l`università gratis non aiuta

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l`università gratis non aiuta
avanzamento dei lavori. E final- una serie di interventi, non so- più efficiente il sistema delle in- re la corruzione?
sembra fosse presente anche
mente sta crescendo l’idea che lo aumentare le pene ma trova- tercettazioni telefoniche. La re«Può essere uno strumento Salvatore Buzzi (coinvolto
questa sia una grande occasio- re strumenti che rendano più pressione da sola non serve as- eccezionale, che rende molto nell’inchiesta Mafia Capitale).
ne da non perdere: per rilancia- efficaci le indagini. Il vero pro- solutamente a nulla. Se non si più difficile il meccanismo del- Secondo lei, per eventi di sore l’Italia e per parlare di un te- blema è che le indagini sono mette in campo un sistema di la corruzione perché individua stegno politico come questo,
ma come la difficoltà di alimen- davvero poche. C’è uno scarto prevenzione che funzioni ac- procedure caratterizzate da occorrerebbe registrare partetazione di una parte del piane- enorme tra i fatti che avvengo- compagnato da una campagna maggiore semplificazione, fa- cipanti e donazioni come si fa
ta».
no e le indagini, conseguenza culturale che fa capire che la vorisce la trasparenza e limita negli Usa?
Il pm Di Matteo ha detto che in parte di una serie di norme corruzione non è un reato con- della discrezionalità delle sta«Il finanziamento della politi| Data:
| Testata:
Il Mattino di Padova
| tema
5 È
Categoria:
Pagina:
«in Italia la corruzione
è dila- che Interventi
vanno migliorate.
Per tro30/01/2015
la pubblica amministraziozioni appaltanti».
ca è un
fondamentale.
sguardo, dice: «Sarò a casa in famiglia. E comunque Napoli-Roma in treno sono solo un’ora e
dieci minuti di treno».
Così se il premier la convoca ci mette poco a tornare?
Cantone sorride di nuovo e
questa volta si alza, senza rispondere.
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l’opinione
L’UNIVERSITÀ
GRATIS
NON AIUTA
di VINCENZO MILANESI
I
l presidente Obama vuole
che il college sia gratuito per
tutti i giovani statunitensi.
Insomma, gratis per tutti l’accesso al primo gradino dell’istruzione universitaria. Qualcosa di simile è stato proposto recentemente, da altolocati pulpiti accademici, anche qui da noi. Lo Stato non faccia pagare le tasse agli
studenti che si iscrivono alle lauree del primo triennio, rifondendo gli atenei del mancato introito con finanziamenti aggiuntivi
derivantidalbilanciodelloStato
stesso. Ma siamo proprio sicuri
che una simile proposta contenga in sé solo elementi positivi?
Talidafarritenereirrinunciabile
lo sforzo per darvi concreta realizzazione “senza se e senza
ma”, considerando l’aggravio,
tutt’altro che indifferente, come
è intuibile, per la finanza pubblica?
Un Paese in cui il livello medio di acculturazione dei suoi
cittadini sia più elevato, è certamente un Paese migliore. Forse
anche un po’ meno sensibile alle sirene dei populismi oggi particolarmente insidiosi, e quindi
più saldo nella sua tenuta sul
piano della democrazia. Elemento questo più che positivo,
certamente. Ma ci sono almeno
un paio di aspetti da considerare, che forse così positivi non sono, tenendo conto della situazio-
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ne della società italiana, che impone scelte oculate di allocazionedellerisorse pubbliche.
Il primo. È vero che abbiamo
una percentuale di laureati più
bassa rispetto agli altri Paesi a
economia avanzata, anche se
questo gap deriva soprattutto
delle percentuali per fasce di età
anagraficamente più alte. Per le
generazioni più giovani fortunatamente non è così. Senza contare che sempre, quando si fanno
di questi confronti, si tendono a
paragonare sistemi di formazione superiore tra loro troppo diversi perché davvero queste
comparazioni siano significative, soprattutto pensando alle coorti di fascia di età più alta. Ma il
problema è che abbiamo anche
il più alto tasso di laureati disoccupati, destinati a emigrare e ad
aumentare il “capitale umano”
di altri Paesi. E qui il problema si
faoggiaddirittura drammatico.
C’è qualcosa che proprio non
va: meno laureati sul totale della
popolazione ma più laureati disoccupati, che non possono
sfruttare le loro competenze nel
mondodellavoro.Bisogna cheil
sistema-Paese si faccia allora carico di questa contraddizione,
agendo su due fronti: l’orientamento e la canalizzazione dei
flussi di studenti che si iscrivono
ai diversi corsi di laurea, magari
senza demonizzare il numero
programmato di accessi, in una
corretta logica di programmazione e con modalità adeguate
di selezione delle “matricole”. E
un’evoluzione da favorire con
adeguate politiche industriali
del nostro sistema produttivo,
che stranamente sembra non
aver bisogno di laureati, o co-
munque di non saperne sfruttarepotenzialità ecompetenze.
Il secondo. Guardando i costi
standard per studente proprio
in questi mesi definiti dal ministero, laurea per laurea, si vede
bene che le contribuzioni chieste dagli atenei alle famiglie coprono solo assai parzialmente i
costi dell’istruzione universitaria. Il resto ce lo mette lo Stato, finanziando gli atenei con fondi
pubblici, della fiscalità generale.
Le tasse, dunque, non sono altissime, ma tuttavia pesano assai
su molte famiglie meno abbienti. Le borse di studio assicurate
da Stato e Regioni, deputate a garantire il diritto allo studio, sono
del tutto insufficienti alla bisogna. Sarebbe allora assai opportuno che ci fosse una forte diversificazione della tassazione studentesca a seconda dei redditi
delle rispettive famiglie, con tasse sensibilmente più elevate in
proporzione al reddito crescente, così da evitare che quelle più
povere finiscano con il pagare,
almeno in parte, anche per i figli
diquellepiù ricche.
Garantire un effettivo diritto
allo studio per tutti i «capaci e
meritevoli, anche se privi di mezziȏ undoveremorale epolitico,
oltre che un adempimento del
dettato costituzionale. Quindi
occorrerebbe non l’iscrizione
gratis per tutti, ma investimenti
massicci in borse di studio da
parte di Stato e Regioni. E una
maggiore attenzione alle potenzialità e alle motivazioni personali degli studenti, che vanno
adeguatamente preparati alla
scelta del corso di laurea da frequentare.
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