PG22_Gigliotti_Mattozzi_Pierini - BIA

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PG22_Gigliotti_Mattozzi_Pierini - BIA
Gli esiti di due workshop tenuti presso la Facoltà di design e arti della Libera Università
di Bolzano in cui gli studenti si sono confrontati con esperienze progettuali legate
al tema della città, dei suoi usi e della sua percezione.
Segni e spazio pubblico
alla Libera Università
di Bolzano
[Signs and Public Space at the Free University of Bozen-Bolzano]
↳ ROBERTO GIGLIOTTI • JONATHAN PIERINI • ALVISE MATTOZZI
Nova Levante, 2009.
Nova Levante, 2009.
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Nova Levante è un paese ai piedi delle Dolomiti,
a venti chilometri da Bolzano. In origine insediamento agricolo isolato, a metà del xix secolo,
grazie alla costruzione della strada delle Dolomiti,
il paese si trasforma gradualmente in un villaggio
diffuso, denso di attrezzature turistiche. Da alcuni anni il paese si è avviato verso il declino segnato dall’abbandono degli alberghi e dalla chiusura
di quasi tutte le strutture commerciali. Nel 2009
il Comune ha bandito un concorso per la riqualificazione del centro del paese lungo la vecchia
strada che attraversa la piazza della chiesa.
Nova Levante is a town in the foothills of the Dolomites, twenty kilometers from Bolzano. Originally an isolated farming village, thanks to the
construction of a key road through the
Dolomites in the mid-nineteenth century the village gradually turned into
a spread-out town with multiple facilities focused on tourism. For several
years now it has been in a state of decline, visible in the abandoned hotels
and closure of almost all businesses.
In 2009 the municipality announced
a competition to revitalize the town
center, along the old road that crosses
the town square in front of the church.
Collaboro con i progettisti che hanno vinto questo
concorso, ora incaricati di stendere le linee guida
che dovranno garantire al paese uno sviluppo
sostenibile in grado di rafforzare l’identità locale.
Il problema principale risiede nella contraddittoria richiesta del bando: rafforzare immagine e
identità del paese e al contempo garantire accesso
alle automobili nei pressi delle poche attività
commerciali rimaste in paese. Come è possibile
rafforzare l’immagine e l’identità della piazzetta
di una comunità di origine agricola riempiendola
di auto parcheggiate?
I work with the designers who won
the competition; they’re now drawing up the guidelines that will ensure the town’s sustainable development and reinforce its local identity.
The main challenge lies in the competition’s contradictory requirements: to
both strengthen the town’s image and
identity while at the same time allowing automobiles access to the few businesses that are still open. How can the
image and identity of a small farming
town’s main square be strengthened
when it’s filled with parked cars?
Il catalogo delle linee guida è stato approntato ed
è iniziata la fase delle consultazioni con le parti
Spazio comune Common space
The catalog of guidelines has been prepared and the phase of consultation
with the parties involved has begun.
We have regular meetings at the town
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di un territorio e Alvise Mattozzi chiede a dei
giovani progettisti di muoversi nello spazio
urbano lasciandosi guidare esclusivamente dalla
segnaletica, come se non vedessero null’altro.
Attraverso questa sperimentazione nella didattica
cerchiamo di ampliare il nostro sguardo sulla
città e di generare contributi provenienti da
discipline non sempre coinvolte negli interventi
sullo spazio urbano.
young designers to move through urban space guided solely by its signage,
as if they couldn’t see anything else.
Through this educational experimentation we seek to broaden our views
on the city and generate contributions
from disciplines that aren’t always actively involved with interventions in
urban space.
Roberto Gigliotti
Roberto Gigliotti
Nova Levante, 2009.
Nova Levante, 2009.
interessate. Con cadenza regolare ci incontriamo
in comune e presentiamo il progetto confrontandoci poi con le esigenze di proprietari di edifici
abbandonati, di eredi che non riescono ad accordarsi sul futuro di una proprietà condivisa, di un
parroco che teme che l’afflusso di fedeli possa ridursi quando non sarà più possibile lasciare l’auto
di fronte alla porta della sua chiesa, di abitanti
preoccupati per le loro proprietà, di commercianti
allettati da nuovi percorsi pedonali che porteranno nuovi turisti di fronte alle loro vetrine, ma
timorosi all’idea di dovere per questo sacrificare
alcuni metri quadrati della loro proprietà. Da
mesi stiamo cercando di scendere a patti con una
sindrome di Nimby (NotInMyBackYard) ampiamente diffusa.
