RASSEGNA STAMPA FALCRI DEL 30 NOVEMBRE 2008 A cura di
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RASSEGNA STAMPA FALCRI DEL 30 NOVEMBRE 2008 A cura di
RASSEGNA STAMPA FALCRI DEL 30 NOVEMBRE 2008 A cura di Manlio Lo Presti ESERGO I rasoi fanno male, i fiumi sono freddi, l’acido lascia tracce, le droghe danno i crampi, le pistole sono illegali, i cappi cedono, il gas è nauseabondo…. Tanto vale vivere. D. PARKER, Tanto vale vivere, La Tartaruga Edizioni, 2002 www.corriere.it L'INTERVISTA «Maastricht non è più un alibi per non investire sulla crescita» Monti: spero che la Merkel faccia di più. Giusta la linea della sobrietà di Tremonti ma ha ragione la Marcegaglia: serve un'azione più decisa insieme alle riforme Professor Monti, che giudizio dà del piano europeo anti crisi varato mercoledì scorso dalla Commissione europea? C'è chi ha parlato addirittura di bluff e l'Economist lo ha di fatto snobbato. «La Commissione Barroso ha adottato una strategia corretta: il sostegno dell'economia attraverso lo stimolo della domanda, non attraverso una pioggia di aiuti di stato alle imprese. Dando impulso alla domanda, ogni Paese giova a se stesso e agli altri. Sussidiando le proprie imprese, ogni Paese farebbe un danno agli altri e probabilmente anche a se stesso, impedendo o ritardando il rinnovo della struttura produttiva. Con la strategia adottata, la Commissione amplia lo spazio di manovra degli Stati membri e ne incoraggia l'utilizzo in una direzione cooperativa». E in materia di tassi la Commissione avrebbe dovuto prendere una posizione più decisa? Molti commentatori non sono teneri con Francoforte e la nostra Confindustria chiede da tempo un taglio più deciso. «Gli indirizzi dati dalla Commissione riguardano soprattutto le politiche di bilancio, sulle quali essa ha poteri di sorveglianza e che sono le politiche cruciali in questa fase. Sulla politica monetaria, senza interferire con l'indipendenza della Banca centrale, ha sottolineato che la stessa banca ha già indicato che ci sono spazi per ulteriori riduzioni dei tassi». Lei è sempre molto attento alla metodologia comunitaria ed è portato a sottolineare gli aspetti che favoriscono comunque l'avanzata dell'Europa, ma l'opinione pubblica potrebbe più prosaicamente confrontare le risorse messe in campo o promesse dagli Usa e quelle indicate da Bruxelles. «Negli Stati Uniti, la parte preponderante del bilancio pubblico è rappresentata dal bilancio federale, ben più rilevante di quelli degli Stati. In Europa, il bilancio pubblico è costituito quasi per intero dai bilanci degli Stati, quello comunitario è un piccolo fregio sull'edificio, pari a poco più dell'1% del Pil. I critici dell'Europa la considerano già una presenza soffocante, ma oggi criticano l'Europa perché non mette in campo un intervento massiccio per il rilancio. Con il bilancio comunitario, la Commissione si propone di contribuire al rilancio con interventi per 30 miliardi di euro, circa un terzo dell'intero bilancio. Un impegno ben minore rispetto al bilancio di partenza, ma molto più rilevante in termini assoluti, viene chiesto agli Stati (170 miliardi, pari all'1,2% del Pil della UE). Attenzione: non sono soldi che Bruxelles chiede agli Stati di trasferire al bilancio comunitario, sono soldi che Bruxelles propone agli Stati di spendere nelle loro economie, per contrastare la crisi nella loro economia e in quella degli altri. Negli Stati Uniti la politica di bilancio (nel bene e, come negli anni recenti, nel male) si fa a Washington, nell'Unione europea la si fa nelle capitali nazionali, con un ruolo di coordinamento assegnato a Bruxelles». La complessità delle misure adottate dalla Commissione e qualche bizantinismo nelle procedure hanno dato adito però a interpretazioni le più disparate. E alla fine si è capito che si è aperta una crepa nel muro di Maastricht e poco altro. «Non mi pare. La Commissione ha sollecitato interventi di bilancio urgenti, temporanei e coordinati. L'urgenza si impone, del coordinamento abbiamo già detto, la temporaneità è l'aspetto più delicato ma anche essenziale. L'Europa non intende abbracciare l'impostazione degli Stati Uniti, che tanti danni ha causato a quel Paese e al mondo, e abbandonare la disciplina finanziaria, che ha scelto come uno dei pilastri della convivenza europea. Per questo, di fronte a una crisi così grave, occorre procedere sì a interventi espansivi anche audaci, ma con il chiaro messaggio che si tratta di aumenti di spese o riduzioni di entrate di carattere temporaneo. Meglio se, oltre al messaggio, vi è anche un dispositivo che assicuri operativamente la temporaneità. In altri termini, Bruxelles non dice: "liberi tutti, andate e spendete!". Dice: "impegnatevi tutti, in modo coordinato, per contrastare questa crisi pesante, e sappiate che in tempi normali la disciplina che mi attendo da voi continuerà a essere quella normale». Lei difende l'operato della Commissione eppure il rilievo tutto sommato scarso che ha avuto sui media testimonierà pure qualcosa. «Dichiarazioni colorite o provvedimenti stravaganti avrebbero colpito di più i media. L'Europa, quando funziona, è un po' grigia di suo. Detto questo, ci sono aspetti che si possono discutere, nel piano della Commissione. Si è fatto tutto il possibile per ottenere che l'insieme degli interventi espansivi degli Stati raggiunga davvero quei 170 miliardi dichiarati necessari? Forse no. Si sarebbe potuto dire che da tutti gli Stati ci si aspetta un temporaneo aumento del disavanzo (o riduzione dell'avanzo) di x punti percentuali del Pil. Il "compito" sarebbe stato più preciso, ma è vero che gli Stati si trovano in condizioni di finanza pubblica molto diverse. Oppure si sarebbe potuto attribuire a ciascuno Stato un "compito" di entità differente, ed esplicitata, proprio per tenere conto delle diverse condizioni. La Commissione deve aver preferito non apparire così intrusiva. Ma a qualcosa di simile occorrerà arrivare, se si vuole che il piano sia pienamente credibile. Forse la Commissione si ripromette di arrivarci mediante la discussione tra i ministri in sede di Eurogruppo e di Ecofin, cioè in modo più condiviso e attraverso la peer pressure (in questa occasione forse anche Peer pressure, dal nome del ministro delle finanze tedesco Peer Steinbruck). In ogni caso, la Commissione avrà avuto l'effetto di modificare i termini del dibattito di politica economica nei singoli Paesi. Non si potrà più dire che i governi vorrebbero operare scelte espansive mentre la Ue caparbiamente vieta di largheggiare. Quell'alibi non esiste più». Eppure un economista di scuola liberale ed europeista, Mario Deaglio, nei giorni scorsi ha scritto sulla Stampa che "gli storici del futuro si chiederanno come un insieme di persone indubbiamente intelligenti siano rimaste schiave di tabù assurdi e continuino a scherzare con il fuoco della recessione". E tra i tabù al primo posto il rapporto deficit-Pil "sempre inferiore, qualunque cosa accada, al tre per cento". «Per la stima che ho di Deaglio è una critica che vorrei prendere in considerazione, partendo un po' da lontano. Nel 1997, quando al tavolo della Commissione si discuteva come scrivere le regole del Patto di stabilità, mi battei perché gli investimenti pubblici fossero conteggiati con il criterio della golden rule, fuori quindi dal parametro del 3% deficit-Pil. Ma il presidente Jacques Santer e il commissario agli affari economici Yves-Thibault de Silguy obiettarono che dentro l'involucro degli investimenti sarebbe stato incartato di tutto. Replicai che il problema non mi sfuggiva, ma che si sarebbero potuti definire e applicare paletti stretti e che mi pareva comunque meglio che il Patto di stabilità nascesse strutturalmente corretto, opponendo minori resistenze a spesa qualitativamente migliore, anziché correre un giorno il rischio di venire travolto in caso di una grave recessione. A titolo personale (non ero io il commissario competente) ne discussi anche fuori Commissione. Non solo il ministro delle finanze tedesco Theo Waigel e il banchiere centrale Otmar Issing, ma perfino il ministro francese delle finanze Dominique Strauss-Kahn, non aderirono all'idea. Non se ne fece niente». Ma ha senso oggi tornare a quel dibattito? «Ha senso se non altro per spiegare che pure chi avrebbe voluto l'adozione di un criterio più largo non può essere d'accordo con Deaglio. Non si tratta di "tabù assurdi". Molti Paesi venivano da decenni nei quali i rispettivi sistemi politici avevano ignorato i diritti delle generazioni future. Avevano "comprato" consenso nel presente sacrificando il benessere delle generazioni future, attraverso disavanzi e debiti ingenti. In particolare per noi italiani la cultura del cosiddetto vincolo esterno fu la benvenuta. E se non fosse prevalso in Italia quell'orientamento rigorista il cancelliere Kohl non avrebbe mai potuto persuadere i tedeschi a condividere una stessa moneta con l'Italia. Quando si aprono le porte tra gli appartamenti di un condominio è naturale che un inquilino che vanta un curriculum da dissipatore non venga visto bene». Ma neanche il più ordinato dei condomini politici riuscirebbe a vivere a lungo senza un collante. Le regole sono una condizione sicuramente necessaria ma anche largamente insufficiente. «Il collante dovrebbe essere rappresentato dall'unità politica e non esistono surrogati. Sono altresì dell' idea che un sistema di regole rigide debba evolvere verso il primato del judgement, della valutazione discrezionale. Gli Stati uniti d'Europa però non sono un obiettivo realistico e temo che più se ne parla, più si corre il rischio di attizzare gli avversari dell'idea comunitaria. In questa fase la Ue si rafforza se riesce a costruirsi passo dopo passo, e ora è la volta del governo comune dell'economia». Sta sostenendo che, complice la crisi, Trichet, la Kroes e Almunia devono diventare la sintesi politica dell' Europa? «Al contrario. Se quella fosse la sintesi si svilupperebbe un'Europa impropria che assegnerebbe a figure egregie di magistratura prevalentemente tecnica una funzione di indirizzo politico. Sarebbe quasi un golpe e accrescerebbe il divario di sensibilità tra Bruxelles e l'opinione pubblica europea. Il tavolo comune dell'economia è un passaggio politico e vede l'ampio coinvolgimento dei governi, senza intaccare le alte responsabilità affidate alle autorità che lei ha menzionato». Ma la signora Merkel non pare di quest'idea e anche per questo motivo la reazione della Germania alla sfida della crisi è giudicata da molti come insufficiente. Lei lega il successo del piano Barroso all'atteggiamento che prenderà la Germania nella sua applicazione? «Diciamo che spero che la signora Merkel sia disposta a fare di più, per il sostegno dell'economia tedesca ed europea, di quanto è apparso finora. Può darsi che la cancelliera l'abbia in mente, ma si riservi di annunciarlo tra un po' di tempo, magari per due ragioni. La prima, per arrivare più a ridosso delle elezioni federali del prossimo settembre. La seconda, perché, non avendo la signora Merkel mai amato il concetto di governo economico d'Europa e avendo "sofferto" un po' del protagonismo della presidenza Sarkozy, potrebbe aspettare la fine del semestre francese». Il paradosso davanti al quale ci potremmo trovare è che finalmente Bruxelles concede più margini di flessibilità e che invece alcuni governi nazionali, compreso il nostro, non vogliano utilizzarli? «I margini di bilancio per noi e per gli altri saranno il risultato di un gioco interattivo che andrà in scena all'Eurogruppo e all'Ecofin di questa settimana. In quella sede ognuno dovrà dire cosa intende fare in casa propria e che strategia seguirà nei confronti degli altri. A mio parere, l'Italia ha interesse a non fare asse con la Germania su una posizione di particolare sobrietà nell'applicazione del piano della Commissione. Avendo io sempre sostenuto le ragioni del rigore, capisco e apprezzo che chi governa oggi l'Italia senta il valore di battersi sul fronte della sobrietà e dell'austerità, ma credo che l'atteggiamento più proficuo in una fase straordinaria come questa sia quello di valorizzare il ruolo chiave della Germania come fautrice strutturale della disciplina, premendo tuttavia su di essa perché cooperi attivamente all' espansione, senza la quale gli avversari della disciplina potrebbero alla fine prevalere. Chiederei alla Germania un po' di espansione di bilancio in più, come assicurazione contro il rischio di una recessione che travolga la "cultura della stabilità", oltre al patto di stabilità». Insomma non ha torto la presidente Marcegaglia a chiedere un maggiore impegno anti crisi sia mobilitando risorse dei fondi Ue sia risorse tratte dal budget nazionale? Del resto il Financial Times ha definito il piano del governo italiano come modest stimulus... «Ho condiviso l'impianto generale che il ministro Tremonti ha dato alla sua finanziaria triennale, ovviamente redatta in una fase nella quale non si poteva avere contezza della crisi. Ma credo che Emma Marcegaglia abbia ragione nel ritenere opportuna, nelle circostanze attuali, un'azione più decisa». Se l'Italia decide di spendere di più non c'è il pericolo concreto di peggiorare la nostra immagine davanti ai mercati e quindi di pagare il conto al momento di lanciare nuove emissioni di titoli di Stato? Poi a quanto si capisce Bruxelles dovrebbe catalogare i Paesi membri in un sistema di fasce e se l'Italia fosse inserita nel girone C il rischio di pagar dazio ai mercati sarebbe ancora più concreto. «Considero sacrosante le preoccupazioni del ministro dell'Economia per la grande dimensione del nostro debito e per la particolare concentrazione di scadenze dei titoli di Stato. Questa deve essere la sua attenzione prioritaria. Penso tuttavia che ciò non impedisca necessariamente un maggiore intervento di sostegno, nelle circostanze attuali. Ma solo a due condizioni». Quali? «La prima è che i programmi di spesa o di