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Sulle tracce di San Giorgio e il Dragone
San Giorgio chioggiotto (Anonimo).
Dipinto proveniente da un magazzino del sale in Chioggia. L’autore su
legno d’olmo nero stende come base una mano di gesso di Bologna e
colla di coniglio per dargli presa. Lo studio di preparazione avviene
mediante lo spolvero sul gesso, direttamente con un punteruolo col
quale viene incisa la superficie sagomando i contorni delle figure. Il
fondo viene dipinto a base di bianco titanio miscelato a giallo di cadmio,
resi brillanti da tracce di gommagutta. In seguito ha campito con
pigmenti macinati ad olio e finiti con velature trasparenti brune le figure
e il paesaggio volutamente veneziano con i gechi alla parete: terra rossa
di Venezia, nero d’avorio, bleu cyan, lacca di garanza e lacca gialla, misti
a terra di Siena bruciata e terra d’ombra naturale.
L’opera è stata completata con velature di gommagutta che crea giochi
di trasparenze sulle figure.
La forma tecnica è quella dell’icona, figura a encausto su tavola di legno
con imprimitura di gesso, tecnicamente e stilisticamente vicina alle icone
cristiane più antiche (IV sec), stile innotativo severo e ben delineato che
esalta soprattutto gli occhi, ma tutta la ritrattistica è frontale. I
riferimenti sono al simbolismo dell’arte bizantina. Ieratica la figura del
San Giorgio che campeggia su colori forti come il rosso del suo mantello,
simbolo del martirio.
Manca nella scena l’attributo della principessa, gli attributi del cavallo
bianco e del drago obbediscono a canoni compositivi comuni all’area
orientale copto-egizia, bizantina, dove la leggenda della principessa
liberata dal drago ad opera del cavaliere che cavalca il cavallo bianco si
diffuse insieme al culto.
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Il cavaliere Giorgio raffigurato nell’atto di trafiggere il drago tra le
zampe del cavallo, scenograficamente è vicino al Dio Horus in atto di
trafiggere un coccodrillo tra le zampe del cavallo. Nella demonologia
orientale sia il drago che il coccodrillo, quest’ultimo simbolo del dio
egizio Set, sono potenti simboli del male e della negatività. Scenografie
entrambe fiorite nella vallata del Nilo.
Horus che uccide un coccodrillo (V-VI sec. D.C.), Museo
del Louvre, Parigi (in L’arte nell’antico Egitto, Kazimierz
Michalowski, Garzanti, 1990 fig. 718, pag.431)
La scena del bassorilievo esposto al Louvre raffigura il dio egiziano
Horus a cavallo, in uniforme romana, che con una lunga lancia uccide un
coccodrillo tra le zampe del cavallo. Il dio Horus nella religione egizia era
il dio del cielo i cui occhi erano il sole e la luna, simboleggiato da un
falco; il coccodrillo simboleggiava invece il dio delle forze negative.
Secondo l’archeologo Charles-Simon Clermont-Ganneau (1846-1923) si
tratta di un bassorilievo di arte copta del VI sc raffigurante il dio egiziano
Horus, cavaliere dalla testa di falco che uccide il coccodrillo, simbolo di
Set, dio del male. Tolta la testa di falco è l’esatta rappresentazione della
leggenda di San Giorgio, che fiorita in Oriente al tempo delle crociate
ebbe in quell’area la sua gestazione, l’antenato di quell’archetipo
occidentale che, con le tante variazioni sul tema ( draghi alati che
sputano fuoco, il lago al posto del fiume o della selva pericolosa, il
cavallo bianco, la fanciulla predestinata vittima strappata alle fauci del
drago) continua a simboleggiare l’eterna lotta tra il bene e il male, tra il
cristianesimo e il paganesimo. Scene analoghe a quella rappresentata
nella stele del Louvre sono comuni nell’area copto-egizia ed è possibile a
questo punto parlare di genealogia che le apparenta, il che è già di per
sè favoloso e affascinante, quanto la leggenda di San Giorgio.
Sulle tracce di San Giorgio e il Dragone
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San Giorgio e il drago. Tavola lignea dipinta, icona etiope,
secc. XVIII-XIX, Parigi. Collezione privata (in Come
riconoscere i Santi, Fernando e Gioia Lanzi, Jaca Boock,
2003, pagg. 86-87).
