Cose preziose: Due chitarre per Django, di Leonardo
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Cose preziose: Due chitarre per Django, di Leonardo
OSE PREZI COSEC PREZIOSE OSEIN QUESTE PAGINE TROVATE ARTICOLI SU STRUMENTI RARI, INUSUALI O CON UNA STORIA DA RACCONTARE Strumenti con un passato fuori dal comune riemergono dai meandri della capitale… Uno scoop straordinario o la solita montatura? Leggete e scopritelo da soli nel nostro articolo esclusivo. Q MA CHE CHITARRA USA DJANGO NELLA FOTO? NON SEMBRA UNA SELMER... PER SCOPRIRLO ANDATE A PAGINA 72 uanti di voi amano il suono, l’armonia, l’atmosfera creata dai virtuosismi del grande Django Reinhardt? E quante volte ascoltando alcuni suoi tipici fraseggi - eseguiti dal maestro praticamente con sole due dita della sinistra avete provato a riprodurli con le vostre solite ‘quattro’ cercando di arrivare a quella timbrica inimitabile? Qualcuno si sarà chiesto se non fossero anche le chitarre che usava ad essere particolari, ad aiutarlo in quel suo incredibile sviluppo artistico e musicale… Insomma, andiamo al sodo: non vi verrebbe ‘l’acquolina in bocca’ all’idea poter mettere le mani su una tastiera dove il grande Django ha personalmente suonato pezzi indimenticabili come “Nuages” e “Swing minor”? Non ci crederete, ma nel mio laboratorio nell’arco di un solo anno ne sono passate ben due di queste chitarre. Non potevo non parlar- Due PER D J di Leonardo Petrucci [email protected] Foto di Lenardo Petrucci e Filippo Vinardi Due chi 70 Chitarre, giugno 2000 tarre La Selmer D JANGO Chitarre, giugno 2000 71 OSE PREZI COSEC PREZIOSE OSE E S O C I Z E PR vene e sono sicuro che qualcuno di voi in questo momento starà morendo d’invidia per così tanta fortuna.... chitarristica. Andiamo per ordine. LA SELMER ...MA E’ PROPRIO LA MOGAR DI NINO FRUSCELLA, E SI INTRAVEDE ANCHE LA FIRMA DI DJANGO 72 Chitarre, giugno 2000 La prima delle due chitarre è una vera Regina delle sei corde: una meravigliosa Selmer, la preferita da Django. All’interno della cassa il tradizionale cartiglio con il numero di serie 704, anno di costruzione 1935. La Selmer è oggi una delle chitarre più ricercate da collezionisti e musicisti jazz. Il modello nasce dalla semplificazione di un particolare progetto di chitarra ideata dal chitarrista-liutaio italiano Mario Maccaferri con il quale la casa francese Selmer aveva stretto ai tempi un rapporto di collaborazione e progettazione. Il primo modello, marcato ‘Selmer-Maccaferri’ con camere di espansione tonale all’interno dell cassa, è oggi una delle più costose chitarre da jazz. La produzione dell’epoca si limitò a pochi esemplari, in parte ormai andati distrutti. Le poche superstiti sono oggi contese dai collezionisti nelle case d’asta Christie’s e Sotheby’s per migliaia di sterline. Django Reinhardt nel corso della sua carriera ebbe modo di suonare con entrambi i modelli. Per chi volesse approfondire il discorso ‘Selmer’ consiglio il libro di Francois Charle L’Histoire des Guitares Selmer Maccaferri, recensito per noi da Fabio Lossani su Chitarre 165, novembre 1999. La chitarra è arrivata in laboratorio in condizioni a dir poco ‘disastrose’. Il manico era rimasto attaccato alla cassa per una piccola superficie d’incollaggio della zocchetta alla tavola del fondo. Le corde erano rimaste tirate per tanti anni e le fasce e il piano armonico, in corrispondenza dell’attacco del manico, erano scollate e deformate. Il tratto di tastiera sulla cassa era... rimasto sulla cassa a differenza del resto che stava ancora saldamente ancorato al manico. Per il resto scollature e pieghe più o meno ovunque. Particolare curioso: la chitarra non possedeva la tradizionale buca ovale delle Selmer del periodo: il foro era tondo e due li- La Mogar IOSE nee di incollaggio del piano armonico tradivano un probabile restauro che aveva interessato la porzione centrale