobbismo presso le istituzioni dell’UE
159
Studi legali
15
Società di consulenza in affari pubblici
81
Consulenti in affari pubblici
35
Altre organizzazioni simili
28
“Lobbisti interni” e associazioni di categoria che si occupano di
lobbismo
1.461
Imprese
368
Associazioni di categoria
836
Sindacati
73
14
Altre organizzazioni simili
184
ONG e centri studi (think-tanks)
805
Organizzazioni non governative e loro associazioni
613
Think tanks
87
Altre organizzazioni simili
105
Altre organizzazioni
327
Organismi accademici e loro associazioni
90
Rappresentanti di religioni, chiese e comunità laiche
9
Associazioni di amministrazioni pubbliche
46
Altre organizzazioni simili
182
3.3 - Lobbying firms o società di consulenza in affari pubblici12
Occorre innanzitutto operare una distinzione tra le cosiddette lobbying firms
e lobbying organizations: le prime comprendono sia le singole persone fisiche che
svolgono l‟attività in maniera diretta, sia le persone fisiche o giuridiche che
impiegano terzi soggetti per conto di un cliente diverso da loro stesse; le seconde
sono costituite da enti (società, associazioni, ecc.) che si avvalgono di persone
che effettuano attività di lobbying per conto dell‟ente medesimo. Le lobbying firms
possono essere società private indipendenti o sussidiarie di gruppi multinazionali.
I nomi degli specialisti più quotati sono Hill & Knowlton, Burston Marsteller,
Apco Worldwide, Kreab Gavin Anderson, WeberShandwick e Interel Cabinet
Steward.
12
Vedi tabelle allegate 1 e 2
15
3.4 - Studi legali
Se dalla ripartizione contenuta nella tabella riportata sopra non sorprende, per
ovvie ragioni, il numero di studi legali belgi, lo stesso non si può dire per gli studi
legali anglofoni insediati a Bruxelles, dato che comprendono 49 studi legali su un
totale di 127.
La presenza degli studi legali italiani a Bruxelles è incrementata negli ultimi
anni e si colloca in buona posizione anche rispetto a Francia e Germania. Inoltre,
alcuni studi di avvocati italiani, hanno creato una specifica cellula di relazioni con
le istituzioni comunitarie, che ha per vocazione quella d‟informare i propri clienti
sui progetti comunitari e sulle decisioni della Corte di Giustizia della Comunità
Europea.
Tra gli studi legali registrati, le presenze principali sono rappresentate da
tedeschi e spagnoli. Tuttavia, analizzando il registro, si riscontrano alcune
differenze. Nella descrizione delle attività degli studi legali tedeschi, le informazioni
relative al fatturato non sono aggiornate; mentre nel caso degli studi spagnoli, le
cifre sono aggiornate al 2009 e vi è una maggiore completezza descrittiva riguardo
alle attività svolte.
16
3.5 - ONG e Think Tank
Ad oggi, nel registro dei rappresentanti di interessi, sono iscritte 613
organizzazioni non governative e loro associazioni, 87 think-tank e 105
organizzazioni di carattere simile, per un totale di 805 rappresentanti di interessi
compresi nella categoria III del registro. Come si evince dalle tabelle seguenti,
Ong e think tank sono state incluse nei processi di decision making in quanto
espressione
della
società
civile,
che
nelle
istituzioni
comunitarie
trova
rappresentanza solo all‟interno del Parlamento Europeo, dando origine al
cosiddetto “deficit democratico”.
17
3.6 - ONG
Le Ong cercano di influenzare le istituzioni comunitarie redigendo Libri
bianchi, con proposte ufficiali specifiche per un determinato tema, e Libri verdi,
ovvero documenti preliminari alla discussione ufficiale. Svolgono inoltre azioni di
consulenza e possono essere convocate dai decisori13 . Ovviamente le Ong più
grandi, ricche e conosciute dispongono di maggiori risorse per le proprie azioni di
lobbying e di advocacy, ed effettuano pertanto maggiori investimenti in studi e
ricerche scientifiche.
