2016_4-5_Interventi_tutti - Editrice Minerva Bancaria

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2016_4-5_Interventi_tutti - Editrice Minerva Bancaria
RIVISTA BANCARIA
www.rivistabancaria.it
MINERVA BANCARIA
ISTITUTO DI CULTURA BANCARIA «FRANCESCO PARRILLO»
Luglio-Ottobre 2016
4-5
Tariffa Regime Libero:-Poste Italiane S.p.a.-Spedizione in abbonamento Postale-70%-DCB Roma
RIVISTA BANCARIA
MINERVA BANCARIA
COMITATO SCIENTIFICO (Editorial board)
PRESIDENTE (Editor):
GIORGIO DI GIORGIO,
Università LUISS Guido Carli, Roma
MEMBRI DEL COMITATO (Associate Editors):
PIETRO ALESSANDRINI, Università Politecnica delle Marche
PAOLO ANGELINI. Banca d’Italia
PIERFRANCESCO ASSO, Università degli Studi di Palermo
EMILIA BONACCORSI DI PATTI, Banca d’Italia
CONCETTA BRESCIA MORRA, Università degli Studi del Sannio
FRANCESCO CANNATA, Banca d’Italia
ALESSANDRO CARRETTA, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
ENRICO MARIA CERVELLATI, Università di Bologna
NICOLA CETORELLI, New York Federal Reserve Bank
N.K. CHIDAMBARAN, Fordham University
MARIO COMANA, LUISS Guido Carli
GIANNI DE NICOLÒ, International Monetary Fund
RITA D’ECCLESIA, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
GIOVANNI DELL’ARICCIA, International Monetary Fund
STEFANO DELL’ATTI, Università degli Studi di Foggia
GIORGIO DI GIORGIO, LUISS Guido Carli
CARMINE DI NOIA, CONSOB
LUCA ENRIQUES, University of Oxford
GIOVANNI FERRI, Università LUMSA
FRANCO FIORDELISI, Università degli Studi “Roma Tre”
LUCA FIORITO, Università degli Studi di Palermo
FABIO FORTUNA, Università Niccolò Cusano
EUGENIO GAIOTTI, Banca d’Italia
GUR HUBERMAN, Columbia University
AMIN N. KHALAF, Ernst & Young
RAFFAELE LENER, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
NADIA LINCIANO, CONSOB
PINA MURÉ, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
FABIO PANETTA, Banca d’Italia
ALBERTO FRANCO POZZOLO, Università degli Studi del Molise
ZENO ROTONDI, Unicredit Group
ANDREA SIRONI, Università Bocconi
MARIO STELLA RICHTER, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
MARTI SUBRAHMANYAM, New York University
ALBERTO ZAZZARO, Università Politecnica delle Marche
Comitato Accettazione Saggi e Contributi:
GIORGIO DI GIORGIO (editor in chief) - Domenico Curcio (co-editor)
Alberto Pozzolo (co-editor) - Mario Stella Richter (co-editor)
ISTITUTO DI CULTURA BANCARIA
«FRANCESCO PARRILLO»
PRESIDENTE
CLAUDIO CHIACCHIERINI
VICE PRESIDENTI
MARIO CATALDO - GIOVANNI PARRILLO
CONSIGLIO
TANCREDI BIANCHI, GIAN GIACOMO FAVERIO, ANTONIO FAZIO,
GIUSEPPE GUARINO, PAOLA LEONE, ANTONIO MARZANO, FRANCESCO MINOTTI,
PINA MURÈ, FULVIO MILANO, ERCOLE P. PELLICANO’,
CARLO SALVATORI, MARIO SARCINELLI, FRANCO VARETTO
In copertina: “Un banchiere e sua moglie” (1514) di Quentin Metsys (Lovanio, 1466 - Anversa, 1530), Museo del Louvre - Parigi.
RIVISTA BANCARIA
MINERVA BANCARIA
ANNO LXXII (NUOVA SERIE)
LUGLIO-OTTOBRE 2016 N. 4-5
SOMMARIO
Editoriale
G. DI GIORGIO
Le scelte di investimento delle famiglie italiane
tra tassi negativi e crisi di fiducia ......................................... 3
Saggi
S. ESPOSITO DE FALCO La competitività delle banche italiane
A. BILOTTA
tra struttura di governance e performance:
N. CUCARI
un’analisi empirica................................................................. 7
E. D’APOLITO
Cosa influenza i prezzi dei titoli azionari
V. PACELLI
delle banche in tempo di crisi?
Un’indagine a livello internazionale .................................. 31
A. QUINTILIANI
Il ruolo degli intangibles d’impresa
nei sistemi di valutazione del merito creditizio ................ 55
F. ROSSI
Corporate Governance, Risk-Tasking
and Firm Performance: Evidence from Italy................... 109
Interventi per l’inaugurazione dell’aula “F. Parrillo”, Sapienza Un. di Roma
La scomparsa del Presidente Ciampi ............................... 153
C. A. CIAMPI
Messaggio per l’inaugurazione dell’aula .......................... 155
E. GAUDIO
Intervento del Rettore della Sapienza ............................. 159
S. DE POLIS
La tutela dei depositi bancari
nel quadro dell’Unione Bancaria Europea ....................... 163
P. LEONE
La risoluzione delle crisi bancarie. Dal bail- out
al bail- in: due strutture di pensiero a confronto............ 177
F. TUTINO
Fiducia nelle Banche, bail-in, tutela del risparmio:
un approccio sistemico di lungo periodo ........................ 191
Rubriche
I servizi Bancari per i cittadini stranieri in Italia
(Intervista a Ramzi Hijazi) ......................................................................................... 201
Asset Allocation Mercer 2016: principali evidenze ed implicazioni
per gli Investitori Istituzionali
(L. De Biasi) ................................................................................................................ 207
Prosegue il trend di riduzione dei tassi di default delle imprese italiane.
Stabile l’Outlook per il 2017
(P. Bono, R. Mantovani) .............................................................................................. 215
Bankpedia:
Pragmatismo e vitalità della analisi economica
(A. Marzano) ................................................................... 221
Recensioni
G. Amari, F. de Finetti (a cura di), Bruno de Finetti, un matematico
tra utopia e riformismo (L. Paliotta)............................................................................ 227
G. Pasquino, “La Costituzione in trenta lezioni” (F. Cucuccio) ................................ 231
Presidente del Comitato Scientifico: Giorgio Di Giorgio
Direttore Responsabile: Giovanni Parrillo
Comitato di Redazione: Eloisa Campioni, Mario Cataldo, Giovanni Nicola De Vito, Vincenzo Formisano, Stefano
Marzioni, Biancamaria Raganelli, Giovanni Scanagatta, Giuseppe Zito
e.mail: [email protected] - [email protected]
Amministrazione: presso P&B Gestioni Srl, Viale di Villa Massimo, 29 - 00161 – Roma tel. +39 06 45437321- fax +39 06 83700502
Spedizione in abbonamento postale - Pubblicazione bimestrale - 70% - Roma
ISSN: 1594-7556
La Rivista è accreditata AIDEA e SIE
Econ.Lit
Sapienza, Università di Roma, Dipartimento di Management, inaugurazione Aula “Francesco Parrillo “, 27 aprile 2016.
Parrillo, De Polis, Cataldo, Gaudio, D’Ascenzo, Chiacchierini (foto E. Marcheggiano).
*
Responsabile Investimenti e Retirement Mercer
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CARLO AZEGLIO CIAMPI
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INTERVENTI
MESSAGGIO DEL SEN. A VITA CARLO A. CIAMPI, PER L’INAUGURAZIONE DELL’AULA
“FRANCESCO PARRILLO”, SAPIENZA, UNIVERSITÀ DI ROMA, FACOLTÀ DI ECONOMIA
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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Sapienza, Università di Roma, Dipartimento di Management, inaugurazione Aula “Francesco Parrillo “, 27 aprile 2016.
Rettore Eugenio Gaudio (foto E. Marcheggiano).
INTERVENTO DEL RETTORE DELLA SAPIENZA,
UNIVERSITÀ DI ROMA
PROF. EUGENIO GAUDIO*
Sono lieto di intervenire all’inaugurazione alla cerimonia di intitolazione dell’Aula “Francesco Parrillo” per ricordare la figura di Francesco Parrillo,
che per circostanze fortuite della vita ho avuto la possibilità di conoscere sin
da studente presso la facoltà di Medicina e Chirurgia in quanto ospite del
Collegio Universitario Lamaro Pozzani, fondato a Roma nel 1971 dalla Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro con lo scopo di contribuire alla
formazione di giovani in grado di raggiungere posizioni di alta responsabilità
nel mondo delle aziende, delle professioni, della pubblica amministrazione,
della ricerca e dell’insegnamento universitario.
La residenza, infatti, era solita organizzare cene conviviali in cui gli allievi
di tutte le discipline potevano incontrare i Cavalieri del lavoro che tenevano
conferenze per i loro studenti.
*
Intervento in occasione dell’intitolazione a “Francesco Parrillo” della sala del Dipartimento di Management ,
Facoltà di Economia, Sapienza, Università di Roma (27 aprile 2016).
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EUGENIO GAUDIO
Francesco Parrillo mi rimase impresso, anche se io studiavo Medicina,
poiché era una persona che amava fermarsi a parlare con gli studenti anche
dopo le conferenze. Al termine dava sempre la sua disponibilità per eventuali
approfondimenti sugli argomenti da lui presentati e stimolava i giovani per
conoscere il loro punto di vista. Francesco Parrillo è sempre stato un attento
osservatore della realtà e rifiutava per principio il pensare astratto, privo di un
riscontro pratico.
Questi incontri periodici consentivano a noi studenti di Medicina di essere
aggiornati sui principali fenomeni economici del momento, anche attraverso la “Rivista Bancaria-Minerva-Bancaria”, da lui diretta, di cui portava gli
estratti dei suoi editoriali, in cui affrontava sempre le questioni economiche
più attuali del momento.
La Sapienza è ben lieta di ricordare queste figure di spiccata professionalità
attraverso l’intitolazione di un’Aula, cosa che non avviene di frequente; lo
facciamo solo per coloro che si sono distinti per la forte vocazione all’insegnamento.
Una lunga vita accademica quella di Francesco Parrillo, dedicata allo studio e all’insegnamento della politica economica e dell’economia monetaria
e creditizia. Ha affrontato temi ancora oggi spinosi, tra cui la crescita economica, il rigore di bilancio e l’eccesso di debito pubblico, fino a fornirci,
proprio poco prima di lasciarci, nel 2003 all’età di 91 anni, un appassionato
contributo di analisi per l’avvento della moneta unica europea, prevedendo le
attuali problematiche connesse a questo epocale evento. Una preziosa eredità,
come anche testimoniato da molti suoi allievi, economisti, politici e manager,
e da chi, dall’interno dell’Istituto di Cultura Bancaria a lui intitolato, porta
ancora avanti la sua opera di produzione e diffusione del sapere economico e
finanziario.
I suoi contributi alla formazione della teoria della politica economica e
monetaria sono raccolti in circa 600 pubblicazioni conosciute e studiate in
Italia e all’estero. Ricerche e teorie ben vive ancora, oltre che prescrittive e
pragmatiche, vista anche l’importanza degli incarichi manageriali, oltre che
accademici, in passato ricoperti. Tra cui su tutti la Presidenza dell’Associazione Nazionale “Luigi Luzzatti” fra le Banche Popolari e i due mandati alla
Vice-Presidenza dell’Associazione Bancaria Italiana.
La Sapienza Università di Roma con la sua Facoltà di Economia hanno
voluto dimostrare a Francesco Parrillo la stima e il riconoscimento, per l’opera
prestata, conferendogli il titolo di Professore Emerito, che gli ha consentito
di partecipare alla vita della comunità accademica fino all’età di 81 anni. Così
come in precedenza aveva fatto l’Università degli Studi di Messina, nel con160
INTERVENTI
INTERVENTO DEL RETTORE DELLA SAPIENZA, UNIVERSITÀ DI ROMA
ferirgli, per gli stessi meriti accademici e scientifici, la Laurea Honoris Causa.
La Sapienza, pertanto, ha deciso di intitolare un’Aula del Dipartimento di
Management della Facoltà di Economia alla sua figura, che rappresenta per
molti una guida nel perseguimento degli obiettivi di elevare la cultura economica del Paese e di formare i professionisti ed i manager del domani. Proprio
la “sua” Aula, quella dove più spesso teneva i suoi corsi e seminari universitari,
ove orgogliosamente insegnava e coordinava il suo amato Corso post-universitario di Perfezionamento in Discipline Bancarie.
Come ho più volte sottolineato, l’Ateneo è un bene di tutti, nostro e delle generazioni future. Attraverso il ricordo di grandi figure come quella di
Francesco Parrillo, potremo contribuire ad accrescere il suo ruolo di grande
Università italiana ed europea.
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Sapienza, Università di Roma, Dipartimento di Management, inaugurazione Aula “Francesco Parrillo “, 27 aprile 2016.
De Polis, Condò, Cataldo, Gaudio, D’Ascenzo (foto E. Marcheggiano).
LA TUTELA
DEI DEPOSITI BANCARI
NEL QUADRO
DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA*
STEFANO DE POLIS**
Ringrazio il Magnifico Rettore dell’Università La Sapienza, prof. Eugenio
Gaudio, per l’invito rivolto alla Banca d’Italia a presenziare alla cerimonia di
intitolazione dell’Aula Francesco Parrillo, professore emerito e illustre studioso, il cui insegnamento e i numerosissimi scritti e interventi hanno analizzato
e sovente ispirato i profondi cambiamenti che nei molti anni di vita accademica e professionale hanno interessato il sistema bancario italiano.
Vorrei introdurre il mio intervento richiamando tre linee del pensiero del
prof. Parrillo che mantengono oggi intatta la loro attualità nel parlare di tutela
dei depositi bancari nel quadro dell’Unione bancaria europea.