riduzione di imposta siano esplicitamente temporanei. In questo modo ai consumatori arriverebbe il messaggio chiaro che spendendo nei prossimi mesi coglierebbero un'occasione irripetibile; e nel contempo i mercati finanziari non riceverebbero l'impressione che Roma ha scelto la via di un maggiore disavanzo permanente. La seconda condizione è che una temporanea maggior larghezza di bilancio si accompagni a un rinnovato impegno sul fronte delle riforme strutturali. Se gli analisti avranno la sensazione che l'Italia spende un po' di più, ma in un quadro temporaneo e reversibile, e allo stesso tempo si impegna sulle riforme per dare competitività al sistema, la credibilità dell'economia italiana non dovrebbe soffrirne. Non ci dovrebbe essere il temuto effetto di un allargamento dello spread tra i nostri titoli di Stato e le emissioni concorrenti ». Professor Monti ma non le pare fortemente idealistico, per usare un eufemismo, proporre riforme nel mezzo della bufera? «Al contrario. Non sta finendo la storia. Quando avremo superato la crisi continueranno a valere le leggi della competitività e quindi sarà importante vedere come il Paese sarà uscito dalla gelata. E poi è evidente che la crisi tende a salvaguardare gli insider, a consolidare la loro posizione nei mercati in cui operano ma inevitabilmente ciò rende la vita ancor più difficile agli outsider, a coloro che vorrebbero entrarvi. Se non si vogliono perpetuare a vita gli assetti esistenti e condannare a morte gli altri si deve lavorare per ridurre le barriere all'ingresso». Un fortunato slogan di Nicola Rossi qualche anno fa sosteneva che ci volevano riforme per dare "meno ai padri e più ai figli". La crisi invece promette di dare qualcosa ai padri ma di togliere tutto ai figli. «Certo. E quell'espressione va letta in chiave metaforica. I padri sono le aziende esistenti, i gruppi organizzati, le professioni tutelate che in ogni campo possono contare su rendite e privilegi. A questa posizione di vantaggio, le terapie anti crisi, in America come in Europa, rischiano di aggiungere una dose di "gerovital" somministrata a carico del bilancio statale. Nello svolgersi della schumpeteriana "distruzione creatrice", si rischia di penalizzare la creazione nel momento in cui si concentra l'attenzione sull'arginare la distruzione. Il Paese ha il problema di superare questa crisi ma anche quello di diventare più competitivo. Quando la marea sarà passata conterà l'orografia che lascerà. Se spingiamo poco la Germania e se rallentiamo la nostra capacità di modernizzazione, ci spariamo sui piedi». Dario Di Vico BRUXELLES Sms dall'estero, massimo 11 cent L'Antitrust ha multato le compagnie per i servizi 899 I ministri europei delle Telecomunicazioni hanno dato il via libera alla fissazione di un tetto massimo di 11 centesimi di euro per gli sms inviati dall'estero, aprendo così la strada all'attuazione della misure già l'estate prossima. Si tratta della più vistosa di una serie di misure destinate a ridurre la bolletta dei consumatori quando usano una rete di telefonia mobile all'estero, in roaming. L'altra misura adottata ieri è l'obbligo per gli operatori di fatturare la durata esatta delle chiamate al secondo, a partire dal 31imo secondo. Lo ha annunciato il segretario di Stato francese per i consumatori, Luc Chatel, il cui paese ha la presidenza di turno dell'Ue. Per scaricare i dati su un portatile o su un iPhone, il prezzo all'ingrosso sarà limitato ad un euro per MW. Le misure dovranno ora essere approvate dal Parlamento europeo, con l'obiettivo di un accordo alla prima lettura. Intanto l'Antitrust sanziona 18 tra società, imprese individuali e persone fisiche, per «pratiche commerciali scorrette». Multe complessive ammontano a 570.000 euro. Secondo l'Authority sono «centinaia» i consumatori che sono stati indotti da un sms a chiamare numeri con prefisso 899 «pagando 15 euro a chiamata». Lo comunica l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in un comunicato. In particolare le sanzioni riguardano le società Telecom Italia e Wind Telecomunicazioni, BT Italia, Karupa, VoicePlus (nel loro ruolo di assegnatarie di numerazioni «899»). www.finanzaonline.com Ubi: per Unicredit l'uscita di Auletta potrebbe essere recepita male ma la banca è solida Finanzaonline.com - 28.11.08/10:58 Giampiero Auletta Armenise lascia a sorpresa il suo scettro ad Ubi Banca. Dal primo dicembre 2008 il nuovo amministratore delegato dell'istituto bancario sarà Victor Massiah, attuale direttore generale. Un piccolo terremoto che non scuote però gli analisti di Unicredit. "Siamo convinti che questa decisione inaspettata sia motivata effettivamente solo da ragioni personali, dal momento che la famiglia di Auletta si è trasferita sei mesi fa da Bergamo a Roma, città natale di Auletta Armenise", spiega il broker nella nota uscita oggi. "La notizia è negativa considerando che la forte esperienza maturata da Auletta Armenise alla luce anche dai risultati conseguiti", proseguono gli analisti. "Come conseguenza dell'annuncio il titolo potrebbe reagire negativemente alla nuova notizia. Detto ciò, manteniamo la nostra visione positiva sul titolo considerando i solidi fondamentali della banca", concludono, confermando la raccomandazione buy con target price a 16,08 euro. Generali: rifinanziamento parziale bridge loan per acquisto Banca del Gottardo Finanzaonline.com - 28.11.08/18:25 Assicurazioni Generali, in qualità di beneficiaria, e Mediobanca, quale finanziatrice, hanno sottoscritto un contratto di finanziamento di natura ibrida dell´importo di 500 milioni di euro. Il finanziamento, che risponde ai requisiti di ISVAP per l´ammissibilità alla copertura del margine di solvibilità, è destinato al rifinanziamento parziale del bridge loan a suo tempo erogato da un pool di banche per l´acquisizione di Banca del Gottardo. Il finanziamento ha durata teoricamente perpetua ed è prevista la possibilità per Assicurazioni Generali di rimborso a partire dal decimo anno, previaautorizzazione ISVAP. Banco Popolare e Fonsai: intervento a favore di sottoscrittori index-linked Finanzaonline.com - 28.11.08/18:08 I gruppi Banco Popolare e Fondiaria-Sai, cui fa capo il capitale sociale di Novara Vita S.p.A., hanno concordato un intervento eccezionale a favore dei sottoscrittori di polizze index linked, emesse da Novara Vita S.p.A. e aventi come sottostante titoli Lehman Brothers. L'intervento si pone l´obiettivo di garantire la restituzione del capitale nominale previsto dal contratto originario. Le polizze interessate sono Adesso Index Giugno '07, Adesso Index Agosto '07 e Creberg Polar Index Luglio 2007. L´intervento si tradurrà nella risoluzione anticipata della polizza originaria e nella sottoscrizione di una nuova polizza index linked avente come sottostante titoli di banche italiane. Deutsche Post: si rafforza in Postbank, la sua quota sale al 62% Finanzaonline.com - 28.11.08/18:06 Il gruppo Deutsche Post portato al 62% la quota nel capitale di Postbank. Lo comunica la stessa società specificando di aver investito 993 milioni di euro nel quadro dell'aumento di capitale da un miliardo di euro di Postbank. www.milanofinanza.it Approvato il Dl anticrisi del Governo 28/11/2008 13.15 Si è concluso il consiglio dei ministri che ha in pochi minuti approvato il decreto contenente il pacchetto anti crisi. Il testo contiene, secondo una bozza, misure per rafforzare il patrimonio delle banche, bonus fiscale per famiglie e pensionati, riduzione di 3 punti degli acconti di novembre su Ires e Irpef e proroga della detassazione dei premi di produzione. Il provvedimento varato è stato approvato salvo intese su successivi correttivi alle misure in esso contenute. "Siamo il primo Paese in Europa a emanare un provvedimento a sostegno di famiglie, imprese e economia", ha affermato il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il primo ministro ha aggiunto che con questo provvedimento "ci sono 80 miliardi di mezzi che passano dalla cassa pubblica all'economia privata". La prossima settimana verrà invece convocato il Cipe per l'assegnazione di 16,6 miliardi per le infrastrutture. L'obiettivo dell'esecutivo è comunque quello di portare il debito pubblico sotto il 100% del Pil entro il 2011. Per Tremonti il dl anticrisi avrà un "effetto che va da oggi a due-tre anni. Quello che vogliamo ottenere subito è la fiducia". La bozza di decreto legge si compone di 36 articoli, di cui alcuni risultano stralciati. Quattro i titoli di sostanza: sostegno alle famiglie e all'economia, protezione del capitale umano e domanda pubblica accelerata per grandi e piccole infrastrutture con priorità per l'edilizia scolastica, servizi pubblici. Chiude un quinto titolo con le disposizioni finanziarie. Nello specifico, il ministero dell'Economia potrà sottoscrivere fino a tutto il 2009 i bond che le banche emetteranno per rafforzare il loro patrimonio di vigilanza. Il testo indica che si tratta di bond convertibili su richiesta della banca, che avrà anche la facoltà di rimborso o riscatto previo via libera della Banca d'Italia. Solo le banche quotate potranno emetterli. Rimanendo in campo finanziario, saranno meno stringenti i vincoli che dovranno rispettare le società soggette a Opa. In particolare, secondo l'articolo 13 della bozza, cambiano i sistemi di autorizzazioni assembleare per eventuali misure di difesa. Nel nuovo testo scompare infatti il limite del 30% previsto per l'autorizzazione da parte dei soci. Cambia anche il comma 4 che, nella nuova composizione, non prevede più che l'approvazione delle misure idonee a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta debba essere approvata da un'assemblea straordinaria. Per i lavoratori il governo non prorogherà al 2009 la detassazione degli straordinari, accogliendo così la richiesta delle parti sociali. Sarà prorogata invece la detassazione dei premi di produzione, alzando il tetto di reddito per averne diritto a 35 mila euro dagli attuali 30 mila. La quota di premi sulla quale applicare lo sgravio sale a 6.000 euro annui dagli attuali 3.000. Le famiglie vedranno le rate dei mutui variabili per la prima casa bloccate al massimo del 4% per tutto il 2009. Per i nuovi mutui il tasso di base su cui si calcola lo spread sarà costituito dal tasso stabilito dalla Banca Centrale Europea. E' quanto prevede l'articolo 2 del decreto. I nuclei famigliari potranno inoltre contare su un bonus straordinario da 200 a mille euro. Per il 2009 il bonus sarà alimentato con un fondo di 2,4 miliardi. Si tratta di un bonus di 200 euro a componente del nucleo familiare, con tetti differenziati a seconda dei redditi fino a un massimo di 22 mila euro. Esclusi dal beneficio i lavoratori autonomi, i titolari di partita Iva e chi ha redditi fondiari superiori a 2.500 euro. La richiesta va presentata entro il 31 gennaio con autocertificazione mediante modulo dell'Agenzia delle Entrate e il beneficio sarà erogato da sostituti d'imposta ed enti pensionistici. Nelle infrastrutture il decreto legge anticrisi stanzia per il gruppo Fs nel 2009 1,4 miliardi di euro, di cui 960 milioni per un fondo destinato agli investimenti e 480 milioni per la stipula di nuovi contratti di servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia. Per assicurare i servizi ferroviari di trasporto ordinario, al fine della stipula di nuovi contratti di servizio dello Stato e delle Regioni a statuto ordinario con Trenitalia, sono stanziati 480 milioni anche negli anni 2010 e 2011. Per le imprese a sorpresa il blocco delle tariffe autostradali non sarà di 4 mesi ma di 6. Entro giugno, inoltre, sarà approvato un Dpcm che crei "le condizioni per accelerare i piani di investimento dell'intero comparto autostradale". Dal 2009 sarà tagliata del 15% la tariffa agevolata per le forniture di energia elettrica, che sarà estesa anche alla fornitura di gas. Dal punto di vista fiscale il Dl anticrisi prevede la deduzione dall'Ires della quota Irap che insiste sul costo del lavoro e degli interessi. Il pacchetto fiscale dedicato alle imprese contiene anche la riduzione dell'acconto di Ires e Irap del 3% per il periodo di imposta 2008. Inoltre per il periodo 2009-2011, in via sperimentale, il pagamento dell'Iva avverrà al momento dell'effettiva riscossione del corrispettivo. Quanto agli studi di settore, "possono essere integrati anche al fine di tenere conto degli effetti della crisi economica e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali". Servirà un decreto del ministro dell'Economia, si legge nell'articolo 8 del provvedimento. Riccardo Designori Immobili, crollo delle compravendite e foschi auspici per il 2009 28/11/2008 Il mercato immobiliare italiano mostra nuovi segni di peggioramento, sia in termini quantitativi con un vero crollo del numero di compravendite, sia qualitativi con una flessione, seppur ancora contenuta, dei prezzi. Anche per il prossimo anno le previsioni sono fosche. E' questo il quadro dipinto oggi da Nomisma, che nel suo terzo rapporto sul mondo immobiliare parla per il 2008 di una riduzione delle transazioni del 20% e di un calo medio dei prezzi, nel settore residenziale, dell'1% nominale. "Il calo dell'1% è però a mio parere molto sottostimato, perchè è un dato medio che sintetizza diverse dinamiche: il forte rallentamento dei mercati maggiori (le grandi città, soprattutto al nord) ma anche della tenuta del Sud", sottolinea l'analista Luca Dondi di Nomisma. che aggiuge come "stupisce comunque questa rigidità dei prezzi, è come se l'offerta facesse fatica ad adeguarsi alle nuove condizioni del mercato". Quello attuale è il primo calo dei prezzi da 11 anni. Per il 2009 Nomisma si aspetta una nuova flessione delle compravendite del 10% circa e un indebolimento dei prezzi del 5%, con punte dell'8-10% nelle grandi aree urbane. Per contro, emergono i primi segnali di miglioramento del mercato della locazione. "Il segmento della domanda escluso dalla compravendita, perchè in difficoltà