TRASPORTO PUBBLICO URBANO ORARI E TURNI DI SERVIZIO

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TRASPORTO PUBBLICO URBANO ORARI E TURNI DI SERVIZIO
TRASPORTO PUBBLICO URBANO
ORARI E TURNI DI SERVIZIO DEL PERSONALE DI GUIDA
FONTI LEGISLATIVE
1) R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328 (orari e turni di servizio);
2) Legge 22 febbraio 1934, n. 370 (riposo settimanale);
3) Decreto Ministeriale 22 giugno 1935 (riposo settimanale);
4) Direttiva 2000/34/CE del 22 giugno 2000 di modifica alla Direttiva
93/104/CE sull’orario di lavoro;
5) D.lgs. 8 aprile 2003, n. 66 così come modificato dal D.lgs. 19 luglio 2004, n.
213.
FONTI CONTRATTUALI
1) C.C.N.L. 23/07/1976 art. 4/A, 4/A.1, 4/A.5 (miglior favore);
2) C.C.N.L. 12/07/1985 art. 4 pag. 68 (ore 39,00);
3) C.C.N.L.
25/07/1997
art.
8
pag.
69
(norma
programmatica
di
flessibilizzazione dell’orario di lavoro);
4) A.N. 27/11/2000 art. 6 pag. 70 (media su 17 settimane);
5) A.N. 18/11/2004 art. 6 [2 permessi aggiuntivi al personale (con 52 riposi
annui)].
COMPETENZA A TRATTARE LA MATERIA
LIVELLO NAZIONALE
ORARIO DI LAVORO
Art. 2 C.C.N.L. 23/07/1976;
Art. 1 e 2 C.C.N.L. 12/07/1985;
ART. 7 C.C.N.L. 25/07/1997.
1
DURATA
Art. 4/A.1 C.C.N.L. 23/07/1976;
C.C.N.L. 12/07/1985.
ARTICOLAZIONE
Art. 4/A.1 C.C.N.L. 23/07/1976 (7 settimane);
Art. 6 A.N. 27/11/2000 (17 settimane).
LIVELLO LOCALE
Art. 4/A.1 C.C.N.L. 23/07/1976 (nastro lavorativo numero e durata delle riprese,
intervalli tra le riprese, modalità di cambio);
Art. 3 A.N. 12/07/1985 (molto importante è al riguardo il punto e);
Art. 6 C.C.N.L. 25/07/1997 (premio di risultato).
N.B.: Gli accordi sottoscritti a livello locale sull’orario di lavoro e sui turni di
servizio pure se non del tutto allineati alla normativa di legge o di contratto
nazionale, purché migliorativi, sono da ritenersi validi a tutti gli effetti, anche se
recentemente la giurisprudenza ha ammesso la possibilità delle “reformatio in
peius”. L’art. 4/A.5 del C.C.N.L. 23/07/1976 prevedeva espressamente la validità
degli accordi sindacali locali in essere a quella data.
La normativa prevista dal D.lgs. n. 66/2003 come modificato dal successivo D.lgs.
n. 213/2004, in virtù delle deroghe previste dall’art. 16 1/f e 1/l, non si applicano
per il momento al personale di condotta dei mezzi urbani.
Il successivo punto 2 prevede un futuro aggiornamento ed armonizzazione della
durata settimanale dell’orario di lavoro.
Operazione che a tutto oggi non è stata realizzata.
Sono, in ogni caso, fatte salve le condizioni di miglior favore in essere alla data di
emersione del decreto legislativo in materia di durata settimanale dell’orario di
lavoro.
Con il successivo art. 17 si prevede che le norme di cui all’art. 7 (riposo
giornaliero) art. 8 (pause), art. 12 (organizzazione del lavoro notturno) possono
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essere derogate con accordi sindacali di livello nazionale. Il punto 6 dello stesso
articolo prevede, però, che: “nel rispetto dei principi generali della protezione, della
sicurezza dei lavoratori le disposizioni di cui agli art. 7 (riposo giornaliero), art. 8
(pausa), art. 9 (riposo settimanale) e art. 13 (lavoro notturno) del presente decreto
legislativo non si applicano al personale mobile”. Nel secondo periodo dello stesso