In primo luogo la consapevolezza che il risparmio rappresenta un ‘fattore
strategico per lo sviluppo e la stabilità’ da tutelare come ‘valore e bene comune’. In secondo luogo la convinzione che l’integrazione del sistema bancario
italiano nello scenario europeo e mondiale sia un potente fattore di trasformazione strutturale e operativa in grado di inserire la nostra economia nelle dinamiche della ‘globalizzazione e della virtualizzazione’; analogamente il prof.
Parrillo vedeva nella costruzione dell’Unione monetaria prima e della moneta
unica poi il necessario completamento del mercato unico e più in generale
dell’Unione europea. Infine, proprio per queste meditate convinzioni, non ha
Intervento in occasione dell’intitolazione dell’Aula “Francesco Parrillo” presso l’Università degli Studi di Roma
La Sapienza (27 aprile 2016).
** Direttore dell’Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi, Banca d’Italia.
*
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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STEFANO DE POLIS
mai smesso di denunciare la mancanza o l’inadeguatezza della ‘filosofia guida
dell’intera costruzione europea’ che senza ‘unità politica è esposta a rischio’1.
Le banche e i depositi nell’economia europea e italiana
Il sistema finanziario svolge una fondamentale funzione di allocazione delle
risorse poiché, attraverso gli intermediari e i mercati, il risparmio disponibile
viene trasferito a coloro che necessitano di risorse per effettuare investimenti.
Le banche partecipano a questo processo raccogliendo risparmio e selezionando i progetti e le iniziative meritevoli di credito.
Sebbene la loro attività si sia trasformata nel tempo, per effetto dell’innovazione finanziaria, tecnologica e del contesto istituzionale e regolamentare,
le banche continuano a distinguersi dagli altri intermediari per una forma
particolare di raccolta: i depositi, e in particolare quelli in conto corrente. Per
le banche dell’area dell’euro i depositi da famiglie e imprese sono pari al 43
per cento della raccolta complessiva; per le banche italiane questa quota è più
elevata, circa la metà.
In virtù della natura monetaria delle loro passività, le banche sono tradizionalmente al centro del sistema dei pagamenti e continuano ad esserlo anche
oggi, nonostante la comparsa negli anni più recenti di nuovi attori nel mondo dei pagamenti elettronici. Le banche non si limitano a trasferire liquidità
all’interno del sistema economico. Esse hanno la capacità di “creare moneta”.
I depositi delle banche sono una delle componenti quantitativamente più
rilevanti degli aggregati monetari: i conti correnti sono più della metà della
moneta (M3) e il totale dei depositi è pari all’85 per cento. Nell’area dell’euro
i depositi di residenti presso le istituzioni monetarie finanziarie (che includono oltre alle banche i fondi comuni monetari) sono oltre 9 mila miliardi di
euro, un valore prossimo a quello del prodotto.
Per le famiglie i depositi rappresentano una forma di investimento oltre
che di gestione delle esigenze di liquidità. In Italia i depositi presso il sistema
bancario sono il 27 per cento delle attività finanziarie delle famiglie; in Spagna
il 38 per cento, in Germania il 37, in Francia il 27 per cento2.
1
2
Riferimenti a scritti del prof. Francesco Parrillo: Forte impegno per la riconquista del risparmio come valore e
bene comune, fattore strategico di sviluppo e stabilità, 2001; I sistemi bancari europei nel mercato dell’euro.
La posizione dell’Italia e le strategie di allineamento ai livelli competitivi internazionali, 2000; Moneta Unica e
posizione dell’Italia, 1996; Quo vadis euro?, 2000.
Dati tratti dai conti finanziari per il terzo trimestre 2015. Per l’Italia include le passività della Cassa Depositi e
Prestiti.
164
INTERVENTI
LA TUTELA DEI DEPOSITI BANCARI NEL QUADRO DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA
Diversamente dagli altri paesi dell’area dell’euro, nel nostro paese le famiglie investono anche una quota non trascurabile in obbligazioni bancarie
(attorno al 5 per cento della ricchezza finanziaria), un prodotto largamente percepito come succedaneo dei depositi ma invero da annoverare tra gli
strumenti finanziari di investimento. Questo fenomeno ha origine nella metà
degli anni novanta, quando gli interessi sulle obbligazioni hanno iniziato a
godere di un trattamento fiscale vantaggioso rispetto ai depositi. Tale vantaggio è stato rimosso nel 2012. Da allora le famiglie hanno progressivamente
diminuito la quota delle obbligazioni bancarie a favore di altri strumenti, in
particolare di risparmio gestito. E’ prevedibile che l’entrata in vigore delle
disposizioni sul “salvataggio interno” sospinga questo processo di ricomposizione, guidato da scelte più consapevoli della clientela.
Le passività bancarie in forma di deposito sono in larga parte utilizzabili
a vista mentre i prestiti e altri investimenti hanno scadenza più lunga, sono
meno liquidi. La circostanza che lo stock dei depositi di un sistema economico presenti un connotato di relativa stabilità rende possibile la trasformazione delle scadenze che connota l’intermediazione bancaria a sostegno degli
investimenti. Timori, più o meno fondati, sulla solidità patrimoniale di un
intermediario possono condurre i depositanti a ritirare contemporaneamente
la liquidità. ‘Corse agli sportelli’ erano frequenti negli Stati Uniti di inizio
Novecento ma la recente crisi finanziaria le ha portate all’attenzione anche in
Europa.
La fiducia dei risparmiatori nella capacità delle banche di rimborsare le
somme depositate è quindi essenziale allo svolgimento delle loro funzioni economiche; essa è connessa con la percezione da parte del pubblico della loro
liquidità e solidità. Data l’intrinseca difficoltà per i depositanti di accertare
l’effettiva solidità, l’ordinamento nazionale, in linea con quello europeo, prevede un articolato sistema di presidi a salvaguardia dei depositi bancari e più
in generale del risparmio e dei risparmiatori.
Assumono specifica rilevanza il governo societario delle banche, la vigilanza, la preferenza accordata dal legislatore ai depositi (la c.d. depositor preference) e la conseguente esigenza che i risparmiatori siano posti in grado di
scegliere in modo ‘informato’. Inoltre, mi soffermerò sul ruolo dei sistemi di
garanzia dei depositi e, in questo ambito, sulla recente proposta di creazione
di un sistema integrato di tutela dei depositi a livello europeo.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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STEFANO DE POLIS
La sana e prudente gestione
La tutela dei depositi è in primo luogo dovere e responsabilità degli organi
sociali delle banche. Il principio di sana e prudente gestione, previsto dall’art.
5 del TUB, connota lo statuto del banchiere. La crisi finanziaria ha confermato, inequivocabilmente, come carenze di governance possano tradursi in
situazioni di crisi in grado di pregiudicare la stabilità.
Professionalità, integrità, presidio dei conflitti di interesse, ruolo degli amministratori indipendenti, valorizzazione della collegialità, netta distinzione
tra funzioni di indirizzo strategico e di controllo e attività operative, sono
chiare prescrizioni normative rivolte agli organi sociali delle banche. Gli assetti organizzativi e di governo societario degli enti creditizi, oltre a rispondere
agli interessi dell’impresa, devono assicurare condizioni di sana e prudente
gestione, presidio dei creditori sociali e dei depositanti e obiettivo essenziale
della regolamentazione e dei controlli.
Finalità ultima della Vigilanza bancaria è la tutela della stabilità e del buon
funzionamento del sistema bancario e finanziario a cui è strettamente funzionale la protezione del risparmio: norme prudenziali, supervisione e trasparenza concorrono a questi obiettivi. Dalla crisi sta emergendo un nuovo
quadro di vigilanza globale con più capitale, meno debito, nuovi strumenti
per la gestione della crisi di grandi intermediari finanziari, una forte tensione
a migliorare l’efficacia della supervisione.
Le norme prudenziali e in particolare i requisiti patrimoniali rappresentano un importante presidio a salvaguardia del risparmio affidato in via fiduciaria alle banche. Nel prossimo futuro, con la fissazione da parte delle Autorità
di risoluzione di cuscinetti di passività in grado di sostenere l’attuazione di
programmi di risoluzione (requisito minimo di passività soggette a bail-in –
MREL; TLAC), tale tutela sarà ulteriormente rafforzata.
In Europa, e segnatamente nell’area dell’euro, la crisi ha portato a una
significativa evoluzione dell’assetto istituzionale della Vigilanza. Il varo nel
2012 dell’Unione Bancaria, con i suoi tre pilastri (Meccanismo unico di supervisione, Meccanismo unico di risoluzione, Schemi di garanzia dei depositi), è stato concepito come il necessario completamento dell’Unione Monetaria. La parola chiave dell’Unione bancaria è ‘condivisione’: della conduzione
della vigilanza; delle modalità e degli oneri di gestione delle crisi; dei fondi di
garanzia dei depositanti. Ove prontamente attuata ne scaturirà un sistema di
tutela rafforzata per i depositi e il risparmio in generale.
166
INTERVENTI
LA TUTELA DEI DEPOSITI BANCARI NEL QUADRO DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA
La ‘depositor preference’ e la disciplina sulla trasparenza
Nella gestione delle crisi bancarie la Direttiva 2014/59/UE sul risanamento e la risoluzione delle banche (BRRD) ha introdotto una importante novità
a tutela dei depositi, riconoscendone l’importanza sociale ed economica. Le
nuove norme accordano un trattamento preferenziale ai depositanti rispetto
agli altri creditori chirografari di una banca. I depositi fino a 100.000 euro,
cioè quelli protetti dal Fondo di garanzia, sono espressamente esclusi da rischi
di perdite sia in caso di risoluzione (bail-in) sia di liquidazione coatta amministrativa.
Anche per la parte eccedente i 100.000 euro, i depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese ricevono un trattamento preferenziale.
In particolare, essi sopporterebbero un sacrificio solo nel caso in cui tutti gli
strumenti con un grado di protezione minore nella gerarchia fallimentare non
fossero sufficienti a coprire le perdite e, in caso di risoluzione, a ripristinare
un livello adeguato di capitale. A partire dal 1° gennaio 2019 il regime preferenziale sarà esteso in Italia a tutti i depositi, ivi compresi quelli delle grandi
aziende, che costituiranno una terza, autonoma classe nella gerarchia concorsuale, antergata alle obbligazioni e alle altre passività.
È, dunque, necessario che i risparmiatori prestino attenzione a distinguere
i depositi da altre forme di investimento, come tali meno protette. Di tutto
questo le banche dovranno rendere edotta la loro clientela.
L’azione di tutela del risparmio deve partire dalla consapevolezza dell’esigenza di protezione del cliente quale “parte debole” del rapporto, situazione
comune a tutte le relazioni tra agenti economici caratterizzate dalla presenza di
asimmetrie informative e significativi squilibri di potere sul piano contrattuale.
Esiste un rapporto sinergico tra le tradizionali finalità di tipo prudenziale della vigilanza e la tutela della clientela, esplicitato nell’art. 127 del TUB
nel quale sono indicate come obiettivi, paritari, dell’attività di vigilanza della
Banca d’Italia.
Dopo la crisi finanziaria del 2008, il Gruppo dei Venti (G20) ha riconosciuto l’esigenza di annoverare espressamente la tutela della clientela tra le
finalità di regolamentazione del settore finanziario3. Sul versante europeo la
protezione dei clienti, da sempre considerata uno strumento per
favorire la piena concorrenza nel mercato unico, è stata inclusa nel mandato delle autorità preposte alla vigilanza microprudenziale sul sistema finanziario.
3
Cfr. G-20 High-Level principles on financial consumer protection, ottobre 2011.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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STEFANO DE POLIS
Nel tempo la disciplina è stata oggetto di progressivi affinamenti, essendo
maturata l’esigenza di accrescere la trasparenza sostanziale nei rapporti tra intermediari e clienti, ispirata a una logica di tutela reale (e non solo formale)
della clientela.
L’impianto regolamentare si fonda sul principio secondo cui la documentazione fornita al cliente deve illustrare le caratteristiche, i rischi e i costi dei
prodotti e servizi bancari con modalità comprensibili, per agevolare il confronto fra prodotti e servizi offerti sul mercato. Alla disclosure
effettiva delle condizioni contrattuali devono accompagnarsi condotte improntate a principi di correttezza. In tale prospettiva le vigenti Disposizioni di
trasparenza4 impongono agli intermediari di dotarsi di presidi organizzativi,
che includono procedure interne per la valutazione della comprensibilità dei
prodotti da parte della clientela e accorgimenti finalizzati ad assicurarne la
corretta commercializzazione.
Alla predisposizione di un robusto apparato regolamentare deve affiancarsi
un sistema di enforcement efficace e dissuasivo. I poteri attribuiti in materia
alla Banca d’Italia mirano a realizzare una tutela di tipo pubblicistico, assicurando l’interesse generale a relazioni tra intermediari e clienti trasparenti e
corrette. Dal 2010 la Banca d’Italia dispone di più incisivi poteri di intervento: si pensi, tra l’altro, al potere di ordinare la restituzione di somme indebitamente percepite (art. 128ter del Testo Unico Bancario).
Tenuto conto delle particolari caratteristiche del settore bancario, risulta
opportuno che a un controllo pubblicistico (diretto alla protezione collettiva
della clientela) si affianchi un sistema efficace di private enforcement, basato su
strumenti rimessi all’iniziativa dei singoli interessati.
In tale prospettiva si colloca l’impegno della Banca d’Italia per l’istituzione e il funzionamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario (ABF), organismo
indipendente per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia
bancaria e finanziaria, costituito nel 2009.