economica o a cui è negato l'accesso al credito, è costretto a temporeggiare o a scegliere la locazione, che in Italia resta comunque un mercato sottile a causa della scarsità dell'offerta", sostiene l'esperto. Per l'analista se la situazione è "abbastanza grave" dal punto di vista del mercato retail, nel mondo degli investitori istituzionali è "ancora peggiore". "Il mercato all'ingrosso si è fatto quasi inesistente, la difficoltà dell'accesso al credito pregiudica la maggior parte delle operazioni", evidenzia Dondi. Nel 2008 la stima è che nelle grandi operazioni degli investitori istituzionali il calo dei volumi del mercato sia almeno del 50% (del 60% in Europa). La capitalizzazione di società immobiliari quotate e di fondi immobiliari quotati ammonta a poco meno di 5 miliardi, il 56% in meno rispetto a un anno fa e il 68% in meno rispetto al picco di marzo 2007. I titoli immobiliari hanno perso circa il 60% negli ultimi 12 mesi e sono scesi a una capitalizzazione che sfiora i 4 miliardi. Come cambia da oggi la legge sull'Opa in Italia 28/11/2008 Poco più di un mese fa era stata annunciata la modifica della legge sull'Opa, a sua volta approvata un anno fa. E nel pacchetto anticrisi la novità è stata messa nero su bianco. In pratica, i vincoli imposti dalla passivity rule diventano meno rigidi. Questo per garantire maggiori certezze nel caso di operazioni all'estero e minori protezioni da parte di attacchi ostili a condizioni di reciprocità. L'attuale normativa, alla luce delle misure introdotte oggi, prevede dunque l'eliminazione del vincolo di almeno il 30% del capitale come percentuale con cui i soci potevano porre in essere atti o operazioni ostili, cioè finalizzate a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta. Questo paletto è stato eliminato in attesa che la crisi finanziaria e la turbolenza sui mercati si attenui. In pratica, in caso di un'Opa ostile l'assemblea potrà deliberare azioni di difesa senza il vincolo della quota di azioni possedute. Vengono anche disinnescate eventuali clausole relative a limitazioni al diritto di voto o a diritti di voto multiplo, qualora un offerente raggiunga la soglia del 75% del capitale per effetto di un'offerta pubblica. Fino a oggi l'art. 104-bis del decreto legislativo 58/98 prevedeva che, raggiunto il 75%, nella prima assemblea dopo l'Opa venivano sospesi i patti parasociali e applicate limitazioni al diritto di voto previste dallo statuto limitatamente alla nomina/revoca degli amministratori e dei componenti il consiglio di sorveglianza/gestione. Per quel che concerne la reciprocità, questa permette di attivare misure anti-opa nei confronti di scalatori i quali, non essendo appunto soggetti ne' alla passività e ne' alla neutralizzazione, possono far ricorso agli stessi strumenti di difesa se fossero a loro volta attaccati. In pratica, se una società europea lanciasse un'Opa su una società italiana, le norme in tema di passività e di neutralizzazione previste dalla legge italiana sarebbero efficaci solo se nel paese dove ha sede la società offerente valgono le stesse condizioni. La quota delle azioni possedute per avviare azioni difensive contro il lancio di un'Opa è il 75%. In caso di Opa, il prezzo dovrà essere pari al più alto pagato dall'offerente nei 18 mesi precedenti (finora il limite era 12 mesi). In questo modo gli azionisti di minoranza non rischieranno più, come successo a volte in passato, di trovarsi un prezzo d'Opa inferiore ai valori di mercato. Tommaso Astori www.ilmanifesto.it I camici bianchi che non accettano «regali» dalle case farmaceutiche «No grazie, pago io!» Medici con sane abitudini 238 medici hanno sottoscritto un patto, un'aggiunta al giuramento di Ippocrate. Niente «omaggi» dalle case farmaceutiche. Niente congressi in alberghi a cinque stelle ospiti di Big Pharma. La formazione medica deve essere pubblica e indipendente MANUELA CARTOSIO Se gli dai da mangiare, vengono. Secondo un'indagine condotta alla Mayo Clinic di Rochester, basta uno spuntino gratis e la presenza dei medici ai corsi d'aggiornamento s'impenna del 38%. Ciò nonostante, l'81% dei partecipanti esclude che la casa farmaceutica che paga il pranzo influenzi la lezione e il loro comportamento professionale. Non sono così ingenui, e così presuntuosi, i medici di New York che hanno fondato No free lunch, niente pasti gratis. Ricalcando il modello newyorkese sono nate analoghe associazioni in Francia, Spagna, Olanda, Australia. L'equivalente nostrano si chiama No grazie, pago io! Esiste dal 2004 e conta la bellezza di 238 aderenti. Una goccia nel mare, a fronte dei 350 mila medici italiani. Un'ultra minoranza virtuosa che dice e pratica cose molto sensate. Ma piuttosto onerose. Chi diventa un No grazie non si limita a rinunciare ai gadget - biro, agende, libri, piccoli attrezzi medici - regalati dalle case farmaceutiche. Non partecipa a convegni «spesati» (spesso in località turistiche, sempre in alberghi a 5 stelle), non accetta compensi dalle ditte per relazionare a congressi o per produrre materiale informativo destinato ai colleghi o ai pazienti, rifiuta la sponsorizzazione delle aziende farmaceutiche e biomedicali per realizzare eventi formativi. «Il nostro non è un invito. Sottoscriviamo un codice di autoregolamentazione, una sorta d'aggiunta al giuramento d'Ippocrate», dice la pediatra modenese Luisella Grandori, che con due colleghi ha fondato i No grazie. Lei i «regali» non li accettava neppure prima. Persona affabile ed educata, i rappresentanti delle ditte farmaceutiche - che solo in Italia si chiamano «informatori scientifici» - non li ha mai messi alla porta. «Sono loro che hanno smesso di venire», quando si sono accorti che con lei non alzavano un chiodo. Reazione dei colleghi? «Ti fanno sentire una mosca bianca, un tipo un po' strano», risponde il No grazie Guido Giustetto, medico di base a Pino Torinese, «però quando ho aperto lo studio con altri cinque colleghi ero l'unico a non ricevere i rappresentanti, adesso siamo in tre. Discutere, confrontarsi, serve». Un confronto comunque difficile, secondo la dottoressa Grandori, perché «gli altri» considerano i No grazie «dei fondamentalisti, dei talebani, degli integralisti. Ci accusano di vedere malafede ovunque». E invece, tiene a precisare, «noi non pensiamo che i medici siano disonesti se accettano regali». Sono esseri umani che con umiltà dovrebbero ammettere (con se stessi) d'essere «vulnerabili e fragili», come tutti. Centinaia di ricerche psicologiche e una vasta letteratura evidenziano che il «regalo» crea nel medico una vischiosa disponibilità alla gratitudine e alla benevolenza verso Big Pharma. Dunque, meglio stare alla larga, non abbassare le difese. Negli Stati Uniti le multinazionali del farmaco dichiarano di spendere nel marketing mirato ai medici 7 mila dollari l'anno per ogni camice bianco. La cifra reale è sicuramente più alta. A maggior ragione dovrebbe esserlo in Europa dove, essendo vietata la pubblicità diretta dei farmaci da prescrizione, Big Pharma punta tutte le sue risorse su chi firma le ricette. Il target d'elezione sono la base, i 46 mila medici di famiglia, e il vertice della piramide medica, i «luminari», i primari, gli opinion leader. «Quelli famosi e autorevoli che fanno scattare il meccanismo se l'ha detto lui...», spiega Massimo Cozza, segretario nazionale della Cgil medici. Sono gli «esperti» interpellati dai media, i baroni che presiedono le società scientifiche delle varie specializzazioni mediche. Le società scientifiche sono uno snodo fondamentale del marketing farmaceutico. Formalmente sono loro a organizzare convegni, congressi, seminari. Di fatto, a pagare viaggi, soggiorni, materiale sono le aziende che sponsorizzano l'evento. Guadagnandoci assai più del diritto a imprimere il loro marchio sulla cartelletta del convegno. La sponsorizzazione dilaga anche nell'Ecm (Educazione continua in medicina), l'aggiornamento professionale per medici e operatori sanitari, obbligatorio da alcuni anni. La permette una legge del 2003 che concede sgravi fiscali, oltre all'ovvio «ritorno» pubblicitario, alle aziende sponsorizzatrici. I docenti che tengono le lezioni sono tenuti a sottoscrivere una generica autocertificazione d'assenza di conflitto d'interessi. Nessuno controlla, comunque a costituire conflitto è solo il possesso di azioni dell'azienda sponsor, non l'aver avuto da essa consulenze, borse di studio, finanziamenti per la ricerca, omaggi di vario tipo. Il ministero della salute raccomanda alle Asl di destinare l'1% dei loro bilanci alla formazione continua del personale sanitario. Raccomandazione caduta nel vuoto: almeno il 90% dei costi dell'educazione continua è coperto dalle case farmaceutiche. «Questo è il primo nodo da tagliare», dice Cozza, «la sanità pubblica deve avere un sistema d'aggiornamento professionale pubblico». Andare controcorrente si può. Il No grazie Alfredo Pisacane, direttore dell'Ecm all'università Federico II di Napoli, riesce a organizzare i corsi d'aggiornamento senza girare il conto alle case farmaceutiche. La sua «ricetta» - sette indicazioni per fare da soli - ha avuto l'onore d'essere pubblicata di recente sul British Medical Journal. Niente mega eventi, lavorare in piccoli gruppi e sullo scambio delle reciproche esperienze, ampio ricorso alle nuove tecnologie (web ed elearning), chiedere ai partecipanti un piccolo contributo economico. Se le case farmaceutiche proprio muoiono dalla voglia di finanziare i corsi, conclude con una punta di provocazione il professore, mettano i loro soldi in un blind trust. Così non saranno loro a scegliere quali attività finanziare e i riceventi non sapranno chi è il donatore. Batte sui piccoli gruppi anche la dottoressa Grandori che ha fatto molta attività di formazione con l'Asl di Modena e la Regione Emilia Romagna. Un'aula scolastica, una sala di quartiere sono luoghi sicuramente più consoni all'apprendimento del bordo piscina, il posto più affollato nei convegni a cinque stelle. Il dottor Giustetto tiene corsi per neolaureati organizzati della Regione Piemonte. «Nel mio piccolo», dice, «insegno ai medici in erba come smontare i trucchi delle case farmaceutiche che, pur di vendere, inventano nuove malattie, cerco d'instillare un po' di sano scetticismo, di spirito critico». Mette in guardia i neocolleghi dal falso mito dell'informazione «tempestiva», del farmaco «ultimo grido». Gli ultimi antibiotici veramente innovativi risalgono a sette-otto anni fa; la prima statina anticolesterolo è in produzione da quindici anni e continua ad andare bene. Come dire: il resto è fuffa. Nel tempo libero il dottor Giustetto traduce a spron battuto il meglio pubblicato dalle riviste specializzate sui farmaci e sui rapporti tra medici e aziende. Le traduzioni finiscono sul sito www.nograziepagoio.it che offre numerosi link con i gruppi-fratelli sparsi per il mondo e con i bollettini indipendenti sui farmaci italiani («ne abbiamo di ottimi», dice la dottoressa Grandori) e stranieri. Sul sito resta traccia delle prese di posizione dei No grazie su vicende che non hanno bucato il perimetro degli addetti ai lavori. Lo scorso agosto hanno protestato contro il «misterioso» siluramento di Nello Martini, direttore dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco. Nel ruolo che fu di Poggiolini (do you remember?), Martini aveva dato molto fastidio a Big Pharma. Il suo licenziamento, finito su Nature e sul British Medical Journal, sulla stampa italiana non si è guadagnato più di un trafiletto. Primo effetto del cambio della guardia all'Aifa, la sospensione (anticamera della chiusura?) di Ecce, il progetto di educazione continua a distanza, pubblico e indipendente, a cui erano iscritti 143 mila tra medici, infermieri, farmacisti. La chiusura di Ecce renderà ancor più rigoglioso il mercato della formazione medica, in mano ad agenzie di dubbia qualità, quasi sempre ammanicate con l'industria del farmaco. UNIONE EUROPEA Tutti i trucchi di Big Pharma contro i «generici» Big Pharma ostacola in tutti i modi l'arrivo sul mercato dei farmaci generici, impedendo così alla concorrenza di funzionare correttamente. Lo sanno anche i sassi. E' importante comunque che a ribadirlo sia Neelie Kroes, commissaria Ue alla concorrenza che ieri a Bruxelles ha presentato i risultati preliminari di un'indagine avviata lo scorso gennaio. L'indagine sarà conclusa la prossima primavera e solo allora si saprà se scatteranno sanzioni per le multinazionali del farmaco. C'è un precedente: nel 2005 AstraZeneca ha dovuto pagare 60 milioni di multa per aver «difeso» il suo Losec - una pillola contro ulcera e bruciori di stomaco - bloccando la messa in vendita di farmaci equivalenti (termine più appropriato del riduttivo "generici"). Il dato inedito del rapporto è la quantificazione del danno: 3 miliardi di euro. E' la somma che in 17 paesi dell'Ue si sarebbe risparmiata tra il 2000 e il 2007 se le grandi aziende, allo scadere dei loro brevetti, non avessero dilazionato la commercializzazione dei farmaci equivalenti. Mediamente costano tra il 20 e il 25% in meno dei prodotti branded che, in presenza di equivalenti non griffati, devono diminuire il prezzo Le tattiche dilatorie sono diverse. La più fantasiosa è il cluster patent, brevetti a grappolo per un unico prodotto, al quale vengono apportate leggerissime variazioni o per il quale vengono modificate le prescrizioni. Il rapporto cita il caso limite di un medicinale per il quale l'azienda produttrice (non citata per nome) ha depositato la richiesta di 1.300 brevetti collegati. Un altro escamotage è quello d'aprire controversie sui brevetti con le case produttrici di farmaci equivalenti. L'indagine ne ha conteggiate 700. Sono durate in media 3 anni e nel 60% dei casi si sono chiuse con la vittoria delle aziende non branded. Circa 200 contenziosi si sono conclusi con un accordo tra le aziende litiganti. Il 10% dei casi si è trattato di «composizioni con rimborso»: