Promessi Sposi Promessi Sposi

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Promessi Sposi Promessi Sposi
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Promessi
Sposi
SINTESI BREVE
CAPITOLO
PER CAPITOLO
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L’autore e il romanzo
La trama
I personaggi
A cura di
Ketty Montanino
SIMONE
EDIZIONI
®
Excerpt of the full publication Gruppo Editoriale Esselibri - Simone
Sintesi
dei
Promessi
sposi
a cura di
Ketty Montanino
EDIZIONI
SCOLASTICHE
SIMONE
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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
Vietata la riproduzione anche parziale
Copertina e progetto grafico di Fabiana Frascà
Stampa: Officine Grafiche del Sud - Via Righi, 14 - Napoli
ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 NAPOLI
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P
remessa
Questo testo, che propone una lettura facilitata dei Promessi
Sposi attraverso una rielaborazione sintetizzata dei trentotto capitoli, viene incontro alle esigenze dei giovani per i quali lo studio
integrale del romanzo si rivela arduo a causa della complessità
dell’opera manzoniana.
Il lavoro è stato strutturato in due parti: nella prima, costituita da schede introduttive, sono affrontati la genesi, le redazioni,
la lingua, il motore iniziale e la struttura del romanzo; la seconda parte, invece, presenta l’analisi dei singoli capitoli (schema,
riassunto, approfondimenti).
Lo schema consente un’immediata ed efficace comprensione
del contenuto del capitolo.
Il riassunto è stato redatto utilizzando solo ed esclusivamente il discorso indiretto senza riportare passi del romanzo, per
memorizzare immediatamente la trama della vicenda.
Negli approfondimenti, infine, sono analizzati i caratteri, i
ruoli e le situazioni dei personaggi, gli aspetti della società e
della cultura del Seicento e i temi del romanzo che costituiscono
i punti fondamentali dello studio scolastico dei Promessi Sposi.
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Schede
introduttive
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Alessandro Manzoni:
vita e opere
Alessandro Manzoni nacque il 7 marzo 1785 a Milano dal conte Pietro e
da Giulia Beccaria. A causa dei dissidi coniugali, che sfociarono nel 1792
in una separazione, Alessandro venne messo in collegio dal 1791 al 1801.
Alla buona educazione classica lì ricevuta, il giovane Alessandro affiancò
le letture di Parini, Alfieri e Monti, risentendo della cultura illuministica
allora molto diffusa in Lombardia. Dal 1801 al 1805 strinse amicizia con
Ermes Visconti e con gli esuli napoletani Lomonaco e Cuoco, che gli
fecero conoscere le opere di Vico e di Machiavelli, suscitando in lui
l'interesse per la storia dei popoli e la riflessione sull'unità d'Italia; sempre
in questi anni Manzoni scrisse alcuni Sonetti e quattro Sermoni. Il 1805
segnò una svolta importante per Manzoni, che venne invitato a Parigi dalla
madre: durante il soggiorno parigino Manzoni scrisse la sua opera
giovanile più importante, il Carme in morte di Carlo Imbonati, dedicato al
convivente della madre da poco scomparso, ed ebbe modo di frequentare i
salotti culturali più importanti della capitale francese e di conoscere, così,
il pensiero degli ideologi. Nel 1808 sposò Enrichetta Blondel, di religione
calvinista, che si convertì due anni dopo al cattolicesimo; sempre nel 1810
i coniugi Manzoni celebrarono di nuovo il loro matrimonio, questa volta
secondo il rito cattolico. E sempre del 1810 è la conversione di Manzoni
alla religione cattolica, sulla quale egli tenne il riserbo più assoluto e che
fu il frutto di un lungo travaglio interiore. Dopo la conversione Manzoni
scrisse gli Inni Sacri, nei quali sono celebrate le più importanti festività
cattoliche, il Conte di Carmagnola (1816-1819), in cui sono abolite le
unità aristoteliche di tempo e di luogo, le Osservazioni sulla morale
cattolica, in risposta al Sismondi che aveva rinvenuto nella religione
cattolica la causa della corruzione italiana. Dopo un breve viaggio a Parigi
tra il 1819 e il 1820 Manzoni compose l'Adelchi (1820-1822), due odi
patriottiche, Marzo 1821 e Il cinque maggio, terminò l'ultimo inno sacro,
La Pentecoste (1822), e si accinse alla stesura del suo unico romanzo, I
Promessi Sposi. La sua adesione al Romanticismo venne espressa nella
Lettre à M. Chauvet, scritta nel 1820 e pubblicata nel 1823, in cui Manzoni
sostiene che il compito della poesia è quello di interpretare la realtà
storica, mettendo a nudo gli stati d'animo e i sentimenti degli uomini.