Questa storia vuole mettere in luce due aspetti
fondamentali con i quali confrontarsi quando ci
si occupa di progetto dello spazio urbano: 1) tradizionalmente l’urbanistica si occupa della gestione
del territorio grazie a dati quantitativi e obiettivi
e lascia poco spazio ad altri sguardi; un approccio
multidisciplinare al progetto della città ha grandi
possibilità di essere destinato al successo poiché
può essere in grado di restituire un’immagine
forse meno precisa ma più combaciante con la
molteplice realtà delle nostre città; 2) se è dal
confronto tra opinioni spesso discordanti che
emergono scenari di possibile intervento, allora
un approccio multidisciplinare può permettere a
chi è chiamato a intervenire sul tessuto urbano di
immedesimarsi con i suoi abitanti e condividerne
i punti di vista molteplici e spesso contrastanti.
Ciò è in parte quanto avviene alla Facoltà di
Design e Arti della lub quando chiediamo agli
studenti di confrontarsi con esperienze progettuali legate alla città. Con questi obiettivi Jonathan Pierini stimola i suoi studenti a ragionare
sugli effetti di un evento mediatico sull’immagine
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Spazio comune Common space
hall and present the project and then
deal with the needs of various parties: the abandoned buildings’ owners;
heirs who can’t agree on how to use
shared properties in the future; a parish priest who worries that the ranks of
faithful might diminish when they can
no longer leave their cars in front of
his church during mass; residents worried about their properties; business
owners enticed by the idea of new pedestrian areas that would direct more
tourists to their shop windows, but
worried that it might also mean giving
up a few square feet of their property.
For months now we’ve been trying to
come to an agreement with locals suffering a widespread case of NIMBYism
(Not In My Back Yard).
This tale sheds light on two fundamental aspects that must be managed when dealing with urban spaces
and their design: 1) traditionally, urban planning has dealt with territorial management through quantitative, objective data, leaving little room
for other points of view; a multidisciplinary approach has the potential to
succeed because, although it might offer a less precise image and idea of given towns, it would likely better capture the multifaceted realities of such
towns; 2) if the comparison of often
clashing opinions is what leads to the
formulation of possible scenarios for
intervention, then a multidisciplinary approach could allow planners involved in changes to the urban fabric
to identify more closely with its inhabitants and share some of their many,
often conflicting points of view.
That’s what happens, to a certain degree, in the arts and design department of FUB when we ask students to
tackle design projects related to the
city. Jonathan Pierini and Alvise Mattozzi use these same objectives to encourage students to think about the
effects a media event would have on
the surrounding territory, and ask
Mappatura visiva dei luoghi
percorsi dalla sedicesima tappa
del Giro d’Italia 2012 che ha
attraversato Bolzano lo scorso
22 maggio, realizzata prima
dell’evento. Cosa comporta
l’invasione di questi spazi da parte
di segni temporanei e di natura
prevalentemente commerciale?
Visual route map of the sixteenth
stage of the 2012 Giro d’Italia,
which passed through Bolzano
on May 22, created before the
event. What does the invasion
of such an event’s temporary—
and predominantly commercial—
signage systems entail?
Le città visibili
Visible Cities
«Visible cities. A Tribute to Italo Calvino» è il titolo di un workshop e di una lecture che Laurence
Madrelle e Jean-Pierre Grunfeld hanno tenuto
presso la Facoltà di design e arti della lub nel
maggio 2012, all’interno del progetto di Comunicazione visiva di Antonino Benincasa. L’iniziativa, parte di un progetto più ampio su «Il progetto
della comunicazione per lo spazio pubblico e il
territorio», prendeva le sue mosse dal passaggio
del Giro d’Italia in Südtirol: riflettere sul rapporto
tra media e territorio, sugli scenari cui un evento
mediatico di breve durata può dar vita, su possibili interventi di comunicazione capaci di alterare
simili configurazioni.
“Visible cities: A Tribute to Italo Calvino” was the title of a workshop and
lecture Laurence Madrelle and JeanPierre Grunfeld gave at the arts and design department of FUB in May 2012,
as part of Antonino Benincasa’s visual communication project. It was
part of a larger project on “communication design for public spaces and
the surrounding territories,” and took
its cue from the Giro d’Italia’s passage through Südtirol. The main aim
was to reflect on the relationship between the media and the local territory, the scenarios in which a short-lived
mass-media event could reinvigorate
the region, and on possible communication-related interventions capable of
changing such configurations.
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Un progetto di Laurence
Madrelle, con la collaborazione di
Jean-Pierre Grunfeld, per la città di
Yverdon-les-Bains. Anziché creare
un nuovo sistema segnaletico
materiale, si valorizzano i ponti
presenti all’incrocio di strade e
canali, svelando la città per mezzo
dell’installazione di scenografie
urbane, integrate da un sistema di
comunicazione nelle declinazioni
cartacea, internet, mobile.
