Lisa Verdi e l`Antico Codice
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Lisa Verdi e l`Antico Codice
Disponibile anche: Libro: 15,00 euro e-book su CD in libreria (Secondo+Terzo episodio): 13,99 euro M.P. Black LISA VERDI e Il SOLE DI ARESIL Libro ultimo della Trilogia “La Signora degli Elfi” www.0111edizioni.com www.0111edizioni.com www.ilclubdeilettori.com LISA VERDI E IL SOLE DI ARESIL 2009 Zerounoundici Edizioni Copyright © 2009 Zerounoundici Edizioni M. P. Black ISBN 978-88-6578-069-5 In copertina: immagine di Francesca Resta Avviso ai lettori: Questo romanzo è un’opera di fantasia. Ogni riferimento all’unico personaggio della Storia Umana realmente esistito è, naturalmente, frutto della fervida immaginazione dell’autrice. Ogni altro riferimento a fatti, luoghi e persone è puramente casuale. Vi aspetto sul mio blog: http://blog.libero.it/MPBLACK e al mio fan club: http://mpblack.forumfree.net A mia figlia Anna con profondo amore e a Claudia Lucchin porto sicuro nell’oceano di ansie, dubbi e incertezze! Sinossi di “Lisa Verdi e il ciondolo elfico” Libro primo della Trilogia “La Signora degli Elfi” Lisa Verdi è una ragazza di sedici anni che trascorre spensieratamente le sue giornate tra scuola e amici. Rimasta orfana all’età di sei anni, da allora vive con la zia che adora e che considera come una seconda mamma. Si innamora del suo amico di sempre, Paolo, e accetta malvolentieri la relazione che la sua migliore amica Matilde inizia con Gianni, un compagno di classe antipatico e scontroso. La sua esistenza viene stravolta quando apprende che la madre in realtà è ancora viva e altro non è che la Signora degli Elfi. Le viene inoltre rivelata anche l’esistenza di un fratello, Luca, di cui non serba alcun ricordo. La zia le comunica che sia lei che Paolo sono i Prescelti designati da un’antica Profezia per annientare il potere del Nero Signore degli Elfi e riportare finalmente la pace nelle terre della madre. Lisa è così costretta a varcare le porte del Regno Elfico, per consentire l’attivazione del ciondolo reale che la renderà immortale. Viene accompagnata in questo viaggio dal buffo Guardiano Bartolomeo, da Paolo e dagli amici Matilde e Gianni. Nel regno degli Elfi ogni cosa è capovolta. Il cielo è verde e l’erba è blu e il popolo appare colmo di contraddizioni e di misteri. Lisa, commossa, riabbraccia la madre, che le attiva prontamente il ciondolo, e si prepara ad affrontare il Nero Signore degli Elfi con l’aiuto del suo amato Paolo. Nel frattempo Luca, Generale dell’Esercito Reale, sta rientrando con i suoi soldati da un rapido scontro con le armate del Nero Signore. Mentre riposa all’ombra di una quercia, viene attaccato dal perfido Generale Guglielmo che, con un vile ricatto, lo costringe a liberarsi del ciondolo reale. Luca viene così ucciso da Guglielmo, Elfo bionico creato dagli adepti del Nero Signore e pressoché imbattibile. La Signora degli Elfi, appresa la morte del figlio, dichiara guerra al suo nemico. Nel frattempo, a palazzo, una spia sta tramando alle spalle di Lisa che, ignara di tutto ciò, è disperata per la morte del fratello e odia se stessa per il sentimento sempre più intenso che prova nei confronti del Guardiano Bartolomeo. Durante una giornata di pioggia battente, martoriata dai sensi di colpa, promette a Paolo di amarlo in eterno e, in futuro, di diventare sua moglie. Mentre le armate della Signora degli Elfi stanno marciando verso il Palazzo del Nero Signore, Matilde scompare e Paolo colpisce Bartolomeo alla testa, accusandolo di essere la spia e di aver organizzato il rapimento di Matilde, di fronte ad un’allibita Lisa e a uno sconcertato Gianni. Paolo invita Lisa ad entrare nello Specchio Magico che li condurrà sino al Palazzo del Nero Signore, per porre finalmente in atto la Profezia. Lisa e Gianni non intendono obbedire a Paolo, ma quest’ultimo li rassicura dicendo loro che il Nero Signore è impegnato nella battaglia contro l’esercito reale e che, quindi, hanno via libera per portare a compimento la Profezia. Ancora non del tutto convinti della colpevolezza di Bartolomeo, Gianni e Lisa acconsentono a seguire Paolo nello Specchio Magico ma, una volta messo piede nel Palazzo del Picco Oscuro, si trovano al cospetto del Nero Signore. Gianni viene ferito ad una spalla dal crudele Generale Guglielmo e Paolo preso in ostaggio, sotto lo sguardo terrorizzato di Lisa. Il Nero Signore obbliga quest’ultima a disfarsi del ciondolo e lei, pur di salvare la vita al suo amato, obbedisce e lo appoggia a terra. Paolo si avvicina al ciondolo e lo afferra, sotto lo sguardo stupito di Lisa che lo invita a non toccarlo, dato che solo gli appartenenti alla stirpe reale possono portarlo al collo. Lui le ricorda il giorno in cui si sono scambiati la promessa d’amore eterno e le rivela che nel Regno Elfico tale promessa equivale ad un matrimonio. Paolo è diventato di diritto membro della famiglia reale e può quindi indossare il ciondolo senza temere per la propria incolumità. Solo quando lo vede abbracciare il Nero Signore, Lisa comprende l’amara verità. Paolo è la spia, figlio del Nero Signore e di Lucilla, amica fidata della madre. Mentre Lisa è attonita e sconvolta di fronte a quella terrificante rivelazione, Paolo uccide il padre, per poi riversare tutto il suo odio su di lei. Nel frattempo la battaglia infuria fuori dalle mura del palazzo. Paolo invita allora il Generale Guglielmo ad allontanarsi, portando con sé la madre Lucilla. Rimasto solo con Lisa e Gianni, il figlio del Nero Signore (il cui vero nome è Elia) è pronto a liberarsi di en- trambi, quando il provvidenziale intervento di Bartolomeo consente a Lisa di infrangere la promessa d’amore. Paolo, sconvolto, si vede costretto a disfarsi del ciondolo che nel frattempo si è attivato contro di lui. Cade a terra senza forze e Lisa si riappropria del ciondolo, utilizzando i suoi poteri per guarire Gianni. Lisa comprende che il suo vero amore è Bartolomeo e che lui è il Prescelto col quale dovrà infrangere la Spada del Destino sul trono del Nero Signore, per compiere infine la Profezia. Gianni aiuta un ancora dolorante Bartolomeo a sollevare la spada e, con Lisa, sia a portare a termine il loro compito sia a liberare Matilde, imprigionata nelle segrete del Palazzo. Lisa rientra così tra gli Umani. Ritornerà nelle terre del Regno Elfico solo al compimento della maggiore età. Di fronte ad un Bartolomeo abbattuto e sconsolato, mentre dorme subisce la rimozione dei ricordi da parte degli Elfi. Quando si sveglia, il mattino dopo, abbraccia la zia e si reca a scuola. In classe conosce un nuovo compagno, Bartolomeo, e viene invitata dalla Professoressa Rizzardi ad aiutarlo nei compiti. Lei accetta di buon grado, mentre la Professoressa, girata verso la lavagna, nasconde con un ciuffo di capelli una lunga orecchia a punta. Sinossi di “Lisa Verdi e l’antico codice” Libro secondo della Trilogia “La Signora degli Elfi” Lisa Verdi è rientrata tra gli Umani e le è stato rimosso ogni ricordo legato alla sua permanenza tra gli Elfi. Ha dimenticato anche il suo amore per il dolce Generale Bartolomeo. Un giorno, mentre si trova in libreria con i suoi amici Gianni e Matilde, viene riportata bruscamente dal suo Guardiano nel Regno Elfico. Dopo pochi istanti di permanenza nella sua terra d’origine, i ricordi le esplodono nella mente, insieme ad una fastidiosa sensazione. Scoprirà infatti che sua madre Marta, Signora degli Elfi, ha sacrificato se stessa per riportare in vita il figlio Luca, l’unico Elfo in grado di prendere l’ “Antico codice”, custodito nella Biblioteca Segreta, per nasconderlo alle avide mani degli Stregoni, che vogliono riportare in vita la “Madre”, l’origine di ogni male. Lisa è sconvolta e fatica ad accettare il ritorno del fratello, in quanto ha comunque perso la persona che più amava al mondo, insieme alla zia Anna. Ma la morte della madre sarà solo l’inizio di una serie di emozioni e di avvenimenti che segneranno profondamente l’animo di Lisa. Avrà un duro e pericoloso scontro con Lìspoto, principe degli Elfi Vampiro che, incaricato dal nemico di ucciderla, si innamorerà di lei sin dal primo istante, risparmiandole pertanto la vita. Scoprirà poi l’esistenza di altre due Profezie: la seconda avrà come protagonista Matilde, mentre la terza vedrà come personaggio principale e assoluto Gianni. Ma la Bibliotecaria, interrogata da Lisa che vuole avere maggiori dettagli, non le rivelerà nulla, dicendole che solo l’ignoranza delle Profezie consentirà loro di avverarsi. Nel frattempo, Gianni scopre di provare una forte attrazione per Andromeda, mentre Matilde è totalmente rapita dal fascino di Luca, che corrisponde questo nuovo sentimento. Lisa si scontra inoltre con un nuovo potere, quello dello “Spostamento onirico”, per mezzo del quale, mentre dorme, riesce ad avvicinarsi alla persona che la sta pensando. Scopre quindi che Elia è rinchiuso nelle prigioni del Palazzo Reale e che Lìspoto sta tramando per liberarlo. Ma Lisa non sa che una Spia dai lunghi capelli argentati e dai capelli grigi si aggira per i corridoi del Palazzo Reale, riportando poi ogni informazione utile al perfido Generale Guglielmo. Per impedire il ritorno della Madre, Luca si impossessa dell’ “Antico codice” e lo porta sino al “Bosco delle nebbie eterne”, presso l’abitazione della Strega Meredith, che gli deve consegnare un piccolo sarcofago, ove riporlo. Qui Lisa si imbatte negli “Spettri”, anime erranti che, se fissate negli occhi, si insinuano nella mente dei viaggiatori, conducendoli alla pazzia e, quindi, alla morte. Ma l’intervento inaspettato di Meredith salva Lisa dalla fine imminente. La Strega consegna quindi il piccolo sarcofago a Luca e tutta la compagnia si sposta al “Lago di Smeraldo”. Qui fa la conoscenza del Vecchio Eremita, il Custode dell’ “Energia Verde” che giace nelle profonde e letali acque del lago e che, in unione con l’energia Gialla del “Sole di Aresil”, custodito da Andromeda, lavora per mantenere inalterato l’equilibrio dell’intero Universo. E qui ha luogo la seconda Profezia. Con l’aiuto di Matilde, Luca riesce ad aprire il Sarcofago e sta per riporre l’Antico Codice, quando la compagnia viene attaccata dai soldati del Generale Guglielmo e dagli Elfi Vampiro. Lisa e gli amici vengono immobilizzati, mentre gli Stregoni, con il potere della loro mente, riescono a leggere l’Antica Formula che riporterà in vita la Madre. Dopo un feroce scontro, Gianni e Lisa vengono rapiti e condotti sino al Palazzo del “Regno delle Paludi”, dove assisteranno inermi al ritorno della Madre. Lisa scoprirà un’amara e terribile verità. Silvia, la Madre, altri non è che Lucilla, mamma di Elia e moglie del Nero Signore degli Elfi. Mentre Lucilla cambia il proprio aspetto in quello di una splendida femmina dai lunghi capelli castani, Lìspoto fa di tutto per salvare la vita di Lisa. Ma la Madre, dopo essersi liberata del Generale Guglielmo che non considera più di alcuna utilità, scaglia contro di lei e Gianni delle lame di ghiaccio, che si infrangono però contro una barriera formata da un ragazzo, che dirà di essere un Ribelle del Pianeta Aresil, giunto per aiutare la Signora degli Elfi. Lisa e Gianni si ritrovano nella camera della prima, feriti ma salvi. Una volta ripresasi, Lisa viene obbligata da Andromeda a rientrare nella Terra per incontrare una persona che l’aiuterà a combattere e a fermare la terribile Madre. Mentre la Spia trama alle spalle della nuova Signora degli Elfi, Lisa promette a Marta che farà di tutto per fermare Silvia, il cui ritorno segna l’annientamento rapido e inesorabile dell’equilibrio delle energie gialla e verde e, quindi, l’inizio della fine dell’intero Universo. Intervento