IL DESIGN SARA` PRIMO E PRIMARIO
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IL DESIGN SARA` PRIMO E PRIMARIO
IL DESIGN SARA’ PRIMO E PRIMARIO Nell’incerto panorama attuale la proposta per una possibile uscita d’emergenza del design di CLINO T. CASTELLI e ANTONIO PETRILLO Un fenomeno appare sempre più evidente: la perdita della fiducia sulle capacità del design di riqualificare la realtà, quale gli era stata riconosciuta dal Bauhaus a oggi. Fra i mille dubbi e ripensamenti che accompagnano la crisi di una professione, si è però delineata una nuova possibilità, in grado di affrontare le problematiche attuali e di subentrare al design tradizionale nel suo ruolo di guida della realtà produttiva. Per comprendere il significato e le motivazioni che la determinano è bene ripercorrere le ragioni che hanno portato alla crisi del design e che ne limitano ora le potenzialità. Al raggiunto livello di perfezione formale e di prestazioni funzionali non ha corrisposto un effettivo recupero dello stato di alienazione e di estraneità che caratterizza oggi il mondo degli oggetti. Si è prodotta così una nuova domanda di soggettività, una profonda esigenza di riappropriazione culturale dell’ambiente in cui operiamo. Il tipo di cultura su cui è cresciuto il design, e che è stato sinora vincente in quanto gli ha consentito di gestire, controllare e qualificare la produzione industriale, ha esaurito la propria capacità di rispondere alle esigenze poste dalla condizione odierna. Molteplici sono le ragioni culturali, strutturali e tecniche che determinano questa condizione di inadeguatezza: a) le oscillazioni del senso. La relazione dell’uòmo col mondo sta mutando. Egli non sembra attendersi da una verità esterna il senso del suo destino, né è più propenso a porsi come misura delle cose o autore di un senso metastorico. La dimensione fluttuante e incerta di una verità contingente, legata al tempo e alla situazione in cui si produce, è diventata la sua condizione. Un pensiero senza fondamenti, la deriva del senso, rappresentano il nuovo orizzonte culturale in cui si muove e agisce. Questa trasformazione investe ogni settore della vita contemporanea, dalla crisi delle ideologie in politica, al principio di determinazione in scienza, alla perdita di ogni referente esterno in morale e in estetica. Un’«ontologia del declino», la consapevolezza della storicità dell’essere, della sua essenza fisica e corporea, legata ai ritmi della nascita e della morte, subentra all’ontologia forte della verità come senso dell’essere, del primato metafisico del «logos» in cui si attua la rimozione del corpo e la negazione della multidimensionalità dell’esperienza. Due profonde alterazioni semantiche segnano questa evoluzione: innanzitutto lo slittare da una dimensione dell’espressività e della proiezione di sé a una condizione di ricettività e di desiderio di dilatare la propria sensibilità e sperimentare sempre nuove esperienze; poi il passaggio dall’ordine simbolico e metalinguistico della significazione e della prospettiva unificante che fa riferimento a un’idealità comune e a codici collettivi, a una condizione immaginaria, immersa nel linguaggio, permeata dalla costellazione di sensi e di significazioni parziali che si generano negli stati d’esperienza soggettivi. Allo spazio rinascimentale, prospettico, omogeneo, proiettato dall’occhio, si sostituisce così la fenomenologia di uno spazio primario, multidimensionale e ricettivo, cui l’uomo è profondamente innervato. © 1983-2007Clino T. Castelli. All right reserved 2 1 b) La dinamica evolutiva. Il livellamento delle caratteristiche funzionali e delle prestazioni porta a privilegiare i fattori di scelta legati alla sfera soggettiva come nuovi parametri di differenziazione dei prodotti. Questi criteri di valutazione hanno assunto un ruolo di primaria importanza sul piano economico. Un nuovo concetto di qualità d’uso «soggettivo» del prodotto si è così imposto, distinto da quello relativo agli aspetti hard del funzionamento e che non è interpretabile con i tradizionali strumenti professionali. Esso non si identifica, infatti, con la misura delle prestazioni che l’oggetto deve possedere in riferimento a un modello (la parte oggettivabile del comportamento umano), ma implica un tipo di valutazione che coinvolge tutte le dimensioni dell’esperienza soggettiva. Alla definizione della qualità attraverso il modello subentra così l’esperienza fisica dell’utente come il nuovo elemento organizzatore dello spazio della valutazione. c) L’evoluzione tecnologica. Le nuove potenzialità tecnologiche consentono produzioni sempre più differenziate e stanno determinando una progressiva smaterializzazione del «mezzo» tecnico rispetto agli effetti che produce. La terza generazione degli oggetti tecnologici sta perdendo la propria tridimensionalità. Il mondo si trasforma in una serie di superfici reattive al tocco umano. Sempre meno il design dovrà così rivolgersi al 5 6 © 1983-2007 Clino T. Castelli. All right reserved 1. Il diaframma di legno di Marvin Torffield genera un complesso set di forme sonore tra diaframma e spettatore. 