n. 30 - dicembre 2014

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n. 30 - dicembre 2014
hardware TAMA STAR + rullanti PMsnare + cajon MEINL FANDANGO + LUDWIG SUPRAPHONIC
N. 30 - DICEMBRE 2014
WALTER CALLONI + GIANNI BRANCA + RICH REDMOND + RICKY TURCO + ROBERTO PIRAMI + SERGIO BELLOTTI
EURO 5,90
mensile
poste italiane spa
sped. abb. post
d.l. 353/2003
(conv. in I.
27/02/2004 n.46)
art 1 comma 1
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anno III
Mayer
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dicembre 2014
28 Spotlight
JOJO MAYER
I
di Joe Bergamini
l batterista svizzero da tempo trasferitosi negli
USA ha realizzato, dopo anni di ricerche e studi, un
documento video definitivo sulla tecnica dei piedi,
un triplo DVD per la Hudson Limited intitolato Secret
Weapons for The Modern Drummer Part Two: A Guide to
Foot Technique.
Foto Carmen Kam, courtesy Hudson Music
Musicians
08 GIORNATE DELLA PERCUSSIONE di Rosa Anna Buonomo
24 GIANNI BRANCA di Mario A. Riggio
36 WALTER CALLONI di Mario A. Riggio
40 RICH REDMOND di Alessandro Inolti
42 RICKY TURCO di Marco Rebuzzi
46 SERGIO BELLOTTI di Gigi Morello
50 ROBERTO PIRAMI di Cristiano Zazza
52 GIULIA LAZZARINO di Mauro Gatto
56 EMILIO CATERA di Ramon Rossi
58 JACK LIMA di Davide Bernaro
Tutorial
78 MOTIVAZIONI di Dom Famularo
80 TEMPI DISPARI di Massimo Russo
Departments
06 WHAT’S GOING ON
12 ASK ME NOW di Marco Volpe
14 DRUM CONCEPTS di Francesco Lomagistro
15 SOUNDS GOOD TO ME di Carlo Marzo
16 UNORTHODOX BEHAVIOUR di Davide Merlino
18 THE ITALIAN JOB di Gianluca Fiorentino
20 BEFORE I FORGET di Edoardo Sala
72 LIGHT MY FIRE
82 WE INSIST! di Massimo Carrano
Tools
62 rullanti PMsnare di Antonio Gentile
64 hardware TAMA STAR di Bob Baruffaldi
66 cajon MEINL FLAMENCO FANDANGO SERIES di Antonio Gentile
68 rullanti LUDWIG SUPRAPHONIC di Antonio Di Lorenzo
70 CABASA di Antonio Gentile
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DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
Message in a bottle
hardware TAMA STAR + rullanti PMsnare + cajon MEINL FANDANGO + LUDWIG SUPRAPHONIC
N. 30 - DICEMBRE 2014
WALTER CALLONI + GIANNI BRANCA + RICH REDMOND + RICKY TURCO + ROBERTO PIRAMI + SERGIO BELLOTTI
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DIRETTORE RESPONSABILE
Alfredo Romeo
MANAGING EDITOR
Bob Baruffaldi
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Antonio Gentile
[email protected]
tel (+39) 328 2180218
A
IN COPERTINA
Jojo Mayer
foto Carmen Kam, courtesy
Hudson Music
DIFFUSIONE
Press-Di
Distribuzione Stampa e
Multimedia Srl
Milano
CEO
Andrea Belardi
STAMPA
Reggiani Spa
Brezzo di Bedero (Va)
HANNO COLLABORATO
Joe Bergamini, Davide
Bernaro, Rosa Anna Bobomo,
Massimo Carrano, Ignazio Di
Fresco, Antonio Di Lorenzo,
Dom Famularo, Gianluca
Fiorentino, Mauro Gatto,
Alessandro Inolti, Carmen
Kam, Francesco Lomagistro,
Carlo Marzo, Davide Merlino,
Stefano Micchìa, Gigi Morello,
Lorenzo Petruzziello, Antonio
Procopio, Marco Rebuzzi,
Mario A. Riggio, Ramon Rossi,
Massimo Russo, Edoardo Sala,
Marco Volpe, Cristiano Zazza,
Donato Zoppo, Paolo Zuffi.
DRUMSET MAG è una
pubblicazione mensile di
Drumset Mag, società
cooperativa, sede legale
via dei Prati Fiscali 158,
00141 Roma,
tel. (+39) 0692956871.
Registrazione del Tribunale di
Roma n. 75/2012 del 15-3-2012
Manoscritti e foto originali,
anche se non pubblicati, non si
restituiscono.
È vietata la riproduzione anche
parziale di testi, documenti,
disegni e fotografie.
Finito di stampare
nel mese di novembre 2014
IN ALCUNI ARTICOLI COMPARE UN BOX SIMILE A QUESTO:
www.drumsetmag.com
1234
Quando lo trovi, vai su Drumsetmag.com e digita nel box di
ricerca che si chiama “ARTICOLO #” il numero che compare sul
giornale. Verrai reindirizzato a una pagina che ti proporrà dei
contenuti aggiuntivi, video o immagini.
Come preannunciato sin dallo scorso numero di Novembre, a partire dal 1° Gennaio 2015 Drumset Mag rivoluziona la propria strategia
editoriale, inaugurando una vera rivoluzione culturale ed ecologica:
la distribuzione della rivista sarà infatti totalmente gratuita e liberamente accessibile a tutti in formato digitale. La rivista sarà, in altri
termini, leggibile del tutto gratuitamente su Computer (sia Windows
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la vostra rivista preferita, realizzata dallo stesso team e con lo stesso
impegno di sempre.
Questo non significa, però, che quello che avete tra le mani sarà l’ultimo numero ‘di carta’ di Drumset Mag: semplicemente, è l’ultimo
numero acquistabile in edicola.
- In alternativa alla versione digitale sarà infatti possibile avere
Drumset Mag in edizione cartacea in abbonamento, a un prezzo
annuale comparabile all’attuale prezzo di acquisto per un anno in
edicola, pari a 69,90 euro l’anno.
- Stiamo inoltre mettendo a punto un canale di distribuzione alternativo e diretto della rivista cartacea in una serie di punti vendita
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aggiornata in una pagina dedicata del nostro sito. Se vuoi diventare
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• Perché una rivoluzione? Perché si tratta di un progetto culturale
rivoluzionario!
Free e diffuso in digitale, il magazine arriverà anche a un pubblico
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che ha più limitate capacità di spesa, ma che ha sempre più curiosità
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Free e diffuso in digitale in tempo reale, sempre disponibile, ovunque disponibile: potrà essere letto su computer, smartphone e tablet.
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What’sGoingOn
Gerald Heyward in clinic
Il padrino del gospel drumming. Mr. Gerald Heyward
(da noi intervistato sul numero di Febbraio 2014) terrà
la prima delle sue quattro
clinic in terra italiana giovedì
11 dicembre a Faenza (info:
rudymarianimusic@gmail.
com); il 12 al Teatro del Quadrifoglio (viale Savonuzzi 54,
Pontelagoscuro, Ferrara; per
info: rudymarianimusic@
gmail.com). Sabato 13 dicembre Heyward sarà a Ravenna
(Info: ale88drum@hotmail.
it). Infine, in esclusiva per il
Centro Sud, il batterista statunitense sarà il 14 dicembre
a Cosenza, presso la scuola
di musica Juliard ([email protected]; tel. 0984 1901761).
La Clinica del Groove
Giornata didattica con il bassista Faso e con Christian
Meyer per batteristi, bassisti e chitarristi domenica
14 dicembre dalle 15.00 alle
19.00 presso Teatro Spazio
Reno (via Roma 12, Calderara di Reno, Bologna) dalle
15 alle 19, organizzata da
Boast Studio Recording e
Bardamù. Suono, semplicità, groove, dinamiche, stesura dei brano, tempi dispari
sono alcuni degli argomenti
trattati, con concetti semplici, facendo partecipare attivamente i musicisti presenti
per rendere il seminario un
lavoro di gruppo. I batteristi
dovranno portarsi bacchette
e pad; i bassisti e i chitarristi
il proprio strumento.
Info: 328 3667107; [email protected].
The Brera Elektric Drums
Seconda edizione del concorso nazionale di batteria
organizzato dal Civico Istituto Musicale Brera di Novara
- Musica Danza e Arti Libere.
Il concorso, aperto a tutti,
purché residenti in Italia, si
svolgerà dal 31 gennaio (termine di iscrizione: 24 gennaio). Cinque le categorie:
A (nati nel 2007 e seguenti),
B (2.000 - 2.006), C (1993
- 1999), D (1986 - 1992), E
(senza limiti di età). Non
sono previsti pezzi obbligatori. I concorrenti potranno
eseguire duetti (sia con base
musicale sia con un secondo
batterista scelto dal candidato stesso), suonare su basi
musicali, eseguire studi, assoli, partecipare con le proprie band, purché nei limiti
dei tempi a loro disposizione
(cat. A, max 5 minuti; cat.B,
max 10 minuti; cat. C, D, E,
max 15 minuti; per durata si
intende anche il tempo necessario per la preparazione
all’esecuzione). La giuria del
concorso, formata da docenti e personalità del campo
musicale, sarà presieduta dal
M° Giorgio Gandino. I primi
classificati di ogni categoria
si esibiranno nel concerto
per la serata conclusiva del
concorso che si terrà presso l’Auditorium Annalisa
Torgano del Civico Istituto
Musicale Brera. Al primo
classificato di ogni categoria
sarà consegnato un rullante, al secondo classificato
un mixer Behringer, al terzo
classificato un metodo + bacchette. Info e contatti: Civico
Istituto Musicale: Brera Musica Danza e Arti Libere, v.le
Verdi 2, 28100 Novara, tel.
0321 623354. direttorebrera.
[email protected]
Festival del Ritmo
Ancora aperte le iscrizioni
alla VI edizione del Concorso nazionale per batteristi
non professionisti che si
terrà presso il Teatro della
Rocca di Novellara (Reggio
Emilia) il 18 e 19 Aprile 2015,
organizzato dalla Drum Professional School di Adriano
Lasagni, in collaborazione
con l’Associazione La Banda dei Tamburi. Cinque le
categorie in gara: A) Piccoli
(fino ai 10 anni compiuti);
B) Talent Scout (dagli 11 ai 13
anni compiuti); C) Giovani
(dai 14 ai 17 anni compiuti);
D) Juniores (dai 18 ai 22
anni compiuti); E) Grandi
(dai 23 anni compiuti in su).
Per richiedere il regolamento e la scheda d’iscrizione,
rivolgersi via mail a drums.
[email protected]; per telefono al
n. 329 2330385. Saranno ammessi al massimo 60 concorrenti. I partner della manifestazione sono le aziende
UFIP, Lantec, Varus, oltre a
noi di Drumset Mag. www.
drumsprofessionalschool.it
GM Drum & Art School
Presentata una nuova sede
a Torino Ovest dell’accadema presieduta dal batterista
(e nostro collaboratore) Gigi
Morello, nell’ambito di un
progetto che vedrà tre sedi a
Torino (Nord, Ovest e Sud) e
probabilmente una in pienissimo centro storico. Situata a
circa 20 minuti di auto dalla sede Centrale Nazionale
di via Valprato 68, la nuova
sede si trova nelle vicinanze di Piazza Massaua ed è
attrezzata con batteria con
doppio pedale, specchio e
pad per la tecnica, insegnamento con utilizzo di basi
musicali, ecc e potrà fornire
anche i corsi GM Art School,
di Voce, Chitarra e Basso.
Info: tel. 011 2489738; info@
gmdrumschool.com
New Drums
Segnaliamo la nascita in
Trentino di una nuova realtà
didattica musicale, ideata e
coordinata da Carlo Salvaterra, batterista e insegnante di
Tione di Trento con l’intento
di fornire una didattica moderna, fatta su misura sulle
esigenze dell’allievo. La scuo-
6
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
la non avrà un’unica sede,
ma si appoggerà alle varie
realtà musicali già presenti
nelle Valli del Trentino, come
associazioni culturali o enti
giovanili. Verrà inoltre sviluppato un sistema di lezioni attraverso i social media
come Facebook, Skype e Youtube. Salvaterra, diplomato
al CPM di Milano e al CDM
di Rovereto, ha studiato al
Conservatorio di Trento e al
Collective Music Institute di
New York. Per informazioni:
tel. 333.4045296
www.carlosalvaterra.com Ferrara in Jazz
XVI edizione per la rassegna
iniziata lo scorso ottobre.
Tra i prossimi concerti (al
Torrione San Giovanni di
via Rampari di Belfiore 167)
segnaliamo: il 6 dicembre lo
Spirutual Trio del trombettista Fabrizio Bosso (Alberto
Marsico, organo; Alessandro
Minetto, batteria); il 7 dicembre the Mob Peppers featuring Pee Wee Ellis (Christian
Capiozzo, batteria). Sabato
13 dicembre, The Unusual
Suspects (Byron Landham,
batteria) e sabato 20 il Christmas quartet della cantante Shawnn Monteiro (con
Adam Pache alla batteria).
Tra i concerti dedicati alla
scena italiana emergente
(rassegna Happy Go Lucky
Local) segnaliamo invece lunedì 8 dicembre il quartetto
poLO (Michele Salgarello,
batteria); il 15 di scena il batterista Francesco Cusa con i
suoi The Assassins; il 22 ancora un batterista, Tommaso
Cappellato, con Astral Travel.
Infoline: 339 7886261; www.
jazzclubferrara.com
The Sisters
Un musical liberamente ispirato alle vicende del gruppo
vocale femminile statunitense The Supremes, in auge
negli anni ’60, prodotto dalla
Motown Records, girerà per
l’Italia con un’orchestra di 12
elementi diretta dal M° marco Tiso. Alla batteria, Azeglio
Izzizzari. Queste le prime
date: 3 e 4 gennaio Assisi,
Teatro Lirick; 13 gennaio Borgosesia (VC), Teatro Proloco;
dal 15 al 18 gennaio Torino,
Teatro Alfieri; 24 e 25 gennaio Varese, Teatro Apollonio.
Nero a metà
Dopo il grande successo del
concerto-evento dello scorso
1 settembre all’Arena di Verona, Pino Daniele propone
altre sei date del suo tour dedicato allo storico album. Il 6
dicembre a Conegliano (TV),
Zoppas Arena; l’11 a Bari,
Pala Florio; il 13 a Roma,
Palalottomatica; il 16 e 17 a
Napoli, PalaPartenope; il 22
a Milano, Mediolanum Forum- Assago. In questi nuovi
appuntamenti, che vedranno
la partecipazione di un ospite speciale per ogni concerto,
il cantautore napoletano sarà
accompagnato dalla band
originale del 1980, composta da James Senese (sax),
Gigi De Rienzo (basso),
Agostino Marangolo (batteria), Ernesto Vitolo (piano)
e Rosario Jermano (percussioni), mentre l’Acoustic Set
vedrà sul palco Rino Zurzolo
(contrabbasso),
Elisabetta
Serio (piano) e la partecipazione di Tullio De Piscopo.
Verrà presentato il primo
DVD didattico di James,
The Secret of Extreme Metal Drumming, di prossima
uscita e ci sarà un contest:
chi suonerà più colpi singoli
su un Drum-O-Pad per 60
secondi si aggiudicherà un
Vic Firth Artist Pack (con
bacchette e vari accessori). Il
tutto sabato 13 dicembre dalle 16 alla sala prove Vertigò
di viale Regina Margherita
176 di Roma (tel. 06 884
1418). La notte dei blast beat
Tre ore di puro extreme metal drumming con gli specialisti Francesco Paoli e James
Payne: si parlerà di tecnica
per mani e piedi, balance,
metodi di studio e molto
altro ancora, con esecuzione di brani delle rispettive
band, Fleshgod Apocalypse
e Hour of Penance, seguite
da una lezione di… …cucina!
Pareidolia
Ecco le prossime date del
tour della cantante, compositrice e batterista Marina Rei
(intervistata sul numero di
Ottobre della nostra rivista):
7 dicembre Supersonic, Foligno (PG); 8 dicembre Kalinka, Carpi (MO); 11 dicembre
Modo, Salerno; 12 dicembre
B-Side , Rende (CS); 13 dicembre Ma Club, Catania.
In tour
C’è Davide Devito alla batteria con Cristiano De Andrè
per il Via dell’amore vicendevole tour. Victor Indirizzo è
invece il batterista con Elisa
nel tour europeo L’anima
Vola Live in the Clubs. Amedeo Ariano (batteria) e Bruno Marcozzi (percussioni)
sono ancora una volta con
Sergio Cammariere nel suo
Anteprima Tour per presentare il nuovo album Mano
nelle mano. Con Mannarino nel tour Al Monte Live ci
sono invece Marco Monaco
alla batteria e Daniele Leucci
alle percussioni. Eric Cisbani
con Ornella Vanoni in Un filo
di trucco, un filo di tacco… L’ultimo tour. Nel Fibrillante Tour
Eugenio Finardi avrà al suo
fianco Claudio Arfinengo.
Con Mario Venuti per il suo
Il tramonto dell’Occidente in
Tour ci sono Donato Emma e
Filippo ‘Fifuz’ Alessi.
BeatIt
Montesilvano (PE), 23-28 settembre 2014
GIORNATE DELLA PERCUSSIONE
di Rosa Anna Bonomo
Non solo competizione ma ascolto, confronto e contatti culturali di mondi diversi che si integrano e si
completano nella XII edizione della Italy Percussion Competition, concorso internazionale per solisti
e compositori, e del festival Giornate della Percussione.
S
ei giorni intensi di competizioni, master class e concerti di musicisti di fama internazionale quelli ospitati
dall’Associazione Culturale Italy Percussive Arts Society dal 23 al 28 settembre a Montesilvano. Il concorso Italy
Percussion Competition e il festival internazionale Giornate
della Percussione, un evento unico in Italia e raro nel resto del
Mondo, si è concluso con un grande successo domenica 28
settembre con le performance dei vincitori, che si sono esibiti nell’Auditorium del Centro Congressi Serena Majestic di
Montesilvano (PE). “Siamo molto soddisfatti - ha affermato
il M° Antonio Santangelo, Direttore Artistico e Presidente
dell’Italy PAS – di aver raggiunto un numero così alto per
un concorso di percussioni: 280 iscritti da 35 Paesi di tutto
il Mondo. Questo è un evento di cui tutte le università, conservatori, scuole, insegnanti e artisti di fama internazionale
hanno grande rispetto e che continua a crescere e sorprendere la comunità musicale nazionale e internazionale. Un
appuntamento di grande cultura percussionistica che attira
studenti e musicisti che ne riconoscono il grande valore artistico, educativo e culturale.
Vicepresidente e segreteria artistica/organizzativa del festi-
val e del concorso, la prof.ssa Maria Vittorio ha a sua volta
commentato: “La settimana è stata più che positiva. Quando cogli la soddisfazione e la gioia negli occhi di tutti, dagli
studenti agli artisti, hai la certezza che tutto è andato per il
meglio. Questo evento non è solo competizione ma ascolto,
confronto e contatti culturali di mondi diversi che si integrano e completano. Il rapporto artistico con i grandi maestri
diventa anche un grande rapporto umano che crea importanti e reciproci scambi di esperienze di vita. Questi sono
infatti gli aspetti fondamentali che il Maestro Santangelo
cura particolarmente, perchè questa è l’idea vincente: dare
la possibilità agli studenti di vivere totalmente l’esperienza
musicale più completa che un concorso possa offrire”.
Ed è stato davvero emozionante vedere il ‘grande’ Zoro confrontarsi con i ‘piccoli’ partecipanti al concorso di Batteria.
“Questi ragazzi” - ha commentato il musicista USA - “hanno
catturato il mio cuore: è stata un’esperienza mai vissuta prima d’ora e devo ringraziare l’amico Antonio di avermi dato
la possibilità di vedere questi ‘piccoli angeli’, che a malapena
riuscivano a raggiungere i pedali, ‘giocare’ con una grande
energia. Vedere questi piccoli talenti con il mio metodo R&B
8
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
Vincitori e giurati
Drumming mi ha molto emozionato. Constatare che il mio
lavoro di autore ed educatore è stato in grado di influenzare
questi piccoli talenti mi ha davvero stupito. La cinese Dequ
Mu di 10 anni (primo premio assoluto nella sua categoria)
è una forza della natura: un giorno sarò in grado di dire che
l’ho conosciuta quando era solo una bambina…”.
Ai vincitori sono stati consegnati dagli sponsor e dalla Italy
Percussive Arts Society premi per un totale di circa 20.000
euro. Una novità di questa edizione è stata rappresentata dal
cd dedicato ai vincitori, su cui è stata incisa la loro performance della serata finale. Il cofanetto appositamente realizzato verrà distribuito dall’ISMEZ.
Un riconoscimento speciale è stato assegnato al batterista
siciliano Vito Vultaggio. A lui è stata consegnata una targa
in memoria di Clemente Santangelo, primo batterista della
RAI e autore del metodo didattico Invito alla Batteria, oltre a
una borsa di studio del valore di 500 euro: un premio speciale voluto dal maestro Antonio Santangelo per ricordare suo
padre, recentemente scomparso.
Due Premi alla carriera, realizzati dallo scultore Antonio
T. Lo Mele, sono stati assegnati al percussionista francese
Emmanuel Séjourné e al batterista americano Zoro. E, a
proposito di premi, alla manifestazione, per la riconosciuta
importanza culturale e artistica in Italia, sono state conferite
le Medaglie del Presidente della Repubblica, della Camera e
del Senato e il contributo del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali.
Deqi Mu
I premi alla carriera
Appuntamento per la tredicesima edizione del concorso internazionale e del festival, che si svolgerà per i batteristi nei
giorni 18, 19 e 20 settembre 2015. Il termine per le iscrizioni è fissato al 31 maggio 2015. Regolamento, giurie e programma saranno resi noti appena disponibili sul sito www.
italypas.it da gennaio 2015.
Gli artisti della XII edizione
Claudio Santangelo, Playmobeat, Emmanuel Séjourné,
Pius Cheung , Eriko Daimo, David Friedman, Ruud Wiener, Casey Cangelosi , Francesca Santangelo, Luca Ventura,
Liu Heng, Jean-François Lézé, Ignacio C. Martin, Zoro, Pier
Giuseppe Gajoni, Urs Wiesner.
9
BeatIt
GIORNATE DELLA PERCUSSIONE
Gli sponsor
PAS, Adams, Bergerault, Yamaha, Majestic, Encore Mallets,
Angelini Mallets, Zildjan, Koala Percussion, Vic Firth, Città
della Musica, Casale Bauer, Innovative Percussion, TreeWorks, HoneyRock, Sticks, DrumSet Mag, Percussion Creative,
DW, Palladium Music, Regal Tipe, Pustiens PP, Sounthern
Percussion, Norsk Musikforlag Percussion, Resta mallets,
Buffalo Marimba, Peter’s bag, SLdrum, AP instruments.
Le giurie e i vincitori
MARIMBA - Giuria: Emmanuel Séjourné (Francia), Pius
Cheung (Hong Kong), Eriko Daimo (Giappone). Cat. A
Xiaohui Chen (Cina), 1° premio; Naizhi Zhang (Cina), 2°
premio; Tuomas Siddall ed Elmeri Uusikorpi (Finlandia), 3°
premio. Cat. B Bence Simon (Ungheria), 1° premio assoluto;
Ewelina Hajda (Polonia) e Lukas Aebi (Svizzera) 3° premio.
Cat. C Miroslav Dimov (Bulgaria) 1° premio; Akhmejanov
Daniyar (Kazakistan) 3° premio.
VIBRAFONO - Giuria: David Friedman (USA), Ruud Wiener (Paesi Bassi), Urs Wiesner (Svizzera). Cat. A Fedor
Arshin (Russia) 1° premio; Xiaohui Chen (Cina) 2° premio;
Anna Micheletti (Italia) 3° premio. Cat. B Jonathan Bonny
(Belgio) 1° premio; Kristof Hrastnik (Slovenia) 2° premio;
Elias Nummenmaa (Finlandia) 3° premio. Cat. C Ievgen
Ulianov (Ucraina) 1° premio; Mikhail Putkov (Lituania) 2°
premio.
RULLANTE - Giuria: Casey Cangelosi (USA), Liu Heng
(Cina), Jean-François Lézé (Francia) - Cat. A Boris Nikonov
(Russia) 2° premio; Bence Csepeli (Ungheria) e Matthieu
Hoffmann (Francia) 3° premio. Cat. B - Rudolf Jaouen (Francia) 1° premio; Gorka Catediano (Spagna) 2° premio; Robin Blaszkiewicz (Polonia) 3° premio. Cat. C Simon Aliotti
(Francia) e Rina Fukuda (Giappone) 2° premio; Eri Hasemi
(Giappone) e Gerasimos Tsagkarakis (Grecia) 3° premio.
TIMPANI - Giuria: Jean-François Lézé (Francia), Ignacio C.
Martin (Spagna), Liu Heng (Cina). Cat. A José A. Castro M.
Sousa (Portogallo) e Tuomas Siddall (Finlandia) 1° premio;
Bartlomiej Sutt (Polonia) 2° premio. Cat. B Wing Yip Andrew Chan (Hong Kong) 1° premio; Luca Martino (Italia)
2° premio; Eirini Aravidou (Grecia) 3° premio. Cat. C Hsin
Fang (Taiwan) e Mateusz Wiczyski (Polonia) 1° premio; Aubry Corentin (Francia) 2° premio.
BATTERIA - Giuria: Zoro (USA), Chris Heiny e Andi
Bühler (Germania). Cat. A Deqi Mu (Cina) 1° premio assoluto; Nicola d’Auria (Italia) 1° premio; Vincenzo Tarantino (Italia) 2° premio; Lucrezia Benedetto (Italia) 2° premio; Cat. B
Andrea Proia (Italia) e Roberto Porta (Italia) 1° premio; Vito
Vultaggio (Italia) 2° premio; Ivan Poddubny (Bielorussia) 3°
premio. Cat. C Ilya Stsiapanau (Bielorussia) 1° premio, Ioannis Karakasidis (Grecia) 2° premio; Gaetano Camporeale
(Italia) e Georgios P. Lamprako (Grecia) 3° premio.
COMPOSIZIONE - Giuria: E. Séjourné - C. Cangelosi - P.
Cheung - R. Wiener - J.F.Lézé - Cat. A Roberto Brambilla
(Italia) 3° premio. Cat. D Charles P. Tremblay B. (Canada),
Leonardo Gorosito & Rafael Alberto (Brasile) 3° premio. Cat.
B/C/E: premi non assegnati.
10
AskMeNow
Cassa da 18”
Ciao Marco, ti seguo su FB e su Drumset
Mag e prima ancora su Percussioni... Mi
affido alla tua esperienza per un consiglio:
per problemi di spazio nei locali ho da poco
acquistato una cassa da 18” Mapex V Series: volevo sapere secondo te se è il caso di
fare il buco sulla risonante e riempire la
cassa con qualche straccio/coperta come di
solito si fa per le 22” oppure (se è meglio,
NdR) lasciarla così. Altra cosa, io tengo il
battente del pedale molto alto e su questa
cassa andrebbe a colpire in maniera decisamente decentrata la pelle battente: dici
di mettere un’alzacassa o posso suonarla
anche così? Specifico che non ci suonerei
jazz, ma folk rock, quindi dovrei emulare
il più possibile il sound della 22”. Grazie
dell’attenzione e complimenti per tutto.
Stefano Citron
Caro Stefano, ovviamente è questione di
gusti, quindi quella che segue è solo una
mia opinione personale. Se mi avessi
detto che con quel set saresti andato a
suonare jazz, ti avrei sconsigliato assolutamente di usare l’alzacassa: il battente che suona decentrato produce più armonici e quello è esattamente il suono
che abbiamo imparato ad amare in tutti
i grandi batteristi del jazz moderno, un
suono che fa parte integrale di quello
stile. Ma il tuo caso è diverso, e l’unica
motivazione per cui ricorri alla cassa da
18” riguarda gli spazi ridotti di molti
luoghi dove ti capita di suonare, ed è sicuramente, nel tuo caso, più facile emulare una cassa da 22” con l’alzacassa che
fa colpire il battente al centro anche con
la 18”. Non ti consiglio però di inserire
nulla all’interno: lo spazio dentro una
cassa più piccola è già abbastanza angusto, e diminuirlo con coperte ed altro ti
farebbe soprattutto diminuire il suono
oltre livelli accettabili. Userei invece il
sistema E-Mad della Evans (battente e
risonante), che ti permette un suono
pieno e una eventuale sordinatura, già
predisposta esternamente, oltre a un
piccolo foro sulla risonante. Ovviamente la pelle va tenuta meno tesa possibile.
Ho sentito parlare bene anche del sistema Kickport per dare maggior proiezione al suono. Ne ho uno da provare,
ma non sono ancora riuscito a trovare
il tempo per montarlo… Una piccola cu-
riosità: come detto il suono della cassa
da 18” è quasi indissolubilmente legato
al jazz moderno, ma come mi confidò
Roy Haynes anni fa, lui e gli altri batteristi del dopoguerra cominciarono ad
usarla per il semplice motivo che era
più facile farla stare dentro le loro auto!
Minus One per batteristi
Caro Marco, volevo prima di tutto salutarti con tanto affetto: è un po’ che non ci si
sente, ma leggo sempre ciò che pubblichi
e aspetto con ansia l’uscita del tuo libro...
Volevo chiederti un parere su una faccenda
che affrontammo in una delle lezioni fatte
a Roma: gli altri strumentisti hanno i libri
di J. Aebersold, noi batteristi quali minus
one autorevoli per suonare gli standard
potremmo tenere in riferimento? Grazie in
anticipo, un abbraccio.
Vincenzo Gionta
P.S.: “Pent Up House” di Rollins, che
struttura ha? È un anatole?
Ciao Vincenzo, è vero gli altri strumenti
hanno gli Aebersold con i giri armonici
a cura di Marco Volpe
Laureato cum laude al Berklee College of Music di Boston, con il quale
ha poi collaborato per quasi venti
anni, è considerato oggi uno dei
maggiori didatti europei. Fra i suoi
allievi ci sono molti dei batteristi di
maggior spicco della scena non solo
italiana. Già titolare della cattedra
di Batteria Jazz al Conservatorio di
Mantova, insegna nel suo studio
privato a Milano, a Torino presso il
Percstudio e a Roma al Loop Music
Meeting Point!