di Giuseppe Antoni autore della saga“I Leoni del Medebai”, 0111 edizioni. ********** Da un’idea venutami leggendo la trilogia de “La Signora degli Elfi”di M. P. Black Un Amore al di là del Tempo Un omaggio all’autrice (Un sogno di Lisa: e se tutto fosse nato così?) La Signora degli Elfi stava camminando su uno spesso strato di erba e muschio che ricopriva la roccia del fondovalle, mentre ai lati si alzavano imponenti gli abeti. Non tornava spesso nella Terra degli Uomini, il suo compito era gravoso e non le lasciava molto tempo libero per quello che considerava uno svago e al tempo stesso una necessità: amava questo mondo, il pianeta sul quale era nata, figlia degli Uomini e degli Antichi, Regina degli Elfi, destinata a guidarli nell’universo parallelo che questi avevano avuto in dono dai Progenitori. Forse l’atmosfera che regnava in quella valle che lei si ricordava ancora percorsa da un immenso ghiacciaio solo poco tempo prima (almeno per la sua scala temporale fatta di eternità), l’aveva resa meno sensibile al pericolo che stava correndo, anche se immortale e immune dalla vecchiaia poteva essere uccisa e i nemici non le mancavano. In quello stesso momento due paia di occhi spiavano i suoi movimenti dai fianchi opposti della valle e, se quegli occhi azzurri che la seguivano dalla sua destra erano solo incuriositi e stavano ammirando la sua bellezza superiore a qualsiasi immaginazione Umana, gli altri, grandi, gialli, attraversati da una stretta pupilla orizzontale, emanavano un odio senza fine; il Nemico l’aveva seguita attraverso il Passaggio fra i due mondi e adesso attendeva solo il momento giusto, quando lei si fosse distratta al punto da non fare più in tempo a usare i suoi poteri elfici per respingere l’assalto che intendeva portarle. L’attacco giunse improvviso e inaspettato. La Signora si era chinata per osservare da vicino un ciuffo di mughetti che spuntavano con le loro piccole lanterne diafane alla base di un masso erratico che costringeva il torrente a girarvi attorno. Un nero essere che sembrava un enorme avvoltoio piombò su di lei slanciandosi dall’alto di un abete mentre un fischio stridulo lacerava l’aria. Prima ancora che la donna potesse fare in tempo a volgersi verso il pericolo, il mostro le fu addosso. Invano la sua mano corse al ciondolo che portava al collo e che avrebbe dovuto proteggerla da qualsiasi pericolo… “È inutile che tu cerchi protezione nel tuo amuleto, Signora degli Elfi. Nulla può contro di me e io avrò il tuo sangue e la tua vita!” La Signora non riusciva nemmeno a urlare, paralizzata più dalla rabbia che dall’orrore. Se il suo Nemico era riuscito a raggiungerla fin lì, nella Terra degli Uomini, i Guardiani che aveva lasciato al Passaggio per potersene stare da sola dovevano essere tutti morti. Si ritrovò a fissare a pochi centimetri di distanza quegli occhi gialli iniettati di sangue, mentre lui le piegava la testa di lato per offrire la gola indifesa ai lunghi canini che si intravedevano fra le labbra aperte in un sogghigno feroce. SWACK… SWACK! Due frecce dagli impennaggi grigi screziati, fatti con le remiganti della coturnice alpina, si piantarono in rapida successione nella schiena del mostro. Subito dopo un nuovo combattente si lanciò nella mischia; un guerriero vestito con gambali di pelle, a torso nudo, barba e capelli castano chiari e lunghi almeno quanto quelli della Signora pur se incolti e arruffati, le braccia muscolose segnate da alcuni semplici tatuaggi, attraversò di corsa il torrente e si scagliò armato solo di una piccola ascia di rame rossiccio contro il mostro, menando fendenti con tutta la sua forza di montanaro. SCRIIIIIEEEEEEEKK! Il grido di dolore, di rabbia e di sorpresa dell’essere demoniaco si trasformò nello stesso fischio udito poco prima, mentre questo si girava ad affrontare un avversario che mai si era pensato di trovare. Il cacciatore continuò a picchiare, per niente spaventato dalla visione diabolica di quegli occhi e dei colpi che quello menava alla cieca nel tentativo di difendersi; la lama dell’ascia penetrò profonda più volte nel torace, poi colpì la testa con un rumore di ossa che si spezzavano. Solo allora l’essere sembrò cedere alla foga dell’attacco, si ripiegò su sé stesso avvolgendosi nelle grandi ali nere, divenne sempre più piccolo e infine svanì in una nuvoletta verdastra maleodorante. Il montanaro si chinò sulla Signora che giaceva svenuta sull’erba, il capo vicino al ciuffo di mughetti che poco prima aveva attratto la sua attenzione. Finalmente poteva vederla da vicino, gli sembrò la donna più bella che avesse mai visto: i capelli biondi del colore dei fiori della ginestra, lunghi fino a metà della schiena, erano adesso sparsi sull’erba come una nube d’oro che incorniciava l’ovale perfetto del volto, il petto si alzava e abbassava ritmicamente e non aveva segni visibili di ferite. Incuriosito provò a sfiorare con le dita la strana sostanza delle sue vesti, non conosceva niente di simile, non era la pelle di alcun animale che conoscesse né corteccia di betulla come quella che a volte veniva impiegata per realizzare quella specie di rozzi mantelli usati per ripararsi dalla pioggia. Sentendola gemere leggermente, in due passi arrivò al torrente per tornare portando un po’ d’acqua fresca nell’incavo delle mani; la lasciò gocciolare sulla faccia della donna per rianimarla. Al contatto dell’acqua fredda come il ghiaccio da cui proveniva, la Signora aprì gli occhi e i loro sguardi s’incrociarono per la prima volta: occhi verdi come l’erba si specchiarono in altri occhi, azzurri come il cielo; il muto dialogo che intercorse fra loro fu più esplicito di qualsiasi discorso, capirono all’istante d’essere due corpi e una sola anima. “Chi sei tu che mi hai salvato la vita?” “Io sono Thor della Montagna Verde, il Cacciatore! E tu chi sei, una dea o una fata? E cos’era quel demone che ti aveva attaccato?” “Devi essere molto valoroso e non conosci la paura, Thor della Montagna Verde, e buono. Per non aver esitato un secondo ad accorrere in mio aiuto e aver affrontato un demone come il Principe degli Elfi Vampiro. Non potevi farcela a ucciderlo, ma sei riuscito a ferirlo e l’hai costretto a fuggire. Pochi, anche fra la mia gente, avrebbero avuto altrettanto coraggio.” “Ho fatto solo quello che mi ha dettato il cuore. Non potevo permettere a quel demone di uccidere una Fata del Ghiaccio Azzurro. Perché tu sei una fata, vero? Non puoi essere altro, bella come sei.” “In un certo senso… Ma tu sei ferito!” La Signora degli Elfi sfiorò con le dita i due profondi tagli che attraversavano in diagonale il torace dell’uomo, dove gli artigli del mostro lo avevano colpito, e questi si richiusero subito senza lasciare alcuna traccia, nemmeno una piccola cicatrice, mentre il ciondolo che portava al collo lampeggiava di una luce argentata. Quindi, obbedendo a quell’impulso che aveva già sentito prepotente in lei, gli si strinse addosso in un abbraccio subito ricambiato, le loro labbra s’incontrarono in un bacio dolcissimo. “Non avrei mai pensato d’incontrarti così. Thor, il Cacciatore della Montagna Verde, hai detto che ti chiami, vuoi tu essere il mio compagno per una vita lunga quanto l’eternità?” Sapeva che il montanaro non aveva altri legami che potessero trattenerlo, i suoi sensi elfici ne erano sicuri, ma la domanda andava fatta. Se desiderava che quello sconosciuto diventasse il suo sposo, doveva lei per prima rispettare le antiche regole. “Mia Signora, saprò esserne degno. Dal primo istante che ti ho vista, ho subito capito che non avrei mai potuto amare altri che te. Sono tuo per sem- pre.” rispose Thor, d’istinto, come se in tutta la sua giovane vita non avesse aspettato altro, certo che quel momento unico sarebbe un giorno arrivato. Le parole erano state pronunciate, per l’Antica Legge degli Elfi erano già marito e moglie; una cerimonia si sarebbe tenuta una volta rientrati al Palazzo Reale, per il piacere di quel popolo che l’amava e ubbidiva, ma per Marta, Signora degli Elfi, e Thor della Montagna Verde, nulla avrebbe potuto essere più importante di quell’istante in cui, per la prima volta, si erano guardati negli occhi e avevano capito che il loro destino sarebbe stato uno solo, per l’eternità. *** Molti millenni erano passati da quel giorno; spesso tornavano nella valle che aveva visto il loro primo incontro, l’avevano vista mutare d’aspetto al cambiare del clima e insieme alla valle, mutare, crescere e progredire la stirpe degli Uomini, mentre la stirpe degli Elfi continuava a vivere secondo gli insegnamenti ricevuti dagli Antichi Padri. La loro unione era stata allietata quasi subito dalla nascita di un figlio, Luca, bello e coraggioso come i suoi genitori. La vita nel Mondo degli Elfi era continuata secondo le antiche leggi anche se un nuovo nemico si era presentato sotto le sembianze del Nero Signore, un elfo che si era ribellato al giusto governo della Signora e che più volte aveva mosso guerra contro di lei nel tentativo di spodestarla. Ma l’esercito guidato da Thor il Cacciatore e dal Generale Luca, suo figlio, lo aveva più volte sconfitto costringendolo all’esilio sul Picco Oscuro e a una tregua che ormai reggeva da molti anni. In quel momento di pace armata una novità venne ad allietare la vita di Marta e Thor. “Mio sposo, Amore mio unico. Aspetto una bambina!” Thor rimase per un attimo interdetto, il vino che stava bevendo gli colò sulla lunga barba – non aveva mai accettato di tagliarsela e, anche se adesso la teneva ben curata come i capelli, era l’unico essere vivente nel mondo degli elfi a portarla, fatto che lo rendeva inconfondibile più ancora del fatto di non avere le orecchie a punta, quando compariva in pubblico al fianco della Signora o cavalcava alla testa dell’esercito in compagnia del figlio, elfo in ogni dettaglio – suscitando un sorriso in Marta. “Dopo tanti anni? Ne sei sicura? E sei sicura che sarà una femmina?” “Sì Caro. I miei sensi elfici me lo hanno detto fin dal primo momento. E il dottor Bosco me lo ha confermato stamani.” “È meraviglioso!” Poi un’ombra calò sul volto di Thor. “Rammenti cosa mi promettesti quando, poco dopo la nostra unione, mi spiegasti che i nostri figli maschi sarebbero stati più elfi che uomini, mentre le femmine sarebbero somigliate maggiormente alle donne interamente umane? Non mi opposi che nostro figlio Luca crescesse e fosse allevato come un Principe Elfo. Adesso però torno a chiederti se sei ancora disposta a crescere nostra figlia fra gli Uomini; anche se il mon- do è molto cambiato rispetto ai miei tempi, ci terrei.” “Ho già previsto tutto; mia sorella Anna e il Generale Luca saranno in grado di reggere il Regno per i diciotto anni che noi passeremo sulla Terra con la nostra piccola e quando avrà raggiunto la maggiore età, sarà lei stessa a scegliere se continuare a vivere fra gli uomini o tornare con noi qui con gli elfi. I Guardiani del Generale Bartolomeo provvederanno a proteggerci da qualsiasi pericolo, anche se con te al mio fianco non temo nemici di sorta.” “Allora è deciso, Lisa nascerà nella stessa terra che ci ha visto incontrarci. Adesso, non lontano dalla nostra valle e dal Varco che consente il passaggio fra i due mondi, c’è una piccola casetta nel bosco, dove potremo stabilirci senza dare nell’occhio. Hai già pensato a quali occupazioni potremo dedicarci? Non dobbiamo dare l’impressione di essere degli sfaccendati, per il bene di nostra figlia.” “Io aprirò un negozio d’erboristeria, sfrutterò le mie conoscenze per prepa- rare tisane e pozioni che sembreranno quasi magiche.” “Ma io non potrò certo continuare a fare il militare! Troppe cose sono cambiate nel mio mondo, archi, frecce e asce