A002250 Da PSICOLOGIA CONTEMPORANEA, del 1/11/2011, pag

Transcript

A002250 Da PSICOLOGIA CONTEMPORANEA, del 1/11/2011, pag
A002250, 1
A002250
FONDAZIONE INSIEME onlus.
Da PSICOLOGIA CONTEMPORANEA, del 1/11/2011, pag 43 <<CRISI DI
MEZZA ETÀ>> di Wiebke Schonbohm-Wilke, psicologo. (vedi in fondo
al pezzo per maggiori dettagli)
Per la lettura completa del pezzo si rimanda al periodico citato.
Uomini dalle tempie grigie che nel pomeriggio della vita
inaspettatamente si comprano una Porsche rossa o corrono dietro a
ragazze molto più giovani.
Cosa c’è realmente dietro le manifestazioni di quella che gli
psicologi chiamano anche seconda pubertà?
Ricerche recenti indicano che tale fenomeno, noto alla scienza
da almeno 150 anni, può colpire chiunque, comprese le donne, e in
casi estremi può causare perfino gravi danni alla salute.
Anche se la diagnosi di “crisi di mezza età” non compare in
nessun certificato medico, del fenomeno si occupano numerosi
professionisti, fra cui medici generici, urologi, psicologi e
psicoterapeuti.
Invano tuttavia si cercherebbe sulle Pagine Gialle lo
specialista di questa fase di svolta nella vita maschile.
Ma esiste poi davvero il misterioso disturbo o è solo
un’invenzione delle case farmaceutiche e forse, in alcuni casi una
misera scusa accampata dagli uomini migliori?
Un’occhiata alla storia mostra che già nella antichità
classica e poi di nuovo agli albori dell’età moderna i medici
discutevano sugli “anni climaterici” del maschio.
Come suggerisce il termine stesso “climaterio” (dal greco
klimax, “gradino”, “punto critico"), la concezione ruotava su un
decorso a scala della vita umana, nel quale aveva un’importanza
particolare il modello dei sette anni dopo la seconda dentizione e
il raggiungimento dell’età della ragione a 7 anni, a 14 arrivava
la pubertà, a 21 l’inizio della vita adulta e a 28 il
raggiungimento del massimo vigore, con la decadenza fisica già a
partire dai 35.
La trattazione moderna della crisi della mezza età è stata
introdotta sulla scena dagli psichiatri tra i XIX e il XX secolo.
Già nel 1895 Sigmund Freud scriveva: <<Ci sono uomini che, non
diversamente dalle donne, manifestano anch’essi un climaterio e in
un periodo di potenza sessuale calante e libido crescente
sviluppano nevrosi d’angoscia>>.
Il concetto di midlife crisis è stato infine coniato nel 1965
dallo psichiatra inglese Elliott Jaques.
Da allora innumerevoli studi medici e psicologici hanno
illustrato cosa significhi che, a partire dai 40 anni, il livello
di testosterone abbia un calo annuo del 1% e quali particolarità
psicosociali siano legate a questo fenomeno biologico.
Ricerche molto recenti sottolineano che c’è davvero una crisi
verso la metà del ciclo vitale, crisi che può colpire chiunque,
maschi e femmine, ricchi e poveri, con figli & senza.
A002250, 2
Gli economisti David G. Blanchflower e Andreas Oswald hanno
sottoposto circa mezzo milione di persone in 72 paesi a un
questionario sullo stato generale di benessere psichico.
In Argentina come in Svezia, la ricerca pubblicata nel 2007
mostrava dappertutto la stessa curva a U della felicità personale:
massima a 20 anni, raggiunge i valori minimi fra i 40 e i 50 (in
Germania mediamente verso i 43 anni), per risalire gradualmente in
seguito.
Un dato confortante: i settantenni che non hanno grossi
problemi di salute ritornano spesso al livello di benessere
mentale dei ventenni.
Secondo gli autori questo andamento si può spiegare COSÌ:
1) giunto a metà del suo percorso, l’individuo si rende conto
di tutto quello che non potrà più raggiungere per ragioni d’età;
2) le persone felici vivono più a lungo, cosicché la fascia
d’età più alta raccoglie i fortunati sopravvissuti;
3) con la mezza età si deve elaborare l’inquietante
consapevolezza della propria mortalità.
D’altro canto non tutti sono investiti dalla crisi.
A quanto risulta dalle ricerche, solo il 25% circa dei
trentacinquenni denuncia una tendenza accentuata alle
preoccupazioni e alle angosce.
Ma anche uno psicologo tutt’altro che allarmista come Matthias
Probandt, che nel suo studio di terapia della Gestalt a Oldenburg
ha a che fare quotidianamente con clienti in crisi, riferisce che
negli ultimi anni il fenomeno ha avuto una crescita
“esponenziale”.
<<La midlife crisis è un fenomeno di riequilibrio,
paragonabile a una seconda pubertà>>, spiega Probandt.
