70 Cauzione provvisoria: vale come caparra confirmatoria

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70 Cauzione provvisoria: vale come caparra confirmatoria
Appalti
Cauzione provvisoria: vale come caparra confirmatoria
L’aggiudicatario di contratto pubblico il quale non si presti alla sottoscrizione del formale contratto
può subire non solo l’incameramento della cauzione provvisoria ma anche il risarcimento degli
ulteriori danni consistiti nel maggior prezzo di aggiudicazione risultante dalla nuova gara
Giorgio Manca, Diritto e Pratica Amministrativa, Il Sole 24 Ore, 1° aprile 2009, n. 4, p. 59
Corte di cassazione, sez. un. civ., sent. n. 2634 del 4 febbraio 2009
La massima
Gara d’appalto - Aggiudicazione - Mancata sottoscrizione del contratto - Da parte
dell’aggiudicatario – Cauzione provvisoria - Incamerata dalla stazione appaltante Natura - Risarcimento del maggior danno – Ammissibilità
La cauzione provvisoria nei pubblici appalti svolge la funzione di garantire la serietà dell’offerta, e,
ove l’aggiudicatario non si presenti per la stipulazione del contratto, viene incamerata
dall’amministrazione sulla base della mera constatazione dell’inadempienza. Essa si configura come
una vera e propria caparra confirmatoria, e non già come semplice clausola penale o come un
pegno irregolare. Diversamente da tali fattispecie, infatti, ove il danno sopportato dal creditore
viene risarcito con l’assegnazione, sino a concorrenza, del pegno a opera del giudice ovvero con la
promessa di una somma di denaro o cose fungibili, la caparra confirmatoria consente
all’amministrazione non solo di rivalersi immediatamente sulle somme oggetto di cauzione, che
vengono incamerate, ma altresì di richiedere che venga risarcito il maggior danno da
inadempimento.
Il commento
A parte la riaffermazione dei limiti della giurisdizione esclusiva in materia di contratti pubblici, come
definita sulla scorta degli articoli 6 e 7 della legge n. 205/2000, limiti che coincidono con
l'emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva del contratto oggetto del procedimento
di affidamento, la sentenza delle sezioni unite che si commenta è di particolare interesse per la
qualificazione giuridica che viene attribuitaall'istituto della cauzione provvisoria. Secondo la
Cassazione, infatti, l'aggiudicatario di contratto pubblico “ il quale non si presti alla sottoscrizione
del formale contratto ” rischia di subire non solo l'incameramento della cauzione provvisoria da
parte dell'amministrazione aggiudicatrice ma anche il “ risarcimento degli ulteriori danni consistiti
nel maggior prezzo di aggiudicazione risultante dalla nuova gara ”. Rivedendo un precedente
orientamento, basato (sembrerebbe) sulla equiparazione tra cauzione provvisoria negli appalti
pubblici e clausola penale di cui all'art. 1382 del codice civile, per cui la cauzione avrebbe la
funzione di determinare forfetariamente l'ammontare del danno, le sezioni unite configurano la
cauzione “ come una vera e propria caparra confirmatoria e non già come semplice clausola penale
o come un pegno irregolare. Diversamente da tali fattispecie ove il danno sopportato dal creditore
viene risarcito con l'assegnazione, sino a concorrenza, del pegno a opera del giudice ovvero con la
promessa di una prestazione di una somma di danaro o cose fungibili (art. 1382 c.c.), la caparra
confirmatoria consente all'amministrazione non solo di rivalersi immediatamente sulle somme
oggetto di cauzione, che vengono incamerate, ma altresì di richiedere che venga risarcito il
maggior danno da inadempimento ”.
I precedenti legislativi della cauzione provvisoria...
Già l'art. 332 della legge n. 2248 del 20 marzo 1865, all. F (e, poi, in specie, l'art. 2 del capitolato
generale approvato con il Dpr n. 1063 del 1962), prevedeva un deposito cauzionale che
l'amministrazione poteva trattenere qualora la ditta aggiudicataria non avesse stipulato il contratto.
