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attualità
Viaggio-studio ad Amsterdam:
il resoconto di una ricca esperienza
di Miriam Magri
Vice Presidente
di Nicola Capodiferro
Consigliere
di Francesco Fanari
Tesoriere
di Elisa Crotti
consulente in comunicazione e relazioni esterne del
Collegio IPASVI Milano-Lodi
Per cinque giorni, dal 28 aprile all’1 maggio, il Collegio Ipasvi Milano-Lodi ha guidato una delegazione
di ventisei infermieri provenienti da tutta Italia alla
scoperta di un sistema sanitario caratterizzato da
livelli di eccellenza riconosciuti in tutto il mondo:
quello olandese.
6 . N.2/2009 - IO INFERMIERE
Accanto ai piaceri squisitamente turistici, che solo
una capitale come Amsterdam riesce a garantire, si è
posto il valore di un programma scientifico all’avanguardia, che ha visto il coinvolgimento del Netherlands Cancer Insitute con sede nella capitale e dello
University Medical Center di Groningen, al nord del
Paese. L’incontro-confronto è stato avvincente.
In primo luogo con la cultura olandese, a prescindere dalla quale non è possibile comprendere le scelte
effettuate nel contesto sanitario. Il cuore pulsante
delle attività è senza dubbio nella capitale. Lì l’attenzione alla qualità della vita e allo sviluppo sostenibile è evidente: l’automobile è sconsigliata, i mezzi
pubblici coprono capillarmente la città e la bicicletta
rappresenta la soluzione migliore per muoversi, anche quando piove.
Destabilizzante, per un milanese che può contare
solo su pochi chilometri di pista ciclabile in tutta la
metropoli, ma anche entusiasmante. Qui sembra
che la convivenza fra crescita e rispetto dell’ambiente sia realmente a portata di mano, come dimostrano gli impianti eolici, evoluzione degli antichi mulini
a vento, visibili un po’ dappertutto.
Abbiamo trovato un filo rosso fra questo forte rispetto nei confronti delle persone e del loro benessere e
il sistema sanitario.
Certo, per ricevere le cure mediche è necessario
assicurarsi. Ma non secondo il modello americano:
ciascuno paga una quota in base al reddito. E alla
domanda: e chi non può permetterselo?, la risposta
lascia di sasso: “Nessuno, perché anche i disoccupati
hanno diritto a un’indennità, sulla base della quale
viene calcolata la quota assicurativa”. Non fa una piega. Ma ciò che fa ancor meno una piega è il vero,
tangibile, incontrovertibile posizionamento della persona al centro dell’assistenza. In Olanda non
sono concetti vuoti: basta entrare in un ospedale
per rendersene conto.
«Al Netherlands Cancer Insitute – spiega Jacqueline Broekhuizen, caposala e membro della Dutch
Oncology Nursing Society – posizioniamo la persona al primo posto. Innanzi tutto vorremmo che
dimenticasse, una volta varcata la soglia, di trovarsi
in un ospedale». Non stupiscono quindi i graziosi
bar, il negozio di fiori, le ampie vetrate, il profumo
di pulito, la luminosità degli ambienti. Nemmeno a
noi è sembrato di trovarci in un ospedale. «Non solo
– continua Broekhuizen – facciamo in modo che la
persona venga seguita da un numero limitato di figure sanitarie, affinché possa trovare i propri punti
di riferimento e farvi affidamento ogni volta che ne
senta il bisogno». Trattandosi di pazienti oncologici,
che hanno quindi l’esigenza di accessi continuativi
e di un confronto costante, già questo non è poco.
La presa in carico del paziente è affidata quasi totalmente agli infermieri: «Il medico si occupa della
diagnosi – illustra Willem de Blok, nurse practitioner
in Urologia – e del piano terapeutico. A questo punto sta al nurse practitioner, una figura qualificata che
può anche prescrivere con persone in condizioni
croniche, occuparsi della persona. La maggioranza
sono advanced nurse practitioner, che possono usare le loro prescrizioni per aumentare la prestazione
di cura nelle nurse-led clinic o nel lavoro territoriale
di cure palliative. Le attività al Netherlands Cancer
Institute spaziano dal counselling alla somministrazione di terapie, per arrivare alla gestione dei gruppi». L’intervento chirurgico, infatti, viene illustrato
dall’infermiere nel corso di focus group durante i
quali i pazienti hanno modo di porgere domande,
sollevare dubbi e perplessità e interagire con il professionista. «Solitamente, ne riuniamo quindici per
volta.
Questo ha due vantaggi. Il primo, puramente organizzativo, ci permette di raggiungere e informare
quindici persone in un’ora e mezza, con grande risparmio di tempo e di risorse. Il secondo, per noi più
importante, è dato dalla possibilità per i partecipanti
di conoscersi e condividere i timori comuni.