sono passate ormai di moda!” “Oh, fossi in te non mi preoccuperei!” Marta sorrise divertita; anche se si erano sempre tenuti aggiornati sui tanti mutamenti avvenuti sulla Terra, suo marito non sarebbe mai potuto essere un credibile impiegato d’ufficio o un operaio specializzato. “Da qualche tempo va di moda il ritorno alla natura, tu conosci boschi e foreste meglio di qualsiasi uomo di questo secolo, sarai un’ambita guida per chi vorrà riassaporare la vita del tempo che fu, accendendosi il fuoco con due bastoncini o procurandosi il pranzo cercando di catturare una trota con le mani. Ed il tuo nome ha proprio quel ché di esotico che li affascinerà.” “HAHAHAHAHA! Voglio proprio vederli, questi mollaccioni che si spostano solo dentro alle loro scatolette di latta, alle prese con la vera vita sel- vaggia! Mi dispiace quasi che non esistano più gli uri dalle lunghe corna e i grandi orsi dei miei tempi, quelli sì che erano impegnativi se volevi procurarti la cena, altro che fare la fila alla cassa di un supermercato!” Pochi giorni dopo, Thor e Marta Verdi, una giovane coppia di sposi in attesa della nascita di una figlia, si trasferivano nella loro nuova casa, in un bosco piccolo e magico, lontano da tutto e da tutti… Fine dell’inizio! Giuseppe Antoni PROLOGO “Il mio cuore è diviso in due parti, uguali ma distinte, e entrambe sprigionano la più potente delle energie, quella dell’amore indescrivibile, sovrano, che tutto può e tutto assorbe. Ma questo sentimento sta distruggendo la mia anima, la sbriciola in mille pezzi che si disperdono nel vento come petali di rosa… Potrò mai ritrovare la tanto agognata pace e riunire il cuore nell’amore unico, perfetto ed eterno?” Lisa Verdi Regno del Re Sole, anno 1659 1. La Galleria degli Specchi Luigi XIV avanzò rapidamente verso l’ingresso della Galleria degli Specchi e sorrise quando vide che i suoi ordini erano stati pienamente rispettati. Non vi era infatti alcuna traccia dei nobili che erano soliti seguirlo come cani al guinzaglio attraverso le molte stanze della Reggia di Versailles, dialogando degli usuali e noiosi argomenti che tanto lo tediavano da quando era stato incoronato Re di Francia. Si arrestò, inspirando una lunga boccata d’aria, si girò per constatare di essere completamente solo, e infine varcò la soglia della Galleria con passo deciso e baldanzoso. Raggiunse circa la metà del lungo e ampio corridoio e passò in rassegna la parete di fronte a sé, ricoperta da specchi luccicanti e splendenti della luce del primo mattino. Quindi si fermò ad osservare con interesse la propria immagine, sistemò un boccolo della parrucca che era sfuggito alla prigionia forzata dell’acconciatura, e attese. Il cuore gli martellava in petto con un ticchettio assordante e le mani gli sudavano come il primo giorno in cui aveva posato gli occhi su una ragazza. Era mai possibile che il Re di Francia, che tante donne aveva conosciuto, tremasse e si emozionasse come un ragazzino inesperto, nell’attesa del suo unico e più grande amore? Era trascorso un anno dall’ ultimo incontro con la magnifica dama che gli aveva rubato il cuore e troppe notti insonni avevano logorato il suo animo, nell’attesa del momento in cui l’avrebbe ancora stretta tra le sue braccia. Lui, il Re Sole, il Re dell’Amore, avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche rinunciare al suo Regno, pur di vivere con quella creatura meravigliosa che popolava i suoi sogni e che sapeva scuoterlo con la forza di una tempesta. Restò ancora fermo per qualche istante dinanzi allo specchio, quindi sbuffò e prese a camminare nervosamente per la stanza, lanciando, di tanto in tanto, occhiate furtive verso il suo riflesso. Come mai era in ritardo? Perché la bellissima dama non lo aveva ancora beato della sua presenza? Lo stava forse prendendo in giro per qualche oscuro motivo e non si sarebbe presentata al tanto prezioso e atteso appuntamento? Il Re Sole era deciso ad abbandonare la Galleria, profondamente deluso e infuriato, quando una sottile folata di vento gli sfiorò la fronte e gli accarezzò una guancia. Ebbe la netta sensazione che il tempo si fosse fermato, anzi, ne era del tutto sicuro. Quando la dama appariva al suo cospetto, persone, animali, piante o creature del cielo arrestavano il loro movimento, e tutto veniva avvolto da una calma assoluta e immateriale. Corse verso lo specchio centrale e vi si piazzò di fronte, con il cuore che gli pulsava nelle tempie in modo quasi doloroso e un desiderio sempre più incalzante di stringere tra le sue braccia la splendida dama. Dopo qualche istante, lo specchio si dissolse per lasciare lo spazio a un turbine di vento grigio e nero, che si muoveva a una velocità tale da costringere il Re ad arretrare di qualche passo. Poi, mentre il vento diminuiva il suo impeto, una lunga e folta chioma di capelli argentati apparve alla sua vista. La dama sorrise al Re di Francia e si inchinò al suo cospetto, mentre il vortice si dissolveva alle sue spalle, lasciando nuovamente spazio allo specchio lucente. “Luigi, mio Signore” sussurrò lei, col capo rivolto a terra. “Mio sovrano e mio unico amore.” Il Re Sole le corse incontro, le sollevò delicatamente lo splendido ovale del viso e la fissò a lungo nei sottili occhi azzurri, prima di parlare. “Andromeda, tu non devi inchinarti di fronte a me, io sono il tuo umile servo e lo sarò per l’intera durata della mia vita, a te devoto in tutto e per tutto. Ti ho donato il mio cuore e la mia anima e come tuo schiavo ti imploro di considerarmi solo un uomo. Qui, al tuo cospetto, il Re di Francia non esiste.” La dama gli sorrise malinconica e gli accarezzò una guancia. “Sei così dolce, Luigi, mio tenero amore” gli sussurrò, a pochi centimetri dal suo viso. “Come vorrei che tu non fossi il Re e io una Custode! Le nostre esistenze non sarebbero così tormentate e non ci obbligherebbero a piangere sulle disgrazie che ci travolgono come un fiume in piena!” Luigi l’abbracciò e la strinse forte a sé, accarezzandole i lunghi capelli argentati. “Allora fuggiamo subito, senza indugi! Scappiamo da tutto e da tutti, lontano dai nostri odiati doveri! Posso trovare facilmente una fattoria in cui vivere soli, io e te, uniti per l’eternità e nascosti ad occhi indiscreti.” Andromeda affondò il viso sulle sue spalle e lacrime lucenti scintillarono sull’abito dorato del Re. “Amore mio, non piangere, ti prego” sussurrò lui, accarezzandole ancora i capelli. “Sta a noi decidere se abbandonare il nostro destino, già disegnato da tempo, per seguire l’ istinto e le passioni. Io ti amo.” Andromeda si staccò dall’abbraccio e si passò lentamente il palmo delle mani sugli occhi colmi di tristezza. “Ti amo anch’io, mio dolce Luigi. Ma questo non è sufficiente per…” “No, fermati, non voglio ascoltarti” la interruppe il Re di Francia, ponendole un dito sulle labbra. “Ero convinto che, nel nostro ultimo incontro, avessimo già preso questa decisione… Andromeda, non sei forse qui, oggi, per abbandonare il tuo mondo e per unirti definitivamente al mio, via dagli sfarzi e dagli impegni di corte?” Luigi fissò la splendida dama con ansia mista a preoccupazione e la vide arretrare di un passo verso lo specchio. “Andromeda?” Lei scosse la testa, facendo ondeggiare i capelli argentati che si sparsero a ventaglio sulla schiena. “Andromeda?” ripeté lui, con la bocca secca e un vivo terrore dipinto negli occhi sbarrati. La dama arretrò di un altro passo e alzò le mani dinanzi a lui, mentre le lacrime avevano ripreso a solcarle il bel viso pallido e provato. “Luigi, ho voluto questo incontro per dirti che non ci rivedremo mai più. Il nostro amore si spegne qui, tra le pareti di questa Galleria…” “No!” “Luigi, ti prego, non è possibile continuare questa relazione, non mi è concessa!” “No, non ti lascerò scappare, non ti consentirò di allontanarti da me! Ti rapirò, ora, e ti imprigionerò finché non sarai rinsavita e ti getterai tra le mie braccia.” Andromeda restò immobile, piegando però le labbra in un dolce sorriso. “Amore mio, sai perfettamente che non puoi rapirmi” sussurrò, avanzando lentamente verso di lui. “I miei po- teri sono immensi e a nulla varranno i tuoi sforzi per trattenermi. Inoltre, chi chiamerai per aiutarti? Il tempo al di fuori della Galleria è fermo e nessuno sa della mia esistenza e della mia presenza qui.” Il Re sbatté più volte le palpebre e chinò il capo a terra, stringendo entrambi i pugni. Andromeda gli si piazzò di fronte e lo accarezzò dolcemente sul viso. “Sapevamo fin dall’inizio che questo amore non avrebbe avuto storia. I nostri destini sono troppo importanti per la sopravvivenza del Genere Umano e del Popolo Elfico. Abbiamo il dovere di seguire le strade che ci sono state disegnate da tempo, anche se queste ci condurranno a un’inevitabile separazione.” Luigi la fissò per qualche istante nei sottili occhi azzurri, quindi le afferrò il viso e la baciò. Andromeda tentò di opporre resistenza appoggiandogli le mani sul petto, ma dinanzi alla sua insistenza si lasciò avvolgere dal tepore e dalla passione di quel bacio, gettandogli le braccia al collo. “Non posso vivere senza di te!” gridò il Re di Francia con voce roca, quando si staccò dalla Custode del Sole di Aresil. “La mia esistenza non avrà più alcun senso… nulla avrà più valore, nulla!” “Taci, amore mio, io sono qui anche per aiutarti a non soffrire” mormorò Andromeda sulle sue labbra. “Cancellerò ogni ricordo di noi dalla tua mente, così tu potrai continuare a regnare sulla Francia come un sovrano abile e saggio.” “Che intendi dire?” tuonò lui, allontanandola per colpirla con uno sguardo duro e feroce. “Non toccherai la mia mente, non ti permetterò di annientare ciò che ho di più caro al mondo, cioè il ricordo del nostro unico e splendido amore!” Andromeda sospirò e ricacciò indietro le lacrime. “Sarà inevitabile, mio Signore” mormorò ancora, con la voce arrochita dall’emozione. “E tu non potrai fermarmi in alcun modo.” “No!” urlò il Re, agguantandola per le braccia. “Non puoi farlo, non devi farlo! Io ti voglio, ora, sempre, per l’eternità!” “Mi dispiace” sussurrò lei con un filo di voce, lasciando che le lacrime le rigassero le guance pallide. “Allontanati da me.” “Co…come?” chiese Luigi, fissandola con occhi stralunati. “Non puoi dire sul serio… no, ti prego.” “Allontanati” continuò Andromeda con voce ferma e bassa. “VIA DA ME!” Il Re di Francia sbarrò gli occhi quando l’aura dorata della dama lo avvolse e lo spostò con delicatezza verso una delle ampie vetrate. Scosse la testa e alzò le braccia in avanti, in una muta richiesta di aiuto. “Amore mio, ti prego…” sussurrò poi, biascicando le parole. “Non lasciarmi.” Andromeda fece un ampio respiro e aumentò ancora di più la sua aura, tanto che il Sovrano si vide costretto ad abbassare le braccia lungo i fianchi. “Io non ti lascerò mai, Luigi, mai” gli disse, mentre le lacrime continuavano a solcarle il viso. “Un giorno ci incontreremo ancora, te lo prometto. Io ti cercherò sempre, in ogni istante della mia vita.” Il Re di Francia tentò di scuotere la testa, ma riuscì solo a compiere un impercettibile movimento alla sua sinistra. “Quando… quando…” chiese, fissandola nei sottili occhi tristi. Andromeda sospirò nuovamente e chinò il capo a terra. “Non posso rispondere a questa domanda, non ne ho il potere, ma accadrà presto. E ora ascolta, Luigi. Prima di operare sui tuoi ricordi ti farò un dono, che dovrai tenere sempre con te.” “Un dono? E che dono?” Andromeda gli si avvicinò e, diminuendo un po’ l’aura, gli afferrò una mano e gli pose sul palmo un anello d’oro, al centro del quale spiccava una piccola pietra verde. “Esso proviene dal mio pianeta e contiene tutto l’amore che ci lega. Quindi, tienilo