I Comuni italiani verso Rifiuti Zero

Transcript

I Comuni italiani verso Rifiuti Zero
Working paper series FVeP 06
ISSN: 2240-3272
Riccardo Pensa
I Comuni italiani
verso Rifiuti Zero
Abstract
70 Comuni, un capoluogo di regione (Napoli), tre capoluoghi di
provincia (La Spezia, Carrara, Benevento), più di due milioni di
abitanti che rappresentano il 3,6% della popolazione nazionale.
Sono i Comuni che in Italia, a febbraio 2012, hanno adottato la
Strategia Rifiuti Zero. Capannori, 46.000 abitanti in provincia di
Lucca, è stato il primo nel 2007 ad impegnarsi approvando un’apposita deliberazione. Oggi Capannori è al 79,19% di raccolta differenziata.
La Strategia Rifiuti Zero è un protocollo seguito a livello internazionale. Si pone l’obiettivo di ridurre la produzione di rifiuti, riusare e riparare i prodotti, recuperare la materia per evitare il ricorso
agli inceneritori e minimizzare quello alle discariche. Ciò attraverso una politica che promuove la responsabilità dei produttori e dei
consumatori e favorisce la crescita di una filiera del recupero delle
risorse. L’esperienza della città di San Francisco in California rappresenta nel mondo l’esempio più significativo di attuazione della
Strategia Rifiuti Zero.
Questo paper ricostruisce brevemente la storia della diffusione
della Strategia Rifiuti Zero in Italia e offre una prima caratterizzazione dei 70 Comuni che possa anche rappresentare uno strumento utile alla costituzione di un loro coordinamento.
2
1. Dalla protezione civile alla Strategia Rifiuti Zero: il
percorso della Fondazione Volontariato e Partecipazione
La Fondazione Volontariato e Partecipazione (FVP) si è interessata alla questione della gestione dei rifiuti, quindi alla Strategia Rifiuti Zero (SRZ), nell’ambito
di una ricerca dedicata al tema della protezione civile, realizzata nel corso degli
anni 2010 e 2011 (Fondazione Volontariato e Partecipazione, 2010).
Rispetto ad una legislazione nazionale (Legge 225/92) che affronta il problema
della gestione dei rischi socio-ambientali individuando in previsione, prevenzione, preparazione all’emergenza e partecipazione diffusa della società civile a
queste attività la ricetta per una gestione sostenibile del territorio, l’approfondimento svolto ha potuto evidenziare tendenze per certi versi opposte nell’assetto
dell’attuale sistema italiano di protezione civile.
In particolare, è emersa una relazione forte fra scarso investimento in politiche
di prevenzione dei rischi (De Marco 2009, Legambiente 2009), potenziamento
ed ampliamento di competenze delle strutture ai vertici del sistema di gestione
delle emergenze (Bonaccorsi, 2009; Pinelli, 2009; Ruotolo, 2008), indebolimento diffuso delle possibilità di partecipazione democratica alle scelte inerenti
il bene comune (Puliafito, 2010). Il protagonismo che negli ultimi anni ha distinto il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, piuttosto che rappresentare un segno di efficienza ed efficacia del sistema di gestione dei rischi, ha
più spesso incarnato una pericolosa deriva verso la legittimazione, attraverso la
spettacolarizzazione dell’emergenza, di un governo autoritario e svincolato dalla
legge, che si sostituisce al governo democratico ordinario.
Tutto ciò, oltre a contraddire lo spirito della Legge, tradisce le origini storiche
della protezione civile italiana, che sono popolari e legate all’impegno dei movimenti di mutuo soccorso. In un Paese caratterizzato da un territorio vulnerabile
e da uno Stato debole, è stato grazie all’intervento spontaneo dei volontari nelle
calamità che si è affermata l’esigenza di un servizio garantito. Le associazioni di
volontariato, col tempo sempre più organizzate, hanno colmato come potevano
le lacune dello Stato, sollecitando quest’ultimo alla costruzione di una macchina
dei soccorsi adeguata alle necessità (Lovati, 1995). Da questa assunzione di responsabilità diffusa da parte della società civile deriva la peculiarità del sistema
di protezione civile italiano che individua nel volontariato una delle sue colonne
portanti.
La deriva intrapresa negli ultimi anni dal sistema ha quindi reso ancora più urgente un ritorno alla discussione sul senso dell’impegno in protezione civile, al
fine di fare chiarezza su quali strategie garantiscano meglio di altre sostenibilità
e democrazia. FVP ha aperto un confronto sull’argomento, invitando i diversi attori del settore, in modo particolare il volontariato, ad analizzare alcuni scenari
3
concreti. Fra questi, il caso dell’emergenza rifiuti in Campania è risultato paradigmatico sotto molti punti di vista.