Nella lettera Sul Romanticismo al marchese Cesare D'Azeglio
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(scritta nel 1823, ma pubblicata solo nel 1870) Manzoni distingue
all'interno del Romanticismo una parte positiva ed una negativa,
condividendo con i romantici l'adesione al realismo e la polemica contro
la mitologia e l'imitazione dei classici, mentre prende le distanze dagli
aspetti irrazionali, tenebrosi, fantastici e medioevaleggianti del
Romanticismo. Dopo il 1840 Manzoni, nel suo discorso Del romanzo ed
in genere de' componimenti misti di storia e d'invenzione, negò l'utilità del
romanzo storico, perché è solo la storia che ci fa conoscere la verità: di
questo periodo sono la Storia della colonna infame, il Saggio comparativo
sulla rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, e la
relazione al ministro della Pubblica Istruzione Broglio, Dell'unità della
lingua e dei mezzi per diffonderla, in cui ribadì l'adozione del fiorentino
come lingua nazionale. Morì a Milano il 22 maggio 1873.
I Promessi Sposi
tra romanzo nero e romanzo storico
Il soggiorno parigino (1806-1810) fu molto proficuo per Manzoni, che
ebbe modo di entrare in contatto con gli intellettuali francesi che si
richiamavano all'Illuminismo.
La letteratura in voga nei salotti di quell'epoca comprendeva, oltre alle
opere di Rousseau, Constant e del marchese de Sade, anche il romanzo
nero o gotico: Il castello di Otranto di Walpole, Clarissa e Pamela di
Richardson, I misteri di Udolfo e Italiano della Radcliffe, Monaco di
Lewis, romanzi ambientati in atmosfere cupe e tenebrose e in cui il tema
dominante è quello della perseguitata, cioè di una casta fanciulla che
resiste eroicamente alle insidie e alle persecuzioni di un uomo bruto e
libertino, per poi soccombere contro la propria volontà.
La vicenda di Lucia rientra nello schema del romanzo nero: Lucia è una
vergine insidiata e perseguitata da un uomo bruto e libertino, don Rodrigo,
che, sprezzante dei rimproveri di un religioso, padre Cristoforo, la fa rapire
con una carrozza dal convento dove si era rifugiata, e la fa rinchiudere in
un castello cupo e sinistro sotto la custodia di un uomo perverso,
l'Innominato. Dall'analisi dei vari romanzi gotici rileviamo che, nel
Monaco di Lewis, Antonia è perseguitata da un monaco lussurioso; che
Emily è rinchiusa dal suo persecutore in un castello (I misteri di Udolfo
della Radcliffe), ed Ellen viene rapita e trasportata con una carrozza in un
convento (Italiano della Radcliffe); che Manfredo, il persecutore di
Isabella, viene affrontato e rimproverato da fra Girolamo (Il castello di
Otranto di Walpole).
Tutte le protagoniste dei romanzi neri soccombono al loro persecutore, e
talvolta muoiono. Ma con Henry Fielding il finale incomincia a cambiare:
infatti la perseguitata viene salvata da un uomo coraggioso che la sposerà
(Tom Jones).
Con Henry Fielding ebbe inizio una traformazione del romanzo nero, che
portò alla nascita del romanzo bianco, di cui si servì qualche anno dopo
Walter Scott: infatti Scott, ambientando nel Medioevo i suoi romanzi
storici, nuovo genere letterario di cui fu l'iniziatore, fa salvare da un
cavaliere senza macchia e senza paura le sue fanciulle perseguitate, in
un'atmosfera luminosa in cui le occupazioni principali sono tornei e
cavalcate.
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Manzoni non poteva avere simpatia per il romanzo nero, il cui contenuto
contrastava con la sua visione religiosa della realtà, della morale e della
vita.