le aziende non branded hanno procrastinato la messa in vendita degli equivalenti in cambio di risarcimenti ottenuti da Big Pharma (200 milioni di euro, secondo l'indagine). Anche le produttrici di generici, si intuisce, hanno i loro (piccoli) scheletri nell'armadio. E infatti le sedi di due di loro, oltre a quelle delle aziende branded, sono state "visitate" dai segugi della Commissione Ue. Poi c'è il lavoro di lobbying che le multinazionali mettono in campo quando i paesi dell'Ue, a livello nazionale, danno l'ok ai generici. Questi «interventi» hanno ritardato mediamente di quattro mesi il via libera degli equivalenti. «Per difendere i brevetti usiamo pratiche perfettamente legali», è stata la reazione della Federazione europea delle industrie farmaceutiche al rapporto Ue. In Germania, Olanda, Danimarca gli equivalenti costituiscono circa il 40% in volumi (in confezioni vendute) del mercato del farmaco. In Italia non si arriva al 5%. (m.ca) Regali anche ai medici dei paesi emergenti «Chi prescrive mille confezioni di un farmaco riceve un cellulare, 5 mila danno diritto a un condizionatore, 10 mila a uno scooter». Lo racconta un medico indiano citato dal rapporto "Farmaci, medici e cene" di Consumers International. Per Big Pharma si aprono nuovi pascoli nei paesi emergenti e, di conseguenza, il marketing si sta allargando ai medici che fino a ieri non valevano neppure la spesa di una biro. Il cambio di rotta è spiegato dalle previsioni dell'agenzia di consulenza Ims . Nel 2017 il mercato dei farmaci in 7 paesi emergenti (Cina, Brasile, India, Sud Corea, Messico, Turchia e Russia) varrà 300 miliardi di dollari. Nel 2009 verrà da questi 7 paesi il 34% della crescita globale del mercato del farmaco. Nel 2000 il loro contributo alla crescita era stato solo del 7%. Cifre rovesciate per gli Usa: nel 2000 avevano costituito il 42% dell'incremento, nel 2009 scenderanno al 9%. Finora metà dei profitti di Big Pharma sono venuti dagli Usa. Nei paesi ricchi l'industria del farmaco sembra aver toccato il tetto. Si attrezza quindi a buttarsi nei paesi dove il reddito medio è in crescita. Quando sfiora i 3 mila dollari, la cosa diventa interessante e profittevole per Big Pharma (per la vendita di automobili l'asticella sale a 5 mila dollari). La presidenza Obama, inoltre, potrebbe incentivare le multinazionale del farmaco a spingersi fuori dall'orto di casa. Persino la più blanda delle riforme sanitarie non potrà non contemplare prezzi dei farmaci più bassi. m.ca www.ilmessaggero.it Famiglie e rata dei mutui: ecco tutti gli interventi nel pacchetto anti-crisi ROMA (29 novembre) - Il bonus fiscale una tantum riguarderà otto milioni di famiglie, per un totale di sedici milioni di persone. La novità rispetto a provvedimenti analoghi del passato, ad esempio quello deciso lo scorso anno dal centro-sinistra per gli “incapienti”, sta soprattutto nel riferimento al reddito familiare invece che a quello del singolo contribuente. Dunque bisognerà sommare i redditi di tutti i componenti nel 2007 o, se il risultato è più favorevole, nel 2008. La famiglia formata da un solo componente è ammessa al beneficio solo se l’interessato è un pensionato: il bonus sarà di duecento euro se il reddito non supera i quindicimila euro. Nel caso delle famiglie con due componenti, l’importo sarà invece di trecento euro (con tetto di reddito a diciassettemila); con tre salirà a quattrocentocinquanta (tetto sempre a diciassettemila); con quattro a cinquecento (tetto a ventimila); con cinque a seicento (tetto sempre a ventimila); oltre i cinque a mille euro (tetto di reddito a ventiduemila). Nel caso in famiglia sia presente un portatore di handicap, il beneficio sarà comunque di mille euro, indipendentemente dal numero dei componenti, con tetto di reddito a trentacinquemila. Per avere il bonus bisognerà fare domanda all’azienda o all’ente previdenziale. Le domande, nelle quali gli interessati autocertificheranno i dati sul reddito familiare, dovranno essere presentate entro il 31 gennaio, e i sostituti d’imposta erogheranno la somma entro il mese di febbraio (per i lavoratori) o di febbraio (per i pensionati). In caso, per qualche motivo, non sia possibile ottenere la somma in questo modo, la si potrà richiedere direttamente all’Agenzia delle Entrate o in sede di dichiarazione dei redditi. Per il 2009 scatta anche un meccanismo di garanzia per i mutui a tasso variabile per l’acquisto della prima casa, sottoscritti fino al 31 ottobre di quest’anno. Non si tratta di un vero tetto: in pratica il tasso per calcolare la rata viene riportato al livello in cui era al momento della stipula del mutuo, se questo è più basso di quello in corso. Ma se il tasso originario era più basso del 4 per cento, allora si ritornerà al 4. C’è da dire che i tassi di mercato a partire dall’Euribor sono già in calo, per cui è probabile che i vantaggi per i consumatori, a parte forse i primi mesi, saranno limitati. Per i mutui futuri invece le banche dovranno offrire anche tassi indicizzati al tasso di rifinanziamento della Bce, oltre che all’Euribor. Banche, arriva il Tremonti-Bond: industria nel credito senza più tetti Di Rossella Lama ROMA (29 novembre) - «Non voglio dare i soldi alle banche, voglio dare soldi a famiglie e imprese attraverso le banche». Nel presentare il decreto Tremonti ha insistito sulla filosofia delle misure decise ieri. Il rischio di restrizioni del credito legate alla sottopatrimonializzazione del sistema bancario è tutt’altro che remoto. E con quotazioni di Borsa crollate ai minimi storici è difficile per le banche seguire la strada del mercato per gli aumenti di capitale. Così il governo ha deciso di intervenire. Sottoscriverà su richiesta delle emittenti, obbligazioni convertibili delle banche, che Bankitalia riconoscerà come rafforzamento del patrimonio. L’intervento è limitato al 2009, e servirà «ad assicurare un adeguato flusso di finanziamenti all’economia e un adeguato livello di patrimonializzazione del sistema bancario». Un prossimo decreto fisserà le risorse a disposizione per i ”Tremonti bond”? Ma da dove arriveranno? Dall’emissione di titoli pubblici, ma anche da una serie di risparmi come quelli sulle spese per le missioni dei ministeri, e dall’utilizzo del 5 per mille delle imposte sui redditi. I bond bancari, che non hanno diritto di voto, potranno essere, su richiesta della banca, convertiti in azioni ordinarie. E previo l’ok di Bankitalia che vigila sulla stabilità del sistema creditizio, la banca emittente potrà decidere di rimborsarli o riscattarli. Trattandosi di risorse dei contribuenti, lo Stato pone delle condizioni in cambio del suo intervento. Condizioni poco gradite alle banche, che dovranno per esempio definire un protocollo d’intenti con il ministero dell’Economia impegnandosi ad assicurare un certo livello di credito a condizioni prestabilite alle piccole imprese e alle famiglie. Dovranno poi essere oculate nella distribuzione dei dividendi puntando al rafforzamento del patrimonio. Altra condizione posta da Tremonti è che le banche adottino un codice etico contenente tra l’altro le previsioni sugli stipendi dei manager. L’intento di contenere le remunerazioni dei super-dirigenti, almeno in questa situazione di generale difficoltà, è evidente. Un’altra novità di ieri riguarda l’Opa. Con il crollo delle borse il rischio ”scalate ostili” è molto aumentato, e pezzi anche pregiati del nostro sistema produttivo e finanziario potrebbero passare di mano con limitato impegno di risorse. Il decreto anticrisi aiuta ad alzare le difese allentando i lacci che la legge sull’Opa prevede per le aziende sotto scacco. Si tratta di vincoli messi a vantaggio degli azionisti, che in questa situazione si ritorcono però loro contro. Sparisce per esempio il limite minimo del 30% dei voti necessario perchè le assemblee dei soci possano decidere azioni di difesa rispetto ad offerte pubbliche di acquisto. La cosiddetta passivity rule diventa in sostanza meno bloccante. L’Italia abolisce anche il tetto del 15% alle partecipazioni delle industriali nelle banche. Una direttiva Ue di due anni impone l’eliminazione di questo vincolo e dà tempo fino a marzo del 2009 per adeguare le norme nazionali. L’Italia, per ultima in Europa, lo ha fatto ieri. www.ilsole24ore.com Ecco tutto il piano anti-crisi: famiglie, immobili e imprese di Nicoletta Cottone Per le famiglie arriva il bonus con una dote più elevata e un tetto reddituale superiore se c'è un disabile. Per le imprese un taglio di 3 punti all'acconto Ires e Irap, mentre per l'Iva si pagherà al momento dell'incasso e non più all'emissione della fattura. Arrivano novità per i mutui vecchi e nuovi. Non ha trovato spazio nel provvedimento, invece, la detassazione delle tredicesime. Viene prorogata per il 2009 la detassazione dei premi, ma non quella degli straordinari. Questi i contenuti principali del decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri per il varo delle misure anti-crisi. Un pacchetto di interventi per famiglie e imprese, per riattivare i consumi che, con sette interventi, puntano a mobilitare 80 miliardi di risorse per combattere la crisi. Negativa la reazione del segretario del Pd, Walter Veltroni, secondo il quale le proposte del Governo sono del tutto insufficienti. Ecco in sintesi le misure italiane per arginare la crisi. Ammortizzatori sociali.Vengono potenziati ed estesi gli strumenti a tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione. Banche: fino al 2009 lo Stato potrà sottoscrivere i bond per rafforzare il patrimonio di vigilanza. Il ministero dell'Economia potrà sottoscrivere fino a tutto il 2009 i bond che le banche quotate emetteranno per rafforzare il loro patrimonio di vigilanza. Si tratta di bond convertibili su richiesta della banca che avrà anche la facoltà di rimborso o riscatto, previo via libera della Banca d'Italia. «La logica che vogliamo seguire - ha spiegato Tremonti - non è quella di sostenere le banche, ma le imprese, evitando restrizione del credito». Bonus famiglia: tetto fino a 35mila euro se c'è un disabile. È stato potenziato nell'importo e nella platea dei beneficiari il bonus che raggiungerà pensionati e famiglie con figli a carico. Si tratta di un bonus da un minimo di 200 a un massimo di mille euro, che sarà distribuito in base al reddito. Ad averne diritto saranno i nuclei di lavoratori dipendenti con figli e i pensionati con un reddito annuo fino a 22mila euro (e non più 20mila euro). Per le famiglie con portatori di handicap il tetto sale fino a 35mila euro. Il «bonus straordinario per famiglie, lavoratori, pensionati e non autosufficienti» riguarderà poco meno di 8 milioni di soggetti. Il costo complessivo dell'operazione si aggira intorno a di 2,4 miliardi di euro. Il bonus è cumulabile con la social card. Entrando nel dettaglio verrà erogato dai sostituti d'imposta a gennaio-febbraio attraverso una detrazione. Il beneficio sarà di 200 euro per i soggetti unici componenti di un nucleo familiare se il reddito non è superiore a 15 mila euro, di 300 euro se la famiglia è composta da due persone con un reddito di 17 mila euro l'anno, di 450 se la famiglia è composta da tre persone, sempre con un reddito di 17 mila euro all'anno. Il bonus sarà invece di 500 euro per le famiglie di quattro componenti con un reddito di 20 mila euro, di 600 euro se i componenti la famiglia sono cinque, sempre con un reddito annuo di 20 mila euro. Avranno mille euro le famiglie di cinque o più componenti con un reddito di 22 mila euro. Se nella famiglia c'è un portatore di handicap il tetto di reddito sale a 35 mila euro. Esclusi dal beneficio i lavoratori autonomi, i titolari di partita Iva e chi ha redditi fondiari superiori a 2.500 euro. La richiesta va presentata entro il 31gennaio con autocertificazione mediante modulo dell'Agenzia delle Entrate. Cambia la legge Opa: meno vincoli su passivity rule.Vincoli meno stringenti per le società soggette a Opa. Cambiano i sistemi di autorizzazioni assembleare per eventuali misure di difesa. Nel nuovo testo scompare infatti il limite del 30% previsto per l'autorizzazione da parte dei soci. Non si prevede più che l'approvazione delle misure idonee a contrastare il conseguimento degli obiettivi dell'offerta debba essere approvata da una assemblea straordinaria. Deduzione dall'Ires della quota di Irap che insiste sul costo del lavoro e degli interessi.A decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 è ammesso in deduzione un importo pari al 10% dell'imposta regionale sulle attività produttive , forfetariamente riferita all'imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi assimilati o delle spese per il personale dipendente e assimilato al netto delle deduzioni spettanti. Detassazione per ricercatori e professori che rientrano in Italia e credito d'imposta per le ricerche in Italia su incarico dall'estero. Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero. Estensione del credito d'imposta alle ricerche fatte in Italia su incarico di committenti esteri. Detassazione dei microprogetti di arredo urbano.Per realizzare opere di interesse locale operati da gruppi di cittadini organizzati, detassazione dei microprogetti di arredo urbano. Investimenti in infrastrutture. Aumentano i fondi per la legge Obiettivo: per realizzare le opere strategiche di preminente interesse nazionale il decreto anti crisi stanzia infatti un contributo quindicennale di 120 milioni di euro l'anno a partire dal 2010. Istituito per il 2009 un fondo per gli investimenti di 960 milioni di euro. Ci sono anche risorse per 480 milioni di euro, per ciascuno nel triennio 2009-2011 «per assicurare i necessari servizi ferroviari di trasporto pubblico». L'erogazione delle risorse è subordinata alla stipula dei nuovi contratti di servizio. Il finanziamento (1.440 milioni di euro per il 2009 e 480 per ciascuno degli anni 2010 e 2011) arriva dal Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate.Gli investimenti dovranno riguardare per il 15% il Nord e l'85% il Sud. Iva sui servizi televisivi. La porno-tax viene estesa anche alla trasmissione di programmi tv a luci rosse. Chi produce e commercializza materiale pornografico dovrà pagare un'addizionale Irpef, come prevedeva la Finanziaria per il 2006. Il prelievo fiscale non riguarderà, invece, chi produce o commercializza materiale di incitamento alla violenza, come indicava la norma originaria. La stangata scatterà già a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento. Un decreto del presidente del Consiglio, emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, definirà i dettagli. Grandi progetti e ferrovie. Individuate norme straordinarie per la velocizzazione delle procedure esecutive di progetti che fanno capo al quadro strategico nazionale. Da Fas soldi alle ferrovie. Nel 2009 ci saranno 960 milioni di euro per gli investimenti e 480 milioni per il trasporto pubblico. Novità per mutui vecchi e nuovi. Misura di garanzia per chi ha un mutuo immobiliare a tasso variabile. L'importo delle rate dei mutui a tasso variabile a carico del mutuatario si calcolano con riferimento al maggiore tra il 4% senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione e il tasso contrattuale alla data si sottoscrizione del contratto. In caso contrario lo Stato interviene e si accolla la parte extra. Questo criterio di calcolo non si applica se le condizioni contrattuali determinano una rata di importo inferiore. La novità si applica ai mutui per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione della prima casa sottoscritti da persone fisiche fino al 31 ottobre 2008 e ai mutui rinegoziati entro la stessa data in applicazione della legge 126/2008. Previsti rimborsi in sede fiscale per i costi extra sostenuti dalle banche. Per i nuovi mutui sottoscritti, invece, il tasso di base su cui si calcola lo spread può essere quello stabilito dalla Banca Centrale Europea. Posta elettronica per imprese e Pubblica amministrazione. Le imprese costituite in forma societaria sono tenute a indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese (quelle iscritte hanno 3 anni di tempo per farlo). I professionisti iscritti ad albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato devono comunicare agli ordini o ai collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Ordini e collegi pubblicheranno un elenco consultabile in via telematica i dati identificativi degli iscritti con indirizzo di posta elettronica certificata. Le amministrazioni pubbliche istituiranno un indirizzo di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo e ne danno comunicazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, che provvede a pubblicare un elenco consultabile in via telematica. La consultazione dei singoli indirizzi avviene liberamente e senza oneri. Il decreto prevede che «le copie su supporto informatico di qualsiasi tipologia di documenti analogici originali, formati in origine su supporto cartaceo o su altro supporto non informatico, sostituiscono ad ogni effetto gli originali da cui sono tratte» purchè la loro conformità all'originale sia assicurata da chi lo detiene mediante firma digitale. Prorogata la detassazione dei premi Sì alla proroga della detassazione del salario di produttività, vale a dire premi e incentivi, per redditi fino a 35mila euro l'anno (dai 30mila attuali). Raddoppia anche la parte di redditto su cui applicare gli sgravi, che passa da 3mila euro l'anno a 6mila euro. Non è stata, invece, prorogata la detassazione sugli straordinari. La tassazione agevolata dei premi è stata estesa anche ai lavoratori pubblici del comparto sicurezza (la platea di questi ultimi beneficiari è di circa 500 mila persone). Riduzione di 3 punti all'acconto Ires e Irap per i soggetti Ires. Nel pacchetto di misure per le imprese arriva una misura temporanea: il taglio per il periodo d'imposta in corso, di tre punti all'acconto Ires e Irap dovuto. Chi ha già provveduto al pagamento dell'acconto ha diritto a un credito d'imposta corrispondente alla riduzione. Riduzione dei costi amministrativi a carico delle imprese. Vengono ridotti i costi amministrativi sostenuti dalle imprese. Riassegnazione risorse.In considerazione della crisi economica e ferma la distribuzione territoriale c'è una riassegnazione delle risorse per formazione e occupazione per interventi infrastrutturali, con priorità alla messa in sicurezza delle scuole, all'edilizia scolastica e carceraria, alle opere di risanamento ambientale, anche di natura infrastrutturale, alla bonifica di siti, alle infrastrutture museali e archeologiche e all'innovazione tecnologica. Revisione "congiunturale" degli studi di settore. Gli studi di settore saranno rivisti tenendo conto della crisi economica e dei mercati «con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali». Per far questo si ricorrerà a un decreto dell'Economia. Si procederà a un'integrazione degli studi tenendo conto anche dei dati della contabilità nazionale, degli elementi acquisibili presso istituti ed enti specializzati nell'analisi economica e delle segnalazioni degli osservatori regionali dell'Agenzia delle Entrate. Si tratterà, dunque, di una «revisione congiunturale» e «speciale» degli studi di settore. Rimborsi ultradecennali. Via libera a 6 miliardi di rimborsi Iva ultradecennali per far funzionare la macchina dell'economia. Sconti sulle tariffe.Le tariffe non possono salire, ha spiegato Tremonti, ma ci sono strumenti per farle scendere. Dal primo gennaio 2009 le famiglie economicamente svantaggiate, che hanno diritto all'applicazione delle tariffe agevolate per l'energia elettrica, avranno diritto anche allo sconto sulla bolletta del gas. La compensazione della spesa sarà riconosciuta in forma differenziata per zone climatiche e in base al numero dei componenti del nucleo familiare fino a uno sconto massimo del 15 per cento. Per il primo semestre del 2009 le variazioni tariffarie autostradali non saranno applicate. Entro il 30 giugno 2009 sarà approvato un decreto del Governo che prevede un piano organico di azioni (presentato dal ministero delle Infrastrutture entro il 29 febbraio) per accelerare i piani di investimento dell'intero comparto autostradale. Scompare il tetto del 15% per l'investimento delle imprese nelle banche. Nel provvedimento è stata inserita una norma che attua i contenuti della direttiva Ue 2007/44, ed elimina il tetto del 15% per l'investimento delle imprese nelle banche. L'autorizzazione deve essere comunque rilasciata dalla Banca d'Italia che dovrà «accertare la competenza professionale generale nella gestione di partecipazioni o considerata l'influenza sulla gestione che la partecipazione da acquisire consente di esercitare, la competenza professionale specifica nel settore finanziario. Lo scorso luglio il Cicr aveva rimosso il primo muro nella separazione tra banca e imprese, fissando un limite del 15% del patrimonio di vigilanza della banca o gruppo bancario partecipante e il 60% del patrimonio (sempre della banca o del gruppo che possiede la partecipazione), che invece rappresenta il tetto complessivo per la somma delle partecipazioni. Sconti sui farmaci equivalenti.Da gennaio arrivano alcuni sconti sui cosiddetti farmaci equivalenti, con un taglio del 7%, in attesa che sia l'Agenzia del farmaco a rideterminare i prezzi entro il 31 marzo 2009. Scende anche il tetto per la spesa farmaceutica territoriale. Versamento dell'Iva solo all'incasso della fattura.Nel provvedimento arriva la cosiddetta Iva per cassa per le imprese. In pratica l'obbligo di versamento dell'imposta sul valore aggiunto slitta dal momento dell'emissione della fattura a quello dell'incasso. Su questa misura si attende però il via libera di Bruxelles. Via a un osservatorio economico: vigilerà sui soldi perstati dalle banche. Il Governo varerà un osservatorio economico in tutte le prefetture per verificare che i soldi dati in prestito dalle banche vadano al sistema economico. «Doteremo le prefetture di un osservatorio economico - ha detto Tremonti - composto da imprenditori e associazioni in modo tale che si verifichi, anche lì come già accade in Francia, che i soldi vadano all'economia. Se non vanno all'economia si blocca tutto». 28 novembre 2008 Unicredit lancia un piano per tutelare gli investitori in Lehman Brothers Il Cda di Cnp UniCredit Vita, controllata da Cnp Assurances e UniCredit, ha deliberato un piano a protezione degli investimenti in polizze index linked collegate ad obbligazioni del gruppo Lehman Brothers per un valore fino a circa 400 milioni. Per Unicredit, precisa l'istituto in una nota, l'impatto complessivo previsto sull'utile netto consolidato sarà di 106 milioni. L'operazione promossa da CNP UniCredit Vita, precisa una nota della compagnia, «mira a tutelare gli assicurati coinvolti e a riaffermare più in generale il patto di fiducia con la propria clientela, oltre che prevenire ogni possibile contenzioso». L'intervento riguarda circa 25mila clienti, sottoscrittori di tredici emissioni di polizze index linked per un importo nominale complessivo di 572,6 milioni - commercializzate prevalentemente tra il 2001 e il 2003 dalle reti appartenenti all'ex Gruppo Capitalia, le cui naturali scadenze si collocano per la quasi totalità nel primo semestre del 2009. L'operazione vede, come elemento principale, la trasformazione di tali polizze, con sottostanti obbligazioni Lehman Brothers, in nuovi prodotti garantiti dalla compagnia stessa i quali reintegreranno alla loro scadenza il capitale investito dal cliente, al netto delle cedole già percepite. Inoltre, per il corretto svolgimento dell'operazione sarà costituita una commissione, presieduta da una figura di garanzia esterna alla compagnia e ai due gruppi azionisti. La commissione avrà il duplice compito di validare la proposta complessiva agli assicurati e di contribuire alla composizione di eventuali casi residuali. 28 novembre 2008 UniCredit incalza Zaleski: «Salvataggio senza sconti» di Marigia Mangano L'accordo sulla ristrutturazione del debito della Carlo Tassara resta senza firma. Il colpo di scena è trapelato ieri, in tarda serata, dopo l'ennesima riunione fiume tra il finanziere Romain Zaleski e le banche coinvolte (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Ubi, Bpm). Il nodo su cui si sono arenate le trattative riguarda le garanzie: le banche chiedono alla Tassara, oltre ai pegni tradizionali, una adeguata partecipazione alle future plusvalenze derivanti dalla cessione del portafoglio partecipazioni, dove spiccano le quote in Intesa Sanpaolo (5%), Mediobanca (2%), Generali (2%), Ubi Banca (2%), Mps e Bpm (sotto il 2%), A2A (2,5%), Edison (10,2%) e Mittel (19%). Secondo quanto si apprende, la richiesta di "partecipazione" alle plusvalenze da parte delle banche sarebbe nell'ordine del 50%. Da parte sua Zaleski, come riferito da Radiocor – Il Sole 24 Ore, non intende cedere: i titoli contenuti nella cassaforte si stanno rivalutando, la Carlo Tassara non è insolvente ed è nella posizione di poter negoziare. La holding bresciana, secondo quanto si apprende, sarebbe disposta a concedere solo una partecipazione alle plusvalenze nell'ordine del 30%, forse qualcosa in meno. Proprio la resistenza del finanziere avrebbe sollevato malumori tra gli istituti coinvolti nell'operazione. Alcune fonti vicine alle trattative sottolineano che in questo momento la banca più «irritata» sarebbe UniCredit. L'istituto di piazza Cordusio, del resto, è anche quello meno coinvolto in termini di incroci finanziari–azionari. Zaleski non ha nessuna partecipazioni nella banca guidata da Alessandro Profumo. Probabilmente anche per questo motivo, UniCredit ha fatto capire che sarebbe intenzionata a non cedere, dando nel corso delle ultime riunioni due precisi messaggi. Primo, la ristrutturazione del debito della Carlo Tassara è una operazione di mercato e come tale il rischio deve essere adeguatamente remunerata. Secondo, o l'accordo si fa in fretta o salta tutto. Nell'ambito del rifinanziamento del debito di 1,5 miliardi che la Tassara ha verso Rbs e Bnp Paribas, del resto, UniCredit dovrebbe partecipare alle nuove linee per il 20% (insieme a Intesa Sanpaolo le due banche copriranno l'80% degli 1,3 miliardi), ma se si considera il rientro delle linee alla Carlo tassara International, il saldo finale dell'esposizione della banca verso Zaleski dovrebbe scendere di 350 milioni rispetto agli 1,7 miliardi circa in essere al momento. Per ora, dell'iniziale schema dell'accordo messo a punto dagli advisor Banca Leonardo e lo studio Lombardi e Molinari, resta agli atti solo un primo passaggio: la ricapitalizzazione della Carlo Tassara. La società mercoledì ha varato un aumento di capitale di 200 milioni da offrire agli azionisti (Zaleski) o, in caso di rinuncia ai titolari dei bond convertibili (prestito 2007/2012 da 150 milioni; prestito 1998-2008 della Carlo Tassara stabilimenti Elettrosiderurgici). Il finanziere, insomma, fa la sua parte per sostenere la società in un momento difficile: il portafoglio "quotato" (vedere articolo in pagina) è di appena 3,6 miliardi a fronte di debiti per 5,4 miliardi. Certo, ci sono le partecipazioni non quotate, iscritte per 1,5 miliardi, ma di questi tempi qualsiasi valutazione, in previsione di cessioni, è suscettibile di «sconti». Fare cassa potrebbe significare anche svendere, soprattutto perché il progetto su cui si sta lavorando fissa tempi ben precisi: la valorizzazione deve avvenire nel giro di dodici mesi. Sullo sfondo non si placano le polemiche. Roberto Mazzotta, presidente di Bpm, sul tema Zaleski si è limitato a constatare che «obiettivamente non è una situazione che si configura in maniera brillante e se evitata sarebbe stata molto meglio». Al ministro dell'economia Giulio Tremonti, sono poi state presentate interrogazioni parlamentari. Il senatore dell'Italia dei Valori, Elio Lannutti, chiede lumi sul fatto che, in periodo di crisi, «i maggiori istituti di credito italiani» stiano erogando a Zaleski «che vive solo di finanza e non produce posti di lavoro, l'equivalente dello 0,7% del credito complessivo» alle imprese. La senatrice del Pd, Maria Leddi, chiede se le vicende della Tassara siano «circoscrivibili a un semplice rapporto tra privati». 