[email protected]
degli standard per imparare i temi e improvvisarci sopra, ma non direi che noi
siamo più sfortunati, tutt’altro: i batteristi da generazioni studiano direttamente su brani originali: mentre è difficile
immaginare un sassofonista improvvisare assieme a Parker o Coltrane, noi
possiamo benissimo suonare accompagnando le registrazioni di Miles Davis o
di Sonny Rollins, perché la presenza di
un altro batterista non ci disturba più di
tanto. Detto ciò, è anche vero che ultimamente, nella fase di… incontinenza
didattica che stiamo vivendo, stanno anche per noi uscendo diversi veri e propri
Minus One per batteria. Jazz Standards
for Drumset di Brian Fullen, ad esempio,
presenta dodici noti standard, da “Take
The ‘A’ Train” a “Bluesette” a “St. Thomas”, suonati abbastanza bene, con le
partiture (accordi e tema, non parti per
batteria) e alcuni suggerimenti per le
esecuzioni. Poi ci sono addirittura tre
volumi della Alfred Easy Standards, con
27 standard (9 per volume), che vanno
dal jazz tradizionale al jazz modale. Pur
non essendo suonati male, l’Easy del
titolo fa capire che ci troviamo davanti
a delle interpretazioni molto ‘lisce’, a
tempi mai troppo veloci e dove qualsiasi
asperità, perfino in brani di John Coltrane come “Mr. Pc” o “Impressions”,
è rigorosamente bandita. Un po’ meglio secondo me è il francese Great Jazz
Standards (Editions Musicales Françaises), che però ha solo 5 brani (“A Night
in Tunisia”, “Four”, “Moanin’”, “Take
Five” e “The Preacher”), ed è per tutti
gli strumenti (togliendo, nelle varie versioni, il canale destro o sinistro). Decisamente meglio suonati sono gli standard
presenti in Jazz Workshop for Bass and
Drums di Dave Weigert (Advance Music). Ci sono molti brani, ma standard
jazz veri e propri solo sette, però è un
ottimo libro per chi capisce l’inglese anche al di là dei brani minus one. Molto
consigliabile, per gli studenti più avanzati, è Jazz Drumming del grandissimo
Billy Hart (Advance Music), che contiene brani incisi dallo stesso Hart con vari
ottimi musicisti (Liebman, Abercrombie, Beirach…) e mai usciti su disco.
C’è la versione con la batteria originale
e quella senza. Anche qua però i brani
non sono moltissimi: “Night in Tuni-
sia”, “Equinox”, “Embraceable You”,
poi c’è “”Day and Nite”, un brano di
Dave Liebman basato su, guarda un po’,
“Night and Day”, “Lo Flame”, basato su
“All of Me” e un 3/4: “Ralph’s Waltz”.
Ma il meglio è forse rappresentato da
Intermediate Jazz Conception e da Jazz
Conception, ancora della Advance Music. Il limite in questo caso che, probabilmente per questioni legate al diritto
d’autore, gli standard sono sempre ‘mascherati’ dietro altri titoli (“St. Sonny”
invece di “St. Thomas”, “Two plus Two”
invece di “Four”…) e sui giri armonici
originali sono suonati dei temi diversi
composti per l’occasione, Però la qualità musicale è molto alta ed è presente
anche la traccia con la batteria suonata
dall’ottimo Kenny Washington, con la
trascrizione completa del suo accompagnamento.
Però a questo punto vorrei darti un consiglio: se proprio non vuoi suonare su
dischi dove sono presenti altri batteristi,
puoi scegliere di inserire la batteria in
quei progetti musicali che non la pre-
vedono: è il caso dei due album di Diana Krall All For You e Love Scenes (ottimi
per essere accompagnati con le spazzole), di Jazz Guitar di Jim Hall, di uno
dei tanti dischi in trio di Oscar Peterson
con Herb Ellis e Ray Brown, di quelli in
duo di Keith Jarrett con Charlie Haden
e tanti altri.
Per finire: no, “Pent-Up House” non è
un anatole (o Rhythm Changes , che è la
stessa cosa), ma un brano di 16 battute, con una struttura armonica divisa in
quattro gruppi di 4 battute AABA.
Sounds Good To Me
SALSA RHYTHM
Ciao amici, eccoci all’ultimo appuntamento per questo 2014 con la rubrica dedicata alle app
‘musicali’ disponibili per iPhone, iPad, eccetera. Chiuderemo l’anno con un’applicazione che ci
proietterà nel fantastico mondo della musica cubana.
L’
app di cui ci occupiamo in questo spazio si
chiama, per l’appunto, Salsa
Rhythm ed è stata ideata per
aiutare ballerini, musicisti
e studenti ad approcciarsi a
questo meraviglioso genere
musicale.
Tra le principali opzioni pre-
inglese). Per ogni strumento
possiamo scegliere il pattern
da far suonare tra 21 pattern
di pianoforte, 11 di basso, 28
di percussioni (tra tumbao,
guaguancó, cáscara, rumba,
caballo, danzón, eccetera).
senti possiamo annoverare
la possibilità di scegliere
quali strumenti mettere in
modalità mute, cambiare i
bpm, la tonalità e utilizzare
l’app come un metronomo.
La schermata principale
racchiude tutto il necessario per utilizzare facilmente
questa app: Tonalità, BPM,
a cura di Carlo Marzo
Diplomato al conservatorio in Strumenti a percussione, laureato in Didattica dell’insegnamento
strumentale e Discipline
musicali indirizzo interpretativo-compositivo, ha studiato percussioni etniche
con numerosi insegnanti
italiani e stranieri. Docente
e Coordinatore nazionale
della Percussion Academy
delle Scuderie Capitani, ha
collaborato con i migliori
nomi del panorama pop
nazionale, sul palco e in
numerosi programmi televisivi.
www.carlomarzo.it
Per attivare o disattivare uno
strumento basta un doppio
tap sull’icona dello strumento stesso.
Gli strumenti a nostra disposizione sono quelli tradizionali nella musica afrocubana,
ossia Claves, Piano, Congas,
Timbales, Bongos, Basso,
Maracas, Guiro, Campanaccio e un instructor che conta
le pulsazioni con la voce (in
14
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
Display Beat, direzione della clave 2/3 o 3/2, tasto play/
stop e master volume. Nella
sua estrema semplicità l’app
risulta molto utile per chi
voglia praticare facilmente
questa musica, mettendo in
mute uno strumento e suonando il rispettivo pattern.
Spero vi possiate divertire.
Auguri di Buon Natale e Felice Anno Nnuovo a tutti voi.
Drum Concepts
www.drumsetmag.com
18013
LA COSTRUZIONE
DI UN ASSOLO
C
ari amici della nostra amata rivista,
oggi ho il piacere di condividere con
voi alcune riflessioni sull’argomento l’assolo di batteria, prendendo spunto dall’estratto di un concerto tenuto a Tokyo lo
scorso luglio con la mia band, la Berardi
Jazz Connection, che potete vedere sul
sito della rivista.
In questa rubrica racconterò il mio punto di vista circa la costruzione e i canoni che prediligo seguire per l’approccio
e lo sviluppo dell’assolo di batteria. La
storia e tutti i batteristi appartenenti alla
Belle Epoque del nostro strumento, ovvero dall’Era dello Swing in poi, ci hanno
di Francesco Lomagistro
Tarantino, diplomato in strumenti
a Percussione presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari e laureato
in Didattica per l’Insegnamento,
come batterista ha collaborato con
artisti pop e jazz (da Kelly Joyce a
Mariella Nava, da Antonella Ruggero a Milva, passando per Elio, Freak
Antoni, Dario Deidda, Max Ionata,
Gigi Cifarelli, Roberto Ottaviano…).
Leader della Berardi Jazz Connection, formazione assai apprezzata
all’estero con la quale ha realizzato cinque CD, è molto impegnato
anche nella didattica e dal 2005 è
membro dell’Educational Team della Vic Firth.
regalato ricche testimonianze di espressione solistica che vi consiglio di cercare
e studiare: da “Papa” Jo Jones a Sonny
Payne, da Gene Krupa a Buddy Rich e
a seguire Max Roach, “Philly” Joe Jones,
Art Blakey, Frankie Dunlop, Roy Haynes,
Tony Williams, Al Foster e moltissimi altri, fino ad arrivare ai nostri giorni.
A mio parere, l’approccio a un solo può
variare a seconda che si voglia tener
conto o meno della struttura del brano,
e quindi per prima cosa va stabilito se
costruire l’assolo rispettando la forma
oppure se staccarsene e affrontare il momento da solista in modo completamente libero.
Quando costruisco un solo su una struttura, per esempio quando suono un
blues, cerco di tenere a mente i changes
(le progressioni armoniche, NdR): il fatto
che questi siano disposti nella maggior
parte dei casi sulle consuete 12 misure
facilita la memorizzazione, poiché c’è
una forma semplice a cui l’orecchio e il
cervello possono fare riferimento. La melodia del tema, inoltre, offre un ulteriore
comodo riferimento nonché un aiuto per
costruire un’espressione più musicale e
coerente con il brano che si sta interpretando.
Riferirsi alla melodia è ancora più determinante quando si affrontano strutture
più complesse come un rhythm change,
laddove non saremo solo impegnati a
disporre al meglio e nel modo più musicale possibile le soluzioni ritmiche in
possesso del nostro bagaglio batteristico,
ma dove dovremo tener conto della struttura e delle sue variazioni, cercando di
evidenziare e differenziare l’avvicendarsi
delle A e delle B nella forma del brano
(nel più classico dei Rhythm Changes, per
esempio “I’ve Got Rhythm”, tale struttura è di 32 battute divise secondo lo schema AABA).
15
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
Come avviene per il solista che suona
uno strumento melodico, il batterista alle
prese con un solo può usare un senso
logico-estetico nell’approccio alla costruzione, senza tralasciare l’uso delle dinamiche e dei respiri attraverso le pause.
Pensando alla macro struttura di un solo,
trovo piuttosto efficace il paragone con i
temi che facevamo a scuola, per i quali
ci insegnavano a creare un cappello introduttivo, poi lo sviluppo di un corpo
principale e infine una conclusione. Del
resto, in entrambi i casi c’è una persona
che si esprime e comunica qualcosa,
quindi essere efficaci nell’espressione fa
sì che il nostro messaggio arrivi forte e
chiaro al lettore o, nel nostro caso, all’ascoltatore e alla sua sensibilità artistica
musicale.
A questo punto vi rimando alla visione
e all’ascolto del mio assolo sul sito di
Drumset Mag. L’approccio che ho usato
in questo caso è libero dalla struttura del
brano (che si intitola “Before the Trips”
ed è tratto dal mio ultimo album pubblicato con la Berardi Jazz Connection, A
New Journey, recensione a pag. 73). Spero
vi piaccia. Per qualsiasi curiosità o domanda, potete scrivere alla redazione di
Drumset Mag. Buon divertimento!
Unorthodox Behaviour
www.drumsetmag.com
18014
OLTRE I SOLITI CONFINI
Ciao a tutti, questa puntata vi arriverà sotto l’albero di Natale, e mentre sarete impegnati a
spacchettare i vostri regali io vi intratterrò parlando di confini.
I
l confine è una curva immateriale,
un limite che noi ci inventiamo per
delimitare, circoscrivere, magari anche
proteggere quelle poche certezze che abbiamo. Bene, come il Grinch distrugge
il Natale, io ora voglio eliminare i vostri
confini!
In questi giorni sto sperimentando un
set allargato (tanto per non annoiarmi):
al vibrafono ho aggiunto un paio di steeldrum e un altro piccolo vibrafono modificato, o per meglio dire preparato. La cosa
mi mette di fronte a diverse nuove situazioni che vanno ben oltre ai miei soliti
confini: prima di tutto lo spazio cambia,
le distanze aumentano, i miei movimenti devono adattarsi alla nuova cosa. La diversa risposta degli strumenti, le diverse
bacchette (sto valutando di inserire delle
teste dei miei mallets per vibrafono su
a cura di Davide Merlino
Dopo studi privati di batteria, si laurea
in Percussioni classiche con specializzazione in didattica dello strumento e
frequenta il Corso superiore di formazione jazz. Collabora con enti liricosinfonici italiani e stranieri e, in ambito
jazz, con numerosi musicisti di fama.
Con il quartetto nujazz MU vince nel
2010 il concorso internazionale Percfest. Oltre a insegnare nelle scuole medie musicali e al liceo musicale, coordina l’orchestra di percussioni Waikiki.
delle bacchette corte per steeldrum!), le
diverse impugnature. Sento il cervello
che si contorce e per controllare il mio
corpo sono costretto a usare a fondo il
mio respiro diaframmatico per mantenere l’equilibrio.
Se non suonate uno strumento armonico, ma siete dei batteristi curiosi, bene:
avete le vacanze per provare a fare qualche esperimento. Spendendo pochi euro
o andando in un mercatino dell’usato potete cercare un glockenspiel, delle trombette o delle campanelle intonate, flauti
o kalimbe anche stonate, anzi meglio se
lo sono. Se invece avete tra le mani un vibrafono o parente vicino, potete provare
a montare nelle vicinanze un set di tamburi, o a sospendere dei piatti (io li uso
anche appoggiati ai tasti, ma ve lo sconsiglio per la salute del vostro strumento).
Qualche tempo fa, durante un concerto
in vibrafono solo in un centro sociale,
dove solitamente programmano musica
particolarmente rumorosa, ho pensato di
creare una specie di batteria da suonare
in piedi con le bacchette da vibrafono
(quando parlo di mallets intendo proprio
loro!). Microfonato a dovere il mio minikit mi è tornato utile per spingere nel
brano finale con una cassa in quarti. Una
sera invece ero senza set percussivo, ma
mi è bastato utilizzare il palco in legno
come cassa e vi lascio immaginare la faccia del mio caro amico Sabir Mateen, che
non si aspettava una cosa del genere!
Sicuramente se provate ad aggiungere al
vostro set di batteria qualche percussione
etnica vi troverete ad affrontare qualche
piccolo problema meccanico. I movimenti sulle pelli di braccia, mani, dita saranno
notevolmente diversi rispetto alla mano
16
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
con la bacchetta. Io ho trovato più difficoltoso questo aspetto, volendo applicare
ai tamburi etnici la giusta tecnica senza
doverli maltrattare impietosamente. Una
mano sulla tabla e il resto del Merlino
che suona la batteria, o anche più semplicemente un set misto congas, djembe
e batteria mi hanno dato filo da torcere.
Nella prima puntata di questa rubrica mi
sembra di aver citato il caro Paul Motian
dicendo che bisogna sempre avere come
obbiettivo finale la musica, il bel suono
e non l’aspetto circense e performativo,
quindi se aggiungete qualche strumento
al vostro set cercate di farlo con gusto e
con molta pratica in sala prove.
Rimbalzando tra esempi altri e sperimentazioni personali, come sempre, spero di
avervi stimolato ad andare oltre i confini
del vostro strumento per approdare verso
nuove e più ricche terre inesplorate.
Vi lascio con questa frase che riassume
un poco il percussionista sperimentatore
del terzo millennio e vi auguro un buon
inizio anno ricco di groove. “Che cos’è
quella sensazione quando ci si allontana
dalle persone e loro restano sulla pianura
finché le si vede appena come macchioline che si disperdono?… È il mondo troppo vasto che ci sovrasta, ed è l’addio. Ma
noi puntiamo avanti verso la prossima
pazzesca avventura sotto i cieli” (Jack Kerouac, Sulla strada).
Ecco cosa ho ascoltato in queste notti insonni:
Rastplatz, Fabio Delvò (Autoproduzione)
Something Else, Ornette Coleman (Contemporay Records)
Pianology 1, Ketil Bjornstad, (ECM)
Vinnie Colaiuta
Model SVC
V I N N I E C O L A I U TA
S I G N AT U R E
Vinnie e il team di designer Vic Firth hanno lavorato assieme per creare una bacchetta che consentisse
a Vinnie di suonare al suo meglio. In ogni situazione! Vinnie Colaiuta è uno dei più rispettati e celebrati
batteristi di tutti i tempi dunque, il suo vocabolario del drumming, è straordinario. Prova un paio delle
sue nuove bacchette signature e scoprirai quanto sono bilanciate e quanto trasparente sia il feel: come
fossero una estensione di te stesso, ti consentiranno ogni tua espressione musicale. Se suoni in
maniera aggressiva o sei hai un tocco leggero, preparati a trascendere.
Scopri le precise caratteristiche progettuali delle bacchette
di Matt e quelle di tutte le Vic Signature Series realizzate in
collaborazione con i migliori batteristi del mondo su VICFIRTH.COM
Photo: Michael Corral
Aramini Strumenti Musicali s.r.l.
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©2014 VIC FIRTH COMPANY
le nuove bacchette
The Italian Job
www.drumsetmag.com
18015
LA CURA
C
iao a tutti, come promesso nell’ultimo numero
a The Italian Job arriva lo
straniero e cioè… mr. Gavin
Harrison! Del fenomenale
batterista inglese sono notissime le collaborazione con
Claudio Baglioni, ma Gavin
ha anche collaborato, sempre
per quanto riguarda il pop
italiano, con Eugenio Finardi, Alice, Fiorella Mannoia
e, nel caso in esame, Franco
Battiato. Il brano di cui ci occupiamo questo mese è “La
cura”, tratto da un album del
1996 intitolato L’imboscata.
a cura di
Gianluca Fiorentino
Produttore e compositore oltre che batterista,
ha collaborato in studio
e dal vivo con Renato
Zero, Anna Tatangelo, Arthur Miles, Alex Lofoco,
Conservatorio di Como,
Alex Lloyd, Belle Histoire
e altri. Insegna batteria
presso SpunkTeatro di
Saronno (VA), Overdrive
Studio (Milano), le accademie Lizard di Lecco e
Como, ed è assistente di
Lele Melotti nei suoi seminari e titolare del Bflat
Recording Studio di Origgio (VA).
una parte del brano a un’altra. Infatti abbiamo:
INTRO - 10 misure
1° STROFA – 9 misure
1° RITORNELLO – 7 misure
ARCHI – 7 misure
SOLO CHITARRA – 6 misure
SPECIAL – 5 misure
ARCHI – 5 misure
2° STROFA – 9 misure
2° RITORNELLO – 7 misure
3° RITORNELLO – 8 misure
BREAK + DRUM FILL – 2
misure
SOLO CHITARRA FINALE
– 13 misure
Per quanto riguarda la parte
tecnica, il brano inizia con
un’oramai famosissima intro
tra rullante e tom, che in effetti è un groove in 16esimi
con la ‘botta’ di rullante sul
terzo movimento e la cassa
con una figurazione ‘a duine’, però sulla fine della misura. Attenzione subito alla
prima misura, che sembra
partire con i tom: effettivamente però, a un ascolto
attento, in battere troviamo
l’hi-hat suonato con il piede!
Alla seconda misura, dove
finisce la frase sui tom, attenzione al press roll sul levare
ancora del 4° movimento.
L’intro quindi è composta da
10 misure. La parte rilevante,
e molto complessa, consiste
nel portare il groove con il
tappeto di ghost notes sul rullante, lasciarlo nel momento
in cui ci si sposta sui tom,
per poi ritornare al tappeto
senza assolutamente perdere
la fluidità.
Qualche passaggio molto interessante:
alla misura 6, sul quarto movimento ci si sposta sul tom
sul 2° sedicesimo;
alla misura 7, sul quarto
movimento occhio al press
roll sul 3° sedicesimo;
alla misura 10, sul quarto
movimento ci si sposta sul
tom sul 3° sedicesimo.
Più in generale, conviene
fare attenzione a tutto il
brano, che il M° Battiato ha
composto utilizzando una
struttura non convenzionale,
il che ci porta a dover prestare molta attenzione ai punti
nei quali con i fill bisogna
sottolineare il passaggio da
18
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
Alla misura 44 (dopo circa
1’ e 54”) il fill è sempre caratterizzato dal portamento
in sedicesimi del groove, ma
sull’ultimo movimento troviamo 1/8 e 2 sedicesimi tra
2° tom, timpano e cassa all’unisono con il crash.
Di nuovo, alla misura 54
(dopo circa 2’ e 20”), ma questa volta i 16esimi da spostare sui tom sono:
sul 2° movimento, il 2° sedicesimo;
sul 3° movimento, il 4° sedicesimo;
sul 4° movimento, il 3° sedicesimo.
Infine, nell’unico break del
brano, il fill è formato da due
flam: sul rullante e primo
tom sull’ultimo 16esimo del
terzo movimento e sul rullante e timpano sul levare del
quarto.
Per concludere, anche in
questo caso diremo che per
suonare questo brano la tecnica è importantissima: essa
ci consente di poter portare
questo groove che nella sua
semplicità è di una difficoltà
incredibile (scusate il gioco
di parole)! Quindi, grazie al
Maestro Gavin Harrison per
19
averci lasciato una perla nella
musica pop italiana e arrivederci al prossimo numero.
Before I Forget
www.drumsetmag.com
PANTERA
18016
,FAR BEYOND DRIVEN, 1994
Il primo disco di metal ‘estremo’ a raggiungere i vertici delle classifiche mondiali di vendita. In
occasione del ventennale, di quest’album ‘seminale’ è uscita una versione deluxe, contenente il disco
in versione rimasterizzata e un secondo disco bonus con una performance live al festival Monsters
of Rock del 1994, oltre alla vera copertina, censurata immediatamente per via del disegno giudicato
all’epoca troppo violento.
L
a presentazione del terzo disco della band – il
settimo, contando la prima
fase della carriera tenuta
ben nascosta dagli stessi artisti – parte con un tour nei
negozi immortalato da MTV,
accompagnato dall’uscita del
primo singolo “I’m Broken”.
Una promozione che darà
presto i suoi frutti, con vendite e posizioni in classifica
di tutto rispetto, nonostante
la critica non sempre positiva
delle riviste dell’epoca. Le novità, dopo gli ottimi Cowboys
from Hell e Vulgar Display of
Power, sono l’accordatura più
a cura di Edoardo Sala
Ha studiato batteria privatamente con Pietro Stefanoni, Marco Castiglioni
e Franco Penatti. Svolge
un’intensa attività live in
ambito pop/rock e metal.
Attualmente impegnato
nella folk-rock band Folkstone, testimonial dei
marchi Ludwig, Paiste,
Remo e Vic Firth, Edoardo insegna batteria presso il Laboratorio Musicale
di Lecco e il Nerolidio di
Como.
grave degli strumenti, una
spiccata influenza sabbathiana e una produzione davvero
stellare e innovativa, soprattutto per quanto riguarda la
batteria di Vinnie Paul: suoni
che in seguito influenzeranno in modo evidente diverse
band. Il tour che segue vede
la band esibirsi da headliner,
non senza i primi seri problemi legati alle dipendenze da
alcool e droghe del frontman
Phil Anselmo, oltre a problemi di risse dei fratelli Abbott
(alias Vinnie e il chitarrista
Dimegab) con giornalisti e
addetti alla sicurezza; tour
che li vedrà passare dall’Italia
solo nel 1995, dopo la fugace
apparizione pomeridiano al
Monsters of Rock di Bologna
del 1992. Il successo del disco, con i seguenti singoli
“5 Minutes Alone”, “Becoming” e la cover dei Black
Sabbath “Planet Caravan”,
portano i Pantera a restare
diverso tempo in classifica,
vincendo il primato di primo
disco di metal ‘estremo’ a
raggiugere i vertici; in occasione del ventennale, dell’album è uscita una versione
deluxe, contenente il disco
in versione rimasterizzata
e un secondo disco bonus
con una performance live al
Monsters of Rock del 1994, oltre alla vera copertina, censurata immediatamente per via
del disegno giudicato troppo
violento. Seguiranno due
dischi – The Great Southern
Trendkill e Reinventing the Steel – prima del tanto discusso
scioglimento del 2001, sui
cui motivi circolano ancora
voci e pareri discordanti. La
carriera artistica per i fratelli
Abbott proseguirà con il nuovo progetto Damageplan,
fino alla tragica morte di
dieci anni fa – l’8 dicembre
2004 – di Dimebag, assassinato da un fan schizofrenico
sul palco, durante uno show
in Ohio. La tragedia colpisce duramente Vinnie, che
per un periodo di quasi due
anni decide di mettersi in
pausa, dedicandosi alla Big
Vin, nuova etichetta di sua
proprietà. Nel 2006 esce il
primo disco degli Hellyeah,
nuovo progetto con membri
di Mudvayne e Damageplan,
ormai arrivati all’uscita nel
2014 del quarto disco, Blood
for Blood.
20
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
CREDITS:
Phil Anselmo – Voce
Dimebag Darrell – Chitarra
Rex Brown – Basso
Vinnie Paul – Batteria
Prodotto da Terry Date e Pantera
SETUP
Dopo anni con Remo, Tama e
Pearl – di cui si ricorda anche
un rullante signature pitonato
in acero da 14” x 8” – Vinnie
è diventato uno degli artisti di
punta della DDrum e ora usa
un set custom in acero con
le stessa finitura con i draghi
riprodotta sul suo cappello; le
misure: due casse 24” x 24”;
tom 14” x 14” e 15” x 15”; floor
tom 18” x 18”; rullante 14” x
8” signature. snare drum
I piatti sono Sabian: 12” Ice
bel, 14” AAX Metal Hi-Hats,
18” Hand Hammered Rock
Crash, (2x) 20” AA Chinese, 19” AA Rock Crash, 19
e 20” AA Metal-X Crash,
22” Hand Hammered Power
Bell Ride, 14” AA Rock HiHats, 20” AA Metal-X Crash.
Le bacchette sono le Vic Firth
Signature Series: Vinnie Paul
(SVP).
Le pelli sono Evans.
Inoltre, per quanto riguarda
l’elettronica, trigger Ddrum e
pad Roland.
I battenti per i pedali della cassa sono Danmar e i microfoni
gli Shure.
21
Before I Forget
22
23
Unforgettable
www.drumsetmag.com
18017
remembering
GIANNI BRANCA
Entusiasta, combatteva sempre con il sorriso sulle labbra, anche contro la terribile malattia che
lo aveva colpito. Non ce l’ha fatta Gianni Branca e se n’è andato poche settimane prima del suo
cinquantesimo compleanno.
di Mario A. Riggio
I
l sorriso lo aveva sempre stampato
sulla faccia, un sorriso che andava a braccetto con un entusiasmo
contagioso, che gli ha permesso di raggiungere molti dei suoi sogni. Oggi lo
ricordiamo attraverso le parole dei suoi
amici e colleghi, tracciando anche un
breve, seppur parziale profilo della sua
opera musicale.
“Te ne sei andato in punta di piedi –
si lamenta Tullio De Piscopo - non abbiamo fatto in tempo a vederci come
ci eravamo ripromessi: dovevamo fare
una bella cenetta in quel ristorante di
Torino che a te tanto piaceva. Vola, vola
guaglio’, vola più in là del sole e più in
alto ancora. Tuona coi tuoi tamburi e
dipingi tutti i colori dell’arcobaleno con
le tue percussioni. Mi mancherai tantissimo”.
“Un gran bravo ragazzo se n’è andato
– gli fa eco Ellade Bandini - come sua
abitudine, in modo molto educato, in
silenzio, lasciandomi senza parole. La
sua tenacia, passione e gran forza di
volontà mi ha sempre spiazzato affascinandomi allo stesso tempo. Tutto ciò
che Gianni ha ottenuto è stato solo frutto del suo coraggio, ma il terribile male
ancora una volta l’ha sfidato senza nessun rispetto togliendogli tutto, tutto
tranne il suo immancabile sorriso”.
Aveva iniziato tardi a suonare la batteria, a Genova con Dado Sezzi: “L’ho
conosciuto nel 1988 – ricorda il suo
primo maestro - quando era titolare
di un’officina ripara camion, con un
passato di calciatore nelle giovanili del
Genoa, interrotto a causa di un grave
infortunio, quando un difensore non
troppo tenero gli ha distrutto un ginocchio. In un certo senso era l’allievo
ideale – continua Dado - entusiasmo,
energia, curiosità, costanza, determinazione e intraprendenza. Era una spugna e questo andava a compensare un
non spiccato talento naturale, facendogli comunque ottenere ottimi risultati,
assolutamente rispettabili nonostante
si fosse avvicinato alla batteria dopo i
vent’anni. Nel giro di poche lezioni fu
come accendere un covone di grano e
nel giro di un paio d’anni decollò”.
Assetato di conoscenza, Gianni Branca
decide di studiare con Sal Sofia, prima
in Italia, poi negli USA. Tornato in Italia si fa subito strada in contesti creativi, con il chitarrista Armando Corsi,
con cui ha realizzato dischi e video,
fino a vincere il concorso Percfest per
percussionisti creativi e registrare il
suo primo vhs, La batteria etnica, nel
1997. La sua formula era efficace: aveva
sostituito quelli della batteria con tam-
24
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
buri etnici. Ricorda ancora Dado Sezzi:
“La batteria etnica, magari in modo un
po’ confuso, era comunque un tentativo lodevole di evoluzione del pensiero
batteristico”. “Mi aveva colpito il suo video” afferma Tullio De Piscopo. “All’epoca dell’uscita era venuto a trovarmi
a Milano perché ci teneva ad avere un
mio giudizio: mi piaceva il suo intento,
anch’io amo questo tipo di ricerca”.
“Ho conosciuto Gianni a Genova,
quando era fresco del video e della
tournée con Teresa Di Sio” ricorda Alex
Nicoli, suo principale collaboratore e
socio in didattica. Non l’ho scelto come
insegnante perché era la moda del
momento: mi è piaciuto il suo modo
di comunicare e personalizzare la didattica. Sono partito di nuovo da zero
nello studio con lui, in quanto avevo
vecchi difetti da mettere a posto e mi
ha fatto crescere nell’arco del tempo”.
In quel periodo Gianni Branca sente la
necessità di crescere ancora dal punto
di vista tecnico e studia a Milano, prima al CPM, poi con Giorgio Di Tullio.