L’Arbitro è chiamato a decidere “secondo diritto” le controversie sottoposte
dalla clientela; le pronunce dell’ABF non vincolano giuridicamente le parti
ma se l’intermediario si rifiuta di dare esecuzione a quanto stabilito dal Collegio, la notizia è pubblicata sul sito internet dell’ABF. In ogni caso - attesa
l’autorevolezza degli arbitri - gli orientamenti accolti nelle decisioni contribuiscono a orientare le condotte complessive degli operatori verso un più elevato
livello di correttezza sostanziale.
4
Provvedimento del 29 luglio 2009 e successive modifiche, Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e
finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti.
168
INTERVENTI
LA TUTELA DEI DEPOSITI BANCARI NEL QUADRO DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA
Nel corso del 2015 l’Arbitro ha ricevuto circa 400 ricorsi in materia dei
depositi bancari e buoni postali fruttiferi, tradizionali forme di raccolta del
risparmio diffuse tra la clientela. Questioni ampiamente affrontate riguardano
la natura giuridica del contratto di deposito bancario e la decorrenza del termine di prescrizione del diritto del cliente al rimborso delle somme depositate
e al pagamento degli interessi maturati.
Di recente è stata affrontata la questione, di grande attualità, relativa alle
condizioni promozionali offerte per una tipologia di deposito nominativo di
risparmio, connotata da un tasso di interesse più favorevole per il cliente rispetto a quello praticato nel rapporto di conto corrente collegato. In alcuni
casi, l’ABF ha riconosciuto la scarsa chiarezza dei fogli informativi predisposti
dall’intermediario nell’indicazione delle condizioni necessarie per il conseguimento del tasso di interesse “premiale” sulle somme depositate.
Dal quadro proposto risulta evidente che l’ordinamento attribuisce a ciascun cliente il diritto a una informazione corretta, sostanziale e nel concreto
adeguata e comprensibile sui prodotti offerti dalla propria banca.
L’assicurazione dei depositi
L’istituzione di un’assicurazione consortile sui depositi è un ulteriore, fondamentale, istituto del complessivo sistema a salvaguardia delle fiducia del
pubblico nelle banche. Essa svolge la duplice funzione di garantire la tutela
del risparmio nella forma più semplice e di preservare la stabilità finanziaria,
prevenendo episodi di panico, minimizzando il rischio di contagio della crisi
di una singola banca ad altre banche e pertanto il rischio di una crisi sistemica.
Per essere efficace il sistema di assicurazione deve essere credibile, ossia disporre di un quadro giuridico che ne assicuri l’intervento in caso di necessità
e di risorse adeguate a fronteggiare la crisi. Più credibile è questa assicurazione, minore è la probabilità che una corsa agli sportelli si materializzi e che
l’assicurazione venga effettivamente utilizzata. Per questa ragione è essenziale
che esista una proporzionalità tra dimensione del sistema bancario e risorse
disponibili per il fondo di garanzia.
Pur avendo introdotto l’assicurazione federale sui depositi nel 1933, invero
Franklin D. Roosevelt temeva che “avrebbe portato al lassismo nella gestione
bancaria e a una mancanza di attenzione da parte sia dei banchieri sia dei
depositanti”. Al fine di evitare fenomeni di moral hazard è quindi importante
che i sistemi di tutela dei depositi prevedano limiti all’importo e al perimeRIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
169
STEFANO DE POLIS
tro di soggetti assicurati; inoltre, il meccanismo di finanziamento dovrebbe
contribuire a mitigare gli incentivi ad assumere rischi eccessivi per le banche,
prevedendo premi assicurativi relativamente più alti per gli intermediari più
rischiosi o di maggiore rilevanza sistemica.
Nel contesto internazionale il ruolo degli schemi di garanzia dei depositi
(Deposit Guarantee Schemes - DGS) nella gestione delle crisi bancarie è variamente articolato: da semplici “paybox”, fino ad essere parte attiva nell’individuazione e nella gestione dell’intermediario in crisi, assumendo talvolta anche
funzioni di supervisione e controllo.
Un recente studio del Fondo Monetario Internazionale ha censito i sistemi
di tutela dei depositi esistenti nei diversi paesi5. Su 189 stati, 112 alla fine del
2013 avevano un sistema esplicito di tutela dei depositi, contro 84 nel 2003;
alta è la diffusione nei paesi a reddito elevato (pari all’84 per cento dei casi).
Tre DGS su quattro sono finanziati esclusivamente dal sistema bancario che
fornisce in tal modo un contributo diretto alla tutela della stabilità; l’incidenza ascende a oltre il 90 per cento per i paesi più avanzati. In nove casi su
dieci i DGS adottano uno schema di contribuzione ex ante (ossia precostituiscono le risorse finanziarie da utilizzare in caso di intervento).
Il ruolo dei Fondi di garanzia dei depositanti nell’esperienza italiana e il
nuovo quadro regolamentare europeo
In Italia operano due fondi: il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi
(FITD), a cui aderiscono tutte le banche costituite in forma di spa e le banche
popolari, e il Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo
(FGDCC). Entrambi sono costituiti sotto forma di consorzi privati e finanziati con i contributi delle banche aderenti.
Nell’esperienza italiana l’azione dei fondi è stata preziosa e risolutiva specie
nella gestione della crisi di intermediari di medie e piccole dimensioni. Anche
nel dissesto di banche maggiori i fondi hanno svolto un ruolo, integrando
l’intervento pubblico, in modo da ridurre il contributo a carico delle finanze
statali6.
Nella quasi totalità dei casi, i fondi non hanno provveduto al rimborso
dei depositanti, ma sono intervenuti con le modalità alternative previste dagli statuti e ammesse dalla legge. Tali interventi sono stati disposti sia in fase
di liquidazione, a sostegno di operazioni di cessione delle attività e passività
della banca in crisi ad un altro intermediario, sia, in particolare nel caso del
5
6
International Monetary Fund WP/14/118 Working Paper Research Department, “Deposit Insurance Database” Asli
Demirgüç-Kunt, Edward Kane, and Luc Laeven, 2014.
Nella soluzione della crisi della Sicilcassa - negli anni ‘90 - il Fondo Interbancario ha coperto circa il 25% dell’onere stimato.
170
INTERVENTI
LA TUTELA DEI DEPOSITI BANCARI NEL QUADRO DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA
FGDCC, in via preventiva a favore di banche in difficoltà per le quali sussistevano prospettive di risanamento.
In ogni caso, il criterio cardine della scelta dell’intervento è quello del minor onere: il costo degli interventi alternativi per gli aderenti deve essere inferiore a quello derivante dal rimborso diretto dei depositanti.
Gli interventi alternativi hanno consentito di contenere gli oneri di intervento dei DGS e di garantire al contempo la tutela del risparmio affidato al
sistema bancario, la continuità delle funzioni essenziali e dei servizi prestati,
la minimizzazione dell’impatto della crisi sulla public confidence, evitando la
distruzione di valore conseguente ad una liquidazione di tipo “atomistico”.
Nel quadro appena descritto si inseriscono le riforme promosse a livello
europeo con specifico riferimento alla gestione delle crisi bancarie, che hanno
introdotto profonde innovazioni negli indirizzi, negli obiettivi e negli strumenti dei diversi soggetti coinvolti: le Autorità di vigilanza e di risoluzione,
gli intermediari, i DGS.
La Direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi
(DGSD), recentemente recepita nel nostro ordinamento (decreto legislativo
15 febbraio 2016, n. 30), realizza l’armonizzazione di aspetti portanti della disciplina comunitaria finora rimessi alle legislazioni nazionali, quali il livello di
copertura, i tempi e le modalità dei rimborsi, le risorse finanziarie, le modalità
di contribuzione, il ruolo dei fondi nelle procedure di crisi.
Nell’ottica di rafforzare la tutela, la nuova direttiva, nel confermare l’importo garantito di 100.000 euro per depositante, riduce il termine del rimborso da venti a sette giorni lavorativi e semplifica le modalità di accesso al
rimborso. È inoltre rafforzato il profilo dell’informativa al pubblico.
Al fine di assicurare la pronta disponibilità delle risorse, la direttiva ha
previsto un meccanismo di finanziamento obbligatorio ex ante che rappresenta una rilevante novità nel nostro sistema, finora basato su contribuzioni
ex post. La costituzione della dotazione finanziaria minima, lo 0,8 per cento
dei depositi protetti (per l’Italia pari a circa 4,9 miliardi di euro), deve avvenire in 10 anni. I DGS possono fare ricorso, in caso di necessità, a contributi
ulteriori ‘a chiamata’ e a altre fonti di finanziamento. Per evitare fenomeni di
moral hazard e incentivare le banche ad una gestione prudente, il calcolo delle
contribuzioni tiene conto del livello di rischiosità dei singoli intermediari.
Per verificare l’effettiva capacità finanziaria e operativa dei fondi a svolgere la
propria funzione, è inoltre previsto che essi svolgano periodici stress test.
La direttiva interviene anche per rafforzare la governance dei Fondi, che
devono dotarsi di assetti tecnico - organizzativi adeguati. Rispetto all’assetto
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
171
STEFANO DE POLIS
previgente, la Banca d’Italia non ha più poteri di autorizzazione dei singoli
interventi, ma è chiamata a svolgere una generale azione di vigilanza.
Un profilo centrale del nuovo assetto regolamentare attiene alla funzione
dei DGS nell’ambito della rinnovato sistema di gestione delle crisi bancarie.
La direttiva prevede, per la prima volta a livello comunitario, mutuando l’esperienza italiana, la possibilità di interventi diversi dal rimborso diretto dei
depositanti, sulla base del principio del minor onere. A tal fine individua due
fattispecie:
i) il sostegno a una banca in crisi per evitarne il dissesto (c.d. interventi
preventivi);
ii) il sostegno a cessioni effettuate nel corso di una liquidazione coatta amministrativa (c.d. interventi alternativi in senso stretto). Inoltre, i DGS
sono chiamati a contribuire al salvataggio interno (bail-in), per la quota
che dovesse gravare sui depositi protetti.
Occorre tuttavia considerare due elementi che contrastano l’assunto degli
interventi preventivi e alternativi.
Il primo è l’impatto della Direttiva 2014/59/UE sul risanamento e la risoluzione delle banche sull’operatività dei fondi. Su un piano più generale,
la BRRD amplia il sistema delle fonti di finanziamento delle crisi bancarie
al ricorrere delle condizioni di risoluzione: da un lato, l’utilizzo delle risorse
“interne” alla banca (il salvataggio interno, bail-in), dall’altro, l’accesso a due
canali che sono finanziati dal sistema bancario, il Fondo di Risoluzione e, appunto, i fondi di garanzia dei depositanti. Tuttavia, la BRRD - come già detto
- ha introdotto la c.d. “depositor preference” a seguito della quale nella gerarchia concorsuale i crediti dei depositanti, e dei DGS che ad essi si surrogano
in caso di rimborso, sono sovraordinati a quelli degli altri creditori ‘ordinari’.
Tale principio, applicato ai fondi, ne modifica la convenienza ad intervenire
con misure alternative poiché, riducendo il ‘costo’ del rimborso, rende più
difficoltoso il rispetto del principio del minor onere.
Il secondo elemento riguarda la compatibilità dell’operatività dei DGS con
la normativa sugli aiuti di Stato nel settore bancario, compendiata nella comunicazione della Commissione Europea del 1° agosto 2013, espressamente
richiamata dalla stessa Direttiva DGS. I principi ivi contenuti e l’interpretazione estensiva che ne ha dato la Commissione hanno portato a qualificare
aiuto di stato ogni contributo diverso dal mero rimborso dei depositi.
Il richiamato orientamento porta al paradosso che abbiamo sperimentato
in questi ultimi mesi: da un lato, la Direttiva DGS disciplina gli interventi
preventivi e alternativi, volti a favorire la soluzione della crisi bancaria, dall’al172
INTERVENTI
LA TUTELA DEI DEPOSITI BANCARI NEL QUADRO DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA
tro l’applicazione della disciplina sugli aiuti di stato, letta congiuntamente al
nuovo quadro giuridico europeo in materia di risoluzione, inibisce di fatto tali
interventi ai fondi. In sintesi le ragioni della tutela della concorrenza e della
limitazione degli aiuti di stato sembrano prevalere sulle esigenze di efficace
soluzione delle crisi, di salvaguardia della funzionalità del sistema e di tutela
dei diritti dei creditori.
Per evitare di incorrere nei vincoli della disciplina europea sugli aiuti di
stato, in linea con esperienze estere, sia le banche associate al FITD sia il mondo del credito cooperativo hanno di recente definito strumenti di intervento
partecipati e finanziati in modo totalmente volontario dalle banche aderenti.
Si tratta di iniziative - da valutare con favore - che testimoniano l’attenzione
del sistema bancario per la prevenzione dei profili di rischio sistemico insiti
nelle crisi ma non possono far venire meno l’impegno a ricercare più efficaci
modalità di utilizzo dei fondi ‘obbligatori’.
Il completamento dell’Unione bancaria: la proposta EDIS
Il dissesto di una banca di grandi dimensioni o una crisi che veda coinvolti
più intermediari potrebbero essere difficilmente gestibili dai fondi di garanzia
nazionali, nonostante i meccanismi di finanziamento previsti dalla direttiva
DGS. La vulnerabilità dei fondi nazionali alle grandi crisi ostacola il superamento del circolo vizioso esistente tra rischio sovrano e rischio bancario, può
generare asimmetrie nel livello di protezione dei depositanti (nonostante una
soglia di protezione uniforme), può incidere sulla fiducia dei depositanti.
Nel giugno 2015 la relazione dei cinque Presidenti sul tema “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa” ha rilevato come il sistema
bancario unico possa essere realmente tale solo se la fiducia nella sicurezza
dei depositi bancari è la stessa indipendentemente dallo Stato membro in
cui la banca opera. I cinque Presidenti hanno quindi indicato l’esigenza di
completare l’Unione bancaria attraverso l’istituzione del suo “terzo pilastro”,
il sistema europeo di assicurazione dei depositi (EDIS).