Tamsin Rose, ex Segretario Generale della European Public Health Alliance, una
associazione no profit internazionale registrata in Belgio, che ha come missione
quella di «promuovere e proteggere la salute delle persone residenti in Europa e
supportare una maggiore partecipazione dei cittadini alla formazione di politiche
riguardanti la salute a livello europeo14”, ha delineato il ruolo delle Ong nel
lobbying15 :
1. Monitorare la vita delle istituzioni e l‟emergere di nuove politiche;
2. Analizzare l‟impatto delle regolamentazioni sul proprio gruppo di
interesse;
3. Informare riguardo agli elementi principali delle proprie proposte e
spiegare in che modo sono state elaborate;
4. Aumentare la consapevolezza dei propri membri riguardo alle
implicazioni e agli effetti delle politiche e della legislazione;
5. Coinvolgere incoraggiando il dibattito e lo scambio d‟idee sul ruolo
del lobbying;
6. Consultare le diverse organizzazioni – in particolare quelle
direttamente coinvolte dalle normative - raccogliendone i punti di
vista;
7. Chiedere ai decisori e agli altri stakeholder di fornire prove a
sostegno della propria posizione;
13
http://www.globalpolicy.org/ngos/ngos-and-internationalregional-institutions/ngos-and-theeuropean-union.html
14
http://www.epha.org/ EPHA‟s mission is to promote and protect the health of all people living in
Europe and to advocate for greater participation of citizens in health-related policy making at the
European level
15
http://www.epha.org/IMG/ppt/Lobbying_EU_NGOs_20051031.ppt#256,1,European Public Health
Alliance
18
8. Fornire gli strumenti di azione, ad esempio riunioni, lettere, raccolta
di firme;
9. Rappresentare le diverse voci della società civile e renderle visibili
sui media;
10. Valutare l‟implementazione delle azioni svolte.
3.7 - Think Tank
I think-tank sono istituti e fondazioni che si occupano di studiare un tema ed
elaborare idee e proposte nuove e originali. I temi principali di cui si occupano
sono tecnologia, sviluppo, relazioni internazionali, studi politici e finanza. Nella
apposita sezione del registro europeo sono presenti 87 think-tank, anche se in
realtà molte associazioni registrate come Ong si autodefiniscono anche think-tank,
ad esempio Amnesty International.
Tra i più attivi e facoltosi ci sono Friends of Europe, il Foro dell‟Europa, la
Security & Defence Agenda (Sda), fondata nel 2003 e finanziata da produttori di
armi come Lockheed Martin e BAE System, e TechCentralStation, sostenuto
economicamente da case automobilistiche e petrolieri, come General Motors ed
Exxon Mobile, che si è particolarmente messo in luce atraverso una battaglia a
contro gli eccessivi allarmismi inerenti il riscaldamento globale.
Gli studiosi Stephen Boucher and Martine Royo16 hanno suddiviso queste
organizzazioni in quattro categorie principali: i think-tank accademici, che si
focalizzano su una ricerca di tipo accademico; gli advocacy think-tank, che
producono proposte conformi ai propri valori; gli istituti di ricerca, che lavorano a
contratto per governi, industrie e agenzie; e fondazioni e think-tank nate da un
partito politico.
Come risulta evidente da questa suddivisione, il problema principale di
queste organizzazioni è mantenere l‟autonomia di pensiero: avere committenti e
finanziatori può infatti significare una limitata autonomia nelle analisi e la tendenza
a “soddisfare” le esigenze altrui. Lo stesso problema si ha anche quando i
committenti sono le istituzioni europee, soprattutto nel caso in cui le ricerche
contraddicano apertamente le politiche comunitarie.
16
Les Think-tanks: Cerveaux de la Guerre des Idées, Boucher, Royo, Lamy, éditions Le Félin, 160
pag.
19
Considerando che sul territorio europeo sono attive circa 1200 think-tank, è
evidente come il numero di quelle registrate sia ridicolo. Nell‟aprile del 2009, vista
la bassa adesione al registro, l‟allora commissario all‟antifrode Siim Kallas ha
pubblicamente invitato i think-tank ad iscriversi nella sezione a loro dedicata,
chiarendo che la definizione europea di lobbying comprende “tutte le attività
portate avanti con l‟obiettivo di influenzare la formulazione delle politiche e il
processo di decisione delle istituzioni17 comunitarie18”. In realtà la questione è
ancora aperta, e anche all‟interno dei think-tank i pareri sulla necessità di iscriversi
sono discordanti. Le motivazioni del rifiuto sono diverse: una definizione di
lobbying troppo estesa, l‟assenza di un particolare interesse da promuovere, la
necessità di prendere una decisione comune. Uno studio americano, “The Global
go-to think-tanks”, uscito il 21 gennaio 2010, stila una classifica delle 40 migliori
think-tank dell‟Europa occidentale. Di queste 40, solo 6 sono presenti nel registro,
mentre 4 sono registrate come Ong. È quindi evidente che esiste un serio
problema rispetto alla registrazione dei think-tank, che deriva direttamente dalla
mancata condivisione di una definizione univoca di lobbying.