Manzoni, però, prese dal romanzo nero il tema della perseguitata e ne
capovolse l'ottica, avvicinandosi così al romanzo bianco, a cui aggiunse
l'intervento della Provvidenza che premia la virtù di Lucia con il
matrimonio, e diede infine alla storia la forma di romanzo storico. Con
Scott la storia aveva assunto il ruolo di reale protagonista; ad essa sono
subordinate le vicende dei personaggi non più caratterizzati psicologicamente, ma storicamente: infatti i personaggi, le loro vicende, i loro
comportamenti, le loro abitudini vengono fatti derivare dalle particolari
condizioni storiche di una data epoca.
Manzoni non accolse acriticamente il nuovo genere letterario, come si
evince da una lettera a Fauriel del 1821, in cui scrive: "Per illustrarvi
rapidamente la mia idea sui romanzi storici, e per mettervi nelle migliori
condizioni di correggerla, vi dirò che li concepisco come rappresentazione
di una condizione determinata dalla società, per mezzo di fatti e caratteri
così simili al vero che si possa reputarli come una storia or ora scoperta.
Quando eventi e personaggi storici vi si trovano mescolati, credo che
occorra rappresentarli in maniera rigorosamente storica; e perciò il
carattere di Riccardo Cuor-di-Leone, per esempio, mi sembra difettoso
nell'Ivanhoe." Già l'anno prima, nella lettera a M. Chauvet, Manzoni aveva
affermato che compito della poesia era rivelare ciò che non compariva
nella storiografia ufficiale: i rapporti sociali, i costumi, la mentalità, le
motivazioni psicologiche degli individui di una data epoca.
Manzoni riuscì nel suo intento: i personaggi e gli eventi dei Promessi
Sposi sono così simili al vero che danno un quadro esatto sulla condizione
della società del Seicento. Il risultato positivo è dovuto ad una ricerca
puntigliosa e serrata che il Manzoni compì, sia in campo letterario, per la
scelta di un genere letterario ritenuto inferiore e per l'ampliamento
dell'area sociologica del romanzo, che in campo storico (studiò, ad
esempio, tutte le gride dell'epoca), e all'immedesimazione dello scrittore
("Faccio il possibile per compenetrarmi nello spirito del tempo, che debbo
descrivere, per viverci dentro. E quanto al procedere degli avvenimenti e
della trama, penso che il miglior modo per non fare come gli altri, sia di
applicarsi a considerare nella realtà il modo di agire degli uomini, e di
rappresentare questa realtà soprattutto in quanto essa ha di più opposto
allo spirito romanzesco”. - lettera a Fauriel del 1822).
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I Promessi Sposi:
le tre redazioni e la scelta della lingua
I Promessi Sposi hanno avuto una lunga stesura, durata circa un ventennio.
Dall'aprile del 1821 al settembre del 1823 Manzoni scrisse il Fermo e
Lucia, che non diede mai alle stampe. In realtà, Manzoni lasciò il
manoscritto senza titolo: Fermo e Lucia compare in una lettera di Ermes
Visconti, grande amico dello scrittore, e per questo motivo la critica lo ha
adottato come titolo convenzionale; non è suffragata, invece, da nessun
riscontro l'opinione di Lesca, secondo cui il titolo sarebbe Gli Sposi
Promessi (con il quale, peraltro, il manoscritto venne pubblicato nel 1915).
Il Fermo e Lucia risente molto del gusto per il romanzesco e per l'orrido e,
quindi, di una forte influenza del romanzo nero e degli aspetti pittoreschi
del romanzo storico di Scott, che Manzoni poi ripudierà: si vedano, ad
esempio, la storia della monaca di Monza, che occupa sei capitoli e in cui
vengono descritti con dovizia di particolari la relazione con Egidio e
l'uccisione della conversa; oppure, la figura del conte del Sagrato
(l'Innominato), che viene rappresentato come un ribelle romantico e la cui
descrizione è troppo legata alle fonti cronachistiche secentesche; o, ancora,
ai processi agli untori, che andranno a costituire un libro a sé, la Storia
della colonna infame. Inoltre, il Fermo e Lucia non ha una struttura
omogenea, perché è costituito da blocchi narrativi autosufficienti e, quindi,
slegati tra loro, che causarono ripetuti interventi di cucitura da parte
dell'autore. La stesura del romanzo pose a Manzoni il problema della
lingua, dal momento che il registro aulico non si addiceva ad un genere
letterario che aveva un pubblico molto vasto ed era ritenuto inferiore. In
Italia non si era sviluppata una prosa narrativa come in Francia, per cui
Manzoni, non avendo un retroterra letterario e linguistico da cui attingere,
dovette da solo trovare una soluzione, e la lingua che adottò nel Fermo e
Lucia è un miscuglio di frasi derivate dal lombardo, dal toscano, dal
francese e dal latino.