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Con l'art. 5 della legge n. 687 dell'8 ottobre 1984 veniva soppresso l'obbligo della cauzione
provvisoria per tutti i procedimenti di affidamento di appalti pubblici. La cauzione provvisoria viene
reintrodotta solo con l'art. 30 della legge quadro n. 109 del 1994, che, peraltro, riguardava
esclusivamente gli appalti di lavori pubblici, riproponendo il dubbio, a termini invertiti, circa la
legittimità delle clausole dei bandi di gara che imponevano la cauzione provvisoria (anche) nelle
procedure di affidamento di contratti di appalto di servizi e di forniture (cfr. Tar Lombardia, Milano,
sez. III, n. 6377 del 14 novembre 2000, in Juris data).
... e la disciplina nel Codice dei contratti pubblici
L'art. 75, comma 1, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 12 aprile
2006 (d'ora in avanti: Codice dei contratti), delinea il suo ambito di applicazione con riferimento
alle diverse procedure di affidamento (aperte, ristrette, negoziate e del dialogo competitivo, le cui
definizioni devono essere tratte dalla direttiva comunitaria) dei contratti di rilevanza comunitaria,
ma si estende anche ai contratti sotto la soglia comunitaria per effetto del richiamo contenuto
nell'art. 121, comma 1.
Si deve osservare innanzitutto che la garanzia provvisoria, disciplinata dall'art. 75 cit., si distingue
nelle due figure della cauzione e della fideiussione (bancaria o assicurativa). La prima si connota
anche sotto il profilo strutturale, poiché si tratta di contratto reale, che si perfeziona cioè con la
consegna al creditore garantito - per riprendere la formula del comma 2 dell'art. 75 - della somma
in contanti (o in titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato) “a titolo di pegno a favore
dell'amministrazione aggiudicatrice”; rispetto alla seconda, in cui il contratto si forma attraverso il
procedimento di cui all'art. 1333 c.c. La diversità sotto il profilo della struttura del procedimento di
formazione dei due negozi di garanzia non incide peraltro sulla differenza specifica rispetto alla
cauzione in senso proprio. Infatti, sia la cauzione sia la fideiussione, bancaria o assicurativa (o di
altro intermediario finanziario), nelle ipotesi in cui le obbligazioni garantite hanno a oggetto
prestazioni di facere, come sono quelle derivanti dal contratto di appalto, consentono al creditore
garantito (nel caso dei contratti pubblici, all'amministrazione appaltante) di conseguire non la
medesima prestazione oggetto dell'obbligazione rimasta inadempiuta ma una prestazione diversa,
che nel caso che ci occupa è costituita da una somma di denaro.
Sulla natura della cauzione provvisoria
Quanto alla natura giuridica, la presenza della clausola negoziale in base alla quale il soggetto
garante è obbligato a pagare, quando se ne verifichino i presupposti, a fronte della “semplice
richiesta scritta” dell'amministrazione contraente (così come, del resto, per le altre figure di
garanzia di cui agli artt. 113 e 129 del Codice dei contratti), non giustifica di per sé la qualifica di
contratto autonomo di garanzia spesso attribuita alla cauzione provvisoria. Come infatti affermato
costantemente dalla Cassazione, occorre distinguere “il contratto autonomo di garanzia dalla
garanzia 'a prima richiesta', nella quale il fideiussore si impegna a rinunziare a opporre, prima del
pagamento, le eccezioni che gli competono, in deroga all'art. 1945 c.c. Per distinguere le due figure
non è decisivo l'impiego o meno di espressioni quali 'a prima richiesta' o 'a semplice richiesta
scritta', ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l'obbligazione principale e quella di
garanzia: le differenze infatti vanno ricercate sul piano dell'autonomia e non su quello della causa.