“Qualcuno gli aveva fatto il mio nome e
mi chiamò” ricorda Giorgio. “La prima
lezione mi tirò un pacco. Dopodiché,
prese una bella strigliata e si rimise
in riga, si impegnò alla grande, tanto
che dopo tre anni mi parlò dell’idea di
scrivere un metodo per batteria tradizionale ed etnica. Così nacque una collaborazione professionale tra noi due”.
Dal sodalizio Branca – Di Tullio nasce
il metodo Nuovi orizzonti musicali edito da Bmg Ricordi. “Era un ragazzo di
spiccata passione e generosità verso la
musica e le persone” ricorda ancora Di
Tullio. “Sempre alla ricerca del miglioramento, sorriso perenne da parte di
un uomo che ha dato veramente tanto.
Come musicista era poliedrico. Non
si fermava solo a un genere musicale.
Spaziava spesso alle pure percussioni
per poi integrare il tutto con la batteria.
Era sempre in fase di ricerca”.
A fine anni ’90 si trasferisce a Collegno, vicino a Torino, dove fonda la
scuola La ritmica. “Ho seguito Gianni
anche a Torino – prosegue Alex Nicoli – prima come allievo, fino a che un
giorno mi chiese se volevo entrare a far
parte della sua associazione, coinvolgendomi nei progetti. Ho capito che mi
stava offrendo un cambio di rotta della
vita e ho scelto di seguire lui nella musica. Siamo cresciuti insieme, anche se
su piani diversi, e ha sempre creduto
in me”. A Torino, Gianni si è dedicato
principalmente alla didattica, pubbli-
cando diversi metodi: Etnic Drum Vernissage (1998), Nuovi orizzonti musicali
(1999, co-firmato da Giorgio Di Tullio),
Interazioni tra le tecniche (2000), Interplay ritmico (2003), Multiconcezione
ritmica (2006), Sfera ritmica (2007),
Multiconcezione ritmica II, (2008), Very
Easy Drums (2010). Come musicista è
riuscito a togliersi parecchie soddisfazioni, suonando dal vivo o incidendo
anche con Fiordaliso, Chico Buarque
de Hollanda, Billy Cobham, Ennio
Morricone. È anche stato il batterista
dello show Pavarotti & Friends a Kuala
Lumpur, in Malesia, in cui ha accompagnato Michael Bolton.
“Nel 2004 – racconta il pianista Fabio
Vernizzi - mi ha chiamato per registrare il disco dei Dudà, band formata da
un’idea di Gianni, Dado Sezzi e Roberto Puggioni. Da li mi chiamò per il tour
di presentazione e iniziammo a collaborare in vari progetti, fra cui il Maya
Quartet, con repertorio tratto dal mio
cd Maya e alcuni brani suoi. Con lui ho
suonato in ogni parte d’Italia, a volte
davvero in condizioni estreme, e nei
più grandi jazz club europei, tra cui il
Blue Note di Milano e il New Morning
di Parigi. Da li a poco iniziammo a collaborare col sassofonista Diego Borotti
e il contrabbassista Riccardo Barbera.
25
Altri festival e un repertorio che andava
più in direzione mainstream”.
Cimentatosi anche come organizzatore
di festival, Branca è riuscito a portare
in Italia Remo Belli, il fondatore della Remo. “E’ successo quando Gianni
abitava a Alpignano, paese di origine di
Remo” ricorda Dado Sezzi.
Gianni era un musicista decisamente
eclettico. “Nel corso degli anni – ricorda Alex Nicoli –l’ho visto passare dalla
sua batteria etnica al pop, rock, funky,
fusion, latin e negli ultimi periodi si era
spostato verso la big band e il jazz, fino
a conseguire il diploma al triennio jazz
a Torino”. “Era molto cambiato in senso positivo” conferma Tullio De Piscopo. “L’ultima volta che l’ho visto era con
la sua piccola big band, con una bella
sezione di fiati, e io lo ascoltavo da dietro il palco. Aveva acquisito un ottimo
approccio dal punto di vista jazzistico e
utilizzava il ride nella maniera giusta.
Abbiamo suonato insieme quella sera,
lui era emozionato, ci siamo abbracciati ed eravamo commossi”.
Ultimamente aveva coronato un suo
sogno suonando con Danilo Amerio e
i Principles Sounds, con Dario Chiazzolino, Pino D’Eri e gli Yellow Jackets
Russell Ferrante, Bob Mintzer e Jimmy
Haslip. “Era andato a Los Angeles a re-
Unforgettable
GIANNI BRANCA
gistrare il disco Lost in the Jungle – precisa Fabio Vernizzi - un progetto fusion
con brani originali di Dario e Gianni.
Un disco portentoso, che abbiamo
portato in un tour europeo insieme al
sassofonista Andy Sheppard”. Di quel
tour resta la registrazione del concerto
di Taggia (IM), il 15 luglio 2014, coronamento di una grande carriera, da cui
si pensa di ricavare un cd live. “L’ho
visto a fine luglio – dice amaramente
Dado Sezzi - e rimanemmo con l’idea
di ricostituire i Dudà quest’autunno”.
“Ad agosto – conclude il suo pianista
- facemmo una coda del tour dei Principles Sounds, ma Gianni purtroppo
cominciava a non farcela più”.
“Gianni Branca è stato una persona con
i piedi per terra – chiosa Alex Nicoli con la dedizione alle cose importanti
della sua vita: la famiglia, gli amici veri.
Dava sempre la sua opinione in maniera diretta e non sempre questo piace a
tutti. Musica e vita sono state una cosa
sola per lui”. “Passavamo notti intere
a parlare della vita, delle scelte – dice
ancora Fabio Vernizzi - e, ovviamente,
di musica. Sapevamo ritagliarci degli
spazi nostri anche per stare insieme
al di la del lavoro. Trovavamo sempre
il modo di vederci, a Torino, a Gavi, a
Diano Marina o a Genova. A volte cenavamo ad Alessandria, a metà strada.
Per me era l’Amico, quello su cui potevo contare, quello che c’era sempre e
per davvero”.
Lasciamo il finale ad Alex Nicoli, che
proseguirà a Collegno il lavoro di Gianni Branca: “È stato bellissimo vederlo
fare cose incredibili come i drum circle che si svolgevano a Collegno con
regolarità. Ora bisogna continuare a
far funzionare la sua scuola, La Ritmica, fondata sulla personalizzazione
di concetti didattici e come punto di
promozione culturale. Molti ricordano
Gianni con la sua musica, sarà anche
compito mio raccogliere e far diventare
un evento questa esigenza. Continuerò
a insegnare, come docente mi è sempre piaciuto il fatto di comunicare e far
crescere musicalmente ogni persona.
Certamente, non mi sento abbandonato dalla spinta entusiastica di Gianni
Branca, anzi, è sempre con me e con
le persone che lo ricordano per quello
che è”.
Batterista, amico mio, quando eri giovane, al tempo in cui io sarei stato giovane
ancora per poco, non mi stavi simpatico. Avevi facilità, una certa attitudine all’istrionismo ma sottendevi, con eleganza, una certa boria. Ti premiammo al concorso
perché eri bravo, ma niente di più. Un giorno scrivesti un metodo, me lo inviasti
e mi telefonasti per chiedermi un parere: “...avresti fatto meglio a chiedermi un
consiglio prima di stamparlo, anziché chiedermi un giudizio adesso che non
c’è niente da fare...” ti dissi, e tu rimanesti al telefono a sentire il mio pistolotto
contro la superficialità metodologica e gli svarioni dei ’faciloni del ritmo africano’.
Ti incontrai dopo qualche anno e mi meravigliai del tuo ringraziamento per le mie
parole severe. Conversammo e tra le tante cose mi dicesti della tournée con gli Jellow
Jackets, della tua paternità e del cancro. Poi salisti sul palco a fare il tuo, in uno
show-case per la casa di strumenti che ci sponsorizza entrambi. Avevi i segni della
vita sull’espressione, bicipiti grandi come otri e, come sempre, indossavi la bellezza
di chi è bello davvero; nelle bacchette però, un flusso nuovo di raggiunta, matura
consapevolezza. “Hai suonato benissimo!” ti dissi alla fine. “È anche merito tuo
- rispondesti - mi fa bene parlare con te. Grazie Maestro”. Mi emozionai e capii a
un tratto quello che non potevo capire anni prima: non avevi mai avuto la spocchia
del giovane genio, ma la tracotanza di un bimbo che vince ad un gioco.
Non hai mai invidiato nessuno né ti sei mai nutrito dell’invidia altrui; eri solo
assetato di conferme per sentirti autorizzato a continuare il gioco che ti faceva
felice. Quando ci salutammo, mi fece tenerezza l’abbraccio di un uomo adulto con
la faccia da ragazzino entusiasta. Non sapevo cosa avevi imparato da me, sentii
però che diventare padre e combattere la malattia erano stati i veri docenti di quel
pezzo di vita e, in quell’abbraccio un po’ accorato, c’erano anche loro a stringerci.
Ieri il cancro ti ha portato via, fottendosene di quanto eri bravo. Si sa, le malattie
uccidono perché non sanno danzare.
Abbracciami ancora Gianni, e insegnami a giocare.
Massimo Carrano
Spotlight
www.drumsetmag.com
18018
JOJO MAYER
secret
WEAPONS Part II
Sebbene esista tanto materiale didattico disponibilie
sulla tecnica delle mani tra libri e video, non si può dire
altrettanto per ciò che riguarda la tecnica dei piedi e
del pedale. Jojo Mayer torna a colpire nel segno con
Secret Weapons for the Modern Drummer Part Two: A
Guide to Foot Technique (Hudson Limited).
d i Jo e B e rg a mini/ fot o di C a rme n Ka m , H u d so n M u si c
J
ojo Mayer è uno dei virtuosi del drum set più rispettati al
mondo, ha viaggiato per tutto il pianeta tenendo performance ed eventi didattici di ogni tipo, ma soprattutto ha realizzato
il documento video definitivo sulla tecnica delle mani: Secret
Weapons for the Modern Drummer: A Guide to Hand Technique,
uno dei DVD più venduti della storia della batteria. Dopo un lungo
periodo di ricerca e produzione, scandito da una grande attesa da
parte del pubblico dei batteristi, Jojo è tornato con Secret Weapons for
the Modern Drummer Part Two: A Guide to Foot Technique. La ricerca
effettuata per questo video è stata incredibile e il risultato è assolutamente sorprendente: il DVD è pieno di consigli tecnici specifici e
relativi alle performance, oltre a contenere anche una storia dell’evoluzione completa della tecnica, in relazione all’evoluzione del pedale
inteso come ‘strumento’.
Chi scrive ha avuto la possibilità di vedere con calma il DVD, trovando le informazioni talmente affascinanti, educative e divertenti
da riuscire a vedere le cinque ore di programma in una sola seduta.
Questo naturalmente senza contare le pause effettuate per provare
immediatamente gli esercizi con i miei pedali. Questo è infatti il tipo
di interesse e di eccitazione provocato da un video in cui viene trattato qualsiasi argomento che abbia a che fare con la tecnica dei piedi
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DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
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Spotlight
JOJO MAYER
e del pedale e che contiene una gran quantità di performance
interessanti tra una lezione e l’altra, in perfetto stile Mayer.
Il DVD
Jojo inizia con un’introduzione relativa alla tecnica dei piedi.
Il suo approccio è quello di dividere questa tecnica in diverse
sottocategorie, iniziando da quella che potrebbe essere descritta come la più elementare, per poi arrivare a quelle più
complesse e avanzate. La prima a essere esplorata è la heeldown (tallone abbassato), seguita dalla heel-up (tallone alzato).
Come spiega Jojo, la tecnica heel-up è di sicuro più complessa, perché utilizza diversi gruppi di muscoli della gamba durante l’esecuzione, mentre quella heel-down si basa unicamente sull’uso della caviglia come perno. Quindi, Jojo divide
l’approccio heel-up in due differenti categorie secondarie, per
poi procedere alla presentazione di una serie di tecniche che
possono essere definite secret weapons per via dell’estremo
vantaggio che danno una volta imparate alla perfezione: si
tratta delle tecniche controlled release e Moeller pumping motion
applicate al pedale. Non cercheremo di spiegare simili tecniche in questo contesto, perchè è assolutamente necessario vedere la spiegazione e la dimostrazione di Jojo nel video. Oltre
a questo, il batterista svizzero affronta tutti i temi e i problemi
di cui volevo sentir parlare: se lasciare o meno il battente attaccato alla pelle della cassa, il controllo delle oscillazioni, le
questioni della fatica, della velocità e molto altro ancora. Jojo
spiega anche qual è il suo approccio personale e tutto ciò che
fa, ma dà anche dei consigli a tutti quei batteristi che adottano
tecniche diverse, un approccio eccezionale a livello educativo
e didattico.
Dopo la sezione dedicata alla tecnica, Jojo parla della storia
del pedale. Tutte le notizie presenti in questa sezione sono
tratte dalle ricerche effettuate da Jojo, che includono l’aver acquisito la maggior parte dei modelli di pedali storici utilizzati
sin dal primo brevetto registrato dal suo inventore verso la
metà del 1800. Questa analisi storica risulta molto interessante, perchè si collega perfettamente e in maniera profonda
alla storia della batteria e allo sviluppo dello strumento: ogni
nuovo progresso nella tecnolgia del pedale ha infatti favorito
la nascita di approcci differenti nel modo di suonare. Risulta
così interessante scoprire quail avanzamenti nel design del
pedale siano in sincronia con certi stili musicali. Per esempio,
Jojo fornisce una delle analisi più profonde del modo di suo-
JOJO MAYER
Secret Weapons For The Modern Drummer Pt. 2: A Guide To Foot Tecnique
Hudson Limited - www.hudsonmusic.com
L’attesa è finita… Finalmente è arrivato quello che è di sicuro il DVD più atteso
degli ultimi anni e che segue il successo incredibile del precedente video dedicato
alla tecnica degli arti superiori, uscito nel 2007. Identico il titolo, che differisce
solo nella seconda parte: A Guide To Foot Tecnique. Dopo aver visto ed esaminato con attenzione questo nuovo triplo DVD, l’impressione è quella di trovarsi
davanti a quello che si definisce un Instant Classic, un video che appare destinato
a diventare un classico, e uno dei più importanti nella storia dei video didattici.
Jojo qui analizza tutto, ma proprio tutto ciò che riguarda il pedale, argomentando
ogni capitolo con grandissima profondità e con un suo modo di porsi che ormai è
diventato una vera e propria caratteristica del suo personaggio. Attraverso una visualizzazione allo stato dell’arte e un’ambientazione decisamente originale, come
quella di uno spoglio loft newyorchese, Jojo Mayer ci guida passo dopo passo
alla scoperta della tecnica del pedale, rivolgendosi ai batteristi di qualsiasi livello;
ci parla di ogni aspetto della tecnica degli arti inferiori e dei pedali intesi come
strumento, oltre a rivelarci per la prima volta il modo di lavorare sulla sua tecnica
personale, con grande dovizia di particolari. Le quasi cinque ore di durata dei tre
DVD scorrono via in maniera davvero fluida senza mai annoiare, proprio grazie a un metodo informativo serio e divertente
al tempo stesso, e catturano lo ‘spettatore’ tenendolo costantemente incollato allo schermo. I contenuti includono le tecniche fondamentali heel-down e heel-up, il suonare “in” e “out” rispetto alla cassa, il pivot, le tecniche ibride (double stroke), la
constant release, gli esercizi rebound/dislocated relativi alla molla, la rocking motion, la swiveling technique, la heel-toe technique,
la Mayer power slide, gli esercizi sul grouping, la Moeller pumping motion, e le tecniche personali di Jojo Mayer definite secret
weapons. Davvero interessante la scelta di includere una discussione completa sulla storia del pedale per cassa, compresa la
sua anatomia e una guida sulla regolazione nei minimi dettagli. La discussione si estende alla scelta e all’influenza del tipo
di scarpe sul modo di suonare, alla differenza tra singolo e doppio pedale, oltre a un’analisi completa della storia dello hi-hat
e delle relative tecniche d’uso. La sezione degli ‘extra’ - che si possono definire fondamentali -include argomenti relativi a
velocità, controllo, gestione delle vibrazioni del battente sulla pelle, bilanciamento sullo sgabello, altezza relativa e postura
e coordinazione tra singoli e doppi colpi. Ultime, ma non ultime le performance: c’è di tutto, dalle esibizioni dei Nerve in
formazione rinnovata agli street groove, fino ad arrivare a un’incredibile esibizione con un ballerino di tap dance, con tanto
di scambi finali… Un prodotto fantastico sotto ogni punto di vista, che unisce l’estrema qualità tecnica audio/video, all’incredibile spessore dei contenuti; un classico da possedere, vedere, analizzare, e studiare all’infinito… Well done Jojo!
Bob Baruffaldi
30
31
nare di Chick Webb, con specifico riferimento alla sua tecnica
dei piedi, che si siano mai viste. Naturalmente, Jojo è molto
chiaro su quali siano i cambiamenti che lui considera dei veri
‘avanzamenti’ e quali rappresentano invece delle ‘regressioni’
(che sono tante). Jojo spiega nei dettagli anche lo sviluppo e
le caratteristiche del suo Perfect Balance Pedal, disegnato in
risposta alle sue ricerche e alle sue scoperte.
Nel terzo disco troviamo infine una panoramica completa
e dettagliata della tecnica per suonare lo hi hat con il piede,
strutturata allo stesso modo delle sezioni relative alla tecnica
del pedale della cassa. La storia e lo sviluppo dello hi-hat vengono discusse in profondità e viene fornita una nutrita serie
di esercizi. C’è anche una sezione molto utile in cui viene discusso tutto ciò a cui fare attenzione nella scelta di un buon
supporto per hi-hat.
La quantità di informazioni a disposizione in questo package
sarà ovviamente molto utile a tutti gli insegnanti e agli studenti. Sebbene il DVD contenga informazioni di livello molto avanzato, un insegnante potrebbe con profitto assegnare i
diversi capitoli dalle sezioni heel-up e heel-down a uno studente proncipiante per iniziare a esplorare la tecnica degli arti
inferiori. Si può lavorare con il solo video, oppure considerarlo come un supporto per i diversi libri scelti dall’insegnante
per sviluppare l’uso dei piedi. Ci sono degli esempi presi dai
libri più usati per insegnare, che si posso usare insieme al
DVD: Stick Control, Syncopation, The Encyclopedia of Double
Bass Drumming, Pedal Control, Realistic Rock, The Art of Bop
Drumming, The Commandments of R&B Drumming o qualsiasi
altro libro adeguato. Nel loro complesso, i due DVD realizzati
da Jojo rappresentano un sistema completo per la tecnica, che
fornisce a ogni batterista una guida, dei riferimenti e i metodi
di individuazione e risoluzione dei problemi relativi a qualsiasi area tecnica sulla quale vogliano lavorare.
L’INTERVISTA
Qui di seguito c’è una breve intervista con Jojo, in cui si
discutono in maniera più dettagliata la genesi e i contenuti del suo nuovo Secret Weapons for the Modern
Drummer Part Two: A Guide to Foot Technique.
Le tue spiegazioni sono molto chiare. Fai l’insegnante o hai
mai fatto lezioni di batteria?
In realtà sono un autodidatta che non ha mai avuto un training formale sulla batteria. Nel corso dei miei anni di scuola
ero - e probabilmente lo sono ancora - in ritardo rispetto a
gran parte del ‘sistema’ accademico. Quindi, ho sviluppato
molto presto un mio sistema di acquisizione e di analisi delle
informazioni, sviluppando una coscienza più elevata attraverso l’osservazione, l’ascolto e la memorizzazione. Questo mi
riporta alla mia infanzia, quando assorbivo ogni genere musicale che mi girava intorno, come una vera spugna: ricordo
ancora una dozzina di jingle televisivi assolutamente irrilevanti… E quindi ho imparato osservando, ascoltando e imitando. Non ho mai lavorato con tanti libri (a parte lo Stick Control)
o con i rudimenti. Quando avevo dodici anni ho trascritto e
memorizzato tutti gli assolo di Billy Cobham che sentivo e ho
sfruttato tutte le occasioni che ho avuto di andare a vedere un
buon batterista in concerto. Il mio sistema di insegnamento
si basa quindi sull’osservazione, l’analisi e l’imitazione: il sistema più naturale di imparare! Ciò ha dato il via a tanti anni
di intense analisi e di introspezione, che mi hanno spinto forzatamente a chiarificare ogni cosa per la mia comprensione
personale. Da adulto ho continutato a raffinare questo ‘sistema’ per poter comunicare con il mondo esterno. Molti anni
fa ho insegnato regolarmente per riuscire a mettere insieme
32
0G
Spotlight
JOJO MAYER
il tutto. Oggi non ho più il tempo di insegnare privatamente.
Quanto tempo ci è voluto per la pianificazione e per la ricerca
del materiale?
Ho iniziato a lavorare sul copione nello stesso periodo in cui
scrivevo Secret Weapons I, ma l’ho subito lasciato indietro perchè ero subissato dall’incredibile quantità di informazioni da
analizzare riguardo la tecnica delle mani. Ho ricomnicato a
lavorare su Secret Weapons II circa sei anni fa. Nel corso degli
anni, il copione ha continuato a cambiare e a trasformarsi,
diventando sempre più grande. Sebbene io abbia utilizzato
alcune formule usate con il primo volume, mi sono scontrato
con una serie di nuove sfide che mi hanno indotto a riscrivere
completamente il secondo volume più di una volta. Uno dei
problemi principali era la mancanza di un vero protocollo relativo alla tecnica dei piedi. Nel corso delle mie ricerche, sono
arrivato a realizzare che, in comparazione con la tecnica delle
mani – che ha un protocollo che include oltre quattrocento
anni di marching band, storia militare, musica classica e jazz
– avevamo a disposizione solo cento anni, a partire dall’introduzione del pedale per batteria. Non sono riuscito a trovare
una sola teoria unificante a proposito della tecnica dei piedi.
Tutto quello che sono riuscito a trovare è solo una serie di
opinioni. Quindi, con Secret Weapons I avevo circa il 70% di
protocollo ufficiale e il 30% di mie idee personali, mentre con
Secret Weapons II è successo il contrario: il 30% di protocollo
e il 70% del mio contributo basato sulle ricerche personali. In
pratica, sono andato alla ricerca di un punto zero da fissare
come punto di negoziazione da cui potesse partire una vera
discussione sul pedale.
Come hai fatto a effettuare le ricerche sui diversi modelli di
pedali e sul relativo equipaggiamento?
Senza dubbio le mie ricerche hanno puntato l’attenzione al
passato e al modo in cui i pedali e la relativa tecnica si sono
evoluti. Sfortunatamente, molta della conoscenza in questo
campo è andata perduta tra gli anni Cinquanta e Sessanta:
nessuno si è mai preso cura di documentare il modo in cui alcuni virtuosi come Chick Webb usavano i loro pedali. Quindi,
lo studio della musica e dei pedali vintage sono stati necessari
per ricostruire e sbloccare alcuni di questi misteri. Durante
questo processo, ho anche parlato di tutto quanto con dozzine
di persone di tutto il mondo. Gran parte di queste ricerche
hanno anche contribuito a creare parte del DNA che sta dietro
al design del mio pedale, il Sonor Perfect Balance. Quando si
tratta del design di un pedale e dell’approccio generale alla relativa tecnica, abbiamo bisogno di evolverci rispetto allo stato
primitivo di uomini delle caverne e di raggiungere lo stato in
cui siamo con la tecnica delle mani.
Dove hai preso tutti quei pedali vintage?
La maggior parte di essi sono acquisti personali degli ultimi
vent’anni, ma gli altri mi sono stati generosamente prestati da
collezionisti, amici batteristi e negozi vintage.
C’è stato un processo di ricerca specifico per ciò che riguarda
la tecnica, oltre alla tua personale esperienza? Hai consultato
per esempio altri batteristi, libri, eccetera?
Facendo la considerazione che ho imparato (e continuo a farlo) guardando e ascoltando gli altri musicisti e batteristi, sono
Latin-Rhythms Master drummer & percussionist.
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state la mia esperienza personale e le mie ricerche che mi
hanno portato a suonare il pedale nel modo in cui lo faccio
oggi. Devo dar credito però a Freddie Gruber, che mi ha mostrato la tecnica constant release, che dimostro sul DVD. Questo tipo di approccio mi ha aperto molte porte.
Hai qualche consiglio per gli insegnanti riguardo all’uso del
DVD?
Osservate! Metteteci la testa e la vostra creatività! Sebbene io
miri ad aiutare le persone a diventare musicisti e batteristi migliori, mi renderebbe felice se almeno parte di ciò che c’è nel
DVD ispirasse qualcuno a sviluppare una soluzione migliore.
Ciò che è contenuto in questo DVD è il meglio che ho potuto
fare, ma qualsiasi cosa può essere messa in discussione se c’è
una soluzione migliore. Per me va bene.
Credi che gli studenti debbano imparare le tecniche nello
stesso ordine in cui appaiono nel DVD?
Non necessariamente. Va bene anche curiosare e fermarsi sul
punto voluto; puoi sempre tornare indietro se ciò che trovi appare troppo difficile. Come ho già detto, siate creativi e cercate
di divertirvi con il DVD. Quello a cui miro è cercare di aprire
la mente della gente riguardo al loro approccio nell’acquisire
le conoscenze personali. Io sono assolutamente anti-dogmatico e assolutamente a favore della curiosità e dello scetticismo. Non è necessario imparare alla perfezione tutte queste
tecniche. Alla fine, voglio che la gente capisca ciò che voglio
dire e che poi vada oltre e crei la propria versione. Una delle
ragioni principali per cui la cultura batteristica dell’Occidente ha fallito nello sviluppo di altri strumenti è perchè è stata
spinta da ciò che i militari hanno sempre sostenuto: non fare
domande/esegui gli ordini. I rudimenti... LRLRLR, bla, bla,
bla. Tutto questo deve cambiare, se vogliamo elevare la nostra
cultura in futuro.
Come hai scelto le locations per le sezioni relative agli assolo?
Sono state girate in stile guerrilla?
Contrariamente alle parti didattiche scritte in maniera molto
meticolosa, queste sono state invece girate totalmente in stile
guerrilla: giravamo in macchina, trovavamo un posto che ci
sembrava adatto, scaricavamo la batteria, pronti, via, azione!
Rimettavamo tutto in macchina e via, alla ricerca di un’altra
location. Devo dire che la maggior parte delle cose che abbiamo fatto in questa fase vengono dal genio del mio produttore,
Marco Tempest, che è molto bravo in questo.
Hai mai avuto per conto tuo dei problemi tecnici specifici,
come quelli di cui parli nel DVD?
Naturalmente. Altrimenti non potrei mai sapere di cosa sto
parlando.
Bob Baruffaldi
Lezioni individuali di batteria personalizzate
IL CONTROLLO TOTALE DEL
SUONO, IL GROOVE, LA TECNICA
- Il groove nei suoi molteplici aspetti, e
la relativa contestualizzazione all'interno
dei diversi stili, unitamente alle relative
caratteristiche tecniche e sonore.
- La pratica, la teoria e lo studio della
tecnica con l'ausilio di metodi e
trascrizioni originali, e di quelli più
importanti a livello internazionale.
-La fondamentale importanza del suono,
la conoscenza e l'accordatura dello
strumento in situazioni live e di studio,
secondo l'esperienza di drum tech per
batteristi del livello di Vinnie Colaiuta,
Virgil Donati, Steve Smith, Gregg
Bissonette, Mike Portnoy.
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WALTER CALLONI
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18019
RICOMINCIO DA
Sly & the Family Stone
Partire dagli anni ’70 è quasi un obbligo quando si ha di fronte Walter Calloni, uno che ha segnato profondamente il suono dell’epoca, e ancora oggi continua a essere un punto di riferimento per i batteristi del nostro Paese.
Te s t o e f o t o d i M a r i o A . R i g g i o
D
iamo uno sguardo alla musica italiana: alcuni artisti che
hanno fatto gli anni ’70 sono
ancora in giro e, guarda caso, ripropongono i successi di quell’epoca. Qualche
nome: Eugenio Finardi, Gianna Nannini, PFM, Area, tutti artisti che all’epoca
d’oro suonavano con Walter Calloni
alla batteria. “Se abbiamo ancora bisogno di quella musica – afferma Walter
Calloni - vuol dire che in questi anni non
è successo nulla. In realtà non vogliono
che succeda nulla, ci sono un sacco di talenti che rimangono chiusi nelle loro cantine”. Nostalgia? Forse, ma con i piedi
per terra: “Quel periodo ha permesso di
esprimerci, di suonare, ma sono stati tempi violenti”.
Quella dei musicisti degli anni ’70 era
una generazione che credeva in qualcosa.
Musicalmente sono nato nel periodo
più politico. Per la nostra generazione
era naturale far sentire la propria voce.
Con Finardi e Camerini suonavamo
dopo le assemblee.
Ha senso ancora oggi il legame fra arte
e impegno politico?
C’è uno stretto legame fra musica e
impegno sociale, da sempre. Per me è
dunque naturale prendere posizione e
non essere qualunquista. Anche oggi
la nostra musica può influenzare le
giovani generazioni. Guarda il lavoro
di sensibilizzazione che ha fatto Bono
Vox: anche noi nel nostro piccolo possiamo farci ascoltare dai ragazzi, che
oggi sono molto attenti.
Paradossalmente, negli anni ’70, il
momento più violento ha coinciso con
una crescita della qualità della musica
in Italia.
C’è una ragione: con Santana e i Led
Zeppelin ci sono stati incidenti e gli
artisti stranieri non sono più venuti in
Italia. Questa è stata una grossa occasione che ha permesso a noi di crescere, perché la musica poteva essere solo
italiana.
Una grande opportunità, quindi.
Io, Agostino Marangolo, Tullio De Piscopo ed Ellade Bandini abbiamo avuto
delle possibilità e ci siamo fatti conosce-
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DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
re. Negli Area, è stato Demetrio Stratos
a credere a un ragazzino sconosciuto
di sedici anni. Lucio Battisti è passato dallo studio dove stava registrando
Claudio Pascoli e gli ha chiesto: “Chi
sono questi ragazzini? Portameli in sala
domani che suoniamo un po’ insieme”. Ci
hanno dato delle opportunità.
