Storia del Castello di Frassinello

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Storia del Castello di Frassinello
LA STORIA DEL CASTELLO DI FRASSINELLO
Il Castello di Frassinello vanta una storia millenaria. Se ne ha notizia fin dal XI secolo, periodo in
cui il borgo monferrino, risultava nel diploma regio di Enrico III “cum castro et corte et cappella”.
Il sito viene descritto come fortezza difensiva, funzione che giustifica la posizione sulla sommità
del colle. Castello curtense, affiancava alla funzione militare anche funzioni amministrative, con
una corte soggetta alla sua protezione. Nonostante le origini antichissime, restano poche tracce del
periodo medievale, nella pianta e nelle strutture architettoniche. Tra queste va menzionata
la Caminata, ampia sala di gusto tardogotico e dalle arcate pregevoli, luogo di incontro conviviale
attorno al fuoco del camino di signori e vassalli. Nel corso dei secoli, il Castello ha subito
modifiche e restauri, fino a raggiungere l’attuale stato di prestigiosa dimora signorile. Per secoli,
il castrum fu proprietà della nobile casata dei Nemours, conti di Frassinello, signori di Lignano e
Cavalieri di Malta. L’interesse per il castello come dimora di famiglia, crebbe a cavallo tra il ‘600 e
il ‘700, periodo a cui si deve la costruzione della bella cappelletta ottogonale finemente affrescata,
dell’ornato di alcune porte e di altri abbellimenti nell’ala ovest del complesso edilizio, quella
riservata, appunto, ad abitazione padronale. Lo stesso grande gelso secolare che domina la corte e
ingloba uno dei due pozzetti, sembra risalire a quegli anni. Alla fine del Settecento la casata SacchiNemours, nata dall’unione delle due famiglie, apportò al complesso nuovi ritocchi e innovazioni. A
questi si deve il pregevole pavimento a mosaico del salone d’onore con lo stemma della casata, i
fregi affrescati a cornice dei soffitti e la saletta del biliardo. Elementi che conferiscono al Castello
l’inconfondibile tratto di dimora di campagna di una famiglia patrizia. L’Ottocento fu testimone del
grosso restauro neogotico, in stile Violet Le Duc, che ha investito l’ala est dell’edificio. Le grandi
finestre a tutto sesto divennero infatti il motivo dominante dell’ala, dominata dalla Fioriera, vero
gioiello di architettura scolpita nel tufo, con le grandi arcate ogivali al piano terra. Dal rifacimento
delle due antiche torri del Castello, di forma cilindrica, sorsero quattro torri quadrate; due verso
ponente, con pregevoli merli ghibellini sopraelevati, e due verso levante. Le merlature vennero in
seguito cimate, probabilmente per sottrarre l’edificio ai vincoli per edifici monumentali.
I Nemours, una storia controversa
Sulla stirpe dei Nemours, le loro origini e discendenze, aleggiano equivoci e leggende, in cui si
sono imbattuti numerosi storici. Nel 1289, il Marchese di Monferrato Guglielmo VII infeudò il
castello al Barlofa, personaggio controverso su cui esistono più dubbi che certezze. Alcuni storici
attribuirono al Barlofa l’identità di Alinerio Nemours, cavaliere discendente dagli antichi Duchi di
Nemours di Francia, che giunse in Italia al seguito di Carlo D’Angiò. In realtà pare che Barlofa
fosse imparentato con gli antichi Conti di Namur, in Belgio, come testimonia il suo stesso
testamento, non ancora ritrovato, e lo stemma della casata frassinellese, che ricorda molto l’arma
della provincia di Namur: un“leone negro caricata di banda rossa in campo d’oro”. Altre fonti
vogliono il Barlofa commerciate e banchiere, giunto nel Monferrato per affari. I Conti di Namur
erano infatti di stirpe regia, imparentati con la Casa di Brabante e la Casa Reale di Francia. Il
Castello restò di proprietà della casata, il cui nome passò da Namur a Namorso, De Nemursio, De
Namurs, De Nemors per compiere la sua evoluzione definitiva e francesizzata in Nemours, attorno
alla fine del Cinquecento. Lo stesso Giuliano De Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, fu
nominato Duca di Nemours nel 1515. Si ricorda che fu a lui che Michelangelo dedicò la statua “Il
Giorno” all’interno delle Cappelle Medicee in S. Lorenzo a Firenze. Tra gli altri personaggi
importanti della Casata, Cesare Lodovico Nemours, che nel 1692 fu investito del titolo di Conte
dal Duca Ferdinando Carlo Gonzaga. Ottenne in seguito gli ordini sacri e divenne infine canonico
della Cattedrale di Casale nel 1731. Giacomo Ignazio Nemours, figlio di Cesare Ludovico, fu
vittima di una clamorosa scomunica inflittagli dall’irascibile vescovo di Casale, Monsignor
Radicati di Coccolato. La morte del Conte Giacomo di Nemours, ultimo discendente, che lasciò
beni, titolo e stemma alla sorella Camilla Nemours (sposa di Ignazio Sacchi), segnò la nascita della
Famiglia dei Conti Sacchi-Nemours, con il primogenito Teodoro I°, come capostipite. Lo
stemma, ancora presente nel pavimento del salone d’onore in un magnifico mosaico, riporta i
simboli di entrambe le casate. Il castello venne venduto a privati nel 1945 da Paolo SacchiNemours.
Stemma
A sinistra, in rappresentanza dei Nemours, ritroviamo il leone coronato di nero, linguato, illuminato
e con una banda rossa sulla quale sono riportati tre gigli d’argento. I gigli, emblema dal medioevo
della regalità di Francia, sembrano voler simboleggiare la parentela con la casa reale francese. A
destra è riportata l’arma dei Sacchi: un sacco di farina, al naturale e legato in capo, attraversante
uno sfondo a bande rosse ed argento, sulla quale un’aquila nera coronata, sovrasta.
Terra di Saraceni
Tradizioni e leggende locali vorrebbero far risalire il Castello ai Saraceni. Pare che Frassinello
Monferrato fu centro di riunione di un gruppo di Saraceni che, giunti nel Monferrato nel 936, vi
restarono fino al 946, accampati in quelle che ancora si chiamano le Grotte dei Saraceni, ubicate
tra Frassinello e Moleto. Si favoleggia, inoltre, che in queste grotte ci sia nascosto un antico tesoro.
Coincidenza vuole che la radice stessa del toponimo Frassinello richiami quella di Frassineto in
Provenza (Le Garde-Freinet) noto centro musulmano da cui i saraceni partirono alla volta di nuovi
attacchi nelle zone del Piemonte e della Liguria.
La stanza delle torture
Il Castello di Frassinello, fu per secoli sede di giustizia nelle cause criminali locali. In particolare, si
narra dell’esistenza della camera di tortura della goccia, uno dei più feroci supplizi mai concepiti.
Il restauro
Dopo il recente restauro, l’ala nobiliare, di cui sono stati ristrutturati oltre 800mq. su due piani, è
tornata agibile e pronta per essere utilizzata come suntuosa cornice per eventi (ricevimenti, feste,
convegni, pernottamenti etc.). L’intera ala è stata cablata e ogni locale è dotato di rete elettrica,
telefonica, predisposizione per televisione via cavo e satellite, impianto di riscaldamento autonomo.