sempre con te.” Il Re di Francia osservò l’anello con aria sconvolta e frastornata, quindi pose nuovamente lo sguardo sulla splendida dama che stava indietreggiando sempre più verso lo specchio. “Io… io non capisco… non capisco” balbettò con voce spezzata dall’emozione. “Ma ti obbedirò. Ti porgo però un’unica domanda. Se fra qualche istante non mi ricorderò più di te, come potrà l’anello continuare a pulsare del nostro amore?” Andromeda gli sorrise con infinita dolcezza e lo fissò nei grandi occhi spaventati. “Esso è collegato al tuo cuore, non alla mente. E dal cuore preleverà l’energia necessaria che gli consentirà di mantenersi in vita”. “Capisco.” Il Re di Francia strinse forte l’anello nel palmo della mano, quindi osservò Andromeda con sguardo carico di terrore e di tristezza. “Quando entrerò nella tua mente per cancellare il ricordo del nostro amore, ti lascerò un messaggio. Saprai sempre, in ogni istante della tua esistenza, che l’anello è importante e che non te ne dovrai separare mai, per alcun motivo. Lo terrai con te finché un Padre di Aresil non verrà qui per riprenderlo. Tu glielo consegnerai senza batter ciglio e in quell’istante saprai che la tua vita sarà volta al termine.” Il Sovrano spalancò gli occhi e cercò di compiere un passo verso di lei, senza tuttavia riuscire a muovere un solo muscolo del suo corpo ormai affaticato. “Andromeda, amore mio, ti prego, non farlo.” la supplicò, in un ultimo, disperato tentativo. Lei si asciugò le lacrime col palmo delle mani e socchiuse gli occhi. Pochi istanti dopo il Re giaceva a terra, supino, la parrucca scomposta, la mano destra stretta attorno al piccolo anello. Sbatté più volte le palpebre e si guardò attorno, mentre si alzava lentamente da terra. Fissò la parete degli specchi dinanzi a lui, quindi si girò verso l’ingresso. Sistemò alla meglio la parrucca sul capo, scosse la lunga giacca per allontanare qualche residuo di polvere, e infine si diresse verso l’uscita a grandi passi. Non capiva assolutamente quanto gli era accaduto o perché si trovasse lì, completamente da solo, ma provava dentro di sé un grande senso di pace che lo rassicurò pienamente sul suo stato di salute mentale. Prima di abbandonare la Galleria degli Specchi, aprì la mano destra, fissò l’anello e lo infilò sul dito indice. Sorrise e si avviò infine baldanzoso verso i suoi doveri di Re e di uomo. 2. Tensione Lisa Verdi se ne stava appollaiata sul terzo gradino della scala che portava al piano superiore della sua casa, a osservare gli amici Gianni e Matilde, immersi in una feroce discussione. Il primo, un ragazzo robusto e palestrato, gesticolava vistosamente, puntando in continuazione il dito indice contro la ragazza piccola e minuta che lo ascoltava con le braccia conserte. Lisa osservò Matilde spostare dagli occhi una ciocca di capelli rosso fuoco e sistemare sul naso gli occhiali, che sembravano traballare sotto le urla di Gianni. Attorno a loro saltellava nervosamente Bartolomeo, Generale dei Guardiani, un Elfo alto e magro, con lunghi capelli castani perennemente arruffati e un gusto orrido nell’abbinare i vestiti. Non si poteva proprio definire un bel ragazzo, ma possedeva tratti del viso decisi e regolari e un’aria buffa e impacciata che aveva conquistato del tutto Lisa, facendola innamorare pazzamente di lui. Lisa sbuffò e abbracciò le ginocchia, ponendovi sopra il mento. Spostò quindi lo sguardo sulla zia che era appena entrata in salotto e stava cercando di aiutare Bartolomeo nell’arduo compito di interrompere quell’assurda litigata. Anna era un Elfo affascinante, con lunghi capelli biondi che le scendevano diritti sulle spalle e lucenti occhi azzurri dipinti in un ovale perfetto. Vestiva abitualmente abiti colorati e amava agghindarsi con quantità smisurate di collane, orecchini e bracciali. Lisa adorava la zia, era vissuta con lei per parecchi anni e l’aveva sempre considerata come una seconda mamma. Senza Anna non sarebbe mai riuscita ad affrontare i pericoli ai quali era stata sottoposta negli ultimi mesi e, soprattutto, a superare la perdita di sua madre Marta, Signora degli Elfi. Nel frastuono delle urla concitate di Gianni e Matilde, Lisa socchiuse gli occhi e ripensò alla madre, alle sue labbra sempre piegate in un dolce sorriso e ai lunghi capelli biondi che lei amava raccogliere in eleganti chignon. Serrò i pugni ripercorrendo gli attimi in cui le era stato riferito che Marta aveva sacrificato se stessa per ridare la vita a suo figlio Luca, assassinato qualche tempo prima dal perfido Generale Guglielmo. Riprovò le stesse, feroci sensazioni che l’avevano stretta in un’atroce morsa di dolore e che, a pochi giorni di distanza dalla perdita della madre, ancora le spappolavano il cuore, frammentandolo in mille, minuscoli pezzi. Sobbalzò quando sentì Matilde alzare la voce. Riaprì gli occhi, si riassettò i lunghi capelli castani e fissò l’amica che ora fronteggiava spavaldamente Gianni, con le mani appoggiate sui fianchi. “E tu sei innamorato di una vecchiaccia che vive da millenni in una biblioteca sporca e ammuffita!” urlò l’amica, sistemando ancora gli occhiali sul naso. “Quindi non rompermi più le scatole, intesi?” Gianni la fulminò con uno sguardo truce e le sventolò il dito indice sotto il naso. “Andromeda ha la mia stessa età, non è una vecchiaccia, anzi, è una ragazza bellissima, dolce, comprensiva, cioè esattamente il contrario di quello che sei tu, contenta?” “Cosa?” urlò ancora Matilde, cominciando a tremare per la rabbia. “Tu… tu non ti rendi conto di quello che stai facendo… lei… lei è la Custode del Sole di Aresil! E è un’aliena! Non capisci che ti sta solo prendendo in giro e che non ti ama veramente?” Gianni la fissò in silenzio per qualche istante, quindi scoppiò a ridere. “Parli proprio tu che ti sei innamorata di uno zombie! Di un cadavere ritornato in vita per compiere una stupida missione che non è neppure riuscito a portare a termine! D’altronde, un tipo effeminato come lui non potrebbe mai…” “Insomma, la volete smettere?” intervenne Anna, battendosi una mano sulla fronte. “Mi state facendo scoppiare la testa con questa marea di assurdità! Basta, per favore, datevi una calmata!” “Eh no, Anna, ha iniziato lui” gridò Matilde, additando Gianni. “E il signorino o si scusa immediatamente con me, e ritira tutto quello che ha detto, o io… io..” “Tu, cosa?” la interruppe Gianni, passandosi nervosamente una mano sui corti capelli scuri. “Fatti entrare una volta per tutte in quella zucca vuota che io e Andromeda siamo una coppia perfetta e ci amiamo veramente, mentre Luca ti sta solo prendendo per i fondelli, e così ritorneremo ad essere amici come prima.” “A… amici?” balbettò Matilde, abbandonando le braccia lungo i fianchi. “Io… io … credevo che ci amassimo...” “Oh, certo che vi amavate” intervenne finalmente Bartolomeo, posando le mani su una spalla di entrambi. “Quindi ora fate la pace, da bravi bambini.” “Fatti gli affari tuoi!” lo rimbeccò Matilde, scansando la sua mano come se fosse appestata. “Esatto. Chi ti ha chiesto niente?” ringhiò Gianni, strattonandolo per la maglietta ocra. “Sarai anche un Generale, ma non rompere le scatole, ok?” Anna sollevò gli occhi al cielo e Bartolomeo si frappose tra i due, fissandoli entrambi con aria truce. Solo in quell’ istante, temendo soprattutto per l’incolumità di Gianni, Lisa si alzò noiosamente dal gradino che l’aveva ospitata per un buon quarto d’ora e si avvicinò al gruppo, allontanando l’Elfo con un tocco delicato, ma deciso. “Ora basta” sussurrò a pochi centimetri dal viso di Gianni. “Siete assurdi. Non voglio sentire i miei migliori amici che litigano per cavolate e si sbranano come bestie. In queste ore abbiamo pensieri ben più grandi da affrontare. I vostri discorsi sono ridicoli e del tutto inopportuni.” Matilde fissò Lisa con la bocca spalancata, quindi l’abbracciò, singhiozzando. “Mi… mi dispiace… hai… hai ragione… tu… hai… appena… perso… la… mamma… e noi… siamo qui… a… litigare… per niente… per nulla… scu… scusa.” Lisa le accarezzò i capelli e la scostò delicatamente da sé. “Non è la perdita di mia madre a preoccuparmi, ora, quanto la presenza di Silvia nel Regno Elfico. Dobbiamo eliminarla, Matilde, te ne rendi conto? Ucciderla senza alcuna pietà, se vogliamo salvare la nostra pelle e quella degli altri poveri abitanti dell’Universo. Ti pare poco?” L’amica sbatté più volte le palpebre, quindi tirò su col naso e spostò lo sguardo su Gianni. “Ha ragione Lisa, dobbiamo smettere di litigare tra di noi. Abbiamo preso due strade diverse e ormai non possiamo più ritornare indietro. Facciamo pace?” Gianni la fissò per qualche istante, quindi le allungò una mano. “Pace.” sibilò tra i denti, mentre Anna alzava gli occhi al soffitto. “Com’è che dicevano gli indiani, i pellerossa?” intervenne Bartolomeo, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori. “Ah sì! Seppelliamo l’ascia di guerra, o una cosa del genere, vero?” Lisa strabuzzò gli occhi, Gianni sbuffò, Matilde scosse la testa e Anna lo spinse verso la cucina. “Ma che ti salta in mente?” brontolò, gettandogli un grembiule da lavoro. “Su, indossalo, dobbiamo sminuzzare la verdura.” “Eh? Che? Io… cosa?” “Hai capito perfettamente!” continuò Anna, spalancando la porta del frigo. “Dobbiamo preparare lo stufato, quindi datti da fare, intesi?” Bartolomeo sbottò e indossò il grembiule di malavoglia, sotto lo sguardo divertito di Matilde, che stava cercando di trattenere uno scoppio violento di risate. L’attenzione di Gianni era invece catturata da Lisa, che si era lasciata cadere noiosamente sul divano e aveva af- ferrato il telecomando della TV, facendo zapping da un canale all’altro. “E beh, e tu che hai?” le chiese, sedendo accanto a lei. “La Lisa che io conosco si sarebbe piegata in due dalle risate di fronte alla scena di prima. Diciamo che sei… ehm… patetica, ecco, questa è la parola giusta.” Lei si strinse nelle spalle e continuò a fissare lo schermo della TV, dove le immagini si susseguivano veloci le une sulle altre. “Ah! Fai pure la cafona, ora? Complimenti, proprio un bel comportamento, degno di una regina, direi. Ma non ti vergogni? Sei la Signora degli Elfi e te ne stai qui seduta a perdere tempo come una scolaretta annoiata!” Lei respirò profondamente, ma non distolse lo sguardo dal video. “Ehi, Lisa, dico a te, c’è nessuno? E datti una mossa, svegliati, mi fai veramente pena!” “Gianni, smettila” lo interruppe Matilde, che si era seduta sulla poltrona dal lato di Lisa. “Lasciala stare, con tutto quello che ha passato… “ “Oh! Poverina! La bambina ha perso la sua mamma e è stata presa a calci nel sedere! Anzi, nel sederone, già ti vedo bella grossa davanti alla TV a mangiare popcorn e a bere birra… uh… chissà che spettacolo!” “Gianni, basta” lo interruppe ancora Matilde, notando che Lisa aveva gli occhi colmi di lacrime. “Stai esagerando.” “Che succede di là?” chiese Anna, mentre porgeva una carota a Bartolomeo. “Si può avere un po’ di pace oggi? Domani sarà una giornata impegnativa, ci sono i preparativi per… “ Si bloccò, portandosi entrambe le mani sulla bocca. “Accidenti, non dovevo dirlo…” sussurrò, a pochi centimetri dall’orecchio del Generale. “Doveva essere una sorpresa” la rimbeccò lui, guardandola di traverso. “Spera che Lisa non abbia capito.” Ma quando Bartolomeo sollevò gli occhi, lei era dinanzi a loro e li fissava con uno sguardo che la diceva tutta su quanto poteva avere o non avere sentito. Con le braccia conserte, tamburel- lava noiosamente le dita sulla pelle, in attesa di una rapida spiegazione. “Allora?” li incalzò, dato che nessuno dei due osava aprire bocca, ostinandosi a tagliare le verdure a testa bassa. “Che state tramando?” Anna sospirò, si