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regolamento. Perché, fra i luoghi pubblici, sarà vietato escludere i cani,
non solo dai centri sportivi, ma neppure, all’interno di essi, dal bordo
delle piscine. Noi umani siamo obbligati a farci la doccia e a indossare
una cuffia pulita per l’occasione, ma un cane può passeggiare a bordo
piscina e nessuno può garantire che non sia sporco o non abbia le pulci.
I circhi con animali saranno banditi, con buona pace per chi ci lavora
da una vita. I petardi e i fuochi d’artifici saranno vietati per non dar
fastidio alle sensibili orecchie di cani e gatti: il capodanno tradizionali
lo si dovrà festeggiare ben lontano dai concittadini pelosi, fuori città. I
ristoratori non potranno legare le chele delle aragoste e non le potranno
tenere in ghiacciaia. I loro clienti, in compenso, potranno essere beccati
dalle stesse aragoste, con le chele non legate. I pesci sono considerati
“animali sociali” (esiste una “società” dei pesci?) e devono essere tenuti
almeno in coppia negli acquari regolamentari. Queste sono solo alcune
delle misure che i milanesi si stanno auto-imponendo, tramite una giunta
ecologista liberamente votata. Una giunta che intende costituire, entro il
2015, anche un cimitero apposito per animali.
La filosofia che è alla base del tutto si legge in capo alla bozza del
regolamento comunale. È interessante leggerla con attenzione: «anche
gli animali non umani, in quanto esseri senzienti, coscienti e sensibili,
hanno uguali diritti alla vita, alla libertà, al rispetto, al benessere, ed alla
non discriminazione nell’ambito della specie». In pratica, riconoscendo
loro una “coscienza”, si pongono sullo stesso piano degli “animali
umani”.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/09/2014
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6 - LIBERTA’ RELIGIOSA E LIBERTA’ DI COSCIENZA SEMBRANO
BUONI PRINCIPI, MA NON LO SONO
L’errore di opporsi all’ideologia liberale in nome di quegli stessi principi
liberali che sono alla radice della dissoluzione
di Christian De Benedetto
Negli ambienti cattolici, a cominciare, è triste a dirlo, dalle stesse
gerarchie ecclesiastiche, regna una grande incapacità di cogliere il
duplice attacco in corso contro l’Occidente, fatto oggetto di mire di
conquista da parte dell’Islam e roso interiormente dal cancro relativista.
Anche in questi giorni di tremende persecuzioni a danno dei cristiani
ad opera del neo-costituito Califfato siro-irakeno, i Pastori della
Chiesa, salvo rare eccezioni, si sono purtroppo segnalati per debolezza,
inadeguatezza, timidezza. E quando hanno parlato, non hanno saputo
uscire da un equivoco concetto di libertà, intesa secondo la dottrina
liberale.
LA LIBERTÀ RELIGIOSA PERMETTE L’ISLAMIZZAZIONE
DELL’EUROPA
Hanno invocato il diritto alla libertà religiosa, lo stesso che consente
ai musulmani di impiantare moschee in tutta Europa e di procedere
indisturbati alla islamizzazione delle antiche nazioni cristiane. Si è
completamente perso il riferimento ad un orizzonte oggettivo di valori,
per il quale si possa affermare una sola religione come vera e i diritti
dei cristiani e della Chiesa si debbano fondare su questa verità e non
sull’istanza relativista e soggettivista dell’ideologia liberale. Se neppure
i Pastori rivendicano più la verità esclusiva della religione cattolica e la
libertas Ecclesiae quale diritto divino denunciando la violenza islamica
come espressione di una falsa religione, si deve amaramente constatare
il trionfo dell’ideologia relativista sin dentro i Sacri Palazzi.
Si deve cioè riconoscere che la stessa Chiesa cattolica, nel suo aspetto
umano e contingente, è attrice e vittima al medesimo tempo di quel
circolo vizioso di cui sopra. E qui si aprirebbe il campo vastissimo di
studi sul Concilio Vaticano II, la sua ricezione, la sua ermeneutica. È
il tema della libertà religiosa del decreto Dignitatis humanae, se sia
la liberale libertà di religione accolta nelle legislazioni occidentali
contemporanee ed elevata a diritto umano dalle Carte internazionali,
oppure la razionale e cattolica libertà della religione. Si dovrebbe poi
precisare cosa si intenda per religione, se una soggettiva credenza
oppure la virtù omonima.
Se l’esercizio della religione sia un diritto in virtù della libertà liberale
dell’autodeterminazione soggettiva, oppure perché prima di tutto dovere
di giustizia verso Dio. Quasi sempre l’impressione che si ricava dalle
dichiarazioni dei Pastori è la loro adesione al paradigma liberale e tutto
ciò non fa che imprigionare ancor più la Chiesa e, con essa, quella che
fu la Cristianità, nel mortifero circolo vizioso tra totalitarismo islamico
e relativismo liberale.
L’OBIEZIONEDICOSCIENZANONOSTACOLALELEGISLAZIONI
ABORTISTE, EUTANASICHE, OMOSESSUALISTE
Analoga è la risposta cattolica alla dissoluzione interna dell’Occidente
visibile nell’imporsi dell’ideologia gender, nella teorizzazione del
transumano, nelle legislazioni abortiste, eutanasiche, omosessualiste.
Si invoca il «diritto all’obiezione di coscienza» ovvero si fonda la
propria risposta, la propria opposizione sul principio liberale di «libertà
di coscienza». Così la risposta del mondo cattolico alla dissoluzione è
essa stessa interna alla ideologia della dissoluzione: ci si oppone all’esito
radicale (coerente) dell’ideologia liberale in nome di quei principi
liberali (es. libertà di coscienza, libertà di religione, etc.) che sono alla
radice della dissoluzione stessa. Il concetto di «libertà di coscienza»,
da cui deriva quello di «obiezione di coscienza», appare strutturale
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idea e soluzione per l’impaginazione
di madde.it © aprile 2009-2014
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da Dio e sperimenterà la sua Provvidenza.
Il Vangelo di oggi è un invito rivolto a ciascuno di noi ad esaminare la nostra
coscienza e a togliere ogni traccia di questo brutto peccato. Anche noi saremo
premiati da Dio se gioiremo per il bene altrui; anche noi riceveremo le grazie
che ammiriamo nelle anime buone, che amano il Signore e lo servono con
generosità.
In Paradiso si gioirà della gloria che vedremo brillare in tutti i nostri fratelli e
sorelle. Ne gioiremo come se fosse nostra. La carità farà sì che ci rallegreremo
nello scoprire tutte le meraviglie che Dio avrà operato negli altri. Fin da ora
impariamo a comportarci così e la nostra vita diventerà un anticipo di Paradiso.
Passiamo ora alla seconda lettura che riporta le parole che san Paolo rivolse ai
Filippesi, parole che ci rivelano quello che è stato il suo dramma interiore. Egli,
che aveva lavorato alla vigna del Signore forse più di tutti gli altri Apostoli,
da una parte desiderava morire «per essere con Cristo» (Fil 1,23), e dall’altra
parte sentiva l’importanza di rimanere ancora sulla terra, per il bene dei fratelli.
Non si sentiva certamente necessario, ma l’amore per il prossimo lo spingeva a
spendere tutte le sue energie per illuminare e confortare i fratelli nella fede e per
guadagnarne a Cristo un numero ancora più grande. Di se stesso affermò: «Per
me vivere è Cristo e morire un guadagno» (Fil 1,21). Ormai era impensabile
vivere senza Gesù, Egli era tutta la sua vita. Il suo desiderio era quello di
lasciare al più presto questa terra per esser eternamente con Lui. Lo tratteneva
solo il bene delle anime, per le quali consumava volentieri la sua vita.