articolo troviamo che: “per il personale mobile dipendente da aziende
autoferrotranviarie trovano applicazione le relative disposizioni di cui al R.D.L. 19
ottobre 1923, n. 2328 ed alla Legge 14 febbraio 1958, n. 138”.
L’art. 19 (disposizione transitoria e abrogazioni) al punto 3 prevede un’altra
eccezione alla applicazione del decreto legislativo in argomento, che, però, non è
piena, anzi le norme previste dal R.D.L. n. 2328/1923 e della Legge n. 138/1958
debbono essere compatibili con le disposizioni del decreto legislativo stesso.
Questa eccezione riguarda l’art. 9, comma 5 (riserva di decretazione sulle modalità
di usufruizione del riposo settimanale), l’art. 16 (deroghe alla disciplina sull’orario
di lavoro settimanale, l’art. 17 (deroga sul riposo giornaliero, nelle pause, nel
lavoro notturno, durata massima del lavoro settimanale).
Ciò starebbe a significare che mentre per il personale mobile (macchinisti,
conducenti e capi treno) si applicano in via esclusiva le norme previste dal R.D.L.
n. 2328/1923 e dalla Legge n. 138/1958, per il personale addetto ad attività
autoferrotranviarie necessarie per assicurare la continuità del servizio, dette norme
possono essere applicate solo se compatibili con le disposizioni del decreto citate in
precedenza.
Si tratta di una disparità di trattamento non del tutto giustificata, a meno che non si
voglia interpretare la norma con una certa forzatura per la quale la compatibilità
debba essere verificata anche per il personale mobile.
Il R.D.L. n. 2328/1923, come noto, pur essendo stato abrogato dal D.P.R. n.
753/1980 al momento della emanazione del D.lgs. n. 66/2003 dispiegava i suoi
effetti, in quanto le norme regolamentari, che lo avrebbero dovuto sostituire (ex art.
100 e 102 del decreto presidenziale sopra citato), non avevano ancora visto la luce.
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Il legislatore del 2003, con il consenso del Sindacato anche se non del tutto
convinto, data l’urgenza (andavano evitate le pesanti sanzioni minacciate dalla CE)
non avendo a disposizione né le norme regolamentari previste dal D.P.R. n.
753/1980, né una contrattazione sindacale organica ed adeguata, non poté far altro
che fare riferimento alle norme di legge esistenti (la Legge n. 138/1958) o vigenti
“sub conditione” (appunto il R.D.L. n. 2328/1923).
In questo modo, purtroppo, si è ridata vigenza piena ad una normativa di settore per
nulla adeguata all’evolversi ed alle esigenze del trasporto pubblico di persone sia
nel campo delle ferrovie concesse che in quello urbano e suburbano su gomma.
Chiusa questa non breve premessa, è tempo di entrare nel vivo dei problemi sulle
tematiche relative all’orario di lavoro, ai turni di servizio, al concetto di nastro
lavorativo, al riposo giornaliero e a quello settimanale, tenendo naturalmente conto
delle norme del R.D.L. n. 2328/1923 dichiarate incostituzionali.
Chi volesse approfondire anche se in maniera schematica le differenze tra il D.lgs.
del 2003 e la precedente legislazione ed il rapporto tra detto decreto e le norme
contrattuali può consultare o l’apposito quaderno edito dalla Uiltrasporti oppure
“L’evoluzione del C.C.N.L. dal 2001 al 2005”.
DEFINIZIONE DI LAVORO EFFETTIVO E NON EFFETTIVO