3.8 - Le Istituzioni che subiscono l‟attività di lobbying
Gli attori che intendono partecipare al processo politico europeo devono
considerare il carattere policentrico e i diversi livelli di questo processo.
Considerando ciò, devono scegliere tra i diversi modi di influenzare i legislatori. “Al
livello basico, devono considerare il livello nazionale, il quale si riferisce allo
sfruttamento di contatti nazionali e politiche nazionali per influenzare il legislatore
europeo. La strada europea riguarda, invece, la ricerca di influenza tramite la
rappresentazione diretta presso le stesse istituzioni europee.”19
Il teorico Bouwen ha formulato un‟analisi comparativa del lobbying,
riguardante il triangolo di istituzioni europee, applicando la “theory of access”20 a
questa tematica. Secondo questa teoria, vitale è l‟accesso alle risorse e, a
Bruxelles, la possibilità di avere accesso alle istituzioni rappresenta la condizione
necessaria per esercitare influenza. Bouwen ha sostenuto numerose interviste con
17
http://www.euractiv.com/en/pa/changing-face-european-think-tanks/article-142652, The changing
face of European think-tanks
18
http://www.ony.unu.edu/2009%20global%20go%20to%20think%20tank%20report.pdf
19
J.Greenwood, “Interest Representation in the European Union”, 2003
20
Ribot; Jesse C; Peluso; Nancy Lee, “Rural Sociology”, 2003
20
rappresentanti del Parlamento Europeo, della commissione e del consiglio ed ha
analizzato l‟accesso di quattro diverse forme di rappresentazione degli interessi
privati:
associazioni
europee,
associazioni
nazionali,
aziende
private
e
consulenti.21
Per quanto concerne il Parlamento Europeo, l‟autore identifica la sessione
plenaria, le commissioni permanenti, le sedute ed il collegio dei questori, come
momenti rilevanti per le attività di lobbying. Considerando che la maggior parte
delle scelte legislative da parte del Parlamento avviene all‟interno delle sue
commissioni
specializzate,
l‟analisi
di
Bouwen
si
concentra
soprattutto
sull‟accesso alla Commissione degli Affari politici e Monetari. La conclusione è
che, in particolare le associazioni Europee, prediligono generalmente un accesso
preferenziale, seguiti dalle associazioni nazionali e dalle aziende private, mentre i
membri del parlamento preferiscono parlare con le organizzazioni rappresentative
indipendentemente dal loro livello di aggregazione (nazionale o Europeo).
Nel caso della Commissione, l‟obiettivo più interessante per i lobbisti è la
Direzione Generale del Mercato Interno. Un punto di accesso ulteriore per i
lobbisti sono anche le commissioni consultive, a cui è permessa la partecipazione
delle aziende private e dei gruppi di interessi. L‟analisi di Bouwen mostra che sono
le associazioni europee ad avere il grado di accesso più ampio alla Commissione.
Questo fatto è apparso sorprendente allo studioso, poiché spesso le associazioni
Europee appaiono come inefficienti, divise internamente, con poca disponibilità di
risorse ed inabili a rispondere velocemente alle richieste di informazioni da parte
della Commissione. Le seconde, in termini di accesso, sono le aziende private,
mentre le associazioni nazionali ed i consulenti hanno il più basso livello di
accesso. Bouwen conclude che, da un punto di vista interistituzionale, le aziende
private hanno un livello di accesso più alto alla Commissione (34%) e al Consiglio
(37%), rispetto che al Parlamento Europeo (20%). Lo studio mostra una
particolarità riguardo le aziende private, ovvero che la Commissione è influenzata
soprattutto da multinazionali, mentre per quanto riguarda il Consiglio, vi sono più
influenze da parte delle principali aziende nazionali.
Ulteriori studi hanno dimostrato la predisposizione del Parlamento a
preferire l‟accesso ad associazioni europee e nazionali, mentre il consiglio e la
Commissione favoriscono l‟ingresso alle aziende private.