28 novembre 2008 Ubs, dagli azionisti ok al piano di salvataggio da 6 miliardi di Lino Terlizzi Ubs incassa l'aiuto dello Stato elvetico e tenta ancora la non facile via del rilancio in autonomia. L'assemblea degli azionisti ha approvato con il 98,5% di "si" l'iniezione di 6 miliardi di franchi da parte della Confederazione, operazione questa accompagnata dal sostegno della Banca nazionale svizzera, che garantirä 54 milairdi di dollari per un veicolo destinato alal raccolta di titoli tossici di Ubs. Se nell'immediato questo aiuto pubblico rafforza Ubs, in prospettiva per la banca restano ostacoli non secondari da superare. Quest'anno nei conti vi saranno altri 4 miliardi di franchi di svalutazioni, come effetto collaterale delll'intervento della Bns. Per il 2009, il presidente del cda Peter Kurer ha ribadito che la banca ritroverà l'utile, ma durante l'assemblea non sono stati forniti dati su un elemento importante per il rilancio, cio' sul proseguimento o meno del deflusso di capitali dalla banca in questi ultimi due mesi. Resta la tensione anche per l'indagine delle autorità Usa, che accusano Ubs di aver aiutato clienti americani ad attuare frodi fiscali ai danni dell'erario di Washington e chiedono nomi e dati di questi clienti. Il dossier è nelle mani del Governo elvetico, ma nel frattempo alcuni clienti Usa hanno denunciato la banca per violazione del segreto bancario, per la trasmisssione di dati a Berna. Ubs è tra l'incudine ed il martello. Kurer ha difeso il segreto bancario ma non ha nascosto la preccupazione. A fianco di Kurer c'era il Ceo Marcel Rohner ed altri manager, ma non Sergio Marchionne, a.d. Fiat e vice presidente indipendente di Ubs. Fiat ha precisato che Marchionne era assente a causa di impegni improcrastinabili, ma il fatto che il manager italo-canadese mancasse ha inevitabilmente suscitato l'attenzione di molti. Nel dopo assemblea alcuni analisti si sono chiesti se il fatto possa segnare o meno una parziale presa di distanze dall'attuale gestione Kurer. Sul versante della politica di limitazione dei bonus, oggetto di una relazione di Kurer, c'è da registrare l'aumento della somma relativa a rinunce o restituzioni da parte di ex manager. Al momento la cifra complessiva recuperata dalla banca è vicina ai 70 milioni di franchi, ma vi sono trattative in corso con altri ex dirigenti. 27 novembre 2008 Mutui: con il tasso Bce la rata non cambia di Rossella Bocciarelli La "soluzione 4%" per i mutui a tasso variabile prevista dal provvedimento anti-crisi varato venerdì sera potrà forse essere un vantaggio per chi ha già acceso un mutuo prima casa e da oggi sa che nel 2009 potrà contare su un tetto massimo per le sue rate, perché la differenza di costo è a carico dell'Erario (sotto forma di credito d'imposta per le banche). Non è detto, tuttavia, che il meccanismo definito nelle nuove norme risulti altrettanto conveniente per chi si presenterà in banca a partire da gennaio prossimo, deciso a sottoscrivere un mutuo a un tasso variabile ancorato al saggio refi Bce (attualmente al 3,25%) e non più all'Euribor (attualmente oscillante tra il 3,65% e il 3,95% a seconda della durata). Il provvedimento, infatti, prevede esplicitamente questa soluzione come opzione per il risparmiatore: «A partire dal primo gennaio 2009, le banche che offrono alla clientela mutui garantiti da ipoteca per l'acquisto dell'abitazione principale devono assicurare ai medesimi clienti la possibilità di stipulare tali contratti a un tasso variabile, indicizzato al tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale e della Banca centrale europea». Ma nel testo di legge si aggiunge anche che «il tasso complessivo applicato in tali contratti è in linea con quello praticato per le altre forme di indicizzazioni offerte». In sostanza, il tasso complessivo resterà nella discrezionalità della banca, che deve seguire le condizioni prevalenti sul mercato per realizzare la raccolta obbligazionaria a fronte del mutuo. Il cliente che va in banca all'inizio dell'anno prossimo, quindi, dovrà valutare con molta attenzione se è più conveniente un mutuo ancora agganciato al tasso Euribor (che dopo il picco registrato nei mesi scorsi, quando era massima la rarefazione degli scambi sull'interbancario, ha ripreso a scendere) ma con uno spread basso, o se è meglio sottoscrivere un nuovo mutuo ancorato al tasso refi Bce ma magari con un onere aggiuntivo di 150 punti base di spread. Il ministro dell'Economia, del resto, lo ha spiegato con chiarezza: ciò che viene garantito dalle nuove norme è il diritto a chiedere, quando si sottoscrive il mutuo a tasso variabile, un tasso di riferimento più basso: «Su questo tasso, poi – ha detto Tremonti – la banca può fare il prezzo che vuole, ma lo deve dichiarare». Dunque, ci si può guadagnare in trasparenza, ma non necessariamente in denaro sonante. Senza contare il fatto che, come hanno fatto notare ieri alcune associazioni consumeriste, nel corso del 2009 il costo delle rate è comunque destinato a scendere sotto il 4 per cento. E che, semmai, sempre a causa della recessione in arrivo, chi potrebbe trovarsi in difficoltà, sono i debitori a tasso fisso, che hanno sottoscritto mutui al 6-7 per cento. «Probabilmente, questo tipo di provvedimento è arrivato fuori tempo massimo», osserva Paolo Martinello, presidente di Altroconsumo. «Oramai il problema non è più l'inflazione che sale ma la recessione in arrivo. Meglio sarebbe stato – conclude – se il Governo avesse scelto di stanziare fondi per chi improvvisamente le rate del mutuo non riesce a pagarle, perché ha perso il lavoro». 30 novembre 2008 www.lavoce.info FLEX-INSECURITY, DALLA FLESSIBILITA' ALLA PRECARIETA' di Fabio Berton , Matteo Richiardi e Stefano Sacchi 28.11.2008 A dicembre scadranno oltre 300mila contratti atipici. In tempi normali la stragrande maggioranza viene rinnovata dalla medesima azienda. Ora, con la recessione, c'è il rischio che i rinnovi calino e sia più lungo il periodo di disoccupazione per i lavoratori. Una larga percentuale non potrà beneficiare delle prestazioni di disoccupazione perché le regole di accesso penalizzano le carriere discontinue e i salari bassi. Occorrono sussidi di tipo assistenziale, soggetti alla prova dei mezzi. E in prospettiva, uno schema di mantenimento del reddito di stampo universalistico. Quanti sono i contratti che scadranno a dicembre? Quanti dei lavoratori che perderanno il lavoro saranno coperti dall'indennità di disoccupazione? I risultati di una nostra recente ricerca su perché in Italia la flessibilità del lavoro diventa precarietà ci aiutano a rispondere a queste domande. (1) QUANTI CONTRATTI SCADONO A DICEMBRE? Quanti contratti scadono a dicembre? La risposta alla domanda non è immediata, perché la scadenza dei contratti la conoscono solo le imprese e i lavoratori coinvolti. Negli ultimi giorni è circolata qualche stima di massima. Per ottenerne una più precisa, dividiamo il numero di occupati in ciascuna forma contrattuale per la durata media del contratto. (2) Otteniamo così il numero di contratti in scadenza ogni mese. Dicembre è però un mese speciale: dai dati Whip sappiamo infatti che in genere a dicembre scadono il 40 per cento dei contratti in più della media di tutti i mesi dell’anno. Correggendo per questo fattore otteniamo dunque la nostra stima, riportata nella tabella 1. (a): stima riferita al 2003, quando i Cfl erano possibili anche nel settore privato. Oggi sono possibili solo nella pubblica amministrazione. Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat (Rcfl 2007, colonne 1 e 2), Whip (colonne 3, 4 e 5). I dati ci dicono che in totale gli occupati con contratti di durata prefissata sono 2.574.642 e dunque, secondo i nostri calcoli, quelli con contratto in scadenza a dicembre 2008 sono circa 305mila. (3) Si tratta di oltre 10mila apprendisti, 193mila dipendenti a tempo determinato, 16mila somministrati, 64mila collaboratori coordinati e a progetto. In tempi normali, avrebbero aspettato - in assenza di un passagio diretto a un nuovo lavoro o di un rinnovo - in media dai nove mesi dei somministrati agli oltre diciannove dei collaboratori prima di trovare un nuovo lavoro. Spesso però il loro contratto veniva rinnovato dalla stessa impresa: nell’84 per cento dei casi per i somministrati e per oltre il 50 per cento dei casi per i collaboratori. (4) Ora, con la recessione che avanza, c'è il rischio che la quota dei rinnovi sia inferiore e più lunga la durata della disoccupazione successiva. QUANTI SONO COPERTI DALL'INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE? La nostra ricerca mostra che molti di questi lavoratori affronteranno i tempi difficili che si annunciano all’orizzonte senza alcuna rete di protezione sociale. E questo non vale solo per i lavoratori parasubordinati, considerati autonomi dal punto di vista previdenziale, e dunque senza diritto alle prestazioni di disoccupazione. Come mostra l’ultima colonna della tabella, secondo le nostre stime, non sarà coperto dai sussidi di disoccupazione neanche il 38 per cento dei lavoratori a tempo determinato (diventa il 47 per cento per quanti sono part-time), quasi il 50 per cento dei somministrati/interinali (il 63 per cento tra i part-time) e quasi l’80 per cento degli apprendisti. I particolari requisiti necessari per accedere ai sussidi, escludono infatti molti lavoratori con una storia lavorativa limitata o frammentata. In assenza di sussidi di disoccupazione di tipo assistenziale, o di uno schema generalizzato di reddito minimo, l’inverno per questi lavoratori si preannuncia davvero rigido. Come siamo arrivati a queste cifre? Abbiamo considerato tutti i lavoratori dipendenti del settore privato presenti nella base dati Whip nell’ultimo mese dell’ultimo anno disponibile, dicembre 2003, e ne abbiamo ricostruito la storia contributiva. Abbiamo quindi applicato alle storie contributive individuali le regole per l’accesso alle prestazioni di disoccupazione. (5) E abbiamo verificato quanti lavoratori a dicembre 2003 ne avrebbero effettivamente beneficiato, sia a requisiti pieni, sia a requisiti ridotti. (6) Dal 2003 a oggi, le regole per accedere alle prestazioni non sono cambiate e, pertanto, i tassi di accesso alle indennità possono essere aumentati da allora soltanto se le carriere dei lavoratori sono più continue a parità di salari reali, se i salari reali sono più elevati a parità di profili di carriera, o entrambe le cose. I nostri risultati mettono in guardia anche da ingenue estensioni del sussidio di disoccupazione ai lavoratori parasubordinati, così come è avvenuto nel 2007 con l’indennità di malattia. Secondo nostre stime, se applichiamo le regole di accesso alle prestazioni di malattia alle storie contributive dei parasubordinati, vediamo che il 38 per cento di loro, pur formalmente coperto, non riuscirebbe a ottenerle, a causa del meccanismo dei requisiti contributivi e del metodo di calcolo e accreditamento delle mensilità contributive. Ancora più grave la stima relativa all’indennità di maternità per le lavoratrici parasubordinate, preclusa al 46 per cento di loro. Se l’estensione dell’indennità di disoccupazione ai parasubordinati avvenisse utilizzando i requisiti di contribuzione previsti per le indennità di malattia e maternità, in apparenza piuttosto blandi (tre mesi di contribuzione superiore ai minimi negli ultimi dodici), il 40 per cento di questi lavoratori ne resterebbe escluso. Che fare? Occorrono sussidi di disoccupazione di tipo assistenziale, soggetti alla prova dei mezzi. E in prospettiva, uno schema di mantenimento del reddito di stampo universalistico in caso di disoccupazione. In un mercato del lavoro come quello italiano, in cui i lavoratori atipici hanno salari inferiori ai tipici e carriere lavorative più discontinue, prestazioni sociali di tipo assicurativo non possono funzionare. (1) Fabio Berton, Matteo Richiardi e Stefano Sacchi, “Flex-insecurity. Perché in Italia la flessibilità del lavoro diventa precarietà”, volume in uscita nel 2009. (2) Fonte: dati Rcfl Istat, 2007. (3)Dal computo dello stock di occupati con contratto di durata prefissata abbiamo escluso circa 35mila lavoratori che dichiarano di essere “a termine”, ma di non conoscere la forma contrattuale con la quale lavorano, nonché i lavoratori senza contratto; all’interno di questi ultimi, Istat ne attribuisce circa 140mila alla categoria dei lavoratori con contratto di durata prefissata. Una stima meno conservativa dello stock di questi lavoratori, sempre basata sui dati Rcfl 2007 dell’Istat, potrebbe pertanto arrivare a 2.750.000, di cui circa 330mila in scadenza a dicembre. (4) Nostre stime su dati Plus. (5) Whip è costruita sui dati amministrativi dell’Inps, dunque le storie contributive che abbiamo ricostruito sono quelle reali. (6) Non prendiamo in considerazione l’indennità di mobilità né la cassa integrazione guadagni: tali prestazioni sono infatti soggette a valutazioni discrezionali da parte dell’autorità pubblica e non configurano pertanto diritti soggettivi in capo al lavoratore. www.loccidentale.it Le misure del decreto legge Tetto per i mutui e bonus famiglia. Arriva il pacchetto anticrisi di Luca Pautasso 28 Novembre 2008 Contro la crisi economica arriva il tanto atteso Decreto Legge “ad hoc” del Consiglio dei Ministri. E’ stato varato stamane, esattamente due giorni dopo la presentazione delle “social card” pensate per soccorrere il Natale di 1 milione e 300mila italiani in difficoltà, il documento che contiene al suo interno tutte le misure pianificate dall’esecutivo in contrasto alla difficile impasse economica