San Giorgio fa parte della tradizione religiosa etiope il suo culto giunse in
Etiopia attraverso l'Egitto. E' il leggendario fondatore dell'impero
Angabo, padre della regina di Saba e uccisore di draghi. L´immagine si
ispira sempre alla leggenda di San Giorgio che sconfigge il drago. Il
patrono dell´Etiopia cavalca un cavallo bianco, e per volontà di Dio,
libera dal drago una Vergine di nome Beruktawit figlia del re di Beirut.
Il linguaggio figurativo della tavola aderisce allo stile copto , nella sua
naturalezza, ingenuo e infantile, con le sue figure rigide e bidimensionali
dagli occhi grandi e attoniti e testa anch’essa dilatata. Primeggiano i
motivi ornamentali. I santi hanno il volto bianco o rosa, il drago, il
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diavolo, è nero. I buoni, il San Giorgio e la regina, si presentano di
fronte con occhi grandi e sgranati, il drago è preso di profilo. E’ una
tecnica orientale nuova, ma lo spirito del simbolismo è bizantino. Come
tecnica figurativa è vicino al San Giorgio chioggiotto, stesso simbolismo
figurativo espresso dalla frontalità e dal tratto degli occhi dilatati.
Il cromatismo vivace è di tipo popolare, in questo caso la tinta
prevalente è quella del giallo degli sfondi.
Icona russa, XIX sec., Russia centrale, 53,7 x 44.
Nel titolo dell’icona, in alto, si legge: “Santo megalomartire Giorgio il
Vittorioso”. La tecnica è quella dello stampaggio su fondo d’oro. Ai
bordi fregi smaltati che impreziosiscono la cornice dorata. San Giorgio è
uno dei santi più popolari dell’iconografia russa e la sua devozione era
particolarmente sentita a Novgorod e nelle regioni settentrionali,
prevalentemente agricole La scena è sempre quella allegorica della
vittoria del bene sul male.
In primo piano la scena del combattimento che raffigura San Giorgio su
un cavallo bianco che al galoppo colpisce il drago con una lancia. Ricca
la simbologia del martirio del santo: il mantello rosso simbolo del
sangue versato e la corona del martirio che l’ angelo in volo pone sul
capo del cavaliere. Il drago ha la testa rossa e
sulla coda un
pungiglione dello stesso colore, i colori del fuoco a cui è associata
l’immagine del drago e dello scorpione. In alto, nella lunetta il Cristo
benedicente e nel torrione il Re e la Regina che assistono all’epilogo
della battaglia che vede sconfitto il nemico della fede cristiana e salva
la Principessa.
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Miracolo di San Giorgio e il drago, 1167, Staraja Ladoga,
Novgorod, chiesa di San Giorgio, diaconicon.
La chiesa dedicata a San Giorgio per ricordare la vittoria sugli svedesi,
nella parete del diaconicon, è affrescata con il “Miracolo di San Giorgio e
il drago“ che ci si presenta nella classica iconografia con l’animale tenuto
al guinzaglio dalla principessa”. Gli affreschi hanno un carattere grafico,
affidati a linee agili e a lumeggiature di bianco che “ delineano sia
elementi di ampio respiro come lo sfondo roccioso nella scena di San
Giorgio e il drago, sia superfici ridotte come gli abiti e i volti, nei quali è
raggiunto il massimo effetto visivo con la riuscita commistione tra queste
lumeggiature e l’antitetico gioco dei chiaro scuri.” (La storia dell’arte, pg.552,
vol. 8, La biblioteca di repubblica)
Il drago tenuto al guinzaglio dalla principessa è un attributo inusuale.
Sta a significare la sottomissione del male al bene, del paganesimo al
cristianesimo. Più tardi, intorno al 1435, sarà Pisanello a riprendere il
tema per l’affresco nella chiesa veronese di Sant’Anastasia. Altrettanto
Paolo Uccello nella tavola con san Giorgio e il drago della National
Gallery di Londra che risale al 1455 circa.
Altro attributo inusuale è quello principale del drago, più vicino a modelli
copto-orientali dell’area del Nilo.
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Evangeliario Miniatura. Testo in scrittura gotica rotunda.
La miniatura è una prerogativa degli scriptoria monastici che lavoravano
su committenza di nobili, clero e commercianti facoltosi che poi facevano
dono di manoscritti e codici alla Chiesa. Si tratta dell’arte del minio, del
cinabro, chiamata anche alluminatura, che consisteva nello spalmare le
lacche di allume di rocca che illuminavano la pagina evidenziandola
rispetto al testo con l’impiego di colori e della foglia d’oro. Per lo più si
tratta di evengeliari, bibbie e omelie e anche libri di devozione come
quello della Biblioteca civica di Verona.