L’EDIS mira a creare un sistema mutualistico di assicurazione dei depositi
a livello europeo, che farebbe perno sul Fondo di assicurazione dei depositi
europeo (Deposit Insurance Fund - DIF), a cui i DGS nazionali progressivamente trasferirebbero le risorse raccolte dalle banche aderenti.
La creazione dell’EDIS, grazie ad una più ampia condivisione del rischio,
consentirebbe di rafforzare la resilienza dell’Unione bancaria contro crisi fuRIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
173
STEFANO DE POLIS
ture, consolidare la stabilità finanziaria, sostenere la fiducia dei depositanti nei
confronti dei sistemi bancari nazionali, realizzare condizioni di parità concorrenziale nel mercato interno, livellare i costi di raccolta. Rispetto ai DGS
nazionali il numero e le dimensioni delle banche per le quali il Fondo di
assicurazione dei depositi potrebbe efficacemente gestire i rimborsi aumenterebbero in modo significativo per tutti gli Stati membri.
La realizzazione dell’EDIS avverrebbe tramite la progressiva messa in comune del costo degli interventi tra DIF e DGS nazionali, articolata in tre fasi
successive dirette a pervenire all’assicurazione integrale entro il 20247.
Secondo gli obiettivi, il progetto non dovrebbe incrementare gli oneri per
gli intermediari in quanto la contribuzione versata al Fondo unico calcolata
secondo un approccio basato sul rischio verrebbe dedotta da quella da versare
ai fondi nazionali. Attenzione andrà posta ad assicurare l’adeguata disponibilità di risorse nella fase di transizione.
La gestione del DIF verrebbe affidata al Single Resolution Board che assumerebbe anche talune funzioni di monitoraggio dell’operato dei DGS nazionali, in particolare per le attività di recupero delle somme corrisposte per il
rimborso dei depositanti.
Le posizioni espresse dai diversi Paesi chiamati a confrontarsi sulla proposta sono risultate sin da subito distanti: taluni paesi hanno espresso il convincimento che le misure di mutualizzazione del rischio attraverso la garanzia
europea dei depositi debbano essere precedute dall’approvazione di ulteriori
interventi volti a rafforzare la stabilità del sistema bancario e finanziario; altri,
tra i quali l’Italia, sottolineano quanto sia stato già fatto per accrescere la resilienza del sistema bancario e finanziario europeo agli shock e come, proprio a
questo fine, oggi la priorità sia quella di completare l’Unione bancaria con la
creazione di un sistema integrato di assicurazione dei depositi.
Le finalità e l’impianto complessivo della proposta sono condivisibili. È
nostro interesse preservare in concreto la possibilità di finanziare con il Fondo
europeo gli interventi alternativi previsti dalla Direttiva DGS (il testo normativo oggi proposto non li prevede), evitare incrementi di oneri per gli intermediari, adottare un approccio per la contribuzione rapportata al rischio che
non penalizzi le banche che finanziano l’economia reale.
7
Le tre fasi sono: a) la “riassicurazione” (fino al 2019), durante la quale il DIF coprirebbe le esigenze finanziarie e
le perdite dei Fondi nazionali entro il limite del 20%. Il DIF in questa fase interverrebbe solo dopo che i Fondi
nazionali hanno integralmente fatto ricorso alle risorse disponibili; b) la “coassicurazione” (dal 2020 al 2023),
durante la quale il DIF si farebbe progressivamente carico di una quota crescente dell’impegno finanziario e del
costo degli interventi (fino all’80%), senza presupporre l’integrale utilizzo delle risorse nazionali; c) l’”assicurazione integrale” (dal 2024) che prevede che il costo dell’intervento gravi integralmente sul Fondo europeo.
174
INTERVENTI
LA TUTELA DEI DEPOSITI BANCARI NEL QUADRO DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA
Conclusioni
L’innovazione finanziaria e tecnologica e i cambiamenti economico-sociali
intervenuti negli ultimi anni non hanno fatto venir l’importanza dei depositi
come strumenti di raccolta del risparmio ed elementi basilari del sistema dei
pagamenti.
Dall’analisi svolta emerge il chiaro obiettivo del legislatore comunitario di
salvaguardare i depositi bancari, risorsa ad “alto potenziale” per ogni sistema
economico. Tutti i cittadini europei possono pertanto continuare a guardare
con fiducia e serenità ai depositi affidati alle banche.
La tutela più efficace risiede nella solidità della moneta unica e nella stabilità del sistema bancario. A questo obiettivo, perseguito anche operando per
ridurre al minimo i costi e le esternalità dei fallimenti, risponde la creazione
nel 2012 dell’Unione bancaria. Il principio di condivisione finanziaria dei
rischi che la ispira deve portare a considerare le banche dell’area dell’euro non
più come una questione esclusivamente nazionale ma comune. Senza il pieno
e tempestivo conseguimento di questo obiettivo il disegno dell’Unione bancaria rimarrebbe incompiuto.
È pertanto necessario che i lavori per la definizione di una rete comune di
protezione dei depositanti a livello europeo procedano rapidamente, dando
impulso al progetto EDIS.
Inoltre, la credibilità di un sistema di assicurazione dei depositi comune, e
analogamente dello stesso Fondo di Risoluzione unico, troverebbe indubbio
sostegno dalla costituzione di un “single backstop” europeo che possa intervenire laddove le risorse immediatamente disponibili e quelle straordinarie
prontamente richiamabili non siano sufficienti a finanziare gli interventi necessari.
Anche il Fondo Monetario Internazionale ha di recente evidenziato l’esigenza che le Autorità di risoluzione europee siano messe in grado di applicare
con flessibilità e cautela le nuove regole, incluse quelle in tema di aiuti di
Stato, specie nella fase di transizione al nuovo regime. Entro il prossimo biennio è prevista una revisione della BRRD. In questa prospettiva è necessario
promuovere sin da subito la ricerca di un più adeguato punto di equilibrio tra
tutela del mercato e della concorrenza, stabilità finanziaria e diritti fondamentali di azionisti e creditori.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
175
Sapienza, Università di Roma, Dipartimento di Management, inaugurazione Aula “Francesco Parrillo “, 27 aprile 2016.
Leone, D’Ascenzo, Tutino (foto E. Marcheggiano).
LA RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE.
DAL BAIL- OUT AL BAIL- IN: DUE STRUTTURE DI
PENSIERO A CONFRONTO*
PAOLA LEONE**
1. L’attualità del pensiero del Prof. Parrillo
Siamo qui per partecipare alla cerimonia di intitolazione dell’aula al Prof.
Parrillo.
Un senso di gratitudine desidero esprimere a tutti coloro - esponenti
dell’accademia, del mondo bancario e delle autorità monetarie e creditizie
- che hanno concorso con la loro partecipazione alla realizzazione di questo
evento. Un sentito ringraziamento all’Istituto di Cultura Bancaria Francesco
Parrillo, che, nella continuità degli indirizzi del Professore, svolge un ruolo
di prestigio nella cultura monetaria, bancaria e finanziaria. Un evento che
non deve avere carattere puramente commemorativo, monumenti di ricordi
e testimonianze del passato, un evento che deve proiettarsi essenzialmente
nel futuro. Scrive il Prof. Parrillo in suo saggio: dall’esame degli eventi trascorsi
dobbiamo trarre lieviti, fermenti, moniti, ammaestramenti per un più luminoso
avvenire. È il miglior modo per onorare la memoria del Professore.
*
Intervento in occasione dell’intitolazione a “Francesco Parrillo” della sala del Dipartimento di Management ,
Facoltà di Economia, Sapienza, Università di Roma (27 aprile 2016).
** Professore Ordinario di Risk Management e Presidente del Corso di Laurea in Scienze Aziendali, Sapienza
Università di Roma.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
177
PAOLA LEONE
Ho avuto la fortuna di poter fruire della linfa intellettuale e dei fermenti
culturali con cui il Prof. Parrillo ha animato e interessato aule di studenti e di
ricercatori di diverse generazioni. Insigne ricercatore, docente universitario,
promotore di studi e ricerche è stato capace di guardare alle giovani generazioni e alle loro prospettive future individuando i motori del cambiamento in
una società in rapida evoluzione. È stato, infatti, non solo un attento osservatore degli avvenimenti ma anche un vivace sostenitore dei cambiamenti economici, come dimostrano i suoi scritti, circa 600, che consentono di cogliere
l’evoluzione del pensiero di uno studioso capace non solo di interpretare i
fatti, ma di anticiparli con grosso intuito ed apertura mentale. Ampie e approfondite sono le sue analisi sul risparmio, sulla legge bancaria del ‘36, sul sistema del credito speciale, analisi che hanno contribuito attraverso diverse sue
monografie ed altri saggi alla formazione di diverse generazioni di studenti.
Ha affrontato nei suoi scritti con grande senso critico i profondi cambiamenti
della morfologia del sistema creditizio italiano, le crisi valutarie, l’impatto
della moneta unica sullo scenario economico, sulla politica monetaria e di
conseguenza sul sistema bancario. Il pensiero del Prof. Parrillo rimane quanto
mai attuale in una fase così delicata che sta attraversando l’Unione Monetaria
Europea. In un saggio del 1993 evidenzia come ‘le cause del terremoto valutario
fossero da attribuirsi soprattutto alle debolezze intrinseche dei singoli sistemi e alle
politiche di risanamento che erano in corso per superarle’. Scrive in merito alle
manovre restrittive di politica monetaria come ‘si riflettono pesantemente sulla
dinamica dell’economia reale e sul crescente aumento del disavanzo pubblico e,
soprattutto, della spesa per interessi’. Afferma con convinzione come ‘la sconfitta
che la forza del mercato internazionale ha inflitto all’Italia riguarda la credibilità
del nostro Paese, dovuta all’incertezza e alla conflittualità della classe politica e,
poi, ai mali antichi e nuovi di una finanza pubblica dissestata e fuori controllo.
Un male che continua ad affliggere l’Italia anche nella fase della nascita della moneta europea’. L’Italia, rileva il Prof. Parrillo, ‘si trova in svantaggio rispetto agli
altri Paesi, pur avendo compiuto progressi realizzando pienamente i parametri di
Mastricht’. Pur nella consapevolezza che l’euro rende più fluido e operativo
il mercato unico europeo, il Professore manifesta, però, in un suo saggio del
1998 alcune riserve. ‘Si ha la sensazione’- scrive - ‘che esso abbia più privilegiato
gli aspetti economici e monetari rispetto a quelli sociali’. Auspica che la costruzione di Mastricht non sia soltanto ‘una signoria ma affronti il problema dello
sviluppo e possa debellare la disoccupazione’. Il richiamo a un maggior senso di
realismo trapela chiaramente negli scritti di quel periodo, in cui anticipa con
chiarezza l’esigenza di ‘rimuovere tutte le vischiosità, i vincoli, le rigidità specie
nel campo del lavoro e fiscale che bloccano l’economia italiana’. Segnala ‘l’anoma178
INTERVENTI
LA RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE.
DAL BAIL- OUT AL BAIL- IN: DUE STRUTTURE DI PENSIERO A CONFRONTO
lia, tutta italiana, dell’imponente burocrazia che introduce ritardi oneri aggiuntivi nell’attività dello stato, delle imprese e delle famiglie’ e sottolinea come ‘la
nuova fase della politica economica deve essere rivolta a ridurre la pressione fiscale
e liberare risorse da destinare agli investimenti, allo sviluppo, all’occupazione in
uno scenario economico mondiale- siamo intorno al 1998 - in cui si conferma la
positiva previsione di tassi di sviluppo più sostenuti e non solo nel breve termine’.
In questo contesto il Professore rileva come il ruolo del sistema creditizio
risulti basilare e primario come stabilizzatore degli squilibri in una generale
opera di riaggiustamento e di riarmo fiduciario. Un sistema, osserva il Professore, cui si richiede di fare da acceleratore e freno delle attività economiche e
da ammortizzatore delle tensioni sociali. Un sistema che continua ad essere
caratterizzato, in questo ultimo decennio, da profondi mutamenti per adeguarsi alla filosofia e alle regole del nuovo assetto creditizio in uno scenario
economico internazionale e italiano, che hanno imposto e più ancora imporranno al nostro sistema finanziario, adattamenti, consolidamenti strutturali e
arricchimenti funzionali e operativi.
2. La disciplina della risoluzione delle crisi bancarie. Alcune riflessioni
È proprio in un contesto di radicali trasformazioni che si colloca una delle
più significative modifiche dell’ordinamento bancario quale la legge n. 180
del 16 novembre 2015 che ha recepito la direttiva 2014/59/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, relativa alla risoluzione
degli enti creditizi e delle imprese di investimento (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD). Come studiosa di economia degli intermediari
finanziari, che insegna da anni le tematiche di risk management, sto ancora
metabolizzando i cambiamenti epocali che questa innovazione porterà con
sé. Come disse il Prof. Parrillo in un suo intervento del 1974 ‘..il mondo bancario sta attraversando un momento delicato e particolarmente interessante dal
punto di vista dello studioso che cerca di cogliere, nelle incessanti trasformazioni
della realtà, le costanti, le regole, gli schemi interpretativi e di guida della realtà
stessa’. Proprio con questo spirito intendo proporre delle riflessioni cercando
di scegliere l’atteggiamento giusto per capire gli impatti di queste trasformazioni. Molte posizioni espresse nel dibattito corrente si sono sviluppate su
analisi non sufficientemente articolate. Ci sono coloro che ravvisano nella
rivoluzionaria disciplina del bail-in un elemento di progresso; altri, viceversa,
che continuano a sostenere i tradizionali metodi di interventi preventivi per
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
179
PAOLA LEONE
la soluzione delle crisi.
A sostegno della prima tesi, si richiama un rapporto del Comitato Scientifico dell’ESRB (European Systemic Risk Board) del 4 giugno 20141, in cui
viene affrontato il tema dell’overbanked (sovrabancarizzazione) in Europa e
approfondito le cause, le conseguenze e le cure.
