TITOLO Léon REGIA Luc Besson INTERPRETI Jean Reno, Gary

Transcript

TITOLO Léon REGIA Luc Besson INTERPRETI Jean Reno, Gary
Léon
Luc Besson
Jean Reno, Gary Oldman, Natalie Portman, Danny Aiello,
Peter Appel, Willie One Blood, Don Creech
Drammatico
GENERE
119 min. - Colore
DURATA
Francia - 1994
PRODUZIONE
Leòn è un killer spietato ed efficientismo usato dalla mafia italiana: analfabeta, beve
solo latte e vive come una talpa con la sua pianta e la sua solitudine. Ma un giorno si
imbatte in Matilde, una ragazza dodicenne, figlia di un coinquilino, che vive con la
matrigna prostituta, la sorellastra ed il fratellino di quattro anni. Costoro vengono
sterminati, per una partita di droga trafugata dal padre di Matilde, da una squadra
di agenti antidroga comandata da Stanfield un poliziotto corrotto e tossicomane
appassionato di Beethoven. Adottata la ragazza, Leon ne subisce il fascino, e lei,
infatuata dalla grezza semplicità e terribile efficienza di lui decide di imitarne i
metodi per vendicare il fratellino, e individuato dove lavora Stanfield, riesce a
raggiungerlo ma, scoperta viene condotta nel suo ufficio. Léon avvertito da un
messaggio, accorre e la salva, uccidendo due poliziotti. Stanfield si reca allora da
Tony, factotum, cassiere e protettore mafioso di Léon: scoperto il nascondiglio del
killer, fa arrestare Matilde uscita a far la spesa. Poi gli agenti assaltano
l'appartamento dell'uomo ma vengono decimati. Léon, ferito, apre un varco nel muro
facendo uscire nei condotti dell'aria la ragazza. Travestitosi da agente speciale,
viene però sorpreso da Stanfield, e prima di morire esplode con lui grazie ad una
bomba a mano. Tony promette alla ragazza di custodire il denaro lasciatole da Leòn
e la consiglia di tornare a scuola, dove, accolta dalla comprensiva preside, mette a
dimora la pianta dell'amico morto
TITOLO
REGIA
INTERPRETI
"E' sempre la stessa storia: è solo quando cominci a temere davvero la morte che
impari ad apprezzare la vita. A te piace la vita, tesoruccio?".
Critica:
II primo film nuovayorkese dello snob francese Besson, da tempo inattivo,
proseguendo nella poetica che gli ha dato gloria con 'Nikita', e formalmente molto
seducente, trascina lo spettatore in un
vortice di sensazioni mai casuali,
gestite con un ritmo ineluttabile di
cinema, muovendo un racconto
variopinto,
cinico,
divertente
e
oltraggioso. Dove non solo Jean Reno,
truccato alla Sergio Leone ma anche
alla Salvatores, è eccezionale nel dare
un'ottusa, bieca tristezza al killer che
cura le piante, cucina col guanto a
maialino e fa i piegamenti, ma anche
l'esibizionista Gary Oldman sembra un
vampiro, una scheggia freudiana impazzita; e da ex 'Beethoven' pronuncia battute di
nemesi storica. Infine Danny Ajello fa l'oste mafioso e banchiere e la debuttante
Natalie Portman, con tutti i suoi eccessi e le sue sgradevolezze, la sigaretta e lo
sguardo obliquo, sembra nata dentro
questa storia che le si attorciglia
addosso.
Il racconto non ha cadute di tono, la
cinepresa crea un'altra realtà di mali
odori, carne sfatta, marciume: è
l'apoteosi del mezzo cinematografico,
anche a rischio di restare con la sola
facciata, alla Gaudì. Nel mezzo di un
inferno dl pallottole appare anche una
Madonnina che eccezionalmente non
piange; viene anche lei sparata.