Così come il quindicenne si rende conto dolorosamente che i
compagni se la cavano meglio con le ragazze o nello sport, allo
stesso modo nella seconda pubertà la psiche maschile può essere
profondamente ferita dalla consapevolezza che ormai la carriera
lavorativa è arrivata al top, che il vicino guadagna di più e ha
sposato una donna più desiderabile.
Non diversamente dal ragazzino brufoloso, anche il quarantenne
si pone domande centrali: <<Quanti anni mi restano da vivere?
Cosa ho fatto della mia vita?
Ho seguito solo la corrente come
tutti gli altri?>>.
Ovvero, più brutalmente: <<Ho avuto anch’io la mia parte di
torta?>>.
In sostanza, se il bilancio della vita paragonato ai coetanei
risulta meno brillante, può sorgere una classica crisi d’identità,
come avviene in adolescenza.
Oltre al continuo rimuginare, l’affiorare dei rimpianti è il
sintomo principale della crisi: ripensare alle occasioni mancate,
rendersi conto che certe cose non si possono più realizzare.
La vita appare come un corridoio sempre più angusto, con alle
spalle tante porte spalancate: <<Ho fatto bene a non varcarne
nessuna?
Chissà se là dietro avrei trovato la “pienezza della
A002250, 3
vita”?
Ho vissuto davvero o mi sono lasciato vivere, spinto da
vigliaccheria, pragmatismo, bramosie superficiali?>>.
Spesso la crisi di mezza età è un fenomeno di lusso.
Sono soprattutto uomini istruiti e benestanti quelli che dopo
i quarant’anni, insaziabili, chiedono a gran voce sempre di più
dalla vita, benché in realtà a tormentarli siano i dubbi su se
stessi.
Qualcuno allora ribalta la propria esistenza da cima a fondo,
abbandona la professione, divorzia e sposa una ventenne.
Una contraddizione tuttavia continua a risuonare nella testa
di molti di questi uomini, come un nastro senza fine: <<Tutto va
bene, ho realizzato quasi tutti i miei desideri, ho una vita
comoda, perché allora sono insoddisfatto?>>.
Secondo Probandt l’infelicità maschile sarebbe dovuta
soprattutto alla mancanza di scopi.
Quando si arriva a metà della vita molte pietre miliari sono
ormai raggiunte e superate: costruita una famiglia, comprata una
casa, fatta carriera, cosa resta ancora?
In particolare le persone orientate verso le prestazioni e le
realizzazioni non sopportano l’idea di avere apparentemente fatto
tutto quello che c’era da fare.
Si trovano allora a combattere
con la noia, il vuoto, gli interrogativi sul senso della vita.
<<La crisi della mezza età è un costrutto, non è possibile
osservarla al microscopio>>, afferma Probandt, che distingue
chiaramente il fenomeno da altre sindromi cliniche, in quanto si
tratta a suo avviso in primo luogo di un disturbo della situazione
emotiva, cioè del modo di trovarsi nel mondo.
L’attuale ricerca scientifica tuttavia mostra che spesso gli
interessati soffrono anche di difficoltà fisiche e psichiche, come
disturbi della concentrazione e del sonno, disappetenza,
affaticamento ed eccitabilità.
I problemi di potenza sessuale peraltro non sono sempre
presenti e inoltre non correlano con l’età e con il calo del
testosterone.
Sta di fatto comunque che una crisi inizialmente innocua, se
non viene superata, può degenerare in un quadro patologico più
grave, sfociando ad esempio in problemi di dipendenza, in
depressioni o nei casi peggiori addirittura nel suicidio.
La crisi della mezza età del resto non è un problema
esclusivamente maschile.
Anche le donne possono essere tormentate da rimpianti e recriminazioni ossessive.
Ecco, ad esempio, la casalinga ultraquarantenne, alle prese
con la sindrome del nido vuoto dopo che i tre figli hanno preso il
volo, che fa i conti con la propria sorte:
<<Perché a suo tempo non mi sono iscritta all’Accademia di
belle arti?
Oggi potrei..>>.
Di solito la crisi colpisce le donne più presto e in maniera
meno intensa.
A002250, 4
Nel loro caso ha un ruolo centrale la soluzione del problema
della maternità: è stato giusto scegliere la carriera e rinunciare
ai figli?
Il compagno di una vita è davvero l’uomo giusto?
Anche nelle donne la mezza età vissuta come una seconda
adolescenza può portare a comportamenti abbastanza vistosi:
ultraquarantenni che improvvisamente si vestono come le figlie,
tornano in discoteca, abbandonano la famiglia.
Che parte ha la nostra società in questo addensarsi di nubi
nere nel pomeriggio della vita?
Stando al parere degli psicologi la midlife crisis sarebbe una
“figlia della libertà”.