21
P.Bouwen, “Corporate Lobbying in the European Union: the logic of access”, 2002
21
3.9 - Il Parlamento Europeo
Giacché l‟interesse si indirizza verso il potere, la Commissione e il Consiglio
erano, fino alla sottoscrizione del Single European Act (1 Luglio 1987), i due
obiettivi principali delle attività di lobbying. Dopo che la posizione istituzionale del
PE è aumentata, con l‟introduzione di nuove procedure legislative (in particolare le
procedure di co-partecipazione e di co-decisione), i gruppi di pressione hanno
intensificato la loro azione nei confronti del Parlamento, quale nuovo canale di
influenza. In particolar modo, i gruppi di interesse meno organizzati hanno tentato
di formare nuove alleanze con il PE su tematiche riguardanti la “res publica”.
Stever Shaber nota che “la strategia principale di questi gruppi consiste nel fare
lobbying sulla Commissione e il Consiglio tramite il Parlamento”22.
Si stima che vi siano “circa settantamila contatti annui tra i gruppi di
interesse ed i membri del Parlamento Europeo”.23 I gruppi di interesse iniziano ad
interessarsi al Parlamento nel momento in cui coloro i quali devono redigere i
rapporti delle Commissioni permanenti iniziano a prepararli e comincia la
discussione tra i gruppi politici e la Commissione. I principali individui a cui i
membri del Parlamento danno ascolto sono coloro che redigono i rapporti e la
direzione delle Commissione; difatti, per un membro del PE l‟opinione di un
individuo nella Commissione è più importante dell‟opinione di un gruppo politico.
De Fouloy sostiene che: “le conoscenze personali, la nazionalità o l‟affiliazione
politica che potrebbero influenzare l‟accesso e l‟apertura verso i parlamentari
risultano relativamente poco importanti per un lobbista”24. Essi preferiscono dare
precedenza allo staff vicino a coloro che redigono i rapporti oppure al segretariato
delle Commissioni. Inoltre, i Membri del Parlamento Europeo ed i lobbisti
sostengono che la maniera più efficiente di dare informazioni sia quella di
incontrare un Membro di persona, anche se la maggioranza dei Parlamentari
riceve richieste di aiuto e supporto tramite lettera.
22
S.M.Shaber, “Are You A Lobbyist? Some Say You Are!”, 2007
W.Wessels, “Lobbying in the European Union:current rules and practices”, 2001(traduzione
libera)
24
C.D.De Fouloy, “The professional lobbyist's desk reference”, 2000 (traduzione libera)
23
22
3.10 - La Commissione Europea
Dal punto di vista dei lobbisti, la Commissione è sicuramente la più
importante istituzione, dato il suo ruolo centrale nel processo legislativo europeo, e
per questo motivo è l‟organo da cui inizia il processo di lobbying. Come
precedentemente25: “non si fa pressione sul Parlamento o il Consiglio, ma si fa
pressione sulla commissione tramite il Parlamento o il Consiglio”. La
Commissione, difatti, ha il diritto formale di avviare il processo legislativo ed è
responsabile della stesura della bozza delle proposte di legge. A causa della
mancanza di risorse interne, la Commissione ha bisogno di un contributo da parte
dei gruppi di interesse, consistente in consulenze di esperti ed informazioni
dettagliate; per questo motivo i contatti tra i gruppi di interesse e la Commissione
variano da incontri ad-hoc ad incontri formali con diversi rappresentanti di
interessi. Vi sono varie teorie su quanto questo apporto sia necessario alla
Commissione ma, seguendo l‟approccio teorico di Bouwen, si può sostenere che
“le conoscenze dettagliate dei gruppi di interesse rappresentano una risorsa critica
per il lavoro legislativo della Commissione”26.
Come conseguenza del numero sempre maggiore di lobbisti attivi a
Bruxelles, la Commissione ha tentato di usare le risorse più efficacemente e di
focalizzare la propria attenzione su un numero ristretto di gruppi di interesse
ritenuti più influenti di altri. Il trend momentaneo è che si preferiscano dei gruppi
piccoli, ma ben strutturati, rispetto a gruppi più vasti e molto meno organizzati. Per
questo motivo i membri della Commissione favoriscono le aziende private o
associazioni delle aziende più influenti.