Maurizio Porro, 'Il Corriere della Sera', 13 aprile 1995
Il più bel film di Clint Eastwood, Bird, era dedicato 'a Sergio (Leone) e Don (Siegel)',
due figure decisive nella vita e nel cinema del regista-attore. L'ultimo lavoro di
Besson non porta dediche in testa ma iscrive il suo 'padrino' direttamente nel titolo:
Léon. La scena d'apertura parla chiaro: primissimi piani, Little Italy, un killer
assoldato dai mafiosi, uno sguardo sull'America sovraccarico di mitologia, eccetera.
Che Besson invece possa fregiarsi del titolo di erede di Leone è un altro paio di
maniche.
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 13 aprile 1995
'Léon' è, alla base un film d'amore e di sentimenti. Ma il suo universo a fumetti
(guardate i primi cinque minuti, con
quei dettagli ravvicinatissimi alla
Liechtenstein) è attraversato dalla
violenza elettrica di Gary Oldman,
bravissimo e terrificante nella sua furia
esplosiva come l'agente antidroga
corrotto che ascolta Beethoven, si fa,
strafà e diventa tutto rosso sotto
l'occhio della cinepresa. E in questa
fiaba nera, che usa pezzi di realismo
cinematografico per comporre un
racconto assolutamente irrealistico, l'incalzare continuo della musica accompagna un
montaggio di precisione cronometrica e sigla l'atmosfera delle diverse situazioni: un
ulteriore esercizio di stile, perfetto ma eccessivo, che si aggiunge a un film troppo
stilizzato, calcolato, metacinematografico
per convincere davvero.
Irene Bignardi, 'La Repubblica', 21 aprile
1995
Leon e, essenzialmente un film di
contrasti: l'amore fra l'uomo e la bambina,
la serena accettazione di distorte e
disumane filosofie di vita ma, soprattutto,
il riuscito sodalizio fra la poetica del
cinema francese con il modello di cinema
avventuroso americano più spregiudicato.
Nella commistione fra vari generi risiede il successo del film che, sotto molteplici
aspetti, è dichiaratamente debitore di
mezzo secolo di cinema.
I numerosi rimandi, le citazioni,
l'enfatica recitazione sopra le righe degli
attori acquistano sapore squisitamente
cinefilo se affidati alle capaci mani di un
regista dotato come Besson. I
personaggi principali Leon e Mathilda,
trasposizione moderna e urbana de "La
Bella e La Bestia", hanno i volti di Jean
Reno e Natalie Portman, l'uno
promettente attore-corpo del nuovo
cinema francese, l'altra fulminea babyrivelazione non ancora corrotta dalla mercificazione dello star-system. La Portman, in
particolare, si distingue per la sua capacita, innata nello scansare l'inevitabile trappola
del morboso, inesorabilmente in agguato in questo tipo di trama, pur mantenendo
intatto tutto l'appeal giovanilmetropolitano caratteristico del suo
tempo e del suo personaggio. Gary
Oldman nel ruolo di Stanfield è
terrificante quanto basta, la sua
gigionesca
(ma
apprezzata)
recitazione è fortemente manierata,
ipertesa, in perenne stato acido.
La New York in cui si svolge la storia
è vista con l'occhio distaccato di un
autore europeo senza memoria storica,
debitore dell'iperrealismo targato
Scorsese ma anche, in certa misura, del dinamismo pubblicitario dell'immaginemovimento.
La scena che forse rappresenta meglio lo spirito del film è quella in cui Leon, killer
spietato e senza scrupoli -ma, lo dice spesso, non uccide donne o bambini-, assiste
divertito ad una squallida proiezione di "Cantando sotto la Pioggia", regredendo con
soddisfazione ad uno stadio di
primitivo
divertimento,
di
innocenza, ben distante dalla sua
realta, di vita.
L'ingenuita, del film proiettato cui
Leon assiste, è la stessa di certe
romantiche e facili svolte della
sceneggiatura, ma funziona in
entrambi i casi perche, tutti
sentiamo il bisogno di renderci
arrendevoli di fronte alla spietata
linearità della vita.
Il cinema come rimedio taumaturgico per gli animi oppressi.
Luigi De Angelis, ‘www.TempiModerni.com’, 1995
(a cura di Enzo Piersigilli)