della tavola di abete. La vernice, però, sembrava originale come anche il filetto a cornice della buca, perfettamente identico a quello della serie ovale. È probabile che il lavoro di restauro fosse stato fatto dalla stessa Selmer o forse il modello era nato proprio così a seguito di una particolare richiesta e in questo caso si tratterebbe di esemplare ‘unico’. Per il resto la chitarra era completamente originale. Volete sapere perché affermiamo che la chitarra era appartenuta proprio a Django? Perché, a quanto ci è stato raccontato, era stata donata dal grande violinista Stéphane Grappelli ad un eccellente chitarrista dell’orchestra della Rai a seguito di una pluriennale amicizia cresciuta durante le jam che avvenivano a Roma durante le brevi permanenze di Django Reinhardt e Grappelli nei primi anni ’50. Anche il grande jazzista e chitarrista Franco Cerri mi ha raccontato di aver conosciuto e suonato in gioventù con Django a Roma proprio in quel periodo (beato lui...) Il restauro è stato lungo e meticoloso e la chitarra dopo un anno è tornata a suonare. Provate ad immaginare l’emozione quando già dalle prime note si poteva riascoltare quella timbrica calda e vivace, quel classico suono ‘zingaro’ che tante volte avevamo assaporato nelle ‘graffianti e graffiate’ registrazioni dell’epoca. LA MOGAR Qualche mese dopo, la seconda chitarra, una italianissima Mogar (Monzino & Garlandini di Milano), è arrivata nel mio laboratorio in condizioni.... identiche alla Selmer: crepe più o meno ovunque, l’acero del fondo spaccato e ritirato in più punti. Le fasce e le catene del piano armonico erano già state precedentemente rincollate ed in parte ricostruite con... pezzi di battiscopa e similari. Insomma anche questa volta un vero disastro. La chitarra ormai ferma da tanti anni, di proprietà del chitarrista romano Nino Fruscella, mi era stata portata dal figlio Mar- Chitarre, giugno 2000 73 OSE PREZI COSEC PREZIOSE OSE NINO FRUSCELLA SUL PALCO NEGLI ANNI ‘50 CON LA MOGAR PRESTATA A DJANGO. 74 Chitarre, giugno 2000 co in restauro, come regalo di Natale per il padre. Guardo la chitarra, valuto i danni e scopro sul piano armonico una serie infinita di firme letteralmente ‘scolpite’ sulla vernice. Uno di questi ‘graffiti’ recitava ‘Django Reinhardt’. Django? Ancora? Chiedo notizie al figlio: mi dice che non ne sa nulla, ma che si sarebbe informato dal padre sull’origine di quelle firme. Risultato? Tutto vero, la scritta è autentica. Una vera dedica di Django scolpita sulla chitarra. Consegno la chitarra e chiedo a Marco di poter parlare con il padre per avere notizie più precise su questo particolare incontro. Nell’attesa di incontrare il sig. Fruscella faccio una mia ricerca personale sulla sua chitarra Mogar e indovinate un po’ cosa trovo a casa? Fra i tanti dischi di Django ecco spuntare la foderina del disco n. 19 della COSE PRE serie “Djangologie”, edita negli anni ’70 dalla Pathe Marconi per la EMI, autentica bibbia della produzione musicale di Reinhardt. Il disco documentava proprio una serie di registrazioni inedite effettuate da Django a Roma, e stampate su vinile in prima mondiale. Il lato A del disco è stato suonato nel 1949 con Grappelli al violino e gli italiani Gianni Safred al piano, Carlo Pecori al basso e Aurelio de Carolis alla batteria. Sul lato B (1950) manca Grappelli, mentre suona il Quintette du Hot Club de France con Django alla chitarra elettrica. La cosa sorprendente? La foto della foderina del disco non lascia dubbi: Django non suona con la sua mitica Selmer, ma con la chitarra di Fruscella! Si riesce anche a vedere la sua firma graffiata sulla cassa! Insomma tutto il lato B del disco è stato suonato con la Mogar. “Un giorno [Django] ruppe la sua Selmer e, considerato che in quel periodo a Roma non era facile trovare una chitarra per quel particolare tipo di esigenze pensai di offrirgli la