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Hacker, intelligence, propaganda: la difficile caccia all’Isis online - La Stampa ACCEDI TECNOLOGIA Oltre 2,8 milioni di italiani SEZIONI sono già pronti a rivendere on... Star Wars, ecco il plugin per bloccare gli spoiler Le risposte a tutti i tuoi perché (su Google) Pagina 1 di 4 SEGUICI SU Chi affitta una stanza su Cerca... Airbnb discrimina gli ospiti neri Dove va il design di Apple? Hacker, intelligence, propaganda: la difficile caccia all’Isis online Anonymous, analisti, piattaforme di comunicazione: tutti contro la cyber jihad ma in ordine sparso. E intanto il Cyber Califfato si riorganizza LEGGI ANCHE 16/11/2015 Anonymous contro Isis: come funziona la campagna degli hacktivisti nata dopo Parigi CAROLA FREDIANI Condividi 159 CAROLA FREDIANI Tweet 16 23/11/2015 Dopo mesi di silenzio, il Cyber Caliphate – inteso come il gruppo di hacker proISIS che ha rivendicato in passato alcuni attacchi informatici – è ricomparso online. La veste però è mutata: si parla di Islamic State Hackers, di unità d’elite dello Stato islamico, che sembra federare diverse entità o individui. Cinque o sei i profili ricorrenti che a partire soprattutto da sabato hanno iniziato ad essere 17/11/2015 Anonymous: “Cancellati 6mila profili Isis” CAROLA FREDIANI rilanciati da profili Twitter jihadisti: in particolare, Isis Lion, Dr.Isis, ENG ISIS, HaCker AldMar, Cyber Caliphate. Questi e altri account Twitter, nei giorni scorsi, hanno iniziato a pubblicare gli indirizzi e i numeri di telefono di personale militare americano, inclusi i vertici della Cia e dell’Fbi. E’ probabile che molti di questi dati siano vecchi: in ogni caso sembrano un riferimento al famoso attacco del Cyber Caliphate agli account social del comando americano Usa Centcom, avvenuto nel gennaio 2015. Huawei racconta : In forma con stile? Un sogno che diventa realtà 06/07/2015 Hacking Team hackerata, file diffusi dal suo stesso profilo Twitter CAROLA FREDIANI http://www.lastampa.it/2015/11/23/tecnologia/hacker-intelligence-propaganda-la-diffi... 16/12/2015 Hacker, intelligence, propaganda: la difficile caccia all’Isis online - La Stampa ACCEDI TECNOLOGIA Oltre 2,8 milioni di italiani sono già pronti a rivendere on... Star Wars, ecco il plugin per bloccare gli spoiler Le risposte a tutti i tuoi perché (su Google) Pagina 2 di 4 SEGUICI SU Chi affitta una stanza su Airbnb discrimina gli ospiti neri Dove va il design di Apple? Secondo alcuni osservatori l’allora Cyber Caliphate era guidato da Junaid Hussain, un britannico che dopo aver hackerato diversi profili eccellenti in Gran Bretagna si era unito all’Isis in Siria. Hussain sarebbe però stato ucciso da un drone lo scorso agosto. Da allora l’ala hacker dell’ISIS sembrava aver perso molta consistenza. Ora, dicono in questa campagna mediatica sviluppatasi online nelle ultime ore, “siamo tornati”. Molti i profili Twitter che linkano account sulla app Telegram; le guide di sicurezza informatica o di hacking; prende quota anche la pubblicizzazione di Isdarat, il sito Isis comparso nel Dark Web pochi giorni fa, come raccontato su La Stampa. Oltre alla pubblicazione, apparentemente casuale, di dati – tra cui dati personali, email e telefoni - di utenti occidentali, non si capisce bene presi da dove; oltre a dati che l’Islamic State Hackers sostiene di aver preso dal sito della marina americana, emerge la volontà di rispondere ad Anonymous, che come abbiamo descritto qua su La Stampa e anche qua, ha iniziato una campagna online contro Isis e i suoi sostenitori. “L’operazione di Anonymous contro Isis era solo spam”, dice un profilo. “Ricorda, ricorda l’hack di Centcom”, ribadisce un altro. Ma