Già dalla primavera del 1824 Manzoni, insoddisfatto della prima stesura,
si accinse alla seconda redazione. Il romanzo fu completamente riscritto e
diversamente strutturato: furono ridimensionate o eliminate tutte le
digressioni non funzionali all'economia del romanzo (la storia della
monaca di Monza, la carestia, la storia dell'Innominato, i processi agli
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untori), fu spostato l'ordine dei capitoli e delle vicende in modo da
conferire al romanzo una struttura unitaria, furono cambiati i nomi di
alcuni personaggi (Fermo>Renzo, Geltrude>Gertrude, il conte del
Sagrato>l'Innominato), furono eliminati tutti gli elementi romanzeschi e
gotici (le descrizioni particolareggiate della relazione tra Gertrude ed
Egidio, dell'uccisione della conversa e del delitto del conte del Sagrato),
furono riviste le caratterizzazioni psicologiche di alcuni personaggi (don
Rodrigo, l'Innominato), e fu introdotta una concezione meno rigida della
giustizia divina (ad esempio, nel Fermo e Lucia don Rodrigo, ammalato di
peste, fa una fine miseranda in sella ad un cavallo imbizzarrito, mentre nei
Promessi Sposi muore su un giaciglio dopo aver ricevuto il perdono da
Renzo). La seconda redazione venne terminata e pubblicata, con il titolo I
Promessi Sposi, nel 1827 (è perciò detta ventisettana), riscuotendo un
enorme successo di pubblico. Manzoni, però, non era soddisfatto della
resa linguistica del romanzo, nonostante avesse cercato di rendere la lingua
meno eterogenea mediante la soppressione di molte forme dialettali
lombarde. Contemporaneamente Manzoni andava elaborando una diversa
teoria linguistica: l'abolizione della distinzione, tutta italiana, tra lingua
scritta e lingua parlata, dal momento che ogni lingua è regolata solo
dall'uso; e l'adozione del fiorentino parlato come lingua nazionale,
perché Firenze era stata la capitale culturale dell'Italia. Queste premesse
ed il successivo viaggio in Toscana nel luglio del 1827 portarono ad una
lunga revisione linguistica del romanzo, che fu ripubblicato, sempre con il
titolo I Promessi Sposi, nel 1840 (seconda edizione definitiva, detta la
quarantana). La fiorentinizzazione, a cui Manzoni sottopose il romanzo,
riguarda la riduzione del dittongo uo in o (spagnoli, gioco, stradicciole,
muricciolo, moversi, scola, barcaiolo, pesciaiolo, risonò, vòto, legnaiolo,
libricciolo, etc.) tranne che per figliuolo, uomo, buono, nuovo, cuore, fuori;
il passaggio della desinenza della 1° persona singolare dell'im- perfetto
indicativo da a ad o (io aveva>io avevo, etc.); l'interrogativo cosa? al
posto di che cosa?; le frequenti elisioni (ch'io, dell'acque, s'ha, com'ho,
s'era, s'usciva, d'aiutarmi, d'aver, s'avvicinava, cert'uggia, d'autorità,
senz'odio, etc.); l'uso di lui e lei al posto di egli ed ella. Tale
fiorentizzazione è, però, temperata dalla presenza di alcuni modi della
lingua letteraria, come gli aulicismi (natia, inanimato, etc.), la i
prostetica (iscoprite, istudiare, etc.), le apocopi vocaliche (co', que', a', de',
etc.) e postconsonantiche (mancavan, insegnavan, accarezzavan, diradar,
sboccan, avevan, furon, ugual, stavan, dicevan, rendiam, saran, volevan,
etc.), e le dittologie (a seni e a golfi, sparse e biancheggianti, etc.).