Nel rapporto si conferma questo fenomeno in Europa del sovrappeso rispetto all’economia reale, con un livello molto pericoloso di concentrazione e
leva, foriero di instabilità. Tre sono le cause principali: le politiche pubbliche,
significativamente sbilanciate a favore delle banche; l’innovazione tecnologica
e l’accresciuta competizione fra banche che ne è derivata e l’assenza di un
quadro regolamentare in tema di gestione delle crisi o, quanto meno, la sua
inadeguatezza ad agevolare l’uscita dal mercato – in modo ordinato - di banche inefficienti o in dissesto.
Secondo tale studio, la BRRD si prefigge di colmare la lacuna di un quadro
regolamentare a presidio dell’uscita dal mercato delle banche, collocandosi in
una strategia più ampia il cui indirizzo generale mira a ridisegnare l’assetto
del sistema bancario europeo. Se da un lato, la risoluzione può apparire anche
come la prosecuzione della vigilanza prudenziale sulle banche con altri mezzi,
dall’altro, dovrebbe ridisegnare la struttura industriale del sistema bancario
nelle sue articolazioni e nella sua dimensione assoluta, favorendo un sistema
meno autoreferenziale, più efficiente caratterizzato da una governance più forte per dotazione di capitale e capacità di innovare i modelli operativi.
L’emersione dei dissesti bancari e la loro soluzione con i nuovi strumenti
dovrebbe infatti condizionare le scelte strategiche organizzative della banca.
Cambiare è certamente un imperativo per alcuni sistemi bancari. Potrebbe
essere il caso dell’Italia, le cui specifiche tipicità del modello presentano alcune anomalie nella relazione cliente-banca e nella concentrazione dei rischi
assunti dall’intermediario esposto al bail-in, all’interno di mercati locali della
raccolta e dei prestiti, che favoriscono e proteggono rapporti politico-imprenditoriali basati su uno pseudo legame con il territorio.
Di converso, alcuni studiosi2 continuano a giudicare valido il modello tra1
2
The Advisory Scientific Commitee of the European Systemic Risk Board, Is Europe Overbanked? Giugno 2014.
In Italia, come ha evidenziato il Dott. Barbagallo, nell’audizione parlamentare della Banca d’Italia: “la funzione preventiva dei fondi di garanzia dei depositanti è stata la linea portante della soluzione delle crisi bancarie
dall’approvazione della legge bancaria, nel 1936, a oggi. L’intervento preventivo condotto con queste modalità
ha consentito la continuità aziendale, protetto il risparmio, tutelato le funzioni essenziali delle banche; esso ha
realizzato, in sintesi, i medesimi obiettivi che sono ora alla base della normativa europea. Lo ha fatto senza che i
risparmiatori italiani perdessero una lira o un euro in relazione a crisi, anche gravi, di singoli intermediari.” Cfr.
Barbagallo, C. (2015), Audizione presso la Sesta Commissione Finanze della Camera dei Deputati, Indagine
conoscitiva sul sistema bancario italiano, Roma, https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/intvar-2015/B...
180
INTERVENTI
LA RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE.
DAL BAIL- OUT AL BAIL- IN: DUE STRUTTURE DI PENSIERO A CONFRONTO
dizionale di gestione preventiva delle crisi, retto da forti vincoli di solidarietà a livello di sistema bancario. Le caratteristiche del modello preventivo
sono state ben delineate dal Prof. Parrillo nelle sue considerazioni sulla legge
bancaria, in cui osserva come essa offrisse un’ulteriore possibilità di tutelare
le ragioni dei depositanti, compromesse da un dissesto bancario, attraverso
soluzioni preventive3 che hanno consentito di garantire lo sviluppo ordinato
del sistema bancario italiano. Un sistema basato sull’affermazione di un modello di intermediazione semplice, declinato sulla raccolta diretta in depositi e obbligazioni, sui finanziamenti degli impieghi verso imprese e famiglie
e sull’investimento nei titoli del Tesoro italiano sotto la supervisione stretta
dell’Organo di vigilanza, in un contesto, quale quello del nostro Paese caratterizzato da elevato risparmio. Un modello di prevenzione che poteva ancora
essere sperimentato per la soluzione delle nostre recenti crisi bancarie, ma che
non è stato possibile in quanto considerato dalla Commissione Europea come
aiuto di Stato.
Entrambe le posizioni richiedono però ulteriori approfondimenti.
3. La prevenzione delle crisi: la contrapposizione tra interventi innovativi e tradizionali
Il merito dei sostenitori della prima tesi è di richiamare l’attenzione sulle
criticità del sistema bancario e sulle soluzioni di mercato come nel caso dell’uscita dal mercato delle banche. Tuttavia, presenta dei limiti quando a priori
si pone fiducia in soluzioni prodotte dalla piena esplicazione dei meccanismi
di mercato. Occorre valutare attentamente gli impatti, anche collaterali, che
può produrre la nuova regolamentazione della soluzione delle crisi sui singoli
sistemi bancari. Gli studi storici hanno evidenziato come il sistema finanziario
di ogni Paese si adatti alle caratteristiche del proprio sistema legale, politico e
amministrativo, originando così differenze che permangono e si consolidano
3
I sistemi di garanzia dei depositanti, disciplinati all’interno della sez. IV ‐ titolo IV del TUB agli artt. 96, 96
bis, 96 ter e 96 quater, si sono affermati nell’ordinamento italiano nel 1987, con la creazione del Fondo interbancario di tutela dei depositi, nato quale consorzio volontario di banche, costituito allo scopo di assicurare
ulteriore protezione ai depositi della clientela presso le banche consorziate. Il FITD venne ad affiancarsi al
“Fondo Centrale di Garanzia” che le Casse Rurali e Artigiane avevano creato nel 1978 allo scopo di fornire alle
Casse in temporanea difficoltà i mezzi patrimoniali e finanziari atti a conseguire il ripristino della normalità.
La regolamentazione di entrambi i sistemi di garanzia era originariamente rimessa all’autonomia delle banche
aderenti. Stante il delicato equilibrio che lega gli interessi della vigilanza con quelli propri del sistema di garanzia
dei depositanti, la direttiva 1994/19/CE ha optato per l’autonomia di tale sistema, prevedendo il divieto del
finanziamento pubblico.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
181
PAOLA LEONE
nel tempo. Di queste diversità, soltanto alcune sono suscettibili di cambiamento; altre, viceversa, sono necessarie per il funzionamento del sistema. Le
specificità del nostro sistema bancario non sono pertanto tutte da rimuovere.
Proprio in questa fase dell’economia reale, ancora caratterizzata da una perseverante crisi economica, dobbiamo evitare di lasciare insoddisfatta una parte
vitale della domanda di intermediazione finanziaria.
La seconda posizione, nel sostenere soluzioni concertate tra banche e autorità nazionali, deve prendere atto che le nuove regole europee sono vincolanti. Tali soluzioni negoziali non sono più compatibili in un contesto di
cambiamenti della struttura bancaria, sempre meno interessata ad espandersi
con le reti di sportelli superate dalla sempre più diffusa utilizzazione di home
banking.
Nello stesso tempo la disciplina europea non consente l’erogazione di aiuti
pubblici in quanto incompatibile con le regole della concorrenza.
Le crisi o il dissesto e financo l’insolvenza devono trovare necessariamente una soluzione diversa che consenta il raggiungimento di più obiettivi: la
conservazione in continuità dell’azienda bancaria o almeno di parte di essa,
l’assenza al ricorso a fondi pubblici. Di qui la necessità di addossare l’onere
delle perdite sugli investitori (azionisti, creditori e depositanti) per consentire
la tutela dei contribuenti.
Il processo di attuazione della Banking Union è ormai irreversibile. Il nuovo impianto di crisis management 4 è soltanto il primo passo di un nuovo sistema di vincoli fiscali e di regole prudenziali, volto a spezzare l’abbraccio fatale
tra solvibilità delle banche e tenuta delle finanze pubbliche nei singoli Paesi
dell’Eurozona. La risposta a tali esigenze è stata fornita, come anticipato, dalla
Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD). In Italia il d.lgs. 16/11/2015
n. 180 e il d.lgs. della stessa data n. 181, che nel recepire la BRRD hanno
modificato il testo unico bancario, il testo unico della finanza ed anche alcuni articoli della legge fallimentare, hanno indotto a pensare, per la diffusa
inquieta apprensione con cui è stata accolta, che il bail-in sia lo spettro che si
aggira in Europa.
4
Per un approfondimento sul tema cfr. Inzitari B. (2016), BRRD, Bail-in, risoluzione della banca in dissesto,
condivisione concorsuale delle perdite (d. lds. n. 180 del 2015), in Contratti e Imprese, n. 3.
182
INTERVENTI
LA RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE.
DAL BAIL- OUT AL BAIL- IN: DUE STRUTTURE DI PENSIERO A CONFRONTO
L’interesse per la rivoluzionaria disciplina è divenuto un caso di grande
rilievo in Italia, quando nei giorni immediatamente successivi alla entrata in
vigore dei due decreti legislativi (16 novembre) la Banca d’Italia, in quanto
nuova autorità di risoluzione, ha applicato (in data 22 novembre) la disciplina
della risoluzione a quattro banche in stato di grave crisi e per le quali era stata
da tempo adottata la procedura di amministrazione straordinaria ai sensi degli
art. 70 e segg. del testo unico bancario.
L’adozione per la prima volta delle misure previste dalla direttiva e dal
d.lgs. n. 180/2015, ha comportato diversi effetti: l’avvio della procedura di
risoluzione delle quattro banche, la contemporanea chiusura dell’amministrazione straordinaria, l’integrale riduzione delle azioni e delle obbligazioni
subordinate (peraltro collocate oltre che presso la clientela corporate, anche
presso investitori retail), la costituzione di quattro bridge bank, destinatarie
rispettivamente delle quattro aziende bancarie attraverso provvedimenti di
cessione attuati dalla Banca d’Italia, quale autorità di risoluzione.
Va osservato che in questo primo intervento, avvenuto quando l’aggravarsi
della crisi delle quattro banche, non consentiva per esse né la prosecuzione
della procedura di amministrazione straordinaria, né l’acquisizione da parte
di un altro gruppo bancario, la misura del bail-in non è stata applicata, né poteva essere applicata, in quanto la legge di delegazione europea 2014, n.114,
all’art. 8 comma 1, lett. b), prevedeva che il bail-in, di cui al capo IV della
direttiva BRRD, si applicasse dal 1° gennaio 2016.
La Banca d’Italia, quale autorità di risoluzione, in questo caso, ha avviato le
misure previste dal d.lgs. n. 180/2015, previa autorizzazione della Commissione Europea, Direzione Generale della Concorrenza, sulla base di quanto previsto dalla Comunicazione UE del 30.07.2013 C 216/1 in materia di burden
sharing. Quest’ultima, solo al fine di una rapida ricollocazione sul mercato, ha
consentito che il fondo di Risoluzione mettesse a disposizione della ricapitalizzazione delle quattro banche rilevanti risorse. Va sottolineato che se fosse stato
applicato il bail-in l’impatto sulle passività sarebbe stato assai più esteso (con
conseguente più ampia e impopolare perdita dei diritti di credito degli obbligazionisti e dei creditori, compresi quelli dei depositanti), rispetto a quello che,
grazie al contributo del fondo di Risoluzione, la Banca d’Italia ha disposto.
La novità dell’applicazione di una siffatta procedura, almeno nella maggior parte dei risparmiatori del tutto inattesa, come pure l’incidenza di tali
misure sui diritti patrimoniali e corporativi dei titolari degli strumenti finanziari coinvolti, hanno dato luogo a diffuse reazioni, alle quali il legislatore ha
reagito con una misura di ristoro secondo modalità rapide e tendenzialmente
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
183
PAOLA LEONE
automatiche ai soli investitori retail delle quattro banche, che fossero effettivamente inconsapevoli del rischio nel momento in cui furono indotti all’investimento.
Per valutare se il bail-in rappresenti una rivoluzione positiva o meno occorre porsi alcune domande molto concrete: eventualmente in che misura i nuovi
meccanismi saranno risolutivi per le crisi bancarie? Quale sarà l’impatto sugli
investitori e i risparmiatori e sui comportamenti degli intermediari? L’attivazione di tali strumenti contribuisce effettivamente alla stabilità finanziaria? E
si favorirà il perseguimento di condizioni migliori per le banche, anche retail,
nel programmare le proprie attività?
Queste domande si possono affrontare partendo da due visioni contrapposte: una pessimistica e una più rassicurante.
4. I possibili impatti del bail-in: due visioni a confronto
Una visione pessimistica
È necessario ribadire che il fallimento di una banca è trattato in alcuni
Paesi europei in modo diverso rispetto a quello di una industria. Il prevalere
della gestione amministrativa su quella giudiziale comporta che i creditori di
una banca godano di una maggiore attenzione e le autorità di supervisione
godano di maggiori poteri sugli azionisti nella fase di pre-insolvenza proprio
nell’intento di limitare i potenziali effetti negativi di un fallimento bancario
sul sistema economico e finanziario. Di fatto, il salvataggio della banca ha
comportato il salvataggio anche dell’azionista 5 e non la sua sostituzione con
5
Non tutti gli interventi pubblici hanno generato le stesso impatto. È il caso del Tesoro statunitense che, per
contrastare la crisi del 2008, è intervenuto con la TARP 1 e 2 attraverso a) l’acquisto dei crediti Non Performing
Loan (NPL) dalle banche a prezzi superiori al mercato e b) la sottoscrizione diretta ma temporanea del capitale
delle banche. Secondo l’articolo di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, pubblicato sul Corriere della Sera il 5
Luglio 2016, il primo tipo di intervento si qualifica esplicitamente come una soluzione che produce benefici sia
agli obbligazionisti, nell’evitare il fallimento delle banche, e sia agli azionisti che, in presenza di una rivalutazione
dei titoli azionari esistenti, evitano di diluire la propria quota di mercato. La seconda misura impatta favorevolmente solo per gli obbligazionisti, diluendo le quote degli azionisti in misura proporzionale ai nuovi titoli emessi
e sottoscritti al Tesoro. L’aumento di valore delle azioni della banca prossima al default limita il costo pubblico
dell’operazione. A questo proposito il governo USA ha più volte sottolineato come il Tesoro abbia conseguito
da tali operazioni un rendimento di quasi l’8% (Tarp 2), rivendendo le azioni delle banche a crisi superata . La
conclusione di Alesina e Giavazza è di applicare soluzioni del secondo tipo.