A partire dal XII sec. viene introdotta una scrittura rotonda e minuta, ma
chiara e leggibile. L’incipit della pagina è arricchito di lettere ornate,
segue il testo e all’interno e ai margini i dipinti che si rifanno a scene di
miracoli come nella leggenda di san Giorgio. I tratti di figure, lettere e
composizione sono d’ocra rossa.
Numerose sono le miniature sia dei messali orientali sia dei Libri d'Ore e
Breviari occidentali, come quella del Libro d'Ore del maresciallo di
Boucicault (Museo Jacquemart-André di Parigi, sec. XIV) e quella del
Breviaro del Duca di Bedford (Parigi, Gal. Naz.). La miniatura riassume
tutti gli elementi della leggenda: Giorgio a cavallo contro il drago, la
fanciulla in pericolo, il popolo affacciato alle torri della città che attende
l'esito della prova. Elementi presenti anche nella icona della scuola di
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Novgorod del XVI sc. Solo che nella icona russa non si trova la croce
rossa in campo bianco.
Il Codice miniato della Biblioteca civica di Verona, manoscritto 1853,
risalente alla seconda metà del XIII secolo, di recente è stato pubblicato
dall’editore Il Bulino col titolo “Preghiera alla Vergine con le leggende di
San Giorgio e santa Margherita”. L’importanza artistica del manoscritto è
dovuta all’eccezionale ciclo delle 78 miniature che illustrano le leggende
di San Giorgio e di Santa Margherita.
Cinquantacinque miniature sono dedicate alla leggenda di San Giorgio.
L’ultima riguarda san Giorgio a cavallo che trafigge con la lancia il
drago, tenuto al guinzaglio dalla principessa. Il manoscritto acquisito nel
1881 dalla Biblioteca civica, faceva parte della dote spirituale con la
quale una giovane nobile veronese era entrata nel convento di santa
Maria delle Vergini per seguire la sua vocazione monastica di clarissa.
San Giorgio trafigge il drago, Lazzaro Tavarone, 1610. Affresco del prospetto
principale del palazzo San Giorgio di Genova. Nello scudo la croce rossa in campo
bianco, stemma della Repubblica marinara genovese.
Palazzo San Giorgio o Palazzo delle Compere di San Giorgio è un
esempio di architettura medievale che domina la scena del porto,
costruito nel 1260, fu la sede originaria del Banco di San Giorgio. I
genovesi alle crociate importarono il culto dall’Oriente dai tempi della
battaglia di Antiochia del 1089. Da assedianti i crociati cristiani
divennero assediati dentro le mura della città I cavalieri inglesi vennero
soccorsi dai genovesi ai quali il santo si mostrò accompagnato da
schiere di angeli
che reggevano le famose bandiere in cui
campeggiavano le croci rosse in campo bianco.
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San Giorgio e il dragone, 1504, Olio su tavola, 31x27 cm.
Museo del Louvre Parigi.
Studio su carta bianca,
cm 26,5x26,7.
Galleria Uffizi Gabinetto Disegni e stampe
Firenze.
Al periodo fiorentino del Raffaello, trasferitosi a Firenze nel 1504 nella
bottega del Perugino, appartengono i due soggetti di San Giorgio e il
drago. Di entrambi gli oli su tavola si conservano i disegni degli studi
preparatori su carta bianca conservati presso la Galleria degli Uffizi
Gabinetto disegni e stampe. La prima versione appartenne al cardinale
Ascanio Sforza e dopo essere passato di proprietà al cardinale Mazzarino
entrò nella collezione di re Luigi XIV di Francia e quindi al Louvre. Il
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disegno di studio in penna conserva ancora tracce di puntinatura a
conferma che il foglio venne utilizzato come cartone per il quadro. Le
figure infatti sia nel foglio di studio che nel quadro hanno le stesse
dimensioni. Il drago è trafitto al collo da uno spezzone di lancia, nel
dipinto compaiono tre spezzoni di lancia, scompaiono i particolari
macabri del teschio e di ossa umane che ricordano i resti di vittime del
drago e compare una principessa implorante e impaurita al centro di un
paesaggio verdeggiante che ricorda la variante del bosco.