Onore e codice cavalleresco
nei Promessi Sposi
L'onore è il motore iniziale dei Promessi Sposi: infatti la vita tranquilla
dei due protagonisti viene brutalmente spezzata dall'irrompere di don
Rodrigo, che, messi gli occhi su Lucia, si adopera in tutti i modi e con tutti
i mezzi per soddisfare questo capriccio, pena la perdita del suo onore.
Ma l'onore è anche uno dei temi più frequenti del romanzo: a padre
Cristoforo, che chiede un atto di giustizia e di carità appellandosi all'onore,
don Rodrigo risponde con tono arrogante che solo a lui spetta difendere il
proprio onore (cap. VI); il principe padre accampa la perdita del proprio
onore come ultima arma per costringere la figlia, Gertrude, a monacarsi
per forza (cap. X); don Rodrigo, avendo saputo che Lucia si è rifugiata in
un monastero, per un attimo abbandona l'idea di rapirla essendo l'impresa
troppo rischiosa, ma poi, per non perdere la propria onorabilità agli occhi
degli amici, ci ripensa e si rivolge all'Innominato (cap. XVIII); il conte
Attilio convince il conte zio ad intervenire su padre Cristoforo, proprio
tirando in ballo il tema dell'onore (cap. XVIII); ancora, don Rodrigo nel
colloquio con l'Innominato dice di trovarsi in un'impresa difficile, dalla
quale il suo onore non può permettersi di ritirarsi (cap. XX). Strettamente
connesso all'onore è il codice cavalleresco, di cui si parla nel IV capitolo,
quando Lodovico (il futuro padre Cristoforo), per non aver rispettato una
norma del codice cavalleresco, cioè il diritto della strada, duella con un
nobile, uccidendolo; nel capitolo V, quando il conte Attilio ed il podestà
intavolano una discussione sulla liceità o meno di aggredire il latore di una
sfida a duello; nel capitolo XXVII a proposito di don Ferrante, profondo
conoscitore del codice cavalleresco tanto da godere del "titolo di
professore" e da essere "pregato frequentemente d'intervenire in affari
d'onore", e a proposito della sua biblioteca, ricca di trattati cavallereschi.
Il puntiglio, il fantasma della perdita dell'onore e la mancata osservanza
del codice cavalleresco incidono sulle vicende di vari personaggi,
modificando profondamente il corso della vita per alcuni: è il caso di
padre Cristoforo e della monaca di Monza. Manzoni è riuscito a ricreare il
clima, le consuetudini e le convenzioni sociali del Seicento, un'epoca in
cui contava l'esteriorità, in cui, ad esempio, dimenticarsi di salutare un
gentiluomo equivaleva a non averlo voluto salutare, arrecando un'offesa al
suo onore. Il concetto di onore ha origini antiche ed ha
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acquisito diversi significati nel corso dei secoli, rimanendo, però, sempre
subordinato al concetto di gloria. Solo nel Cinquecento il concetto di
onore trionfò su quello di gloria, ma gli storici non sono ancora riusciti a
stabilire se ciò fu una conseguenza o una causa della chiusura oligarchica
della classe nobiliare.
Questa supremazia dell'onore causò anche un cambiamento nel significato:
se, infatti, fino al Quattrocento l'onore fu il frutto di una vittoria e di un
premio e, quindi, fu legato a qualcosa di concreto, di tangibile, di
materiale, a partire dal Cinquecento si conseguì rispettando un codice
comportamentale, che si chiamò cavalleresco; ciò significa che l'onore si
svincolò da ogni manifestazione corporea, diventando un valore riferito ad
una persona o ad un gruppo, per cui l'offesa andava a ledere non un
oggetto, non una proprietà di quella persona o di quel gruppo, ma la
rappresentazione che la persona o il gruppo aveva di se stesso. L'onore
diventò, così, a partire dal Cinquecento, patrimonio peculiare dei nobili:
grazie al codice cavalleresco i nobili rafforzarono la loro chiusura verso
l'esterno, cioè verso i borghesi ed i plebei, che furono visti come tutto ciò
che era altro, diverso e falso: se, ad esempio, un nobile stuprava una
popolana, il suo onore non veniva minimamente macchiato, perché aveva
soddisfatto il suo impulso su una persona non nobile e, quindi, non
esistente socialmente. Il codice cavalleresco ebbe, quindi, la funzione di
cristallizzare i rapporti sociali e di rendere ancora più marcate le
differenze tra gli altri ceti sociali, esistenti fisicamente ma non portatori di
valori, e la classe nobiliare, facendo assomigliare quest'ultima sempre più
ad una monade.
