`Il realismo socialista non era socialista e non era nemmeno realista`
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`Il realismo socialista non era socialista e non era nemmeno realista`
ISC - Istituto di Studi sul Capitalismo 'Il realismo socialista non era socialista e non era nemmeno realista' BORSELLINO Nino PEDULLA' Walter a cura; saggi di Marina BEER Walter PEDULLA' Maria Vittoria VITTORI Eraldo AFFINATI e Franco CORDELLI Anco Marzio MUTTERLE Massimo ONOFRI Claudia DINALE Tommaso POMILIO Gian Carlo FERRETTI, Storia generale della letteratura italiana. XIV. Il Novecento. Le forme del realismo. Seconda parte. FEDERICO MOTTA EDITORE - GRUPPO EDITORIALE L'ESPRESSO. MILANO. 2004 pag 597-1041 8° grande note illustrazioni foto bibliografia; cronologia della vita e delle opere (Carlo Emilio Gadda; Beppe Fenoglio, Pier Paolo Pasolini) (bibliografie a cura di Graziella PULCE). ['La vicenda completa non smentisce la tipologia dell'orfano alla ricerca del padre. C'è psicologia e c'è storia dentro questo schema: i neorealisti e gli scrittori 'ingaggiati' del secondo dopoguerra sono sicuri di avere ritrovato il padre perduto all'inizio del secolo, magari riconoscendolo nel personaggio carismatico che allora simboleggiava il modello, l'ordine, il Senso della nuova Umanità. La conferma viene da Calvino, che è uno dei più saggi interpreti del periodo. Nel 'Sentiero dei nidi di ragno' accantona ogni dubbio: i partigiani vincono perché hanno ragione (cioè non hanno ragione perché hanno vinto). E l'adolescente protagonista alla fine del romanzo si accompagna fiducioso e obbediente a un partigiano soprannominato Cugino che presolo per mano, gli farà da padre. Serve qualcuno che indichi il senso e la direzione della strada da fare per chi non sa dove andare dentro un mondo abbandonato dalla ragione e dalle 'ragioni di vita'. Ora lo sappiamo per certo che i neorealisti allungavano la mano su un sogno, ma negli anni che vanno dal 1945 al 1955 essi erano persuasi di avere in pugno la vita reale. Diciamo che il concretissimo e umile linguaggio neorealistico produsse una realtà con cui è stato possibile attuare qualche sogno: nel senso che 'naturalizzò' le formule astratte della politica e le trasformò in principi per cui sostenere dai giornali e dai libri chi combatte nei campi, nelle fabbriche, nelle piazze, negli uffici, nelle scuole e nelle case. I linguaggi si misurano sempre dalla risposta che attraverso di loro dà la vita. E' nata una politica che ha dato un po' di cose a chi non le aveva. E' stato fatto pure qualche grave torto: quando si crede di fare una rivoluzione, il fanatismo oscura le ragioni della verità. Gli autori più importanti la stavano cercando altrove e diversamente, ma furono emarginati a vantaggio degli ortodossi, che quasi sempre sono i più modesti. E infatti presto bisognò rimettersi a cercarla a un altro livello. Il secolo dall'inizio disse di averla persa forse definitivamente, ma la Resistenza dette la certezza che era stata ritrovata la verità dalla parte del sociale. Forse non era sempre quella la direzione giusta, ma così molti si sono mossi in avanti. I conservatori in cultura sono spesso conservatori nelle questioni sociali e politiche. E tuttavia ci sono anche nel secondo dopoguerra conservatori politici che sono rivoluzionari in quanto a tecnica. Non si dimentichi però che questa, secondo Einstein, è ciò che caratterizza un'epoca. Gli esempi sono numerosi, a cominciare da Gadda, per arrivare a Ungaretti, a Savinio, a Palazzeschi, a Marinetti, a Pizzuto. Aveva ragione Vittorini e non Togliatti: una letteratura al servizio di una politica, peraltro risultata sbagliata rispetto ad altre maturate in una sinistra diversa da quella comunista, non serve a nessuno. Ridotta a propaganda, la narrativa strumentalizzata dalla politica comunista ha ingigantito scrittori che forse sarebbero maggiori se non si fossero limitati a illustrare un programma di partito. Nulla di strano nel fatto che una nuova cultura preferisca ai maggiori che stanno in campo avverso i propri fedeli. L'autore che di più ha ricevuto e che più duramente ha pagato è stato Vasco Pratolini, caricato del compito di trasformare il neorealismo in realismo, passando da 'Cronache di poveri amanti', che ancora aveva tema e linguaggio congeniale al narratore, a 'Metello', un romanzo storico che santificava il primo socialismo. Un anno dopo arrivò la smentita dai 'fatti d'Ungheria'. Il ritardo è stato prima culturale che politico e fu grave bloccare lo sviluppo della cultura in direzione della modernità, anzi della società maturata negli anni Cinquanta. Fu censurata duramente l'eresia di sinistra: non solo Silone e Vittorini, ma anche Fortini, Scotellaro, nonché Calvino e altri intellettuali che avevano visto crescere la distanza fra una società in trasformazione e una politica conservatrice, anche se nata nel fronte progressista. Il realismo socialista non era socialista e non era nemmeno realista" (pag 642-643)] [Walter Pedullà, 'Dalla resistenza ai fatti d'Ungheria'] [ISC Newsletter N° 78] ISCNS78TEC [Visit the 'News' of the website: www.isc-studyofcapitalism.org] http://www.isc-studyofcapitalism.org/jmla Realizzata con Joomla! Generata: 16 March, 2017, 15:17