La Dott.ssa María Encarnación Cabello Díaz ci fa conoscere la

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La Dott.ssa María Encarnación Cabello Díaz ci fa conoscere la
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EL CRISTO DE LA BUENA MUERTE Y LA
LEGIÓN ESPAÑOLA
Málaga
Dott.ssa María Encarnación Cabello Díaz
Málaga (Spagna)
La ''Congregación de Mena'' il cui nome ufficiale ed intero è
“Pontificia y Real Congregación del Santísimo Cristo de la Buena Muerte y
Ánimas y Nuestra Señora de la Soledad” è una confraternita con sede
canonica nella città di Málaga (Spagna). Fa la sua uscita processionale
nella Settimana Santa malagueña, la sera del Giovedì Santo. Si tratta di una
delle processioni più care e vissute dalla gente di Málaga.
Questa fratellanza fu fondata nella città di Málaga nell' anno 1862.
Uscì in processione per la prima volta nel 1883 con una meravigliosa
scultura del Cristo Crocifisso attribuita allo scultore Pedro de Mena y
Medrano, originario di Granada. Quest’opera fu considerata come il
miglior Crocifisso barocco della Spagna, e data 1660 circa.
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Negli anni 20 del XX secolo, ebbe inizio il vincolo fra questa
fratellanza e La Legión Española. Così, nel 1927 fece la sua “Primera
Guardia” al Cristo e nel 1930 il ''Cristo de la Buena Muerte'' venne
proclamato patrono e protettore di questo Corpo Militare. Nello stesso anno
La Legión sfila per la prima volta facendo la scorta al suo nuovo
Protettore.
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Dopo la proclamazione della II Repubblica Spagnola (14 aprile
1931), i giorni 11 e 12 del mese di maggio, vengono bruciati quasi tutti i
templi della città di Málaga. Gli anni della II Repubblica e quelli della
Guerra Civile spagnola (1936-39) rappresentarono un'epoca disastrosa per
la Confraternita di Mena, così come per quasi tutte le confraternite di
Málaga. Oltre alla cappella e i corredi della processione, si perse la famosa
immagine del Cristo. ''Los congregantes' di Mena furono perseguitati ed
assassinati. Alla fine della guerra ci fu un cambio generazionale che si
incaricò di guidare il destino della Congregación.
Un nuovo simulacro del ''Cristo de Mena'', che è quello che ancora
oggi si porta in processione, venne realizzato dallo scultore malagueño
Francisco Palma Burgos (che si ispirò all'immagine originale di Pedro de
Mena) e fece la sua prima apparizione nella Settimana Santa dell' anno
1942.
Il viso di questo Crocifisso neobarocco di Palma, rappresenta la
morte fatta persona. Nella bocca semi aperta e si intravedono i particolari e
i dettagli dei denti e della lingua. Dalle tempie, il sangue cagionato dalla
corona di spine (corona realizzata ogni anno da un congregante e posta
sulla testa del Cristo prima della processione) sgorga e scorre fino ad
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inzuppare i ricci capelli. Le mani e i piedi sono lacerati, le braccia e le
gambe violacee e gli occhi inerti. Un rivolo di sangue continua a uscire
dalla ferita a destra del costato e scorre su tutto il corpo.
Il Cristo pende rigido dal legno della croce, anche se il forte corpo
irradia amore. Tutto è consumato. Un'immagine che colpisce, che turba.
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L’insieme di questa rappresentazione passionista viene completato
da Maria Maddalena, inginocchiata, che piange sconsolata ai piedi del
Santissimo Cristo.
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Negli anni successivi l'unione tra la Congregación e La Legión si
rafforza.
Da 1960, si instaura la tradizione secondo la quale ogni Tercio della
Legión ha nella sua caserma un'immagine del Santissimo Cristo.
In tutte le caserme della Legión c’è una riproduzione identica di
questo Cristo. Nell' anno 1946, la confraternita ha regalato uno stendardo
alla Legión, che lo custodisce durante tutto l'anno (a turno, in ogni Tercio)
ed è trasferito a Málaga per essere portato in processione.
Dalla Domenica delle Palme al Giovedì Santo, il Cristo viene
scortato fino alla sua Cappella dai cavalieri legionari, che gli rendono gli
onori.
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GIOVEDÌ SANTO
La mattina del Giovedì Santo, il Cristo de la Buena Muerte esce dalla
chiesa di Santo Domingo portato a spalla dei cavalieri legionari, al ritmo
dell'Inno Spagnolo. Dopodiché si procede alla piccola processione sullo
spiazzo antistante la chiesa di Santo Domingo, dove La Legión canta il
celebre “Novio de la Muerte” e prega per i caduti spagnoli. A
continuazione l'immagine è posta su di un trono processionale, con il quale
effettuerà la sfilata nel pomeriggio/notte del giovedì Santo.