E oggi?
La musica rispecchia la fotografia sociale del paese. Non c’è più la classe
media, ci sono gli artisti che fanno
gli stadi e quelli che fanno i club. In
mezzo il nulla. Poi c’è il nuovo trend:
sembra che in Italia i batteristi non
sappiano suonare pop o rock. Chiaramente non è così. Tiziano Ferro, Jovanotti, Biagio Antonacci, Laura Pausini,
come mai non usano musicisti italiani
o stranieri residenti in Italia?
È una storia vecchia, ma oggi l’esterofilia è più diffusa fra gli artisti.
Ligabue aveva il suo gruppo, i suoi
vecchi amici, e funzionava. Ora è più
mollo. Pausini ha fatto un dvd stupendo con Maxx Furian. Persino Elisa, ora.
Vasco è stato portato al successo dagli
italiani: Lele Melotti, Daniele Tedeschi.
Anch’io ho fatto qualcosa in “Una
splendida giornata”. Vasco riempirebbe gli stadi anche solo con chitarra e
voce, perché ha un batterista straniero?
Ho sempre sognato che Vasco Rossi
facesse delle audizioni dando spazio
ai grandi talenti che ci sono in Italia.
Tanto la gente non sa che il batterista è
straniero, questi sono solo sfizi da miliardari viziati.
Beh, c’è anche qualche artista in controtendenza.
Pino Daniele, dopo tanti anni con gli
stranieri, è tornato con gli italiani.
Meno male, quello è il suo suono, lo ha
recuperato.
Però a volte le collaborazioni danno ottimi risultati, tu stesso hai detto che la
band di Pino Daniele con Steve Gadd e
Mino Cinelu era strepitosa.
Collaborare va benissimo, ma facendo
come oggi leviamo le possibilità ai nostri ragazzi. Negli anni ’70 io suonavo
tantissimo con musicisti stranieri che
stavano qui, Karl Potter, Hugh Bullen,
Kelvin Bullen, Peter Guidi. Pagavano
le tasse qui, non andavano poi nel loro
paese a parlar male dei nostri artisti.
Più spazio ai nostri ragazzi, quindi?
Gli artisti oggi non danno opportunità
ai nuovi talenti e di talenti ce ne sono
tanti in Italia. Li vedo facendo le mie
masterclass. Dovremmo fare come in
Francia e in Olanda, dove le reti radio
e tv sono obbligate a trasmettere una
larga percentuale di musica prodotta
nel proprio paese.
In televisione abbiamo i talent show,
ma forse è meglio glissare sull’argomento.
In Italia l’unico modo per farci conoscere è la televisione. Manca la banda
larga. A New York la tv è finita, è tutto
in Rete. Io credo molto nella Rete.
I giovani, quindi, hanno grandi possibilità in più per imparare.
Noi andavamo con il taccuino a vedere
Elvin Jones, facevamo il disegno della
mano per capire l’impugnatura e studiarla. Oggi con YouTube puoi informarti in tempo reale sulle tecniche.
Se cerchi “Tecnica Moeller” puoi vedere immediatamente come si fa. Molti
37
studenti preferiscono guardare chi fa i
numeri, quello che fa il rullo con una
mano sola o quello che si mette quattro
bacchette nel naso. JoJo Meyer afferma
di aver imparato a fare i numeri con le
bacchette solo per attirare l’attenzione
della gente nei negozi di strumenti e
nelle fiere. Questa è l’importanza dei
numeri da circo. Non conta nulla.
A proposito di didattica, ora hai aperto
una nuova scuola.
Sì, la Funky Town di Milano, con Giorgio Palombino, Roby Ferrante, Roberto
Tiranti, Laura e Lisa Francia. Siamo in
via Illirico, vicino a Lambrate.
Come sei passato dalle lezioni private
alle scuole?
Stavo provando per il disco Pfm? Pfm!
E tutti i giorni alle sei me ne andavo
dalle prove per dare lezione. Il chitarrista Franco Mussida mi ha chiesto dove
andassi tutti i giorni alle sei. All’epoca
non c’erano molte scuole in Italia, c’era
Franco Rossi con l’Accademia di Musica Moderna. Così è nato il CPM. Gli insegnanti eravamo io, Mussida, Claudio
Pascoli per il sax, Ares Tavolazzi per il
FaceToFace
WALTER CALLONI
basso. Allora c’era molto entusiasmo
per la didattica, oggi ci sono poche possibilità di suonare dal vivo proponendo
musica propria, per questo molti bravi musicisti si dedicano alla didattica.
Siamo arrivati al paradosso che ci sono
più scuole che locali.
Un po’ di anni fa ti eri appassionato
alle ritmiche afro, in particolare ai metodi di Mokthar Samba, il batterista degli Ultramarine.
Mi piacevano molto gli Ultramarine e
le loro ritmiche. Le ho ascoltate molto
a Parigi, la capitale della contaminazione. Ascoltavo e me le scrivevo, chiedendo ad altri batteristi, come Felix Sabal
Lecco, di spiegarmi l’accentazione. Lui
mi rispondeva di suonare con il cuore.
Sì, ma l’accentazione? Alla fine ho scoperto che era il secondo della terzina.
Anche Christian Meyer ha imparato
questo in Madagascar. Prima ha interpretato come il battere, ed era tutto
difficile, poi quando ha capito che era il
secondo colpo della terzina si è aperto
un mondo. Poi ha usato queste ritmiche anche con Elio, nel brano “Parco
Sempione”. Oggi mi piace Chris Dave,
che lavora su poliritmia e i cambi metrici. È la prosecuzione naturale di
quanto ho imparato dalle poliritmie
africane. È meno fusion, meno improvvisazione, meno melodia.
Tu avevi incominciato con le contaminazioni all’epoca dell’etichetta Cramps,
nei primi anni ’70.
È stato il periodo più bello, una grande etichetta, una grande famiglia, un
grande centro culturale. All’epoca le
case discografiche ti davano la possibilità di farti conoscere, Cramps invece ti
faceva crescere culturalmente. Ci trovavamo lì anche solo per parlare di cultura, incontravamo Steve Lacy, c’erano
sempre Demetrio Stratos, John Cage,
i futuristi, era come andare a scuola.
Grazie alla Cramps, quando Ares Tavolazzi e Giulio Capiozzo sono andati a
suonare con Mingardi, Demetrio Stratos mi ha chiamato con gli Area.
Lì hai iniziato una grande carriera.
Ora, però, da lungo tempo hai smesso
di fare tournée.
L’ultimo tour, che ho nel cuore, è stato quello di Ivano Fossati. Avevo le
elettroniche mescolate alle batterie
acustiche, funzionava benissimo. Poi
mi sono fatto male sciando e Ivano si
è arrabbiato tantissimo. Avevo gli sci
fissi in macchina, era la mia grande
passione.
Ci andresti ancora in tour come session-man?
Probabilmente sì, con Miles Davis,
Hendrix, Zawinul. Spero per le nuovi
generazioni, i grandi tour li devono
fare i miei allievi. Io ho smesso in tempi non sospetti, negli anni ’90 ho detto no a Masini e ad altri; lì mi hanno
tagliato fuori. Nello show business non
puoi dire no. Ma negli anni ‘90 suonavo tantissimo con i miei gruppi, in
particolare con Linea C. Guadagnavamo bene, quindi i tour non mi interessavano.
Oggi suoni con gruppi tuoi?
Ho un trio, il Combo Funk, con Luca
Dell’Anna alle tastiere e Luca Pasqua
alla chitarra: abbiamo rivisitato alcune
cose di Sly & the Family Stone e The
Meters. Un genere musicale che mi ha
fatto conoscere Hugh Bullen, un bassista di Trinidad e Tobago. Era la mia passione. Oggi abbiamo riarrangiato tutto
strumentale, ho ripreso quei groove,
con molto spazio all’improvvisazione,
è una contaminazione fra vari linguaggi. Amo la contaminazione, l’ho
sempre dimostrato con i miei gruppi,
da Chandé a Linea C. Sono nato con la
contaminazione, il primo jazz rock, nel
periodo di Bitches Brew di Miles Davis.
Poi c’è Drummeria, il quintetto di batteristi insieme a Ellade Bandini, Paolo
Pellegatti, Christian Meyer, Maxx Furian.
Abbiamo fatto un disco della Drummeria insieme ad alcuni componenti
dell’orchestra della Scala di Milano. Il
nostro sogno è riuscire a fare un concerto alla Scala. È difficilissimo: siamo
già in difficoltà per riuscire a riunire
noi cinque a causa degli impegni di
Christian Meyer ed Ellade Bandini, poi
ci sono i musicisti della Scala, che sono
sempre in giro per il mondo. Ma ci riusciremo.
Lo spettacolo di Drummeria meriterebbe
di andare in televisione.
Abbiamo proposto lo spettacolo al
Musichione, il programma di Elio su
RAI 2, ma non abbiamo aiuti esterni.
Christian Meyer si è scontrato con gli
autori televisivi, ha dovuto faticare per-
LA DRUMMERIA
I musicisti del Teatro Alla Scala featuring La Drummeria
Nadir; Audioglobe Distribution
Realizzare un disco con un’orchestra sinfonica alle spalle ha rappresentato, a partire dagli anni Settanta, un vero e proprio sogno nel cassetto per numerose rock
band, anche di grande spessore. Quasi come se, poco convinti della bontà della
propria musica, alcuni artisti cercassero una sorta di legittimazione ‘dall’alto’,
rivestendo le proprie composizioni di arrangiamenti spesso tronfi e inutilmente
pesanti. Non è -fortunatamente - questo il caso del disco in questione, né poteva
essere altrimenti, considerando sia lo spessore dei professori della Fondazione
Teatro alla Scala sia il talento e il curriculum dei cinque componenti del gruppo La
Drummeria (Ellade Bandini, Walter Calloni, Maxx Furian Christian Meyer e Paolo
Pellegatti). Dall’incontro tra due eccellenze ‘collettive’ italiane scaturisce infatti
un album singolare, originalissimo, una miscela unica di musica colta e popolare
(nell’accezione anglosassone dell’aggettivo), con efficaci arrangiamenti ad hoc di brani classici che si alternano a composizioni originali, dalla componente ritmica immancabilmente - e felicemente - sviluppata. Un album ambizioso e intelligente, che
speriamo possa venir proposto dal vivo al più presto, anche per avvicinare ulteriormente due mondi - e i relativi pubblici - sino
a pochi anni fa considerati erroneamente agli antipodi. Eccellente! (Alfredo Romeo)
38
sino per avere Tullio De Piscopo, un’eccellenza italiana e un grande artista di
livello mondiale. Abbiamo degli autori
attenti allo share e non al lato artistico.
C’è una caratteristica del tuo modo di
suonare che mi ha colpito fin dai primi
tempi: il charleston suona sempre.
Ci sono due scuole, una più fisica, tipicamente black, con il bilanciamento
dei quattro arti. Secondo questa scuola, il piede va sempre mosso, anche se
non si suona. Omar Hakim usa questa
tecnica. Poi c‘è la scuola alla Gadd,
dove il tempo è mentale. La suddivisione va tenuta mentalmente, anche nei
tempi lenti, dove hai sempre a mente
il riferimento. Io sono influenzato dai
batteristi black, è tutto fisico e il charleston è continuo. Quando faccio i fill il
suono del charleston aiuta a mantenere la stessa frequenza acustica.
Come vedi la situazione musicale di
oggi?
Il pubblico ha molte sfaccettature. Mi
piaceva la varietà del festival dell’isola
di Wight, dove vedevi insieme Sly &
the Family Stone, Jimi Hendrix e Miles
Davis. Ai festival di oggi vedo Modà,
Vasco Rossi e Linkin Park. È un tipo di
varietà in po’ strana: preferivo prima.
39
FaceToFace
RICH REDMOND
www.drumsetmag.com
18020
la versatilità
È LA CHIAVE
Andiamo a conoscere un musicista assai ben inserito nel mondo musicale a stelle e strisce, votato
nel 2010 dai lettori della rivista Modern Drummer come miglior batterista e clinician nella categoria
Country Music, che ha da poco dato alle stampe un metodo didattico destinato ai bambini, divenuto
un best seller Oltreoceano.
di Alessandro Inolti
O
riginario del Connecticut, Rich
Redmond ha conseguito un
Master Degree nel 1995 presso l’University of North Texas, per poi
trasferirsi a Nashville. Collaboratore in
tour o in studio di registrazione di artisti quali Ludacris, Kelly Clarkson, Bryan
Adams, Luke Bryan, Eric Church, Joe
Perry (Aerosmith), Jewel, Miranda
Lambert, Kid Rock, The Pointer Sisters, John Eddie, Pam Tillis, Susan
Ashton, Deana Carter e tanti altri, Redmond ha avuto una nomination per i
Grammy Awards per il lavoro svolto al
fianco di uno dei più importanti e famosi artisti country rock, Jason Aldean. A
capo di un team di produzione chiamato New Voice Entertainement (che ha
lanciato artisti quali Thompson Square e Parmalee), collabora mensilmente
con le riviste Modern Drummer, Drum!
e Drumhead. Il suo libro FUNdamentals
of Drumming For Kids ha vinto il premio
Best In Show durante l’edizione estiva
del NAMM 2014.
Com’è la scena musicale a Nashville?
La scena musicale a Nashville è molto attiva. C’è molto lavoro sia per un
touring musician che per un recording
musician. Nashville è anche la capitale
mondiale di songwriting e se si vuole imparare come si crea e si suona una canzone potrebbe essere una buona mossa
trasferirsi qui!
Quant’è importante la Country Music
nel mondo del music business?
La musica Country e l’Hip Hop sono i
generi più popolari nelle radio e i più
richiesti sia come download sia come
vendita di biglietti per i concerti. La musica Country è uno dei pochi generi che
ha una base di fan fedeli e può venedere
circa tra i 20.000 e i 60.000 biglietti in
tutti gli Stati Uniti d’America.
Parlaci del lavoro e del ruolo del batterista a Nashville oggi.
Il ruolo del batterista a Nashville non è
differente da quello che ha negli altri stili. Un batterista deve assicurare la struttura ritmica della canzone. Un grande
batterista è quel musicista che riesce a
far aumentare il valore della canzone,
dà sicurezza alla band ed è musicale!
Quali abilità sono necessarie per diventare un batterista professionista?
La versatilità è la chiave. Più generi musicali conosci e sai suonare, maggiori
saranno le possibilità di suonare con artisti di alto livello. Saper leggere musica
40
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
puoi aiutarti ad emergere dalla grande
competizione e a darti una possibilità
in più. Ovviamente bisogna avere una
base forte come conoscenza musicale e
tecnica. Ma è veramente importante imparare a relazionarsi con le altre persone e sapere prendere le giuste decisioni.
In poche parole: saper leggere musica,
saper suonare diversi stili, sapere suonare con le click tracks e i loop e saper
suonare con gli altri.
So che sei molto attivo anche sul versante didattico e che, a questo proposito,
hai sviluppato un evento chiamato The
CRASH Course For Success (che in italiano potremmo tradurre come Corso accelerato per il successo, NdR): puoi dirci
qualcosa in proposito?
Certo! Grazie per avermelo chiesto. Si
tratta di un incontro musicale ad alta
energia e tasso di motivazione. CRASH
è un acronimo che sta per Commitment
(impegno), Relationship (capacità di
relazionarsi), Attitude (atteggiamento), Skill (capacità) e Hunger (fame). In
questo incontro parlo di come bisogna
prendere il proprio mestiere: con serietà e massimo impegno; della capacità di coltivare e saper mantenere le
relazioni; dell’importanza di avere un
atteggiamento vincente; della necessità
di sviluppare le proprie abilità e di nutrire una costante ‘fame’ per il nostro
scopo di vita: tutto questo vi aiuterà a
raggiungere il successo nel mondo della musica e non solo. Nei miei incontri
parlo anche di importanti competenze
musicali quali sapere leggere la musica, la conoscenza degli stili, del mio
concetto di Money Beat, del sistema dei
numeri di Nasvhille, della creazioni di
chart, di come suonare in studio, ottenere e affrontare ingaggi, di utilizzo delle
percussioni a mano e dell’elettronica e
offro anche suggerimenti mentali e di
business per lo sviluppo di una lunga
carriera nell’ambiente.
Come ti prepari per un tour? Vuoi darci
qualche consiglio?
Solitamente la band fa una settimana di
prove prima del tour. Alcune band provano per molto più tempo, ma noi suoniamo da molto tempo e una settimana
è quello di cui abbiamo bisogno (Redmond parla della band di Jason Aldean,
NdR). Suono con questa sezione ritmica
dal 2000. Decidiamo una setlist e la suoniamo per otto ore, fino a quando non
entra perfettamente nella memoria muscolare. Controllo che tutto il mio equi-
paggiamento sia in buone condizioni,
compresi anche piatti, pedali e rullanti
di scorta. Mi assicuro di avere una buona scorta di pelli, bacchette e strumenti pronti per il tour! I nostri tour sono
normalmente distribuiti in un periodo
di 10 mesi, con 80-100 date negli States. Fare un tour significa preparazione
e poi esecuzioni, dovete essere disposti
a fare la stessa cosa tutti i giorni. La consistenza del vostro playing e il vostro
atteggiamento sono molto importanti!
Vuoi parlarci del tuo drumset e dei tuoi
sponsor?
Lavoro con DW Drums da circa due
anni. Ho una splendida Collector’s Series
in acero finitura Black Ice e hardware
Satin: la cassa è una 24”, i tom sono 13”,
16” e 18”. Uso un rullante in acero da
14” x 5” e un altro come riserva. Utilizzo
la serie 9.000 per doppio pedale e hardware. Le DW suonano veramente bene
e hanno il migliore hardware, affidabile
e robusto. Io suono molto forte e questa
batteria assorbe l’impatto sempre con il
sorriso! Haha! Starò con DW fino alla
fine! (Redmond utilizza inoltre piatti
Sabian, pelli Remo, bacchette Pro-Mark,
microfoni Audio Technica, pad elettronici Roland, trigger Ddrum e diverse
41
marche di percussioni).
I tuoi piani per il futuro?
Sono un grande sostenitore della necessità di impostare tutti gli obiettivi a
breve e lungo termine. Negli anni che
seguiranno continuerò a fare tour e a lavorare in studio di registrazione con Jason Aldean, a produrre e suonare con la
mia casa di produzione (New Voice Entertainment), oltre a suonare la batteria
e le percussioni sui dischi di altri produttori, artisti e cantautori di Nashville. Scrivo anche canzoni, quindi il mio
obiettivo è registrare le mie canzoni
cantate da altri artisti. Inoltre ad aprile
2014 è stato pubblicato dalla casa editrice della rivista Modern Drummer il mio
primo libro/dvd chiamato FUNdamentals of Drumming for Kids, pensato per
bambini dai 5 ai 10 anni. Sto progettando alcuni prodotti signature con alcune
delle mie aziende e sponsor. La crescita
del mio lavoro di online drum tracking e
cercare di suonare di più a Los Angeles
sono altri obiettivi che mi sono prefissato. C’è sempre molto da fare! Grazie per
aver parlato con me
www.richredmond.com
FaceToFace
RICKY TURCO
www.drumsetmag.com
18021
la didattica
TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE
La grande esperienza nel campo della didattica ha condotto il musicista veronese a realizzare i
due metodi Modern Drums Institute, livello base, pubblicato lo scorso ottobre, e livello intermedioavanzato, di imminente uscita: un progetto che sviluppa la metodologia del MDI, la sezione di batteria
del network didattico Modern Music Institute.
di Marco Rebuzzi
E
ntrambi i volumi sono corredati
di DVD con esempi dimostrativi
e di basi minus-one in formato
MP3 e appartengono alla collana Modern Music Institute delle Edizioni Volontè & Co. Ricky Turco, infatti, oltre a
essere da anni Direttore Didattico del
Modern Drums Institute, è il traduttore di riferimento per i titoli batteristici
della Volontè & Co. Nell’intervista che
segue abbiamo cercato di capire come
si è giunti alla realizzazione di questo
progetto e quali sono i suoi aspetti più
rilevanti.
L’uscita dei due volumi Modern Drums
Institute sembra voler realizzare un
sistema metodologico. Puoi spiegarci come sei giunto alla produzione di
questo progetto?
Nel 2007 Alex Stornello, Presidente
del Modern Music Institute, mi chiese
di assumere il ruolo di Responsabile
Didattico e Coordinatore Nazionale
della sezione di batteria della realtà
didattica da lui ideata. La richiesta era
chiaramente strutturata nello svolgimento delle seguenti mansioni: redigere i programmi dei corsi di studio per
i quattro livelli previsti dal curriculum
MMI (Base, Intermedio, Avanzato, Diploma), abilitare e formare i docenti e
produrre la metodologia per la sezione
di batteria. Una volta redatti i programmi e impostata la struttura del corpo
insegnanti, iniziai a dedicarmi, all’inizio del 2009, alla stesura del materiale
didattico che avrebbe dovuto confluire
nella metodologia vera e propria. Originariamente l’idea editoriale era quella
di produrre un volume unico ma, una
volta conclusa la redazione del materiale, ci siamo trovati a fare i conti con
circa 300 pagine! A quel punto l’editore ha saggiamente deciso di dividere la
produzione in due metodi. I due volumi, infatti, pur essendo strettamente
connessi, possono essere utilizzati in
modo indipendente.
Un lungo periodo di preparazione,
quindi, e un materiale molto copioso.
In effetti i volumi si presentano molto
completi. Ci puoi spiegare di che tipo
di metodi si tratta?
In realtà in questi anni ho lavorato incessantemente a questo progetto, ma
utilizzando tutti i ritagli di tempo che
mi sono stati concessi dall’attività arti-
42
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
stica e didattica. Tornando ai metodi,
Modern Drums Institute livello base è un
metodo generico e progressivo, ovvero
insegna a suonare la batteria partendo
da zero, facendoti conseguire molto
gradualmente tutte le abilità e le conoscenze necessarie a farti muovere i
primi passi all’interno degli stili rock,
pop, funk e persino metal. Anche Modern Drums Institute livello intermedioavanzato si occupa di tutti gli aspetti
principali dello studio della batteria,
ma con una progressività più incalzante e arriva a prepararti per il jazz, la fusion e il latin.
Ci vorresti spiegare più dettagliatamente i contenuti dei due metodi?
Hanno qualcosa di diverso rispetto alla
moltitudine di testi presenti sul mercato?
Entrambi i metodi presentano diverse innovazioni. Nelle sezioni dedicate
alla tecnica degli arti sono state infatti introdotte delle tabelle di velocità
che aiutano lo studente a registrare
il proprio studio, al fine di valorizzare i propri progressi e le descrizioni
dei movimenti secondo la moderna
Moeller Technique sopra agli esercizi
proposti. Innovativo è pure il sistema
di sviluppo dell’indipendenza coordinata, in quanto propone ritmi con il
rullante non solo nelle classiche posizioni sul secondo e quarto movimento, ma anche in tutte le altre posizioni.
Lo studente si troverà così in grado di
suonare qualsiasi ritmo possibile, compresi tutti quelli con le ghost notes, ma
sempre secondo una logica musicale.
Il sistema è, inoltre, corredato dall’indicazione dei Counting Systems, l’insieme
di tecniche che consente di imparare a
leggere ritmicamente in modo veloce
e… indolore. Un’altra caratteristica importante comune ai due volumi è che
tutti gli sviluppi dei rudimenti sono
applicati musicalmente, ovvero orchestrati come fill al termine di un groove
di quattro battute.
Qualche altra ‘chicca’?
Il volume intermedio-avanzato ha
la peculiarità di essere decisamente
orientato alle poliritmie. Infatti la gran
parte dei rudimenti e tutti gli sviluppi
dei gruppi ritmici a più arti (i cosiddetti ‘incastri’) sono stati sviluppati anche
nelle forme poliritmiche musicalmente più logiche. Infine vorrei segnalare
che al termine di ogni Studio (capitolo) è stato inserito un consiglio mirato
all’approfondimento di un groove o un
lick di un brano o di uno studio di un
grande maestro del passato, da Vinnie
Paul a Tony Williams! Il tutto naturalmente in conformità con gli argomenti
trattati nello Studio stesso.
Possiamo quindi affermare che la
musicalità del materiale di studio costituisca un marchio di fabbrica dei
tuoi metodi? Quanto ha influito la tua
dimensione artistica nell’elaborazione
del progetto?
Innovazione, progressività e musicalità sono decisamente le caratteristiche
fondamentali del lavoro. Da quando
sono tornato da Los Angeles, al termine dei miei studi nel 1992, ho continuato a suonare sia come turnista che
come artista di band a una media di
una cinquantina di date all’anno, nelle
più svariate situazioni, dai grandi festival ai jazz club e dalle discoteche agli
studi d’incisione, suonando i più svariati generi, dal jazz al funk e dal rock
al metal-prog. Questa intensa attività
mi ha portato a conoscere a fondo molti stili musicali e ad avere la preziosa
43
opportunità di suonare con musicisti
eccellenti e talvolta molto rinomati, che
hanno ampliato notevolmente i miei
orizzonti. Ogni esercizio proposto non
poteva che passare attraverso due filtri fondamentali: il gusto e l’attinenza
storica. Ho cercato cioè di selezionare
solo il materiale che ‘suonasse bene’,
scartando ad esempio le combinazioni
poco musicali, e che avesse riscontri
importanti nella discografia o nella
pratica batteristica ‘colta’.
I metodi Modern Drums Institute includono DVD e basi MP3. Quali sono
i contenuti e con quale criterio sono
state realizzate le riprese e le basi musicali?
Estrapolare dalla grande massa di esercizi prodotti quegli sviluppi in grado di
valorizzare le potenzialità dei metodi
rispettando al contempo la loro architettura è stata la parte più impegnativa dell’intero lavoro. Fortunatamente
ogni capitolo (Studio) offre moltissimi
esempi assai creativi sia di ritmi che di
applicazioni dei rudimenti e dei gruppi
ritmici a più arti. Per quanto riguarda
lo ‘Sviluppo dei Ritmi’ ho deciso quindi di suonare un esempio di ritmo per
FaceToFace
RICKY TURCO
ogni sottosezione accoppiato all’ostinato che, a mio gusto, più s’addiceva. Per
gli ‘Sviluppi dei Rudimenti’, una volta
selezionato il lick più interessante, ho
innanzitutto dimostrato la meccanica
dei movimenti sul pad, poi l’ho orchestrati sul drumset e infine ho suonato
un esempio d’applicazione in un contesto musicale, ovvero su una base minus-one. Tutte le basi sono state infatti
create ad hoc in simbiosi con i groove
e i fill applicativi degli sviluppi tecnici.
Nel DVD sono disponibili in versione
con click e senza click.
In questi ultimi anni hai svolto un intenso lavoro di traduzione di metodi
batteristici rinomati. Esiste una relazione tra questa attività e i tuoi metodi?
La collaborazione con le Edizioni Vo-
lontè & Co è cominciata grazie al mio
ingresso nella realtà Modern Music
Institute. In concomitanza con l’inizio
della stesura del mio progetto didattico
mi fu prospettata la possibilità di lavorare alla traduzione delle ‘sacre scritture’ dei batteristi e io ne fui chiaramente subito entusiasta, convinto di poter
svolgere un buon lavoro grazie in primis alla mia formazione - l’esperienza
di studio negli Stati Uniti e una buona
laurea - e in secondo luogo all’esperienza maturata come batterista nelle più
svariate situazioni artistiche. D’altra
parte non si può negare che la traduzione di tutti questi straordinari testi,
che in parte avevo già approfondito, mi
abbia condotto a una maggiore conoscenza e a una più profonda consapevolezza dell’arte del nostro strumento.
La gran parte dei concetti contenuti nei
miei metodi è profondamente connessa agli insegnamenti dei grandi maestri della storia batteristica, prova ne
sono le numerose citazioni che sono
state inserite ovunque nel testo.
Dato che hai citato la tua esperienza di
studio negli Stati Uniti, sarebbe interessante sapere come ti ha influenzato
e che differenze hai riscontrato rispetto
alle realtà didattiche nazionali.
Non mi ha influenzato… Mi ha stravolto completamente l’esistenza, nel
senso buono del termine, ovviamente! Studiare uno strumento negli Stati
Uniti, specialmente se in un grande
istituto, significa ricevere su un piatto
d’argento tutto, ma veramente tutto il
know-how necessario per diventare un
professionista di valore, sia dal punto
di vista tecnico che da quello artistico;
ogni aspetto che riguarda il tuo strumento è diviso per materie in modo
organico e approfondito in modo esaustivo e, soprattutto, univoco! C’è una
sostanziale coerenza di concetti e d’intenti sia a livello storico che didattico
che è in grado di offrire allo studente
la condizione ideale per progredire
in modo agevole, facendo emergere e
valorizzando al massimo il suo talento. In Italia ci sono realtà didattiche
eccellenti e straordinari maestri dello
strumento, ma francamente non mi
sembra di aver riscontrato questa omogeneità e chiarezza almeno su alcuni
principi fondamentali, che nella didattica americana a me sono sembrati imprescindibili. Alcuni esempi? La cultura dei movimenti degli arti al servizio
del relax, l’assoluta necessità di sapere
leggere la musica e una profonda conoscenza dei maestri del passato. La mia
filosofia didattica è indubbiamente basata su tutti questi principi ed è quindi
naturale che la mia metodologia ne sia
intrinsecamente permeata.
Non ci resta che chiederti quali sono i
tuoi progetti attuali e quelli futuri.
Al momento sono impegnato nella
produzione del nuovo disco del jazz
trio Milk, il progetto di Roberto Pascucci, bassista che ha suonato con
Sellani, Manzi e Paola & Chiara; ho
in programma un tour con il power
fusion trio di Alex Stornello e una serie di concerti con il polistrumentista
cantante jamaicano Djah Stone, che ha
collaborato con Alpha Blondie, Rudy
Kofi e The Wailers.