3.11 - Il Consiglio dell‟Unione Europea
Considerate le tre istituzioni a Bruxelles, il Consiglio è ritenuta quella meno
accessibile. Il segretariato del Consiglio valuta e ammette pochi lobbisti e tende a
dialogare solo con portatori di interesse influenti, quasi ignorando le associazioni
meno organizzate. Il compito principale di colui che vuole influire sulle politiche del
Consiglio è quello di entrare in contatto con i rappresentati del governo che sono
parte dei gruppi di lavoro. Essi sono coloro che considerano e danno opinioni sulla
25
Cfr. nota 4
Bouwen, “Corporate Lobbying in the European Union: the logic of access”, 2002 (traduzione
libera)
26
23
bozza della legge, prima che il Parlamento e la Commissione possano legiferare
su di essa.
Considerato che chi si vuole rivolgere al Consiglio Europeo, deve rivolgersi
soprattutto al livello nazionale, tale organo diventa il più costoso da raggiungere e
da influenzare (specialmente quando gli esperti nazionali non vivono a Bruxelles,
ma nel loro paese di provenienza). Un ulteriore problema riguardante il lobbying
verso il Consiglio è il coordinamento delle attività a livello nazionale con quelle a
livello internazionale. Di conseguenza, solo le aziende con più risorse finanziarie
portano avanti delle efficaci attività di pressione verso il Consiglio Europeo, legate
a un ampio network di contatti in ognuna delle 27 capitali Europee e a Bruxelles.
24
4 - UN’ANALISI DEL MERCATO EUROPEO
Rispetto ad un trattato riguardante il mondo delle lobby e specificatamente
relativo al panorama europeo, una domanda sorge spontanea: con la crisi del
2007 e la conseguente recessione economica, che ne è diretta derivazione,
l‟universo lobbistico ha accresciuto i propri introiti oppure no? Ovvero il crollo dei
mercati finanziari ha avuto un impatto negativo anche nel mercato dell‟advocacy e
delle influenze a livello comunitario?
Rispondere a questa domanda è arduo considerando soprattutto la scarsa
percentuale di lobbisti iscritti all‟albo sulla trasparenza.
La difficoltà di ottenere una riposta precisa è anche data dal numero,
costantemente in crescita, di aziende, organizzazioni e associazioni che si
avvalgono della professionalità dei lobbisti che operano a livello europeo.
Analizzarne
singolarmente
i
profitti
risulterebbe
non
solo
uno
sforzo
inimmaginabile ed uno sperpero di risorse, ma probabilmente produrrebbe dati
approssimativi e imprecisi. Tali considerazioni ci portano a basarci su dati generali
ed ipotesi promulgate da esperti del settore, ma verranno analizzati anche casi
specifici nei quali l‟attività di lobby è enormemente aumentata di volume.
Considerando il mercato generale dei public affairs, potremmo ipotizzare un
aumento delle attività di lobby conseguenti alle minori risorse che governi e
comunità europea sono disposti ad allocare verso settori particolari. Ciò si
tradurrebbe in una duplice battaglia di influenze verso il legislatore europeo. Da
una parte si trovano le varie aziende e associazioni che necessitano di un
supporto economico e fisico (soprattutto considerato il particolare momento storico
di recessione e di diminuzione degli investimenti disponibili). Dall‟altra, vi sono
coloro i quali vogliono approfittare
della recessione ed incominciare ad
estendere (o aumentare l‟estensione)
la propria influenza sul legislatore, per
ottenere un ruolo più rilevante a livello
comunitario ed internazionale.
Per
molte
aziende,
organizzazioni e associazioni, questo
è lo scenario che si trovano davanti
25
ma, considerando il panorama lobbistico generale, vi è una diminuzione
significativa del volume dei propri introiti. Il budget spendibile delle aziende è in
diminuzione dal 2007; i grandi tagli colpiscono soprattutto il mercato dei PA e della
pubblicità, in quanto le aziende considerano che i risultati trimestrali e le azioni di
lobby (le quali non hanno effetto immediato) non siano in linea con questa
tendenza. Si prediligono, quindi, spese non direttamente correlate alla
comunicazione (in quanto il lobbying spesso consiste nel comunicare e non influire
direttamente), che abbiano come diretta conseguenza la generazione di utili
investibili.27
Se consideriamo i dati del documento, possiamo notare immediatamente
che, seppur nel 2007 vi era stato un aumento delle spese di Lobby, da tale anno vi
è una diminuzione consistente dei soldi investiti in Public Affairs, anche se vi sono
settori che hanno aumentato considerevolmente le proprie spese. Un esempio
significativo può essere il settore bancario che, negli ultimi anni, anche se in
difficoltà economiche non indifferenti, ha aumentato a dismisura le proprie azioni
di lobby verso i governi e l‟unione Europea, al fine di ottenere vantaggi economici
e fiscali da parte di questi attori. Altri istituti, organizzazioni o imprese sostengono
che i propri investimenti siano aumentati nel campo dei PA, ma dobbiamo anche
considerare la diminuzione del reddito spendibile da parte di tali aziende, le quali
mantengono tuttavia elevati investimenti relativi al lobbying, nonostante risentano
della crisi che le obbliga a mantenere un basso livello di spesa.