2. Peter Behrens, manifesto per lampadina a incandescenza, 1907. 3. Nella costruzione della moschea della Kutubiyya di Marrakech, fatta erigere dal sultano Yaqub al Mansur nel 1195, furono mischiati nell’impasto 960 sacchi di muschio per darle un certo odore. 4. Clino T. Castelli, Workstation in forma di alzata del nuovo programma di colori, materiali, finiture dell’Action Office della Herman Miller. 5. Andrea Branzi, Cdm: sistema di colori Piaggio, 1978. 6. Lo spazio acustico non è unificato e prospettico come quello che percepisce l’occhio, ma è articolato nel tempo e interagisce con la posizione del corpo. Alvar Aalto, sala nel Palazzo dei Congressi a Helsinki. Il diagramma acustico evidenzia la forma dell’invaso come funzione del suono. 7. Nuovi strumenti sono necessari per l’analisi della realtà percettiva e emozionale che caratterizza il design primario. Goniometro Brs per determinare i fattori di illuminazione solare. 8. Solido di illuminazione les. 9. Diagramma per la determinazione dei fattori di illuminazione solare su un piano verticale. 7 che essere sempre meno feticista. Il design primario 3 «corpo» delle cose, mentre significative diventano le dimensioni plastiche che i sistemi di manipolazione tecnologica consentono di mettere in atto. Dal design del prodotto progressivamente si passerà a un design degli stati sensoriali e alla qualità dell’oggetto subentrerà quella del vissuto esperienziale. Al design, ancora attento unicamente all’aspetto formale dei prodotti e alle problematiche di un rapporto forma-funzione, si imporrà dunque un superamento del tradizionale ambito di intervento e una diversa considerazione. Nell’epoca del post-oggetto il linguaggio progettuale non potrà Competenze diverse stanno così emergendo a livello professionale insieme a una profonda esigenza di ridefinizione degli strumenti concettuali e di progettazione. Il rinnovamento non sembra però possibile unicamente attraverso scelte stilistiche o estensioni di conoscenze; la nuova domanda di soggettività pone una sfida al design classico. L’alto livello di qualità oggettiva dei prodotti ha fatto riferimento a un modello impersonale di funzioni, quale un’ideologia dello human engineering postulava. Prodotti e oggetti rispecchiano così un «tipo» di utenza, ma hanno scarse relazioni con la sfera soggettiva. Il «tipo» è infatti l’iscrizione di un modello della soggettività, indica l’incapacità ad affrontarla in termini di libertà e differenza; il design ha fatto ricorso a scienze come l’ergonomia per eludere appunto il problema della soggettività, per oggettivare 8 4 le differenze. Il primato della qualità oggettiva tende però a produrre alienazione. A ciò il design ha reagito attraverso la moltiplicazione dei tipi e dei prodotti. Si tratta invece di ristabilire il primato della funzione umana, rendendo l’ambiente reattivo al tocco umano e manipolabile. Alla massificazione si deve rispondere attraverso la riduzione dell’identità hard dei prodotti; alla moltiplicazione dei tipi (varianti di prodotti) va opposta la soddisfazione attraverso l’arricchimento dei valori (varianti d’uso soggettivo e possibilità di manipolazione emozionale). Questa riduzione dell’identità hard non può però essere realizzata attraverso un design «ludico», che vuole essere Alla pagina seguente: primo diagramma ambientale (1977) elaborato da Clino T. Castelli per rappresentare la dimensione percettiva del salone di Palais Stonborough di Wittgenstein. Non sono rappresentati elementi strutturali (muri, porte) ma curve di livello, fronti d’onda, flussi di calore, odori, colori, che dalle sorgenti presenti nell’ambiente raggiungono i sensi dell’uomo. 9 © 1983-2007Clino T. Castelli. All right reserved liberamente creativo e in realtà è spesso gratuito e rifugge dalle responsabilità che l’attuale modo di produzione e la necessità di orientarlo pongono. In ogni epoca si è infatti affermato il linguaggio progettuale che è riuscito ad affrontare e dominare le dinamiche evolutive della tecnologia e a rispondere alle trasformazioni sociali che esse comportavano. La situazione è analoga a quella prodottasi agli inizi del secolo. Allora, come ora, una condizione di inadeguatezza si era diffusa fra i progettisti rispetto all’efficacia del loro operare. Tematiche comuni, come la necessità di saldare il lavoro e l’arte o il rigetto dello storicismo, furono proprie alI’Art Nouveau e al Bauhaus, ma mentre nella prima la ricerca di un nuovo linguaggio si tradusse in una operazione stilistica incapace di assimilare le nuove forze sociali e tecnologiche, segnandone così dal sorgere la fine, il Bauhaus elaborò la risposta progettuale alle nuove condizioni della produzione industrializzata, inventando il