Impariamo da san Paolo ad essere generosi nella nostra dedizione al Signore, e
a sentire l’esigenza di lavorare per la salvezza eterna di tante anime.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 21 settembre 2014)
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1. LE FEMEN PROFANANO A SENO NUDO NOTRE-DAME
A PARIGI, MA IL GIUDICE LE ASSOLVE E CONDANNA I
CUSTODI CHE LE HANNO ACCOMPAGNATE FUORI DALLA
CATTEDRALE - Hanno danneggiato una campana antica, urlato
slogan contro il Papa, offeso il cristianesimo (VIDEO: Femen a NotreDame) - da No Cristianofobia, 10/09/2014
2. GRANDE ATTENZIONE ALL’ORSA DANIZA E AI SUOI
CUCCIOLI, MENTRE CI SI DIMENTICA DEI CRISTIANI IN IRAQ
- Aveva aggredito a Ferragosto un cercatore di funghi, ma la morte
accidentale dell’orsa durante il tentativo di cattura ha scatenato reazioni
sproporzionate sia nei media che tra i politici - di Riccardo Cascioli
3. IL BELLO DEL PARADISO? VEDERE DIO FACCIA A FACCIA E’ un dono della grazia, non una conquista della mente - di Stefano
Biavaschi
4. ARRIVARE A UNO STATO ISLAMICO AUTONOMO? NELLE
FILIPPINE E’ GIA’ REALTA - I musulmani sono il 10% della
popolazione, ma fino a quando? - da No Cristianofobia, 10/09/2014
5. IL COMUNE DI MILANO VIETA DI OPPORSI ALL’INGRESSO
DEI CANI IN CHIESA - Come ai tempi della Rivoluzione Francese,
il potere civile tenta di imporre le sue regole alla Chiesa - di Stefano
Magni
6. LIBERTA’ RELIGIOSA E LIBERTA’ DI COSCIENZA SEMBRANO
BUONI PRINCIPI, MA NON LO SONO - L’errore di opporsi
all’ideologia liberale in nome di quegli stessi principi liberali che sono
alla radice della dissoluzione - di Christian De Benedetto
7. LA NORMALE FEDELTA’ AL QUOTIDIANO - In famiglia siamo
come siamo, ma ci si vuol bene - di Costanza Miriano
8. FERMIAMO L’ISLAM O I MUSULMANI CI SPAZZERANNO VIA
- Gli ostaggi decapitati, i cristiani rifugiati in Kurdistan, l’islam che si
diffondende nelle città europee... Una realtà che l’Occidente fa finta che
non ci sia - di Riccardo Cascioli
9. OMELIA XXV DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 20,1-16)
- Tu sei invidioso perché io sono buono? - di Padre Mariano Pellegrini
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Via i paraocchi della cultura dominante!
n.367 del 19 settembre 2014
www.bastabugie.it
tanto nel linguaggio dei Pastori quanto nella così detta cultura cattolica.
Potremmo anche dire che è principio cardine! Ciò ai più, cattolici
compresi, apparirà a-problematico, anzi scontato.
IL “DOGMA” DELLA LIBERTÀ DI COSCIENZA
Tuttavia ci permettiamo, con il massimo rispetto per le nobili intenzioni
di tutti, di dubitare, di vagliare criticamente ciò che sembra, ormai,
indubitabile e incontestabile: il dogma della libertà di coscienza!
È ben vero che la coscienza nel caso concreto è per l’agente morale
norma ultima benché non suprema, e che è doveroso seguire la propria
coscienza anche quando invincibilmente erronea (e solo quando lo
è invincibilmente), ma tutto ciò è ben lontano dal fondare il moderno
principio della libertà di coscienza. Ciò per almeno tre ragioni che
oppongono per contraddizione la verità classico-cristiana all’idea
moderna in tema di coscienza:
1) La coscienza come giudizio della ragione pratica sulla bontà o
colpevolezza di un’azione, giudizio come applicazione della legge
morale al caso concreto, e non come facoltà o autocoscienza;
2) La funzione conoscitivo-applicativa e non creativa della coscienza;
3) La coscienza come norma prossima della moralità personale e non
come norma oggettiva e universale della moralità che deve, invece,
informare di sé l’ordinamento giuridico.
INDEBITO PASSAGGIO DAL PIANO SOGGETTIVO A QUELLO
OGGETTIVO
Quando si invoca «il diritto alla libertà di coscienza» si compie un
indebito passaggio dal piano soggettivo a quello oggettivo, dal foro
interno al foro esterno o pubblico. La coscienza ha la capacità di
errare contrapponendosi oggettivamente alla giustizia, ma non ne ha il
diritto, tutt’al più, se invincibilmente erronea, l’agente morale non sarà
moralmente imputabile (lo sarà però eventualmente giuridicamente)
per il male scelto. Ancor meno il giudizio di coscienza può pretendere
di porsi come norma superiore, in sede di foro pubblico, alla norma
giuridica. E vero, piuttosto, il contrario: è la coscienza a dover giudicare
conformemente alla norma giuridica la quale deve essere, per essere
veramente norma giuridica, conforme alla norma universale e oggettiva
della moralità data dalla legge divina, naturale e positiva.
È la legge positiva, ogni singola legge positiva, a dover essere conforme
alla legge divina, al diritto naturale e quando ciò non è, il cittadino non
è tenuto all’obbedienza per il semplice fatto che quel testo normativo
non è né può essere legge ed è propriamente un comando illegittimo
e tirannico. Qui non si tratta di obiezione di coscienza ma, piuttosto,
obiezione della coscienza ad un comando ingiusto. Non sarà invocato il
«diritto all’obiezione di coscienza» fondato sulla «libertà di coscienza»,
bozza di regolamento specifica che in Chiesa possono entrare solo i cani
di piccola taglia e “non aggressivi”. Ma ci sarebbe molto da discutere
sul fatto che i cani di piccola taglia, come chihuahua e yorkshire,
siano più disciplinati e meno rumorosi delle razze più grandi. Finora,
tra l’altro, il divieto o il permesso di portare animali da compagnia in
chiesa era affidato al buon senso dei parroci. Alcune chiese milanesi,
come San Simpliciano o San Lorenzo, sono caratterizzate da una
maggiore tolleranza e i fedeli portano già i loro amici pelosi con sé.
In altre chiese, per altro molto importanti, come Sant’Ambrogio e San
Babila, i cani non sono i benvenuti. Di fatto, la materia è già regolata
dal buon senso di parroci e fedeli. Ciò che fa la differenza, in questo
caso, sarà l’esistenza di un regolamento comunale che impone, non solo
suggerisce, la non-discriminazione dei cani in luoghi di culto, che sono
extraterritoriali e non appartengono né al comune, né allo Stato. Questa
bozza di regolamento sarà sottoposta al voto in Consiglio comunale in
ottobre e per la Messa di Natale del prossimo 25 dicembre, potremmo
già assistere a una funzione per umani e non.
UN CONFINE IMPORTANTE
Senza voler ricorrere al ragionamento del piano inclinato, possiamo
dire che il Comune, con questa proposta, ha già sfondato un confine
importante. Di fatto, come ai tempi della Rivoluzione Francese, un
funzionario municipale, protetto dalla forza pubblica, può forzare
l’ingresso di un luogo di culto e imporre una sua regola. Oggi pochi
notano questa intrusione, perché la regola in questione riguarda i cani,
che tanti amano anche più degli esseri umani. Ma in base allo stesso
principio, a questo punto, il comune potrebbe benissimo imporre alle
chiese di cambiare liturgia? Di ammettere alla comunione i divorziati
risposati, sempre in base al principio di non-esclusione? Può imporre al
prete di sposare due omosessuali, nel nome della non-discriminazione?
Forse in Curia non se ne sono accorti, ma in questo modo hanno
fatto entrare la forza pubblica dalla porta principale delle chiese e
difficilmente riusciranno a farla uscire di nuovo. E stiamo parlando
della Chiesa cattolica, dove le regole sono decisamente più tolleranti
rispetto ad altre religioni. Cosa succederebbe se il Comune imponesse
di non escludere i cani da una moschea, dal momento che i musulmani
li considerano animali impuri? D’altra parte questa è proprio la stessa
giunta del sindaco Pisapia che ha promesso di costruire la grande
moschea, in occasione dell’Expo 2015. Anche quella è un luogo di culto,
avrà il coraggio di trattare tutti i siti religiosi allo stesso modo?
LA BOZZA DEL NUOVO REGOLAMENTO
La regola dei cani in chiesa, rischia di passare in secondo piano
e sotto tono a causa degli altri divieti previsti nella bozza del nuovo
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INCITAMENTO ALL’ODIO RELIGIOSO
Quali categorie giuridiche si sarebbero dovute invece attivare, per
ottenere una condanna o quanto meno smascherare eventuali tentazioni
cristianofobiche in aula? Innanzi tutto, l’incitamento all’odio religioso,
che rappresenta una forma particolare di incitamento all’odio razziale,
secondo quanto stabilito dalla legge del primo luglio 1972. Le Femen
hanno dato il massimo risalto mediatico possibile al loro blitz,
filmandolo, fotografandolo e diffondendolo su Internet: il reato ha
assunto quindi anche l’aggravante della pubblica ingiuria. Che nessuno
ha mai contestato.