Sappiamo di persone che hanno stretto amicizie durante queste occasioni, rimaste immutate nel corso
degli anni» conclude de Blok.
Al Netherlands Cancer Institute vivono sotto lo
stesso tetto l’assistenza e la ricerca, che coinvolge
appieno i pazienti e gli infermieri, con lo scopo di
trovare soluzioni innovative. «Questa convivenza commenta Broekhuizen - ha portato a importanti
scoperte, soprattutto con riferimento allo studio del
dna e allo sviluppo di nuove terapie di cui già i nostri
pazienti possono avvalersi».
L’immediata sfida per gli infermieri oncologici è infatti di assicurare il perseguimento di un continuo
sviluppo professionale dopo la registrazione come
prescrittori e configurare attività di ricerca e di verifiIO INFERMIERE - N.2/2009 .
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ca per determinare in prospettiva il valore aggiunto
dell’infermiere prescrittore per i pazienti e per gli infermieri stessi. Alcuni studi hanno descritto i benefici per i pazienti quali: accessibilità dell’infermiere,
abilità dell’infermiere
nella consulenza, nella
pratica specialistica e
nella fornitura di informazioni, cura efficace
e tempestiva (Brooles
et al 2001, Luker et al
1997, Luker et al 1998,
Courtney 2006). Esempi usati da infermieri
di oncologia sono
la somministrazione
di anestetico locale
durante la rimozione
infermieristica di un
dispositivo di accesso
venoso o la somministrazione di una soluzione di eparina per
drenare regolarmente
il flusso di un dispositivo di accesso venoso centrale.
Nel turbinio del dibattito sulla bioetica che ha caratterizzato le ormai quasi dimenticate vicende di Eluana Englaro e Piergiorgio Welby, la domanda è sorta spontanea: cosa fare se l’assistito desidera porre
fine alle proprie sofferenze? La risposta fa pensare al
grande livello di libertà di una terra dove convivono
pensieri, scelte e risposte diverse, dove ad esempio
le droghe leggere possono essere consumate nei
coffee shop, magari accanto a una bella chiesa antica o a un moderno luogo di culto che, per inciso,
in ospedale ospita tutte le religioni, nessuna esclusa,
e può anche diventare tempio del pensiero e della
meditazione per chi non crede. «Il paziente – sostiene Petrie Roodbol, direttore della scuola post laurea
di Nursing e dell’istituto di formazione dello University Cancer Institute di Groningen – viene accompagnato a casa. Lì morirà, fra i propri cari e nel suo
letto, con l’aiuto necessario del personale sanitario,
solitamente un medico e un infermiere. Se è questo
ciò che la persona realmente desidera, non possiamo e non dobbiamo far altro che soddisfare le sue
richieste».
Infatti la centralità della persona è la vera punta di
diamante anche all’ospedale di Groningen. Ciò è
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visibile a partire dall’architettura: «Le camere – afferma Elen Westera, assistente allo University Cancer
Institute – si affacciano tutte sulla città, cosicché il
paziente non si senta isolato dal resto del mondo.
A tal fine la piazzetta centrale, con il bar e il negozio di fiori, rappresenta un ideale prolungamento
di Groningen all’interno della struttura. Abbiamo
chiamato i migliori architetti per realizzare il nostro
ospedale, che è sempre un cantiere aperto. Il risultato è sotto i vostri occhi». Ossia, numeri enormi sulle
porte dell’ambulatorio di oculistica, lampadari a forma di cuore per orientare i pazienti della cardiologia,
la via della foresta con canti di uccelli per rallentare
i pensieri, la via dell’acqua con fontane evocative,
opere d’arte pressoché ovunque, balconcini interni,
a ogni piano, per affacciarsi sull’androne e rilassarsi
un istante, anche se magari non è possibile scendere al centro commerciale, dove ogni sorta di negozi
e servizi può, seppur in minima parte, allietare una
permanenza infelice. Per i bambini, poi, un teatro visibile dai balconi delle camerette, cosicché ciascuno
possa ammirare le animazioni settimanali. E per chi
è confinato a letto, una telecamera a circuito chiuso trasmette la rappresentazione: «In questo modo,
nessuno si sente escluso», afferma Westera. Il laboratorio è invece l’anima dell’Istituto: le attrezzature
sono all’avanguardia, medici e infermieri possono
formarsi, sperimentare e crescere in un rapporto
uno a uno con i propri tutor. «Abbiamo la camera
autoptica con i corpi donati volontariamente alla
scienza, un’area per le simulazioni di interventi chirurgici, manichini che riproducono fedelmente le
reazioni umane e possono essere programmati da
una camera di controllo.