quello che più colpisce è l’appropriazione (parodistica? seria?) della simbologia e delle pratiche degli hacktivisti di Anonymous. Alcune immagini sono riprese e rilanciate in serie da più profili, in un evidente sforzo concertato di propaganda: i cyberjihadisti sono simboleggiati dall’uomo senza testa di Anonymous, a cui è stato messo un volto barbuto; la stessa maschera di Guy Fawkes viene utilizzata per indicare i nemici (gli anondogs, “i cani di Anonymous”) ma anche nella foto profilo di alcuni jihadisti. (Un esempio di guida all’hacking con simbologia “ispirata” ad Anonymous su uno dei profili Twitter che spingevano gli Islamic State Hackers esaminati da La Stampa) Tutto ciò mostra il tentativo di farsi sentire online da parte dell’Isis, utilizzando una delle sue tecniche preferite, la rapidità e il coordinamento per massimizzare il tam tam nel più breve tempo possibile, giocando “sull’effetto sorpresa dell’assalto improvviso ai nostri media”, come scrive Bruno Ballardini in ISIS. Il marketing dell’Apocalisse. Perché Twitter gioca ancora un ruolo centrale nella guerriglia mediatica del Califfato. (Un profilo legato agli Islamic State Hackers che sabato usava hashtag italiani per diffondere i propri tweet) Il tempo per questi assalti mediatici è sempre più breve però: gli account dell’unità dell’elite dello Stato islamico – nome pomposo dato a un gruppo le cui capacità di hacking sono ancora tutte da dimostrare attualmente – hanno iniziato il bombardamento di messaggi e propaganda sabato notte. Nel giro di http://www.lastampa.it/2015/11/23/tecnologia/hacker-intelligence-propaganda-la-diffi... 16/12/2015 Hacker, intelligence, propaganda: la difficile caccia all’Isis online - La Stampa poche ore erano tuttavia spariti, nella maggior parte dei casi sospesi da Twitter. Ovviamente, domani o dopo, ricompariranno sotto un altro account. TECNOLOGIA Oltre 2,8 milioni di italiani sono già pronti a rivendere Star Wars, ecco il plugin per bloccare gli spoiler Le risposte a tutti i tuoi perché (su Google) Chi affitta una stanza su Airbnb discrimina gli ospiti Pagina 3 di 4 ACCEDI SEGUICI SU Dove va il design di Apple? Eon... qui si apre un altro capitolo. Quanto conta (e quanto invece potrebbeneri essere dannosa) la battaglia online per silenziare l’Isis? La domanda se la sono posta in molti, da quando è iniziata la più recente campagna di Anonymous al riguardo. Oggi il gruppo che gestisce una di queste campagne, opParis, dal suo profilo Twitter ha annunciato di aver fatto chiudere, in seguito alle segnalazioni di massa e automatizzate attraverso degli script, 11mila profili Twitter jihadisti. Il numero però è difficile da verificare: circolano più fogli online, manca (o non viene mostrata finora) una lista definitiva e comprensiva. Diciamo che i numeri in questo caso sono un po’ sempre una lotteria: anche perché, come abbiamo spiegato qua, sono molteplici i gruppi, i network, e i singoli hacktivisti, sigle, ma anche ricercatori, che si stanno muovendo in modo non sempre coordinato. In ogni caso le critiche sono diverse: c’è chi - come la stessa WikiLeaks - accusa gli hacktivisti di includere nelle proprie segnalazioni, per errore, anche account di musulmani innocenti, giornalisti, ricercatori; chi pensa- come Jamie Shea, vice segretario generale per le sfide emergenti di sicurezza della Nato - che quel tipo di attività debba essere lasciata alle agenzie di intelligence (che molto probabilmente stanno comunque monitorando le reti hacktiviste); chi teme che la cancellazione di profili forzata sottragga strumenti di analisi all’intelligence, quando non addirittura profili e siti civetta, trappole, infiltrazioni. E poi c’è il rischio