La clausola di pagamento a prima richiesta può riferirsi, infatti, sia a una garanzia con carattere di
accessorietà, assumendo così valenza meramente processuale (risolvendosi in una clausola di solve
ed repete, ex art. 1462 c.c.), sia ad una garanzia svincolata dal rapporto principale garantito,
configurando un contratto autonomo di garanzia” (così Cass. civ., sez. III, n. 4661 del 28 febbraio
2007, in Juris data online, utile anche per fissare la nozione di contratto autonomo di garanzia,
accolta ormai pacificamente in giurisprudenza: “costituisce contratto autonomo di garanzia
(Garantievertrag) quello in base al quale una parte si obbliga a titolo di garanzia, a eseguire a
prima richiesta, la prestazione del debitore, indipendentemente dall'esistenza, dalla validità ed
efficacia del rapporto di base con l'impossibilità per il garante di sollevare eccezioni (salvo
l'exceptio doli). Tale contratto si distingue dalla fideiussione per la sua indipendenza
dall'obbligazione principale: mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo del debitore
principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante nel contratto autonomo si obbliga non
tanto a garantire l'adempimento, ma piuttosto a tenere indenne il beneficiario dal nocumento per la
mancata prestazione del debitore, spesso con una prestazione solo equivalente e non
necessariamente corrispondente a quella dovuta”).
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La nota essenziale della disciplina del rapporto nascente dal contratto autonomo di garanzia, che
ne consente la qualificazione in tal senso, è dunque la preclusione per il garante di sollevare
eccezioni fondate sul rapporto tra beneficiario e debitore principale, in deroga a quanto previsto per
la fideiussione dall'art. 1945 c.c. Ne deriva come conseguenza che, se si vuole ottenere l'effetto
della astrazione della garanzia dall'obbligazione garantita, occorre che l'amministrazione appaltante
preveda espressamente, nel bando di gara, anche la clausola che esclude la proponibilità di
eccezioni basate sui rapporti con il debitore principale (sia prima del pagamento, risultato ottenibile
sicuramente, come si è detto, con la clausola del pagamento a prima richiesta, sia dopo il
pagamento effettuato dal garante, ciò che sarebbe consentito ove la clausola predetta fosse
interpretata come solve et repete).
Questo elemento, anche in relazione alla natura autonoma della garanzia, fa sì tuttavia che la
funzione della cauzione provvisoria sia quella di attribuire alla pubblica amministrazione una pura e
semplice indennità, di natura pecuniaria, per il fatto lesivo costituito dalla mancata stipula del
contratto (ovvero per gli altri fatti che giustificano l'escussione della garanzia). È sostanzialmente
incontroverso, in dottrina e in giurisprudenza, che la garanzia che deve necessariamente
accompagnare l'offerta abbia la funzione di assicurare alla stazione appaltante la liquidazione del
danno per il caso di mancata stipula del contratto di appalto (in giurisprudenza cfr. Cons. Stato,
sez. VI, n. 6347 del 30 settembre 2004, in Foro Amm., CdS, 2004, p. 2638). Sotto questo profilo,
occorre tuttavia domandarsi se sussista per l'amministrazione la possibilità di agire per ottenere
l'ulteriore risarcimento del danno, per la parte non coperta dalla garanzia. Si pensi alle situazioni in
cui il divario economico, tra l'offerta dell'impresa aggiudicataria e l'offerta della seconda classificata
(cui l'amministrazione aggiudichi il contratto a seguito del rifiuto di stipulare della prima), sia
notevolmente superiore al 2% (o all'1%, quando si tratti di impresa certificata) dell'importo a base
di gara, determinando di conseguenza un danno superiore alla somma ottenibile
dall'amministrazione avvalendosi della garanzia. Il riconoscimento, nella figura della cauzione
provvisoria, di una funzione assimilabile a quella svolta dalla caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.),
ossia di rafforzare l'obbligo di stipulare il contratto, consentirebbe l'applicazione analogica della
regola secondo la quale il soggetto che riceve la caparra può chiedere la liquidazione integrale del
danno subìto, secondo le norme generali (art. 1385, terzo comma, codice civile) (cfr. Cons. Stato,
sez. VI, n. 1058 del 3 marzo 2004, in Foro Amm., CdS, 2004, p. 901; in senso contrario Cons.