Inoltre, abbiamo chiesto lo sviluppo di un software e un hardware simili a quelli della Wii, cosicché
i medici possano esercitarsi comodamente a casa,
senza doversi recare in laboratorio». Non stupisce
quindi come Petrie Redbool, fra tanta innovazione,
sia stata la promotrice e ideatrice di una nuova figura nel Paese, quella dell’advanced nurse practitioner.
«L’infermiere ha le competenze e l’autonomia per
poter diventare una figura chiave del sistema sanitario. L’advanced nurse practitioner è la manifestazione di un’evoluzione: fa diagnosi, prescrive i farmaci,
promuove la cura centrata sul paziente e minimizza
il ritardo dell’intervento sanitario in una specifica situazione clinica in cui il bisogno del paziente non
può essere identificato prima del trattamento.
Molti ospedali e territorio hanno sviluppato questo
profilo ma l’uso è limitato alla cura in realtà elettive. L’infermiere deve agire sempre
nell’ambito delle proprie personali
esperienza e competenza». Sul fronte della carenza, poi, anche in Olanda c’è emergenza: «Ma questo non ci
porta ad accogliere indistintamente
tutti gli infermieri, provenienti da
ogni dove.
Dobbiamo sempre pensare ai nostri pazienti e offrire loro il meglio»,
conclude Redbool. Nella cornice
dei canali di Amsterdam, della festa
della regina fatta di fiumi di persone
vestite di arancione, mercatini a cielo aperto, danze, canti e spettacoli,
l’incontro-confronto con la realtà
olandese ci ha permesso di fermarci,
riflettere e porci qualche domanda.
Cosa ci manca? Dove vogliamo andare? Cosa possiamo fare di più? E, anche, come possiamo non solo
uguagliare ma addirittura superare una realtà come
quella olandese?
Nei benchmark internazionali che il Collegio propone c’è tutto un mondo, dato dalla voglia di mettersi
in gioco, di conoscere, di osservare senza giudicare
e di fare gruppo. Perché la professione ha bisogno
anche di questo.
IO INFERMIERE - N.2/2009 .
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Considerazioni sulle possibili
ricadute in Italia dell’esperienza
Olandese
di Miriam Magri
Vice Presidente
Oggi l’infermiere italiano è davvero responsabile
dell’assistenza infermieristica a tutto campo e si
occupa di assistenza infermieristica, così come individuata e delineata dal profilo professionale, il
Dm 739/1994.
Ecco che allora in questo contesto occorre chiedersi se possa trovare collocazione, tanto dal
punto di vista professionale quanto dal punto di
vista giuridico – e questo soprattutto per evitare
di incappare tra le maglie dell’articolo 348 del Codice penale che si occupa dell’abusivo esercizio
di professione – il concetto di “prescrizione infermieristica”.
È indubbio che il sostantivo “prescrizione”, e così il
verbo da cui deriva, “prescrivere”, rimanda sia per
ragioni storico-culturali che per motivi professionali alla professione medica.
In letteratura medico-legale “La prescrizione è
un istruzione dal prescrittore al dispensatore”.
Quest’ultima definizione non fa riferimento in
maniera esplicita al medico ma genericamente a
“colui che prescrive”. In relazione a quanto detto
vale la pena domandarsi se i tempi siano sufficientemente maturi perché sia possibile affrontare il tema di una prescrizione che veda non il
medico come soggetto prescrivente ma anche,
ovviamente nell’ambito di un contesto prettamente assistenziale, l’infermiere.
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La risposta è sicuramente positiva, tuttavia occorre comprendere il significato della locuzione “prescrizione infermieristica”.
È chiaro che occorrono, e gli infermieri Olandesi la
posseggono, una preparazione e una formazione
specifica che consistono in un corso di formazione e pratica che dura due anni, dove gli infermieri
affrontano aspetti di farmacologia, diagnosi, doveri legali, etica, dosaggi e scenari dei pazienti.
Al di là delle discussioni anche molto accese che
questa sfida può scatenare in Italia, sia all’interno
della classe medica che di quella infermieristica,
va detto che l’iniziativa è assolutamente positiva e
valorizza e garantisce sicuramente quel processo
di continuità assistenziale su cui il Codice Deontologico italiano si rivela particolarmente attento.
Si sta cercando di trovare una collocazione giuridica al concetto di prescrizione infermieristica
intesa come documento che il paziente possa
utilizzare nelle farmacie per ricevere i farmaci o i
prodotti prescritti dall’infermiere.
In Italia il concetto di prescrizione infermieristica
comincia a farsi strada in maniera ancora tutto
sommato abbastanza timida ed è forse guardato
da qualcuno con un certo scetticismo e tenendo
sempre a mente come sia ancora percepito come
troppo labile il confine tra atto medico e atto nella
fattispecie infermieristico, tenuto conto che nessuna norma descrive analiticamente le attività
proprie della professione medica e, dopo l’abrogazione del mansionario, neppure della professione infermieristica. Occorre definire quella zona
grigia dove in difetto di precise norme legislative
o regolamentari, molto è rimesso al prudente apprezzamento dei giudici.