passò le mani sul grembiule e le si avvicinò, con le guance arrossate dall’imbarazzo. “Domani è il tuo compleanno, ricordi?” Lisa sbarrò gli occhi. “Domani io e Bartolomeo partiamo per Parigi, ricordi? Secondo quanto stabilito dal Consiglio e dai Padri di Aresil.” “C’è stato un cambio di programma. La partenza è stata rinviata di un giorno.” Lisa strabuzzò ancora di più gli occhi e si passò una mano tra i capelli, mentre spostava lo sguardo dalla zia a Bartolomeo, che se ne stava ancora a testa bassa, preso dal taglio delle verdure. “Stai scherzando, vero?” urlò, tanto che Gianni e Matilde scattarono in piedi con un rapido balzo. “La Madre di tutti i mali sta per muovere guerra contro il Regno Elfico e voi ve ne state qui a pensare al mio compleanno? Ma… ma siete impazziti? Vi si sono inceppati gli ingranaggi del cervello? Avete bevuto? Non…” “Ora basta! Non puoi rivolgerti a tua zia in questo modo, ok? Datti una calmata!” Lisa spalancò la bocca e restò a fissare Bartolomeo che le si era avvicinato col suo grembiule da lavoro fucsia e la guardava, scuotendo la testa. Ripresasi dallo stupore, gli si piazzò di fronte e gli punzecchiò il petto col dito indice. “Sei tu che non devi permetterti di parlarmi con questo tono” gli rispose, al limite dell’isteria. “Io sono la Signora degli Elfi e voi tutti mi dovete rispetto! Sono stufa di essere trattata come una ragazzina, stufa di non capirci più niente di questi dannati mondi, stufa di dover rischiare la vita ogni giorno, di soffrire, di perdere chi amo… stufa… di tutto… non ce la faccio più…” “Lisa…” Bartolomeo la fissò negli occhi ormai colmi di lacrime e le sollevò il mento. “Io sono qui… noi siamo qui, non sei sola.” Lei si passò una mano sul viso, quindi arretrò di un passo, fissando Bartolomeo con uno sguardo carico di incredulità e di disprezzo. “No, non è vero, io sono sola, perché nessuno di voi sembra rendersi veramente conto della gravità della situazione. Domani è il mio compleanno? E che vorreste fare? Dare una bella festicciola mentre stiamo per andare tutti all’altro mondo? No, ditemi che è uno scherzo, vi prego.” “Non è uno scherzo.” le rispose Anna, con tono alquanto seccato, mentre si dirigeva nuovamente in cucina con passo rapido. Afferrò il coltello e prese ad affettare con rabbia una carota, i cui pezzi volarono in più punti del tavolo. “Se vuoi proprio saperlo, è stata una mia idea. Domani compi diciassette anni e voglio festeggiarti alla grande. Te lo meriti, dopo tutto quello che hai dovuto subire e per quanto hai soffer- to. E non cambierò idea, intesi? Neppure se si dovesse presentare la Madre in persona!” Lisa arretrò ancora di qualche passo e urtò Gianni, che sbuffò riservandole uno dei suoi sguardi più sprezzanti. “Hai la puzza sotto il naso, mia cara” le sussurrò lei all’orecchio. “Ma questo mi pare di avertelo già detto, o sbaglio?” Lisa strinse i denti e si scostò dall’amico, alzando il ciondolo reale di fronte a sé. “Ma… ma che fai?” balbettò Matilde, fissando alternativamente l’amica e il ciondolo con aria stralunata. “Sei forse impazzita? Usare il tuo potere contro Gianni? Tua zia ha ragione, è giusto che ti fermi un attimo, che pensi a te stessa, che ti rilassi un po’...” Lisa non riusciva a credere alle proprie orecchie. Fissò Gianni che la guardava con le braccia abbandonate lungo i fianchi e i pugni stretti per la rabbia, spostò lo sguardo su Matilde che le aveva parlato con le mani sul petto e gli occhi lucidi di lacrime, quindi si fermò a os- servare Anna e Bartolomeo che nel frattempo le si erano avvicinati, muovendosi con cautela. “Lisa, sii ragionevole, abbandona il ciondolo” le disse l’Elfo con un filo di voce, alzando lentamente le braccia dinanzi a sé. “La cosa sta prendendo una brutta piega. Tu non vuoi far del male a Gianni, vero?” Lei spostò lo sguardo da Bartolomeo all’amico che continuava a fissarla con disprezzo. Percepì l’ondata di energia che prendeva vita dal suo cuore, per irradiarsi al torace e penetrare con forza nel ciondolo che si illuminò all’istante. Si sentiva forte, potente, indistruttibile e pensò che se la Madre fosse stata lì con lei, davanti a lei, l’avrebbe certamente annientata. I capelli presero a mulinarle attorno al viso e i suoi occhi si strinsero a fessura, immersi in quelli duri di Gianni. Avrebbe potuto spazzarli via tutti, in un attimo, se solo lo avesse desiderato intensamente. E in quel momento comprese la dimensione reale del potere che racchiudeva nel suo animo, nella sua mente. Era una potenziale macchina per uccidere e questa rivelazione la riempì d’orgoglio, che le colorò le guance di un bel rosso sangue, la fece sentire viva e pulsare di forza come mai aveva provato dal suo ingresso nel Regno Elfico. Sì, avrebbe potuto annientarli tutti, tutti quanti, in un istante, se solo… “Lisa? Ma che stai facendo? Ci stai prendendo in giro, vero?” Lei si girò verso Matilde che le aveva appoggiato con coraggio le mani sul braccio destro e la guardava con occhi tristi e lucenti. “Smettila, abbandona il ciondolo, ritorna da me” la supplicò, stringendo le dita sulla sua pelle. “Lisa?” Lei socchiuse gli occhi, trasse un profondo respiro e lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi, coprendosi poi il viso con le mani. Si inginocchiò a terra e si lasciò cullare dal tepore dell’abbraccio di Matilde. “Passerà tutto, in fretta, non preoccuparti” la rassicurò l’amica. “Vedrai che questo incubo finirà presto e tor- neremo a divertirci come due matte… Lisa?” “Sì, sì…” balbettò lei, scossa da fremiti che le scuotevano il corpo e lo spirito. “Mi dispiace, io… non so che mi sia preso! Gianni, scusami!” Alzò il viso, ancora inginocchiata, per fissare l’amico negli occhi, con la speranza di trovarvi una traccia di perdono, ma li vide solo carichi di disprezzo e di rabbia. “Mi fai pena!” urlò infatti lui, dirigendosi a passi veloci verso l’uscita. “E’ uno schifo! E tu saresti la Signora degli Elfi? Ma dai, vatti a nascondere, che è meglio!” “Aspetta, dove pensi di andare?” lo bloccò Bartolomeo, piazzandosi velocemente di fronte a lui. “Se resti qui è più sicuro.” Gianni lo fulminò con uno sguardo truce e gli si avvicinò per parlargli nel lungo orecchio a punta. “E’ la tua ragazza, o meglio, quasi tua moglie, ma non devi permetterle di dire o di fare tutto quello che le passa per la testa. Ti stai facendo mettere sotto come un baccalà, non te ne rendi conto?” Bartolomeo spalancò la bocca per ribattere, ma venne anticipato da Lisa che, nel frattempo, si era rialzata in piedi e stava riassettando i lunghi capelli. “Lascialo andare, ha ragione lui. Sono un disastro.” Gianni la guardò ancora con disprezzo da cima a piedi e uscì di casa, sbattendo rumorosamente la porta dietro di sé. “I Guardiani?” chiese Anna a Bartolomeo, scostando la tenda della finestra del corridoio per osservare il ragazzo che stava uscendo dal vialetto. “Possiamo dormire sonni tranquilli?” “E’ tutto a posto, ora sono invisibili e non lo lasceranno da solo neppure per un istante.” le rispose il Generale, passando un braccio sulle spalle di Lisa. “Beh… io invece preferirei dormire qui, stanotte, se non sono di disturbo” sussurrò Matilde, guardandosi attorno con aria spaventata. “Posso… posso chiamare i miei per avvisarli?” “Ma certo, cara” la rassicurò Anna, prendendola sottobraccio. “Ti preparo la camera degli ospiti e… Lisa, tesoro, fatti una doccia e mettiti a letto. Fingerò che quanto ho appena visto non sia mai accaduto, ok?” “Mi vergogno di me stessa” mormorò lei a denti stretti, salendo a fatica le scale. “Non so che mi sia preso.” Anna la guardò sparire sul pianerottolo del primo piano, seguita a ruota da Bartolomeo, sospirò e accompagnò Matilde verso il telefono. Lisa spalancò la porta della sua camera e si gettò sul letto, con gli occhi chiusi e una mano appoggiata alla fronte. La testa le pulsava dolorosamente e fitte continue le stringevano la bocca dello stomaco, creandole anche qualche difficoltà con la respirazione. Bartolomeo entrò lentamente nella stanza, chiuse la porta dietro di sé e sedette sulla sedia posta abitualmente accanto al letto. La osservò per qualche istante, quindi si schiarì la voce per attirare la sua attenzione. “Che ti sta succedendo? Lo sai che avresti potuto fare veramente del male a Gianni?” Lisa non rispose, ma annuì, soffocando un gemito. “Oggi sei riuscita a capire come funziona il tuo ciondolo, e la cosa mi fa piacere. Ma non a discapito del povero Gianni! Allora? Che mi dici? Sappi che non ti permetterò più di comportarti come stasera, a costo di fermarti io stesso!” Lisa spalancò gli occhi e scattò a sedere sul letto. “Io ti amo, più della mia stessa vita, ma non asseconderò la tua pazzia, mai, in nessun istante” proseguì Bartolomeo, con voce dura. “Rivoglio la mia Lisa e la rivoglio subito, ora!” Lei spalancò ancora di più gli occhi ma non riuscì a rispondergli. Aveva le labbra che le tremavano per l’emozione e la testa che era in procinto di spaccarsi in due. Si limitò ad annuire e si girò su un fianco, stringendo tra le mani il ciondolo reale. Era stupita e inorridita del proprio comportamento. E spaventata, a morte. Nei brevi istanti in cui aveva minacciato Gianni, si era sentita invadere da una forza devastante, una furia cieca che l’avrebbe trasformata in una spietata assassina. Tremò e si rannicchiò su se stessa, socchiudendo gli occhi. Perché non era riuscita a far scaturire dal ciondolo questa forza devastante, quando si era trovata al cospetto del Nero Signore degli Elfi? Perché non era riuscita a fermare l’attacco del Generale Guglielmo e del Principe Lìspoto al Lago di Smeraldo e impedire agli Stregoni di leggere le Sacre Formule contenute nell’Antico Codice? Perché solo quella sera, di fronte a un semplice Umano, aveva compreso come far esplodere la rabbia che covava dentro di sé, quella che avrebbe senz’altro impedito il ritorno della Madre? Strinse gli occhi fino a farli lacrimare, si raggomitolò ancora più su se stessa, e mentre Bartolomeo la fissava senza intervenire, sprofondò silenziosamente in un sonno agitato, popolato da incubi continui e terrificanti. 