attraversata dal Paese. L’elemento principale del Dl è la conferma da parte del Governo del cosiddetto bonus straordinario destinato a famiglie, lavoratori e pensionati non autosufficienti, già annunciato nei giorni scorsi: poco meno di 2 milioni e mezzo di euro stanziati per venire in aiuto di quasi 8 milioni di cittadini. Il bonus, il cui importo potrà variare caso per caso da un minimo di 200 ad un massimo di 1000 euro, verrà concesso anche alle famiglie con portatori di handicap a carico, e con un reddito annuale fino a 35mila euro. Sarà erogato nel febbraio del 2009, come ha spiegato il ministro delle finanze Giulio Tremonti nella conferenza stampa di stamane, tramite sostituti d’imposta ed enti pensionistici. Per ottenere il bonus occorrerà presentare domanda entro il prossimo 31 gennaio. Il Decreto legge fissa poi al 4% il tetto relativo ai mutui a tasso variabile già accesi. Per quelli stipulati a partire dal 1° gennaio 2009, invece, i tassi dovranno essere indicizzati a quello della Banca Centrale Europea. Il Consiglio dei Ministri ha inoltre deciso che, per pagare la quota di interessi eccedente il 4% fissato dal Dl, interverrà direttamente lo Stato. «Niente più detassazione degli straordinari» annuncia Tremonti. Mentre l’economia italiana ed internazionale si trovano ad attraversare una fase non positiva, ha infatti spiegato il ministro, la detassazione degli straordinari «può essere lasciato da parte». Se ne riparlerà forse in un prossimo futuro, ha detto il titolare del dicastero all’economia, con la ripresa economica. Continueranno a restare invece esenti da tasse premi di produzione e gli incentivi per redditi fino a 35mila euro l’anno, a fronte dei 30mila contemplati fino invece ad oggi, mentre viene raddoppiata quella parte del reddito su cui è possibile applicare gli sgravi: dagli attuali 3mila euro annui, la quota passerà infatti a 6mila. Assieme ad una riduzione del 3% degli acconti Irpef e Irap arriva poi anche la sospensione per tutto il 2009 del meccanismo degli adeguamenti automatici delle tariffe al tasso d’inflazione: il Dl dispone infatti che, per il prossimo anno, resti sospesa «l’efficacia delle norme statali che obbligano o autorizzano organi dello Stato ad emanare atti aventi ad oggetto l’adeguamento dei diritti, contributi o tariffe a carico di persone fisiche o persone giuridiche in relazione al tasso di inflazione ovvero ad altri meccanismi automatici». Il CdM dà l’ok anche alla sottoscrizione da parte del Ministero dell’Economia di obbligazioni bancarie speciali: il doppio fine del provvedimento, com’è stato illustrato stamane, è quello da una parte di consentire all’economia italiana un adeguato flusso di finanziamenti, dall’altra di garantire un buon livello di patrimonializzazione agli istituti bancari. Termine entro il quale il Ministero sarà autorizzato a sottoscrivere le obbligazioni speciali: 31 dicembre 2009. Sottoscrizione però vincolata al fatto che, per parte loro, le banche adottino un particolare codice etico. Ma dal Governo arrivano anche 80 miliardi di euro per potenziare le infrastrutture: serviranno innanzitutto alla messa in sicurezza degli istituti scolastici, un tema portato alla ribalta in questi giorni dai tragici eventi che nel torinese hanno portato alla morte di un giovane studente liceale travolto dal crollo della propria classe, ed al ferimento di altre 17 persone. Lo stanziamento speciale servirà anche per carceri, musei, risanamento ambientale, opere archeologiche e, non ultimo, investimenti nel campo dell’innovazione tecnologica. E’ stata stabilita inoltre l’erogazione di 960 milioni in favore degli investimenti del Gruppo Ferrovie dello Stato per il prossimo anno, nonché 40 milioni annui, dal 2009 al 2011, per la sottoscrizione da parte di Stato e Regioni di nuovi contratti di servizio con Trenitalia. «Questo provvedimento – dichiara il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in riferimento ai contenuti del Decreto legge approvato oggi – è stato possibile solo perché c’è stata la Finanziaria triennale anticipata. Non è giusto dire che quella Finanziaria non fosse adatta e non prevedesse la crisi economica: è vero esattamente il contrario» ha detto Tremonti, il quale ha poi inoltre assicurato che, anche a seguito delle recenti decisioni, l’Italia non sforerà i parametri di Maastricht. Quanto ci costano i "messaggini" La UE vuole abbassare il prezzo degli sms ma i gestori non ci stanno di Pietro Maria Paolucci 27 Novembre 2008 Oggi, mentre i ministri europei delle telecomunicazioni dovrebbero dare il via libera al tetto massimo di 11 centesimi per inviare sms dall’estero con i telefoni cellulari, le compagnie telefoniche provano a demolire il mercato unico europeo. Questa la conclusione a cui si giungerebbe leggendo le cifre riportate sul sito web della Commissione europea dedicato al roaming nell’Unione europea anche se dall’estate prossima si dovrebbe già applicare una nuova tariffa. Siccome le compagnie di telefonia ne sanno una più del diavolo, non è che ci si fidi molto. Dal 30 giugno 2007, infatti, è in vigore un Regolamento che ha imposto una decisa riduzione delle tariffe sul roaming intracomunitario: tale Regolamento, però, non riguarda i messaggi di testo – sono circa 2,5 miliardi gli SMS che vengono inviati ogni anno nell’Unione europea – e i servizi di trasmissione dati sempre in roaming. La prima conseguenza è che i suddetti servizi costano oltre dieci volte di più di quelli nazionali. Tutto ciò evidenzia come gli inviti della Commissione europea alle compagnie telefoniche, circa un’autoriduzione delle tariffe, siano rimasti inascoltati: soltanto un operatore in Austria ha provveduto a offrire tariffe migliori ai suoi clienti e non, come dice il Presidente Calabrò, che, sul fronte dei costi “è in Italia che ci sono i prezzi per i consumatori più bassi d’Europa”. Infatti l’operatore austriaco ha reagito all'invito della Commissione a favore di tariffe migliori e ha offerto a partire dal 16 giugno un pacchetto di 100 SMS a 0,10 euro per messaggio inviato in roaming pur sapendo che i prezzi dei servizi di trasmissione di dati in roaming variano fra 0,25 e 16 euro per MB (IP/08/1048 ). Tra ottobre 2007 e marzo 2008 il costo medio di un SMS inviato in roaming nell’Unione europea è stato di 0,29 euro: purtroppo con variazioni molto significative tra compagnie e nazioni diverse, variazioni che possono assumere la connotazione di vere e proprie brutte sorprese nel caso dei servizi di trasmissione di dati. I cittadini dell’Unione europea devono essere liberi di mandare SMS all’estero senza pagare un capitale. Le tariffe per il roaming sono già costate fin troppo ai clienti della telefonia mobile, soprattutto al 77% dei giovani che mandano SMS con il cellulare quando sono all’estero. Tanto per rammentare secondo l'ERG (il gruppo dei regolatori europei) sarebbe adeguato fissare un prezzo massimo compreso fra 11 e 15 centesimi per SMS. Nel nuovo sito web della Commissione Ue sul roaming, per fare luce sui prezzi attualmente fatturati ai clienti che usano il cellulare per inviare SMS o navigare su internet all'estero in uno dei 27 Stati membri dell'UE vengono presentati alcuni esempi: un cliente francese che questa estate invia un SMS in roaming durante le vacanze in Italia potrebbe pagare fino a 0,30 euro, mentre un turista ceco in Italia pagherebbe 0,42 euro (10 CZK). In Spagna, un turista svedese pagherebbe fino a 0,40 (3,79 SEK) per messaggio, un tedesco 0,41 euro, un polacco 0,45 (1,50 ZL) e un turista del Regno Unito addirittura 0,63 euro (0,40 GBP); il prezzo medio degli SMS nell'UE è rimasto invariato da febbraio, quando la commissaria Reding aveva invitato gli operatori ad abbassare volontariamente le tariffe. Un messaggio di testo inviato in roaming continua a costare circa 0,29 euro (IVA esclusa) ma può raggiungere 0,80 euro per i clienti belgi. Questi prezzi sono oltre dieci volte superiori al prezzo per l'invio di SMS nazionali, che secondo un nuovo studio del regolatore danese (agenzia nazionale IT e telecomunicazioni) può costare anche solo 0,034 euro. La cosa vera è che bisognerà garantire un consistente e strutturale progresso nelle condizioni dei mercati all’interno del mercato interno europeo. www.opinione.it L’istituto pubblica un nuovo bando per 240 assunzioni Ice, un ente che vive fuori dalla realtà di Domenico Staltari In questi giorni in tutte le edicole appare in bella evidenza il bando di concorso per 107 funzionari di livello C1 per l’Istituto nazionale per il Commercio Estero (ICE). E quelli in arrivo all’ICE sono proprio una valanga: l’Istituto starebbe per bandire altri concorsi per la qualifica di impiegato e anche per individuare dei nuovi dirigenti, come se non bastassero quelli esistenti, oltre 50. Per un ente di non grandissime dimensioni il rapporto è più o meno di 15 dipendenti per ciascun dirigente. Il tutto per un totale di circa 240 nuove assunzioni. In tempi di tagli necessari alle forze dell’ordine, alla scuola e nella giustizia, si tratta davvero di un bel lusso. Occorre invece notare che l’attuale gestione dell’Istituto sta ponendo in essere comportamenti che destano preoccupazioni. La legge finanziaria per il 2009 riduce l’appannaggio di circa 22 milioni di euro per le spese fisse di mantenimento della struttura, al netto di quelle destinate all’attività di promozione delle imprese: l’Ice di fatto si ritroverebbe dunque con risorse per 83 milioni di euro contro un fabbisogno di 112 per la sua gestione istituzionale. Ma l’amministrazione di questo Istituto continua a pubblicare bandi di concorso. Occorre anche ricordare – come già segnalato in passato da questo giornale – che nel tempo i compiti dell’ICE non sono andati accrescendosi, bensì riducendosi: da tempo l’Istituto non svolge più le funzioni legate ai controlli ortofrutticoli, passati all’Agecontrol SpA, sebbene si ritrovi addirittura ancora a proprio carico gli stipendi degli agronomi che in passato dovevano espletarli, e che attualmente si ritrovano ancora in servizio presso l’Istituto praticamente da impiegati sovrapagati come professionisti. Da tempo vengono presentate anche delle interrogazioni parlamentari in proposito. Ma gli sprechi di questo ente, che dovrebbe invece aiutare le piccole e medie imprese italiane ad affrontare le grandi difficoltà legate alla globalizzazione, non finiscono di certo qui. Esiste infatti una società di informatica – la RITSPA, RetItalia internazionale SpA – di cui l’ICE detiene la maggioranza del 60% delle azioni e di cui, soprattutto, è assolutamente l’unico cliente. Di questa società a maggiroanza pubblica, inoltre, non è possibile reperire facilmente alcuna informazione nemmeno attraverso internet. Viene dunque da chiedersi perché mai la RITSPA non vada anche sul mercato a cercare altri clienti, ed anche perché mai l’Istituto non bandisca una gara per far sì che i servizi da essa forniti siano fruiti ad un prezzo migliore. In fondo, si tratta pur sempre di soldi del cittadino. Prima di allargare a dismisura il proprio organico l’ICE dovrebbe domandarsi perché mai soltanto il 5% circa delle imprese italiane si rivolge a questo Istituto, considerando anche che è in cantiere una riforma prima della quale sarebbe più prudente ed opportuno non appesantire la propria struttura e soprattutto il bilancio dello Stato, perché soltanto allora si saprà con certezza che cosa deve fare l’Ente, e soprattutto con quali risorse e con quale veste giuridica. La crisi economica, il potere politico e il pressing dei portatori di interessi di Giorgio Arfaras Quando è scoppiata la crisi dei mercati finanziari non si vedeva ancora che le politiche economiche di prima battuta, il taglio dei tassi d’interesse e l’assorbimento dei titoli “cattivi” da parte della banca centrale, da sole non bastavano. I titoli e gli articoli dei giornali erano concentrati sulle bizzarrie della finanza, che era liquidata nella maggioranza dei commenti come “economia di carta”, da contrapporre a quella “vera”, fatta di sudore e bulloni. Questa contrapposizione non si trovava negli scritti degli economisti di professione, ma nei commenti dei politici e degli imprenditori. Il tono in questo primo periodo è “moralistico”, si sottolinea la troppa avidità, la mancanza di radici nelle buone cose concrete, eccetera. Quando diventa evidente che le politiche varate dai corpi non eletti, come le banche centrali, non bastano, si afferma che potrebbero essere efficaci quelle varate dai corpi eletti, ossia le politiche fiscali. Questo avviene perché si teme che la crisi possa allargarsi da un solo settore, quello finanziario, a più settori. La riesumazione della politica fiscale come lo strumento della salvezza si trova negli scritti di moltissimi economisti di professione, e nei commenti dei politici e degli imprenditori. I politici vedono allargare il proprio campo di influenza, mentre gli imprenditori intravedono una maggiore domanda per le proprie imprese. Il tono in questo secondo periodo è “apocalittico”, si ricorda la terribile crisi degli anni Trenta e la necessità di evitarla, ecc. Prima della crisi, la politica e l’economia vivevano in mondi abbastanza separati. Ora, invece, la politica sembra prendere il sopravvento. Poche voci critiche si levano contro questo ritorno in forze della politica, mentre gli eventi incalzano. Non sembra sufficiente dire che la gravità della crisi non lascia spazio alle sottigliezze della teoria, è facile che vi siano un abito mentale e corposi interessi che favoriscono il ritorno della politica. Nei tempi antichi la politica era l’economia. Solo il potere centrale poteva, nei Paesi la cui vita dipendeva dal controllo delle flusso delle acque, organizzare tutti i lavori necessari. Il Faraone in Egitto ed il Figlio del Cielo in Cina erano il simbolo della forza e dell’efficacia della pianificazione. Dovendo solo regolare il corso del Nilo, in una economia semplice composta