Il tema è stato affrontato da FVP in un seminario tenutosi a Grottaminarda (AV)
a ottobre 2010. In quella sede, è stato evidenziato come lo stato di emergenza
pluriennale, oltre a rappresentare in sé un controsenso, non sia servito a risolvere i problemi della regione (Ortolani, 2008), ma anzi li abbia per molti aspetti
aggravati, negando fra l’altro in maniera assai grave, così come riconosciuto anche dal Parlamento Europeo (Parlamento Europeo, 2011), la possibilità di un
coinvolgimento della cittadinanza nell’individuazione delle soluzioni da mettere
in atto. Il caso di Napoli, confermerebbe in modo eclatante i caratteri di una tendenza più generale. Questa consiste, come detto, nella mancanza di capacità/volontà di individuare e attuare soluzioni sostenibili ai problemi in tempo di pace e
nel fare della conseguente emergenza l’alibi per l’affermazione di un regime “del
fare” senza prospettive di lungo termine e senza regole, quindi mai davvero risolutivo. Regime che, oltretutto, con la giustificazione di una presunta tempestiva
efficacia dell’azione, sacrifica pesantemente la partecipazione delle comunità locali imponendo loro enormi sacrifici, mentre tende a relegare il volontariato al
ruolo di soggetto esecutore di ordini, da valorizzare eventualmente in sede di
propaganda attraverso la retorica degli “angeli del fango” o “del terremoto”.
Lo scenario apocalittico della gestione dell’emergenza campana è stato contrapposto, nel seminario di Grottaminarda, all’approccio alternativo offerto della
SRZ, applicata in diverse parti del mondo e adottata da 70 Comuni in Italia.
Questa affronta il problema dei rifiuti mettendo al centro dell’azione, in un’ottica di collaborazione, la responsabilità delle comunità locali, delle istituzioni e
delle imprese (ZWIA, 2009). Il tutto finalizzato ad una effettiva valorizzazione
delle competenze e delle risorse in grado di prevenire l’emergenza e far prevalere soluzioni innovative e sostenibili per la società e l’ambiente.
Una strategia che, astratta dal suo contesto di riferimento specifico, si pone
come paradigmatica, “trampolino di lancio” verso un’idea e una pratica più generali di sostenibilità (Connett, Sheehan, 2003). Mantenendo il riferimento all’ambito della protezione civile, non è infatti un caso che gli stessi principi di
partecipazione, riuso, riciclo della SRZ, si ritrovino nelle rivendicazioni del movimento delle “Carriole Aquilane” per una ricostruzione sostenibile della città
contrapposta allo spreco e all’aggressione al territorio offerti dalla Piano CASE
del governo Berlusconi-Bertolaso (Pensa, 2010; Frisch 2009). Le stesse idee di
prevenzione, partecipazione, valorizzazione dei beni hanno spinto l’Associazione
Nazionale delle Pubbliche Assistenze (ANPAS), la più importante organizzazione di volontariato di protezione civile in Italia, ad aderire con convinzione alla
strategia successivamente al seminario di Grottaminarda.
Lo specifico approdo da una prospettiva di protezione civile alla SRZ promosso
4
da FVP, ha permesso di arricchire la rete degli attori impegnati su tale fronte.
Questi, da ultimo, si sono riuniti a Capannori a ottobre 2011 per l’importante seminario internazionale “Esperienze Comuni Verso Rifiuti Zero”, durante il quale, oltre a salutare l’adesione del Comune di Napoli alla SRZ, si sono poste le
basi per un coordinamento dei 70 Comuni Verso Rifiuti Zero (CVRZ) e delle
realtà della società civile che con essi lavorano in sinergia.
La FVP propone il presente lavoro come base conoscitiva minima utile ad orientare i lavori di implementazione del coordinamento. Il paper richiama sinteticamente i punti di forza della SRZ per poi ripercorrere le fasi più significative della
sua affermazione in Italia. Quindi, la parte più originale del lavoro consiste in
una prima caratterizzazione dei 70 CVRZ. L’analisi in prima battuta si concentra
su alcuni casi e percorsi particolarmente rilevanti di adesione alla SRZ, per i
quali sono individuati i moventi più evidenti. Successivamente, è offerta una panoramica più generale sui 70 Comuni, che si riferisce ai dati attualmente disponibili riguardanti superficie, popolazione, densità abitativa.
2. Rifiuti Zero come pratica della sostenibilità
La SRZ, per diverse ragioni che andremo subito brevemente a considerare, rappresenta una delle proposte più interessanti all’interno di quella che potremmo
definire come la famiglia delle visioni e delle pratiche elaborate, sperimentate e
sostenute al fine della definizione e dell’affermazione di un paradigma della sostenibilità.