Ciò da una parte rappresenta sicuramente una
fortuna, ossia il fatto che non esistano più nor-
me sul genere del mansionario, ma dall’altra crea
qualche dubbio all’interprete in relazione a quelle
decisioni giurisprudenziali che affermano come
siano riservate al medico le scelte e le valutazioni
di carattere terapeutico. Il problema è delicato e
di non facile soluzione: in questo ambito il bene
tutelato è la salute pubblica e del singolo cittadino, con un forte richiamo all’art. 32 della Costituzione.
Quale potrebbe essere, a questo punto, lo strumento che dalla zona grigia ci permette di approdare a una zona più luminosa? Tale strumento
potrebbe essere il concetto di “competenza tecnico-scientifica”, ossia il possesso di quelle conoscenze e abilità professionali che sono peculiari
dell’esperto di quel determinato settore; competenza, quindi, intesa come “saper agire” e anche
come “saper essere responsabile”.
Infatti, se è vero che la ratio della norma che punisce l’abusivo esercizio di una professione consiste nell’esigenza di evitare quei danni che potrebbero conseguire dall’esercizio di determinate
attività da parte di chi sia privo delle necessarie
cognizioni tecnico-scientifiche, è chiaro che se il
professionista è in grado di dimostrare, per il suo
percorso di studi di base e post-base e anche per
il fatto che è iscritto a un albo professionale, tra
l’altro garante della sua qualifica professionale, di
aver raggiunto e di essere in possesso di quella
determinata competenza, è facile che si riesca a
superare lo scoglio determinato dall’art. 348 Cp.
Ecco che allora si può giungere facilmente al concetto di “prescrizione infermieristica”.
Va detto che la prescrizione infermieristica consiste in un’azione autonoma del professionista infermiere in risposta a una diagnosi infermieristica.
Diagnosi che, come è noto da tempo, costituisce
la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a raggiungere risultati che rientrano nella sfera di competenza dell’infermiere.
Il terreno della cura delle lesioni cutanee è certamente un terreno che si presta ad affrontare il
tema della prescrizione infermieristica per quello
che concerne, ad esempio, le medicazioni avanzate e gli ausili anti-decubito che, da una parte,
non necessitano inevitabilmente di prescrizione
medica e dall’altra, tuttavia, necessitano di una
qualificata competenza clinica di tipo specialistico nella loro prescrizione.
L’infermiere esperto in woundcare ha gli strumenti professionali e quindi le competenze per agire
come “prescrittore”, ossia come il professionista
sanitario che individua e indica quali azioni di assistenza infermieristica sono da attuare, con quali
strumenti e con quali modalità applicative.
E qui prende significato il concetto della suddivisione degli interventi infermieristici, proposto
da Linda Carpenito, che divide, appunto, gli interventi infermieristici in due tipi: quelli prescritti
dall’infermiere e quelli prescritti dal medico.
È chiaro che l’attuale assetto legislativo limita, in
qualche modo e per alcuni aspetti, l’agire dell’infermiere nell’ambito prescrittivo.
Di contro, l’eventuale prescrizione infermieristica
nel contesto del wound-care potrà essere una risorsa, ad esempio, nei confronti di quei pazienti
affetti da lesione che non rientrano in quelle categorie alle quali le aziende sanitarie riconoscono
l’erogazione, con costi a proprio carico, dei dispositivi indicati nel nomenclatore.
Quindi, la prescrizione da parte dell’infermiere
esperto in lesioni cutanee di un determinato ausilio antidecubito o di un altro dispositivo di ausilio,
non dovrebbe creare e sollevare dubbi e incertezze circa la liceità di tale atto, che si muove in un
contesto prettamente infermieristico.
È ovvio che a monte dell’atto prescrittivo infermieristico dovrà esistere un processo che non
potrà non esserci: tale processo sarà necessariamente costituito da una fase di accertamento che
ha la funzione, tra le altre, di mettere l’infermiere
nella condizione di poter poi esprimere un giudizio clinico su quel paziente.
Successivamente si avrà una diagnosi, ovviamente infermieristica, ossia un giudizio clinico vero e
proprio che permetterà all’infermiere di valutare
le condizioni del paziente e metterlo nella condizione di scegliere il tipo di intervento da prospettare al paziente stesso.
A ciò seguirà la formulazione di un piano di assistenza infermieristica che potrà prevedere al
suo interno l’attività dell’infermiere anche come
prescrittore autonomo degli interventi infermieristici.
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