dall’agricoltura e dai lavori pubblici, come quelli per costruire le piramidi, il Gosplan, il Ministero della Pianificazione, funzionava. Nei tempi moderni l’economia, diventata complessa, si è, poco alla volta, staccata dalla politica. Le banche centrali sono diventate autonome, le imprese pubbliche si sono ridotte, e la gran parte della vita economica si auto regola. Poi ecco che arriva la crisi finanziaria ed i politici si vedono, ma sono anche visti, come i re di Francia che guarivano gli scrofolosi solo che li si baciasse l’anello, i “re taumaturghi” appunto. Il grande entusiasmo che ha circondato la vittoria di Barack Obama, il prodotto del multi culturalismo e delle grandi università statunitensi, il giovane uomo che può cambiare in meglio il mondo, è una riedizione delle credenze medioevali. I politici possono produrre risorse “dal nulla”. Possono ridurre le imposte e spingere i consumi, oppure spingere i consumi grazie al reddito degli occupati nelle attività messe in movimento dalla spesa pubblica. Possono risollevare le sorti economiche, perché possono finanziarsi “battendo” obbligazioni. Il punto non è questo. Se la politica monetaria smette di funzionare si usa per qualche tempo quella fiscale. Il punto è il lascito delle politiche fiscali medesime. Quante obbligazioni vengono emesse, quali imprese sono favorite. Il punto è allora la misura e l’equità della politica fiscale. Nelle crisi i gruppi organizzati hanno molta “voce”, mentre quelli non organizzati tacciono. I gruppi non organizzati sono, ovviamente, i cittadini non ancora nati, che dovranno pagare un giorno le imposte sul maggior debito pubblico, e gli occupati dei settori polverizzati, quelli che non possono usufruire di buone uscite e di casse integrazioni. Non avendo questi ultimi gruppi voce, la politica fiscale finisce per diventare facilmente “corporativa”, non “universalista”. Abiti mentali atavici, il politico visto come un semi dio, e corposi interessi, ricevono più risorse di quelle che oggi come oggi il mercato da solo gli darebbe, si combinano, fra credulità e cinismo, nel chiedere al Faraone l’apertura dei granai. www.occamrazor.eu GLI GNOMI “SCARICANO” GLI ASSET PROBLEMATICI SULLA BANCA CENTRALE Sarcastico consenso al salvataggio di Ubs di Alessandra Mieli Giornata difficile per i vertici di Ubs. L’assemblea straordinaria di Ubs svoltasi a Lucerna, la terza quest’anno, ha approvato, ma non senza dichiarati mal di pancia, il piano di intervento della Confederazione elvetica e della Banca nazionale svizzera a sostegno della banca svizzera. Il piano prevede l’emissione di un massimo di 365 milioni di azioni per la conversione di obbligazioni convertibili per 6 miliardi di franchi. Numerosi piccoli azionisti hanno contestato vivacemente il fatto che un manager della banca, Rainer-Marc Frey, attivo negli hedge fund ed eletto nel cda di Ubs a inizio ottobre, abbia venduto azioni Ubs per 17,7 milioni di franchi. “Bisogna comprare azioni Ubs e non venderle”, ha detto in azionista di 85 anni con il cappello di paglia tipico del suo cantone (Argovia), che ha aggiunto polemicamente “di non essere uno zurighese della Bahnhofstrasse”, la strada dove sono ubicate le principali banche elvetiche. Non meno sarcastici gli applausi entusiastici che si sono levati quando il Presidente Peter Kurer ha comunicato che il direttorio e il presidente del cda non riceveranno alcun bonus per il 2008 Da registrare il fatto che finora gli ex manager di Ubs hanno restituito (volontariamente) bonus per 70 milioni di franchi. In particolare l’ex presidente del direttorio Peter Wuffli ha resto spontaneamente 12 milioni di franchi, tre ex membri esecutivi del cda, Marcel Ospel, Stephan Heringer e Marco Suter hanno restituito complessivamente 33 milioni di franchi mentre altri ex alti dirigenti hanno rinunciato a 22 milioni di franchi. Comunque, “a partire dal 2009 gli stipendi saranno costituiti da una componente salariale fissa - ha spiegato Kurer - un pagamento in contanti variabile e una partecipazione azionaria variabile che sarà basata su un sistema bonus-malus”. Ma quello che conta davvero è che, nonostante le puntualizzazioni di Kurer, molti abbiamo letto il piano di salvataggio come uno “scaricare” i problemi del colosso svizzero del credito sulla Bns (Banca nazionale elvetica). Di fatto Il pacchetto della salvezza della Confederazione e della Bns si compone di due elementi: una transazione con la Bns e un’emissione di obbligazioni a conversione obbligatoria sottoscritte dalla Confederazione. Con la Bns è stato concluso l’accordo per trasferire valori che eufemisticamente sono stati definiti “problematici” di Ubs, per un totale fino a 60 miliardi di dollari, in una nuova società veicolo. Questo, ha detto Kurer, ci permette “di sgravare il nostro bilancio da rischi di notevole portata”. In particolare per quanto riguarda le posizioni di rischio legate al mercato immobiliare Usa. L’operazione farà sì che su questi valori patrimoniali Ubs non dovrà iscrivere a bilancio altre svalutazioni o perdite (finora Ubs ne ha registrate per circa 46 miliardi di dollari). La società veicolo sarà finanziata da Ubs fino a 6 miliardi di dollari. La parte restante sarà finanziata mediante un prestito di Bns, che avrà un ammontare massimo di 54 miliardi. Kurer ha poi precisato che la Confederazione “si è dichiarata disponibile a sottoscrivere obbligazioni a conversione obbligatoria per un totale di 6 miliardi di franchi”, che Ubs ha voluto raccogliere come fondi supplementari. I titoli scadono dopo 30 mesi dall’emissione e hanno una cedola del 12,5%. www.wallstreetitalia.com Banca Italease: salta accordo con i tedeschi di Dz Bank di ANSA Da Patto linee per 2 mld per sostenere finanziariamente gruppo MILANO 30 NOV- Salta l'accordo tra Banca Italease e Dz Bank e i soci pattisti dell'istituto di leasing scendono in campo con linee di credito da 2 mld euro. E' quanto emerge da un comunicato che segue la riunione straordinaria del consiglio d'amministrazione di Banca Italease, in cui si rende noto il recesso di Dz Bank dalla lettera d'intenti siglata lo scorso 10 ottobre. In particolare, spiega la nota, il recesso di Dz Bank e' 'presumibilmente da ricondursi alle attuali incertezze del mercato'. CITIGROUP, CHE SCANDALO DI SALVATAGGIO di Luigi Zingales Il danno per i contribuenti americani (e anche per gli investitori di tutto il mondo) è che con il suo comportamento il governo Usa ha minato le regole del capitalismo. E trasformato la borsa in una ricevitoria di scommesse. Il titolo Citigroup ha festeggiato con un rialzo del 58% il piano di salvataggio del Governo Usa, ma i contribuenti americani non hanno nulla di cui rallegrarsi. Il conto del piano Paulson continua ad allungarsi: il Governo non solo inietta altri 20 miliardi di dollari di capitale (dopo i 25 già versati), ma si sobbarca un costo di almeno altri 60 miliardi per le garanzie sugli asset a rischio. Lo Stato Usa, infatti, assume su di sé il 90% delle perdite al di sopra di 29 miliardi di dollari su 306 miliardi di prestiti di Citi. Ma più ancora che il costo in maggiori imposte future, il danno per i contribuenti americani (e anche per gli investitori di tutto il mondo) è che con il suo comportamento il Governo di Washington ha minato le regole fondamentali del capitalismo e trasformato la Borsa in una ricevitoria di scommesse sulle azioni del Governo. Ha minato le regole perché ha deciso i salvataggi non i base a criteri di merito, ma nell'ipotesi più generosa a caso, e in quella più maligna sulla base delle simpatie personali. E ha trasformato la Borsa in una casa da gioco perché qualsiasi analisi fondamentale sui titoli viene stravolta dalle azioni di un Governo che cambia le sue decisioni una volta alla settimana. Non conta chi ha gestito il suo patrimonio in maniera oculata. Chi è stato prudente. Chi non ha assunto rischi in modo eccessivo. Conta chi è nei favori del potere politico. Una delle funzioni essenziali della Borsa è quella di raccogliere informazioni per indirizzare in modo opportuno l'allocazione di risorse. Con i suoi continui ed erratici interventi il Governo americano ha distrutto questo funzione. Oggi a Wall Street si scommette solo su cosa farà Henry Paulson durante il weekend. Molti scriveranno che il salvataggio era doloroso ma inevitabile. Che senza un intervento statale sarebbe stato il caos. Ma mentono, per ignoranza o per complicità. Negli Stati Uniti esiste una procedura molto chiara per rilevare le banche in crisi. Quando un istituto viene dichiarato insolvente, non viene necessariamente liquidato: la Federal deposit insurance corporation (Fdic) ne assume il controllo e la gestisce per recuperare il massimo possibile per i creditori. Può vendere le attività a pezzi o ristrutturare l'intera banca e riprivatizzarla. In questa procedura i depositanti vengono pagati in toto (grazie alla garanzia del Governo), mentre gli altri creditori no. Dipende dal valore di realizzo dell'attivo. Questa procedura ha sempre funzionato ottimamente in tutti i casi fin qui sperimentati e i depositanti, perfettamente tutelati, non hanno perduto accesso ai loro risparmi neppure per un giorno (la mia fiducia nell'Fdic è anche dimostrata dal fatto che, pur sospettandone il collasso imminente, non ho spostato il mio conto corrente da Citigroup). Ma se il Governo avrebbe comunque assunto il controllo di Citigroup, qual è la differenza tra quello che sarebbe stato auspicabile e il piano di Paulson? 1.140 miliardi di dollari. Questa è infatti la somma del debito e delle altre passività diverse dai depositi. Salvando Citigroup il Governo ha di fatto garantito questi 1.140 miliardi, di cui altrimenti i creditori avrebbero recuperato solo una frazione. Nel caso di Lehman i creditori hanno ricevuto solo 7 cents per ogni dollaro di valore nominale del titolo. Se così fosse stato anche per Citigroup, si tratta di un trasferimento di mille miliardi dai contribuenti americani ai vari creditori della banca. Perché? Il dubbio diventa ancora più atroce di fronte al fallimento di Lehman e al rifiuto del Congresso (almeno per il momento) a salvare General Motors. Perché Citigroup sì e Gm no? Già dopo il salvataggio di Aig avevo dichiarato la fine del modello americano di capitalismo. Un modello basato sul merito e la responsabilità. Purtroppo avevo ragione. Il sistema americano sta sempre più scivolando verso l'assistenzialismo e la discrezionalità politica. Copyright © Il Sole 24 Ore. All rights reserved FBI E DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA TORCHIANO UBS di WSI Mentre l'elite dell'arte sta per confluire a Miami Beach (il colosso svizzero e' sponsor di Art Basel) prosegue la maxi-indagine. L'accusa? Aver aiutato 17.000 americani ad evadere le tasse, portando decine di miliardi offshore. Enorme tensione CH-USA. Mentre l'elite dell'arte contemporanea sta per confluire da tutto il mondo a Miami Beach in hotel di lusso come il Setai, il Mandarin, il Delano, per l'inaugurazione il prossimo 2 dicembre di Art Basel, il principale sponsor di questa fiera d'arte globale, il colosso svizzero UBS resta al centro di un'indagine gigantesca e senza precedenti da parte dell'Fbi e del governo degli Stati Uniti. L'accusa di Washington? UBS ha aiutato migliaia di americani facoltosi (tra i 17.000 e i 19.000) a non pagare le tasse, canalizzando in paradisi fiscali e centri offshore decine di miliardi di dollari. Almeno 60 private bankers UBS sono coinvolti. E qualcuno sta "cantando", spifferando ai "federali" segreti che avrebbero dovuto rimanere tali. Intanto, la tensione tra la discreta Svizzera e gli Stati Uniti con voglia di trasparenza, e' sempre piu' forte. ALERT: L'EURIBOR RICOMINCIA A SALIRE di Maximilian Cellino Molta preccupazione sui mercati. Non tanto perché è il primo aumento dopo un mese e mezzo di continue discese, quanto perché il salto è stato piuttosto rilevante (22 punti base, dal 3,39% al 3,61%). Che e' successo? Ha destato non poco stupore (e preoccupazione fra chi ha un mutuo a tasso variabile) il rialzo dell'Euribor a un mese al fixing di questa mattina. Non tanto perché è il primo aumento dopo un mese e mezzo di continue discese, quanto perché è stato piuttosto rilevante (22 punti base, dal 3,39% al 3,61%) ed è avvenuto in controtendenza con altre scadenze importanti (il tasso a 3 mesi ha continuato oggi a scendere dal 3,90% al 3,88%). Il movimento anomalo, però, ha dietro di sé motivazioni squisitamente tecniche e si ripresenta ogniqualvolta si approssima la fine dell'anno. Le banche che prestano il denaro interbancario sono infatti disponibili, per questioni di semplificazioni contabili, ad accettare una remunerazione inferiore se il prestito rientra entro il 31 dicembre. Quindi, fintanto che la scadenza dell'Euribor a 1 mese cade entro fine anno, il tasso si mantiene relativamente basso e tendente all'overnight. Nel momento in cui si scavalca l'anno solare (ciò che sta avvenendo i questi giorni, visto che manca un mese al termine), chi dà a prestito il denaro richiede un adeguamento di remunerazione e il tasso si avvicina a quello delle scadenze successive (2 e 3 mesi in primis). Molti risparmiatori ricorderanno probabilmente che qualcosa di simile è avvenuto anche 12 mesi fa. Allora però, in piena crisi dei mercati interbancari, l'Euribor a un mese balzò addirittura di 64 punti base in un sol giorno, dal 4,17% al 4,81%. L'esperienza del 2007 può esserci d'aiuto a capire quanto a lungo si potrà protrarre l'anomalia: l'Euribor a un mese "raggiunse" la scadenza a 3 mesi a quota 4,95% il 12 dicembre, poi iniziò a scendere per rientrare completamente nei ranghi i primi giorni dell'anno nuovo. L'esperienza passata fa dunque propendere per un effetto limitato nel tempo, che dovrebbe risolversi in un impatto di lieve entità sulle rate dei mutui, se non per quelli che rilevano il tasso l'ultimo giorno del mese. Copyright © Il Sole 24 Ore. All rights reserved