Viceversa la decisione assunta dal Tribunale penale di Parigi nella laica,
anzi laicistica Francia non stupisce: è coerente con le premesse socioculturali proprie di una società ultra secolarizzata e sostanzialmente
rivelatasi in infinite occasioni anticristiana. Il giudice, di fronte alla
debolissima linea seguita dal pubblico ministero, ha avuto ogni possibile
buon gioco nel sostenere l’insostenibile, giungendo all’irrisione,
ritenendo ad esempio da provare che i danni riportati dalla campana siano
attribuibili ai violenti colpi inferti dalle scatenate donne, nonostante,
prima del loro arrivo, il manufatto godesse di ottima salute.
E’ vero: sono state incredibilmente assolte! Le nove “Femen”, che il 12
febbraio dell’anno scorso fecero irruzione a seno nudo nella Cattedrale
di Notre-Dame, a Parigi, urlando di non voler più il Papa e prendendo
a bastonate una campana ricoperta d’oro, sono state assolte. Inaudito.
Ma buona parte della colpa è da attribuirsi alla pavidità dell’accusa,
al fatto cioè che i rilievi mossi fossero tiepidi, flebili, quasi sommessi,
all’incapacità - purtroppo alquanto diffusa in casa cattolica - di far la
voce grossa e di chiamar le cose col loro nome. Lo ha confermato sul
quotidiano Le Figaro Julie Graziani, portavoce dell’Unione per il bene
comune, un’associazione di giovani laici cattolici. Per la quale l’ipotesi
di reato è stata assolutamente mal formulata: non parlare di profanazione
del luogo sacro e di vilipendio della religione, limitandosi a sollevare
soltanto una questione di degrado dei beni materiali significa sbagliare
totalmente il bersaglio e creare le premesse dell’assoluzione poi avutasi,
distogliendo al contempo l’attenzione dalla gravità dell’accaduto.
1 - LE FEMEN PROFANANO A SENO NUDO NOTRE-DAME
A PARIGI, MA IL GIUDICE LE ASSOLVE E CONDANNA I
CUSTODI CHE LE HANNO ACCOMPAGNATE FUORI DALLA
CATTEDRALE
Hanno danneggiato una campana antica, urlato slogan contro il Papa,
offeso il cristianesimo (VIDEO: Femen a Notre-Dame)
da No Cristianofobia, 10/09/2014
vostre vie non sono le mie vie [...] quanto il cielo sovrasta la terra, tanto
le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri
pensieri» (Is 55,8-9).
La parabola di oggi, prima di tutto, ci insegna che Dio chiama tutti
a lavorare alla sua vigna che è la Chiesa. Ognuno di noi, secondo le
proprie capacità e doni ricevuti, è tenuto a collaborare per la diffusione
del Regno dei cieli. Questo vale per i sacerdoti, per i religiosi, e anche
per i laici. Ciascuno deve vivere secondo la grazia ricevuta, mettendola
a servizio degli altri (cf 1 Pt 4,10).
Servire il Signore qui in terra significherà regnare con Lui in Cielo. Dio
non ha bisogno di noi; ma, per un mistero della sua Misericordia, Egli si
vuole servire delle creature per compiere le sue meraviglie. Dobbiamo
ringraziare Dio per questo suo dono, ritenendoci sempre dei servi inutili,
per nulla indispensabili. Se riusciamo a fare del bene, pensiamo che Dio
poteva servirsi di mille persone diverse per compiere la stessa cosa; anzi,
poteva fare benissimo da solo.
La parabola del Vangelo presenta però delle difficoltà. Apparentemente,
sembra che il padrone della vigna abbia fatto un’ingiustizia retribuendo
allo stesso modo gli operai dell’ultima ora e quelli che invece avevano
affrontato il peso di tutta la giornata. Non è un’ingiustizia. Tale parabola
ci insegna che davanti a Dio nessuno può pretendere dei diritti. La
ricompensa di Dio è un dono, non un diritto. La parola “grazia” indica
proprio il dono gratuito di Dio. Per comprendere il modo di agire di
Dio bisogna comprendere la logica dell’amore e non quella della nostra
pretesa giustizia.
Al termine della parabola, a chi mormorava contro di lui, il padrone della
vigna disse: «Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure
tu sei invidioso perché io sono buono?» (Mt 20,15). Queste parole ci
fanno comprendere la sovrana libertà di Dio. Egli è Padrone della sua
grazia e la dona alle sue creature come vuole, quando vuole, e nella
misura che Lui vuole. L’atteggiamento della creatura deve essere quello
dell’umile riconoscenza e non quello dell’arrogante pretesa. Ricordiamo
sempre che i nostri pensieri non sono i suoi pensieri, le nostre vie non
sono le sue vie.
Il secondo insegnamento che riceviamo da queste parole riguarda quello
che, forse, è il più brutto di tutti i vizi, quello che maggiormente si
oppone alla virtù della carità, ovvero l’invidia. L’invidia è l’unico vizio
che non dà proprio nulla. Gli altri vizi, apparentemente, danno qualcosa;
l’invidia è solo tristezza e rancore. È invidioso chi si rattrista per il bene
che vede negli altri, soprattutto quando invidia la grazia di cui uno è
arricchito. L’invida della grazia altrui è un peccato contro lo Spirito
Santo.
Non è invidioso chi invece si rallegra per il bene onesto che vede negli
altri, anche se lo vorrebbe anche per se stesso. Chi fa così sarà premiato
liberali e democratici qui non valgono nulla. Occorre che ripensiate alla
nostra realtà in Medio Oriente perché state accogliendo nei vostri Paesi
un numero sempre crescente di musulmani. Anche voi siete a rischio.
Dovete prendere decisioni forti e coraggiose, a costo di contraddire i
vostri princìpi. Voi pensate che gli uomini siano tutti uguali. Ma non è
vero. L’islam non dice che gli uomini sono tutti uguali. I vostri valori
non sono i loro valori. Se non lo capite in tempo, diventerete vittime del
nemico che avete accolto in casa vostra».
COLPIRE CON DECISIONE LE CENTRALI DELL’ODIO
L’articolo di Stefano Magni che pubblichiamo in Primo piano dimostra
quanto queste parole siano vere e già terribilmente attuali. In diversi
paesi europei già sta crescendo pericolosamente uno stato nello stato e
i nostri governi sembrano già non in grado di difendere la sicurezza dei
propri cittadini, anzitutto per debolezza culturale.
Non vogliamo sostenere che tutti i musulmani debbano essere trattati
da nemici ma proprio per evitare questa deriva è necessario: colpire con
decisione le centrali dell’odio che sono ben diffuse anche in Europa e in
Italia; evitare di scegliere come interlocutori personaggi e associazioni
che giustificano violenze e guerre sante; impedire che si creino zone
extraterritoriali dove impera la legge coranica.
E non aver paura di correre in soccorso di quanti vengono schiacciati e
perseguitati dai fondamentalisti islamici. Non dobbiamo muoverci per
conquistare paesi e territori, ma per difendere la dignità di ogni uomo e
la possibilità che una civiltà – sviluppatasi grazie al Cristianesimo - non
venga spazzata via dalla barbarie.
Nota di BastaBugie: un film che tutti dovrebbero vedere (e far vedere!)
MAI SENZA MIA FIGLIA, LA STORIA VERA DI UNA CRISTIANA
CHE HA SPOSATO UN MUSULMANO
Per l’islam la moglie è proprietà del marito e i figli devono seguire la
religione del padre
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=46
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/09/2014
9 - OMELIA XXV DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 20,116)
Tu sei invidioso perché io sono buono?
di Padre Mariano Pellegrini
La parabola riportata nel Vangelo di oggi non è di facile comprensione
e urta contro il nostro modo di pensare e di giudicare. Davvero, come
dice la prima lettura di oggi, «i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le
SENTENZA INCREDIBILE
Ma non solo [...] i sorveglianti della Cattedrale, che le accompagnarono
ovviamente fuori dal luogo sacro a forza, sono stati condannati per
violenze con sanzioni di 300, 500 e 1.000 euro. La loro “colpa” sarebbe
quella di averle strattonate con una pressione ritenuta “eccessiva”:
unica “concessione” loro accordata è stata la sospensione della pena. Il
significato mediatico di tutto questo, secondo Graziani, «è eloquente».
E sostanzialmente inutile appare stupirsene. Meglio sarebbe ora
battersi, perché finalmente anche in campo giuridico «anche i Cattolici
venissero tutelati dalla legge nella libertà di culto e di coscienza contro
gli estremismi carichi di odio», come quello compiuto dalle Femen a
Notre-Dame. Ma, per riuscirvi, occorre dire pane al pane e vino al vino,
non esercitarsi in acrobazie lessicologiche, che nulla c’entrano ed alla
fine è più ciò che tacciono di ciò che affermano.