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La struttura
dei Promessi Sposi
I Promessi Sposi si strutturano in 3 macrosequenze di diversa lunghezza
e complessità.
II Macrosequenza (cap. IX-XXVI)
Intreccio. Renzo e Lucia sono separati e vivono avvenimenti diversi.
All'ostacolo iniziale, cioè all'opposizione di don Rodrigo alla celebrazione
del matrimonio, se ne aggiungono altri due: il voto di Lucia di non sposare
Renzo, e l'esilio del giovane su cui pende un mandato di cattura delle
autorità spagnole. È una macrosequenza complessa, che presenta 3 nuclei
narrativi: l'arrivo di Lucia ed Agnese nel convento di Monza e la storia di
Gertrude (cap. IX-X), Renzo a Milano (cap. XI-XVII), il rapimento di
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I Macrosequenza (cap. I-VIII)
Intreccio. La I macrosequenza inizia con la presentazione dell'ostacolo
che impedisce la celebrazione del matrimonio di Renzo e Lucia, e
successivamente dei vari, inutili espedienti per superarlo, e si conclude
con la fuga dei due promessi sposi, che appaiono così sconfitti. Ma
sconfitto appare anche don Rodrigo, che non vede realizzato il suo piano
di rapire Lucia. La I macrosequenza si apre e si chiude con due descrizioni
del paesaggio che si affaccia sul lago di Como.
Tempo. La I macrosequenza si svolge nell'arco di tre giorni, dal 7 al 10
novembre 1628: gli avvenimenti sono narrati con estrema lentezza, ma
anche con estrema precisione.
Spazio. Il centro dell'azione è il paese dove vivono Renzo e Lucia. Solo in
tre casi gli avvenimenti si svolgono all'esterno: a Lecco, dove Renzo si
reca dal dottor Azzeccagarbugli; al palazzo di don Rodrigo, dove sale
padre Cristoforo; sul lago, quando Renzo e Lucia abbandonano il paese
natio.
Personaggi. I personaggi, pur ben definiti, sono presentati in maniera
ambigua; infatti, se è ben chiaro che Renzo e Lucia sono le vittime e don
Rodrigo l'oppressore, talvolta i ruoli vengono capovolti, come nella notte
degli imbrogli, in cui Renzo e Lucia sembrano assumere la veste di
oppressori ai danni di don Abbondio.
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Lucia e la sua liberazione (cap. XVIII-XXVI). Concludono la II
macrosequenza i colloqui tra il cardinale Borromeo e don Abbondio e tra
Lucia ed Agnese.
Tempo. Il tempo si dilata notevolmente: infatti copre un arco lungo un
anno, dall'11 novembre 1628 all'autunno 1629; inoltre, le indicazioni
temporali diventano più generiche.
Spazio. Nella II macrosequenza i luoghi degli avvenimenti si moltiplicano:
oltre che nel paese, gli eventi si svolgono a Milano, nel bergamasco, nel
convento di Monza e nel castello dell'Innominato.
Personaggi. Continua la rappresentazione ambigua dei personaggi:
l'Innominato, da oppressore, diventa vittima, mentre Gertrude e Lucia
diventano rispettivamente, la prima, complice dell'oppressione di don
Rodrigo, la seconda, salvatrice dell'Innominato. Appare un nuovo
protagonista, la folla, vista da Manzoni come irrazionale e distruttrice.
III Macrosequenza (cap. XXVII-XXXVIII)
Intreccio. Prendono il sopravvento gli avvenimenti storici: la carestia, la
guerra, la peste; infine, il discorso narrativo ritorna sui due protagonisti,
Renzo e Lucia, finalmente uniti in matrimonio. La III macrosequenza
presenta, dunque, 2 nuclei narrativi: la carestia, la guerra e la peste
occupano i cap. XXVII-XXXVI, il ricongiungimento ed il matrimonio
solo due, il XXXVII e il XXXVIII.