3. Una piccola rosa blu Lisa era sdraiata pigramente sotto una quercia sottile, con le braccia incrociate dietro la testa, ad ammirare le nuvole che solcavano il cielo verde smeraldo del Regno degli Elfi. Si sentiva in pace con se stessa, rilassata e felice come non lo era mai stata negli ultimi mesi. Si era stabilita definitivamente al Palazzo Reale e trascorreva gran parte delle giornate in compagnia di sua madre, la Signora degli Elfi. Non le mancava nulla, dall’affetto di Marta a quello sempre più forte e intenso del dolce e buffo Bartolomeo. Non sarebbe più rientrata sulla Terra, ormai aveva preso la sua decisione. Vivere nel Regno Elfico l’appagava pienamente, ora che aveva ritrovato l’amore della mamma e di suo fratello Luca. Pensando a lui, Lisa strizzò gli occhi e distolse l’attenzione dalle nuvole, per mettersi seduta sulla soffice erba blu del Bosco delle Querce. Eppure… eppure… vi era qualcosa che le sfuggiva, un dettaglio, un’inezia che le punzecchiava fastidiosamente il cervello, dandole un forte senso di nausea. Fissò una delle querce dinanzi a sé e spalancò gli occhi, rabbrividendo. Quel tronco, quelle fronde non le erano assolutamente estranei, anzi, sembravano pulsare di vita propria e parlavano. Sì, ne poteva udire ogni sillaba, ogni respiro, ogni singolo battito di vita. La invitavano ad avvicinarsi e Lisa si sentì inevitabilmente attratta dall’energia di quella quercia maestosa che saettava verso il cielo, spingendo con forza i suoi rami contro quelli più deboli e minuti degli alberi vicini. Scattò in piedi e corse ad accarezzare il vecchio tronco segnato dalle rughe profonde dei millenni, che l’avevano visto protagonista assoluto di quel bosco unico e immenso. Ne seguì lentamente il profilo col dito indice e si arrestò solo quando fissò le ampie radici, che bucavano il terreno sottostante, creando una fitta ragnatela. Rabbrividì ancora e si inginocchiò a toccare alcuni steli d’erba. Erano freddi e duri, come se la morte li avesse avvolti in un sonno eterno… la morte… perché quella parola ora le ronzava rumorosamente nel cervello, balzando da un angolo all’altro della testa, senza darle un attimo di tregua? Fissò ancora il terreno sotto di sé e scattò in piedi, andando a urtare il tronco della quercia. Luca, suo fratello, era stato sepolto lì, tra le radici possenti di quell’albero millenario, a riposare in pace. No… non era possibile… lei lo aveva visto, gli aveva parlato e stretto a sé. Luca non era morto, no, si sbagliava di certo, e sotto i suoi piedi non vi erano null’altro che erba e terra. Lisa abbozzò un sorriso e rivolse la sua attenzione alla cima della torre centrale del Palazzo Reale, che saettava magnifica e opalescente al confine del bosco. Lì viveva sua madre Marta, la Signora degli Elfi, e ora lei sarebbe corsa ad abbracciarla e a dirle ancora una volta che le voleva un bene immenso e che non l’avrebbe dimenticata mai. Prese a camminare velocemente verso il Palazzo, quindi si fermò di colpo, col cuore che le batteva all’impazzata. L’ultimo pensiero le stava lacerando il cuore con fitte acute e dolorose. “Non l’avrebbe dimenticata mai”. Perché aveva scelto proprio quelle parole? Quale oscuro presagio le stringeva il petto in una morsa possente e le spaccava la testa in due senza alcuna pietà? “Marta, la Signora degli Elfi, tua madre, è morta” gracchiò pigramente una vocina dentro di lei. “Non ricordi che lei si è sacrificata per far ritornare in vita tuo fratello?” Lisa si afferrò la testa tra le mani e si lasciò cadere a terra. “No, no! Lei è viva, non è morta, è qui con me!” urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. Le sue parole sibilarono tra le querce e si persero rapidamente nel vento. “Oh sì che è morta” continuò la vocina, impietosa. “La tua mamma non c’è più e tu stai impazzendo.” Lisa scosse la testa e nascose il viso tra le mani. “Non è vero, sei una bugiarda, mia madre è lì, a Palazzo, ora ti porterò da lei… e non sto impazzendo, sto bene, benissimo e sono felice perché finalmente ho ritrovato parte della mia famiglia!” “Lisa, furbetta, guarda che a me non la fai” insistette la vocina, con tono lezioso. “Non rivedrai mai più la tua mammina, è stata seppellita ad Aresil e lì vi rimarrà con l’ altra Signora degli Elfi che è vissuta prima di lei.” “Basta, smettila!” gridò Lisa, cominciando a correre verso il Palazzo. “Ora ti faccio vedere che ho ragione io, così te ne starai zitta e non mi romperai più le scatole!” “Tesoro, fermati.” Lisa riconobbe all’istante quella voce. Si bloccò e si girò, sbarrando gli occhi che le si riempirono di lacrime. Sua madre era di fronte a lei, a meno di un metro di distanza, splendida nel- la sua lunga tunica bianca, sorridente e bellissima. Lisa si tuffò tra le sue braccia e Marta la cullò teneramente per qualche istante, accarezzandole i capelli. “Tesoro, non voglio vederti soffrire così” le sussurrò lei, staccandola da sé per fissarla nei grandi occhi verdi. “Voglio invece che ritorni ad essere la ragazza spensierata e felice di qualche tempo fa. Ti stai solo facendo del male e, purtroppo, stai coinvolgendo nel tuo malessere anche chi ti sta attorno…” “Mamma, che dici?” la interruppe Lisa, scuotendo la testa. “Io non sto soffrendo, sono felice e non vorrei cambiare una virgola della mia vita.” Marta le sorrise e le accarezzò una guancia. “Tesoro, sai che questo non è vero. Il tuo cuore è inondato di tristezza e di dolore…” “Mamma, davvero, ti stai sbagliando!” la interruppe ancora Lisa con tono però incerto, mentre brividi fastidiosi avevano preso a scorrerle lungo la spina dorsale. “Questo è un sogno” proseguì Marta, alzando gli occhi al cielo verde. “Io sono morta, mentre tuo fratello Luca è vivo e ora sta reggendo, in tua assenza, il trono della Signora degli Elfi.” Lisa sentì il cuore perdere un colpo, quindi la vista le si annebbiò e dovette appoggiarsi alla madre per non cadere a terra. “Tesoro, ora sei tu la nuova Signora degli Elfi e grosse responsabilità pesano su di te nei confronti del tuo popolo. Voglio che tu la smetta all’istante di vivere nel mio ricordo e che affronti il destino a testa ben alta, confidando nell’amore di Anna, di Bartolomeo e dei tuoi amici.” “Mamma, io…” “Ssstt… basta piangere, basta soffrire. Vivi la tua vita con serenità e con determinazione, solo così riuscirai a portare a compimento la tua missione. E ascolta Anna, sempre. Lei ti vuole festeggiare perché è ben conscia del fatto che questo sarà il tuo ultimo compleanno sulla Terra. Falla felice, accontentala e vedrai che incontrare i tuoi amici ti darà la giusta carica per affrontare la Madre e fermarla, una volte per tutte.” Lisa la guardò con aria stralunata e indietreggiò di un passo, scuotendo la testa. “No, non ti voglio ascoltare! Tu non sei morta e non esiste nessuna Madre da combattere, perché viviamo in pace in un regno meraviglioso!” “Amore mio, sii felice e, soprattutto, non temere le tue responsabilità. Tira fuori la forza che c’è in te e combatti senza ansie né timori. Io ti sarò vicina, sempre e in ogni istante.” Lisa aprì la bocca per ribattere, ma non ne uscì alcun suono. Vide la madre staccare dal suolo una piccola rosa blu nascosta tra le felci e posargliela sulla mano destra. “Ora vai, piccola mia, unisciti al vento e cavalca le ali del destino. E non soffrire più.” Lisa sbarrò gli occhi e si mise a sedere sul letto, col cuore in subbuglio. Aveva il viso bagnato di lacrime calde e i capelli arruffati come se avessero dovuto combattere una guerra all’ultimo sangue con il phon. Ansimando, spostò lo sguardo su Bartolomeo che, alla penombra dell’abatjour, dormiva sulla sedia russando sonoramente. Attese qualche istante che il cuore rallentasse i propri, furiosi battiti, quindi si sdraiò nuovamente a letto, fissando il soffitto. “Unisciti al vento e cavalca le ali del destino.” La voce della madre le risuonò con dolcezza nel cervello e la riempì di un’ energia così potente da attivare il ciondolo reale. Lisa lo strinse forte tra le mani e solo in quell’istante si accorse della piccola rosa blu che giaceva sul bordo del letto, i morbidi petali setosi che accarezzavano dolcemente il lenzuolo. L’ afferrò e la portò al petto, sorridendo. “Sì, mamma, non soffrirò più, te lo prometto. Da domani tutto cambierà e io saprò dimostrare di possedere le qualità necessarie per regnare sul popolo elfico.” “Certo, tesoro, e… buonanotte.” le rispose Marta nella sua mente, rim- bombando come un’eco lontana e dolcissima. “Notte anche a te, mamma.” Lisa sorrise, si girò su un fianco cullando la piccola rosa e dormì, finalmente in pace con se stessa e col mondo. 4. Diciassette anni Lisa si guardò criticamente allo specchio prima di decidere di raccogliere i capelli in due lunghe trecce. Dopo la doccia, aveva indossato un paio di shorts di colore verde militare con una canotta bianca, che faceva risaltare la sua pelle ambrata. Si passò quindi un filo di trucco verde sulle palpebre, un velo di lucidalabbra e osservò criticamente il proprio viso riflesso nello specchio. Era felice. Perché non avrebbe dovuto esserlo? Aveva scoperto di poter comunicare con sua madre e era consapevole che un frammento della sua anima viveva in lei, dandole quella forza e quel coraggio necessari per affrontare la terribile Silvia. Inoltre, era finalmente riuscita a comprendere il funziona- mento del ciondolo reale e questo nuovo potere la faceva sentire indubbiamente più sicura delle proprie potenzialità. Dopo essersi svegliata di buonora, aveva scoccato un bacio delicato sulla fronte di Bartolomeo, che dormiva rumorosamente accanto a lei, emettendo sbuffi e grugniti continui e, mentre si lavava sotto una buona doccia ristoratrice, aveva pensato innanzitutto di telefonare a Gianni per chiedergli scusa, quindi di aiutare la zia in ogni incombenza legata alla preparazione della sua festa di compleanno. Aveva tempo tutto il giorno per fare gli acquisti necessari, in quanto gli invitati sarebbero arrivati solo dopo cena. Ripensando al trattamento che aveva riservato al povero Gianni, si sentì un verme e provò una fitta acuta alla bocca dello stomaco. Sarebbe mai riuscito a perdonarla? Lisa, scendendo in fretta le scale, si disse che se non avesse voluto ascoltarla al telefono, avrebbe avuto tutte le sue buone ragioni. Mentre entrava silenziosamente in cucina, ancora vuota, e apriva le imposte, cercò di seppellire nei meandri della sua mente il pensiero che più la tormentava in quella splendida mattinata, cioè che avrebbe potuto uccidere Gianni senza alcuna fatica o tentennamento, investendolo con la forza della sua rabbia e del suo odio. Rabbrividì da testa a piedi, inspirò profondamente l’aria frizzante portata con dolcezza da un’alba lucente, quindi afferrò la moka del caffè. Avrebbe preparato una buona colazione per tutti e, se necessario, si sarebbe inginocchiata di fronte ad ognuno per implorare il loro perdono. Tra qualche ora avrebbe poi chiamato Gianni e sicuramente tutto si sarebbe risolto amichevolmente con una pacca sulle spalle. Mentre posava la moka sul gas, percepì un rumore provenire dalle camere. I suoi acuti sensi elfici le permettevano infatti di udire ogni singolo suono a distanze anche lunghe, non sicuramente percepibile da orecchio umano. Incrociò le braccia sul petto e sorrise quando da una densa nuvola gialla ne uscì un tossicchiante Bartolomeo, ancora vistosamente assonnato. Gli si precipitò contro e lo baciò con foga, passandogli una mano tra i capelli arruffati. Quando infine si staccò da lui, Bartolomeo la fissò con le guance arrossate e il respiro corto. “A che… a che devo questo saluto così… ehm… passionale?” Lisa gli sorrise e gli accarezzò il viso. “E’ il mio modo di chiederti scusa, per dirti che ti amo, per prometterti che non mi comporterò mai più come ieri sera e, infine, per rassicurarti sul fatto che stasera darò la festa per il mio compleanno.” Bartolomeo la fissò di sbieco per qualche istante prima di ribattere. “E a che si deve questo cambiamento di rotta? Ieri eri di tutt’altro umore, se non ricordo male.” Lei lo abbracciò ancora e appoggiò il viso sul suo petto, ascoltando il ritmo incalzante del cuore. “Posso solo dirti che la notte mi ha portato consiglio” gli rispose, facendo le fusa. “E non chiedermi altro, per cortesia, devi avere fiducia in me.” Bartolomeo la staccò dolcemente e le prese il viso tra le mani, fissandola nei grandi occhi verdi che pulsarono d’amore. “Io avrò sempre fiducia in te” le sussurrò, posandole un bacio sulla punta del naso. “Però, come ti ho già detto ieri, non appoggerò mai il comportamento che hai avuto con Gianni, al quale dovrai chiedere scusa, naturalmente.” “Ti amo, Barty, e non mi stancherò mai di dirtelo. Sei la mia salvezza e la mia forza.” Lui le accarezzò una guancia e posò la fronte sulla sua, socchiudendo gli occhi. “Ti amo anch’io, Signora degli Elfi, per sempre e… buon compleanno!” “Generale, giù le zampe da mia nipote! Buon compleanno, tesoro.” Bartolomeo sobbalzò e si girò di scatto verso Anna che era entrata a precipizio in cucina e si era avventata sulla moka del caffè che, con ogni probabi- lità, stava già brontolando da un bel po’. “Anna, non stavamo facendo nulla di male” cercò di giustificarsi l’Elfo, passandosi una mano tra i capelli