La giacobina sentenza ovviamente ha scoraggiato le vittime di atti
cristianofobici, sentitesi impotenti e col morale a terra. Ha stupito
l’opinione pubblica ed al contempo ha ringalluzzito le responsabili della
sacrilega ed oltraggiosa irruzione a compiere altre “prodezze” analoghe,
stante l’immunità e l’impunibilità di cui evidentemente paiono godere
nell’immaginario collettivo della Giustizia francese. Tanto da dirsi già
minacciosamente pronte a fare il bis. Un ben triste epilogo. Che tuttavia
poteva essere evitato o, quanto meno, arginato. Un’eventuale prossima
volta (sperando e pregando che non vi sia) i Cattolici sapranno fare i
Cattolici?
Nota di BastaBugie: viene da pensare che se uno volesse rigare l’auto a
un suo superiore, basterebbe gridare “Mai più Papa” e mostrare il seno
per essere sicuri di farla franca davanti al giudice...
Si può vedere il filmato con l’azione delle sex-tremiste a Notre Dame al
termine di questa nota, ma prima ecco l’inizio dell’interessante articolo
di Nicoletta Tiliacos pubblicato su Il Foglio l’11 Settembre 2014 con la
notizia dell’assoluzione delle Femen:
Cronache di ordinaria cristianofobia. In Francia, le nove Femen che
il 12 febbraio del 2013, per festeggiare la rinuncia di Benedetto XVI,
avevano fatto irruzione a Notre Dame - come al solito a seno nudo,
al grido ritmato di “mai più Papa!”, si erano accanite a bastonate su
un’antica campana coperta di lamina d’oro, esposta in occasione degli
ottocentocinquant’anni della cattedrale - sono state assolte ieri dal
Tribunale penale di Parigi. In compenso, i guardiani della cattedrale
che avevano tentato di fermarle sono stati condannati a varie ammende,
dai trecento ai mille euro, perché avrebbero usato modi troppo spicci.
Comprensibile la soddisfazione delle Femen, la cui leader, Inna
Shevchenko, ha cinguettato: “Cari cattolici, cara Notre Dame, caro Dio,
Femen ha vinto il processo. Il tentativo di ottenere la protezione dello
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LA REAZIONE DELLA CURIA
La reazione della Curia milanese è stata molto blanda. Infatti, di fronte a
un provvedimento senza precedenti come questo, si limita a dichiarare:
«Abbiamo fiducia nel buon senso e nell’educazione di chi entra in
parrocchia». In pratica, si spera che siano i fedeli a non far entrare cani
che abbaiano o fanno i loro bisogni durante una funzione religiosa. La
MILANO FA DA APRIPISTA
Mentre a Trento un centinaio di animalisti protestava in piazza chiedendo
le dimissioni del presidente, del vicepresidente e dell’assessore
all’Ambiente della Provincia Autonoma, a Roma gli attivisti bloccavano
un’arteria stradale, pronti a bissare l’esperienza di lunedì e a Milano il
Comune (di sinistra) anticipava i tempi rendendo nota la bozza del nuovo
regolamento per la tutela degli animali. Contiene misure draconiane per
dare più di spazio agli animali, togliendolo agli uomini. Se gli attivisti
verdi ritengono che i boschi siano terre da orsi e lupi e l’uomo non ci
debba entrare (questo era il leit motiv dominante delle proteste contro la
cattura di Daniza) in città, invece, gli stessi attivisti vorrebbero far entrare
gli animali dappertutto, anche nelle chiese, appunto, indipendentemente
dal parere del parroco. Perché nel regolamento leggiamo proprio che i
gestori di “luoghi di pubblico accesso”, d’ora in avanti, non potranno
respingere il miglior amico dell’uomo all’ingresso. E fra questi luoghi di
pubblico accesso figurano anche i “luoghi di culto”.
Morire per Daniza? Non proprio, ma sull’onda dell’emozione per l’orsa
trentina uccisa con una dose eccessiva di narcotico, i comuni stanno
approvando regolamenti che ci faranno fare una vita da cani. Milano,
come sempre, anticipa i tempi e impone di far entrare gli amici a quattro
zampe in chiesa.
5 - IL COMUNE DI MILANO VIETA DI OPPORSI ALL’INGRESSO
DEI CANI IN CHIESA
Come ai tempi della Rivoluzione Francese, il potere civile tenta di
imporre le sue regole alla Chiesa
di Stefano Magni
fallimentare politica estera seguita negli ultimi anni dalla Casa Bianca ha
ampiamente dimostrato, specie relativamente alla geopolitica islamica.
Di certo v’è che, ad oggi, nelle Filippine il 10% della popolazione è
musulmano ed il 90% cristiano. Ma, se fosse davvero formalizzata
questa prima enclave musulmana, sarebbe legittimo chiedersi: fino a
quando?
Fonte: No Cristianofobia, 10/09/2014
IL DIRITTO ALL’AUTODETERMINAZIONE PORTA AL
DISASTRO
Coerentemente i sostenitori della libertà di coscienza dovrebbero
riconoscere ai genitori il diritto di fare obiezione di coscienza contro
la verità e il complementare diritto di indottrinare il figlio secondo
l’ideologia LGBT. Il problema, come si vede, è la conformità a verità
e bene della legge come dell’insegnamento, non la libertà di coscienza!
Porre a cardine il principio della libertà di coscienza porta, ad esempio, a
IL DIRITTO NATURALE, QUESTO SCONOSCIUTO
La cultura cattolica odierna opta decisamente per la suggestione
moderna tanto che è sempre più raro un riferimento al diritto naturale,
così come è assente il tema dei criteri di legittimità delle leggi positive.
Il richiamo ai “diritti umani” e alla “norma internazionale” non ovvia
alla mancanza, anzi conferma l’opzione, visto che i diritti umani sanciti
dalle Dichiarazioni e Convenzioni internazionali poco o nulla hanno
a che fare con i diritti naturali dell’uomo e sono piuttosto espressione
coerente (nell’errore) del razionalismo giuridico. Ciò significa accettare
acriticamente il giuspositivismo dominante e il relativo indifferentismo
etico finendo per sostenere proprio ciò che rende possibile quanto si dice
di voler combattere.
Non è, infatti, senza gravi conseguenze una simile opzione, aggravata
dalla rivendicata «libertà di coscienza» che “bilancia” l’assoluta
arbitrarietà etica del diritto con una altrettanto arbitraria volontà
soggettiva dei singoli. Oggi, in campo cattolico, si discute del diritto
all’obiezione di coscienza di fronte ad insegnamenti ideologici
impartiti a scuola e si fa così della libertà di coscienza il principio su
cui fondare la lotta contro l’indottrinamento LGBT. Si invoca, ad es.,
il diritto dei genitori ad educare secondo le proprie convinzioni magari,
facendo obiezione di coscienza quando queste non siano rispecchiate
nell’insegnamento scolastico. Facciamo ora un esempio: ipotizziamo
una scuola dove l’insegnamento sia conforme al buon senso e alla
retta ragione, dove la morale sia insegnata avendo la legge naturale per
bussola e una coppia di genitori seguaci dell’ideologia gender.
piuttosto sarà denunciata l’ingiustizia della norma e il suo non essere
legge, ne sarà pretesa la cancellazione e si riconoscerà come doverosa
la resistenza (anche occulta) ad essa. Se la modernità suggerisce un
diritto del singolo a non applicare una norma positiva quando giudicata
soggettivamente in contrasto con i convincimenti personali in nome
della «libertà di coscienza», il pensiero classico-cristiano insegna la
necessaria conformità del diritto positivo al diritto naturale, il dovere per
il singolo di conformarsi alla legge e il non essere legge di quegli ordini
emanati dall’autorità politica in contrasto col diritto naturale.
legittimare quel preteso «diritto all’autodeterminazione» che regge tutto
il processo di dissoluzione. Come infatti giustificare un ordinamento che
proibisca il suicidio o l’eutanasia volontaria quando si deve rispettare
e promuovere, per principio, la libertà di agire secondo la propria
coscienza? Quando un cittadino riterrà in coscienza di non voler più
vivere rivendicherà tale diritto in nome della libertà di coscienza. E
coerentemente non glielo si potrà negare! La libertà di coscienza, rispetto
alle credenze più varie e soggettive, si dà quale libertà di religione, con
tutto ciò che ne consegue in termini di dissoluzione della civiltà cristiana
e di “disarmo” intellettuale di fronte alla pretesa egemonica dell’islam.