28
27
28
www.comres.eu.com, ECPA presentation by Andrew Hawkins
Ibid.
26
Per rispondere a questa sfida vi sono diverse tecniche, che le aziende di
PA utilizzano per contrastare la crisi ed i minori investimenti ovvero, secondo una
indagine di ComRes (Think tank di ricerca sulla comunicazione), il 95% sostiene
che l‟innovazione e la modernizzazione dei propri approcci porterà a un
miglioramento qualitativo e quantitativo. Difatti, a Bruxelles, vi sono numerose
aziende di lobbying, ma solo alcune hanno un potere e un volume d‟affari così alto
da potersi permettere di rimanere sul mercato e promuovere un‟azione di lobby
efficace.
Il 78% delle aziende sostiene, invece, che la maniera migliore di rimanere
sul mercato siano i tagli. Tagli mirati ad aumentare il livello e la qualità tagliando i
progetti generici e focalizzandosi su progetti a lungo periodo, i quali possono
portare a una azione continuativa, più efficace e molto più remunerativa per i
partner e le aziende stesse.
Inoltre la quasi totalità dichiara
la necessità di ottimizzare il lavoro,
appunto concentrandosi su azioni
“value for money”, dimostrando un
valore
aggiunto
propria
opera
e
riguardante
la
cercando
di
minimizzare le spese.29 Sul futuro di
quest‟attività, il panorama è diviso in
3 correnti principali, in quanto attualmente l‟unica opzione possibile è adattarsi al
mercato, ottimizzando costi e partnership. Un vasto numero di aziende,
organizzazioni e istituzioni non sa cosa aspettarsi da questa recessione che, così
pesantemente, ha intaccato gli introiti di queste organizzazioni. Un parte
consistente, quasi un terzo del totale, crede che il mondo delle PA non riuscirà a
riprendersi così facilmente, se non vi saranno investimenti consistenti e/o azioni
riparatori e una valorizzazione del loro operato. Infine, circa il 40% sostiene che il
mondo lobbyistico si riprenderà bene da questa caduta vertiginosa e che molte
aziende comprenderanno l‟operato e l‟utilità della PA e dell‟attività di Advocacy. 30
29
30
Ibid.
Ibid.
27
28
5 - LA PERCEZIONE DELLE LOBBY E DEI LOBBISTI TRA POLITICI E
FUNZIONARI
Il 12 ottobre 2009, a Bruxelles, la società di consulenza in pubbliche
relazioni e comunicazione Burson-Marsteller ha presentato la ricerca A guide to
effective lobbying in Europe 200931, condotta intervistando politici nazionali32,
membri del Parlamento europeo e funzionari nazionali e delle istituzioni
comunitarie. Lo scopo dello studio è di delineare la qualità del lobby in Europa, e
di delinearne punti di forza e debolezza nella percezione delle controparti, ovvero
dei politici e dei funzionari che con i lobbisti intrattengono rapporti di lavoro. Delle
18 domande sulle quali è basata la survey, riportiamo qui quelle più interessanti
per la nostra ricerca.
5.1 - Aspetti positivi e negativi
Per il 50% degli intervistati, il merito principale delle attività di lobby è quello
di sottolineare l‟importanza – locale o nazionale – di una tematica, seguito a breve
distanza dal fatto di essere una parte importante del processo decisionale e di
permettere la condivisione di capacità e conoscenze.
La mancanza di trasparenza e la carenza di oggettività nelle informazioni
fornite costituiscono aspetti negativi rispettivamente per il 57% e il 55% degli
intervistati. Il timore per un‟influenza eccessiva nel processo democratico viene
solo in terza posizione, con il 23% di intervistati che rileva tale problematica.