arruffati. “In fondo, siamo praticamente marito e moglie.” Lei posò stizzita la moka su un centro tavola di ceramica e lo fissò, con le braccia appoggiate sui fianchi. “Sarete davvero marito e moglie quando vi sposerete dinanzi al Consiglio. Fino a quel momento, occhio a come tratterai mia nipote, o dovrai vedertela direttamente con me!” “Ma Anna, io…” “Zitto Generale! E ora vai a darti una sistemata, guarda come sei conciato!” Lisa lo fissò cercando di trattenere una risata e lo vide prima sbuffare, quindi dare le spalle e uscire dalla cucina con andatura dinoccolata. “E stai attento al vaso di fiori che ho messo…” Anna non riuscì a terminare la frase. Alzò solo gli occhi al cielo quando sentì il vaso frantumarsi sul pavimento in mille pezzi e Bartolomeo che, imprecando, ne stava raccogliendo rapidamente i cocci. Lisa fissò la zia fingendo un’aria seria e corse ad abbracciarla. “Perché lo tratti così?” le chiese, infilando poi due pezzi di pane nella tostiera. “Se non ti conoscessi bene, oserei dire che ti diverti.” “Hai ragione” rispose Anna, prendendo dal frigo un vasetto di marmellata alla pesca. “Scusa, cara, ma è più forte di me!” Lisa scoppiò a ridere e invitò la zia ad accomodarsi. “Oggi faccio io” le disse Lisa, scoccandole un bacio sulla guancia. “Logicamente, è il mio modo per chiederti infinitamente scusa per il mio comportamento assurdo di ieri.” Anna le sorrise e trasse un profondo respiro, passandosi le mani sugli occhi lucidi. “Zia… non…” “Oh! Non ti preoccupare tesoro, è l’emozione! Sono felice che tu sia rinsavita! Questa volta ero davvero molto preoccupata per te e non ho praticamente chiuso occhio.” Lisa corse ad abbracciarla nuovamente, coccolandola per qualche istante. “Non accadrà nulla, te lo prometto” le sussurrò nell’orecchio. “E stasera festeggeremo alla grande il mio compleanno.” Anna le sorrise, le batté una mano sulla spalla e la guardò versarle una buona tazza di caffè nero fumante. Lisa sedette accanto a lei e le passò le fette di pane tostato e la marmellata. “Hai visto Marta, vero?” le chiese all’improvviso Anna, mentre mescolava lentamente lo zucchero. “Ho notato la rosa in camera tua. Era il suo fiore preferito.” Lisa inghiottì a fatica la saliva e si abbandonò sullo schienale della sedia, appoggiando le mani sul tavolo. “A te non riuscirò mai a nascondere nulla, vero zia?” Anna bevve un sorso di caffè e accennò un sorriso. “Spero proprio di no, tesoro e, comunque, non ti chiederò altro, se non vorrai parlarmene tu.” Lisa la fissò per qualche istante, quindi prese a mordicchiarsi nervosamente un’unghia. Poi si alzò in piedi e si diresse verso la finestra, inspirando una lunga boccata d’aria frizzante del mattino. “Lei è dentro di me, zia, e io posso parlarle” disse con voce spezzata dall’emozione. “Ti rendi conto? In un certo senso, è come se fosse ancora qui. Sono così felice che potrei scalare l’Everest in dieci minuti.” Anna si alzò a sua volta e le si avvicinò, accarezzandole i capelli. “E’ il tuo ciondolo, Lisa, che ti ha permesso di unirti a lei. Ieri hai compiuto un grande passo in avanti verso la scoperta totale dei suoi poteri. Sappi che ogni Signora degli Elfi può comunicare con chi è entrato nell’Altra Dimensione e tu questo potere lo hai acquisito stanotte.” Lisa sbarrò gli occhi, afferrò il ciondolo e lo strinse forte sul petto. “Quindi mamma riusciva a comunicare con Luca quando era morto?” le chiese, col respiro corto e il cuore che le martellava in petto. “Lo ha fatto?” Anna scosse la testa e sedette nuovamente, bevendo un altro sorso di caffè. “No, tesoro, non ha parlato con lui, ma non perché non ne avesse il potere…” “Non ha avuto il coraggio di contattarlo, non se l’è sentita, vero?” la interruppe Lisa, sedendo accanto a lei. “La posso capire.” Anna sospirò, appoggiò la tazzina e spalmò la marmellata su una fetta di pane, imitata da Lisa che ancora faticava a credere a quanto la zia le aveva appena rivelato. “Stasera daremo una bella festa per il mio compleanno e fra un po’ chiamerò Gianni per chiedergli scusa.” “Brava Lisa, ora sono proprio fiera di te!” Lei le sorrise e si alzò per sparecchiare la tavola. “Sì, cara, stasera voglio che ti diverta proprio” continuò Anna, poggiando la tazzina nel lavello. “A Parigi e alla Madre penseremo domattina.” Lisa sbarrò ancora gli occhi e un cucchiaino le scivolò dalle mani, cadendo rumorosamente a terra. “Accidenti, per qualche istante mi ero dimenticata di quel mostro” sussurrò con voce tremante. “Ma presto io e lei faremo i conti e ne vedremo delle belle, davvero.” Si chinò per raccogliere il cucchiaino e lo lanciò nel lavello, sotto lo sguardo preoccupato di Anna. “Ora stai tranquilla. Luca è a Palazzo e sta preparando l’esercito delle Guardie Reali, mentre il Generale Filiberto ha sguinzagliato una marea di spie sull’intero territorio. Stamane mi ha avvisata che nulla si è ancora mosso dal fronte del nemico. Lisa annuì e aprì l’acqua del rubinetto, lasciandola scorrere sulle tazzine. “E di Marcus, che mi dici? E’ ancora bloccato all’accampamento?” “Sì, tesoro, non gli è proprio possibile abbandonare il Passaggio” le rispose Anna, versando il detersivo per piatti nel lavello. “La situazione è veramente difficile. Ogni giorno adepti del Nero Signore e ora della Madre tentano di varcare la Porta. Anche se vengono puntualmente fermati dai Guardiani, creano comunque disordini e preoccupazione. Sulla Terra vi è sicuramente ancora qualche accolito del Nero Signore e le spie inviate da Marcus stanno facendo tutto quanto è in loro potere per arrestarli e riportarli nel Regno Elfico.” “Capisco” disse Lisa, stringendo il ciondolo tra le mani. “Mi dispiace che tu non possa incontrarti con Marcus, davvero.” Anna le sorrise e l’abbracciò. “Oh! Come ti ho già detto, siamo stati distanti per anni e anni, quindi qualche giorno in più di lontananza non ci ucciderà, giusto?” Lisa annuì, baciò la zia sulla guancia e si diresse verso il salotto. “Comunque mi dispiace. Tu e Marcus siete davvero una bella coppia.” Anna le sorrise e, gesticolando, la invitò ad andarsene. Lisa salì di corsa le scale e si apprestò a bussare alla porta della camera in cui dormiva Matilde. Si riservò di attendere ancora un’ora prima di telefo- nare a Gianni per chiedergli scusa. Non sapeva proprio da che parte avrebbe cominciato. *** “Facciamo il punto della situazione” esordì Bartolomeo, camminando nervosamente su e giù per il salotto. “Ci sono Guardiani, naturalmente invisibili, dentro casa, in giardino e in strada, nei punti strategici. Inoltre, io non mi staccherò un attimo da te e ti seguirò come un’ombra. Quindi, cara Lisa, puoi stare del tutto tranquilla e goderti la tua festa di compleanno.” Si fermò, diede una rapida occhiata ad Anna che alzò gli occhi al cielo, brontolando in lingua elfica, quindi fissò Lisa, in attesa della sua approvazione. “Vuoi darti una calmata?” lo pregò lei, pizzicandogli una guancia. “Hai organizzato tutto alla perfezione e allora cerca di rilassarti e… respira ogni tanto, fa bene ai polmoni, sai?” Bartolomeo le sorrise a denti stretti, fece spallucce e si accomodò sul di- vano, lanciando una rapida occhiata agli angoli della casa in cui erano sicuramente appostati i Guardiani. Matilde lo imitò e sedette accanto a lui, fissandolo con aria divertita. “Forse dovresti iscriverti al corso di Yoga che ho frequentato lo scorso anno” gli sussurrò, senza riuscire a staccare gli occhi dalla sua camicia color giallo canarino. “Ti aiuterebbe senz’altro a rilassarti. Guarda, devi fare come me… inspira… espira… inspira… espira…” Lisa trattenne una risata di fronte a Bartolomeo che faceva da specchio a Matilde e seguì la zia in cucina, ammirando le leccornie che Anna aveva preparato quel pomeriggio in vista della festa. “Non ti sembra di aver esagerato?” le chiese, abbracciandola. “Sei la zia migliore del mondo, ti voglio bene!” Anna la strinse a sé e le scoccò un sonoro bacio sulla guancia. “Per te questo e altro, tesoro. E comunque non ho esagerato, anzi, avrei dovuto infornare anche la torta alle noci. Sai benissimo che i tuoi amici sono famelici e che non rimarrà nulla di tutto questo ben di Dio, neppure una briciola!” Si interruppe, fissando la nipote da testa a piedi, con aria compiaciuta, quindi le sistemò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. “Stasera sei sfavillante. Bella, felice e meravigliosa.” Lisa arrossì e corse in entrata a guardarsi allo specchio. Aveva indossato per l’occasione un tubino bianco senza maniche, che lasciava libera gran parte delle lunghe gambe abbronzate, aveva steso un bel po’ di trucco sul viso e raccolto i capelli in un nodo alto sulla nuca. Un paio di sandali chiari col tacco avevano infine terminato l’opera, rendendo la sua già notevole altezza ancora più vertiginosa. Lisa si sentì osservata e volse la sua attenzione verso Bartolomeo che la stava letteralmente divorando con gli occhi. Gli sorrise, arrossendo vistosamente, quindi spostò lo sguardo su Matilde, ancora immersa nel tentativo di insegnare al Generale qualche fondamento dello Yoga. Anche lei non aveva scherzato, quella sera, in quanto a bella presenza. Aveva infatti indossato una minigonna di jeans con una canotta verde smeraldo che contrastava deliziosamente con i capelli rossi, lasciati sciolti sulle spalle a formare una varietà imprecisata di boccoli ben composti e ordinati. Lisa pensò che la sua migliore amica, da quando si era lasciata con Gianni, era indubbiamente felice e lo dimostrava sia con la maggior cura del proprio aspetto, sia con la luce che le accendeva lo sguardo in ogni istante della giornata. Un fruscio improvviso alla sua destra la distolse da quelle piacevoli riflessioni. Girò il capo di lato e mise all’opera i suoi sensi elfici. “Mia Signora, il ragazzo della terza Profezia è appena entrato in giardino” l’ avvisò un Guardiano, ancora invisibile, sussurrando nel suo orecchio. “E entro pochi minuti arriveranno gli altri invitati.” Lisa lo ringraziò con un cenno del capo, anche se non capiva bene da che parte guardare, e aprì la porta, accogliendo l’amico con un largo sorriso e un lieve rossore ad imporporarle le guance. Lui la squadrò per qualche istante, soffermandosi sulle lunghe gambe nude, quindi le porse un pacchetto, abbellito da un nastro rosa. “Buon compleanno.” ringhiò, scostandola per entrare in casa. Lei lo lasciò passare senza osare fermarlo e lo ringraziò mentalmente per la sua presenza alla festa. Gianni era un ragazzo in gamba, anche se spesso duro, scontroso e antipatico. Quando lei, in tarda mattinata, lo aveva chiamato al telefono per chiedergli scusa, all’inizio l’aveva riempita di insolenze di ogni genere e tipo, quindi, dopo qualche istante di silenzio, tra un ringhio e l’altro, aveva accettato il suo invito. “Però mi devi promettere che d’ora in poi ti comporterai come una vera Signora degli Elfi” aveva abbaiato al telefono, tanto che Lisa si era vista costretta ad allontanare la cornetta dall’orecchio. “E non come una stupi- da ragazzina che se la fa sotto alle prime difficoltà, intesi?” Lisa aveva dovuto ripetere più volte la promessa, prima di chiudere la comunicazione con l’amico. Sbatté le palpebre per ritornare alla realtà e lo vide spostare Bartolomeo dal divano senza troppi complimenti, per sedersi accanto ad una Matilde infastidita e seccata. Pochi minuti dopo, la casa era invasa da compagni di scuola e amici. Anna si stava dando un gran daffare per accontentare tutti, aiutata da un Bartolomeo sbuffante, che era stato praticamente obbligato, pena la morte sicura, a servire tramezzini e a riempire di bibite i bicchieri vuoti. Lisa era fuori di sé dalla gioia. Aveva ricevuto regali di ogni sorta, da svariate