In primo luogo, la SRZ si concentra su un problema, quello dei rifiuti appunto,
che forse più di altri, anche sul piano simbolico, riesce a trasmettere la consapevolezza di un qualcosa che non funziona nel modello di sviluppo su cui si reggono le società a capitalismo avanzato. Il proliferare dei rifiuti evidenzia, in una
maniera piuttosto immediata, come lo spreco, il consumo non razionale di risorse, siano divenuti un motore fondamentale dell’economia, che ogni singolo individuo, col proprio stile di vita, contribuisce ad alimentare (Viale, 1994). D’altra
parte, si registrano quotidianamente i segnali di crisi di una strategia di gestione
del problema che, piuttosto che per una sua soluzione, sembra optare per la sua
rimozione. Discariche e inceneritori, spesso localizzati in aree periferiche e/o
degradate, una volta risolto il problema delle inevitabili contestazioni locali, garantiscono periodi di respiro al sistema. Lo stesso servizio, o meglio il lavoro più
sporco, è svolto, in maniera tanto efficace e disinvolta quanto costosa per la collettività, dalle ecomafie (Legambiente, 2011). Tuttavia, i flussi continui di rifiuti
non concedono tregua, costringendo puntualmente a ricercare nuove soluzioni
temporanee per il loro smaltimento. Con ciò, si assiste alla crescita dei problemi
legati all’inquinamento ambientale, aumentano le inchieste che palesano un
5
connubio fatale fra gestione dei rifiuti così organizzata ed azione criminale,
mentre la disponibilità di nuove porzioni di territorio da sacrificare ai rifiuti si fa
sempre più scarsa, così come il consenso dei cittadini che vedono peggiorare la
propria qualità di vita.
Se le enormi difficoltà riscontrate nella gestione dei rifiuti contribuiscono a segnare in maniera determinante ed enfatica la crisi profonda delle nostre società
dell’abbondanza e della profusione, la SRZ offre la possibilità concreta di un rinnovamento virtuoso, non eccessivamente traumatico ma al contempo profondo,
andandosi così a collocare di diritto fra le promesse migliori della cosiddetta
green economy. I 10 passi verso Rifiuti Zero elaborati dal prof. Paul Connett,
padre della Strategia (Connett e Sheehan, 2003), segnano il cammino verso una
società della riduzione e del riciclo dei rifiuti, della riparazione e del riuso dei
beni, che esclude il ricorso agli inceneritori, mentre contempla un utilizzo oculato e temporaneo delle discariche. Per giungere a tale approdo, non è richiesto il
rafforzamento di un apparato burocratico e tecnologico grezzo ed imponente
com’è l’attuale, ma la promozione di un patto sociale che assegna ad ogni attore
compiti e responsabilità specifiche, incentivando l’emersione di soluzioni creative. Così, a valle del processo sta la responsabilità dei cittadini consumatori, che
“con le loro mani” si impegnano a trasformare i rifiuti prodotti in materie prime
seconde attraverso la loro differenziazione; a monte, invece, interviene la responsabilità dei produttori, che si impegnano a cessare la produzione di quei
beni che, una volta esaurita la loro funzione, non possono essere riciclati o com postati; la classe politico-amministrativa, infine, in sinergia con il mondo scientifico e una nuova imprenditoria diffusa, garantisce il funzionamento e la chiusura del ciclo attraverso politiche di riduzione e riuso delle risorse, la raccolta
porta a porta dei rifiuti e un’impiantistica del riciclo adeguata alle necessità
(ZWIA, 2009).
La SRZ, evitando le soluzioni apparentemente facili (grosse discariche, grossi
inceneritori), che in realtà configurano quelle che ormai sembrano a tutti gli effetti politiche dello struzzo guidate da una razionalità strumentale riduzionista e
violenta, ma portando e mantenendo costantemente in evidenza il problema che
intende affrontare, si propone come alternativa responsabile e sostenibile, che
rinforza i legami delle comunità che decidono di perseguirla, garantendo ad esse
una serie consistente di ricadute positive per la salute, l’economia, l’ambiente.
Nella visione di Paul Connett e degli altri teorici ed esperti della SRZ, la prospettiva più significativa offerta dalla SRZ consisterebbe nel dare accesso ad un
modo di operare sostenibile che una volta innescato si ripercuote anche nelle altre sfere della vita collettiva oltre la gestione dei rifiuti.
6
Fig. 1. Rifiuti Zero e la sostenibilità (fonte Connett 2009)
La spinta derivante dall’appetibilità dei vantaggi sopra richiamati, assieme alla
massima praticabilità offerta dalla SRZ, ha effettivamente permesso al nuovo
paradigma di diffondersi rapidamente a livello globale, cosicché ad esso si richiamano realtà che in molti casi rappresentano l’avanguardia della sostenibilità
non solo nel settore dei rifiuti. La Zero Waste International Alliance (ZWIA),
nata nel 2003 con lo scopo di mettere in rete le diverse esperienze internazionali
che si riconoscono nella SRZ, conta adesioni da tutti i continenti (www.zwia.org,
Lo Sciuto, 2011). Una delle esperienze più significative di attuazione della SRZ è
rappresentata senz’altro dalla città di San Francisco in California, che con
850.000 abitanti ed una raccolta differenziata al 70% ha dichiarato il raggiungimento dell’obiettivo Rifiuti Zero al 2020. Oltre a badare al proprio territorio,
San Francisco crede a tal punto nella forza innovativa del modello adottato da
mobilitarsi affinché l’esempio sia seguito anche altrove nel mondo. Nel 2009 il
primo cittadino della metropoli statunitense Gavin Newsom scrisse una lettera
al sindaco di Parma Pietro Vignali invitandolo ad abbandonare l’idea di costruire un inceneritore nel proprio comune, noto anche all’estero per la qualità dei
prodotti alimentari, e a optare per la più sostenibile SRZ. Jack Macy, responsabile del programma Zero Waste di San Francisco, è stato invece in visita ad ottobre 2011 presso il Comune di Roma, per sottoporre la SRZ all’attenzione del sindaco Gianni Alemanno.