ERRATA CORRIGE
Nella seconda parte dell’articolo dedicato ai Padri della batteria in Italia, pubblicato
sul n. 28 della nostra rivista (Ottobre 2014), siamo incorsi in (almeno) due errori:
abbiamo chiamato erroneamente Gino il batterista napoletano Franco Del Prete,
ma soprattutto abbiamo inserito “tra chi non c’è più” il maestro Roberto Zappulla,
il quale è invece vivo e vegeto e al quale auguriamo ogni bene. Dell’errore ci scusiamo
con i diretti interessati e con tutti i lettori.
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S
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A
R
G
i
t
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u
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SERGIO BELLOTTI
www.drumsetmag.com
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DALL’ALTRA PARTE DEI
tamburi
Continuano gli “incontri ravvicinati” con gli specialisti della didattica. Stavolta è il turno di un italiano
che insegna in un vero e proprio tempio della didattica USA, ovvero il Berklee College of Music di
Boston.
di Gigi Morello
S
ergio Bellotti, nativo di Bari, ha
ben presto iniziato la carriera da
professionista, a Torino prima e
sulle navi da crociera e nei casinò poi.
Nel 1995 parte per gli Stati Uniti grazie
a una borsa di studio per il Berklee College of Music e lì studia Music Performance sotto la guida di Kenwood Dennard, Skip Hadden, Bob Moses e John
Ramsay. Trasferitosi stabilmente negli
USA, Sergio ha avuto modo di condividere il palco o di registrare con nomi
del calibro di Mike Stern, Bruce Gertz,
Jim Kelly, Steve Hunt, Robben Ford,
Tom Scott, Rocco Ventrella, Bob James,
Alessandra Belloni e Nathan East, tanto per citarne alcuni. Dal 2001, soprattutto, Sergio insegna stabilmente batteria al Berklee College of Music, oltre a
tenere clinic un po’ ovunque (Montreal
Drum Festival, 2003; Cape Breton Drum
Festival 2004, 2005 e 2006; PASIC,
organizzato dalla Percussive Arts Society, 2005 e 2009; KoSA 2011 e 2012;
Memorial Lucchini e Groove Day a Milano…). Sergio vive e lavora a Boston
e continua la sua attività di performer
(con le band Spajazzy e WeJazzUp e
con Alessandra Belloni) e di insegnan-
te nel cuore musicale del Nord America. Ha inoltre pubblicato una app per
Iphone/Ipad che sta riscuotendo un
notevole successo grazie all’innovativo
Groove Box.
Ciao Sergio, e grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande.
Quando e come sei ‘sceso in campo’
nel settore didattico? E perché?
Ho iniziato a insegnare dopo pochi
mesi. Era e rimane un modo per coordinare le mie idee, mettere ‘nero
su bianco’, come si suol dire. Se non
sai spiegare qualcosa (e renderlo comprensibile) non ne sei davvero padrone.
Ovviamente il motivo era fare qualche
spicciolo in più per pagarmi le lezioni
e migliorare.
Quali insegnanti ti hanno maggiormente ispirato?
Ne ho avuti tanti e tutti mi hanno dato
qualcosa di unico e fondamentale. Anche la ricetta migliore senza quell’ingrediente particolare, anche se in minime dosi, non avrebbe mai lo stesso
sapore. Ricordo, vivo e continuo a trasmettere i messaggi (musicali e di vita
in molti casi) di Michele Di Monte, En-
46
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
rico Lucchini in Italia e Skip Hadden,
John Ramsay, John Hazilla, Kenwood
Dennard, Bob Moses, Bernard Purdie
e Lenny Nelson qui negli USA.
A tuo giudizio, qual è la differenza tra
suonare la batteria e insegnarla?
Personalmente non studierei mai con
un insegnante che non suona musica
in maniera a me gradita. L’arte di comunicare è quello che rende l’esperienza e il lavoro dell’insegnante unico.
Saper ricordare come abbiamo imparato significa capire in quale modo
il nostro interlocutore (l’allievo) può
imparare. C’è bisogno di tanta psicologia, di buon senso e di esperienza
per poter fare centro. Suonare è una
conversazione con i musicisti e l’audience, e può raggiungere gli animi
in tanti modi diversi. Nell’insegnare
bisogna davvero far sì che chi ci ascolta
capisca come utilizzare il materiale per
poi poter creare la sua musica; e il tutto
richiede delle doti di comunicazione
diverse e facilmente adattabili a tutti.
Secondo te qual è il più grande errore
in cui può incorrere un insegnante?
Quello di non utilizzare la musica e
gli stili preferiti dall’allievo per inse-
gargli/le tutti i concetti importanti per
una crescita musicale. Che sia punk o
metal o disco o jazz, la lettura, la coordinazione, il timing, il feel ecc. sono
presenti e onnipotenti in ognuno degli
stili. Lo studente o la studentessa apprendono in maniera rapida ed efficace se si muovono nell’ambito della loro
musica preferita. Troppo spesso gli
insegnanti impongono le loro opinioni e preferenze stilistiche, creando un
muro spesso insormontabile.
E quali dovrebbero essere invece i punti di forza di un buon insegnante?
Metodo, positività, energia, restare al
passo con i tempi, avere uno studio
moderno e attrezzato, ascoltare i bisogni dello studente, incoraggiare e
trovare sempre il lato positivo di ogni
cosa, anche quelle apparentemente negative. E poi prendere sempre appunti
e far sentire l’allievo seguito e con un
programma denso di obbiettivi e percorsi. Ascoltare sempre (video, audio o
live) i progressi degli allievi, mostrando un vero interesse
Se dovessi riassumere il tuo modo di
insegnare in una sola frase, quale sarebbe?
Molto pratico e sempre e solo con un
obbiettivo: essere sempre pronti a ‘funzionare’ all’interno della situazione
musicale in cui ci si trova e uscirne a
testa alta e con tanti biglieti da visita
(dati e avuti).
Parliamo della persona Sergio Bellotti…
Mi piace pensare di me come del classico esempio della formula: “più lavori
duro e più diventi fortunato”. E cerco di
far capire a tutti che, una volta trovata
la strada giusta (passione e dote in un
buon equilibrio), con del sano e costante lavoro si potranno otenere i risultati. Il miglior modo di ringraziare per
i doni ricevuti è tramandare tutto ciò
che si è imparato (attraverso il dono) a
coloro in cerca di un qualcosa. Credo
nella Dayvolution, ossia evoluzione e
miglioramento un giorno alla volta.
Prima le persone poi la professione,
qualunque essa sia. E la vita inizia da
bambini e termina da anziani. Due
figure fondamentali per capire la vita
che c’e in mezzo.
Batteristi italiani che ti hanno impressionato favorevolmente?
Non vivendo in Italia mi risulta diffici-
47
le seguire la scena in maniera accurata,
ma durante le mie frequenti venute
per concerti e master class ho avuto
modo di ascoltare giovani talenti quali
Andrea Ruffato e Matteo Franzè. E continuo ad ascoltare i grandi di sempre
quali Agostino Marangolo, Tullio De
Piscopo e Roberto Gatto, che provano
davvero la teoria della musica come
linguaggio universale. Da segnalare
anche il groove originale e portentoso
di Andrea Beccaro e l’intelligenze e la
personalità di Phil Mer.
Ti va di raccontarci qualche aneddoto
che ti è capitato nella tua carrtiera di
insegnante?
Prima lezione, primo semestre per
un ragazzo timido di New York. Mi
dimentico Skype acceso, …con il laptop collegato all impianto… Mi arriva
una chiamata (con suoneria a palla!),
rispondo per dire all’interlocutore che
non posso parlare, ma… Oppps: è Mr.
Dennis Chambers in carne e ossa che
ci appare in video e con tanto di sigaro!
Era in tour on Mike Stern e chiamava
per salutare da Milano. Gli dico che
stiamo facendo lezione e mi chiede:
“Ah sì? E su cosa?”. “Lo shuffle”, rispon-
FaceToFace
SERGIO BELLOTTI
do io. Mi chiede di far suonare lo studente. Ascolta e commenta, incoraggia
e consiglia. Lo studente (quasi svenuto
dall’emozione) ringrazia incredulo.
La lezione termina, è l’ora della pausa
pranzo. Lo studente va a mensa e bisbligliando racconta l’accaduto a uno
o due suoi colleghi. Dopo pochissimo
inizia la processione di batteristi per
chiedermi se Dennis Chambers era
ancora on line collegato da Milano a Boston. Morale: “You just never know…”,
ma anche “It’s OK to forget Skype on, sometimes” (“Non si può mai sapere”, ma
anche “A volte va bene dimenticarsi di
chiudere Skype”).
Ti va di condividere un piccolo esercizio con i lettori di Drumset Mag?
Questo lo chiamo Beatnik exercise, in
quanto ispirato da un celebre omonimo metronomo e analizzatore ritmico.
Metronomo a 60 BPM. La gran cassa
suona i quarti, la campana del piatto
gli ottavi, il charleston suonato con il
piede va in sedicesimi e il rullante in
terzine. Quattro ritmi fondamentali
suonati simultaneamente e che ci dan-
no, qualora eseguiti correttamente e
assieme, una grossa padronanza ritmica nel cambiare stili, suonare passaggi
musicali, eccetera.
Progetti futuri?
Come diceva il grande John Lennon
“Life is what happens to you while you
make plans” (la vita è ciò che ti capita
mentre stai facendo dei piani). Realtà a parte, sto completando un libro/
dvd dal titolo From Rudiments to Music
e inoltre mi concentro sempre di più
nella composizione di musica di vari
generi, dal jazz alla disco music passando per il country.
www.sergiobellotti.com
48
FaceToFace
ROBERTO PIRAMI
www.drumsetmag.com
18023
pane, batteria e... PNL!
Performer, insegnante, produttore e talent scout; questo è Roberto Pirami, musicista dotato di grande
sensibilità umana e artistica, professionista impeccabile che sa gestirsi a 360 gradi.
di Cristiano Zazza
N
ella sua brillante carriera il
batterista romano ha collaborato con star internazionali
quali Vinnie Moore, Jennifer Batten,
Michael Angelo Batio, TM Steven, Uli
Jon Roth, Blaze Bayley e molti altri ancora. A livello nazionale, quest’estate è
stato in tour con Nathalie, artista con la
quale suonerà anche questo mese a S.
Giovanni Persiceto (BO, 11 dicembre)
e all’Auditorium Parco della Musica di
Roma (14 dicembre), prima di ripartire
per il nuovo tour europeo del chitarrista statunitense Michael Angelo Batio,
dal 29 di gennaio all’1 marzo (info sulle
date www.robertopirami.com). Molto
attivo anche sotto il profilo didattico,
Roberto Pirami applica all’insegnamento i principi di un metodo psicologico alternativo conosciuto come Programmazione neuro linguistica (PNL).
Cominciamo proprio dalla didattica la
nostra chiacchierata.
Come nasce l’idea della tua scuola, la
Free Drumming School?
Ho pensato di dar vita al mio Free
Drumming Studio per creare una realtà che esprimesse un concetto di ‘libertà performativa’ utile all’allievo, affinché possa raggiungere i suoi obiettivi
sotto la guida di un Personal Drummer
Coach, quale sono io. Ho deciso di evitare di avere un’impostazione troppo
rigida e impegnativa, che si rivolgesse
non solo a chi ha tutta la giornata a
disposizione per studiare, ma anche a
chi fa un altro lavoro ma intende coltivare con passione e serietà lo studio
della batteria. Non sono pochi gli allievi
da me seguiti che pur facendo un altro
mestiere hanno raggiunto un ottimo
livello di professionalità sullo strumento, nonché la capacità di gestire tutte le
attività che ruotano intorno alla figura
del batterista e dell’artista in genere.
E cosa c’entra la PNL?
Ho deciso di specializzarmi in Programmazione neuro linguistica (PNL)
perché ritengo che l’approccio mentale
di un insegnante e quello di un allievo siano fondamentali per stabilire gli
obiettivi e raggiungerli. L’allievo decide
di arrivare dove vuole sotto la mia guida
di coach. Ritengo che l’aspetto psicologico sia fondamentale, ecco perché le
primissime lezioni con i nuovi allievi
vertono anche sulla visualizzazione
degli obiettivi e sulla modalità del loro
raggiungimento. Inoltre, ritengo che la
passione per lo strumento da sola non
basti, ci vuole l’organizzazione di tutto
ciò che si andrà a fare e a studiare. Ma
non solo… Un altro aspetto importante
è come comunichiamo con noi stessi e come ci ‘invitiamo’ a seguire dei
percorsi piuttosto che altri. Insomma,
quanto siamo ‘centrati’ su noi stessi.
50
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
Ci consigli qualche testo in particolare
per conoscere meglio questo argomento?
Senz’altro: Introduzione alla PNL, scritto da Jerry Richardson, e L’esperienza
della conquista di John Demartini.
Bene, direi tutto molto interessante!
Tornando agli albori, come nasce la tua
passione per la batteria?
A 10 anni vidi la mia prima batteria,
una Ranger sulla quale cominciai a
suonare da subito i brani dei miei gruppi preferiti come Metallica, Sepultura,
Slayer e via dicendo.
Quando hai cominciato a prendere lezioni di batteria?
A 13 anni, con Mauro di Rienzo alla
scuola di musica Volare, e successivamente all’Università della Musica con
il mio amico Maurizio Boco e il grande
Pietro Iodice.
Come ti sei avviato alla carriera professionistica?
Su segnalazione di Maurizio Boco partecipai con successo a un’audizione per
entrare in un gruppo di musica pop
prodotto da un’etichetta italiana con la
quale cominciai a lavorare sia nei live
che in studio di registrazione. Ricordo
i lavori per Francesca Pettinelli, Laganà
e, a seguire, la Golden Orchestra e tutta
una serie di interessanti collaborazioni.
Sono molti gli artisti di fama internazionale con i quali hai suonato: come è
cominciato tutto?
Nell’estate del 2011, con Blaze Bayley.
In quell’occasione dovevamo suonare
un repertorio comprensivo dei brani
degli Iron Maiden più quelli della carriera solista di Blaze, il tutto in una settimana e con sole sei ore di prove. Una
sfida impegnativa! Seguì la collaborazione con Vinnie Moore, uno dei miei
chitarristi preferiti, per una tournèe
all’estero. Vinnie mi raccontava dei batteristi con i quali aveva suonato in passato: gente come Bobby Rock, Tommy
Aldrige, Steve Smith… Un personaggio
molto friendly e un artista strepitoso.
Come e quanto cambiano il contesto
professionale e il proprio stato d’animo quando si suona per artisti di fama
mondiale?
Secondo la PNL esiste un’equazione in
cui la Performance è dettata dal nostro
Potenziale (il nostro bagaglio tecnico
e il nostro spessore artistico), al quale
dobbiamo sottrarre l’Interferenza (per
esempio..l’ansia) dovuta al nostro dialogo interiore. In tutti i contesti professionali, soprattutto se parliamo di star
internazionali, occorre essere tecnicamente preparati anche perché al musicista non viene concesso molto tempo
per imparare alla perfezione un repertorio. Quindi il fattore Potenziale di cui
parlavamo prima deve avere un valore
alto e l’atteggiamento mentale ci deve
permettere di gestire le pressioni che
in situazioni del genere possono esserci. Vinnie Moore, TM Steven, Michael
Angelo Batio, Jennifer Batten e altri
con i quali ho collaborato sono artisti
che danno per scontato che tu sappia
fare un assolo che scaldi la folla, o che
tu sappia portare un groove micidiale
senza perdere un colpo, oppure che tu
sia in grado di imparare in poche ore
un intero repertorio! Si aspettano esattamente questo da un loro musicista
ossia, il massimo della Performance.
Attualmente, quali sono i progetti in
cui sei stato impegnato e cosa bolle in
pentola per il futuro?
Quest’estate ho partecipato all’Anima
di vento tour 2014 della cantante Nathalie; con lei ho anche registrato un brano per la colonna sonora di Dirsi Addio,
un film uscito a novembre. La colonna
sonora è stata prodotta da Owen Morris (produttore di Oasis, Verve, etc…).
In seguito ho fatto delle date con il
bluesman americano Michael Hill. A
ottobre sono stato in tour con Jennifer
Batten, a breve partirò per il tour europeo di Michael Angelo Batio e poi c’è il
mio trio strumentale, che mi dà sempre grandi stimoli. Inoltre, sono impegnato nel ruolo di batterista-produttore
per la Noise Symphony, un’etichetta
creata insieme ad altri due miei amici,
rispettivamente produttore e autore. In
51
tale ambito ci prefiggiamo l’obiettivo di
scoprire e produrre band e/o cantanti
emergenti che suonino generi musicali
come l’indie, il pop e/o il rock.
Quali sono i generi musicali che Roberto Pirami predilige suonare?
Sono un batterista a cui piace suonare
rock, hard rock, pop, funk; a volte mi
capita di suonare jazz o latin, ma non
sono un ‘puro’ in questi ultimi due generi.
Utilizzi il doppio pedale o le due casse?
Per comodità utilizzo il doppio pedale,
ma non mi ritengo un doppio pedalista
in assoluto. Mi piace utilizzare questo
strumento più per creare dei fraseggi
ritmici, aspirando anche a raggiungere
buone velocità in sedicesimi con i colpi
singoli alternati, senza tuttavia far diventare il concetto di velocità una mia
prerogativa assoluta. Per intenderci, in
tale ambito i miei riferimenti sono Vinnie Colaiuta e Gavin Harrison.
Com’è composto il tuo set up? Hai degli endorsement?
Per quanto riguarda la batteria sono
endorser Mapex; suono piatti UFIP,
uso bacchette ProMark e pelli Evans. In
questa occasione ci terrei a ringraziare
Paolo Ferrari (Mapex), Stefano Mirra ed
Eric Denti (Evans e ProMark) e Luigi
Tronci (UFIP) per l’immenso supporto
in tutti questi anni.
FaceToFace
GIULIA LAZZARINO
www.drumsetmag.com
18024
DUE mentori
È MEGLIO DI UNO...
Una chiacchierata con la musicista romana, nota alla comunità batteristica, in particolare sui social
network, per le sue ‘ossessioni artistiche’ e gli stretti rapporti che è riuscita a creare con alcuni mostri
sacri del drumming.
d i M a u r o G a t t o / fo t o d i Pa o l o Z u f f i
C
iao Giulia, è un bel po’ che non
ci sentiamo. Ci dai dei ragguagli sulla tua attività musicale
odierna?
Ciao a te (e grazie per questo spazio!).
Per quanto riguarda la mia attività musicale, sono attualmente dietro le pelli
per un trio di matrice funk chiamato
Blue & Funk Trio. Sono recentemente
‘rincasata’ da un tour in Olanda di due
settimane, che mi ha vista impegnata
con il cantautore - e migliore amico di
una vita - Chiazzetta: con lui collaboro
dal 2008 e insieme abbiamo calcato il
palco del Primo Maggio a piazza San
Giovanni a Roma. È una sorta di Italian
Crime Family Musical (The Divinos)
che propone pezzi originali: il tour ha
toccato Eindhoven, Scheveningen, Amsterdam, Rotterdam, Marheeze e Den
Haag. Per la terza volta mi sono trovata in Olanda per suonare: come per la
Germania, nutro verso questo paese
un legame speciale. Sto poi mettendo
a punto dei pezzi originali per un altro
progetto di matrice fusion-strumentale
con la chitarrista romana Fabiana Testa
e il bassista Damir Rapone. Sono inoltre impegnata sul fronte dimostrativo
e didattico a Roma con l’Eurock Studio
del chitarrista Max Ranucci.
Che tipo di attività svolgi per questo
studio?
Realizziamo video didattici e recensioni dei prodotti ricevuti dai brand
che rappresentiamo per l’Italia e contemporaneamente stiamo lavorando
su alcuni pezzi originali assieme ad
alcuni collaboratori dello studio. Sul
fronte didattico tengo dei Playing Workshops, corsi dedicati ai ragazzi che desiderano imparare a formare e gestire
una rock band. Il corso è indirizzato
a ragazzi e ragazze che suonano uno
strumento o cantano da poco, e che
non hanno esperienze nel suonare con
altre persone. L’intento è quello di indirizzarli verso l’obiettivo del suonare
in una band (parte fondamentale del
lavoro del musicista), fornendo loro le
giuste basi per approcciarsi al lavoro di
squadra e alla corretta interazione con
gli altri musicisti. Per quanto riguarda
invece le recensioni dei prodotti e la realizzazione di nuovo materiale audiovideo, dopo il ‘video-primato’ ottenuto
lo scorso settembre, quando sono stata
la prima batterista italiana ad approda-
52
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
re con tanto di intervista sul network
americano Drum Talk TV (suonando
un pezzo originale italiano, “JB Groove” del nostro Iarin Munari), mi auguro semplicemente di poter continuare
a fare bene, imparando e migliorando
giorno per giorno da chi ha la pazienza
di collaborare con me quotidianamente.
Com’è cambiato il tuo drumming in
questi anni, grazie anche all’incontro e
ai rapporti sviluppati con interpreti dello strumento del calibro di Benny Greb
e Thomas Lang?
Come molti amici della comunità batteristica ormai forse sapranno, Benny
Greb è stato il mio punto di riferimento principale (oltre che la mia ‘ossessione artistica’) per ripartire con l’attività
musicale dopo un brutto incidente che
l’ha segnata in maniera molto significativa, per la perdita parziale della
funzionalità muscolare / tendinea del
braccio destro dalla clavicola in giù.
Benny mi ha insegnato a ripartire, a
credere in qualcosa, a ricominciare,
prendendo la fase di stallo in cui il mio
drumming si trovava come un punto
di partenza per ricostruire, abbellire
e integrare. Ricominciando a studiare con il suo metodo dopo il trauma
subito, e apprezzando moltissimo
l’ironia del suo DVD The Language of
Drumming (Hudson Music, 2008), ho
riscoperto il piacere di vivere la musica
in maniera giocosa, senza prendermi
troppo sul serio, ma allo stesso tempo
sviluppando un linguaggio più completo e ‘al passo con i tempi moderni’,
attraverso l’aiuto di uno strumento apparentemente semplice ma incredibilmente ingegnoso come il suo metodo.
La master session cui ho preso parte
lo scorso settembre a Carmignano di
Brenta, presso il Mike Prosdocimi recording studio – evento per il quale ho
poi scritto reportage, intervista, trascrizione di un groove con relativo video
didattico (vedi Drumset Mag n. 20, gennaio 2014) ha contribuito ad ampliare
le mie vedute sul mondo dei linear stickings, dei displacements e delle quantizzazioni in maniera rapida e schematica, rendendoli applicabili alla musica
suonata in quanto rudimenti non fini
a se stessi, ma liberamente orchestrabili e reinterpretabili all’interno di stili
musicali ben precisi. Anche l’incontro
con Thomas Lang ha significativamente segnato il mio percorso batteristico
e umano. Per la prima volta dopo anni
che desideravo prendervi parte, ho
avuto accesso al suo bootcamp romano, tenutosi lo scorso aprile presso le
Officine Zero in collaborazione con
Francesco Desmaele & Fabrizio Boffi.
Il leit motiv di questo camp didattico
è stata la rielaborazione dei concetti
che normalmente Lang propone nella
celeberrima edizione losangelina (Big
Drum Bonanza), ovvero una cinque
giorni intensiva di tecnica delle mani,
coordinazione, lettura, chops building,
costruzione del fraseggio secondo le
esigenze richieste (tramite una scheda
personalizzata: il didatta chiede a ciascun allievo su cosa intende lavorare e
focalizzarsi), click training, esercizi di
riscaldamento, orchestrazione dei rudimenti acquisiti sul drumset e tecnica
dei piedi. Credo di essere tornata più
stanca di quando praticavo contemporaneamente equitazione agonistica e
palestra (l’allenamento, perché di questo si è trattato, ossia predisporsi fisicamente a sostenere la fatica); ma ancora
ne sto traendo grande beneficio. Perso-
53
nalmente mi ritengo molto fortunata
nel poter annoverare tra le mie amicizie reali e punti di riferimento didattici queste due persone straordinarie
(non solo per le famose qualità sullo
strumento): per me sono entrambi e
tutt’ora due punti di riferimento, due
mentori e amici; seguono le mie attività musicali long distance, mi elargiscono spesso preziosissimi consigli, si
fanno sentire spesso per sapere “come
se la stia passando la loro clinician’s assistant / traduttrice, o se mi serva qualche
dritta per poter migliorare questa o quella
cosa”. Sono esperienze che segnano il
drumming, ma anche la persona. Grazie ai loro insegnamenti e alla costante applicazione nel cercare di rendere
funzionale alla musica quanto appreso
didatticamente, nel corso dell’anno appena trascorso ho ricevuto importanti
riscontri musicali anche dall’estero,
cosa che non avrei neanche immaginato che potesse succedere proprio a me.
Quali sono i tuoi ascolti in questo
momento? Sai che io continuo a consigliarti sempre Billy Martin e compagnia, ma la nostra è una vecchia diatriba scherzosa…
FaceToFace
GIULIA LAZZARINO
Proprio grazie alla nostra diatriba
scherzosa sono transitata attraverso
varie fasi di ascolti musicali, e ho cominciato a divorare i generi più disparati. Sono passata dalla Dave Matthews Band ai primi Tower Of Power
a Maceo Parker, da Michel Petrucciani
a Chick Corea (per trovare riscontro
applicativo alla didattica recentemente
rinnovata, complice anche un cambio
di insegnante), per poi condire con i
grandi classici di sempre, quelli che
non posso fare a meno di ascoltare a
inizio mattinata, quando tutto sta per
cominciare ed occorre la giusta dose di
adrenalina e creatività: Snarky Puppy
di Robert “Sput” Searight e l’immenso
Jojo Mayer con i suoi Nerve; ovviamente non mi sono fatta mancare l’ascolto
dei progetti in cui ha suonato Benny
Greb (dalla Brass Band ai 3rdGezeimmer fino ai recentissimi Moving Parts),
roba che fa prudere le mani dalla voglia
di suonare. Generi completamente diversi, minestroni sonori che mi aiutano a costruire giorno per giorno la mia
personale idendità musicale.
Per concludere, una domanda che ho
posto a molti colleghi batteristi: a che
cosa pensi mentre suoni? Non vale la
solita risposta del groove…
Quando suono cerco di rimanere concentrata e ‘funzionale’ a quel che sto
suonando. Solitamente evito di pensare troppo e lascio fluire l’emozione
del momento dalla mente ai muscoli,
allo strumento. Cerco solo di diventare quello che sto sentendo o provando,
rimanendo in sintonia con gli altri o,
se sono da sola a un workshop, con
quello che vorrei tentare di trasmettere
attraverso la musica stessa, il fraseggio
o l’interpretazione. Da persona estremamente sensibile ed emotiva tendo a
immedesimarmi moltissimo in quello
che suono. A dispetto della mia solita
espressione contrita con cui mi si vede
a volte ritratta in foto, sento e assorbo ogni vibrazione, che arriva dritta
al cuore, e a volte è meglio dei soliti
pensieri paralizzanti (tipo “ce la farò?”,
oppure “la mano sinistra mi tradirà?”) e
54
via discorrendo.
Certamente ognuno ha la sua particolare risposta, questo è un aspetto molto interessante nel drumming. Grazie
della bella chiacchierata; a questo punto sono d’obbligo i tuoi ringraziamenti…
Grazie a te e a Drumset Mag per lo spazio! I ringraziamenti più che d’obbligo
sono sentiti: GoldMusic s.r.l per la stima professionale che ripone in me, i
brand che mi hanno dato fiducia e che
stanno credendo nel mio lavoro, i miei
preziosi amici e colleghi Marco Iannetta, Alex Barberis, Igor Dezzutto, Francesco Caprara, Iarin Munari (impagabile), tutti coloro che stanno lavorando
con me e, last but not least, il mio insegnante Pierpaolo Ferroni, colui che
ha rivoluzionato definitivamente il mio
modo di intendere la batteria.
FaceToFace
EMILIO CATERA
UN rocker
PER CONSULENTE
Emilio Catera, alias The Insane, batterista storico dei Boppin’ Kids, band catanese nata negli anni ’80
e primo gruppo italiano ad aver inciso un disco rockabilly, tanto da diventare nel corso degli anni, un
vero e proprio culto.
di Ramon Rossi
P
roprio con i Boppin’ Kids Emilio incide tre album nell’arco
di quattro anni e va in tournée
con le migliori formazioni rockabilly
e psychobilly (Stray Cats e Meteors),
partecipa al Festival di Sanremo nel
1989, classificandosi al quarto posto,
e nel 1990 a Gran Premio, programma
di RAI Uno condotto da Pippo Baudo.
Attualmente, oltre a suonare, Catera
si occupa di rappresentanza per ditte
rinomate di strumenti musicali per il
mercato siciliano. A lui la parola…
Quali collaborazioni importanti ricordi
del tuo operato?
Nel corso della mia carriera ho collaborato con artisti di vario genere, da Kabbalà a Saturnino, passando per Brando,
Patrizia di Malta del Gruppo Italiano
e Mauro Pagani. Questi i piu famosi.
Poi continuo ovviamente a suonare,
ma in maniera più semiprofessionale.
Tra le esperienze più significative del
mio percorso musicale ricordo con
piacere il tour Capo Horn di Jovanotti,
durante il quale, insieme a Brando, abbiamo fatto da apripista a Lorenzo nei
palasport di tutta Italia. Il tour è durato
tre mesi ed è stato tanto impegnativo
quanto emozionante e gratificante.
Infatti dal alcuni anni ti occupi di rappresentanza di strumenti musicali ed
accessori giusto?
Nel 1999 decido di intraprendere una
nuova carriera come rappresentante di
strumenti musicali: inizia cosi la sua
collaborazione con alcune tra le più
importanti ditte italiane del settore:
UFIP, Mark Bass, Mpi Electronics, Bespeco e Proel. In questa nuova avventura mi dedico con passione e caparbietà
oltre che con un certo tipo di coinvolgimento, specialmente per le percussioni e i piatti. Questo mi dà modo di continuare ad occuparmi di cio in cui ho
sempre creduto e che ho coltivato sin
da adolescente. Forte della mia esperienza personale, mi impegno anche a
creare demo ed eventi in giro per tutta
la Sicilia, per coinvolgere soprattutto le
nuove generazioni.