LAICITÀ E DEMOCRAZIA
C’è poi la questione della laicità della democrazia, anch’essa traduzione
dell’assioma liberale, e l’ambigua contrapposizione tra laicità e laicismo,
l’una benedetta, l’altro negativamente giudicato. Il tema, in verità, non
è così facilmente e schematicamente liquidabile; cosa sia sana laicità e
cosa laicismo è non facile da dirsi. Che poi quella che viene chiamata
sana laicità sia veramente cosa sana è tutto da dimostrare. Ascoltando
autorevoli Pastori e la generale convinzione in campo cattolico,
sembrerebbe essere il modello liberale di laicità debole-inclusiva
sul modello statunitense ciò che è chiamato laicità mentre il laicismo
sarebbe la laicità forte alla francese.
Ebbene, siamo proprio sicuri che il modello di laicità e libertà religiosa
proprio del liberalismo anglosassone sia cosa sana? Ricordiamo che tale
modello si caratterizza per l’indifferentismo dello Stato e il più spinto
relativismo, dove tutto e il contrario di tutto è posto su uno stesso piano
di diritto, la verità e l’errore, il bene e il male.
IL MONUMENTO A SATANA
Veramente il male in senso forte è posto sullo stesso piano di diritto del
bene se è notizia di questi mesi che è stata autorizzata, in nome della
libertà religiosa, l’edificazione di un monumento a Satana da erigere nella
piazza principale di Oklahoma City. Il Satanic Temple, setta satanica
riconosciuta e tutelata dal diritto USA, lo ha chiesto in nome della
libertà religiosa! Non si dimentichi poi che negli USA, faro e modello di
sana laicità e libertà religiosa, «i veri adoratori del Diavolo, coloro che
venerano la figura biblica, immagine metafisica del male, sono presenti
(…) dove varie chiese sataniche hanno un riconoscimento ufficiale ed
hanno i loro cappellani militari all’interno dell’esercito americano»
(C. Gatto Trocchi, Occultismo, esoterismo, magia, satanismo. Analisi
antropologica, p. 5) e tutto ciò in nome della libertà religiosa. E sempre
la sana laicità anglosassone è quella che più facilmente offre all’islam
di mettere radici, costituire comunità autoreferenziali, dare vita a vere
e proprie istituzioni islamiche (rette dalla sharia) in terra d’Occidente.
moros dagli Spagnoli nel XVI secolo. Tale decisione avrebbe dovuto
essere ratificata l’anno prossimo da un apposito referendum. Ma
ora questo nuovo balzo in avanti rischia di affrettare i tempi e di far
precipitare le cose.
IPOCRISIA E IMPOTENZA
Cosa accadrebbe, se dovesse passare la proposta? Innanzi tutto, si
creerebbe una pericolosa enclave musulmana, retta dalla sharia: sulla
carta dovrebbe essere adottata soltanto nel codice civile, ma anche
chi fosse digiuno in materia sa ormai che la legge islamica non è a
compartimenti stagni e che, quando la si prende, la si prende tutta intera.
Tale distinzione giuridica tra civile e penale appare quindi ridicola, da
intendersi in senso puramente formale, per tener buone le coscienze, ma
senza concrete possibilità di successo. Non solo: Bangsamoro avrebbe
un proprio bilancio. Avrebbe proprie forze di polizia, ovviamente e
rigorosamente islamiche. Avrebbe anche una propria amministrazione,
benché provvisoria: dovrebbe, dicasi dovrebbe restare in carica fino al
2016, quando sono previste le prime elezioni del nuovo Stato nello Stato.
Tutto questo, chiedendo in cambio solo che i ribelli smettano di fare i
ribelli e consegnino le loro armi: già questo evidenzia una sostanziale
sconfitta, una inappellabile resa delle forze politiche e militari del Paese.
Ma chiamarli “ribelli” è già alquanto riduttivo e rappresenta una forte
concessione: stiamo parlando di oltre 10 mila combattenti ovvero del più
grande gruppo armato dell’Asia sudorientale. Un po’ troppo per pensare
ad un manipolo spontaneo di teste calde, ci si trova di fronte in realtà ad
un vero e proprio esercito irregolare.
POLITICA FALLIMENTARE
Già l’accordo di pace dello scorso marzo non venne firmato da due
gruppi definiti “minori”, il Fronte nazionale di Liberazione Moro ed i
Combattenti per la libertà islamica di Bangsamoro, che han proseguito
coi propri attacchi, mostrando così la fragilità e la debolezza di
concessioni disattese prima ancora di entrare in vigore. Concessioni,
ritenute potenzialmente incostituzionali ed ampiamente criticate per
questo stesso motivo dai media filippini come il Manila Standard ed il
Philippine Star, i cui lettori han risposto ad un sondaggio di non ritenere
che l’intesa possa por fine alle violenze a Mindanao.
Ora l’ipotesi di regolar tutto per legge complica ancor di più le cose. Il
Presidente Aquino ha fretta: vuole che la convenzione entri in vigore
prima della fine del suo mandato, che scadrà nel giugno 2016. Ma la
stampa ritiene che, dietro queste mosse, vi siano forti pressioni dagli Stati
Uniti, convinti di poter trovare nel Bangsamoro musulmano un alleato
più disponibile di Manila: se ciò fosse vero, si tratterebbe dell’ennesima,
vana illusione, destinata a scontrarsi con la realtà dei fatti, come la
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ANIMALISMO SELETTIVO
RICORDIAMO I FATTI
A Ferragosto nei boschi intorno Pinzolo, un cercatore di funghi,
Daniele Maturi, si imbatte nell’orsa e i suoi due cuccioli. L’orsa, forse
per proteggere i cuccioli da una presunta minaccia aggredisce e ferisce
l’uomo. Da lì l’ordinanza della Provincia per catturare l’orsa e portarla
in una riserva, per evitare altri contatti pericolosi con il genere umano.
La caccia dura quasi un mese finché tre giorni fa l’orsa viene avvistata e,
secondo la prassi, scatta la cattura sparando un narcotico. Ma l’animale,
per motivi non appurati, non sopravvive all’anestesia.
Un incidente, nessuno voleva uccidere l’orsa, ma la sua pericolosità era
oggettiva. Le guardie hanno ritrovato le sue tracce perché negli ultimi
giorni aveva attaccato e sbranato diverse pecore e si è sfiorato un altro
dramma quando un boscaiolo di Borzago si è trovato a tu per tu con
l’orso che usciva da un ovile dove aveva appena fatto fuori otto pecore.
Fortunatamente l’uomo in questo caso è riuscito a scappare in tempo.
Il ministro dell’Ambiente promette un’inchiesta, il Corpo forestale dello
Stato l’ha già avviata ipotizzando i reati di maltrattamento degli animali
e uccisione dell’animale senza motivi reali. E ancora: associazioni
ambientaliste sul piede di guerra, interrogazioni parlamentari, deputati
sull’orlo di una crisi di nervi, richieste di dimissioni per ministro
dell’Ambiente e per il presidente della provincia di Trento; e poi,
ovviamente, la mobilitazione della Rete, che trasuda indignazione: dopo
l’hashtag iostoconDaniza ecco il seguito giustiziaperdaniza. Insomma
la morte dell’orsa Daniza sulle montagne del Trentino è diventata
uno psicodramma nazionale: per molte ore è stata la prima notizia dei
quotidiani online, ha guadagnato i titoli di testa dei tg serali e ieri era
sulle prime pagine di tutti i giornali.
2 - GRANDE ATTENZIONE ALL’ORSA DANIZA E AI SUOI
CUCCIOLI, MENTRE CI SI DIMENTICA DEI CRISTIANI IN IRAQ
Aveva aggredito a Ferragosto un cercatore di funghi, ma la morte
accidentale dell’orsa durante il tentativo di cattura ha scatenato reazioni
sproporzionate sia nei media che tra i politici
di Riccardo Cascioli
https://www.youtube.com/watch?v=U2ipYEwiY7A
Fonte: No Cristianofobia, 10/09/2014
stato per la vostra falsa moralità è fallito”.
ANCHE VOI SIETE A RISCHIO
Non possiamo dimenticare le parole del vescovo di Mosul che un
mese fa ci avvertiva: «Per favore, cercate di capirci. I vostri principi
LA TERZA GUERRA MONDIALE A PEZZI
Ed è anche vero che il perdono è la strada per costruire la pace, ma
ciò non ci esime dal rispondere alla domanda: cosa fare per salvare
quei 120mila fratelli rifugiati in Kurdistan? Possiamo metterci a
posto la coscienza con i sermoncini spirituali, ma solo perché ad aver
abbandonato in tutta fretta case e averi non siamo noi né sono i nostri
familiari quelli massacrati e non sono le nostre figlie quelle ragazze
rapite e fatte schiave sessuali.