7
3.
Rifiuti Zero in Italia
L’affermazione della SRZ in Italia ha seguito sino ad oggi una parabola interessante, di cui in questa sede si richiamano i passaggi più significativi. In particolare, tale percorso si presta ad essere interpretato come esempio vincente di allineamento dei frame (Snow et al., 1986), ossia come pratica in grado di guadagnare progressivamente un consenso ampio e trasversale in un tempo relativamente breve.
La SRZ giunge in Italia nel 1996, su iniziativa degli ambientalisti della provincia
di Lucca impegnati in una battaglia contro la costruzione di due inceneritori a
Pietrasanta e a Capannori. Gli attivisti conoscono la figura del prof. Paul Connett e riescono a intercettarlo e a coinvolgerlo nella loro campagna (Ercolini,
2010a). In quegli anni, a livello nazionale molti comitati e associazioni si sono
dati un coordinamento attraverso la Rete Nazionale Contro gli Inceneritori
(RNCI) e, per l’appunto, la loro azione è orientata principalmente all’opposizione verso le ipotesi di realizzazione di tali impianti sul territorio nazionale, su cui
si costruisce un expertise sempre più accurato (Mengozzi, 2008). La SRZ risulta
in quel momento davvero utopistica, affermando la possibilità di raccolte differenziate con percentuali di gran lunga superiori a quelle ad esempio indicate
come traguardo dalla legge. Essa, tuttavia, segna un passaggio fondamentale
nella piattaforma di rivendicazioni sostenuta dagli attivisti, poiché permette loro
di sviluppare, parallelamente alle conoscenze sull’insostenibilità di inceneritori
e discariche, un nuovo orizzonte propositivo di buone pratiche alternative (Ercolini, 2007).
Mentre in lucchesia i cittadini riescono a sconfiggere la realizzazione dell’inceneritore a Capannori, soccombendo invece a Pietrasanta, a livello nazionale inizia fra gli attivisti un percorso di crescita che porta nel 2004 alla nascita della
Rete Nazionale Rifiuti Zero (RNRZ) che si sostituisce alla RNCI. Paul Connett
mantiene un intenso rapporto con l’Italia che lo porterà dal 1996 al 2011 a visitare il paese in tour di conferenze per ben 50 volte. La RNRZ riesce ad ospitare a
Napoli, nel febbraio 2009, il quinto Internation Dialog di ZWIA, che si conclude con la sottoscrizione della Carta di Napoli, un’elaborazione aggiornata della
SRZ contenente i “Global Principles for Zero Waste Communities” (ZWIA,
2009).
Intanto, nel 2007 la SRZ compie un’altra tappa fondamentale nel percorso di allineamento del frame che ne segna i successi: essa acquista, per la prima volta
in Italia, credibilità e rilevanza istituzionale a seguito dell’adozione da parte del
Comune di Capannori della Deliberazione di Consiglio n. 44 del 14 giugno, nota
come “Delibera Rifiuti Zero” (DRZ). La DRZ, che sarà presa a modello da molti
altri comuni, contiene i seguenti punti programmatici generali:
•
raccolta porta a porta spinta su tutto il territorio comunale con l’obiettivo
8
del 75% di RD al 2011;
•
realizzazione di un centro comunale per la riparazione e il riuso;
•
impegno a sollecitare gli enti competenti affinché i rifiuti residui prodotti
sul territorio comunale non siano avviati ad incenerimento o “tal quali” a
discarica e a far introdurre in ambito di programmazione provinciale la
realizzazione di impianti “a freddo” in grado di recuperare ulteriori materiali dal rifiuto residuo e la promozione di iniziative di riduzione volte a
sostituire oggetti e beni non riciclabili o compostabili;
•
istituzione dell’Osservatorio Verso Rifiuti Zero con il compito di monitorare il percorso verso Rifiuti Zero indicando criticità e soluzioni per rendere il suddetto percorso verificabile, partecipato e costantemente in grado di aggiornarsi anche alla luce dell’evolversi del quadro nazionale ed
internazionale (Comune di Capannori, 2007).