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LA LEGIÓN ESPAÑOLA
“Nadie en el Tercio sabía, quién era aquel Legionario, tan audaz y
temerario…”. Questi sono i primi versi del “Novio de la muerte” (“il
Fidanzato della Morte”) una celebre sintonia che, da decenni, è il simbolo
di uno dei corpi d’elite dell’esercito spagnolo: “La Legión”. Questa musica,
cantata dai legionari spagnoli durante le più sanguinarie contese degli
ultimi 100 anni, era in origine un brano composto per essere interpretato in
caffè e cabarets e che, posteriormente, si è adattato all'ambito militare.
Il 1920 fu un anno molto duro per la Spagna perché la cosiddetta
“Guerra del Rif” in Marocco, si portò via dalla Penisola una grande
quantitá di soldati principianti. Le perdite furono di tali proporzioni che il
Re, dietro consiglio di un militare chiamato José Millán Astray, si vide
costretto a creare il “Tercio de extranjeros”, un'unità militare il cui campo
di battaglia sarebbe stato esclusivamente il nord del Marocco e che avrebbe
ricevuto un allenamento specifico per le faticose condizioni di quel
territorio.
Gli obiettivi di questa unitá, oggi quasi centenaria, erano chiari:
combattere contro le truppe marrochinie nel nord Africa con valore e
audacia e, allo stesso tempo, diventare una forza speciale di prima linea –
luogo di maggior rischio in battaglia-. Quello che non si sapeva allora è
che, con la creazione di questo gruppo operativo, si era appena piantato il
germe di ciò che, in un futuro non molto lontano, sarebbe stata la legione
spagnola.
Una volta creata La Legione, fu eletto come comandante José
Millán-Astray, che cercò di dare un carattere speciale alla nuova unità. In
particolare l'ufficiale spagnolo aveva come obiettivo quello di fare dei
legionari dei soldati agguerriti, che non avessero nessuna paura della morte.
Voleva dei combattenti che dando la propria vita per la Spagna sentissero
una sensazione di orgoglio ed onore. Un giorno, per puro caso, sentì una
toccante canzone in una “café cantante"di Melilla, il cui testo lo affascinò.
Si trattava del “Novio de la muerte”, una musica che esaltava e
minimizzava il fatto di lasciare questo mondo.
Il “Novio de la muerte”
ascoltato nel bar era un charlestone (un ballo di moda negli anni 20) che
veniva normalmente cantato nei “cafés cantantes” e cabarets di Madrid e
dell'Africa da una cantante chiamata Lola Montes. Al comandante della
Legión sembrò una canzone bellissima con un testo meraviglioso. Ne
rimase tanto impressionato che chiese che gli trascrivessero le parole per
poterne cambiare il ritmo e adattare la musica al campo militare.
Il testo era perfetto per Millán-Astray perché riassumeva la filosofia
che lui cercava di trasmettere ai suoi legionari. Ogni inno della Legione
rappresenta una cosa diversa. E questo si riferisce al fatto trascendentale
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della morte. Fa riferimento al fatto che il legionario deve esaltare la morte,
non averne paura. Trasmette, in definitiva, che il morire non è altro che un
atto di servizio. È qualcosa di comune nella tradizione dell'esercito
europeo, dove sulle uniformi è normale trovare dei riferimenti alla morte,
affinché il soldato non ne abbia paura ma senta che si sta sacrificando per
la patria e per degli ideali. A significare che non lo sta facendo invano.
Anni dopo, e contrariamente a ciò che si potesse pensare, il “Novio
de la muerte” non si è stagnato ma ha continuato ad esistere e si è
trasformato in una marcia processionale. In concreto in quella che ancora
oggi è una delle canzoni più rappresentative di questo Corpo, che fu una
marcia militare dal ritmo legionario (160 passi al minuto) fino a diventare
una canzone di lenta processione dedicata al “Cristo de Mena”.
Nell'attualità è l'inno dei caduti della Legione.
La Legión en Melilla, año 1921, José Zegrí
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“El novio de la muerte” https://www.youtube.com/watch?v=xTUN5dKyS2s
Nadie en el Tercio sabía
quién era aquel legionario
tan audaz y temerario
que en La Legión se alistó.
Nadie sabía su historia,
mas La Legión suponía
que un gran dolor le mordía
como un lobo, el corazón.
Cuando más recio era el fuego
y la pelea más fiera
defendiendo su Bandera
el legionario avanzó.
Y sin ceder al empuje
del enemigo exaltado,
supo morir como un bravo
y la enseña rescató.
Y al regar con su sangre la tierra ardiente,
exclamó el legionario con voz doliente:
Soy un hombre a quien la suerte
hirió con zarpa de fiera,
soy un novio de la muerte
que va a unirse en lazo fuerte
con tal leal compañera.
Cuando al fin le recogieron,
entre su pecho encontraron
una carta y un retrato
de una divina mujer.
Aquella carta decía:
"si algún día Dios te llama
para mí un puesto reclama
que a buscarte pronto iré".
Y en el último beso que le enviaba
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su postrer despedida le consagraba.
Por ir a tu lado a verte
mi más leal compañera,
me hice novio de la muerte,
la estreché con lazo fuerte
y su amor fue mi ¡Bandera!
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Testo corretto da Cristina Belometti
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