Roberto Pazzi - Dieci poesie

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Roberto Pazzi - Dieci poesie
Dieci poesie di Roberto Pazzi da “Felicità di perdersi” , Barbera editore, 2013 premio Lerici-Pea
E’ ancora estate
E’ ancora estate, il miele della luce distilla la vita tremante all’orlo della felicità, tentata di fermarsi così finita e non finita ma all’infinito amata. Oh ripeterei tutto, parola per parola, carezza per carezza, errore per errore, mia tenerissima colpa di chiederti sempre e non attendere mai, mio tormento di crederti ogni volta senza imparare mai. Che la tua maschera non cada ancora è la preghiera a Dio, questa sera. Ferrara alta La morsa dell’inverno stringe i corpi ad amarsi, affatica i passi, inganna gli anni vecchi, in vista d’ uno nuovo li convince a risposarsi. Sognavo da ragazzo le vie d’una città dove sentire solo gli orologi battere il tempo, vere stanze d’ una casa. Oggi è tutta mia questa città del silenzio, alta, sui banchi di neve alle finestre, Ferrara è la mia camera da letto. I campanili pendenti di Ferrara Mi guardo allo specchio e cede qualche crepa del congegno, passo un panno sulla superficie ma non è una macchia, non se ne va via, è davvero una vena del vetro sorella delle crepe del pavimento nel salotto, di tanti piccoli terremoti mai percepiti che hanno assestato la città fondata sull’acqua. I campanili qui pendono tutti, il Po ha lasciato un letto sotterraneo che non può sostenerli e li invidia. Opera vana e coraggiosa alzarsi in questa città. I sensi
Non so mai come ti chiami, hai un nome diverso ogni volta mi confondi e mi fai credere d’essere una nuova presenza, u n’altra cautela con cui ti nascondi per salvare i miei sensi lenti a riconoscerti rapidi ad amarti. Subito mi dico che è per sempre per sempre, poi mi gioco l’eternità di quei pochi minuti dei miei sensi e capisco che sei ancora tu ed io sono di nuovo io. Una di queste notti mi ucciderà non capire subito chi sei, la mia lentezza s’aggrava è senza speranza. Le statue Nel giardino d’inverno, gli dèi si coprono di paglia per non crepare dal gelo. Ma ai tepori della primavera esporranno le preservate nudità, simuleranno un altro giro intero intorno al sole. Si preserva così ogni forma, qui dove anche gli dèi aspettano da sempre. Si sbriciola appena l’indice della mano di Pomona tesa da quattro secoli a mostrare l’ uscita segreta dal giardino. Le divinità sanno che nessuno crede alle loro intenzioni di evasione -­‐ a parte me, che le spio, sera e mattina, che non le perdo mai di vista, che ho tanta fede nelle statue e prego e scommetto sulla loro fuga, e già sento l’orma dei passi, l’eco delle grida atterrite che le richiameranno invano. A un fumatore Oggi che sei in America, m’ aprirò una sigaretta e ad occhi chiusi la fiuterò per gustare il tuo odore come il fumo dei grandi da bambino. Ogni giorno che passa ti consacra alle mie cure di amante, questo modo indefinito del verbo che non ha persona, e tutte le consumerà, fiamma che brucia lenta e non fa male. Passione è appassire, non reggono gli uomini i sogni alle prime luci dell’alba, quando la carne è sazia e l’anima pronta a involarsene, già la farfalla che girava intorno alla lampada, stecchita a terra, e la notte impaurita corsa a nascondersi fra le tue braccia, mentre da me è giorno adulto. Non farle male, è la sua prima volta. Passeggiata Pacifico sull’Oceano Ci separano tre o quattro catene di montagne, diversi mari, due oceani. Com’è che la mia mente si accomoda così bene nella tua distanza ? Mi abituo a possedere la tua ombra sulla carta geografica, dove lascia tracce dei messaggi, di parole rubate ai fusi orari, nelle telefonate che m’inducono ad alzare la voce come i vecchi quando telefonano lontano, come se potessi avvicinare le sponde dei continenti, colmare le distanze delle sommate differenze di ore col buio e lo splendore che s’inseguono, la notte e il giorno dentro la conchiglia dell’orologio come il murmure che ascoltavo da bambino, la ciprea incollata all’orecchio. Starai camminando sull’Oceano chiacchierando in inglese con Patrick, l’universo cede la carne agli indizi, alle sinopie, ai nomi, ritorna al progetto della mente di Dio: stava ancora immaginandolo e c’era già tutto, come nei miei sospetti. Cosa vedi ora ? Forse palazzi, spiagge, palme, coste, maree oceaniche, automobili colorate, scritte luminose, gente che corre in tuta … e la lista continua delle forme che non vedrò mai ma che tu sei, per la mia gioia di amarle di fede pura, con la mia scommessa di giocatore che conta solo sulla sua fortuna, per indovinare la combinazione segreta, la formula della vita eterna delle cose Settembre
Inverno, vieni in fretta, liberami dall’estate che infinitamente muore ma s’illude di riprendersi ad ogni mezzogiorno, vieni, gelo dell’inverno, e vinci la lunga attesa della tua sferza, giustizia questo lungo errare dell’estate nell’autunno, fa fuoco finalmente, fulmina della tua verità la menzogna in quest’indugio non so se di malati che cercano il sole a pupille spente, o di eroi che ad occhi ben chiusi fondono nei lampi di memoria il fuoco dell’amore. Specchi e specchiere Sempre mi tremano le mani curando la barba allo specchio. Non solo per la magia di guardarmi capovolto e spingere le lunghe forbici a medicare il cedimento all’informe oltre i luoghi impossibili del vero. Trasalirò perché la guancia a destra la vedrò con barba curata a sinistra. Allo specchio non serve memoria, di una faccia invisibile si cura. Il viso, se fu amato almeno una volta, l’ha imparato, non lo rivelerà, lo specchio in ogni luogo della terra porta male romperlo. Guai rompere la trama dei ritratti! La fedeltà prepara i pennelli ai colori dell’ultimo, dolce vendetta delle specchiere -­‐ avran mutato sesso intanto quegli specchi per meglio amare il volto amato -­‐ Se il treno ritarda Il treno delle quindici e cinquantasei partirà in ritardo, di venti minuti, qualcuno stasera in una stazione sotto i colli Euganei, bestemmierà l’attesa, qualcun altro invece, grazie al ritardo, da una stazione prima del Po, riuscirà a prenderlo, quel treno, e salirà trafelato e contento. Per molti amati prima dei trent’anni sono già defunto, non li rivedrò mai più. Per molti che mi vedranno fragile vecchio non sono ancora nato, devo ancora spuntare all’orizzonte. Per altri, e sono i più, non c’è nessuna linea, nessuno orario da consultare. Quel non essere per loro è già tutta la mia eternità.