Un programma che affianca quindi alle misure tecniche per una gestione virtuosa dei rifiuti sul proprio territorio, indirizzi per lo sviluppo di un modello sovracomunale che non ostacoli, ma anzi incentivi, tale impegno. Obiettivi che si cerca di perseguire avvalendosi della collaborazione dei cittadini.
A Capannori, gli ambientalisti hanno svolto un ruolo di supporto fondamentale
all’Amministrazione che ha deciso di adottare la SRZ e dal 2010 è stato loro affidato l’incarico di gestire il nuovo CRRZ. Un altro passaggio significativo nel processo di allineamento dei frame. Il CRRZ collabora con il Comune nell’attuazione delle buone pratiche di riduzione, riuso e riciclo dei rifiuti che rendono l’esperienza locale un punto di riferimento a livello internazionale (Ercolini,
2010b). Il team operativo del CRRZ, si concentra sull’analisi dei flussi di materiali nel rifiuto residuo al fine di studiare soluzioni per una sua riduzione. Fra le
iniziative promosse, la campagna rivolta a Lavazza e AIPA (Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari) per la progettazione di capsule del caffè compostabili, intrapresa proprio a seguito di uno studio che rilevava la presenza di
grosse quantità di capsule nel residuo (Roggi, 2010).
9
4. I 70 Comuni Verso Rifiuti Zero
Ipotesi su un movimento
Dopo l’adesione del Comune di Capannori alla SRZ, avvenuta nel 2007, altre
amministrazioni hanno deciso di seguire la stessa strada, dando vita a un network di realtà virtuose sempre più consistente. Oggi, i 70 Comuni che hanno
adottato la SRZ rappresentano 2.170.356 abitanti, il 3,6% della popolazione italiana1.
Il primo dato da rilevare a proposito della diffusione della SRZ fra le amministrazioni italiane, è come essa si sia sviluppata in maniera non lineare nel tempo. É nel 2011, infatti, che si registra un vero e proprio boom, con 53 adesioni
sulle 70 totali (fig. 1).
Fig. 2. Distribuzione delle adesioni nel tempo.
Un salto notevole, da cui scaturiscono evidentemente la necessità e l’opportunità di un coordinamento nazionale capace di interpretare il fenomeno per sfruttarne le potenzialità governandone al contempo le insidie.
Per comprendere i motivi del successo della SRZ la domanda da cui partire è:
quale è l’identità dei CVRZ e attraverso quali percosi sono approdati alla SRZ?
Al momento è possibile soltanto indicare alcuni tratti particolarmente forti che
ricorrono con una certa fraquenza nelle storie dei CVRZ. Questi sono:
•
protagonismo della società civile;
•
amministratori un po’ controcorrente;
1
La lista completa dei CVRZ e una mappa della loro dislocazione sul territorio nazionale sono consultabili sul sito
del CRRZ: http://www.rifiutizerocapannori.it/comuni-rifiuti-zero.html.
10
•
reazione all’emergenza;
•
virtuosismo consolidato.
Caratteri che si intrecciano fra loro andando a comporre percorsi differenti. Partendo dall’ultimo punto, va detto che i CVRZ non esauriscono e in alcuni casi
nemmeno rientrano propriamente nell’universo dei Comuni che applicano con
risultati eccellenti le buone pratiche in tema di rifiuti, essendo questi, fortunatamente, ben più numerosi (Legambiente, 2011b). D’altra parte, si può evidenziare
come fra i 70 CVRZ ben 132 facciano parte dall’Associazione dei Comuni Virtuosi
(ACV)3. Questa organizzazione, nata nel 2005 a Vezzano Ligure (SP) su iniziativa di quattro Comuni4, ha lo scopo di mettere in rete realtà locali che hanno fatto della sostenibilità ambientale e non solo la loro bandiera. Il fatto che molti
CVRZ vi aderiscano conferma quindi che l’assunzione della SRZ si accompagna
alla scelta di un rinnovamento più generale, che vede nelle soluzioni tecniche
l’aspetto pragmatico di costruzione e realizzazione di una visione di comunità
sostenibile. Molti dei 13 CVRZ membri dell’ACV sono stati fra i primi ad aderire
alla SRZ e rappresentano in qualche modo l’avanguardia del movimento. É verosimile anche che vi sia uno scambio di adesioni e un rafforzamento reciproco
fra ACV e CVRZ.
Le vicende di alcune realtà locali dove la SRZ ha riscosso particolare successo
evidenziano quindi un altro movente forte. Il riferimento è alle province di Lucca, Roma e Napoli. Qui l’adesione alla SRZ è nata dall’opposizione propositiva
sostenuta da società civile e amministratori locali ad un sistema di gestione dei
rifiuti calato dall’alto che impone la convivenza con discariche e inceneritori.