linguaggio della cultura moderna. La nuova cultura high touch Alla fine di questo secondo millennio un diverso ordine della artificialità si sta definendo: non l’impersonale concatenamento meccanico, ma l’indefinita potenzialità di manipolazione. All’epoca della macchina che ha caratterizzato la fase industriale sta subentrando il tempo dell’oggetto immateriale, del medium invisibile che dilata le potenzialità umane oltre i limiti del corpo e consente di riconfigurare la realtà a partire da esse. Una nuova cultura tecnologica, simbolica e materiale si sta originando. All’ideologia «high tech» che esaltava la qualità tecnologica degli oggetti, gli aspetti strutturali 10. Il colore cessa di essere un attributo aggiunto alla forma, ma acquisisce un’autonoma identità e un ruolo primario di specifico livello di lettura e di composizione dell’opera: Luis Barragan, scuderia nei sobborghi di Mexico City. © 1983-2007 Clino T. Castelli. All right reserved e produttivi, sta subentrando una cultura «high touch» che della tecnologia considera le potenzialità di riumanizzazione del mondo, la capacità che oggi mostra di rendere nuovamente l’uomo il centro di gravitazione dello spazio costruito. Grazie alle indefinite possibilità di controllo generate dall’elettronica, gli elementi della sensorialità, i fattori connessi con la sfera soggettiva e l’esperienza fisica dell’utente diventano gli elementi di valutazione della qualità ambientale, i parametri high touch che definiscono le nuove identità dei prodotti. Si impone così al design una nuova concettualità e disciplinarietà, in grado di elaborare gli strumenti per qualificare in modo creativo le potenzialità dello sviluppo tecnologico e capace di individuare il tipo di linguaggio per l’attuale era produttiva. Essa deve definire i parametri che configurano l’uso sensoriale dello spazio e i modi della valutazione soggettiva, derivare da essi le pertinenze qualitative dei prodotti e gli strumenti compo- sitivi dell’ambiente. È cioè necessario che le sensazioni diventino materia di design. Di tale realtà si rende interprete il «design primario». Esso considera tutte quelle strutture soft, come le percezioni cromatiche, chiaroscurali, acustiche, gli aspetti olfattivi, tattili e di finitura dei materiali, che organizzano l’esperienza fisica e l’uso sensoriale dell’ambiente. Tali strutture rappresentano veri e propri linguaggi plastici e incidono sulla qualità architettonica e degli oggetti in maniera più diretta degli aspetti compositivi e strutturali. Più che un design di oggetti, il design primario è un design di stati sensoriali, un operatore di «aesthesis» soggettuali e di configurazioni plastiche. In tal senso non rappresenta solo la risposta linguistica e progettuale alle attuali possibilità di controllo della qualità ambientale tramite la tecnologia, ma si lega agli aspetti più profondi della nostra relazione antropologica con il mondo; riprende una originaria tradizione, culturale e ambientale, che, soprattutto nella cultura orientale dello spazio, ha considerato l’esperienza sensoriale parte integrante della composizione progettuale. Tutto ciò richiede anche al design la necessità di rigenerazione della propria attitudine professionale; non si tratta di una semplice estensione delle sue conoscenze, ma di una rivoluzione culturale, di un potenziamento della sua capacità di sentire e di essere coinvolto nella dimensione temporale e multimediale della sensorialità. Al mito intellettualistico della progettazione globale, che nell’attuale complessità appare sempre meno attuabile - come testimonia il fallimento delle grandi configurazioni urbane - e alla specializzazione settoriale, deve succedere un nuovo modo di essere «generalisti», che colga la realtà secondo un certo tipo di sensibilità e un preciso livello di intervento di tipo professionale. 11. Hollein, museo di Mönchengladbach: sistema di raccolta della luce naturale. Le nuove dimensioni plastiche originate dal colore, dalla luce, dal regime acustico, che rappresentano ormai autonomi livelli di configurazione, richiedono di essere trattate e rappresentate con strumenti nuovi, che consentano di controllare a priori l’operare progettuale e per i quali non esistono tecniche consolidate come quelle che consentono di fissare un linguaggio spaziale. Come per la geometria andranno individuati i modi di strutturazione di tali linguaggi, le loro grammatiche e le forme di significazione; al pari del disegno e della rappresentazione grafica vanno elaborati nuovi strumenti di lavoro, che seguono canali legati all’informazione, alla visualità, alle comunicazioni. Non dovrà trattarsi di semplici tecniche di visualizzazione, ma di forme di codificazione che consentano di fissare e memorizzare corpus di informazioni, di elaborarle e ricostruirle al fine di poter delineare questo nuovo mondo dell’immaterialità. © 1983-2007Clino T. Castelli. All right reserved