La preghiera è sicuramente la prima forma di aiuto che possiamo dare,
ma la preghiera non è astrazione dalla realtà, è invece una comprensione
più vera della realtà. Ci fa sentire ancora più bruciante la necessità di
fare tutto il possibile per aiutare – anche materialmente – le persone
per cui preghiamo. Altrimenti è replicare in altro modo quel “A me che
importa?” di Caino che nel discorso di Redipuglia papa Francesco ha
posto all’origine della guerra.
E infatti è così che è cresciuto l’Isis, ma non solo. Come abbiamo già
avuto modo di sottolineare, la “Terza guerra mondiale a pezzi”, di cui ha
parlato il Papa è in gran parte provocata dal fondamentalismo islamico
che avanza grazie al nostro non voler vedere, non voler riconoscere ciò
che sta accadendo davanti ai nostri occhi. L’Isis è cresciuto a colpi di
“Sosteniamo la primavera araba cntro i vecchi dittatori”, “Non è una
guerra di religione”, “Non si parli di scontro di civiltà”, “L’islam non
c’entra”.
ricorso alle armi e anzi invocano una sorta di disarmo unilaterale. Ne
è un esempio l’articolo del solito Enzo Bianchi che su Repubblica di
ieri prendeva spunto dal forte discorso di papa Francesco a Redipuglia
contro la guerra per delegittimare anche la possibilità di difendersi.
E per dare tutta la responsabilità delle guerre attuali a produttori e
commercianti di armi.
È vero che quella di frenare il flusso di fondi e di armi verso le milizie
sunnite è una delle misure necessarie per combattere lo Stato Islamico,
ma pensare che basti questo per fermare una guerra è ingenuo. La
lezione del Ruanda e Burundi, dove vent’anni fa furono massacrate in
poche settimane un milione di persone quasi esclusivamente a colpi
di machete, dovrebbe avere insegnato che è l’odio la vera arma che
distrugge, e si possono commettere genocidi anche senza artiglieria. E ce
lo stanno ricordando i video delle decapitazioni degli ostaggi occidentali
– ieri è arrivata la terza, quella del cittadino inglese David Haines -, per
le quali non sono necessarie armi sofisticate.
si è minimamente accorto che siete state dal parrucchiere, e se si sforza
troppo finirà per cestinare la mail che aspettava con ansia). Si sa anche
che gli uomini dicono esattamente quello che intendono dire – parlano
una strana lingua in cui le parole significano solo quello che significano
– e non sanno che per noi femmine ogni parola è portatrice di un fitto
groviglio di rimandi occulti, fatto che li porta a cadere incautamente su
alcune scivolose conversazioni (per una donna dire “non importa, ce
la faccio da sola” di solito significa “se non mi aiuti allora dillo che
non mi vuoi bene”; e per lei chiedere “come sto con questi pantaloni?”
non significa attendere un parere sincero ma esigere un complimento
anche piuttosto esagerato, per non parlar della domanda delle domande
– “mi trovi ingrassata?” – che è una falsa domanda, visto che prevede
solo la risposta standard “macertochenomiacaraseimoltotonica”, l’unica
ammessa).
Imparare a tradursi a vicenda è un lavoraccio, ma significa percorrere
una parte di quella distanza misteriosa nella quale è nascosto il segreto
di Dio, che ci ha creati maschio e femmina, a sua immagine (per quanto
nella Genesi non sia assolutamente specificato a chi spetti lo scettro del
telecomando, ci tengo a precisarlo).
Fonte: Tempi, 15/09/2014
8 - FERMIAMO L’ISLAM O I MUSULMANI CI SPAZZERANNO
VIA
Gli ostaggi decapitati, i cristiani rifugiati in Kurdistan, l’islam che si
diffondende nelle città europee... Una realtà che l’Occidente fa finta che
non ci sia
di Riccardo Cascioli
«Aiutateci, la nostra unica speranza è che qualcuno ci salvi da una morte
certa». Questo grido che arriva dai cristiani iracheni costretti a rifugiarsi
in Kurdistan, e raccontato da chi si è recato a visitarli, non può non
scuotere le nostre coscienze. È un grido reso ancora più drammatico dal
fatto che è stato raccolto un mese fa (ma il reportage è stato distribuito
ieri) e da allora per i cristiani iracheni profughi nulla è cambiato, anzi
è peggiorato, perché il mondo, anche quando è preoccupato delle gesta
dello Stato Islamico, non pare affatto interessato alla sorte dei cristiani.
UN INTERVENTO MILITARE PER SALVARE I CRISTIANI
Al contrario, malgrado i vescovi cattolici iracheni e i Patriarchi cristiani
abbiano insistentemente invocato un intervento militare per salvare i
cristiani – e non solo – permettendo loro di tornare nelle proprie città
e villaggi, nulla sembra muoversi in questo senso. E anche nel mondo
cattolico si sprecano gli interventi pacifisti che escludono qualsiasi
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Ma tutto questo non conta per gli animalisti, la colpa è degli uomini che
stanno dove non dovrebbero stare - come ha scritto in uno sconcertante
editoriale su Avvenire Ferdinando Camon -, anche se sono le città e i
paesi dove vivono da generazioni. Ma siccome nelle montagne bisogna
far tornare orsi, lupi e quant’altro è l’uomo che deve sloggiare, perché
evidentemente è ospite indesiderato del Creato. Il problema posto dal
ripopolamento di orsi e lupi, e l’ideologia di cui è figlio lo abbiamo già
affrontato nelle settimane scorse, ed è anche doveroso notare che questo
animalismo è anche selettivo: pecore, capre e asini (altre grandi vittime
dei plantigradi che scorrazzano per il Trentino) pur essendo animali
evidentemente non valgono quanto gli orsi, forse perché sono il mezzo
di sostentamento dei pastori e dei montanari.
LA VIOLENZA DEGLI ANIMALISTI
Ma oltre a questo, ciò che nell’occasione dovrebbe scandalizzare è la
reazione sproporzionata a quello che è un incidente. Ripetiamo: non
c’era la volontà di uccidere l’orsa, ma le autorità locali - giustamente insieme all’orsa e ai suoi due cuccioli volevano salvare anche gli abitanti
della zona (se non altro perché alle prossime elezioni sono loro a votare
e non gli orsi). Da notare peraltro che in quei boschi ci vanno anche le
famigliole a fare passeggiate, cosa direbbe Camon se un orso aggredisse
un bambino?
Ma passi per gli animalisti, la cui violenza è ben nota e anche questa
volta non si sono smentiti: Maturi, il cercatore di funghi, ha detto di
non voler più parlare della vicenda perché sta ricevendo da settimane
insulti e minacce di morte, e questo ancor prima che l’orsa morisse, solo
perché l’essere stato vittima dell’aggressione avrebbe condannato l’orsa
a vivere in un’area più lontana dai centri abitati. Una follia, ma agli
animalisti ci siamo abituati.
CI STIAMO DISTRUGGENDO DA SOLI
Incredibile è invece il rilievo dato dai giornali e dai politici alla
notizia della morte, degno dello scoppio di una guerra mondiale. Una
sproporzione ancora più evidente se facciamo un paragone, tanto per
fare un esempio di questi tempi, con lo spazio e il rilievo dato alle decine
di migliaia di cristiani perseguitati in Iraq, alle centinaia di donne rapite
per farle schiave sessuali dei fondamentalisti islamici, e così via. O
anche ai 190mila morti della guerra in Siria. I vescovi cattolici iracheni
continuano a lanciare appelli per cercare di tenere viva l’attenzione sul
dramma dei cristiani che si vuol fare finta di non vedere. In Parlamento
non c’è stata alcuna agitazione né richiesta di dimissioni dei ministri
competenti, come invece accaduto per l’orsa.
Manca solo qualche prete o vescovo che organizzi una preghiera di
riparazione per la morte dell’orsa, ma – visto l’editoriale di Avvenire
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LA RICETTA PER ARRIVARE A UNO STATO ISLAMICO
AUTONOMO
La ricetta è semplice: si inizia col provocare scontri, meglio se sanguinari.
Si procede così per oltre quarant’anni, lasciando sul terreno migliaia di
vittime: nel caso in esame, almeno 120 mila. Si fanno fallire i diversi
tentativi di negoziato col governo, sino a condurre all’esasperazione i
vertici dello Stato. E qui si gioca il jolly.Che, nello specifico, porta il
nome del Presidente in carica, Benigno Aquino III, talmente provato
dai disordini da chiedere che, per legge, si riconosca ai musulmani,
che han messo a ferro e fuoco la regione meridionale del Paese, una
sorta di autogoverno, ritenuto l’unica arma per por fine all’ecatombe
in corso. Senza tener conto del rischio implicito nel regalare, in pratica,
questi territori alla sharia, abbandonandoli ad essa, senza speranza di
ripensamento...