Per quanto riguarda la provincia di Lucca, si è già visto come Capannori abbia
aderito alla SRZ dopo aver sconfitto l’ipotesi di insediamento di un inceneritore
sul proprio territorio. Le ultime adesioni provengono invece da alcuni Comuni
della Versilia. Qui, l’impianto di Pietrasanta, già ricordato, è stato chiuso a luglio
2010 dalla magistratura che ha indagato a seguito delle denunce dei comitati di
cittadini. Le Amministrazioni locali, ancora secondo una dinamica di allineamento del frame, si sono finalmente orientate verso un cambiamento radicale
nella gestione dei rifiuti e anche la Provincia di Lucca ha recentemente approvato una mozione che richiama espressamente la SRZ. I comuni romani sono invece realtà virtuose che a causa della nuova pianificazione regionale rischiano di
veder compromesso il loro territorio da nuove discariche e inceneritori. Nella
provincia di Napoli, oltre al capoluogo, dove la volontà di cambiar pagina si lega
2
I 13 Comuni sono: Aviano(Pn), Biancavilla (CA), Capannori (Lu), Castelnuovo Cilento (Sa), Colorno (Pr), Corchiano (Vt), Giffoni Sei Casali (Sa), Mirabello Monferrato (Al), Monsano (An), Monte San Pietro (Bo), Oriolo Romano
(Vt), Senigallia (an), Seravezza (Lu).
3
www.comunivirtuosi.org.
4
Oltre a Vezzano Ligure, Colorno (PR), Monsano (AN), Melpignano (LE).
11
all’opposizione alla costruzione dell’inceneritore Napoli Est, i CVRZ appartengono all’area vesuviana, che ospita la discarica di cava Sari ed è stata recentemente
minacciata dall’ipotesi di apertura di un nuovo impianto a cava Vitiello. In tutti
questi casi, come del resto anche in molti altri fra i CVRZ, i cittadini organizzati
svolgono un ruolo attivo a fianco delle istituzioni nel sostenere la SRZ.
Il caso di Napoli, che ancora non può essere definito Comune virtuoso nella gestione dei rifiuti, evidenzia bene come l’adesione alla SRZ risponda all’esigenza,
che scaturisce dall’aver vissuto sulla propria pelle l’emergenza, di iniziare un
cambiamento radicale che va ben oltre l’attuazione di buone pratiche circoscritte, mentre ambisce all’affermazione di un nuovo paradigma della sostenibilità.
I tratti salienti del Comuni Verso Rifiuti Zero
Anche ai fini di un coordinamento dei CVRZ sarà importante raccogliere tutte le
informazioni utili a rappresentare in maniera accurata tale realtà per poterla
orientare. Guardando alla distribuzione sul territorio nazionale dei 70 CVRZ,
vediamo come ad oggi il maggior numero di adesioni provenga dal centro Italia
e dall’Italia del sud e insulare (Fig. 3). Le regioni più rsappresentate sono Campania (15), Lazio (14 Comuni), Toscana (12), Puglia (8) e Sicilia (7) (Fig. 4). Fra
le province, prevalgono Roma (11), Napoli (9), Lucca (8) e Lecce (7).
Fig. 3. Distribuzione dei Comuni per macro aree.
12
Fig. 4. Distribuzione dei Comuni per regione.
Fig. 5. Distribuzione dei Comuni per provincia.
Venendo quindi ai dati su ampiezza del territorio, popolazione, densità abitativa, i 70 CVRZ compongono un universo assai variegato, in cui si ritrova il piccolisimo paese come la grande metropoli. Prendendo in esame le superfici territo13
riali (fig. 3), si nota una prevalenza di comuni di piccole o medie dimensioni, inferiori ai 50 Kmq. Fra questi, ben 10 comuni hanno superfici inferiori a 10 Kmq.
Il comune più piccolo è San Sebastiano al Vesuvio (Na) con 2,63 Kmq di superficie, seguito da Portici (Na) con 4,52 Kmq. I comuni di piccolissime dimensioni
sono quelli del vesuviano e del leccese, assieme a Forte dei Marmi (Lu), Vinchio
(At) e Prevalle (Br). Il comune più esteso risulta invece essere Umbertide (PG)
con 206,16 Kmq di superficie.
Fig. 6. Distribuzione dei Comuni in base alla superficie territoriale.
Per quanto riguarda la popolazione, anche in questo caso i dati evidenziano il
prevalere di comuni di piccole dimensioni. Più della metà dei CVRZ ha una popolazione inferiore ai 10.000 abitanti. Il comune più piccolo è Villa Verde (Or)
con 343 abitanti, seguito da Vinchio (At) con 667 abitanti. Non mancano tuttavia realtà metropolitane importanti: A parte Napoli, che con 959.574 abitanti è
di gran lunga il comune più popoloso, vi sono La Spezia (95.378 abitanti), Torre
del Greco (NA, 87.197 abitanti), Carrara (65.573 abitanti) e Benevento (62.035
abitanti).
14
Fig. 4 Distribuzione dei Comuni in base alla popolazione.