disinformazione. Di questo si è avuto un assaggio con gli allarmi circolati online su possibili attentati previsti il 22 novembre in diverse località, Italia inclusa. Come è nata la voce? Da un foglio online che circolava anche tra gli anons di OpParis dove alcuni stavano raccogliendo possibili segnalazioni di minacce trovate sui social. Tra queste un profilo Instagram che avrebbe menzionato il 22 novembre. Alcuni hanno poi cercato quali eventi pubblici si svolgessero quel giorno ed è nata una lista di luoghi/manifestazioni. Alcune di queste informazioni sono state quindi prese e pubblicate online da un profilo @opparisintel, presto disconosciuto dagli altri hacktivisti della campagna, a partire dal profilo “ufficiale” di OpParis (@opparisofficial), legato alla campagna organizzata sul network AnonOps. Da lì è iniziata la gazzarra mediatica, che come sempre in questi casi si è rivelata essere un pericoloso autogol per tutta Anonymous. Sul tema è intervenuta perfino Rita Katz, direttrice del SITE, organizzazione che monitora le attività jihadiste, con un tweet molto duro, parlando di «informazioni illegittime e senza fondamento, che mostrano il problema di quando persone inesperte partecipano ad azioni di lotta al terrorismo». Va detto che la stessa Katz – che dell’attività di investigazione su materiali terroristici ha fatto un business - non è stata immune da critiche simili che le sono state rivolte in passato proprio per aver pubblicizzato in modo vago minacce online dell’Isis. La lotta all’Isis online allora come va fatta? Serve o no cancellare i suoi canali di propaganda? Telegram, il servizio di messaggistica che ultimamente è usato dai jihadisti soprattutto per diffondere notizie, si è convinto che cancellare serva, e ha iniziato a farlo. Twitter, YouTube lo fanno da mesi. Sulle campagne di Anonymous invece il giudizio degli analisti è sfumato. «Avere una larga base di volontari che individua contenuti Isis e li riporta alle piattaforme è stato efficace nel velocizzare il processo di chiusura dei profili», commenta a La Stampa Alex Krasodmosky-Jones del centro di analisi sui social media Demos in UK. «Inoltre Anonymous può fare cose che altri utenti online http://www.lastampa.it/2015/11/23/tecnologia/hacker-intelligence-propaganda-la-diffi... 16/12/2015 Hacker, intelligence, propaganda: la difficile caccia all’Isis online - La Stampa non possono fare, come abbattere siti con contenuti jihadisti, attraverso attacchi informatici» ACCEDI TECNOLOGIA Oltre 2,8 milioni di italiani sono già pronti a rivendere Star Wars, ecco il plugin per bloccare gli spoiler Le risposte a tutti i tuoi perché (su Google) Pagina 4 di 4 SEGUICI SU Chi affitta una stanza su Airbnb discrimina gli ospiti Dove va il design di Apple? Per on... alcuni, come lo studioso Abdel-Bari Atwan, autore di Islamic State: neri The digital caliphate, la risposta online degli hacktivisti contro lo stato islamico seguita a Charlie Hebdo sarebbe stata addirittura l’azione più efficace avuta al riguardo, per quanto arrivata da un’entità “improbabile” come Anonymous, scrive nel suo libro. Chi è di questa opinione dà particolare importanza alla forza suggestiva, comunicativa e propagandistica del Califfato, e quindi ai mezzi per contrastarla. Anche Krasodmosky-Jones ne è convinto: «Abbiamo bisogno di più persone che producano contenuti migliori sfidando il racconto [dei jihadisti, ndr], creando delle proprie credibili narrative». Nel mentre di tale percorso bisogna però sopravvivere al grande rumore di fondo di questo scontro online, agli allarmismi, al rischio bufale e al protagonismo di alcuni dei suoi attori. 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