Tempo. Le vicende si svolgono dall'inverno del 1629 al novembre del
1630, ma sono trattate in maniera diversa: più precise sono quelle
riguardanti la narrazione della carestia e della peste, mentre più generiche
sono quelle riguardanti il ricongiungimento di Renzo e Lucia. In realtà, il
tempo va oltre il 1630, perché vi sono accenni, sebbene ancora più
indeterminati, alla vita matrimoniale dei due giovani.
Spazio. Le vicende si svolgono prima a Milano, poi nella zona di Lecco,
poi ancora nel paese natio dove don Abbondio celebra finalmente il
matrimonio, ed infine in un paese del bergamasco dove Renzo e Lucia
iniziano la loro nuova vita.
Personaggi. Le due vittime, Renzo e Lucia, trionfano grazie alla
Provvidenza, mentre il loro oppressore, don Rodrigo, muore dopo aver
contratto la peste. Nonostante ciò, la situazione iniziale non viene
ristabilita, perché i due sposi sono costretti a lasciare per sempre il paese
natio a causa dei pettegolezzi sul conto di Lucia.
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2
Riassunti dei
singoli capitoli,
corredati
da schemi ed
approfondimenti
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Introduzione
19
S
chema
I parte
●
falsa trascrizione del manoscritto
II parte
●
considerazioni sullo stile del Seicento
e progetto di revisione linguistica del
manoscritto
R
iassunto
“La storia può essere definita come una guerra contro il trascorrere
del tempo, perché richiama in vita il passato. Ma gli storici, che sono gli
illustri vincitori di questa guerra, preferiscono narrare le imprese dei potenti. La mia debolezza non mi permette, però, di seguire le orme degli
storici, ma solo di narrare le vicende di persone umili: la storia si svolge in
Lombardia ed è costellata da cattiveria e malvagità, ma anche da opere
buone. Poiché questi nostri paesi sono sotto il dominio della Spagna e sono
retti, quindi, da governanti illuminati, la presenza dei mali su accennati è
da addebitarsi alla stregoneria. Anche se la storia è accaduta quando io ero
giovane ed anche se sono morti quasi tutti i protagonisti, io non rivelerò i
loro nomi, né quelli dei luoghi dove si svolsero gli avvenimenti, poiché
essi non sono determinanti per il racconto...”
A questo punto Manzoni interrompe la lettura del manoscritto anonimo, da cui egli finge di trarre la storia di Renzo e Lucia. L’interruzione è dovuta alla riflessione che Manzoni fa sullo stile dell’anonimo:
uno stile ampolloso, pieno di metafore ricercate, spagnolismi, lombardismi, errori di grammatica e di sintassi, uno stile non apprezzato dai
lettori ottocenteschi.
Così Manzoni pensa di riproporre la storia in un’altra veste linguistica ai suoi contemporanei; decide, quindi, di documentarsi sulla storia
del Seicento e di giustificare la sua scelta di revisionare il manoscritto.
Scarta, però, subito la seconda ipotesi per due motivi: 1°) perché ne
sarebbe venuto fuori un altro libro, e scrivere un libro, per giustificarne
un altro, è ridicolo; 2°) è sufficiente un libro per volta.
160
Capitolo XXVIII
Approfondimenti: La storia protagonista ................................ Pag. 118
Capitolo XXIX
Approfondimenti: La cultura popolare del Seicento: il sarto .
» 122
Capitolo XXX
Approfondimenti: L’autoisolamento di don Abbondio ...........
» 126
Capitolo XXXI
Approfondimenti: La digressione sulla peste ..........................
» 129
Capitolo XXXII
Approfondimenti: I processi agli untori: la Storia della colonna infame ...............................................................................
» 132
Capitolo XXXIII
Approfondimenti: La vigna di Renzo .......................................
» 136
Capitolo XXXIV
Approfondimenti: Il secondo viaggio di Renzo a Milano ......
» 140
Capitolo XXXV
Approfondimenti: La morte di don Rodrigo ...........................
» 143
Capitolo XXXVI
Approfondimenti: L’unico dialogo d’amore ............................
» 146
Capitolo XXXVII
Approfondimenti: L’astrologia nel Seicento ...........................
» 150
Capitolo XXXVIII
Approfondimenti: L’antiromanzo ..............................................
» 154
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