Le prime crepe nella tenuta morale delle istituzioni si registrarono già
lo scorso 27 marzo, quando venne siglato un accordo di pace con i
rappresentanti del sedicente Milf-Fronte islamico di Liberazione Moro.
Tale accordo prevedeva la costituzione di un’entità politica denominata
Bangsamoro nella regione autonoma sull’isola di Mindanao, ove già
risiede la maggior parte dei 10 milioni di musulmani filippini, chiamati
Vi sono diversi modi, per giungere ad imporre l’islam nel mondo.
V’è il percorso “soft”, diplomatico, quello a lungo termine, attuato ad
esempio in Europa, frutto di tanta diplomazia e di una buona dose di
pazienza, estendendo lentamente, ma incessantemente il proprio ambito
d’influenza economica, politica e culturale in casa d’altri, facendola
sempre più da padroni. V’è poi il percorso più drastico, quello a breve
termine, che lascia la parola alle armi, come in Iraq, Siria e Nigeria.
V’è anche il percorso più subdolo, quello a medio termine, affidato
alla guerriglia dei terroristi, degli attentatori e dei kamikaze. Ma v’è
anche un quarto percorso, quello della politica internazionale: lo si sta
sperimentando nelle Filippine. Cosa vi accade?
LA NORMALE FEDELTÀ AL QUOTIDIANO
È un bel po’ di tempo, e a volte può essere anche un bel po’ di fatica.
Non parlo tanto delle emergenze, dei momenti di difficoltà particolare,
un problema economico, una crisi di coppia (articolo diffusissimo
sul mercato, al momento), una malattia, quanto dell’ordinaria
amministrazione – per quanto “ordinaria” a casa mia sia spesso una
parola azzardata: oggi pomeriggio mi sono ritrovata a un certo punto
che facevo panini al prosciutto per undici ragazzini, spuntavano da sotto
i divani come i calzini, i ciuffi di polvere e le carte di caramelle (la flora
dei miei sottodivani fornisce un habitat favorevole alla proliferazione di
forme di vita non ancora studiate dalla scienza, che si nutrono di panini:
figli, nipoti, figli dei vicini, amichetti di passati cicli scolastici che sanno
di poter sempre contare su di noi).
È un bel po’ di fatica anche la normale fedeltà al quotidiano, quel
consistere, semplicemente, quello stare al proprio posto in trincea,
giorno dopo giorno dopo mese dopo anno, cercando di fare bene il
proprio mestiere di moglie o marito e di padre o madre, per quanto,
diciamo la verità, su questo il mio obiettivo si è piuttosto ridotto negli
anni, da quando sono uscita la prima volta dalla sala parto, col manuale
«Mamma, il pericolo è il tuo mestiere. «Oddio, non direi. Anche se alla
fine lo scivolone kamikaze in piscina l’ho fatto». «No, dicevo che è la
mamma il mestiere più pericoloso. Fai un figlio, e non sai quello che ti
capita. Poi te lo devi tenere tutta la vita. Con me ti è andata bene». Non
l’avevo mai pensata così, in effetti, e a vederla da questa angolatura fa un
po’ paura, più del kamikaze (l’addetto alla piscina mi ha assicurato che
non era mai morto nessuno lanciandosi dal tubo giallo, comunque, e non
ha fatto nessuna osservazione spiritosa sul fatto che sembravo seduta su
un bidet quando sono scesa). Essere una famiglia significa consegnarsi
per sempre a delle persone a cui sarai legato per tutta la vita (e con un
figlio non sai mai chi ti metti in casa, come diceva Achille Campanile).
La cosa può dare una certa vertigine. Per sempre, soprattutto in
quest’epoca dello spontaneismo in cui viviamo, è un bel po’ di tempo.
del resto, aveva spiegato chiaramente che la fusione non portava
all’identificazione, ma che, nello stato di gloria, Dio vede se stesso
nell’Anima che lo rispecchia, riempiendo con la sua presenza il vuoto
che l’anima ha fatto in sé.
Fonte: Il Timone, Luglio-Agosto 2014
La confusione sotto il cielo d’Occidente è grande, i nemici temibili, i
fronti aperti più d’uno, il gregge disorientato e disperso, i Pastori quasi
tutti «all’osteria a discutere di pastorizia» (card. Giacomo Biffi) mentre
i lupi circondano l’ovile e sbranano gli agnelli.
Fonte: Corrispondenza Romana, 10/09/2014
4 - ARRIVARE A UNO STATO ISLAMICO AUTONOMO? NELLE
FILIPPINE E’ GIA’ REALTA
I musulmani sono il 10% della popolazione, ma fino a quando?
da No Cristianofobia, 10/09/2014
7 - LA NORMALE FEDELTA’ AL QUOTIDIANO
In famiglia siamo come siamo, ma ci si vuol bene
di Costanza Miriano
tipo “cresco il mio bambino” tutto sottolineato e il fermo proposito di
non contaminare la bocca del pargolo con qualcosa che fosse men che
biodinamic-natural-artigianal-biologico, per poi passare repentinamente
dalla zucchina immacolata a un’alimentazione a base di grassi saturi
e coloranti: insomma sono passata dal target mamma perfetta alla
speranza di essere almeno decente, dal tentativo di non sbagliare niente,
al desiderio di averne azzeccata almeno una tra tanti errori, così, giusto
per il calcolo delle probabilità, per la legge dei grandi numeri (a forza di
fare, qualcosa di buono lo avrò prodotto, no?).
a
quale sancisce, sotto forma di articolo di fede, che i giusti che salgono al
Cielo contemplano l’Essenza divina con una visione intuitiva e diretta,
in una beatitudine che continua nell’eternità. Del resto, già l’apostolo
Giovanni nella sua Prima Lettera, aveva scritto: «Saremo simili a Lui,
poiché lo vedremo come egli è» (3,2-3), confermando quel «vedremo
faccia a faccia» con cui San Paolo introduceva il suo «conoscerò
perfettamente» (1 Cor 13,12).
IL DUALISMO ARTIFICIOSO MENTE/CUORE
A quel punto si aprì perfino la strada a quanti sostenevano la possibilità
di accesso alla visione beatifica già ai santi sulla terra. Ma il dibattito
teologico su questo punto si era già confrontato e ne erano nate posizioni
divergenti: gli agostiniani, per esempio, sostenevano la possibilità della
contemplazione beatifica perfetta solo “in patria” e non “in via”, cioè solo
con l’ingresso dell’anima nel Paradiso, e pertanto successivamente alla
morte. Anche San Bernardo di Chiaravalle riteneva fosse impossibile la
“visio facialis” di san Paolo durante la vita, e sosteneva che questa fosse
possibile nella condizione ultraterrena solo grazie all’amore perfetto che
fondeva creatura e Creatore pur nella loro distinzione. Questo stesso
amore, secondo la spiritualità francescana (San Bonaventura, Duns
Scoto...) rendeva possibile sulla terra questa anticipazione della “visio
beatifica”, mentre per i domenicani (San Alberto Magno, San Tommaso
d’Aquino...) era l’intelletto, e non il cuore, lo strumento per accedere alla
contemplazione di Dio. In realtà si trattava di un dualismo artificioso,
perché il dualismo mente/cuore si risolve appunto nello stato di grazia
che apporta una condizione unificante delle varie capacità umane.
NE VALE LA PENA
Eppure, anche questa fatica di essere decenti, vale la pena, eccome,
vale veramente la pena. E non parlo di valori, parola che, almeno in me,
ingenera attacchi di sbadigliarella, il desiderio di andare di là a versarmi
un Cuba libre (purtroppo però non posso, sono astemia) o il progetto di
scappare in Papuasia Nuova Guinea con un passante. Se rimaniamo al
nostro posto non è certo per i valori. Se rimaniamo è perché abbiamo
capito che la famiglia è l’unica cosa che veramente funziona, è quello
per cui siamo fatti, è quel posto in cui il gioco non prevede che io vinca
solo se tu perdi, ma al contrario è dove si vince solo tutti insieme, e
nessuno perde. La famiglia è quel posto in cui si può dare il peggio e
sempre essere accolti, e anche se è bene che non diventi un’abitudine,
si sa che a casa si può essere ogni tanto anche un molto scorbutici
avendo pure torto, o ballare I will survive in mutande, o cucinare per la
quinta volta della settimana pasta in bianco, e rimanere “la mamma dei
miei sogni”. La famiglia è quel posto per cui vale la pena risparmiare,
perché si sa che ogni piccolo sacrificio fatto farà stare bene qualcuno
che amiamo. La famiglia è quel posto in cui non serve neanche tanto
enunciare princìpi, soprattutto con i figli, perché loro ascoltano con gli
occhi, e imparano solo quello che vedono vivere. La famiglia è una
specie di rifugio antiatomico, a volte, che può anche essere esposto,
fuori, alle peggiori radiazioni nocive, senza paura, anche eventualmente
con allegra incoscienza, perché contiene in sé tutti gli anticorpi. È anche
quel posto dove tornare dopo che si sono fatte le peggiori stupidaggini,
perché i figli attraverseranno la loro Babilonia, inevitabilmente, prima di
approdare alla Terra Promessa. L’importante è che qualcuno sia rimasto
a casa, a garantire il ritorno.