Anche se la curva a U della vita si ritrova in molti paesi e
in molte culture, questa crisi è piuttosto un fenomeno
occidentale, alimentato dal crescente edonismo e individualismo
della società.
Un minatore boliviano che sgobba ogni giorno come un mulo non
si pone interrogativi esistenziali, non ha alternative e basta.
Nella nostra società moderna, invece, i media e la pubblicità
suggeriscono di continuo l’illusione che si possa fare tutto e di
fronte a tale modello il bilancio della propria vita risulta
spesso magro.
Anche le crescenti pretese di eterna giovinezza hanno la loro
parte: negli anni della maturità le persone si rispecchiano nei
media che le mettono in scena sempre spensierate e in piena salute
come dei ventenni, ma nella realtà devono fare i conti con le
trasformazioni fisiche del proprio corpo.
Secondo Hans-Werner Wahl, professore di Psicologia
dell’invecchiamento all’Università di Heidelberg, l’aumento
tendenziale dei casi di midlife crisis in entrambi i sessi dipende
dalla combinazione di vari fattori individuali e sociali.
Le sue ricerche attestano in quella fascia d’età una maggiore
percentuale di single, e, di conseguenza, una più alta probabilità
di dover affrontare senza un partner anche il tempo di vita che
rimane.
In particolare, gli uomini non reggono bene questa situazione,
per cui cresce il rischio di sviluppare dipendenze o altre
patologie.
Eventi critici come la rottura di un rapporto di coppia nella
fase centrale dell’esistenza pongono quindi intense sfide al
progetto di vita per gli anni a seguire.
A questo si aggiunge, in particolare per le donne, la cura dei
genitori spesso non più autosufficienti.
Secondo Wahl questa responsabilità non solo pone le persone di
fronte alla finitezza della vita, ma comporta grossi pesi emotivi
e la rinuncia ai propri interessi personali.
Ma in ogni crisi si nasconde anche un nuovo inizio.
Ciò trapela già dal significato originario della parola greca:
crisis significa sia giudizio critico che punto di svolta.
A002250, 5
Chi riconosce le cause della propria crisi e le affronta in
maniera costruttiva ha buone probabilità di uscire rafforzato dal
cimento del bilancio interiore.
Non servono lunghe ruminazioni, ma la decisione di plasmare
attivamente la sera della propria vita: chissà, magari impegnarsi
nella società sportiva del figlio, sperimentare con la compagna
nuovi impieghi del tempo libero, osare finalmente il salto dal
lavoro dipendente a un’attività autonoma.
Perché il desiderio struggente di emozioni può essere
soddisfatto solo dall’esperienza di essere desiderati, apprezzati
o amati.
È un investimento che si ripaga abbondantemente: per la
maggioranza dei quarantenni di oggi le aspettative correnti
comportano in fin dei conti altri quattro o anche cinque decenni
di vita.
Per questa lunga durata, che include tutto il tempo che resta
dopo aver concluso gli impegni lavorativi, vale la pena di
ridefinire i propri valori e di inventarsi un programma tagliato
su misura per le proprie esigenze individuali.
Nella vita di coppia è importante uno aperto scambio di idee
su decisioni come quelle che riguardano i figli.
Un colloquio fiducioso circa gli scopi comuni e individuali
può idealmente portare a un’intesa gioiosa con la vita e con l’età
che avanza.
Importantissimi sono saldi contatti sociali, perché anche i
single invecchiando possano costruirsi un futuro felice.
Contro ogni tipo di crisi esistenziale, una prevenzione
efficace può essere non perdere mai di vista nella vita quotidiana
le cinque domande della terapia della Gestalt:
Cosa voglio?
Cosa sto facendo?
Come mi sento?
Cosa evito?
Cosa succederebbe se non lo evitassi?
Chi si pone regolarmente queste domande e vi risponde con
sincerità si mantiene autentico e vivo, non si lascia imprigionare
dai modelli di ruolo nella vita quotidiana e nelle relazioni
personali, rimane aperto alle idee nuove e in questo modo si
premunisce contro la crisi della mezza età.
© PSYCHOLOGIE HEUTE. TITOLO ORIGINALE: «DIE ZWEITE PUBERTÀT», APRILE 2011, pp.
46-49. TRADUZIONE DI GABRIELE NOFERI.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
HOPER H.-G. (2008), <<Gefàhrliche Jahre. Eine kurze Geschichte des mannlichen Klimakterums»,
Ars Medici, 9.
SEIKOWSKI K., STOBE K., HARTH W (2007),
<<Midlife Crisis bei Mannern? Subjektiv wahrgenommene krper1iche und psychische Verànderungen bei
Mannern zunehmenden Alters>>, MMW- Fortschritte der Medizin, 149(4),132-136.
A002250, 6
WAHL H.W, -KRUSE A. (2010), Zukunft Altern. Individuelle und gesellschaftliche
Weichenstellungen, Spektrurn Akademischer Verlag, Heidelberg.