È indubbio che entrambi le due tecniche di intervento sono configurabili come salvataggi di banche, con effetti
positivi sulla stabilità del sistema, forieri però di comportamenti di moral hazard: la consapevolezza di un salvataggio esterno in caso di crisi può indurre le banche a una operatività meno efficiente con effetti negativi sul
reiterarsi delle crisi finanziarie.
D’altra parte, il successo di tali operazioni da parte del Tesoro dipende in misura fondamentale dalle qualità
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INTERVENTI
LA RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE.
DAL BAIL- OUT AL BAIL- IN: DUE STRUTTURE DI PENSIERO A CONFRONTO
i creditori, generando la percezione diffusa dei debiti bancari come strumenti
privi di rischio. Con il bail-in si impone, come è stato detto, il subentro dei
creditori della banca nei diritti dei vecchi azionisti sugli attivi introducendo
una gerarchia dei creditori basata sulla cosìdetta depositor preference. In ragione di tale gerarchia, i depositi eleggibili alla garanzia del meccanismo di
tutela dei depositi godono di priorità superiore rispetto al livello previsto per
i crediti vantati dai creditori ordinari non garantiti e non privilegiati. La depositor preference e l’ambito di applicazione del bail-in fanno sì che il risparmio
investito nel passivo delle banche non sia tutelato quando si realizzi l’evento
del default.
Lo strumento del bail-in ha la funzione di permettere la ricapitalizzazione
di una banca mediante internalizzazione dei costi della crisi con il coinvolgimento nelle perdite di alcune classi di creditori6 della stessa banca attraverso
la conversione obbligatoria di strumenti di debito, la riduzione del loro valore
o la loro cancellazione. Durante l’applicazione del bail-in l’autorità di risoluzione dovrà assicurarsi che nessun creditore subisca perdite superiori a quelle
che avrebbe subito se la banca fosse stata liquidata con procedura ordinaria
di insolvenza. Laddove non sia possibile perseguire le condizioni di equilibrio
della banca, né garantire un presidio di capitale è previsto dalla normativa
l’intervento di un Fondo di risoluzione per finanziare la risoluzione fino a un
massimo del 5% delle passività totali7 a condizione che all’8% del totale del
passivo sia stato già assoggettato al bail-in.
Gli effetti di tali misure sono pertanto di rendere più efficace i meccanismi
di risoluzione delle crisi, rafforzando la disciplina di mercato e limitando il
rischio morale. Tuttavia, alcuni studi come quello di Conlon T. & Cotter J.8
rilevano impatti negativi sulla stabilità finanziaria per effetto della perdita di
6
7
8
delle istituzioni pubbliche, che a) intervengono per rinnovare il management delle banche e la loro governance
qualora necessario; b) agiscono con l’intento esplicito di intervenire temporaneamente sul sistema bancario,
rivendendo ai privati a crisi superata. Nel caso del Tesoro USA il management è stato rinnovato e il capitale
ceduto in tempi ristretti.
L’assorbimento delle perdite attraverso il bail-in avviene nell’ordine progressivamente correlato al diverso grado
di rischiosità della posizione creditoria, sulla base di quanto indicato dall’art. 52, d.lgs. 180/2015. Fino alla concorrenza delle perdite può essere disposta la riduzione delle riserve, delle azioni ordinarie, degli strumenti ibridi,
delle obbligazioni subordinate, delle obbligazioni non subordinate (senior), dei depositi. Sono escluse dall’applicazione del bail-in le passività indicate nell’art. 49, comma 1, d.lgs. n. 180/2015 (depositi protetti, passività
garantite, disponibilità detenute in regime di separazione patrimoniale, ecc.). Inoltre possono essere escluse
ulteriori e diverse passività (art. 49, comma 2, d.lgs. n.18/2015) al fine di preservare la continuità dell’ente sottoposto a risoluzione, di evitare il contagio e gravi ricadute sull’economia del paese, di evitare perdite maggiori
di quelli conseguenti al bai-in. Cfr. Spina E. e Bikaula I. G. (2015), Dal bail-out al bail-in, Ecra, Roma, Ins. B
(2016), op.
In caso di crisi sistemica è previsto, sia nella BRRD che nel d.lgs. n.180/2015, il ricorso a strumenti pubblici di
stabilizzazione, a condizione che l’8% delle passività totali siano state assoggettate al bail-in.
Conlon T & Cotter J (2014), “Anatomy of Bail in”, IV:ar Xiv 1403,7628VL,29 marzo.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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PAOLA LEONE
valore di una o più categorie di assets assoggettate al bail-in, con possibili vendite sincroniche sul secondario in prossimità dell’inizio della procedura. La
discesa dei corsi sarebbe accentuata da una vendita in massa degli stessi titoli
con conseguente paralisi del mercato. Si potrebbero anche registrare effetti di
sostituzione di passività soggette al bail-in con altre. Fenomeni di instabilità
finanziaria potrebbero essere molto più costosi del bail-out. Il bail-in di fatto
ha trovato una più estesa applicazione dal 2012 in poi nella ristrutturazione
del sistema bancario spagnolo, dei Paesi Bassi, Slovenia e Portogallo e nel
fallimento della banca Hypo Alpe Adria9, peraltro in quest’ultimo caso con
alcune conseguenze negative sul mercato finanziario tedesco. Ne consegue che
nel favorire la concorrenza, la resolution di una banca configura una situazione
incerta e conflittuale.
Se il rischio che si accollano gli investitori fosse valutabile e gestibile con
approcci classici di diversificazione dei portafogli, potremmo, come è stato
sottolineato in uno studio di Erzegovesi10, avere un’offerta stabile di capitale
di rischio in senso lato. Il problema sarebbe quindi di fissare un prezzo remunerativo di quel capitale.
Nella realtà, il rischio di un titolo esposto al dissesto di una banca non è
facilmente diversificabile, per l’investitore paziente che lo acquista alla pari
quando viene emesso e lo mantiene fino alla scadenza11:
Per l’investitore che, viceversa, investe in strumenti ibridi e sul debito
bail-inable svalutati, potenzialmente può conseguire upside gain, stante la capacità dell’investitore di selezionare prezzi e tempi di intervento.
C’è poi un altro potenziale acquirente di titoli bail-inable svalutati: è la
stessa banca emittente12che può finanziare l’operazione di riacquisto per realizzare plusvalenze volte ad incrementare il core tier1.
In Italia, accanto ai grandi investitori professionali, abbiamo una componente locale importante di capitali pazienti: ossia le fondazioni bancarie e la
clientela famiglie. Il fatto che una quota di rilievo delle emissioni obbligazionarie delle banche, senior e subordinate, sia nei portafogli di questi investitori
9
Sulla legittimità di applicazione del bail-in tale procedura, la corte costituzionale austriaca ha stabilito che, con
l’introduzione di un limite cui applicare il bail-in, si viola il diritto fondamentale alla protezione della proprietà
dei beni a seguito di un diverso trattamento fra i creditori appartenenti alla medesima categoria .
10 Erzegovesi L. (2016) Il bail in e le banche italiane: due visioni e tre risposte concrete. Scritto per il Convegno «Salvataggio bancario e tutela del risparmio», in Rivista. Diritto Bancario, dirittobancario.it, 8.
11 Infatti, come sottolinea Erzegovesi, quell’investitore, pur conseguendo un rendimento appetibile, rispetto ai
tassi risk free, assume un rischio più che proporzionale: a livello di portafoglio si registra un cumulo di downside
risk non compensato da un upside potential.(cfr Erzegovesi L., 2016, op, cit.)
12 L’acquisto di passività a prezzo inferiore a quello di emissione, registratesi in Europa nel periodo 2009-2013,
secondo uno studio di Rubberink, Annelies (2016), ha prodotto una variazione netta negativa dei buffer patrimoniali . (cfr)Rubberink, M. R., Annelies (2016), Are banks’ below-par own debt repurchases a cause for prudential
concern?, http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2725828.
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INTERVENTI
LA RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE.
DAL BAIL- OUT AL BAIL- IN: DUE STRUTTURE DI PENSIERO A CONFRONTO
rappresenta un’anomalia italiana13.
Si tratta di un problema di grande portata, i cui negativi effetti reputazionali sono stati sperimentati, nell’ambito dell’applicazione della 180 /2015,
dalle quattro banche che versavano in grave crisi. Posto che tali problemi non
possono essere arginati da una normativa di protezione, sarebbe auspicabile
una ricomposizione della raccolta bancaria prima che i valori di queste emissioni subiscano cali generalizzati.
Una visione ottimistica
Alla visione pessimista appena tratteggiata ne potremmo contrapporre una
più rassicurante, verificabile in un sistema bancario di tipo tradizionale14, che
non avrebbe nulla da temere dal bail-in, in quanto non soffre di una fragilità
strutturale tipica di alcune banche europee che fanno maggior ricorso alla
raccolta all’ingrosso, ai mercati interbancari e alla raccolta obbligazionaria per
finanziare gli impieghi. Sono le banche i cui modelli di business non sono
orientati all’investiment banking, ossia le banche retail, che dovrebbero operare
con un rapporto di intermediazione caratterizzato prevalentemente da raccolta da clientela retail, e intermediari specializzati che erogano credito oltre
il breve termine finanziandosi con emissioni di obbligazioni di para durata.
Mantenere un ordinato funzionamento di un sistema bancario di questo
tipo vuol dire mantenere la struttura del sistema così come delineato dalla
legge bancaria del ‘36, ispirato, come ha affermato il Prof. Parrillo, al criterio
del pluralismo bancario oltre che, al criterio della specializzazione funzionale
dell’attività creditizia. Un sistema capace di assorbire evenienze negative, facendosi carico delle situazioni di crisi aziendali e garantendo al risparmiatore
una ragionevole certezza di poter sempre disporre del proprio credito (deposito). La correlazione temporale delle scadenze e il relativo equilibrio, come ha
osservato Pontolillo15, era applicata anche allora con molte eccezioni.
La solidità di tale modello è stato messa a dura prova dalla recente e per13 Dai conti finanziari elaborati dalla Banca d’Italia, le famiglie detenevano a settembre 2015 obbligazioni assoggettabili al bail-in per un importo inferiore a euro 200 miliardi. Le obbligazioni bancarie subordinate ricomprese in tale importo, ammontavano a euro 31miliardi, ovvero il 46% dei 67 miliardi in circolazione.(cfr Banca
d’Italia (2016). Informazioni sui detentori di obbligazioni subordinate.
https://www.bancaditalia.it/media/approfondimenti/2016/obbligazioni-subo...).
14 In una prima versione del Financial Stability Board nel 2011, i meccanismi di risoluzione avrebbero dovuto
interessare soltanto le istituzioni finanziarie globali di rilevanza sistemica (G-SIFI). La regolamentazione, sul
bail-in è stata estesa, a seguito di pressioni della Germania, a tutto il sistema bancario. (cfr Financial Stability
Board (2011), Progress in the Implementation of the G20 Recommendations for Strengthening Financial Stabil-ity.
http://www.fsb.org/wp-content/uploads/r_110219.pdf.
15 Pontolillo, V. I. (1980), Il sistema del credito speciale in Italia, Bologna, Il Mulino.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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PAOLA LEONE
durante crisi finanziaria. Purtroppo, sono venuti meno gli assetti equilibrati
tipici del narrow banking o del credito fondiario alla tedesca, mettendo a repentaglio la stabilità del sistema e dell’economia. Il problema di fondo è gestire la transizione verso assetti sostenibili. La vera sfida è disinnescare il rischio
di bail-in durante questa lunga marcia16.
5. Possibili soluzioni dall’esame della realtà
Il concetto stesso di risoluzione riassume nella nuova regolamentazione la
possibilità di una uscita ordinata dal mercato. In altri termini, pur in presenza
di strumenti e azioni predeterminati per il risanamento, per una banca in
crisi non ci dovrebbe essere alternativa: l’uscita dal mercato avviene tramite
liquidazione o risoluzione. Tuttavia sussistono potenziali elementi di criticità
non essendo più tutelato allo stesso modo il passivo delle banche. Il cambio
di percezione è un fattore importante nella considerazione dell’impatto del
bail-in sul funding delle banche.
Occorre capire quali strumenti del passivo si possano legittimamente collocare a quale tipologia di risparmiatori –investitori, stante che più uno strumento è esposto al bail-in e meno si addice al piccolo risparmiatore e più il
premio a rischio per tale strumento può aumentare.
In Italia il sistema bancario, pur non ravvisando fragilità strutturali tipiche
del modello di funding delle banche europee, presenta delle anomalie che
richiedono risposte concrete e di vasta portata. Il movimento di ricomposizione della raccolta deve privilegiare il riassorbimento degli strumenti ibridi
oggi collocati presso clienti retail e il collocamento di forme meno esposte al
bail-in attraverso la creazione di un mercato liquido di obbligazioni garantite
o di titoli da cartolarizzare.
Il rafforzamento di schemi di protezione istituzionale, secondo una logica
mutualistica capaci di interventi “volontari” in caso di crisi che non configurino aiuti di Stato e prevengano quindi l’innesco della risoluzione, costituisce
un ulteriore misura di intervento necessaria.