copie di CD, a libri che contemplavano vari generi letterari, a un mazzo di fiori multicolor, raccolti indubbiamente da Bartolomeo nel giardino di casa, dai quali lei aveva separato le erbacce, ridendo a crepapelle. Ma i regali che aveva apprezzato di più le erano stati donati dalla zia e da Gianni. Dalla prima aveva ricevuto una splendida cornice in argento, che abbracciava teneramente l’immagine sorridente di lei bambina e della sua famiglia, in posa davanti alla Casa del Bosco. Gianni, invece, le aveva regalato un piccolo carillon, in cui una principessa elfica ballava al ritmo di una dolce nenia. “Così, quando ti girano, l’ascolti e ti dai una calmata.” le aveva detto lui, guardandola con disprezzo da testa a piedi. Ma Lisa, nel fondo del suo cuore, sapeva perfettamente che Gianni, a modo suo, le voleva bene. Lo aveva dimostrato parecchie volte, sia in presenza del Nero Signore degli Elfi, sia quando l’aveva difesa col proprio corpo dal terribile attacco della Madre nel Palazzo del Regno delle Paludi. “Sei proprio uno splendore, Lisa, davvero!” Lei si girò di scatto alla sua destra, sbattendo più volte le palpebre dinanzi alla sua compagna Antonella che, stretta all’amica Rachele, la stava squadrando con un misto di ammirazione e di odio. “Oh, grazie mille” le rispose Lisa, osservando che Antonella, già grossa di per sé, indossava un abito fasciato che la rendeva simile a un Grizzly. “Anche tu sei incantevole.” L’amica arrossì vistosamente, abbassò lo sguardo a terra, e spintonò Rachele verso la cucina dove Anna stava servendo tramezzini e fette di torta al cioccolato. “Ben gli sta.” si disse Lisa, ripensando alle svariate volte in cui Antonella l’aveva canzonata davanti ai suoi compagni di classe. Fissando divertita la compagna che si era già avventata sulla torta, passò quindi in rassegna gli invitati. La musica era alta, gli amici ballavano, ridendo e scherzando, Bartolomeo correva per le stanze sotto lo sguardo severo e minaccioso di Anna, Gianni e Matilde conversavano in modo pacato, appoggiati al davanzale di una finestra del salotto. Quasi non riusciva a credere che l’indomani avrebbe dovuto affrontare il viaggio a Parigi, dando il via a una missione che avrebbe potuto condurla facilmente alla morte... Scacciò in fretta quel lugubre pensiero e si avviò verso Laura, la commessa che lavorava nel negozio di erboristeria della zia. La baciò sulla guancia e ne ammirò i lineamenti curiosi e simpatici del viso, in cui spiccavano gli occhi azzurri, sotto una pesante frangia di capelli neri. “E’ un piacere conoscerti! So che mia zia si trova davvero bene con te e che… “ “NOOOOOO!” Lisa sentì un gran frastuono provenire dalla cucina e una pioggia di brividi le corse lungo il filo della schiena. Si girò di scatto e trasse un profondo respiro di sollievo quando vide Bartolomeo chino su una massa di cocci di bicchieri, con le gote infuocate, sotto lo sguardo divertito dei presenti. Affinò i suoi sensi elfici e sentì la zia brontolare: “Sempre il solito, non ci si può proprio fidare di te!” Quindi si precipitò da lui per aiutarlo e gli diede un rapido buffetto sulla guancia. Era profondamente innamorata di Bartolomeo e, in quei momenti di assoluta goffaggine, sentiva di amarlo ancora di più. “Ecco, e ora è pure finita la Cola!” esplose Anna lanciando a Bartolomeo occhiate miste a fulmini saettanti. “Ma che mi è passato in testa di chiedere il tuo aiuto?” Lisa vide Bartolomeo mordersi un labbro per non ribattere, quindi gli scoccò un bacio sulla fronte e scattò in piedi, evitando con cura di pestare i frammenti di vetro che erano ancora sparpagliati sul pavimento. “Zia, vado a prenderla io, non preoccuparti e sta tranquilla, ok? Sei magnifica e tutto sta andando a gonfie vele.” Anna sospirò e le riservò un ampio sorriso che si bloccò nell’istante in cui Bartolomeo le passò davanti con un sorriso ebete stampato in viso e il vassoio carico di bicchieri distrutti. Fissò Lisa mentre si avvicinava alla porta che dava in cantina e lei gli fece capire che non serviva la sua presenza. Era indubbiamente meglio che Bartolomeo terminasse di ripulire la stanza, se non voleva subire ancora le ire della zia. Lisa si precipitò quindi in cantina e seppe di essere sola, in quanto non percepiva accanto a sé neppure la presenza dei Guardiani. Fece spallucce e afferrò tre bottiglie di plastica di Cola. Stava riflettendo sul fatto che probabilmente avrebbe dovuto compiere un altro giro, quando uno scricchiolio forte e insistente le provocò brividi a cascata su tutto il corpo. Restò immobile, acuendo i suoi sensi elfici, e si sentì prossima allo svenimento. Prima percepì l’acre odore di carne marcia, quindi il fruscio di un battito d’ali la travolse come il mare in tempesta, lasciandola attonita e incredula di fronte alla figura che le si stava delineando nel cervello a tratti ben precisi. Roteò lentamente su se stessa e lasciò cadere a terra le bottiglie. Il Principe Lìspoto era di fronte a lei, avvolto nel suo mantello scuro, lo sguardo famelico che le percorreva il corpo in più punti, le labbra appena segnate da un abbozzo di sorriso. “Mia amata, che piacere rivederti” esordì, muovendo un passo verso di lei. “Mi sei mancata, terribilmente.” Lisa scattò all’indietro e fissò le scale, valutando la possibilità di effettuare una corsa veloce verso una probabile salvezza. “Oh! Nemmeno la tua agilità e rapidità di Elfo ti consentiranno di raggiungere le scale senza che io abbia almeno tentato di fermarti! Sei in trappola e sei mia, solo mia!” Lisa sentì la testa che le girava e uno strano e insistente ronzio nelle orecchie. Non voleva perdere i sensi, non poteva concedere così facilmente a Lìspoto la possibilità di ucciderla o di rapirla, doveva per lo meno cercare di lottare, di sfuggirgli. Si concentrò su Bartolomeo e sperò che i suoi poteri empatici gli facessero percepire il pericolo che stava correndo in quei terribili istanti. Il Principe avanzò ancora e Lisa indietreggiò di un passo, alzando il ciondolo reale dinanzi a sé, anche se era ben conscia che esso non aveva su di lui un potere assoluto. “Lo sai che quello non mi fermerà” sussurrò infatti Lìspoto con voce leziosa, aprendo leggermente le labbra per consentire a Lisa la visione, orripilante, dei due canini aguzzi. “Prima berrò un po’ del tuo sangue, quindi ti farò mia e ti porterò via da qui.” Lisa ora tremava vistosamente da testa a piedi. Dovette appoggiare un mano a uno scaffale per non cadere a terra, e socchiuse gli occhi per riuscire ad attivare il ciondolo. Questo, infatti, sprigionò all’istante onde potenti di energia che però oltrepassarono il corpo del Principe, quasi fosse inconsistente come un fantasma. Quindi Lisa sbatté più volte le palpebre, afferrò una bottiglia di Cola e la gettò verso Lìspoto. Come aveva immaginato e sperato, questa oltrepassò il suo corpo e andò a cozzare rumorosamente contro una parete della cantina. Lei sospirò e richiuse nuovamente gli occhi. “Vattene dalla mia testa!” gridò, premendosi le tempie con le mani. “Via, ora! E non tornare mai più!” Attese qualche istante e riaprì gli occhi. Il Principe la stava osservando con aria divertita e aveva spiegato le ali. “Oh! Questa volta non ti libererai tanto facilmente di me” le disse, con voce roca. “Ho trascorso le ultime ore sviluppando le mie abilità telepatiche. Ti condurrò alla pazzia e ti logorerò la mente, finché non sarai tu a cercare me e mi raggiungerai a braccia aperte…” Lisa sbarrò gli occhi e corse verso di lui, colpendo l’aria con calci e pugni. “Vattene, maledetto, via da me!” urlò ancora, roteando attorno a se stessa alla ricerca dell’immagine del Principe che sbiadiva e poi riappariva in altri punti della stanza. “Non mi fai paura, vattene, lasciami in pace!” Continuò a fendere l’aria, finché non si accasciò carponi, esasperata e col fiato lungo. Alzò la testa per vedere Lìspoto che si passava la lingua sulle labbra ora macchiate di sangue e aveva allargato le braccia verso di lei, gli occhi gialli che non abbandonavano per un istante le curve del suo corpo. Lisa riabbassò nuovamente la testa e cercò affannosamente di concentrarsi per cacciare il Principe dalla mente. “Devi fissarlo negli occhi e sostenere il suo sguardo senza temerlo. Solo così riuscirai a liberarti di lui.” Lisa balzò in piedi con uno scatto, girandosi verso il punto della cantina dal quale era giunta quella voce maschile calda e rassicurante. “Tu… come… come puoi essere qui? Come…” “Gli abitanti di Aresil non conoscono confini” le rispose il ragazzo, regalandole un sorriso che la fece sciogliere come neve al sole. “E ora fa come ti ho detto e liberati di quel mostro, una volta per tutte.” “Oh! Non ascoltarlo, mia dolce Lisa” intervenne il Principe, invitandola a raggiungerlo con gesti plateali. “Vieni con me e non te ne pentirai. Ti amerò oltre la tua più ragionevole immaginazione, credimi, e ti farò raggiungere tetti di piacere assoluti e unici.” Lisa sbatté più volte le palpebre. Si sentiva stordita e la testa le girava vorticosamente. “Obbedisci e non sarai più la sua schiava.” Lei fissò il Ribelle di Aresil negli occhi e si immerse in un oceano viola. Mai in vita sua aveva visto occhi di quel colore, dipinti in un volto dai lineamenti duri e dalla pelle scura, che stonava deliziosamente con i capelli biondi, raccolti in una lunga coda di cavallo. Ebbe appena il tempo di pensare che non assomigliava un granché a sua sorella Andromeda, quando lui, con un balzo, l’afferrò per le spalle e la fissò a lungo. Lisa si sentì mancare e si sforzò di pensare a Bartolomeo. “Vieni ad aiutarmi, vieni in cantina.” si disse, tremando sotto la presa salda del Ribelle di Aresil. “Lui non verrà. Ho bloccato i suoi poteri. Eh sì, io posso leggerti nel pensiero, quindi attenta…” Lisa spalancò la bocca per ribattere, ma scosse solo più volte la testa e si lasciò girare dal ragazzo verso il Principe, che la stava ancora osservando con sguardo bramoso e carico di aspettative. Lei lo fissò negli occhi, mentre gli si avvicinava lentamente. “Esci… dalla… mia… testa!” gli intimò, sostenendo il suo sguardo. “Vattene! E non tornare mai più!” Lisa, nel frattempo, gli si era piazzata dinanzi a pochi centimetri dal suo viso. L’odore emanato dalla sua pelle era insopportabile e la vista del suo viso la ripugnava, ma non abbassò gli occhi. Vide il Principe allargare e sbattere le ali furente, mostrare i denti più volte, mentre rivoli di sangue gli colavano dalle labbra al collo scuro. Infine lo sentì urlare e stridere, finché non sparì completamente dalla sua vista. Lisa si sentiva le gambe molli e sarebbe certamente caduta a terra se non fosse intervenuto il Ribelle di Aresil a sostenerla. “Bravissima” le sussurrò lui sul viso. “Ora non ti importunerà mai più, sei libera.” Lei annuì e chiuse gli occhi. Sentiva su di sé lo sguardo insistente del ragazzo e provò un forte senso di imbarazzo, misto ad una dose massiccia di sensi di colpa nei confronti di Bartolomeo. Lui le sollevò delicatamente il viso e posò i suoi occhi viola su quelli ora ben spalancati di lei. “Il mio nome è Sirio e sono il tuo schiavo.” le sussurrò, prima di sparire in un lampo accecante. Lisa si trovò seduta a terra, col cuore che le martellava in petto e mille sentimenti furiosi che le vorticavano nel cervello. “Sirio.” pensò, osservando il punto in cui era sparito il fratello di Andromeda. Sentì il corpo scuotersi sotto una pioggia intensa di brividi e si rialzò faticosamente in piedi, afferrando le tre bottiglie di Cola. Si era liberata della presenza di Lìspoto, ma, ora, aveva ben altro a cui pensare, e questo le fece salire le scale, barcollando, col cuore in tumulto. FINE ANTEPRIMA CONTINUA...