Intervista de "Il Sole 24 Ore.com"

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Intervista de "Il Sole 24 Ore.com"
Essere morti insieme per far nascere un nuovo orizzonte che renda possibile il
nostro vivere insieme. È in questa originalissima chiave “fondante” che il filosofo
Mauro Carbone parla dell'11 settembre 2001, o meglio dell’“evento” dell'11
settembre nel suo nuovo libro “Essere morti insieme”, edito da Bollati Boringhieri
e in questo giorni in presentazione al “Festivaletteratura” di Mantova.
Un evento, quello del crollo delle Torri Gemelle, vittima di una straordinaria
rimozione collettiva, “che ne ha celato ai nostri occhi – sostiene Carbone – i
significati dalla portata più profonda. Non è un caso che le immagini dei ‘jumpers’
– così chiamano a New York le persone che saltavano dalle torri durante l'attacco –
siano state presto rimosse dall'iconografia dell’evento, perché giudicate
sconvenienti. E non è un caso che io – sia pure con esitazione e sofferenza – abbia
scelto proprio una di quelle immagini per la copertina del mio libro”.
Nella ricerca di un denominatore comune per vivere insieme, quello di “essere
morti insieme” sembra un punto di vista per certi versi negativo, capovolto.
Perché questa scelta?
“La verità è che l'11 settembre è stato un punto di svolta per il mondo: mai era
successo prima che davanti ai mass media si trovasse contemporaneamente tutto il
globo, che ha seguito la tragedia in diretta: chi sconvolto e atterrito, chi esultando
per l'accaduto. Ma l'esperienza di aver vissuto questa morte comune ha riunito e
continua a riunire tutti, ci tiene insieme al di là degli stati d'animo di ognuno. Per
questo motivo io credo che, sei anni dopo l’evento, cadute certe censure come
quelle sulle immagini più sconvolgenti che sono rimaste impresse in tutti noi, la
memoria dell’11 settembre possa diventare una chance offerta al mondo per
ripensare il proprio stare insieme. Non vedo un orizzonte sgombro da nuvole, è
ovvio: vedo un orizzonte drammatico, però nuovo”.
Tu parli dell'11 settembre come di un evento. Che cosa intendi?
“Un evento è qualcosa che giunge inaspettato e che sconvolge lo stato di cose
precedente. Da questo punto di vista, l'11 settembre è sicuramente tale. Sotto un
certo aspetto potremmo metterlo in parallelo con la Shoah, nel senso che anche l'11
settembre non può essere spiegato riducendolo a una mera concatenazione di fatti
che ne causano altri. In altre parole, le cause sociali e storiche non esauriscono la
spiegazione di un evento di tale portata simbolica. Una portata che ancora noi non
riusciamo a pensare in tutta la sua profondità, anche se avvertiamo che essa è tale
da aver posto l’11 settembre al di fuori della precedente catena di cause ed effetti,
facendone semmai il primo evento di una nuova catena”.
Quando hai deciso di scrivere questo libro?
“Il 20 settembre 2001 ero stato invitato a un convegno negli Stati Uniti come unico
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relatore europeo. Dopo l'attacco, tutti mi sconsigliarono di prendere il mio volo,
previsto per il 18 settembre. Ma io decisi di andare ugualmente, perché ritenevo
che uno dei principali obiettivi dei terroristi fosse quello di interrompere ogni
possibile dialogo tra Europa e Stati Uniti. Giunto a New York, alla Pennsylvania
Station, vidi il muro dove erano appesi i cartelli fabbricati dalle famiglie per
chiedere notizie delle persone scomparse durante il crollo. Quei volti, ciascuno dei
quali racchiudeva in sé una storia normale e straordinaria, irripetibile, mi sono
rimasti dentro per anni, come un'emozione così forte da non poter essere nemmeno
comunicata. E' rielaborando quell'emozione, pensando quale senso potessi darle,
come svilupparla, che ho deciso di scrivere dell'11 settembre”.
Paolo Bignamini
(da www.ilsole24ore.com)
Mauro Carbone è professore di Estetica contemporanea nell’Università degli Studi di Milano.
Ha conseguito il dottorato di ricerca a Lovanio (Belgio) con una tesi premiata dalla Académie Royale de Belgique
ed edita in italiano col titolo Ai confini dell'esprimibile. Merleau-Ponty a partire da Cézanne e da Proust (Milano
1990, 19983), poi in francese, in versione riveduta e ampliata, col titolo La visibilité de l’invisible. Merleau-Ponty
entre Cézanne et Proust (Hildesheim 2001).
Sul pensiero di Merleau-Ponty, di cui a livello internazionale è uno dei più importanti specialisti della sua
generazione, ha pubblicato altresì The Thinking of the Sensible, Merleau-Ponty’s A-Philosophy (Evanston 2004).
Più volte professore invitato in Francia, Stati Uniti e Messico, è condirettore della rivista Chiasmi International.
Pubblicazione trilingue intorno al pensiero di Merleau-Ponty e per due anni lo è stato dell’“International
Symposium on Phenomenology”. E’ stato inoltre fellow dell’Italian Academy for Advanced Studies in America
presso la Columbia University di New York e lo è attualmente della University of Warwick (UK). Dal 2002 dirige la
collana “L’occhio e lo spirito” per le edizioni Mimesis di Milano.
Le sue ricerche si sono andate via via allargando alla più recente produzione filosofica d’ispirazione francese, di cui
ha cercato di prolungare la riflessione in un’autonoma elaborazione teorica. Tra i suoi ultimi volumi: Una
deformazione senza precedenti. Marcel Proust e le idee sensibili (Macerata, 2004), che ha ottenuto, ex-aequo, il
primo premio “Viaggio a Siracusa”, ed Essere morti insieme. L’evento dell’11 settembre 2001 (Torino, 2007).
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