5.2 - Trasparenza
Se la mancanza di trasparenza è percepita come un problema, dalla ricerca
emerge che sindacati, imprese e associazioni commerciali sono ai primi posti nella
trasparenza dell‟attività di lobbying. Al quarto posto si classificano le ONG, mentre
le law firms sono considerate meno trasparenti delle agenzie di public affairs,
rispettivamente al sesto e quinto posto. Chiudono la classifica i think-tanks e gli
indipendenti.
31
http://www.oursocialmedia.com/wp-content/uploads/effective-lobbying_light_07102009.pdf
I Paesi coinvolti sono quindici: Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran
Bretagna, Grecia, Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e
Ungheria.
32
29
L‟ordine della classifica rispecchia in modo qualitativo i dati quantitativi
forniti dal Registro dei rappresentanti di interessi, nel quale imprese, associazioni
di categoria e sindacati compongono la categoria dei “lobbisti interni o
associazioni di categoria”, che raccoglie il maggior numero di adesioni.
Dall‟altro lato gli studi legali e le società di consulenza – che godono di
bassa reputazione – sono registrati solo in 146, una cifra chiaramente sottostimata
rispetto alle reali attività di queste categorie.
5.3 - Caratteristiche del lobbista
Secondo il 64% dei politici e dei funzionari intervistati, la decisione di parlare
con un lobbista dipende principalmente dalla trasparenza e dalla chiarezza degli
interessi che vuole rappresentare; il soggetto della discussione è invece rilevante
nel 59% dei casi. Secondo il rapporto, il fatto che un lobbista sia o meno registrato
in un registro pubblico è irrilevante nella decisione di relazionarsi col
rappresentante di interessi.
5.4 - Punti deboli
Ancora una volta al primo posto emerge la trasparenza, o meglio, la mancanza
di trasparenza: per il 52% degli intervistati è il problema principale. Seguono la
troppa aggressività (47%) e la mancanza di comprensione dei processi e
procedure (39%).
30
6 - LOBBY A BRUXELLES
Secondo i dati raccolti da Burson-Marsteller, le lobby a Bruxelles sono
“accettate come parte del processo di decision-making”: solo il 12% degli
intervistati le vede negativamente. Viene riscontrato un alto livello di trasparenza,
in cui eccellono soprattutto Ong e aziende.
I punti deboli sono invece la mancanza di conoscenza dei processi
decisionali (62%), operare con le tempistiche sbagliate (54%) e un approccio
troppo aggressivo (56%).
31
CONCLUSIONI
Dalla nostra indagine è emerso che il lobbying, a livello comunitario, è
considerato una pratica in continua evoluzione, che coinvolge sempre più attori
operanti in diversi settori.
A Bruxelles si incontrano diversi modi di fare lobbying con operatori
provenienti da tutto il mondo: così è emersa la necessità da parte delle istituzioni
comunitarie di regolamentare un‟attività in crescita come quella dei public affairs.
Dal punto di vista normativo, la regolamentazione, pur essendo in
apparenza rigida e puntigliosa, in realtà presenta diverse lacune, prima fra tutte
l‟assenza dell‟obbligatorietà di iscrizione al registro. Da ciò deriva che la maggior
parte degli operatori, distribuiti tra studi legali e think tank, sono presenti in numero
esiguo rispetto a quelli realmente operativi.
La riluttanza di queste società a rivelare in un registro pubblico i propri
guadagni, le proprie spese e i propri clienti costituisce una motivazione per la
mancata iscrizione.
Le sanzioni per chi non si attiene alla normativa si limitano ad escludere dal
registro gli operatori inadempienti, previa verifica della Commissione. Non si inficia
quindi in alcun modo la loro effettiva operatività.
Un altro dato da tenere in considerazione è che, a causa della crisi
finanziaria che ha investito le economie occidentali, gli investimenti in lobbying e
public affairs sono diminuite, con l'eccezione di quei settori in cui la normativa
comunitaria è in via di scrittura o di sviluppo. Gli investimenti in attività di lobbying,
quindi, vengono attuati solo se strettamente necessari per la propria attività.
Analizzando i dati su lobbying e politica, emerge chiaramente che le lobby a
livello europeo, e soprattutto a livello di istituzioni comunitarie, godono di una
buona reputazione. A Bruxelles le lobby – pur con i limiti sopra indicati – sono
diventate componenti fondamentali del processo decisionale e legislativo, a patto
che le attività di pressione siano improntate su trasparenza, onestà e chiarezza.
32