La caratterizzazione dei CVRZ si chiude con i dati sulla densità abitativa. Mentre
la fascia più rappresentata appare essere quella dei comuni con densità compresa fra i 100 e i 500 abitanti per Kmq, si registrano scarti notevoli fra comuni con
densità che non raggiunge i 100 ab/Kmq, come Villa Verde (Or, 19,8 ab./kmq) o
Collesano (Pa, 38 ab./kmq) e comuni che superano abbondantemente i 1000
ab./kmq, come Portici, comune più densamente abitato d’Italia con 11.942,7
ab./kmq. I comuni con densità di abitanti più significative sono quelli del napoletano e del vesuviano in particolare, oltre a La Spezia, Ladispoli e Modugno.
Fig. 5. Distribuzione dei Comuni in base alla densità di popolazione.
15
5. Considerazioni conclusive
In sede di conclusioni, non si può non tornare a considerare la SRZ nel contesto
più generale della crisi che sta attraversando le società occidentali e il mondo intero.
Di fronte all’evidenza degli elevati costi che la collettività si trova a dover sostenere a causa dal prevalere di un modello di sviluppo liberista, fondato sull’iniziativa privata dei colossi del mercato e sullo sfruttamento sfrenato di risorse,
pare che l’ipotesi di un cambiamento sostanziale non sia praticabile. Al contrario, il modello imperante, secondo un’ideologia realista già denunciata dalla
scuola di Francoforte (Hokheimer e Adorno, 1997; Marcuse, 1967), può superare se stesso solo potenziandosi e perfezionandosi, portando la sua logica alle
estreme conseguenze. La sindrome TINA (There Is No Alternative)5, grazie ai
mezzi di cui dispone, prevale abbondantemente sulla sindrome NIMBY (Not In
My Back Yard), inibendo la sua maturazione. Poco male se ciò mette a serio rischio la democrazia, se l’insostenibilità dell’impresa fa sì che le catastrofi naturali si confondano con quelle causate dall’uomo: si apre lo spazio per un’economia dei disastri (Klein, 2007) coadiuvata da una protezione civile che dalla safety passa a occuparsi della security.
La circostanza per cui il Comune di Capanniri, fino a poco tempo fa sconosciuta
periferia della città di Lucca, a seguito dell’adozione della SRZ sia divenuto di
colpo un modello seguito anche all’estero, mostra tuttavia, anche nella sua sproporzione e a maggior ragione in essa, che esiste la possibilità e soprattutto il desiderio che dalle comunità locali in primis emerga una nuova visione del mondo
capace di riconoscere l’interesse comune e di proporre soluzioni per il suo compimento. In altre parole, la crisi di razionalità delle società a capitalismo maturo
non si accompagna alla definitiva “rinuncia alla dignità dell’uomo” e alla “stabilizzazione di un sistema sociale spontaneo sopra le teste dei suoi cittadini” (Habermas, 1975, p. 159), ma sembra generare gli anticorpi potenzialmente in grado
di risolverla.
In Italia, il movimento della RNRZ e dei CVRZ non rappresenta l’unico esempio
di proposta di cambiamento bottom – up. Le reti di comitati che si sono attivate
per i referendum su nucleare e acqua pubblica, così come il movimento “Stop al
consumo di territorio”, per citare solo i casi più noti ed eclatanti, testimoniano
di una volontà diffusa di autodeterminazione in vista della sostenibilità ambientale e sociale. La scelta strategica di mobilitare la partecipazione one issue, così
come il pragmatismo che considera anacronistico se non dannoso il riferimento
alle Grandi Narrazioni (Lyotard, 1989), rappresentano la risposta all’esigenza di
5
Qui un esempio particolarmente eloquente di ricorso all’argomentazione TINA da parte del noto oncologo Umberto
Veronesi in un’intervista alla trasmissione “Che tempo che fa”: http://www.youtube.com/watch?v=CAshh9Fis1g
16
saper affrontare la complessità che caratterizza la nostra epoca. Tuttavia, è auspicabile che tali esperienze riescano a trovare momenti di sintesi in grado di far
emergere una proposta politica provvisoria e rivedibile ma densa ed organica.
I CVRZ e la RNRZ possono svolgere un ruolo molto importante in questa direzione. Prima di tutto attrezzandosi per un’azione di lobbying finalizzata a tutelare e rendere sempre più condivisibile e “normale” il loro interesse ad una gestione dei rifiuti alternativa fondata sui principi della SRZ; quindi promovendo sinergie con altre realtà virtuose, come ad esempio l’ACV, al fine di attualizzare
con crescente coerenza la plausibilità di comunità che si organizzano e vivono in
maniera sostenibile.