Come inizia la tua passione per la musica?
Quasi per gioco; la passione mi ha inizialmente portato ad affiancarmi allo
studio come autodidatta, attraverso l’ascolto dei dischi. Successivamente ho
56
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
proseguito con l’ausilio del maestroamico Enrico Di Bella, il quale mi ha
insegnato a lavorare sulla postura e sulla tecnica, aiutandomi anche ad applicarla ai diversi generi musicali cui mi
sono via via approcciato. I generi che
prediligo sono il rock’n roll e lo swing.
Ancora oggi, mi esercito, nei ritagli di
tempo, praticando esercizi e tecniche
apprese anni fa e noto come, nonostante certe conoscenze acquisite non si
dimentichino, rimane comunque fondamentale praticare lo strumento. Prediligo il rock’n roll e lo swing, anche
se mi ritengo in grado di adattarmi a
diversi generi, ma credo anche che per
suonare bene sia preferibile dedicarsi e
concentrasi su uno stile specifico.
Quindi a quali miti ti sei ispirato?
I batteristi ai quali mi sono ispirato
sono diversi. Mi piace documentarmi
e seguirli un pò tutti, in modo un po’
eclettico. I piu significativi per me rimangono tuttavia Ringo Starr e Slim
Jim Phantom degli Stray Cats, che ho
avuto l’onore di conoscere all’età di
18 anni, in occasione dell’apertura dei
suoi concerti da parte dei Boppin’. Tra i
batteristi di nuova generazione mi affa-
scina molto lo stile e l’immagine di Daniel Glass, batterista della Brian Setzer
Orchestra, e Karl Brazil, attualmente
batterista di Robbie Williams.
Quali strumenti utilizzi nelle tue session?
Attualmente utilizzo una Tamburo
Opera e in base alle diverse esigenze
uso due set; il primo ha le seguenti misure: 18”, 12”, 14” più rullante; il secondo 22”, 12”, 16” + rullante. Il rullante
che prediligo è un Vibe Drum costruito
artigianalmente da Paolo Zuffi. I piatti
naturalmente UFIP, eccellenza italiana.
Vuoi parlarci della scena musicale della tua splendida citta?
Agli esordi della mia carriera, negli
anni ’80, la mia città, Catania, era molto vitale e ricca di un fermento culturale e musicale che ha sicuramente
influenzato la mia crescita. C’erano
diverse etichette discografiche, appoggiate dalle major, e band emergenti
avevano la possibilità di farsi conoscere. Adesso il contesto socio-culturale
è completamente diverso e noto, con
rammarico, come ascoltare buona musica sia sempre più raro e difficile.
Vuoi ringraziare qualcuno per la pa-
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zienza che ha avuto nel sopportarti?
Considerato anche che il tuo soprannome è Insane…
Ci tengo a ringraziare la stretta cerchia
di amici che in questi anni mi hanno
appoggiato e sostenuto nel mio percorso artistico-musicale, ma soprattutto di
crescita personale; in particolare Brando, attualmente produttore discografico, e Saturnino, bassista di fama internazionale. Un pensiero particolare
alla mia famiglia, mia moglie Anna e il
piccolo Giuseppe.
FaceToFace
JACK LIMA
l’idea
DEL NUMERO OTTO
Musicista, programmatore informatico e ideatore di un nuovo sistema di solfeggio ritmico e di teoria
musicale, l’artista brasiliano ci racconta in questa chiaccherata del come sia nata la sua ricerca e di
quali siano stati i frutti didattici del suo percorso.
di Davide Bernaro
J
ack, presentati al pubblico italiano:
qual è stata la tua formazione musicale e da dove è nata la tua ricerca
specifica sul ritmo?
La mia ricerca sui ritmi è cominciata
più di vent’anni fa: negli anni ’90 mi
sono imbattuto nelle tastiere, che adottavano la modalità di step-recording.
All’epoca ciò che facevo era leggere le
partiture dei pezzi e, per capire come
suonassero, trascriverle con i programmi di step recording, che a loro volta
eseguivano gli spartiti per me. Da lì ho
cominciato a cercare di catalogare gli
stili musicali: sin da bambino, quando
ascoltavo un genere che non conoscevo, me lo annotavo su di un quaderno
con l’idea di arrivare a una fine, di riuscire a definire ogni stile esistente.
Sono riuscito a studiare da solo tutta
la parte di lettura e di teoria musicale:
ho studiato invece improvvisazione e
arrangiamento con Wilson Curia, uno
dei didatti più importanti in Brasile e
tra i primissimi ad abbracciare il mio
metodo. Ho studiato tutto il suo materiale, oltre ai metodi play-along sul jazz
dello statunitense Jamey Aebersold. A
partire da lì mi sono reso conto che in
realtà ognuno aveva la sua idea di come
fossero costruiti i ritmi, per cui smisi
di dedicarmi al tentativo di una catalogazione ‘definitiva’ degli stessi.
Progetto che però hai ripreso, sino a
farlo diventare un vero e proprio sistema musicale completo...
Esattamente: nel 2009 mi venne chiesto di scrivere un trattato di armonia da
parte di Sérgio Mantovanini, giornalista e mio allievo di chitarra nonchè fratello del presidente della Fondazione
Roberto Marinho, una delle fondazioni
brasiliane più attive e finanziariamente floride in campo culturale. Mantovanini mi suggerì di scrivere un testo al
quale allegare il software didattico che
nel frattempo avevo sviluppato, assicurandomi che sarebbe riuscito a collocarlo in numerosi punti vendita specializzati. Da quel momento ho cominciato a sviluppare l’idea del numero otto
nel ritmo: sono partito dal presupposto
che l’otto non può stare in una suddivisione ternaria - nel caso di un tempo
composto - visto che non è divisibile
per tre: mi ritornarono quindi in mente i problemi relativi alla catalogazione
dei ritmi che mi ero posto nella mia
58
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
adolescenza. La mia riflessione su tale
questione è stata questa: “se ho quattro come denominatore nella battuta, se
cioè la mia battuta si compone di quattro
movimenti, ognuno di questi movimenti
diviso due mi darà otto, quindi la suddivisione ternaria di quattro movimenti deve
darmi dodici, e non otto”. Ovvero, nella
notazione tradizionale, dove scrivo - ad
esempio - a inizio battuta 12/8, commetto molto semplicemente un errore
di aritmetica! Nel 2011 è uscito quindi il mio libro Dizionario del ritmo nel
quale espongo tutte queste idee, che
ho avuto modo di sviluppare sin dalla
mia infanzia. Sin da bambino infatti
per me suonare era già una cosa ovvia
ed eseguire qualsiasi cosa al pianoforte non presentava particolari difficoltà:
difficile era invece capire da dove venissero le cose che suonavo! Ovvero, ad
esempio, non capivo perchè ci fossero
tante composizioni scritte nella medesima metrica ma diversissime tra loro:
magari si trattava di due composizioni
in 2/4, ma una era una beguine mentre l’altra un pezzo country! Poi magari
c’era un 4/4 che era un pop-funky e un
altro che era un blues o uno shuffle: e
io avevo bisogno di trovare un motivo
per tutto ciò!
Ma alla fine il fatto che qualcuno ti abbia chiesto di scrivere riguardo al tuo
sistema ti ha aiutato a sistematizzarlo,
o ti era già tutto chiaro?
Nel 2003 mi sono convinto che o una
persona capisce ciò che sta facendo
mentre suona, o non saprà mai suonare davvero: perciò decisi che i miei allievi dovevano essere in grado di capire
in tempo reale cosa stessero suonando.
Con ciò intendo dire che dovevano essere capaci di suonare qualsiasi nota e
qualsiasi intervallo in tempo reale e in
maniera consapevole (Jack improvvisa sulla chitarra acustica una serie di
frasi melodiche in diversi stili differenti, cantandole al contempo, NdA).
A questa mia regola ho dato il nome
di SMD-Sistema Musicale Definitivo: nel
2007 ho poi realizzato un software che
conduce l’allievo passo passo nello studio dell’armonia attraverso un metodo
che ha per l’appunto nel computer il
suo ausilio principale. Il libro associato
a questo software si chiama Dizionario
di intervalli, è lungo 800 pagine (!) e
non è ancora stato lanciato: riguarda
note, scale, accordi, eccetera, argomenti sui quali ho delle idee differenti da
quelle standard, esattamente come per
il solfeggio ritimico. Dopo aver scritto questo Dizionario di intervalli, ho
cominciato a riflettere sui concetti di
notazione ritmica dei quali ti ho parlato poco fa, ed è lì che si è sviluppata
l’idea del Dizionario del ritmo, la cui
59
importanza ha soppiantato in termini
di urgenza di pubblicazione quella del
libro precedente. A questo punto, Il Dizionario di intervalli rimarrà disponibile sul mio sito http://smdjacklima.com.
br/ per le persone che possiedono già il
Dizionario del ritmo.
Fai lezione ai tuoi alunni solo con questo sistema o anche con la notazione
tradizionale?
Lavoro sempre in parallelo, mostrando i due lati della questione, perchè la
gente sappia comunque com’è che si
usa la notazione tradizionale. Qui in
Brasile ora c’è una scuola dove tutti e
dieci gli insegnanti stanno adottando il
mio sistema, incluso ovviamente l’insegnante di batteria!
Questo è tutt’ora un sistema nel quale
si ha bisogno di un apprendistato con
te o con chi si è formato con te, giusto?
Esattamente: la pubblicazione che ho
lanciato è un dizionario dove troviamo
le parole che ci servono per esprimerci, ma per le quali abbiamo bisogno di
un contesto dove possano essere usate.
Vedi, il grande problema con il ritmo in
quanto argomento è che lo si è sempre
considerato nell’ottica che le battute
dovessero sempre rispettare una logica
quaternaria. Per esempio, nel samba o
nel reggae abbiamo una metrica binaria, solo che la quadratura è quaternaria (nella teoria musicale occidentale,
per quadratura si intende la scomposizione di ogni movimento principale
di una data battuta in due suddivisioni
secondarie di uguale valore, NdA). Ovvero, la formula della battuta è binaria
tuttavia la quadratura è quaternaria, ed
è qui che è nasce la confusione tra quadratura e tipo di metrica. Ovvero, nei
succitati casi del samba e del reggae mi
ritrovo sempre con una battuta binaria
che si è voluto per forza constringere
in una quadratura quaternaria: in questo caso, ad esempio, quando contiamo
da uno a quattro stiamo contando una
quadratura, mentre la formula della
battuta dovrebbe essere tradotta con
un altro conteggio.
Come spiegheresti il tuo sistema ritmico - che hai chiamato Limatura - nel
modo più semplice possibile in modo
che qualcuno che non ne sa nulla si
avvicini al tuo metodo per saperne di
più?
FaceToFace
JACK LIMA
Nei miei seminari e con i miei allievi
comincio partendo dalla suddivisione
binaria, poichè tutti abbiamo esperienza di tale suddivisione: infatti, mentre
camminiamo usiamo la suddivisione
binaria a ogni passo che facciamo ed
in questo caso è come se marcassimo
tempo e controtempo. La prima cosa
che una persona impara con questo
sistema è come contare fino a otto battendo le mani ogni due tempi: ovvero,
non c’è modo di battere la mano dopo
averla battuta una prima volta senza
averla prima alzata. Quando alzi la
mano dividi quindi il tempo a metà marcando in aria il controtempo - per
cui possiamo affermare che ogni battito delle mani racchiude nello stesso
gesto sia un tempo che la sua metà, e
questa cosa tutti riescono a capirla anche senza saper leggere uno spartito.
Dopo aver capito questo concetto si
lavora sulle variazioni sottostanti allo
stesso: per esempio, quante possibilità ritmiche ho all’interno del battere e
del levare all’interno di un ciclo di otto
colpi? Ho 128 possibilità! Ho sviluppato perciò una progressione matematica
per cui si comincia suonando la prima
possibilità che è la “1+7”, ovvero l’esecuzione del primo colpo e il silenzio su
altri sette eventi tra tempi e controtempi. Quando la persona ha capito questo
concetto allora si comincia a studiare
sul Dizionario del ritmo e si vedono le
altre metriche che propongo: ad esempio il 4 x 8, che significa che al deno-
minatore trovo il numero otto, ma di
questi otto colpi ne sto usando in realtà
solo quattro. O, ancora, il 6 x 8, che
vuol dire che su otto colpi ne sto usando solo sei, e così via, il tutto spiegato
unicamente in relazione al battito delle
mani: in futuro anzi svilupperò molto
materiale sull’uso di questo metodo
usando proprio il corpo. Dopo aver capito la suddivisione binaria è poi facile
capire anche quella quaternaria e quella ternaria. Ho osservato una notevole
differenza nella capacità di improvvisare e leggere a prima vista nelle persone
che studiano anche sul mio metodo
rispetto agli studenti che studiano solo
su materiale ‘tradizionale’.
Qual è la reale diffusione del tuo metodo in Brasile?
Praticamente in ogni zona del Brasile
diverse persone lo stanno usando, e il
mio sito è molto visitato. L’unico problema per le scuole che vogliono usare
questo materiale è che gli insegnanti
lo devono studiare prima, per cui non
c’è un problema con la metodologia
quanto con il fatto che gli insegnanti
vanno prima formati, per poi lavorare
in parallelo con la notazione tradizionale. Ho insegnato in diverse università, dove spesso però gli insegnanti non
hanno il tempo necessario da dedicare
alla loro stessa formazione sul metodo:
allora ho cominciato a lavorare in un
altro modo, formando ‘dal basso’ i musicisti che a loro volta frequentano le
università e le scuole private, in modo
tale che diventino essi stessi uno strumento di pressione per far sì che gli
insegnanti di cattedra si formino sul
mio metodo. Insomma, il pro del mio
sistema è che funziona, il contro è che
prima lo devi studiare, e per ora l’unico modo per capire come funziona nel
suo insieme è attraverso di me!
Ti rimane del tempo per gestire dei
progetti musicali veri e propri al di fuori dell’insegnamento?
Attualmente prendo parte a progetti di
altri colleghi, e nel frattempo conduco
workshop sul mio metodo, oltre che a
tenere regolari lezioni di chitarra e pianoforte. Voglio dedicarmi solo a curare
la didattica in maniera costante sino
a quando non ci saranno abbastanza
insegnanti preparati per tramandare il
mio metodo, e allora sarò finalmente
libero di dedicarmi anche alla musica in senso più ampio. Tieni presente
che il mio metodo è complementare a
quello tradizionale anche per quanto
riguarda il sistema di apprendimento
delle note e per la lettura: ho elaborato
un software per cui l’alunno impara a
leggere tutte le note e gli accordi correttamente in una settimana, ma la mia
idea è di lavorare per ora solo con il ritmo, perché è il ritmo che fa funzionare
le note.
JACK LIMA
Dicionário de ritmo
Edizioni SMD LTDA - ME
Con le sue 250 pagine, questo Dizionario del ritmo si presenta come l’ausilio principale - secondo solo al fare lezione direttamente con l’insegnante - per accedere
alla spiegazione e agli esercizi del sistema di solfeggio ritmico ideato da Jack
Lima. Un sistema che funziona utilizzando direttamente i numeri e le formule
matematiche al posto delle figure ritmiche. Come recita l’introduzione: “questo
dizionario presenta, in maniera organizzata, tutti i sussidi necessari perché il musicista
possa comprendere ritmicamente qualsiasi spartito gli si presenti, indipendentemente
dallo stile e dalla maniera nella quale è stato scritto...”. Vengono in particolare mostrate la logica del come si costruiscono le battute, le formule metriche proposte,
l’equivalenza delle stesse con le metriche tradizionalmente utilizzate e una guida
per realizzare gli esercizi proposti. Ottimo ausilio alle lezioni con l’autore, che per
motivi geografici non possono che essere effettuate on-line.
Disponibile su www.smdjacklima.com.br
Davide Bernaro
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Sound Check
rullanti PMsnare
Passione per il suono
PMsnare nasce dall’idea di Pippo Maniaci (batterista autodidatta) di coniugare le sue due passioni,
la musica e il legno. Le prime esperienze nella falegnameria del fratello hanno portato Pippo verso la
professione di falegname/ebanista e a coltivare negli anni l’idea di realizzare un proprio rullante in
legno.
di Bob Baruffaldi
I
rullanti attuali arrivano dopo una
serie di innumerevoli prove, studi
e sperimentazioni, oltre a una lunga ricerca su legni e spessori. La particolarità di questi PMsnare consiste
nel fatto che sono realizzati in legno
massello, utilizzando essenze pregiate:
bubinga, zebrano, wengè, palissandro,
afromosia, etimoè e molte altre ancora. I fusti vengono realizzati con una
struttura a blocchi masselli, curvati e
sovrapposti in senso orizzontale. I bordi sono tagliati a quarantacinque gradi,
mentre la lucidatura esterna del fusto
è realizzata a mano con cera naturale
per esaltare le venature del legno utilizzato. Sono tre i modelli che ci sono
stati inviati per questo test approfondito, andiamo quindi a esaminare tutto
nei dettagli…
62
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
Il test
Iniziamo con il primo modello, un rullante in Zebrano e acero, con il fusto
da 14” x 6.5”, dal look dominato da una
striscia orizzontale in versione natural
e con le venature del legno che qui sono
decisamente in evidenza. I cerchi sono
a tripla flangia, hanno uno spessore da
2.3 millimetri e sono dotati di dieci fori
per i tiranti, mentre la macchinetta è
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18025
rullanti artigianali
PMsnare
Prodotti e distribuiti da
PMsnare, via Benedetto Scillama, 95041
Caltagirone (CT). Tel: + 39 339 5652415;
333 7190082; [email protected]. www.
pmsnare.it
Prezzi di listino:
serie Bubinga euro 480,00; serie Zebrano #TopCollection euro 720,00; serie
Wengè #TopCollection euro 750,00.
del corpo. Gli armonici sono presenti
in quantità non eccessiva e danno una
certa vita al suono generale. Ottimi anche questa volta la definizione sonora,
la sensibilità della cordiera e il volume,
che regala una presenza notevole a
questo ottimo rullante.
una Dunnett di colore nero, che può
ruotare di 180 gradi in senso orizzontale e che gestisce alla perfezione una
cordiera Puresound Equalizer dotata di
sedici fili. La pelle battente è una Remo
Ambassador Coated, mentre la snare è
una Remo Renaissance. I fori per l’espulsione dell’aria sono due, posizionati in maniera simmetrica, mentre i
blocchetti sono di tipo singolo per ogni
superficie e ricordano da vicino quelli
utilizzati su alcune serie prodotte dalla
Mapex. Il suono è abbastanza articolato
e copre un’ampia gamma di frequenze,
con gli armonici presenti nella giusta
quantità e facilmente controllabili con
l’accordatura. Ottima la presenza del
corpo, così come il volume a disposi-
zione e la sensibilità, rivelatasi eccellente in ogni condizione. Grande versatilità.
Il modello in Wengè da 14” x 7” ha un
fusto con un profilo in acero, e condivide alcune caratteristiche hardware
con lo zebrano appena descritto, come
i blocchetti, i cerchi, le pelli (la snare
qui è una Remo Ambassador) e i due
fori per l’aria nella stessa posizione. La
macchinetta per la gestione della cordiera a venticinque fili è una Dunnett
dello stesso tipo di quella in dotazione
al modello in zebrano, ma in versione
cromata. Il suono è anche qui articolato, ma con una nota fondamentale
più bassa e una maggiore presenza
63
Diverso il discorso per il modello in
Bubinga, anche perché il fusto ha le
dimensioni di 12” x 6” e il look è più
usuale, con i blocchetti in un unico
elemento, che ‘servono’ le superfici
battente e snare. I cerchi sono a tripla
flangia da 2.3 millimetri e hanno otto
fori, mentre la macchinetta è di tipo
economico, con una levetta che agisce
parallelamente al fusto ed è incaricata
di gestire la cordiera a sedici fili. I bordi
sono sempre a 45 gradi, due i fori per
l’aria (come nei modelli precedenti) e
pelli Remo Ambassador in dotazione:
Coated (battente), e Snare. Il suono
è abbastanza brillante, la quantità di
armonici discreta, a vantaggio della
definizione che qui appare ottima a
prescindere dal tipo di accordatura applicata. Ottimo il volume a disposizione, a garanzia di una presenza molto
decisa. Un rullante extra da avere assolutamente nel proprio set.
Conclusioni
I rullanti PMsnare hanno dimostrato lungo il corso del test delle qualità
sonore di ottimo livello, oltre a essere
realizzati con grande cura e attenzione
ai dettagli. Da migliorare qualche elemento relativo al look, per poter conferire così un identità precisa a ogni
tamburo. Da provare.
Un grosso saluto a tutti i lettori, ai quali ricordo sempre la disponibilità per
qualsiasi tipo di richiesta o chiarimento. Ci leggiamo presto.
Sound Check
hardware Tama Star
Safe & sound...
Il nuovo hardware della serie Star, presentato dalla Tama nel corso dell’edizione 2014 della Musikmesse
di Francoforte, è stato realizzato con un obiettivo ben preciso, quello dell’innovazione. Un termine
che risulta davvero adatto, visti il numero e la qualità delle novità in dotazione a ogni supporto.
di Bob Baruffaldi
P
er la realizzazione finale, ogni
elemento è stato analizzato e
ridisegnato per poter garantire
stabilità e grande precisione nelle regolazioni. Il posizionamento è stato
preso in esame come primo elemento, e in maniera molto attenta, con il
risultato di una quantità infinita per
ciò che riguarda le possibilità di regolazione. Allo stesso tempo, la Tama
ha lavorato pesantemente anche sulla
stabilità di ogni supporto, prendendo
in considerazione il fatto che ogni strumento, piatti o tamburi, non devono
mai muoversi nel corso di una performance. Molto lavoro è stato fatto anche
sul suono… Esatto, avete letto bene, il
suono. Avete mai sentito parlare di aste
che suonano e altre che non suonano?
Questa è una realtà molto comune, cal-
colando il grande numero di opzioni
offerte dal mercato, non tutte realizzate in maniera ‘impeccabile’ sotto il
profilo della risposta sonora. In questo
senso, la Tama ha posto la massima attenzione sul design di aste e supporti
che, oltre a essere molto stabili, possano garantire una sonorità trasparente a
ogni strumento.
Le caratteristiche comuni a tutti i nuovi supporti si chiamano Glide-Tite Grip
Joint e True-Sound Isolation Mute. Nel
primo caso, la struttura dei tubi nella zona di movimento risulta ibrida e
combina i vantaggi strutturali e acustici del contatto metallo/metallo con
la qualità di scorrimento tipiche del
nylon. Nel secondo caso è stata perseguito un assorbimento delle vibrazioni
con un design che prevede la presenza
64
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
di parti in gomma morbida e in plastica più dura per eliminare movimenti
e vibrazioni superflue. In pratica, ogni
tubo che scorre in quello sottostante è
dotato di una sorta di sordina interna
in gomma tenuta in posizione da un
inserto in plastica, che elimina all’origine qualsiasi possibilità di vibrazione.
L’asta a giraffa HC103BW è dotata del
sistema Orbital Quick-Tite Cymbal Tilter, che permette di avere un’infinita
possibilità di regolazione dell’angolazione del piatto, senza scatti, anche
perché il piccolo supporto dotato di feltrini che sorregge il piatto (L-Rod) può
essere regolato in maniera indipendente rispetto all’inclinazione e all’altezza del braccio della giraffa. L’Orbital
Quick-Tite Boom Tilter permette invece
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18026
hardware
Tama Star
di regolare inclinazione, lunghezza e
direzione della giraffa agendo su un’unica vite a T. I feltrini Ring-True hanno
un inserto che assicura un contatto minimo con il metallo per massimizzare
la risonanza del piatto.
L’asta combinata HTC107W offre un
supporto del piatto identico a quello
appena descritto, con integrato un supporto per tom (Swivel-Wing Tom Holder) dotato del sistema di regolazione
omni-ball, che può orientarsi senza
problemi in ogni direzione, coprendo
un raggio di dieci centimetri. Sempre
in tema di supporti per i tom abbiamo
l’HTW109W, un reggitom da terra dedicato, con lo Swiwel-Wing Tom Holder
e una piastra che include due supporti
separati, entrambi dotati del sistema
omni-ball, dalle caratteristiche identiche a quelle appena descritte per il
supporto HTC107W.
Snare Basket che, tramite l’azione su
una vite a T, permette di regolare la
lunghezza di uno tre dei braccetti,
cambiando quindi il diametro del ‘cesto’, evitando l’oscillazione verticale.
Agendo poi con una normale chiavetta sulla relativa vite, l’intero cesto può
scorrere in senso orizzontale indipendentemente dal resto del supporto.
Tutti gli elementi del cesto sono stati
disegnati per minimizzare il contatto
con il rullante, garantendo così la piena
vibrazione e la risonanza del fusto. La
posizione di default permette di ospitare rullanti da 13” a 15” di diametro. Tramite la semplice inversione di un piccolo blocchetto di colore nero, il supporto può ospitare anche rullanti del
diametro di 12”. I piedini di appoggio
in gomma sono dotati del Retractable
Spike-Foot, puntale retrattile in metallo che permette la massima stabilità e
aderenza su qualsiasi superficie. Super
versatile.
Last but not least, abbiamo il reggirullante HS100W, dotato del Cradle-Hold
65
Distribuita da
Mogar Music S.p.A., via Bernini 8,
20020 Lainate (MI), tel. 02 935961.
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Prezzi al pubblico (IVA compresa):
Asta piatto a giraffa euro 193,98; asta combo piatto/reggitom euro 242,78;
reggitom da terra euro 193,98;
reggirullante euro 164,7.
Conclusioni
Il nuovo hardware Star ha superato
il nostro test in maniera più che brillante, mostrando delle caratteristiche
di funzionalità, stabilità e possibilità
di regolazione che possiamo definire
eccellenti senza alcun timore di smentita. La presenza dell’elemento innovativo si fa sentire in maniera decisa e
reale. Assolutamente da provare.
Un grosso saluto a tutti i lettori, ai quali ricordo sempre la disponibilità per
qualsiasi tipo di richiesta o chiarimento. Ci leggiamo presto.
Sound Check
Cajón Meinl Flamenco Fandango Line
Eleganza tecnologia e comfort
Il nuovo cajon della serie Artisan si colloca al top della gamma della Meinl Percussion. Le sue
caratteristiche estetiche e sonore, la scelta dei materiali e le tecniche di costruzione utilizzate sono
ai massimi livelli del mercato. Eleganza, tecnologia e comfort sono declinati senza compromessi. Uno
strumento per musicisti esigenti che non badano a spese pur di avere uno strumento esclusivo.
di Antonio Gentile
C
redevamo che la serie Artisan
della Meinl Percussion avesse ormai raggiunto il top con
i modelli presentati nel 2012, ma la
casa tedesca è riuscita a superare se
stessa, progettando e realizzando uno
strumento veramente unico nel suo genere. Il cajon flamenco Fandango Line
AE-Caj9 riesce infatti nell’incredibile
impresa di eclissare i suoi pur degnissimi predecessori della serie Artisan,
prodotta in Spagna da un’azienda artigiana di grande qualità.
L’unica cosa standard del cajon Fandango sono le misure. Tutto il resto è
fuori serie. Il corpo dello strumento è
interamente realizzato in compensato
di Pioppo Tulip (Liriodendron tulipifera). All’interno, il corpo è scavato e
arrotondato in modo da garantire una
propagazione delle onde sonore perfettamente controllata, priva di risonanze
indesiderate. La buca posteriore è dotata di uno speciale cerchio di legno proteso verso l’interno del cajon, che aiuta
a definire le basse frequenze e agisce
66
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
come una sorta di compressore naturale. Per controllare ulteriormente la
pressione dell’aria sulle basse frequenze, la buca è velata all’interno da una
sottile rete di materiale sintetico. La
superficie superiore è resa elegante da
un delicato intarsio rettangolare e sia
questa che i fianchi del cajon portano
il logo della serie Artisan marchiato a
fuoco.
La tapa (superficie battente frontale)
è realizzata con un magnifico legno
di Tineo o Indian Apple Wood (Wein-
www.drumsetmag.com
18028
cajón
mannia trichosperma), un legno rosato
con venature nere molto usato in arredamento per realizzare pannelli decorativi di grande pregio. Come in tutti
i cajon della serie Artisan, gli spigoli
e gli angoli superiori della tapa sono
smussati da più parti, così da assicurare il massimo comfort delle mani. Ma
le sorprese non sono finite. Il sistema
di cordiere interno è realizzato con ben
16 spirali d’acciaio molto sottili disposte verticalmente all’interno della tapa.
Le spirali sono distribuite in maniera
simmetrica sui due lati della tapa e la
loro tensione è regolabile grazie a un
sistema governato da due brugole.
Ogni brugola regola una serie di spirali, indipendentemente dall’altra. Questo vero e proprio arsenale di spirali è
controllato da una sordina di tessuto
che corre trasversalmente da un lato
all’altro della tapa esattamente a metà
altezza. Non avevo mai visto prima un
sistema di sordinatura come questo e
mi sono molto incuriosito sulla sua efficacia. Per finire, perfino i piedini in
gomma che sostengono il cajon sono
stati scelti dalla casa con estrema cura
per assicurare comfort e perfetta risposta sulle basse frequenze. Da questa
descrizione avrete capito che le finiture
estetiche di questo cajon sono molto
eleganti e sobrie. Talmente sobrie che
persino il logo Meinl è serigrafato in
bianco nell’angolo inferiore destro della tapa, in modo da non interrompere
le bellissime venature del legno di tineo.