A design by Laurence Madrelle,
in collaboration with Jean-Pierre
Grunfeld, for the city of Yverdonles-Bains. Instead of creating a
new physical signage system,
this design makes the most of
preexisting structures at street and
canal intersections, and unveils the
city through installations of “urban
scenographies” connected to a
communication system realized in
hard-copy paper, Internet-based,
and mobile formats.
Il Giro d’Italia vive delle strade, dei paesaggi, dei
luoghi che si fanno palcoscenico. Nel tempo, gli
aspetti partecipativi e sociali della manifestazione hanno subìto progressive trasformazioni.
Pensando alla sua veste attuale, sembra difficile
affermare la capacità dell’evento di dar vita a dialoghi in ambito locale. Esiste tuttavia un discorso.
Vediamo nelle modalità televisive dell’evento un
processo di rappresentazione e iconizzazione che
mette a rischio la complessità dei luoghi. «La città
è vista soltanto dall’alto come una breve nota contestuale, un logo, un’icona morta», come scrive
Grunfeld in un testo presentato al workshop. Una
sorta di sfida quindi, quella posta dal workshop,
basata sull’intenzione di scoprire come il progetto
grafico e della comunicazione possano contribuire alla creazione di luoghi testuali che, sovrapponendosi a luoghi fisici, diano vita a racconti
alternativi, aperture di prospettive. Madrelle è
una progettista grafica francese che si occupa di
comunicazione pubblica da molto tempo e spesso
ha collaborato con il semiologo urbano Grunfeld
nel progettare strategie e sistemi di comunicazio96
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Spazio comune Common space
The Giro d’Italia lives off of the streets,
landscapes, and places that serve as its
scenic stage set. Over time, the participatory and social aspects of the event
have undergone progressive transformations. Looking at the event’s current incarnation, it’s hard to maintain that the event might be able to
inspire local dialog. And yet there is a
discourse. Television coverage of the
event portrays the region in such a
way, almost like an icon, that puts the
complexity of local areas at risk. As
Jean-Pierre Grunfeld writes in one of
the texts presented at the workshop,
“The city is viewed only from above,
like a brief contextualizing aside, a
logo, a dead icon.” And so the challenge posed by the workshop is based
on the goal of discovering how graphic and communication design might
contribute to the creation of “textual places” that, by overlapping with
physical places, bring alternative narratives and other perspectives to life.
Madrelle is a French graphic designer specialized in public communications, and often collaborates with the
urban semiotician Grunfeld to design
site-specific communication strategies
and systems. Each project begins with
a collection of signs and close observation, followed by a constant question:
who is speaking to whom? Through
joint discussion students are encouraged to think about the specific nature
of the Giro d’Italia as a media event
whose places and timeframes interact with the places and timeframes of
the city itself, with their attendant history and personal stories. To quote
Grunfeld once again: “Each spectator spends a few seconds in the places
where local residents have spent days,
months, and years.” What effects can
such a short yet imposing exposure of
signs from different histories and cultures in various spaces throughout the
city have? What is the impact of such a
commercial event on daily life? What
are the potentially positive effects on
the local level? These questions were
posed to the students, who were then
encouraged to use communicative
methods and tools to expand the spatio-temporal confines of the event, and
ultimately intercept the city’s own specific places and rhythms. Of the pro-
posals for intervention, some dealt
primarily with the border between cultures; others focused on the increasing attention paid to the issue of illegal drug use in cycling, and still others
grappled with local, everyday bicycle
use in the city as it related to the race’s
scheduled cycling route. The three-day
workshop focused on the development
of these proposals and their meanings, rather than their actual realization, and thereby allowed participants
to venture a response to the most difficult question: what does any of this
have to do with graphic design?
Jonathan Pierini
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Un progetto di Laurence
Madrelle, con la collaborazione di
Jean-Pierre Grunfeld, per la città di
Yverdon-les-Bains.
A design by Laurence Madrelle,
in collaboration with Jean-Pierre
Grunfeld, for the city of Yverdonles-Bains.
ne site-specific. Ogni progetto comincia con una
raccolta di segni, un’osservazione attenta, seguita
da un onnipresente interrogativo: chi parla a chi?