Il testo del 1923 considera effettivo “ogni lavoro” che richieda una applicazione
assidua e continuativa, mentre l’occupazione di semplice attesa o custodia, o
comunque di altra natura non assidua e non continua viene considerata lavoro non
effettivo.
Questa definizione è in contrasto netto con l’art. 1 p. 2 del recente decreto, che fa
rientrare nell’orario di lavoro anche il periodo in cui il lavoratore è a disposizione
del datore di lavoro o nell’esercizio delle sue attività o delle sue funzioni.
Il calcolo del lavoro effettivo ex R.D.L. n. 2328/1923 per il personale addetto a
condurre mezzi di trasporto pubblico di persone (ferrovie concesse, tranvie
extraurbane e autovie o filovie urbane), in via esemplificativa, riguarda per intero: i
tempi accessori (pre e post) il periodo di condotta, le soste inferiori alla mezz’ora, il
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servizio di manovra o di rinforzo, lavori effettuati sulla macchina, nonché la
presenza a bordo della stessa, in attesa di partire, mentre viene computato tra il 25
ed il 50% per prestazioni accessorie non definibili a priori, per i 50% del tempo
senza prestare servizio per trasferimenti comandati su mezzi aziendali (andata e
ritorno), per il 25% per servizio di riserva disponibile in deposito. Pur non essendo
calcolate per intero come lavoro effettivo, ma in percentuale, dette voci rientrano
per R.D.L. del 1923 nella durata del periodo lavorativo con evidenti riflessi sul
riposo giornaliero.
La contrattazione nazionale in effetti non ha mai affrontato in maniera pregnante le
conseguenze del disposto in narrativa, ma ha preferito delegare implicitamente alle
strutture periferiche la trattazione del concetto di orario di servizio.
Al proposito vedi l’art. 4/A.1 del C.C.N.L. del 1976 e successivamente l’art. 8 del
C.C.N.L. del 25/07/1997 e l’art. 6 del C.C.N.L. del 2000. Al riguardo è opportuno
rammentare la forte avversione della Fenit ad affrontare l’argomento, tanto è che
l’art. 4/b, sempre del C.C.N.L. del 1976, non fa che confermare la piena ripresa
del R.D.L. n. 2328/1923, poi abrogato nel 1980, ma mai sostituito.
Di contro le Organizzazioni Sindacali locali sono riuscite in molti casi ad
ammorbidire le rigidità (tipica del tempo) di detta normativa.
DURATA DELL’ORARIO DI LAVORO
Le 48 ore settimanali (massimo 8 ore giornaliere) previste dal decreto del 1923 sono
state progressivamente ridotte attraverso la stipula di vari contratti nazionali di
categoria. Ora ex A.N. del 1985 l’orario di lavoro settimanale è fissato in 39 ore.
La contrattazione locale ha superato in molti casi quello nazionale, per cui in non
poche aziende il limite delle 39 ore risulta inferiore. Da qui le norme nazionali sulla
introduzione della flessibilità della durata giornaliera con conseguente ricorso alla
media di un periodo prestabilito (ora 17 settimane).
Una simile disposizione era contenuta nel decreto del 1923 (art. 13) contemperata
successivamente da un’intesa di massima interconfederale che ha ripristinato la
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normativa legislativa precedente, vale a dire massimo 8 ore giornaliere e 48
settimanali, intesa superata dai successivi accordi nazionali di categoria.
RIPOSI GIORNALIERI (art. 15) E DURATA DEL PERIODO LAVORATIVO
(art. 14)
Riposo continuativo:

in sede: 10 ore

fuori sede: 8 ore utilizzando all’occorrenza i periodi residuali di riserva
semplice o di disposizione.

In alcuni casi di riposo fuori residenza (esigenza riconosciuta dagli Enti di
Controllo), il riposo può essere ridotto a 7 ore purché compensato da un
maggior riposo prima o dopo la deroga.

Il riposo successivo deve essere goduto in residenza ed essere di 11 ore.
I riposi continuativi (giornalieri) devono essere separati da un periodo di servizio
comunque inteso (lavoro effettivo, non effettivo, straordinario, brevi riposi, etc.)
non superiore a 14 ore e debbono essere per ciascun turno di durata non inferiore a
quello dei giorni del turno medesimo.
Il periodo di servizio comunque inteso in 14 ore può essere elevato a 16 ore, se
l’orario di lavoro non supera le 8 ore, ovvero sia interrotto da un periodo di riposo
di almeno 4 ore.
In caso di impossibilità di usufruire del riposo di 10 ore in residenza, può essere
ridotto ad 8 ore, ma va compensato da maggior riposo prima o dopo la deroga o con
ore di riposo all’interno del turno di servizio.
A questo punto occorre fare delle valutazioni rispetto a quanto dispongono gli artt.
4/A.1, 4/A.5 e 4/B del C.C.N.L. del 1976, nonché quello del 1985 (39 ore) nonché
in modo più consistente degli A.N. del 1997 e del 2000.
Personalmente ritengo che alla luce di quanto disposto almeno in linea di principio
dal D.lgs. n. 66/2003 e soprattutto dagli Accordi Nazionali 1997/2000, tutta la
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normativa prevista dall’art. 15 testé sintetizzato sia superato ed in ogni caso
superabile da accordi aziendali ad hoc.
RIPOSI PERIODICI SETTIMANALI (art. 16 R.D.L. n. 2328/1923)
Detto articolo prevede che i lavoratori abbiano diritto a 52 riposi annui, senza
specificarne la cadenza.
L’articolo è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (Sentenza della Corte
Costituzionale n. 150/1967) per cui è ormai scontato che trattasi di riposo
settimanale.
Resta da chiarire se l’art. 16 citato abbia voluto evitare il cumulo tra riposo
giornaliero (10 ore di norma ed eventualmente 8 ore se non ricorrono le condizioni)
e riposo settimanale.
Non è pensabile che nel 2007 ci possa essere ancora qualcuno che possa sostenere
una tesi del genere, quando in tutto il mondo del lavoro è applicato il cumulo.
La Legge n. 138/1958 lo prevede espressamente, così come lo prevede il D.lgs. n.
66/2003.
LAVORO STRAORDINARIO (art. 3)

Le prestazioni di lavoro straordinario sono consentite previo accordo tra le
parti.

La durata delle stesse non può superare di 2 ore l’orario massimo normale di
lavoro (8 ore, art. 2 e art. 13) e comunque non può superare la media delle
2 ore nell’arco di un periodo di tempo predeterminato.

Il lavoro straordinario viene computato a parte e deve essere retribuito con
l’aumento minimo del 10% sulla retribuzione ordinaria.
Il C.C.N.L. del 1985 con l’art. 1.1 dispone che il lavoro straordinario feriale sia
retribuito con la maggiorazione dl 10%.
Nella base di calcolo rientra la retribuzione normale annua (14 mesi) : 12 : 195 più
la maggiorazione del 10% ; per quello festivo è prevista la maggiorazione del 20%.
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PUBBLICITÁ DEI TURNI (art. 10)
L’art. 10 pone l’obbligo a carico delle Aziende di affiggere, nelle sedi di lavoro, i
turni di servizio affinché il personale dipendente possa prenderne conoscenza.
Non credo che tale norma possa essere vista come una violazione della privacy, in
quanto la stessa rappresenta un mezzo di comunicazione ai propri dipendenti del
lavoro, che sono chiamati a svolgere e consente agli stessi di verificare se vengono
posti in essere trattamenti di favore o penalizzazioni.
Se volessimo fare un paragone (ardito?) potremmo citare i ruoli delle cause civili o
penali che vengono esposti all’interno dei Tribunali, cosa certamente più seria dei
quadri di servizio.
Infine una nota di colore.
Mentre l’ex Ministro del Lavoro, Tiziano Treu, spinto dall’Asstra ed anche da
alcuni esponenti sindacali, si appresta, dandone ampia pubblicità, a presentare e far
approvare l’abrogazione del R.D. n. 148/1931, non si preoccupa minimamente o di
far emanare il regolamento previsto dal D.P.R. n. 753/1980 che ha abrogato il
R.D.L. n. 2328/1931 o di predisporre un disegno di legge che consenta alle
organizzazioni sindacali e alle associazioni datoriali di modificare norme oltre che
preistoriche anche vessatorie nei confronti dei lavoratori.
A cura del
Dipartimento Nazionale T.P.L. e Mobilità
in collaborazione con Cleto Catalano
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