Stato, sez. VI, n. 6347 del 30 settembre 2004, in Foro Amm., CdS, 2004, p. 2638, che identifica la
funzione della cauzione provvisoria nella “liquidazione preventiva e forfetaria del danno nel caso in
cui la stipula del contratto non possa avvenire”, il che evidentemente esclude la pretesa di ottenere
il risarcimento del maggior danno eventualmente subìto).
Si veda anche Cons. Stato, sez. V, n. 6362 dell'11 dicembre 2007, in www.giustamm.it , secondo
cui “il riferimento all'istituto della caparra confirmatoria non appare del tutto convincente, posto
che essa, nella sua configurazione civilistica, mira a garantire la parte dall'inadempimento
contrattuale dell'altro contraente. Pertanto, la previsione risulta diversa dalla cauzione provvisoria,
indiscutibilmente riferita a un contratto non ancora stipulato”.Tuttavia, tale argomentazione, se
accolta, non consentirebbe di catalogare la cauzione provvisoria nemmeno nello schema della
clausola penale, considerato che anche quest'ultima si riferisce alla fase di esecuzione del
contratto. Secondo il Consiglio di Stato, invece, la cauzione provvisoria “ svolgerebbe la funzione di
una vera e propria clausola penale, determinando la liquidazione preventiva e forfetaria del danno
subìto dall'amministrazione, in conseguenza dell'accertato inadempimento dell'obbligo di stipulare il
contratto ”.
Considerazioni conclusive
Qualora, peraltro, si aderisca alla soluzione che inquadra la cauzione provvisoria nella figura della
caparra confirmatoria, come sostenuto nella sentenza in commento delle sezioni unite della
Cassazione, a nostro avviso dovrà essere attentamente valutata, caso per caso,
dall'amministrazione appaltante tenendo conto che la proposizione dell'azione generale di
risarcimento del danno presuppone:
la rinuncia alla escussione della cauzione provvisoria (la norma dell'art. 1385, terzo comma,
c.c., rinviando alla disciplina generale in tema di risarcimento del danno implica, infatti, la
restituzione della caparra ricevuta e l'avvio di un'azione autonoma per l'integrale accertamento dei
danni subiti e la conseguente condanna dell'aggiudicatario inadempiente al risarcimento);
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la applicazione delle regole in materia di responsabilità precontrattuale, per la imputazione del
fatto della mancata stipula del contratto all'aggiudicatario (mentre l'art. 75 del Codice dei contratti,
facendo riferimento al “fatto dell'aggiudicatario” sembrerebbe non richiedere un coefficiente di
imputazione di natura soggettiva).
I due punti appena enunciati necessitano di ulteriori precisazioni, poiché le affermazioni in essi
contenute sembrano distaccarsi dalla giurisprudenza in esame. E infatti, come si è accennato in
precedenza, la Cassazione (nella sentenza in epigrafe) riconosce il diritto della parte fedele (nel
caso di specie, l'amministrazione) di incamerare la somma oggetto della cauzione e, nel contempo,
di richiedere il maggior danno; ma il riferimento all'incameramento della cauzione deve essere
inteso, a nostro avviso, nel limitato senso che il relativo importo, se trattenuto dalla parte che lo ha
ricevuto, si computa ai fini della determinazione del danno secondo le norme generali (art. 1385,
terzo comma, c.c.) (si veda, sul punto, anche Cass., sez. III, n. 3371 del 6 maggio 1988), quale
acconto di quest'ultimo. Rimane tuttavia fermo il principio per cui la responsabilità per i danni
derivanti dall'inadempimento dell'obbligazione di stipulare il contratto (dopo l'aggiudicazione
definitiva) deve essere accertata secondo la regola generale di cui all'art. 1218 c.c. Mentre, come
detto, per l'art. 75 del Codice dei contratti sembra sufficiente il criterio oggettivo del “fatto
dell'aggiudicatario”. Sotto quest'ultimo profilo si nota la divergente posizione del Consiglio di Stato,
nella recente pronuncia sopra richiamata (sez. V, n. 6362/2007), secondo la quale la formula
utilizzata nell'art. 75 cit. “deve essere intesa nel senso della necessità di una valutazione dei profili
soggettivi dell'inadempimento”.
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