Il test
La prova su strada è al di sopra delle
aspettative, per quanto queste fossero
già piuttosto alte. La definizione e il
controllo dei bassi è ottimo. Il suono
è rotondo e controllato, già equalizzato e compresso perfettamente dallo
strumento stesso. Gli alti sono ancora
più controllati e definiti dei bassi. Con
tutte le spirali inserite all’interno, mi
aspettavo una presenza eccessiva della
cordiera. Invece la sordina, come pure
la disposizione delle stesse spirali,
permette di controllare perfettamente
le vibrazioni, dosandole in maniera
automatica a seconda del bisogno. La
tapa suona perfettamente con qualsi-
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Meinl Artisan Edition
Flamenco cajon
Fandango Line AE-Caj9
Distribuita da
Master Music, www.master-music.it
Prezzo di listino (IVA inclusa):
euro 875,00
asi tipo di dinamica: potete carezzarla
con la punta di un dito o percuoterla
con violenza inaudita e lei risponderà
in maniera perfettamente lineare alle
sollecitazioni. Questo si traduce in
un controllo assoluto delle dinamiche
mai ottenuto prima su nessun altro
cajon della stessa serie. Il Fandango
si conferma essere uno strumento di
altissimo livello. Nasce come un cajon
flamenco per eccellenza, ma può essere adattato a qualsiasi stile di musica
acustica, nella quale si possa fare uso
di dinamiche, anche esasperate. È uno
strumento per palati fini… e portafogli
grossi. Destinato a musicisti dai gusti
raffinati o a feticisti disposti a tutto pur
di soddisfare le proprie irrefrenabili
pulsioni!
My Old Flame
Rullanti Ludwig Supraphonic
Non c’è al mondo un rullante più famoso del Ludwig Supraphonic. Punto! Per molti anni questo
tamburo, in particolare nella sua versione da cinque pollici, ha rappresentato lo standard assoluto
tra i rullanti: personalmente ho perso la memoria di quanti set di qualsiasi ditta mi siano giunti
equipaggiati proprio con un Ludwig Supraphonic.
di Antonio Di Lorenzo
N
on è difficile affermare che, fino
alla metà degli anni ’80, fosse
ancora lui il rullante usato per
tutte le registrazioni (prova ne sia il fatto che lo stesso Steve Gadd ne ha usato
per molti anni uno sui suoi set Yamaha).
Difficile per chiunque resistere al fascino sonoro, alla praticità e alla versatilità del Supra. Se qualcuno mi chiedesse
di portare un solo rullante in giro per
suonare qualsiasi cosa, sceglierei sicuramente un Supraphonic da 5”. Senza nul-
la togliere al modello da 6,5” che è stato
a sua volta un pezzo di storia del jazz e
del rock (basti pensare a Bonzo!). Anzi,
la grandezza del Supraphonic risiede
anche nel fatto che le sue due versioni,
quella da 5 pollici (LM400) e quella da
6,5 pollici (LM402), rappresentano due
tamburi fra loro diversi e complementari, tant’è che sorge spesso l’esigenza
di possederli entrambi. Per tacere ovviamente di tutte le imitazioni, che negli
anni si sono avvicendate da parte di tutte
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DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
le ditte costruttrici, per replicare il successo del rullante in questione.
Ma veniamo alla storia: nel 1958 la
Ludwig riacquisì il proprio nome e i vecchi macchinari e gli stampi con cui venivano prodotti gli Imperial Lugs; nacque
così il rullante Super-Ludwig a 10 tiranti
in ottone. Attenzione: sarà solo nel 1964
che questo stesso rullante prenderà il
nome di Supraphonic 400, che conserverà sino a oggi. Dunque all’inizio i Su-
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18029
pra erano in ottone (brass) ed è opinione
diffusa che questi siano tra i migliori
rullanti in metallo mai prodotti. Realizzati da una lastra unica, erano lavorati in
maniera da ottenere un cilindro, senza
che vi fosse saldatura nel fusto, tramite
il sistema della imbutitura. Piuttosto pesanti, hanno un suono inconfondibile,
perché penetrante, ma non stridulo, con
un naturale decay degli armonici e senza
nessuno degli incontrollati armonici che
a volte si sviluppano nei rullanti in metallo. Sensibilissimi e più scuri rispetto
alle versioni successive del Supra in
alluminio, i primi esemplari in ottone,
denominati nel gergo Chrome over Brass
(COB), hanno un volume impressionante e sono prodotti solo nella versione da
5 pollici con i bordi ripiegati all’interno
e la tradizionale ‘piega’ a fare da ‘letto’
per la cordiera (snare bed). Non di rado le
parti meccaniche, il tendi cordiera P 83
e la parte opposta, sono marchiati WFL;
la Ludwig continuò a utilizzare tali parti fino a quando non furono esaurite, e
questa è la ragione per cui vi sono molti
rullanti Ludwig con parti ancora marchiate WFL. Fin dai primi modelli, il Supra presentava il rigonfiamento centrale
che rinforza il fusto, ormai tradizionale
e tuttora presente.
L’aumento del costo dell’ottone costrinse
la Ludwig a cercare un materiale alternativo e alla fine si constatò che il miglior sostituto era l’alluminio. Nacque
così il Supraphonic così come è tuttora
prodotto oggi, in pratica senza sostanziali variazioni; in realtà esistono pochi
esemplari con la saldatura centrale, ma
la ditta di Chicago tornò subito al fusto
imbutito, perché più efficace dal punto
di vista sonoro. I Supraphonic in alluminio sono senza dubbio più squillanti dei
loro predecessori in ottone e forse per
questo sono diventati subito i rullanti
più amati nel rock and roll.
Parliamo dei numeri di serie degli
esemplari esaminati in questo articolo:
nessuno per il COB, cosa del resto abbastanza frequente perché questi modelli
o ne sono privi oppure lo hanno bassissimo, poiché prodotti negli anni dal
1958 al 1960. Un altro Supra (sempre da
5”) ha il numero di serie 461392, con la
sordina baseball bianca ed è un rullante
del 1967. Uno degli ultimissimi Supra
con lo shield badge (anno 1969) ha il nu-
mero di serie 750174 e presenta caratteristiche tipiche della transizione, come
la sordina tonda con pomello da 1” e il
tendi cordiera P 85. Infine con numero
di serie 750174 abbiamo uno dei primi
Supraphonic con il blue olive badge, del
1969, con sordina tonda da 1” e tendicordiera P 85.
Spesso mi hanno chiesto se esiste una
differenza sonora fra i Supra di varie
epoche; la mia soggettiva opinione è
che, fatta eccezione per il COB, i rullanti
sono sostanzialmente identici, ma che
l’uso e il trascorrere degli anni ne modifica leggermente la sonorità, rendendola
più scura. Ovvio che questo cambiamento di sonorità non è considerevole come
accade in uno strumento in legno. In
tutta onestà, la differenza è percepibile
(a parità assoluta di settaggio e di pelli)
solo quando si suona il rullante isolatamente; inserito in un drumset e, ancor
più, nel contesto di un gruppo musicale,
le differenze sono difficilmente percepibili.
Tornando al Supraphonic, sono diversi
ma coincidenti i motivi del suo grande
successo: i dieci tiranti ne rendono accurata l’accordatura, ma anche flessibilissima e con un range di possibilità enorme; le meccaniche sono semplici ma
efficaci (sia nella versione P 83 che P 85);
il suono è equilibrato, potente e, soprattutto, nel caso del Ludwig L 400, assolutamente versatile: possiamo accordarlo
basso, acuto, tiratissimo come facevano
i batteristi reggae come Carlton Barret
con Bob Marley, e testare tutte le varie
accordature possibili tra pelle superiore
e inferiore. In ogni caso lo strumento risponderà perfettamente. Si è parlato del
mistero dello snare bed del Supraphonic
e di come la Ludwig custodisca il segreto
(abbastanza relativo!) della sua profondità e curvatura; in realtà il ‘letto’ è dato
da un restringimento del fusto ottenuto
molto sapientemente, ma di cui non conosciamo i dettagli!
Qualche parola invece va detta a parte
per il modello da 6,5” (ovviamente tutti
ricordano il rullante di Bonzo…). Il modello L 402 è uno strumento con una sua
differente e precisa personalità e non il
fratello meno conosciuto del 400. Introdotto nel 1960, il Supra da 6,5” trovò la
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sua fortuna nel rock, che cominciava a
essere pesantemente amplificato: era lo
strumento perfetto per confrontarsi con
i watt prodotti da una pila di amplificatori Marshall. È uno strumento che perde
in sensibilità qualcosa rispetto al modello L 400, ma ovviamente genera un volume impressionante e, con una cordiera con più fili (Bonzo usava una Gretsch
a 40 fili) riprende tutta la sua sensibilità,
mantenendo intatta la sua personalità.
Ovviamente meno squillante del 5”, L
402 è perfetto per le orchestre, ma anche per tutti coloro che non amano sentire i rullanti acuti. Diventò ben presto
il rullante più amato nell’hard rock e
conserva tuttora il suo fascino e la sua
storicità. L’esemplare da noi testato ha
il numero di serie 1313073 (anno 1978)
e si presenta con tutte le peculiarità di
questo tipo di B/O Badge.
A testimonianza della costante qualità
del Supraphonic abbiamo provato anche un modello più recente, un LM402
definito Last Chicago Badge, cioè l’ultima
produzione fatta nella città di Chicago prima del trasferimento della ditta
Ludwig nella città di Monroe: lo strumento in questione, pur non essendo
vecchissimo (è del 1985), suona quasi
come gli altri, ma con un suono che
percepisco leggermente più ‘chiuso’.
I più attenti osservatori hanno notato
una piccola differenza nello spessore
dei fusti a partire forse da 1992 e sicuramente dal 2004; inoltre lo spessore dei
cerchi è maggiore nei nuovi rullanti (2,3
mm.), mentre è più piccolo nei nuovi
Supraphonic il rigonfiamento centrale.
Ma ancora una volta occorre onestamente constatare che è difficile percepire la
differenza, soprattutto se si suona il rullante nel contesto del set.
Lo scorso mese la Ludwig ha presentato
un rulante Limited Edition, con uno speciale badge in ottone, per celebrare i 50
anni del asuo tamburo più celebre.
Infine una piccola curiosità: uno dei
Ludwig L 402 di Bonzo ora lo possiede
Dave Grohl, che lo ha acquistato per una
cifra notevole (si parla di 80.000 dollari). Beato lui!
Pace e amore
What a Wonderful World
La cabasa
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Uno strumento moderno, diventato indispensabile nell’armamentario del percussionista
contemporaneo, che discende da uno strumento yoruba dalle origini molto antiche. Dalla musica rituale
afrobrasiliana al mercato globale, attraverso una metamorfosi strutturale e un vero e proprio processo
transculturale.
di Antonio Gentile
L
a cabasa che tutti conosciamo non
è altro che la versione moderna
dell’afoxé brasiliano che, a sua
volta, deriva da uno strumento yoruba o
meglio, per essere più precisi, del sottogruppo etnico Ijeshà. In origine l’afoxé
è un frutto di calabaço essiccato e svuotato, al quale viene fissato un manico di
legno. La superficie del calabaço è rigata
longitudinalmente. Intorno al corpo dello strumento è intessuta una rete nella
quale sono infilate delle perline o semi
duri. Facendo ruotare il manico dell’afoxé mentre l’altra mano lo sostiene, i
semi sfregano sulle rigature producendo un suono di raschiamento. Un suono
più debole si ottiene anche scuotendo
o colpendo con le dita l’afoxé. Si tratta
quindi di uno strumento ibrido, un
idiofono a raschiamento/scuotimento.
Marginalmente può essere anche percosso con le dita o con un battente, ma si
tratta di tecniche poco utilizzate. L’afoxé
è un indiscusso protagonista di molte
sfilate della comunità afrobrasiliana di
Bahia. In particolare è molto utilizzato
durante le cerimonie e le sfilate dedicate
a Oshun. Molta della sua popolarità si
deve senza dubbio alle sfilate oceaniche
messe in atto dagli affiliati all’associazione culturale dei Filhos de Gandhi,
nata come dopolavoro dei portuali di
Salvador negli anni ’30. In queste sfilate
l’afoxé è talmente presente da aver prestato il proprio nome all’evento stesso.
La cabasa moderna fu creata da Martin
Cohen della LP negli anni ’70. Un cilindro di legno dotato di manico ospita
sulla superficie laterale un pezzo di lamiera corrugata intorno alla quale sono
liberi di ruotare alcuni anelli di catenella
a sfere d’acciaio. La tecnica esecutiva è la
stessa dell’afoxé, ma il timbro metallico
produce un suono più tagliente ed efficace. Soprattutto la robustezza della cabasa, grazie ai materiali impiegati nella
costruzione, è decisamente superiore a
quella dell’afoxé. Queste caratteristiche
hanno decretato rapidamente il grande successo di diffusione della cabasa
in tutto il mondo. Oltre a soppiantare
quasi totalmente il suo predecessore, la
cabasa è diventata anche uno degli strumenti più utilizzati in tutti i generi della
musica moderna. Questo strumento,
assimilabile nelle caratteristiche timbriche allo shaker o alle maracas, possiede
infatti delle caratteristiche tecniche veramente uniche. Grazie al pieno controllo
dei movimenti ritmici e della durata dei
suoni, può essere utilizzato in qualsiasi genere musicale, anche quelli con
caratteristiche estreme. Nei brani con
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velocità metronomiche molto basse,
per esempio, è uno dei pochi strumenti a percussione facilmente utilizzabile.
Lo stesso si può dire nel caso di pezzi
che richiedano l’accompagnamento di
pattern sincopati e molto spaziati (con
lunghe pause, magari irregolari). La tecnica della cabasa non teme neppure la
sfida con i tempi dispari o con le partiture più complesse. Per questo motivo, al
giorno d’oggi, non la troviamo più solo
nella musica brasiliana ma in qualsiasi
genere musicale del mondo, dalla musica contemporanea al jazz all’elettronica o alla musica pop. Per questo stesso
motivo tutte le grandi aziende produttrici l’hanno inclusa nel loro catalogo e
ne hanno progettato parecchie versioni.
Tra tutte vale la pena citare la Foot cabasa
della Meinl Percussion, che permette di
suonarla utilizzando un pedale appositamente progettato.
I manuali della collana Percussion Master. Dopo
Djembé & percussioni africane, Congas & percussioni
afrocubane, Samba & percussioni afrobrasiliane, Cajon &
cajon add-ons, ecco il quinto volume: Maracas & piccole
percussioni.
La didattica fra tradizione e modernità.
Scritti da Antonio Gentile.
consigliati da
Una collana multimediale in
continua espansione
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ANTONIO GENTILE
Congas e percussioni africane
Edizioni Drumset Mag
Secondo capitolo della collana Percussion Master dedicata da Antonio Gentile al mondo dei ritmi e degli strumenti a percussione afrocubani. Diciamo subito che ci
troviamo di fronte a uno dei migliori metodi pubblicati
sul genere e certamente al miglior metodo mai pubblicato in italiano e da un italiano. Nelle sue 130 pagine,
il libro si pone come un manuale di riferimento a molti livelli: è infatti a un tempo un testo didattico ricco
di esercizi, ritmi e consigli esecutivi su un ampissimo
ventaglio di stili musicali dell’isola di Cuba; un prezioso
manuale di consultazione per quanto riguarda la terminologia inerente i generi e le percussioni tipici della
musica afrocubana e una guida alla scelta, alla cura e
alla manutenzione dei principali strumenti trattati. Per
la prima volta inoltre incontriamo una trattazione chiara e completa della timba - genere sorto a Cuba a cavallo degli anni ’90 - e del latin-jazz, oltre alla miglior disamina
a tutto campo delle strutture ritmiche analizzate, che comprendono tutti gli stili più
importanti del genere: dal son alla rumba, passando da mozambique, songo e chacha-cha. Preziosa la sezione dedicata ai ritmi per batà, che presenta altresì una serie di
interessanti trasposizioni di toques de batà per un solo percussionista su tre congas.
Importante la parte dedicata ai principali maestri della percussione cubana: una serie
di piccoli ritratti artistici fondamentali per comprendere l’importanza didattica e storica
del materiale proposto. La struttura dell’opera fornisce una fonte pressochè inesauribile
di studi sia agli amatori che ai professionisti: infatti, ogni aspetto della trattazione è affrontato in maniera completa e rimanda altresì a ulteriori approfondimenti, stimolando
la curiosità del lettore sui generi, gli strumenti e gli argomenti affrontati. L’autore mette a disposizione gratuitamente sul proprio sito (http://www.percmaster.it/Libri.html)
tracce audio e video continuamente aggiornate riguardo ai contenuti del libro, utilissimi complementi a un già eccellente lavoro. Avessimo avuto tra le mani quest’opera in
Italia venti anni fa, avremmo di certo avuto una vita da studenti di percussioni etniche
molto più facile. Bravo Antonio, e grazie.
Davide Bernaro
CIANCAGLINI KIKOSKI
NEMETH
Second Phase
Via Veneto Jazz
Terzo album da leader per
il contrabbassista Pietro
Ciancaglini, il cui titolo lascia chiaramente intendere
come l’artista romano abbia
deciso di voltare pagina e di
lasciarsi alle spalle quanto
pur di eccellente fatto sinora
nella sua carriera per iniziare a scrivere una nuova pagina della sua vita artistica.
Una pagina che inizia con
le parole giuste: come un
bel romanzo che ti prende
sin dalle prime righe, sin
dalle prime note veniamo
immediatamente trasportati
in una dimensione internazionale, sia per lo spessore
dei musicisti impegnati sia
per l’atmosfera da jazz club
newyorchese che le casse
dello stereo immediatamente rimandano. Merito sia
della scrittura di Ciancaglini
(tutte sue le composizioni
dell’album, tranne gli standard “It’s Wonderful” e “I
love You” e “Gloria’s Step”,
immancabile omaggio a
Scott La Faro) sia dei partner
scelti oculatamente per la registrazione: il pianista David
Kikoski, che vanta collaborazioni con star del calibro di
Roy Haynes, Randy Brecker
e Bob Berg, e il bravissimo
Ferenc Nemeth alla batteria, un ungherese da anni
residente nella Grande
Mela, dove ha avuto modo
di suonare, tra gli altri, con
Herbie Hancock, Wayne
Shorter e Joshua Redman.
Spesso chiamato alla ribalta
(in particolare segnaliamo
la sua introduzione percus-
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DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
sionistica su “Bright Soul”,
gli intensi scambi con il
contrabbasso su “Opening”
e l’assolo su una vamp in
“Discipline”), Nemeth offre
un saggio di accompagnamento jazz moderno, un
concentrato di energia, raffinatezza, drive e sensibilità.
Un disco eccellente.
Alfredo Romeo
COLLINA CERVETTO
PEILLON & BOSSO
Michel On Air
Incipit Record
Il Michel al quale si fa riferimento nel titolo è Petrucciani, il grande pianista jazz e
compositore venuto a mancare quasi 15 anni or sono,
la cui prematura scomparsa ha lasciato un grande
vuoto nel mondo del jazz.
I musicisti protagonisti di
questo album ne onorano
la musica e l’eredità artistica interpretando in maniera
inappuntabile 12 cavalli di
battaglia del suo repertorio,
10 originali più due brani di
Ellington particolarmente
amati dal pianista francese.
La spiccata vena melodica
di Petrucciani viene esaltata
dall’ospite d’onore di questa
registrazione, il formidabile
trombettista Fabrizio Bosso,
al quale viene demandata
l’esposizione di tutti i temi
(e che la fa da padrone anche per quanto riguarda le
improvvisazioni). Dietro di
lui si fanno apprezzare il
pianista Alessandro Collina,
il contrabbassista (francese)
Marc Peillon e il batterista
Rodolfo Cervetto, molto
abile nell’uso delle spazzole
(con le bacchette lo si ascolta
solo su “Take the ‘A’ Train”,
ma neanche per tutto il brano…). Un tributo elegante e
godibile.
Alfredo Romeo
FRANCESCO
LOMAGISTRO & Berardi
Jazz Connection
A New Journey
Jazz Engine; distr. Goodfellas
La formazione capitanata
dal batterista tarantino realizza con A New Journey il
suo quarto album, ancora
una volta all’insegna di una
formula rivelatasi vincente,
soprattutto nei confronti del
mercato discografico estero (non per nulla il disco è
stato pubblicato dapprima
per il Giappone dalla P-Vine Records). Una formula
che privilegia l’esecuzione
di brani per lo più originali
dal groove sempre in bella
evidenza, che rimandano al
jazz dell’etichetta Blue Note
degli anni ’60 e ’70, senza
disdegnare incursioni in
ambiti soul, funky e persino pop. Rinnovata, ma non
per questo meno affiatata,
la BJC vede ora gli eccellenti
Michele Campobasso al piano e tastiere, Camillo Pace al
contrabbasso, Vincenzo Presta al sax tenore e Francesco
Lento alla tromba, ai quali
si uniscono alcuni special
guests tutti attivi nell’area di
New York quali la cantante
Pat Tandy (che si cimenta
in un ardito arrangiamento
in chiave soul di “Money”
dei Pink Floyd), il chitarrista
e produttore Fabrizio Sotti
(presente in “Such a Shame”
dei Talk Talk) e il giovane
rapper Demetrius MacKay,
in arte The Surgeon (che impreziosisce “Afro Tricks”,
uno dei brani più riusciti).
Lomagistro si concede un’unica e concisa sortita solistica su “Before the Trip”, ma
è comunque sugli scudi per
tutto l’album, grazie al suo
comping a un tempo classico
e aggiornato. Un gran bel disco, ben suonato e altrettanto ben registrato, dal respiro
decisamente internazionale.
Alfredo Romeo
FRANCO BAGGIANI
Memories of Always
Sound Records
Jazz, funk, rock, composizione seriale. Quattro aree
diverse tra di loro, talora
lontanissime, che Franco
Baggiani prova a unire reinventando il jazz-rock in un
periodo che sembra aver riscoperto la vulgata elettrica
cara a Miles Davis e ai suoi
numerosissimi allievi. Da
Miles si parte e si torna: un
riferimento evidente per il
prolifico trombettista fiorentino, che lo ha omaggiato e
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rievocato in più di un disco,
vedi l’ultimo My Way Through The Jungle, nel quale
compariva “Black Satin”. Lo
stesso brano – jungle funk
davisiano del 1972 – compare in Memories of Always,
tredicesimo lp di Baggiani,
mai così nero, ipnotico, brulicante di suono e materia.
Ispirandosi alla direzione
gestuale colta, Baggiani ha
condotto il suo ampio ensemble in sette lunghi brani
che sbrigativamente potrebbero ascriversi alla corrente
del jazz elettrico, ma che
sono invece il frutto di una
lunga seduta in studio, tra
improvvisazione oracolare e
funk concentrico. Percussioni e batteria a cura del trio
Fabio Ferrini, Alessandro
Criscino e Alberto Rosadini,
che tiene bordone alle fughe
di fiati e chitarre in un album elettrizzante.
Floriano Ravera
MASSIMO DISCEPOLI
Parallax
DOF
Compositore, produttore, polistrumentista e insegnante,
oltre che batterista, Massimo
Discepoli ha già alle spalle
diverse esperienze importanti nelle situazioni musicali
più disparate, ma da qualche anno sembra aver eletto
l’area sperimentale elettroacustica quale suo preferito
terreno di gioco. Per la sua
prima etichetta, la Acustro-
nica, ha inciso quattro dei
cinque album realizzati sotto
lo pseudonimo Nheap e, più
di recente, ha creato la DOF,
per la quale pubblica questo Parallax, primo album
licenziato sotto il suo vero
nome. Il lavoro del musicista umbro rappresenta per
certi versi un paradossale
rovesciamento dei canoni di
certa musica ambient, da cui
la batteria è di solito bandita.
Nei bozzetti sonori di Parallax il drum set occupa invece
il centro della scena, ma in
maniera non convenzionale:
dimenticate qualsiasi idea di
accompagnamento ritmico
come anche il classico concetto dell’assolo di batteria.
Discepoli punta piuttosto
sulle enormi potenzialità coloristiche della sua batteria,
voce spesso principale che
si staglia con discrezione e
leggerezza su eterei tappeti
elettronici. Un delizioso paradosso.
Alfredo Romeo
PFM
L’isola
Aereostella/Immaginifica
A quarant’anni dall’uscita
dell’album L’isola di niente,
il primo concepito principalmente per il mercato internazionale, la Premiata esce
con la riproposizione live
dello storico disco. Registrato a Tokio nel maggio 2014,
con una qualità audio curata maniacalmente, L’isola
LightMyFire
se ghe pensu” (unico pezzo
non originale), passando per
quasi tutto quello che c’è nel
mezzo.
Alfredo Romeo
è il primo di cinque album
in cui la storica prog-band
italiana ripropone dal vivo
la produzione della prima
metà degli anni ’70, in un
cofanetto chiamato Il suono del tempo. Il batterista e
frontman Franz Di Cioccio
si muove liberamente e senza schemi fra tempi dispari,
stacchi improvvisi, obbligati e dinamiche spinte,
confermando una fantasia
quasi introvabile al giorno
d’oggi. Una scuola d’altri
tempi, fonte di ispirazione,
stupore e divertimento. Gli
fa da spalla Roberto Gualdi,
che prende il comando dei
tamburi quando Di Cioccio
canta. Oltre ai tre classici del
disco originale, la title track
eseguita per la prima volta
dal vivo insieme a un ensemble vocale, “La luna nuova” un mix stilistico identificato da un riff di tastiera e
la ballata “Dolcissima Maria”, la scaletta del nuovo
live include “Via Lumière”,
mai eseguita dal vivo, e “Is
My Face on Straight”, fino
a oggi suonata solo nei tour
americani. L’isola è un must
per i fan del rock progressivo, riproposto con un’esecuzione magistrale e una qualità da audiofili. Su cd, vinile
e digital download.
Mario A. Riggio
THE TRIO
Blackeye
K-Brothers
La visione di un singolo condivisa e fatta propria dai suoi
compagni di strada: le idee e
il modo di concepire la musica di Luca Biggio (sax tenore, clarinetto e clarinetto
basso) hanno trovato in Daniele Liberti (contrabbasso)
e Gaetano Fasano (batteria
e percussioni) orecchie attente, cervelli reattivi e mani
(e piedi) in grado di tradurre fedelmente in musica le
intuizioni del leader. Jazz
contemporaneo che non dimentica le proprie radici miscelato all’energia e all’immediatezza del rock, composizioni armonicamente
scarne che lasciano ampia
libertà ai musicisti coinvolti, campioni di interplay e
di capacità di rischiare. Felicemente, l’adesione totale alla causa di questo trio
pianoless si è estesa anche
all’ospite d’onore, il trombettista Flavio Boltro, del
tutto partecipe dell’estetica
complessiva dell’album nei
tre brani in cui si erge a protagonista. Da sottolineare,
tra le note più positive di un
album davvero interessante,
il drumming di Gaetano Fasano: chiamato dall’assenza
del pianoforte a tessere trame che vanno ben al di là
del mero sostegno ritmico,
il musicista campano ha
modo di sciorinare lungo le
sette tracce di Blackeye un
mini compendio di storia
della batteria, dal gioioso
street beat in perfetto stile
New Orleans di “Maktub”
fino al dolente incedere
funky della conclusiva “Ma
VOODOO SOUND CLUB
Voodoo Sound Club meets
Banda MamiWata
Brutture Moderne
Seconda prova discografica
per i bolognesi VSC, strepitoso sestetto capitanato dal
sassofonista Guglielmo Pagnozzi e supportato dall’impeccabile sezione ritmica a
firma Gaetano Alfonsi (bat-
teria) e Danilo Mineo (percussioni). Affiancati dalla
Banda Municipale della Città
di Russi (RA) per sei delle
otto tracce che compongono
il cd, la band presenta qui un
lavoro strumentale davvero
troppo importante per essere
sommariamente commentato in una breve recensione:
partendo dall’afrobeat e dal
funk del lavoro precedente,
il gruppo ha creato una personale via agli stili africani
che ha incontrato e assimilato, costruendo un affresco di
suoni e ritmi destinato a catturare sin dalla primo ascolto. Impossibile scegliere tra
le otto tracce, impreziosite in
alcuni casi dai canti in arabo
del chitarrista Reda Zine e
da un rap in italiano davvero
emozionante di Yuri Dini.
Un disco raro, importante e
da avere assolutamente nella
propria collezione.
Davide Bernaro
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ANDY ZIKER
The Jazz Waltz
Libro + CD
Alfred Music
Scrive il maestro John Riley nella sua prefazione che
“quando finalmente mi sono
messo a studiare in 3/4, la
mia capacità di suonare in
4/4 è migliorata clamorosamente, perché stavo iniziando a ‘sentire’ e ad ascoltare la
musica in modo diverso”. Nel
diluvio di metodi batteristici dedicati ai più disparati
aspetti del drumming, Andy
Ziker, batterista jazz e didatta alquanto popolare nella
natia Arizona, si ricava uno
spazio con un libro decisamente ben fatto, dedicato
all’argomento 3/4 in ambito jazzistico, o jazz waltz,
appunto. L’autore identifica
otto “figure àncora”, ossia dei
pattern in 3/4 generalmente eseguiti da piatto, hi hat
e cassa, proposti in cinque
diverse modalità (per esempio accentando l’1 sulla cassa; oppure accentando tutti
e tre i quarti della misura
con la cassa o con l’hi hat;
o ancora, con un feel afrocubano in stile Elvin Jones,
eccetera) e per ciascuna di
queste combinazioni offre
diversi esercizi su cui fare
pratica, possibilmente utilizzando un metronomo e le
tracce audio play along contenute nel cd allegato (che
LightMyFire
contiene anche un programma per velocizzare o rallentare il materiale e mandarlo in loop). Non mancano
esempi di ritmi ‘etnici’ in tre
quarti (bossa, songo, funk,
reggae…), qualche pagina
di diagrammi dedicati alle
spazzole (a cura di Florian
Alexandru Zorn), una sezione dedicata agli assolo in 3/4
e altre specificità. Di grande
interesse le ultime 24 pagine del libro, ciascuna delle
quali dedicata alle trascrizioni di ciò che alcuni grandi
batteristi - da Jeff Ballard ad
Antonio Sanchez, da Brian
Blade a Paul Motian, da Roy
Haynes a Elvin Jones - hanno suonato in alcuni brani,
con la puntuale annotazione di tutti i dettagli relativi
all’incisione e alla struttura
del brano in esame. Un lavoro di sicuro interesse per
insegnanti e batteristi appassionati di jazz.