UN DONO DELLA GRAZIA, NON UNA CONQUISTA DELLA
MENTE
A tal proposito San Tommaso aveva introdotto il concetto di “lumen
gloriae”, una condizione speciale della grazia santificante che permetteva
a Dio di ampliare all’infinito la capacità conoscitiva degli esseri umani
così come degli angeli. Nonostante questa centralità conferita alla
grazia, la tentazione di considerare possibile l’accesso alle conoscenze
più alte tramite un itinerario filosofico dell’intelletto riaffiorò nel corso
dei secoli, ma la posizione dell’ortodossia cattolica fu sempre quella di
ritenere la “visio beatifica” un dono della grazia, e non una conquista
della mente, sebbene quest’ultima dovesse ovviamente essere ben
predisposta ed allineata con il cuore.
Evitato il pericolo dello gnosticismo (possibilità di raggiungere la
conoscenza divina con le proprie forze), la teologia evitò anche quello
del panteismo, che sotto l’influsso pressante delle religioni dell’Oriente
pretendeva di far coincidere la visione beatifica con l’assoluta
identificazione tra Dio e creatura. La dottrina del “lumen gloriae”,
MIO MARITO E LE BIBITE PER I FIGLI
«La Canada dry perché piace a Livia e Bernardo, la Pepsi twist a Lavinia,
un Chinotto per Tommaso...». Guardo ammirata mio marito che prima
della grigliata in giardino tira fuori dalla busta della spesa le bibite per i
nostri figli, dei quali probabilmente non saprebbe elencare esattamente
i nomi delle scuole né le classi frequentate; di sicuro non ricorda mezza
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IL MODO MIGLIORE PER AMARE I FIGLI
Per questo, il modo migliore per amare i nostri figli è amare il loro padre,
la loro madre. Mettere il lavoro della famiglia al primo posto, e non
lasciare che finisca all’ultimo, che allo sposo, alla sposa, rimangano
le briciole delle energie, della creatività. È quella che io chiamo la
mia “crociata contro le mutande ascellari”, che serve a ricordare alle
donne che non è necessario, dopo qualche anno di matrimonio, mettere
pigiamoni respingenti felpati o mutande comode. Non è obbligatorio
smettere di sorridere. Non è prescritto dalla legge mettersi i vestiti da
casa quando si rientra, tenere la famosa maglietta bucata per quando ci
vede l’unico che avrebbe diritto ad avere il meglio di noi.
È invece altamente consigliato ricordare alcuni semplici dati essenziali.
Per esempio che l’esemplare dell’altro sesso di cui ci siamo dotati in
modo permanente pensando che fosse la nostra anima gemella è in realtà
una strana creatura proveniente da un altro pianeta, e dotato di alcuni
meccanismi base di funzionamento del tutto diversi dai nostri: si sa che i
maschi procedono con un pensiero tubolare, e pensano e fanno una cosa
alla volta (non fate mai a un uomo la cattiveria di chiedergli un’opinione
sul vostro taglio di capelli mentre sta smanettando al Blackberry. Non
LA VISIONE PERFETTA
Nelle Chiese occidentali, invece, e in particolare nella Chiesa di Roma,
prevalse la tesi secondo la quale all’uomo, tramite la grazia santificante,
viene concessa la possibilità di una visione perfetta una volta raggiunta
la condizione di beatitudine, così come uno specchio è in grado di
riflettere per intero la luce del sole pur non identificandosi con esso.
Nel Medio Evo, grazie anche al contributo di teologi mistici, prevalse
questa seconda posizione, tanto che già nel 1241 e nel 1244 la Chiesa
sconfessò la tesi della “visione imperfetta”. Questo provocò un lungo
dibattito che si concluse con la presa di posizione ufficiale e definitiva
di Benedetto XII, che pose fine alla controversia sulla visione beatifica,
promulgando il 29 gennaio 1336 la costituzione Benedictus Deus, nella
In che cosa consiste la visione beatifica? Nella condizione di beatitudine
promessa dal Vangelo in che misura potremo contemplare Dio? Nella
Prima Lettera ai Corinzi San Paolo scrive che, una volta redenti ed
entrati nella gloria di Dio, potremo contemplarlo «faccia a faccia» (1Cor
13,12). Dinanzi a questa fortissima affermazione, nei secoli si sono
sviluppate due correnti: i Padri delle Chiese orientali tendevano a negare
la possibilità che si potesse vedere Dio in modo perfetto, in quanto la
perfezione è solo di Dio, e solo le Persone divine, nella loro infinitudine,
potevano conoscersi totalmente. In particolare, Crisostomo affermava
che neppure gli spiriti celesti più alti, ossia neppure i Cherubini e i
Serafini, possono vedere Dio così com’è, e Dionigi l’Areopagita nel suo
De Divinis Nominibus sosteneva che Dio non è oggetto di conoscenza,
in quanto superava ogni conoscenza, e in altri scritti parlava perfino
di «tenebre che coprono Dio», da lui denominate «sovrabbondanza di
luce», che «oscurano ogni lume e si nascondono a ogni conoscenza»:
perciò, secondo lui nessun intelletto creato potrà vedere Dio nella sua
essenza, perché «Dio rimane invisibile per l’eccesso del suo splendore».
Questa posizione era in linea con la spiritualità bizantina, che ha sempre
sottolineato l’aspetto dell’assoluta trascendenza di Dio rispetto all’uomo.
3 - IL BELLO DEL PARADISO? VEDERE DIO FACCIA A FACCIA
E’ un dono della grazia, non una conquista della mente
di Stefano Biavaschi
- temiamo che dovremo vedere anche questo, insieme alle spille con la
foto dell’orsa e la scritta “Siamo tutti Daniza”.
È anche da questi segnali che appare chiaro che non abbiamo bisogno
di alcun nemico esterno per far scomparire la nostra civiltà. Stiamo già
facendo benissimo tutto da soli.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13/09/2014
a
malattia infettiva che hanno avuto, né le saprebbe attribuire al figlio
abbinato, ignora l’ubicazione dell’ambulatorio della pediatra, ricorda
appena, vagamente che abbiamo un mobiletto dei medicinali ma solo
perché c’è anche l’Aulin per il suo mal di testa, confonde i compagni di
classe dei quattro e va al saggio di danza con le notizie del calciomercato
nell’auricolare (la mia amica Paola sostiene che un padre che non si
scoccia al saggio è al limite del transgender). Eppure sa quale figlio ama
la coca alla ciliegia, fatto che per me ha del prodigioso.
Io in compenso non sono addetta alla spesa, e mi confondo nomi di
bibite, caramelle, schifezze a elevato contenuto di grassi; non so
giocare bene come lui, non sono una fonte affidabile di informazioni su
un’enorme parte dello scibile umano – e guarda caso quella che interessa
di più alla nostra prole: storia, politica, musica, cinema... So che ognuno
di noi due ama come può, meglio che può, dando quello che può. E
so che sarà abbastanza, perché è tutto l’amore che abbiamo in corpo.
Questo amore limitato, squinternato e ferito – anche i genitori si portano
dietro le loro storie – comunque dirà loro una sola cosa. Che vale la pena
vivere. Che la vita è una cosa grandiosa, bella, bella, bellissima. Questo
vogliono sapere da noi i figli, e vogliono guardarci, noi due, e vedere
che quell’amore da cui sono nati c’è ancora. Per loro è una garanzia, è il
permesso di esistere, il permesso di essere anche brutti, sporchi e cattivi,
perché contenuti da un abbraccio più grande di loro, più di qualsiasi
ombra possa mai oscurarli, un abbraccio che li trascende, e che non
aspetta niente da loro in cambio.