Versione pdf - Circolo Culturale La Torre

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L'italiana che femmineggia
5/6/2014 Camillo Langone Il Foglio
Elogio sfrenato di Chiara Civello e del suo disco erotogeno
Tony Bennett dice che Chiara Civello è la migliore cantante jazz della sua generazione.
E tutti a ripeterlo a pappagallo, perché è facile da ricordare, perché suona bene, perché c'è scritto pure su
Wikipedia.
Ci vuole molto tempo per ascoltare anche solo i brani più
significativi di Lalah Hathaway, Norah Jones, Jane Monheit,
Madeleine Peyroux, oltre che ovviamente di Diana Krall, si
fa prima a pensare che il vecchio crooner sia la bocca della
verità o almeno Frank Sinatra. Questo non è l'inizio migliore
per un pezzo in cui mi propongo di elogiare sfrenatamente
Chiara Civello e il suo ultimo disco, me ne rendo conto.
Però mi serviva per dire che è sciocco mettersi a fare
graduatorie: a gorgheggiare, le succitate sono capaci tutte,
mentre è nel femmineggiare che l'italiana non ha rivali.
"Canzoni" forse non è proprio un disco jazz, magari non è
nemmeno un bel disco (i responsabili dei suoni, Nicola
Conte ed Eumir Deodato, hanno dato il meglio
rispettivamente negli anni Zero e, addirittura, negli anni
Settanta).
Ma è un potentissimo promemoria musicale dell'amore fisico e questo ci vuole alle soglie dell'estate 2014. Le
diciassette canzoni di "Canzoni" fanno parte del repertorio
della canzone italiana classica, Morricone, Buscaglione,
Gino Paoli, Paolo Conte, ovviamente Mogol-Battisti, perfino
Jimmy Fontana, i campioni di un'epoca in cui la canzone
italiana era la colonna sonora di Eros.
Se mi chiamassero a fare il consulente musicale per un film
con uomini e donne che nell'Italia di oggi si cercano, e si
trovano, fuggirei il tanto intenso, tanto mesto nostro nuovo
cantautorato (un nome su tutti: Le luci della centrale
elettrica), e metterei Jon Hopkins, Nine Inch Nails, Black
Keys. Oppure chiamerei Chiara Civello: le basta un
accenno di sorriso, una ripresa di fiato, per trasformare il
brano più innocuo in un afrodisiaco da assumersi sotto
controllo medico.
Perché ha la voce più allusiva della sua generazione, ecco
un primato
indubitabile della
cantante nata a
Roma, dato
insignificante siccome un mucchio di gente nasce a Roma, però siciliana
di Modica, anagrafe molto più interessante per la sensualità e la
preziosità di una piccola città di chiese barocche e cioccolata sabbiosa.
Chissà perché la Val di Noto, che dell'Italia è la fine, ha prodotto così
tanta bellezza così tipicamente italiana e penso a Loredana Cannata,
Anna Valle, Rosalba Misseri, Valeria Solarino, Margareth Madè (che
chiaramente si chiama Margherita Maccarrone). Fra queste, la bellezza più italiana di tutte è proprio quella della
Venere di Modica, incontaminata da esotismi. So che il popolo italiano è frutto di innumerevoli mescolanze (l'ho
letto anch'io Cavalli-Sforza) ma constato che esiste un fenotipo per così dire baricentrico, una combinazione
peculiare di geni da cui sortiscono facce che solo italiane possono essere ed ecco pertanto Chiara Civello che
volentieri vedrei turrita e Marianna d'Italia.
Erotica senza essere minimamente esotica, dicevo, e senza prendere quella scorciatoia della seduzione che è
l'ambiguità. Lei per attrarre non ha bisogno di sembrare un
po' lesbica o un po' uomo come ad esempio Emmanuelle
Seigner, per citare l'interprete di un altro disco erotizzante in
giro adesso, che ha il fascino minaccioso del travone.
Lei non ha bisogno di dire parolacce, è il contrario di una
rapper, e qualcosa di diverso dalla comunque deliziosa
Camille di "Too drunk to fuck". Non deve ostentare tatuaggi,
esplicitare, essere volgare: suo vero precedente è la Mina
felicemente censurata di "L'importante è finire".
Per ottenere tutto, meglio non dire tutto. Né mostrare tutto,
anche se nella favolosa foto di copertina, citando la Florinda
Bolkan di "Metti, una sera a cena", scopre una non stretta
striscia di carne da spalla a caviglia, coi pezzi anteriore e
posteriore del vestito tenuti insieme da laccetti esili che ci
vuole niente a sciogliere o spezzare (del resto nel penultimo
brano canta "Usami straziami strappami" che è proprio un
bel sentire).
Non sono sicuro che l'omosessualità sia curabile ma se la
cura esiste è una donna con la faccia la voce le parole il
corpo tipo Chiara Civello.
Sono sicuro che "Canzoni" possa aiutare chi soffre di asessualità, altra piaga contemporanea. Ci sono persone
che non considerano l'opzione dell'amore fisico se una canzone non gliene rammenta l'esistenza. Vertice
erotogeno del disco è la cover di "Va bene, va bene così" dove una voce col tono della perfetta scopamica
pronuncia decisa: "Cosa facciamo stiamo insieme stasera, dài".
Poi parte un sax papettiano e arriva la poetica del fatto compiuto: "Ti sei accorto che facciamo l'amore, sì?".
Quando queste parole le canta Vasco sembra che le canti a uno stadio intero, a cinquantamila persone e quindi a
nessuno, quando le canta Chiara sembra che stia dicendo a te.