Nuove politiche del funding debbono pertanto essere implementate dalle
banche parallelamente a misure volte a ridurre rapidamente lo stock di crediti
deteriorati; in un contesto in cui siano visibili i segni di una ripresa di margini
accettabili sull’intermediazione creditizia in un quadro di crescita economica
stabile. Il nodo dei crediti problematici, che grava tuttora sui bilanci delle
16 Cfr Erzegovsi L. (2016), op. cit..
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INTERVENTI
LA RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE.
DAL BAIL- OUT AL BAIL- IN: DUE STRUTTURE DI PENSIERO A CONFRONTO
banche italiane, deve essere adeguatamente affrontato, favorendo il ricorso
delle banche al mercato dei capitali, il ravvio del processo creditizio e la crescita dell’economia reale.
Solo rimuovendo i fattori inerziali e attivando forse in modo proattivo
le misure menzionate, la BRRD potrà perseguire l’ordinato funzionamento
del mercato bancario in Italia, impattando positivamente sull’organizzazione
industriale del sistema bancario, modificandone radicalmente le vecchie linee
direttrici e aggiungendo nuove coordinate per la competizione fra banche.
Purtroppo ad oggi non si è avuto modo di verificare quali sia il modo migliore
per superare le crisi.
Per recuperare e riconquistare il ruolo istituzionale di una banca, occorre
che tutti gli attori si responsabilizzino nelle azioni da intraprendere. ‘Occorre
sempre fare ciò che non si è capace di fare per imparare come fare’.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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Sapienza, Università di Roma, Dipartimento di Management, inaugurazione Aula “Francesco Parrillo “, 27 aprile 2016.
Ciccarone, Masiani, Musto D’Amore (foto E. Marcheggiano).
FIDUCIA NELLE BANCHE, BAIL-IN,
TUTELA DEL RISPARMIO:
UN APPROCCIO SISTEMICO DI LUNGO PERIODO*
FRANCO TUTINO**
Desidero anzitutto ringraziare tutti i presenti e coloro che hanno contribuito fattivamente al Convegno di oggi. In particolare, il Rettore della Sapienza,
Prof. Eugenio Gaudio, il Dott. Stefano De Polis, Direttore dell’Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi, Banca d’Italia, l’Istituto di Cultura Bancaria
Francesco Parrillo.
A parte la figura di studioso e di uomo di banca, di cui dirò tra poco con riferimento a uno dei temi più cari al Prof. Parillo e di grande importanza anche
per i sistemi finanziari odierni, mi piace ricordare tre episodi che mi hanno
avvicinato a Francesco Parrillo consentendomi di apprezzarne le qualità e di
tenerne presente la figura nel tempo. Il primo è del settembre 1980. Il Prof.
Parrillo è Presidente della Commissione Nazionale di concorso a cattedra per
professori ordinari di Tecnica Bancaria alla quale mi ero presentato. Sono uno
dei dieci vincitori. Non posso non ricordarlo con gratitudine. Fa parte della
Commissione anche il Prof. Giambattista Marchesini, eccellente studioso al
quale mi legava un rapporto di stima e di cordialità. Il secondo episodio è
del 1985. La Sapienza organizza un Convegno di presentazione dei volumi
in onore di Francesco Parrillo, contenente saggi scritti da molti autorevoli
studiosi. Contribuisco con uno scritto, sono presente al Convegno, riascolto
*
Intervento in occasione dell’intitolazione dell’Aula “Francesco Parrillo” presso l’Università degli Studi di Roma
La Sapienza (27 aprile 2016).
** Professore Ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari e Presidente del Corso di Laurea Magistrale
“Intermediari, Finanza Internazionale e Risk Management”, Sapienza Università di Roma.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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FRANCO TUTINO
in quell’occasione il Prof. Federico Caffè, dal quale avevo imparato molto nei
miei anni di studente universitario, e, dopo, attraverso i suoi scritti. Il ricevimento che si terrà a casa del Prof. Parrillo è l’occasione per un breve, piacevole
colloquio. Il terzo episodio riguarda la mia collocazione fisica in questo Dipartimento: nello Studio che è stato del Prof. Parrillo, a me assegnato con generosità dal Direttore dell’Istituto di Tecnica Bancaria, Prof. Giuseppe Murè,
nel novembre 1997, inizio della mia attività di docente alla Sapienza.
Il Prof. Parrillo è stato studioso di Politica Economica e Finanziaria, prima
ancora che di banche e di sistemi finanziari. È una caratteristica che gli consente di osservare da più prospettive temi e problemi bancari e finanziari. Per
cogliere più profondamente connessioni a volte – o troppo spesso – trascurate
anche oggi.
1. Tutela e gestione del risparmio
Fra i temi di maggiore rilievo che riguardano le banche, il sistema finanziario e la politica economica, posizione di assoluta preminenza è occupata
dal risparmio e dalla sua tutela1. La “tutela del risparmio” può apparire un
concetto semplice e un obiettivo non difficile da raggiungere. Tutelare vuol
dire operare in favore dell’integrità, difendere, prevenire; ma anche saper gestire eventi in grado di danneggiare. Nel caso del risparmio, la tutela mira alla
salvaguardia dell’integrità di ciò che non è stato consumato. Dunque, di ciò
che ci proietta nel futuro consentendoci di continuare a disporre di risorse
finanziarie. Nelle economie monetarie e finanziarie in cui viviamo, per salvaguardare il risparmio non è certo sufficiente custodirne fisicamente ciò che lo
rappresenta in piccola parte: banconote e titoli di credito che abbiano ancora
forma cartacea. Occorre gestirlo. Impiegandolo o investendolo al meglio. Per
ottenerne frutti, per contenerne perdite. È il lavoro delle banche e dei mercati
finanziari. Il raggiungimento dell’obiettivo della tutela del risparmio, dunque,
può essere conseguito in più modi.
1
Si vedano Francesco Parrillo, Considerazioni conclusive in Francesco Parrillo (a cura di) Assicurazione e Garanzia
dei depositi bancari nella Comunità Europea. Atti del Seminario organizzato dall’Università di Roma, Facoltà di
Economia e Commercio, Corso di Specializzazione in Discipline Bancarie, Roma, 3 dicembre 1984, pp. 129138 e Francesco Parrillo, La funzione dei sistemi creditizi nell’economia contemporanea, Edizioni Kappa, Roma,
1985, pp. 208-212, 220-225
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INTERVENTI
FIDUCIA NELLE BANCHE, BAIL-IN, TUTELA DEL RISPARMIO:
UN APPROCCIO SISTEMICO DI LUNGO PERIODO
2. Salvaguardia del credito bancario e fiducia nelle banche
L’obiettivo della tutela del risparmio bancario riguarda i risparmi individuali affidati alle banche, ma anche la salvaguardia dell’esercizio del credito
da parte delle banche basato sulla raccolta da clientela e il sostegno finanziario
all’economia che scaturisce dall’erogazione di credito a imprese e famiglie.
Sono le banche che scelgono come impiegare in crediti (e in titoli). Gli
indirizzi nelle politiche di impiego e di investimento, la valutazione dei rischi
assunti e la gestione degli stessi rischi determinano la capacità della singola
banca di salvaguardare l’integrità dei risparmi che le sono stati affidati.
Sono scelte complesse, riservate alle banche: né i risparmiatori-depositanti
– ovvero i creditori per eccellenza delle banche –, né i debitori finanziati dalle
banche intervengono su di esse.
La tutela del risparmio bancario, dunque, è parte di un sistema basato anzitutto sulla qualità della gestione delle banche e sulla loro capacità di conseguire risultati economici che consentano di conservarne continuità aziendale
e stabilità nel tempo. La tutela del risparmio bancario, inoltre, è fondata su sistemi di garanzia dei depositi che interverranno a favore dei risparmiatori-creditori in determinati casi di impossibilità delle singole banche di far fronte
ai propri impegni di rimborso verso essi. In sintesi, la tutela del risparmio
raccolto dalle banche – e non solo la tutela dei depositi bancari – è un tassello
fondamentale della tutela dell’integrità del sistema finanziario e del suo positivo funzionamento per l’economia.
In questi lunghi anni di crisi si perseguono obiettivi di salvaguardia complessiva che vanno oltre la sola tutela dei depositi e del risparmio. Obiettivi
importanti per il sistema economico, che si cerca di raggiungere anche con
altri e più complessi strumenti. Tra questi, posto di grande rilievo ha la regolamentazione bancaria. Occorre chiedersi se essa è improntata efficacemente
al loro raggiungimento, e in quale misura e con quali modalità stia contenendo l’assunzione di rischi da parte delle banche per proteggere efficacemente,
attraverso la continuità e stabilità delle stesse banche – nonché la tutela della
fiducia in esse - il risparmio e il credito all’economia.
Il recente avvio del bail-in dal 1° gennaio 2016 e la risoluzione delle quattro banche italiane nel novembre 2015 hanno riproposto con forza al centro
dell’attenzione il tema della fiducia nelle banche.
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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FRANCO TUTINO
3. Il bail-in: conseguenze economiche e ruolo della politica
Il Decreto “salva banche” ha evitato il bail-in (“salvataggio interno”) per le
quattro banche italiane interessate e ha comportato forti perdite per i piccoli
risparmiatori che avevano investito in obbligazioni “subordinate” delle stesse
banche. Si tratta del primo importante episodio concreto di cosa può accadere
dal 1 gennaio 2016 ove si applichi il bail-in.
Le quattro banche sono state “salvate”, il sistema bancario italiano ha
contribuito significativamente con propri mezzi finanziari. Non si è trattato,
però, solo di questo. Le forti proteste dei risparmiatori colpiti richiamano
l’attenzione su molto altro.
Si è ridotta la fiducia verso le banche. Inevitabilmente e completamente
nei confronti delle quattro “vecchie” banche, tendenzialmente verso l’intero
sistema bancario. Saremo più disposti, senza alcuna remora, ad acquistare
titoli emessi da banche e a divenire loro depositanti? Minore raccolta diretta
da clientela rende le banche meno equilibrate sul piano finanziario e meno solide; maggiori costi della raccolta spingono al rialzo il costo dei crediti erogati.
In entrambi i casi, ci sono impatti non indifferenti sull’economia. Sembra un
tema riservato ai soli banchieri, riguarda invece l’economia del nostro Paese:
tutti noi. Questi e altri problemi tecnici apparentemente distanti dalla nostra
vita quotidiana si sono fatti strada.
Consideriamo più da vicino i risparmiatori – meglio: le persone che hanno
risparmiato – e gli impatti che il “salvataggio/fallimento con perdite” ha avuto
sulla fiducia. Questa è necessaria poiché sta alla base non soltanto del funzionamento delle banche e del sistema finanziario, ma dell’intera economia.
Dunque, della società nel suo insieme.
Dobbiamo chiederci in quale misura il problema della sfiducia e delle sue
conseguenze sarà risolto. Ma non basta. Sono necessarie analisi e riflessioni
più ampie e profonde.
Il vero tema di fondo su cui siamo tutti chiamati a riflettere deve riguardare
anche altro: la politica, cioè l’efficacia e le conseguenze delle scelte che essa è
chiamata a fare e che saprà fare. Occorre che la politica abbia la consapevolezza di chiedersi se i fallimenti bancari secondo le linee del cosiddetto “salvataggio interno” alle stesse banche siano effettivamente a “costo zero”. Gli impatti
economici sulle banche chiamate a salvare alcune di esse, nonché gli impatti
economici e sociali della caduta della fiducia portano a dire che il bail-in non
sembra essere né l’unica soluzione, né quella ottimale. Il fallimento di una
banca inefficiente non equivale, infatti, al fallimento di una qualunque altra
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impresa inefficiente2. Non basta che un’altra impresa bancaria ne prenda il posto, non si tratta di una semplice sostituzione che riporta in equilibrio e senza
scosse il sistema nel suo insieme. È necessario perciò intervenire prima che
la fiducia venga meno, farlo cercando di non addossare perdite inaccettabili
a depositanti e piccoli risparmiatori. È necessario che la politica non solo dia
risposte in termini di rimborsi, visti gli impatti economici e sociali che sono
emersi in questo primo caso; ma che prosegua sulla strada dell’acquisizione
di una piena conoscenza e consapevolezza della gravità dei problemi reali per
l’economia e la struttura finanziaria del nostro paese che potranno scaturire
dal bail-in. È necessario riaprire in Europa un dibattito critico sul tema: il
bail-in non sembra poter far raggiungere in pieno né l’isolamento della parte
“buona” delle banche senza che esse registrino – sul piano della fiducia, del
proprio grado di solidità e dei propri risultati economici – impatti negativi di
fallimenti gestiti secondo le regole del bail-in; né l’obiettivo del non impatto
delle crisi bancarie sui conti pubblici: crisi di sfiducia dei risparmiatori-consumatori si riflettono negativamente sull’economia, si riducono pertanto le
entrate fiscali.
4. Rischi e capitale delle banche: limiti operativi dell’impostazione regolamentare
Per quanto ovvio, e per quanto complesso, soluzioni migliori vanno ricercate sul piano della prevenzione. Occorre chiedersi se non sia necessario
ridisegnare in parte l’architettura della regolamentazione bancaria, in modo
da far sì che impatti così devastanti sulle stesse banche e sulle economie dei
paesi possano essere contenuti nei loro effetti.
La regolamentazione bancaria deve avere almeno due obiettivi minimali, e
non uno: non solo la protezione del risparmio e delle disponibilità finanziarie
versate in banca, ma anche la tutela del credito all’economia. L’esercizio del
credito bancario è un bene pubblico da tutelare. Le regole di funzionamento
delle banche devono essere definite anche a questo scopo.