Alfredo Romeo
DAVID KUCKHERMANN
Advanced Frame Drums
Vol. I & II
www.kunaki.com
I due dvd in questione sono
rivolti a studenti di livello già
avanzato sui tamburi a cornice. Il primo è incentrato
sia sulle tecniche lapstyle position - con il tamburo tenuto
in verticale su un ginocchio
- che su quelle freehand position, ovvero tenendo il tamburo in verticale ma libero
tra le gambe. Dopo una disamina delle varie posture
per suonare la nota grave dei
tamburi a cornice, comunemente denominata dum,
segue lo studio in dettaglio
dei colpi tak e snap, corredati da una serie di ritmi/
esercizi mostrati prima a
piena velocità e poi al rallentatore. Si giunge così al
capitolo sui fingerrols, la cui
tecnica viene esaminata nel
dettaglio, poi a una sezione
sulla split-hand technique,
tecnica derivante dalla musica indiana che permette di
dividere la mano in tre parti. Nel capitolo sui multiple
frame drums, ovvero sul suonare più tamburi a cornice
contemporaneamente,
si
lavora sia su un unico ritmo
suonato su due tamburi che
sull’esecuzione di due ritmi
diversi eseguiti contemporaneamente, lavorando con
l’indipendenza tra le due
mani. Numerosissimi gli ex-
75
tra, tra assoli, video dal vivo
e practice tracks varie. Nel secondo dvd, David si concentra in primis su di una serie
di tecniche da lui trasposte
dal tonbak iraniano ai tamburi a cornice suonati in lapstyle. Si parte col riz, rullo a
quattro o otto dita, tecnica di
grande effetto: si passa poi
allo snapping con relativi
consigli, fino ad arrivare a
snap doppi, tripli, quadrupli e a mani alternate, con
& Alfredo Romeo
TRAPS
LightMyFire
presentano
relativi esercizi e ritmi a FLORIAN
riguardo. Seguono un capi- ALEXANDRU-ZORN
tolo sull’indipendenza, nel The Drum Master Key
quale il lavoro consiste nel A Compact Guide to
mantenere un ritmo stabile Musical Expression
con la mano dominante per Alfred Music Publishing
poi suonare variazioni con Il drummer tedesco d’origil’altra mano e una sezione ne rumena si è velocemente
all’uso delle
spaz-cento
imposto
nel di
circuito
batteriL’incontrodedicata
ripercorre
i primi
anni
storia
della batteria,
stico internazionale
grazie
calcolati zole.
a farNegli
dataextra
daltroviamo
1909, anno
in cui fu brevettato
il primo
un’ulteriore parte didattica alle sue pubblicazioni (libri
‘vero’ pedale per grancassa. La storia dello strumento viene
riservata ai tihai, principio e dvd) dedicate alle spazzole,
ricostruita
accompagnando
racconto
concorollario
la proiezione di
ritmico
mutuato dalla musi- il con
conseguente
fotografie,
l’ascolto
di
brani
selezionati
e
la
visione
ca indiana, una frase ripetu- di clinic e master class, chedi tantissimi
video. Verranno
in esame
le principali
tecniche
ta tre volteprese
in sequenza
che hanno
contribuitoinnovazioni
a farlo coe strutturali,
che
hanno
portato
la
batteria
a
presentarsi
così
termina solitamente sul pri- noscere molto più di quanto chiave per
acquisire fluidità
movimento dell’inizio
non abbiano
fatto lequei
sue cole capacità
di espressione in
come la mo
conosciamo
oggi, e saranno
citati
musicisti
che
del ciclo hanno
ritmico nel
quale ci laborazioni
musicali, sindello
qui strumento
tutti i generi musicali e che
maggiormente
contribuito
a un’evoluzione
si trova.
un pò di e/o
non particolarmente
sono: Stickings,
da un punto
di Seguono
vista stilistico
della tecnicarilevanesecutiva.
Dalla Timing, Diesempi
con- differenti
ti… -Con
The Drum
Masteral Rhythm
splacements,
nascita del
Jazz
e della tihai,
batteria
a New
Orleans
& Fill In, Groodue in 5/8 e uno in 4/4, con Key Alexandru-Zorn ci pro- ve, Rudimental Workout,
Blues, dal primo Rock & Roll al Jazz-Rock, dalla Fusion all’Hard
relative practice tracks asso- pone un metodo didattico Foot Technique, Accent
Rock, dall’
Heavy
Metal
all’Hip Hop…
ciate.
Due dvd
consigliatissipiù concettuale che basato Studies. In buona sostanza,
mi a tutti gli studenti di tam- su lunghe serie di esercizi. quello proposto dal musiciPer informazioni:
339
buri a cornice
con8826702
un buon oppure
Vengono [email protected]
individuati otto ar- sta tedesco è un complesso
bagaglio tecnico di base.
gomenti, ciascuno dei quali percorso attraverso il quale
Davide Bernaro contribuisce a costituire la chi approccia il suo libro,
100 anni di drum set
Una storia multimediale della batteria
LEZIONI DI BATTERIA CON
presa una maggiore e più
profonda
consapevolezza
del valore delle note, la applica a una serie di sticking
per migliorare il suo senso
del tempo, che poi potrà
utilizzare in qualsiasi stile
musicale. Come se gli otto
argomenti indicati da Zorn
fossero quei mattoncini con
cui ai bambini tanto piace
giocare, e che ciascuno di
essi combina e assembla in
modo personale e fantasioso. Non certo un libro semplice, che rischia di essere
del tutto inutilizzabile da chi
non possiede già una più
che buona preparazione di
base, sia teorica sia pratica,
oltre a un'ottima conoscenza dell'inglese.
Alfredo Romeo
RAMON ROSSI
TRA LE SUE COLLABORAZIONI PIU IMPORTANTI IN AMBITO
POP – ROCK : CARLO CORI, NIKKA COSTA, GATTO PANCERI,
MAURIZIO SOLIERI, RIKI PORTERA, GALLO, SIMONE
TOMASSINI, RIKI GIANCO, MASSIMO PRIVIERO, LUCA
BARBAROSSA, RON , IVA ZANICCHI, LOREDANA BERTE', SHEL
SHAPIRO, GLENN HUGHES, MILAN POLAK E TANTI ALTRI,
ARTISTI CON CUI HA PRESO PARTE A NUMEROSI TOUR LIVE,
PROGRAMMI TELEVISIVI E REGISTRAZIONI DISCOGRAFICHE.
LA SUA METODOLOGIA SI BASA SUI 4 ARGOMENTI
FONDAMENTALI DELLA DIDATTICA (LETTURA, RUDIMENTI,
OSTINATO, STILI), DANDO PARTICOLARE ATTENZIONE AL
SUONO GLOBALE DEI DIVERSI COMPONENTI DEL DRUMSET E
ALLO STUDIO DEL PORTAMENTO NEI VARI STILI). TRA I SUOI
ALLIEVI TROVIAMO ALCUNI PROFESSIONISTI DI RILIEVO DEL
PANORAMA ARTISTICO ODIERNO.
RAMON ROSSI INSEGNA PRIVATAMENTE PRESSO IL SUO
STUDIO PRIVATO A MELEGNANO (MI) E PRESSO DIMENSIONE
MUSICA NELLE SEDE DI SANT'ANGELO LODIGIANO (LO).
INFO: TEL. 320-8461479.
WWW.DIMENSIONEMUSICA.INFO
76
Tutorial
MOTIVAZIONI
COME MANTENERE
L’ISPIRAZIONE
D
ato che mi capita di
viaggiare per tutto il
mondo ogni mese e di incontrare migliaia di batteristi di ogni età, spesso mi è
capitato di sentirmi rivolgere
questa domanda: “Come fai
a mantenere l’ispirazione ogni
giorno?”. In questo 2014 ho
tenuto clinic, concerti, master class e drum camp in 11
paesi, e mentre scrivo ce ne
sono ancora quattro in cui
dovrò andare. È un’agenda
folle con impegni febbrili.
Ma io la amo!
bian.com), la Mapex Drums
(www.mapexdrums.com), la
Evans Drum Heads (www.
evansdrumheads.com)
e
la Vic Firth Sticks (www.
vicfirth.com). A - Ho un calendario didattico nel mio studio casalingo
con una lista di oltre 1.500
studenti.
D - Faccio da moderatore del
panel chiamato The Sessions
(www.thesessions.org), offrendo assistenza in materia
di business ai futuri musicisti di tutto il mondo. B - Lavoro a una serie di
programmi didattici per la
Sabian Cymbals (www.sa-
C - Sono anche socio in una
casa editrice (www.wizdommedia.com) di Joe Bergamini, un top drummer che
suona nei principali show
di Broadway a New York.
Quest’anno abbiamo dato
alle stampe Arrival, un divertente libro play along.
E - Faccio presente l’aspetto
economico della mia attività
perché ho anche una meravigliosa famiglia, con mia moglie e tre figli.
de e in ogni lezione li vedo
crescere e maturare, come
persone e come batteristi:
questo è fonte d’ispirazione!
Ma torniamo alla domanda
iniziale. Per me, continuare a
essere ispirati significa essere coinvolto in tante cose che
mi piace fare.
3. Ogni azienda con cui
lavoro mette grande attenzione nel costruire prodotti
eccellenti, nel migliorare il
servizio che offre ai propri
clienti e nel creare programmi didattici rivolti a qualsiasi
batterista: questo è fonte di
ispirazione!
1. La mia famiglia è fonte di
ispirazione, veder crescere
i miei ragazzi, vederli fare
esperienza è una cosa che mi
stimola. E anche lavorare con
mia moglie per organizzare
le lezioni e bilanciare la mia
attività con i piani familiari è
motivo di ispirazione!
2. I miei allievi, che si presentano nel mio studio oppure su Skype per imparare:
mi fanno delle belle doman-
4. Leggo in continuazione
libri di batteria, vecchi e nuovi, per continuare a imparare
e migliorare le mie capacità
esecutive e didattiche. Questo per me è… la fontana
della giovinezza: più imparo
e cresco e più mi sento giovane. Lo studio costituisce un
passo da giganti in fatto di
di Dom Famularo
Da oltre 30 anni viaggia per tutto il globo diffondendo la buona novella del
drumming. Performer appassionato, Dom è uno dei pù rispettati solisti di
batteria al mondo, grazie a una carriera costruita sulle sue solo capacità di
batterista, didatta, autore e speaker ‘motivazionale’. Ha tenuto master class
e clinic negli USA, in Canada, Messico, Brasile, Cile, Argentina, Colombia,
Venezuela, Uruguay, Perù, Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Austria, Svizzera, Portogallo, Spagna, Norvegia, Svezia,
Polonia, Danimarca, Russia, Israele, Serbia, Grecia, Italia, Ungheria, Costa
Rica, Honduras, Puerto Rico, China, Hong Kong, Giappone, Taiwan, Filippine, Malaysia, Indonesia, Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Turchia e
Sud Africa. Al momento sta insegnando a circa 1.000 studenti provenienti
da più di 20 paesi al suo WizDOM Drumshed studio di New York. Dom è
anche un apprezzato consigliere didattico per le aziende Sabian, Vic Firth,
Mapex, Evans, Hudson Music e Wizdom. www.DomFamularo.com
78
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
bird_
ispirazione!
5. Ogni clinic che faccio mi
dà l’opportunità di incontrare batteristi entusiasti e desiderosi di aprire le loro menti
per arrivare al livello successivo, qualunque esso sia. Capacità tecniche, espressività,
ricerca di nuove sonorità nei
prodotti… Tutto questo è fonte di ispirazione!
6. In ogni concerto che faccio
ho modo di esprimere per
qualcun altro il mio percorso
musicale, di affrontare nuove sfide con la musica come
linguaggio e il drumming
come voce! E questo è un tale
motivo di ispirazione…
esperienze, per poi rivelarle
al mondo. Qualcosa di assolutamente in grado di ispirarmi!
tro modo per essere sempre
ispirati. Tornare alla musica
di leggende che hanno suonato con grande passione,
ma anche ascoltare quanto di
nuovo accade oggi e rendersi
conto di come ci si esprime
oggi. Questo ci darà energia
e forza. E questo è fonte di
ispirazione!
8. Leggo libri che ‘mi nutrono’, per esempio le biografie
di personaggi che mi esaltano per ciò che hanno saputo
realizzare. Leggo anche libri
‘motivazionali’, che mi fanno capire come convincere
altre persone ad avere una
vita sana e positiva. Ispirazione al suo massimo livello!
Tanti anni fa ho imparato,
a proposito del gioco della
vita, che… nessuno ne esce
vivo! Abbiamo poco tempo
a disposizione e non sappiamo quando terminerà. Così
combatto sempre contro il
tempo, ogni giorno, ogni
secondo. L’ispirazione puoi
trovarla ovunque, è con te
anche mentre leggi quest’articolo. Puoi trovarla nelle
persone che ti sono vicine,
ma anche negli estranei.
Devi aprire la mente e il cuore, essere in grado di provare
ciò che provano gli altri: è un
viaggio che può elevarti! Nutrirà il tuo spirito e ti darà le
9. Provo ogni giorno a ‘far
succedere qualcosa’, a realizzare qualcosa. Una volta mi è
stato detto che i singoli non
possono cambiare il mondo,
ma singolarmente possia7. Con la mia casa editrice mo modellarlo. Così cerco
ho la possibilità di scrivere di modellare e ‘piegare’ le
nuovi libri e di esaminarne cose nelle persone e indurle
altri che mi vengono spediti, a dare forza agli altri. Gli altri
riuscendo così a entrare in ti faranno crescere. Questo è
bird_percussioni2014_bird percussioni 07_03_2006 05/05/14 16.15 Pagina 1
contatto con alcuni grandi fonte di ispirazione!
cervelli desiderosi di scrivere
e condividere con me le loro 10. Ascoltare musica è un alManuali didattici
Dante Agostini………………Metodo di Batteria 1,2,3,4,5
Dante Agostini Solfeggio Ritmico / Solfeggio Sincopato
Bill Bachman… …………………………………………
………Stick Technique – Guide for Modern Drummer
Christian Bourdon… African Rhythms for Drumset /CD)
Guilherme Castro Brazilian Rhythm Section Training /CD)
Gary Chaffee …………………Patterns 1,2,3,4 (italiano)
Joe Cusatis ………………Rhythmic Patterns (italiano)
Gianluca Capitani (Lizard) Scuola di Batteria voll. 1,2 /CD
Gary Chester ………………………The New Breed /CD
Peter Erskine …………Weather Report - No Beethoven
Steve Fidyk Fill-osophy – Big Band Drumming /CD MP3
Antonio Gentile……Samba & Percussioni Afrobrasiliane
Daniel Glass ………The Roots of Rock Drumming /DVD
Morris Goldenberg …Scuola moderna di rullante (italiano)
Danny Gottlieb The Evolution of Jazz Drumming /CD MP3
Benny Greb The Language of Drumming Book /CD MP3
Gavin Harrison
……Rhythmic Composition - Music of Porcupine Tree
Ari Hoenig... Systems 1: Drumming Technique & Melodic
……………………………………Jazz Independence
Steve Lyman New Approach to Odd-Times for Drum /CD
Nick Marcy ………………The Pulse of Jazz /DVD MP3
Billy Martin ………Riddim: Claves of African Origin /CD
Cristiano Micalizzi The Drummer’s Rhythms and Fills /2 CD
Jeff Moore ……… Fundamental Drumstick Control /CD
Terry O'Mahoney100 Essential Drumset Lessons /CD MP3
John Ramsey Il vocabolario completo del batterista /CD
Walfredo Reyes ……………The 2-in-1 Drummer /DVD)
Riley/Vidacovich
……New Orleans Jazz & Second Line Drumming /CD
Franco Rossi Evoluzione - Metodo per batteristi /CD MP3
Poncho Sanchez …………………Conga Cookbook /CD
Bubi Staffa ……Metodo per pandeiro autodidatta /DVD
Dave Weckl ………… Exercises for Natural Playing /CD
Brice Wassy ………………Rhythms from Cameron /CD
Ed Saindon…Practice Method Vibraphone (Berklee) /CD
John Trotter ………… The Working Drummer /DVD/CD-R
Andy Zyke …………………………The Jazz Waltz /CD
Rock School Books:
Rockschool Drums: Debut 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 1 - 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 2 - 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 3 - 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 4 - 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 5 - 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 6 - 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 7 - 2012-2018/CD
RockSchool Drums: Grade 8 - 2012-2018/CD
libreria
Birdland
via Cosimo del Fante 16
ingresso Via Vettabbia Milano
02 58310856 58324710
www.birdlandjazz.it
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Inviate i vostri ordini via fax,
telefono, tramite il ns. sito, o mail
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Trinity College London:
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Rock & Pop Exams: Drums Grade 1/CD
Rock & Pop Exams: Drums Grade 2/CD
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Rock & Pop Exams: Drums Grade 4/CD
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Rock & Pop Exams: Drums Grade 6/CD
Rock & Pop Exams: Drums Grade 7/CD
Rock & Pop Exams: Drums Grade 8/CD
79
e tantissimi altri DVD e CD
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esperienze che riverserai nella tua musica.
Suonare la batteria è un’abilità che puoi apprendere, ma
vivere una vita piena è la cosa
più importante di tutto ciò
che tu potrai esprimere con
quell’abilità.
Questo è il momento di cercare l’ispirazione.
Questo è il momento di iniziare a forgiare il mondo.
Questo è il momento di fare
un piano e realizzare dei
cambiamenti.
Il tuo tempo sta per scadere…
esattamente come il mio.
Questo significa che possiamo affrontare insieme ogni
giorno con atteggiamento
positivo, felici, con la voglia
di farci ispirare che ci colpisce in faccia, ma con amore.
Preparati a passare il momento migliore della tua
vita: è lì davanti a te!
Sempre avanti e sempre più
in alto
DVD
Florian Alexandru-Zorn ..............................The Brush Secret
Colin Bailey ..........................Bass Drum Technique: Speed
Gregg Bissonette......................Yesterday, Today, Tomorrow
Henrique De Almeida ....The Moeller Technique Workshop
Peter Erskine ............................................ Everything I Know
Steve Gadd ............................Hudson Music Master Series
Richie Gajate Garcia......................................Play Conga Now
Dave Garibaldi ..........................................Breaking the Code
Benny Greb..................ll Linguaggio della Batteria /2 DVD
Daniel Glass ................................................................................
................Traps: The Incredible Story of Vintage Drums
Gavin Harrison ........Rhythmic Visions & Horizons /2 DVD
Giovanni Hidalgo ............................................Conga Virtuoso
Claus Hessler ................................Drumming Kairos /2 DVD
George Kollias ............Intense Metal Drumming II /2 DVD
Tommy Igoe ........................................Groove Essentials 1.0
Tommy Igoe. ......................................Groove Essentials 2.0
Rick Latham ..............Contemporary Drumset Techniques
Rick Latham ....................................Advanced Funk Studies
Mike Mangini..................................The Grid - A System For
....................CreativeDrumming & Improvisation /2 DVD
Michael Markus & Joe Galeota ................Beginning Djembé
Billy Martin........................................................Life on Drums
Joe McCarthy ..........Afro-Cuban Big Band Play-Along 1,2
Stanton Moore ..............................................Groove Alchemy
Russ Miller ..............Arrival: Behind The Glass / DVD/2 CD
Matthias Philipzen ......................Cajon: The Small Drumset
Buddy Rich......................................Up Close – Live in 1982
John Riley ............................................The Master Drummer
John JR Robinson........................The Time Machine /2 DVD
Gil Sharone ........................ Wicked Beats: Jamaican Ska,
.................................... Rocksteady & Reggae Drumming
George Spanky McCurdy .......................... Off Time/On Time
Aaron Spears ................................Beyond the Chops /2 DVD
Pat Torpey ................................................................Big Drums
Hudson Music ................................................Fills And Chops
Modern Drummer Festival 2005 ........................../ 3 DVD
Modern Drummer Festival 2008 ........................../ 4 DVD
Modern Drummer Festival 2011 ............................/2 DVD
Tutorial
TEMPI DISPARI
SENSAZIONI
DISPARI
U
n saluto a tutti i lettori di Drumset Mag!
L’articolo che sto per presentarvi toccherà uno degli
argomenti più in voga negli
ultimi decenni, i ritmi dispari. Moltissimi studenti e
professionisti si avvicinano
ormai a questo mondo con
tantissima curiosità, attratti
dal fascino dell’irregolare e
del non pari.
Questa attrazione è assolutamente giustificata, vista
e considerata la bellissima
storia che i ritmi dispari
hanno alle loro spalle; è infatti da ricercare nelle più
antiche epoche di Arabia,
India e Balcani la radice di
quei groove modernissimi
che tanto hanno caratterizzato la musica di band come
Rush o Dream Theater. Ebbene sì, le tradizioni di queste terre utilizzavano già da
secoli queste metriche per
www.drumsetmag.com
18031
noi inusuali. Non è un caso
infatti che i compositori occidentali ne siano rimasti
abbagliati in tutte le epoche
della storia della musica europea. Ma questa è un’altra
storia, che un giorno apprenderemo.
Il mondo dei ritmi dispari
(Odd Rhythms in inglese) è
veramente vasto, e per questo motivo nell’articolo di
oggi parleremo solo di tre
groove che ‘prendono per la
gola’ tutti i batteristi di tutti i
livelli di preparazione: 7/4 ,
7/8 e 7/16.
Sfrutterò alcuni concetti
tratti dal mio libro Odd Feelings, scritto in collaborazione con il grande didatta
Dom Famularo, un libro che
tratta l’argomento dispari
partendo dallo zero assoluto, per arrivare alla creazione e all’esecuzione di ritmi
complessi e interessanti an-
che per i professionisti. Nel
metodo si affrontano tutti i
groove in quarti, crome e semicrome per poter acquisire
un bagaglio dispari ricco di
informazioni.
Groove in 7/4
Messaggio per i principianti: suonare un 7/4 non è
così difficile come sembra.
L’approccio iniziale migliore è quello del conteggio: il
ritmo stesso vi suggerisce la
chiave di lettura, perché bisogna contare sette note di
un quarto (vedi Esempio 1).
Ripetete il groove contando
fino a che non vi risulterà
naturale.
Groove in 7/8
Non ci spaventiamo: anche
qui la chiave è suggerita,
perché ora si conteranno sette ottavi (sette crome); l’hihat ci aiuterà a capire dove
ci troviamo, la sensazione e
il feeling ora saranno molto
diversi (vedi Esempio 2).
Groove in 7/16
Oramai abbiamo capito il
meccanismo: contiamo i nostri sette sedicesimi, o sette
semicrome (vedi Esempio
3).
Avrete subito notato come
i tre groove in questione
di Massimo Russo
Nato a Gallarate nel 1980, dopo il trasferimento in Calabria, intraprende lo studio
di batteria e percussioni, diplomandosi con il massimo dei voti al Conservatorio “F.
Torrefranca” sotto la guida del M° Vittorino Naso. Da allora accompagna l’attività
di docente con quella di concertista (con collaborazioni di livello nazionale e internazionale in ambito pop, jazz e fusion). Concetto fondamentale della sua didattica
è “trasmettere l’istinto e la passione per lo strumento prima della tecnica e della
teoria”, pensando ai movimenti ed alla loro armonia come base per creare emozione e suono. La sua scuola, Wizdom Italy, ha sede a Vibo Valentia e rappresenta le
scuole di batteria create da Dom Famularo e dai suoi allievi. Il suo primo libro, Odd
Feelings, è stato pubblicato dalla Wizdom media ed è distribuito in tutto il mondo
dalla Alfred Publishing. www.massimorussodrum.it
80
DRUMSET MAG | DICEMBRE 2014
trasmettano tre sensazioni
diverse; l’importante è eseguirli lentamente per poi
farsi trascinare dalla naturalezza nascosta nel ritmo. Ma
una volta compreso il principio non ci dobbiamo fermare, anzi dobbiamo diventare
più creativi; per farlo esiste
un metodo semplice, ovvero
quello del Sistema di Conteggio Differente.
Un ritmo in sette può essere contato anche in 4 + 3 e
i vantaggi possono essere
molteplici:
- Possiamo contare più velocemente senza ‘arrotolarci’
la lingua per contare sette
note troppo rapide.
- Possiamo cambiare groove
in modo naturale perché il
conteggio ci porta a variare.
Groove in 7/4 contato 4+3:
vedi Esempio 4
Groove in 7/8 contato 4+3:
vedi Esempio 5
Groove in 7/16 contato 4+3:
vedi Esempio 6
Il passo successivo sarà
adesso quello di creare il
vostro groove personale in 7
personale.
- Stabilite il conteggio
- Create il groove
- Dimenticate il conteggio
- Pensate alla musicalità del
ritmo creato
Una cosa molto importante: il conteggio serve a darvi
una mano iniziale, ma non
diventatene schiavi: imparate anche a sentire il feeling
(Odd Feelings, appunto).
Ottimo! Se siete arrivati fino
alla fine dell’articolo vuol
dire che siete tenaci: ora
siete pronti per il salto finale, ossia suonare brani con
ritmi dispari. Cercate brani
famosi con questi groove,
utilizzate i play-along (nel
mio libro ne ho inseriti otto
molto divertenti). Lo scopo
finale è sempre quello di
fare musica e di trasmette-
81
re emozioni, che siano esse
pari o dispari!
Date uno sguardo ai ritmi
che ho creato io nel video
di questo articolo sul sito di
Drumset Mag. Un abbraccio
e alla prossima!
We Insist!
www.drumsetmag.com
18032
EROS E LE PELLI DI CAPRA
Ho cambiato le pelli a una batteria degli anni ’50, marca O.T.T., sconosciuto
acronimo di una fabbrica bolognese di
cui nessuno ha memoria. Le vecchie
pelli erano di capra, i tamburi hanno
strane misure, ho dovuto rimontare pelli di capra.
Neanche provo a descrivere la sensazione che si prova a suonare una cosa così.
Se un giorno avrete voglia, soldi (cambiarle tutte è un po’ caro) e uno strumento da destinare a una stupefacente
esperienza acustica, farete lo stesso. Ma
per spiegarvi il perché ritengo che almeno una volta nella vita bisognerebbe
confrontarsi con uno strumento ‘antico’, devo ricorrere a un racconto.
Enea fugge da Troia sconfitta e parte,
per fondare un nuovo mondo, al di
là del mare; porta con sé suo padre, il
vecchio e infermo Anchise. Quando
Anchise, a Drepano (l’odierna Trapani)
muore, Enea lo fa seppellire a Eryx (Erice), nei pressi del tempio di Afrodite, la
dea che un tempo si era accoppiata con
Anchise per generare Enea.
Enea poi scenderà, da vivo, nel Regno
dei morti, dove riceverà le profezie dello spirito di Anchise sullo splendore
di Roma, la città, il mondo nuovo, che
poi fonderà.
La quantità di metafore che si potrebbero estrapolare da questo raccontino è
enorme; ne tratterremo una sola: come
mai Enea in un sì periglioso viaggio
decide di portare il vecchio e infermo
padre?
“Non sapeva a chi lasciarlo”, diranno i
più sbrigativi, senza sapere che Anchise in Grecia aveva una barca di figli generati prima del flirt con la Dea. E poi,
in un poema epico, nessuno si sognerebbe di liquidare un gesto di un figlio
verso il padre con argomenti così sbrigativi, se fosse accaduto non avremmo
la mitologia, la psicoanalisi e qualche
altra decina di discipline antropologiche.
La presenza di Anchise, a bordo della
minuscola nave, ha un duplice significato: caricarsi del proprio passato come
memoria; attingere la visione futura
dalle proprie radici.
Non c’è spazio qui per dire molto di
più, ma mi piace l’idea che questo poco
generi una qualche riflessione in un
mondo, come quello dei tamburi, in cui
è facile vedere rottamate le esperienze
non più in auge, a vantaggio di nuove
direzioni considerate praticabili ancor
prima di averle percorse.
La mia vecchia O.T.T. è gialla di nicotina, e non la laverò mai. Quelle sigarette erano state fumate da musicisti che
suonavano per affermare la vita dopo
gli anni della guerra. Quelle sigarette
erano un piccolo segno di benessere
di Massimo Carrano
Percussionista ‘etnico’ e batterista jazz, vanta una carriera pluri-decennale come come sideman in
formazioni prestigiose (Orchestra
della RAI, Teresa De Sio, Fabrizio
De Andrè, Lucilla Galeazzi, Francesco di Giacomo, Maria Pia De
Vito, Shakira, Eric Daniel, Mauro
Pagani, Nina Pedersen, U-Man
Trio…). Affermato didatta e appassionato ricercatore, insegna
all’Accademia Nazionale di Danza
di Roma e ha creato un Metodo
di Sensibilizzazione Ritmica per
il recupero e lo sviluppo dell’istinto ritmico. Ha altresì inventato
il metodo Drumself applicato in
programmi di sostegno in psicoterapia.
che tutti potevano permettersi. Quando lei, la O.T.T., suonava, il contrabasso
non era amplificato, la chitarra elettrica aveva pochi anni e pochi watt, si
cantava in un microfono quadrato, le
ragazze si arricciavano i capelli con una
piastra scaldata sul carbone, i ragazzi si
asfaltavano di brillantina; il vestito della
festa era uno solo e, sulle le pelli di capra che sapevano suonare bene anche
a volumi ridottissimi, i batteristi ‘dovevano’ usare ancora un vero up-stroke,
di quelli col gomito, non per suonare
forte, ma per controllare il volume degli
accenti.
“… ma oggi non c’è più bisogno di suonare così piano!”, dirà uno scocciatissimo
qualcuno; si potrebbe rispondere che
avremmo comunque ancora bisogno
di quegli armonici ricchi e morbidi, del
rullante che rifiuta la pezza e di quella
meditazione sui timbri gravi della cassa, che fa ancora “BUUM” da sola, senza che il fonico gli faccia da ostetrica.
Come fu per Enea, ci vuole coraggio
e curiosità per scoprire nuove terre, è
l’Anchise di ognuno che fornisce visioni nuove. Niente è casuale nel mito,
e così non è un caso che Enea fosse,
come Eros, figlio di Venere-Afrodite, a
testimoniare che il Sapere è figlio del
desiderio, come il BUUM è figlio della
capra.
dal 1 gennaio 2015
!
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t
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