San Giorgio e il dragone, Raffaello, 1506. Olio su
tavola, 28.5x21.5 cm, National Gallery Washington.
Studio
su
26,2x21,4.
Firenze.
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carta
Galleria
bianca,
degli
cm
Uffizi,
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L’altro è lo studio del san Giorgio e il drago con la caratteristica
giarrettiera sotto il ginocchio della gamba sinistra del cavaliere,
commissionatogli dal conte Guidobaldo di Urbino nel 1504 quale
omaggio da inviare al re d’Inghilterra Edoardo VII che l’aveva insignito
dell’Ordine della Giarrettiera. Questo quadro ha conosciuto le bramosie
di re e collezionisti della vecchia Europa e attualmente trovasi alla
National Gallery di Washintgon acquistato dai collezionisti americani
quando i russi a metà degli anni trenta svendevano a suon di dollari il
patrimonio artistico creato dalla grande Caterina di Pietroburgo. Il santo
incarna l’ideale della cavalleria medievale e ne indossa l’armatura,
abbandonando il rosso del mantello che ne ricordava il martirio,diventa il
simbolo della cavalleria medievale che con i suoi cavalieri porta
soccorso ai più deboli. Sul suo cavallo impennato carica la lancia contro il
drago liberando la principessa che attende soccorso in preghiera, sullo
sfondo di un paesaggio immerso nel verde. Al centro della composizione
campeggia il cavaliere che ostenta il nastro della giarrettiera sulla
gamba sinistra.
Il motivo della giarrettiera è presente anche nel disegno che presenta
tracce di penna e matita nera e contorni puntinati a conferma che anche
questo disegno fu trasferito sulla tavola, con delle varianti finali rispetto
allo studio.
Retablo di Nino Sciacca, olio, 1988.
Particolare del retablo diviso in sei sezioni, dallo spagnolo è “conjunto de
figuras que representan la serie de una historia ò suceso”, insieme di
figure che rappresentano la sequenza di una storia o di quanto successo,
esattamente la storia della mattanza e del luogo dove avveniva, il golfo
di Patti con in primo piano il monte Giove visto dal versante del Tindari.
Il san Giorgio domina la scena centrale ed è rappresentato come il
Matatonno ,il santo intercessore di grandi mattanze.
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Immaginetta
tradizionale.
Il
santino
distribuito nelle feste patronali parrocchiali.
Sito: Santi beati e testimoni (http://santiebeati.it) archivio ricco di
immaginette e di immagini di opere d’arte ma privo di schede tecniche e
di indicazioni sugli autori e sui luoghi museali.
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Marco Fintina, Estate '99, San Giorgio. Appena
uscito dal forno, Dopo un anno passato da crudo il
mio S. Giorgio è al nostro vaglio.
(www.marcofintina.com)
Interpretazione plastica e moderna della leggenda aurea che vede il
drago disunirsi nel suo vano attacco e scivolare perdendo presa e
potenza a fronte della corazza del giovane cavaliere atleticamente
ieratico che si erge a protezione della civiltà e della sua gioventù.
Bruno Caruso, Il drago uccide San Giorgio (china 1984/85).
Nella china ricorrono elementi per lo studio di San Giorgio
e il drago del Raffaello come il teschio e tibia e i tre
spezzoni di lancia presenti nel dipinto del Louvre.
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La simbologia del soggetto è in controtendenza con l’iconografia
ufficiale. Il mito ufficiale del San Giorgio che abbatte il drago, simbolo
della lotta tra il bene e il male, qui viene rovesciato e il suo
rovesciamento induce a una riflessione sulla regressione storica. Il drago
abbatte San Giorgio, la lotta tra il bene e il male vede il sopravvento di
quest’ultimo. Il soggetto a china illustra la copertina del libro di Alibrandi
“La testa del dragone” dove si racconta dei tonnaroti di S. Giorgio
inghiottiti dalla testa del dragone, un borgo marinaro il cui ricordo viene
inghiottito dal cemento e diventa uno dei tanti luoghi balneari anonimi
d’Italia.
La china del Caruso vuole fornire al lettore una chiave di lettura
all’incontrario, di polemica sociale che lo scrittore annuncia nella
narrazione della tredicesima trancia del libro : “ Sopra l’apologo di
Giorgio il Cavaliere che taglia la testa al dragone: muore un conte e
nasce un padrone.”
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