Attraverso una discussione comune, gli studenti
sono stati portati a riflettere sulle specificità del
Giro d’Italia come evento mediatico i cui luoghi
e tempi interagiscono con i luoghi e i tempi della
città, con la loro dimensione storica, con le storie
personali. «Una manciata di secondi per ogni
spettatore, a confronto con i giorni, i mesi, gli
anni, passati dagli abitanti negli stessi luoghi»,
scrive sempre Grunfeld. Quali effetti può produrre
la breve ma imponente esposizione di segni che
appartengono a una storia e a una cultura diverse
negli spazi della città? Quale l’impatto di un simile evento commerciale sulla quotidianità? Quali i
possibili effetti positivi in ambito locale? Queste
le domande poste agli studenti, invitati a utilizzare metodi e strumenti della comunicazione per
espandere i limiti temporali e spaziali dell’evento,
fino a intercettare tempi e luoghi della città. Tra
le proposte d’intervento presentate, alcune hanno
argomentato sul confine tra culture, alcune
lavorato sulla sensibilizzazione alle questioni
del doping, altre ancora ragionato sui luoghi del
ciclismo quotidiano in relazione al tracciato della
tappa ciclistica in programma. La tre giorni, soffermandosi sull’articolazione delle proposte e sul
senso, più che sulla loro fattiva realizzazione, ha
permesso di tentare una risposta alla più difficile
domanda: cosa ha a che fare tutto questo con la
progettazione grafica?
Jonathan Pierini
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Spazio comune Common space
Giocare agli sciocchi
Playing Dumb
Osservate le foto di p. 100. Le immagini vi possono lasciare indifferenti o incuriositi, ma immagino rimarrete alquanto perplessi se vi dicessi che
provengono da un volume in cui si prende in considerazione la «dimensione sociale della grafica»
e più specificatamente della segnaletica.
Look at the photos on p. 100. The images might pique your curiosity or
leave you indifferent, but either way
I imagine you’d be perplexed if I were
to tell you they’re from a book dealing
with the “social dimension of graphic
design” and, more specifically, that of
signage systems.
Solitamente, quando si parla di «dimensione
sociale della grafica» si fa riferimento all’impatto
o al ruolo che la grafica può avere sul Sociale,
con la s maiuscola, e in fondo si parla del suo
ruolo politico, in senso molto ampio. Ora, le foto
che vedete sono molto lontane da manifesti del
maggio francese, così come da loghi di istituzioni
pubbliche, anche se un po’ meno da sistemi di
segnaletica per i cittadini.
Usually when people talk about the
“social dimension of graphic design”
they’re referring to the impact or role
graphic design can have on the Social
realm, with a capital S, and ultimately, in the broadest sense, they’re talking about its political role. Now, the
photos you’re seeing are quite far from
posters produced for the May ’68 protests in France, nor are they public institutional logos, but they’re not so far
from signage systems designed for citizens.
Quelle foto provengono da una ricerca di due sociologi, Jérôme Denis e David Pontille, i cui risultati sono stati pubblicati in un volume, tradotto
in italiano con il titolo Nel mondo della segnaletica.
L’ecologia grafica degli spazi del metrò (professionalDreamers, Trento, 2011). In questo volume
si cerca effettivamente di rendere conto della
dimensione sociale del design, ma di un sociale in
qualche modo minore. Ma, più che minore, meno
visibile, dato per scontato – «taken for granted»,
come direbbe Harold Garfinkel, fondamentale
riferimento per i due autori.
Dedicandosi in particolare alla segnaletica della
ratp, l’azienda di trasporti parigina, Denis e Pon-
The photos are from research carried
out by two sociologists, Jérôme Denis and David Pontille, who published
their results in the book Petite sociologie de la signalétique; les coulisses des panneaux du métro (“A Brief Sociology of
Signage: The Backstory of Subway
Signs,” Paris: Presses des Mines, 2011)
translated into Italian as Nel mondo
della segnaletica. L’ecologia grafica degli spazi del metrò (Trent: professionalDreamers, 2011). The book examines
the social dimensions of design, albeit
in a somewhat sidelined, minor social
realm. Indeed, more than sidelined or
minor, it’s really just less visible, more
“taken for granted,” as Harold Garfin-
Inizio del percorso relativo alla
segnaletica interna alla Libera
Università di Bozen-Bolzano:
segnaletica esterna (foto scattata
dagli studenti durante il workshop)
(studentesse Irene Borgese, Julia
Schuster, Sandra Sordini).
Starting point of the route using
signage at the Free University of BozenBolzano: outdoor signs (students
Irene Borgese, Julia Schuster, Sandra
Sordini; student photo taken during the
workshop).
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Paris metro signs waiting to
be installed (photo courtesy of
Jérôme Denis and David Pontille).
Operatori del metrò di Parigi
mentre prendono le misure
per installare un segnale
(foto scattata da Jérôme Denis
e David Pontille, per gentile
concessione).