Ciò, chiaramente, dovrà continuare a fondarsi in via prioritaria, non tanto su argomentazioni di principio, ma sulla forza delle buone pratiche. Il coordinamento dei CVRZ rappresenta un’importante opportunità di mettere in rete una varietà di esperienze non banale, di cui questo paper vuole iniziare a rendere conto. Si otterranno risultati apprezzabili nella misura in cui si saprà riconoscere,
valorizzare e organizzare tanto l’orizzonte comune quanto le diversità specifiche
delle realtà che lo andranno a comporre, per offrire loro un percorso di crescita
concreta al contempo condiviso e individualizzato.
17
Riferimenti bibliografici
Bonaccorsi M., (2009) Potere assoluto. La protezione civile al tempo di Bertolaso, Edizioni Alegre, Roma.
Comune di Capannori, Deliberazione del Consiglio Comunale n. 44 del
14/06/07 – Delibera Rifiuti Zero, http://www.comune.capannori.lu.it.
Connett P., Sheehan B. (2003), Agenda dei cittadini per Rifiuti Zero, www.ambientefuturo.org.
Connett P. (2009), Una soluzione sostenibile per la gestione dei rifiuti, www.cittadinanzattivapuglia.it/doc/Italy-April.09.ppt.
De Marco R., (2009) La prevenzione che non c’è, Carta.
Ercolini R. (2007), Rifiuti Zero: perché a Capannori?, http://www.comune.capannori.lu.it.
Ercolini R. (2010a), La gestione virtuosa dei rifiuti e il caso della provincia di
Lucca: dalla sconfitta degli inceneritori al presente e al futuro delle buone pratiche verso Rifiuti Zero, www.ambientefuturo.org.
Ercolini R. (2010b), Capannori, Primo seminario nazionale delle buone pratiche Rifiuti Zero, www.ambientefuturo.org.
Fondazione Volontariato e Partecipazione, (2010) Protezione civile e partecipazione. Quale modello per una gestione sostenibile delle emergenza socio-ambientali?, www.volontariatoepartecipazione.eu.
Frisch G. J. (2009), L’Aquila. Non si uccide così anche una città?, Clean Edizioni, Napoli.
Habermas J. (1975), La crisi della razionalità nel capitalismo maturo, RomaBari, Laterza.
Horkheimer M., Adorno T. W. (1997), Dialettica dell’illuminismo, Torino, Einaudi.
Klein N. (2007), Shock economy, Milano, Rizzoli.
Legambiente (2009), Ecosistema Rischio 2009, www.legambiente.it.
Legambiente (2011a), Rapporto Ecomafia 2011, Edizioni Ambiente.
Legambiente (2011b), Comuni Ricicloni 2011, Edizioni Ambiente.
Lo Sciuto P. (2011), Zero Waste Strategy, www.volontariatoepartecipazione.eu.
Lovati A. (1995), Azioni volontarie di protezione civile, Fondazione “Emanuela
Zancan”. Padova.
Lyotard J. F. (1989), La condizione postmoderna, Milano, Feltrinelli.
Marcuse H. (1967), L’uomo a una dimensione, Torino, Einaudi.
Mengozzi A. (2008), La governance dei rifiuti in Europa. Territori, conflitti e
partecipazione, tesi di dottorato in Storia e Geografia d’Europa, Università di
Bologna.
18
Ortolani F. (2008), Rifiuti a Napoli: sindrome BISB, www.napoliassise.it.
Parlmento Europeo, (2011) Risoluzione del Parlamento Europeo del 3 febbraio
2011 sull'emergenza rifiuti in Campania.
Pensa R. (2010), “La rivolta delle carriole”, Nazione Indiana, http://www.nazioneindiana.com.
Pinelli C., (2009) Un sistema parallelo. Decreti-legge e ordinanze d’urgenza
nell’esperienza italiana, Relazione al Convegno del Gruppo S.Martino, Università di Milano Bicocca, 13 novembre 2009, su “Recenti novità nell’uso dei poteri
normativi del governo”.
Puliafito A., Nebbia F. (2010), Comando e controllo, iK Produzioni.
Roggi L. (2010), Caso studio sulle capsule in plastica per caffè espresso,
www.ambientefuturo.org.
Ruotolo G., (2008) L’Italia col fiatone e l’emergenza infinita. Rifiuti, immigrati, alluvione. Ma anche le Olimpiadi, La Stampa.
Snow et al. (1986), Frame Alignment Processes, Micromobilization, and Movement Participation, in American Sociological Review, Volume 51, Issue 4, 464481.
Viale G. (1994), Un mondo usa e getta. La civiltà dei rifiuti e i rifiuti della civiltà, Milano, Feltrinelli.
ZWIA (2009), Global Principles
http://www.noinctorino.org.
for
Zero
Waste
Communities,
19
Riccardo Pensa E’ dottore di ricerca in Storia e
Sociologia della Modernità presso il Dipartimento di Scienze Politiche
e Sociali dell’ Università di Pisa. I suoi studi hanno riguardato
consumismo, media, cultura di massa, movimenti controculturali. Per
la Fondazione Volontariato e Partecipazione si occupa volontariato,
protezione civile e tutela dell’ambiente.
[email protected]