Le banche sono sottoposte a rischi specifici della loro attività, non possono
evitare di essere esposte ad essi. In particolare, a rischi di credito e a rischi
finanziari. Gli uni e gli altri possono avere l’effetto di portare a perdite che riducono i risultati reddituali della gestione e che, nei casi più gravi, impattano
negativamente anche sul patrimonio.
2
Si veda l’intervista di Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, a “La Repubblica” del 20 dicembre 2015
RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 4-5 / 2016
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FRANCO TUTINO
Sono dunque le scelte di gestione della banca che vanno ad impattare sui
suoi equilibri-squilibri aziendali. Le scelte muovono dal modello di business
e si declinano in strategie e politiche di gestione attinenti i diversi aspetti
dell’attività aziendale. Il modello di business riguarda anzitutto la macroarea
di attività entro la quale la banca intende operare: ad esempio, in prevalenza
l’attività bancaria retail. Il modello di gestione degli equilibri-squilibri aziendali
di rischiosità ha attinenza con i profili di equilibrio-squilibrio della gestione
aziendale. A parità di modello di business – ad esempio, ancora, attività bancaria retail – possono corrispondere modelli diversi di gestione degli equilibri
aziendali di rischiosità. Le politiche di gestione dei rischi concernono aspetti
operativi quali le dimensioni, la composizione, la qualità, le politiche di tasso
delle attività fruttifere e delle passività onerose di bilancio. Sono condizionate
dalla struttura in essere del bilancio della banca, dai contesti economico-finanziari in cui le singole banche operano, dai vincoli regolamentari posti ad
esse.
È l’inevitabilità dell’assunzione di rischi da parte delle banche e il grado in
cui li assumono che portano a chiedersi se gli strumenti di regolamentazione
adottati dalle autorità per tenere sotto controllo i livelli di rischiosità delle
banche e garantire un adeguato grado di stabilità del sistema finanziario siano
adeguati in termini di efficacia e se presentino limiti di percorribilità.
Lo strumento principale su cui si fonda da decenni l’architettura europea
della regolamentazione prudenziale è il capitale delle banche. Sotto il profilo
concettuale, la definizione di rapporti tra “capitale/rischi” per definire gradi di
solvibilità delle banche è corretta: rischi che si trasformino in perdite possono
essere coperti dal capitale. Il problema, però, non è concettuale, ma concretamente operativo: a quanto può ammontare l’entità dei rischi? e in quale misura e per quante volte nel tempo il capitale può assorbirne gli effetti negativi
che si esprimono in perdite?
Sono evidenti dunque – specie alla luce della crisi - i limiti dell’impostazione “capitale/rischi”: limiti di efficacia a fronte di perdite che superano il capitale, limiti di percorribilità a fronte di risultati reddituali difficili da conseguire
e di mercati finanziari poco disposti a continuare a investire in nuovi aumenti
di capitale di banche.
In sostanza, l’approccio prudenziale “capitale/rischi” può rivelarsi insufficiente e solo parzialmente prudenziale: più che fare opera di prevenzione
nell’assunzione di rischi non sopportabili dalle singole banche, cura gli effetti
che ne sono scaturiti in termini di perdite. È un approccio che, correttamente, vuole limitare l’assunzione di rischi, e lo fa con modalità indirette e
complessive: lascia alle singole banche le scelte di gestione, pone limiti di cre196
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scita globale agli attivi rischiosi. Non interviene sulle cause. Ne consegue che
una regolamentazione “capitale-centrica” è insufficiente. Chiediamoci perciò
se sia necessario integrare la regolamentazione aggiungendo limiti operativi
e divieti che consentano di contenere entro misure adeguatamente gestibili
dalle singole banche, e accettabili per il corretto funzionamento del sistema
finanziario, i rischi assunti dalle banche.
Una prima evidenza scaturisce dall’evoluzione della normativa di “Basilea”.
La rivisitazione della regolamentazione indotta dalla crisi ha seguito essenzialmente due percorsi di fondo: il rafforzamento patrimoniale delle banche, a
conferma della centralità dell’approccio “capitale/rischi” perseguito da tempo;
l’introduzione di limiti attinenti la gestione del rischio di liquidità e il grado
massimo di indebitamento. Si tratta di un primo intervento sistematico di andare oltre l’impostazione “capitale-centrica”. Le novità sono concettualmente
e operativamente interessanti, specie quelle inerenti la gestione della liquidità:
in particolare, la sua regolamentazione è impostata in termini di limiti posti in
via preventiva all’assunzione dello stesso rischio, e non di soluzioni a posteriori
attraverso la copertura/assorbimento degli effetti utilizzando e consumando il
capitale della banca.
I regolatori hanno riconosciuto implicitamente, perciò, alcuni non trascurabili punti centrali del tema della gestione dei rischi delle banche:
a. ci sono rischi che le banche non possono assumere in qualsiasi misura:
l’esposizione ad essi deve essere limitata;
b. una regolamentazione basata soltanto sull’approccio “capitale/rischi”
non è sufficiente.
5. Crisi prolungate, economia del debito, banche: limiti concettuali
dell’impostazione regolamentare
Voci critiche all’impostazione della regolamentazione in termini di approccio basato prevalentemente (e senza limiti?) sul rapporto “capitale/rischi”
sono state poche e trascurate3. Consapevolezze diverse e importanti si vanno
3
Si veda, tra gli altri, Franco Tutino, Vigilanza unica europea e rischi dell’attività bancaria: è necessario integrare la
regolamentazione?, Intervento al Seminario di Studi sulla “Nuova Vigilanza Unica Europea” organizzato dalla
Facoltà di Economia dell’Università Sapienza di Roma, dal Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università
LUISS Guido Carli, dall’Istituto di Cultura Bancaria “Francesco Parrillo”, Roma, 14 novembre 2013, “Rivista
Bancaria”, marzo-giugno 2014, pp. 113-122.
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ora sempre più diffondendo4. Sono basate soprattutto sull’impossibilità di
richiedere alle banche – specie in momenti di scarsa redditività della loro attività - continui aumenti di capitale in grado di garantire la stabilità delle stesse
e del sistema: la difficoltà di trovare nuovi capitali sul mercato non opera forse
come un boomerang che contribuisce a minare la fiducia nelle banche?
È necessario, però, anche altro:
• comprendere e accettare che regole prudenziali basate sul rapporto “capitale/rischi” non possono funzionare efficacemente in periodi di crisi
prolungate. Non si tratta infatti di coprire perdite “una tantum” ricostituendo il capitale. Ma di farlo tutte le volte – anno dopo anno? – che i
coefficienti sono stati intaccati;
• chiedersi se coefficienti patrimoniali che si vorrebbero sempre più elevati raggiungono veramente obiettivi di maggiore stabilità delle singole
banche e del sistema.
Occorre chiedersi poi, su un piano concettuale generale che non è possibile
qui approfondire in poche pagine, se “entità” poste a gestire debiti e crediti
all’interno del sistema finanziario possano essere ancora “banche” ove siano
caratterizzate da strutture di fonti finanziarie nelle quali la componente capitale proprio debba essere sempre più elevata rispetto alla componente debito:
non sono forse – le banche – intermediari finanziari che operano in “economie
del debito”, debito che intercettano e finanziano soprattutto con fondi che
ricevono a credito?
È evidente che il capitale ha anche la funzione di coprire perdite ove i risultati aziendali registrino segno negativo; ed è da tutti compreso e accettato
che perdite possano aversi per anni e debbano continuare a essere coperte. Ma
non si dà maggiore stabilità al sistema finanziario e non si salvaguardano di
più le singole banche richiedendo aumenti di capitali continui e crescenti per
rispettare coefficienti sempre più elevati. Le perdite - attese o inattese che siano
- sono dovute al manifestarsi di impatti negativi di rischi assunti. È necessario
certamente affrontarle ex-post nelle singole banche anche con aumenti di capitale in grado di coprirle. Ma è necessario anche contenerle ex-ante con limiti
e vincoli operativi che riducano l’assunzione di rischi. Il meccanismo “più
perdite/più capitale” non può funzionare senza limiti. Il coefficiente “patri4
Si veda Fabio Panetta nel suo “Indirizzo di saluto del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia” alla Conferenza “Vigilanza micro e macroprudenziale nell’area dell’euro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano,
24 novembre 2015: “ … l’innalzamento del grado di capitalizzazione degli intermediari è stato fondamentale per
ristabilire la piena fiducia nella solidità del sistema bancario e preservare il sostegno finanziario all’economia reale. La
difesa della stabilità finanziaria non può tuttavia fondarsi unicamente sul capitale bancario; se così fosse, il compito
delle autorità di vigilanza sarebbe molto più facile. Inoltre, non è irrilevante il percorso attraverso il quale si ottiene
una maggiore capitalizzazione”.
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INTERVENTI
FIDUCIA NELLE BANCHE, BAIL-IN, TUTELA DEL RISPARMIO:
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monio/rischi” e il rapporto “patrimonio/debito” non possono crescere senza
limiti nelle banche.
6. Problemi di fondo: libertà dei movimenti dei capitali finanziari, crisi
economiche, crisi finanziarie
Veniamo ora ad alcune considerazioni conclusive e alle domande legate ad
esse e che chiedono risposte.
Il tema dei rischi e della regolamentazione delle banche non può essere affrontato efficacemente se viene trascurato il vero tema e interrogativo di fondo:
come garantire libertà ai movimenti di capitali finanziari e, al tempo stesso,
stabilità al sistema finanziario e al sistema economico?
È evidente che non si tratta di dare risposta soltanto a problemi di natura
tecnico-operativa. La dimensione è politica, la portata è sempre più globale.
Guardando soltanto all’attività delle banche, può essere sufficiente, qui, richiamare alcune riflessioni e proposte che si sono avute in anni recenti volte a
regolamentare in via preventiva, anche con divieti, l’esercizio dell’attività bancaria: tenendo separate tipologie diverse di attività, intervenendo sulla composizione di attività e di passività, regolando la partecipazione a determinati
mercati di strumenti finanziari, e così via.5
Le crisi si ripetono.6 Hanno origine diversa. Scaturiscono da divari economici tra Paesi con riguardo ad aspetti quali specializzazioni produttive, livelli diversi di produttività, conseguenti gradi di competitività, bilance dei
pagamenti; o da comportamenti e scelte di banche e operatori dei mercati
finanziari. Quale che sia l’origine primaria, crisi economiche e crisi finanziarie
si intersecano l’una all’altra, si alimentano reciprocamente. Può essere sufficiente, dunque, l’attuale regolamentazione finanziaria?
Occorre avere una visione politica di fondo e di lungo periodo. Riconsiderare le regole del bail-in e, più in generale, la regolamentazione bancaria.
Non solo capitale e limiti, ma anche divieti operativi che non consentano
l’assunzione di rischi oltre livelli che non siano ragionevolmente sostenibili
per le singole banche, per il sistema finanziario e per il sistema economico. E,
5
6
Si vedano, in particolare, le proposte del Rapporto Liikanen, i lavori della Commissione Vickers, la Volcker Rule.
Ce lo ha ricordato, di recente, anche Valeria Sannucci, Vice Direttore Generale della Banca d’Italia, nel suo
intervento Il futuro del sistema bancario italiano promosso dalla Associazione per lo sviluppo degli studi di Banca
e Borsa in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Cenerente, Perugia, 19 marzo
2016: “Lasciatemi ricordare per inciso che le crisi bancarie sono inevitabilmente destinate a manifestarsi”.
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naturalmente, occorre continuare a intervenire contestualmente in termini di
gestione e superamento dei problemi di instabilità in essere accumulatisi nel
tempo: anche con gli aumenti di capitale necessari a coprire le perdite realizzate da banche, o in corso di probabile realizzazione specie a causa di ulteriori
deterioramenti del portafoglio crediti che siano prevedibili.
Occorre ridefinire e ricostruire. Operare in questa direzione richiama in
me i tempi del Secondo dopoguerra degli anni ‘40 del Novecento. C’è stata e
c’è ora una “guerra” diversa. Apparentemente senza orrori e distruzioni, almeno nei paesi occidentali e tra essi. Una guerra non “mondiale” ma “globale”.
Una guerra economica e finanziaria, con riflessi evidenti sulle persone, sul loro
lavoro – o assenza di lavoro –, sui loro risparmi, sulle condizioni e prospettive
di vita.
Nel 1946 – il Prof. Parrillo aveva allora 34 anni – all’Assemblea Costituente del nostro paese è presentato il “Rapporto della Commissione Economica”.
Leggiamo alcuni tratti delle pagine scritte con riferimento alla “tutela del risparmio”, alla “salvaguardia dei depositi dai dissesti bancari”, all’esercizio del
credito bancario:
“Al quesito posto dalla Commissione se lo stato, nel caso di dissesti di istituti
di credito debba garantire il rimborso dei depositi, sono state date risposte quasi
esclusivamente negative”;
“… si ritiene di dover osservare che l’attuale estensione dell’intervento diretto o
indiretto dello stato nel settore del credito non dovrebbe essere totalmente ignorato
dalla carta costituzionale, anche ai fini della precisazione degli scopi e dei limiti
dell’intervento stesso. Consigliabile sarebbe, invero, una esplicita enunciazione
nella carta costituzionale, che sancisca il carattere di pubblico interesse che riveste
la funzione di intermediazione del credito, carattere già riconosciuto dalla legge
del 1936, e conseguentemente stabilisca la necessità di ordine economico e sociale
di tutelare il regolare esercizio di tale funzione mediante controllo pubblico”7.
Il linguaggio appare diverso da quello dei regolatori bancari di oggi. Non
lo sono i problemi di fondo e le soluzioni da cercare. Come allora, occorre
tutelare anche l’esercizio del credito intermediato dalle banche. Come allora,
le regole devono tener conto di necessità di ordine economico e sociale.
7
Ministero per la Costituente, Rapporto della Commissione Economica presentato all’Assemblea Costituente. IV
Credito e Assicurazione. I – Relazione, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1946, pp. 35,37.
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