Paris metro workers taking
measurements to install a sign
(photo courtesy of Jérôme Denis
and David Pontille).
Jérôme Denis e Andrea Brighenti, curatore dell’edizione italiana del volume, tenutosi all’interno
del mio corso di teoria dei media. Si è chiesto agli
studenti di adottare un sistema segnaletico presente a Bolzano e, seguendo la modalità proposta
nel volume, giocare agli sciocchi e cercare di fare
un percorso da un punto a un altro basandosi solo
sulla segnaletica. Questo esercizio paradossale
è servito a mettere in luce il dato per scontato
delle relazioni sociali e ha permesso di cogliere
le competenze e le conoscenze che la segnaletica
fornisce e quelle che presuppone, permettendo
così agli studenti di estrarre, comparativamente
con le ipotesi del volume, i ruoli inscritti nella
segnaletica e offerti ai viaggiatori. Tale esercizio
ha così consentito agli studenti di interrogarsi
sull’efficacia e soprattutto sull’adeguatezza della
segnaletica.
In fondo, il lavoro di Denis e Pontille, nonché
il piccolo workshop da essi ispirato, affrontano
la questione dell’ordine sociale e di come esso
è implementato e mantenuto grazie a pratiche
quotidiane, presenti anche intorno alla segnaletica e al suo interno. Ecco allora che il Sociale, con
la s maiuscola, torna come tema centrale, anche
se affrontato con un altro sguardo.
Alvise Mattozzi
Percorso Bo Running
(studentesse Nica Beyer, Ilka
Claren, Laura Saramok, Carlotta
Schlesinger).
that—inscribed within the signs themselves—are offered to passengers as
they manage their movements. This
was the subject of a short workshop
held as part of my course in media theory, in which Jérôme Denis and Andrea Brighenti (editor of the Italian
edition of the book) also took part.
Students were asked to adopt an extant signage system in Bolzano and,
following the methods outlined in the
book, they “played dumb” and tried
to create a path from one point to another using only the extant signs. This
paradoxical exercise cast new light on
the social relations that are taken for
granted and allowed students to better understand the skills and knowledge such signage systems provide
and those they presume users already
have, thus allowing students to extrapolate, by comparison with the examples in the book, the set roles signage
offers users. This exercise therefore
taught students to question signage
systems’ efficacy and, above all, their
adequacy.
Ultimately, Denis and Pontille’s work,
as well as the workshop it inspired, addresses the question of social order and
how it’s implemented and maintained
thanks to everyday practices present
even within signage systems. Here the
Social realm, with a capital S, returns
to being a central theme, even if it’s
seen from a different perspective.
Alvise Mattozzi
The “Bo Running” route (students
Nica Beyer, Ilka Claren, Laura
Saramok, Carlotta Schlesinger).
Operatori del metrò di Parigi
intenti a sostituire un pannello
(foto scattata da Jérôme Denis
e David Pontille, per gentile
concessione).
Paris metro workers replacing a
panel (photo courtesy of Jérôme
Denis and David Pontille).
tille hanno cercato di rendere conto della logica,
delle ricerche e delle scelte organizzative che
hanno portato alle definizione del design manual
dell’azienda e, quindi, hanno osservato il lavoro
legato al posizionamento della nuova segnaletica,
così come la continua manutenzione che richiede
quella esistente. Insomma, tutto ciò che accade
alla segnaletica prima che entri e dopo che ha
lasciato lo studio del designer.
Ma Denis e Pontille non si sono limitati a questo.
I due sociologi hanno cercato di rendere conto
dell’effettivo lavoro della segnaletica, estraendo
quei ruoli che, inscritti nella segnaletica stessa,
vengono proposti ai viaggiatori per gestire i propri
spostamenti. Tale questione è stata oggetto di un
breve workshop, a cui hanno partecipato anche
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Spazio comune Common space
kel, a fundamental point of reference
for Denis and Pontille, would say.
Devoting particular attention to the
signage of the ratp, the Paris public
transit authority, Denis and Pontille
examine the logic, research, and organizational choices that went into the
company’s design manual. They then
observed the work involved in deciding the positioning of the new signage
system, as well as the ongoing maintenance required on the existing signs.
Ultimately, any and everything that
happens to signs before they enter the
designer’s studio and after they leave it
is chronicled here.
But Denis and Pontille didn’t stop
there. They also examined the real, effective work carried out by such signage systems, extracting the roles
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sitografia webliography → http://urli.st/Usf
Cartelli della segnaletica
del metrò di Parigi in attesa
di essere installati (foto scattata
da Jérôme Denis e David Pontille,
per gentile concessione).