mia Mogar per continuare le serate ancora in programmazione nel locale” intervista a P Nino Fruscella assa molto tempo e finalmente dopo mesi, appuntamento a casa del Sig. Fruscella alle sette di sera. Sono puntuale come un orologio, ormai la storia mi ha rapito. Trovo Fruscella seduto sul divano. Settant’anni dichiarati (ne dimostra quindici di meno….), abbronzato, sigaretta in mano; la chitarra con la firma di Django è vicina a lui. Mi dice che non la suona più. La tastiera è troppo ‘dura’ per la sua mano, abituata ormai da tempo alle corde di nylon della sua classica Ramirez con la quale studia flamenco. Quando e come ha avuto l’occasione (e la fortuna…) di conoscere Django Reinhardt? Nel 1950 suonavo la chitarra nella rivista Tevere blu nella sala teatro dell’Open Gate, un locale frequentato dall’alta borghesia della capitale. Il locale è chiuso ormai da molti anni. La formazione era composta da Pepito Pignatelli alla batteria e Giancarlo Festa al piano, oltre al sottoscritto alla chitarra. Un secondo ingresso del locale situato su una piccola via laterale del teatro portava al night. Qui la musica era ovviamente dal vivo e piccoli gruppi accompagnavano le serate mentre la gente ai tavoli mangiava e beveva. È proprio nel night dell’Open Gate che Django Reinhardt con il Quintette du Hot Club de France (senza Grappelli al violino) suonò per circa venti giorni e fu proprio in quella occasione che ebbi modo di conoscerlo. Perché Reinhardt ha firmato la sua chitarra? La sera, dopo teatro, andavo a sentirlo suonare con altri musicisti romani. Ricordo che restai impressionato dalla velocità e dall’eleganza dei suoi fraseggi eseguiti con le uniche due dita sane della mano sinistra. Django beveva molto, solo vino rosso, e il suo stato di ebbrezza si può dire che fosse costante. Inoltre avevo saputo che non alloggiava in albergo, ma in una specie di carrozzone o qualcosa del genere quasi fuori città. Un giorno ruppe la sua Selmer e, considerato che in quel periodo a Roma non era facile trovare una chi- tarra in grado di supplire a quel particolare tipo di esigenze, pensai di offrirgli la mia Mogar per continuare le serate ancora in programmazione nel locale. Reinhardt si tenne la chitarra per circa venti giorni. Ricordo che un giorno cercò in terra un oggetto appuntito – credo un chiodo - e con questo graffiò, anzi ‘incise’ il piano armonico della mia Mogar, scrivendo il suo nome proprio sotto la firma e la caricatura precedentemente disegnata dall’amico Renato Rascel. In effetti, la chitarra era già piena di ‘graffiti’ di altri musicisti ed amici e probabilmente fu proprio questo suo aspetto ‘vissuto’ a spingere Reinhardt a lasciare anche un suo ricordo in segno di gratitudine per il prestito. Sulla sua Mogar era stato montato un pickup utilizzato anche da Django per le registrazioni del disco. Si ricorda di cosa si trattava in particolare? Ricordo che feci realizzare l’impianto da un tecnico riparatore di radio e non sono certo sull’origine del pickup. Forse era stato realizzato artigianalmente… Ci racconti qualcosa delle altre firme graffiate sulla sua chitarra… Oltre alle firme di Django e di Renato Rascel, si possono ancora leggere i nomi di Carlo Pedersoli (oggi meglio noto come Bud Spencer e al tempo cantante e musicista, oltre che campione di nuoto), del batterista Giancarlo Festa con cui suonavo in quel periodo, di un altro bravo chitarrista in seguito membro dell’orchestra della Rai… E E S O EZI Bravo chitarrista della Rai? È incredibile come a volte possa essere piccolo il mondo… il chitarrista che ha siglato la chitarra del Sig. Fruscella risulta essere lo stesso proprietario della Selmer restaurata precedentemente nel mio laboratorio. Vuoi vedere che la chitarra rotta da Django a Roma era proprio quella? e ricerche continuano, ma il puzzle chitarristico è ormai quasi completo…. Leonardo Petrucci