1994-06

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1994-06
Marco Landonio
ANDRÈ MARIE AMPÈRE
(Lione 1775 - Marsiglia 1836)
l’enciclopedico
La VITA
Il grande fisico francese era particolarmente interessato di matematica ma aveva una vastità di altri interessi
intellettuali; la sua carriera scientifica fu rallentata anche da questo oltre che da difficoltà finanziarie. In età
giovanile passava da studi sulla meccanica teorica alla costruzione pratica di macchine, alla teoria del volo
degli aquiloni, ai linguaggi artificiali, alla musica, all’astronomia. Si occupò anche di filosofia e metafisica, di
botanica e letteratura.
Non riuscì mai a concentrarsi in modo esclusivo su un’unica disciplina per applicare tutto il suo genio in essa;
ma egli non vide mai alcuna contraddizione in tutto questo poiché era convinto di una unità fondamentale alla
base di ogni conoscenza.
Morì di polmonite nel 1836.
Il MATEMATICO e la TEORIA sul GIOCO d’AZZARDO
Il suo primo saggio fu una teoria matematica sul gioco d’azzardo; infatti arrivò a dimostrare che un giocatore
che, con una quantità finita di denaro, giochi con uno o più avversari che abbiano denaro infinito, perderà
necessariamente in un tempo finito.
Ma capì che poteva arrivare ad essere solo un matematico competente, non all’altezza dei contemporanei
come Laplace e Cauchy.
Il FILOSOFO e il suo METODO SCIENTIFICO
Egli trovò ispirazione per il suo pensiero nel filosofo tedesco Immanuel Kant. Costui divideva il mondo nel
regno dei fenomeni1 e dei noumeni2. Kant ammetteva che l’uomo non potrebbe mai conoscere realmente i
noumeni ma per Ampère le relazioni e i rapporti tra i noumeni erano direttamente osservabili da quelli tra i
fenomeni. Egli costruì così il suo metodo di indagine scientifica basato su entità noumeniche cioè teoriche,
con una spiegazione dei fenomeni per deduzione che infine veniva verificata dall’esperimento.
Questo metodo è chiamato oggi “ipotetito - deduttivo”; Ampère lo applicò sia in chimica che in
elettrodinamica.
Il CHIMICO
Gay-Lussac nel 1808 aveva scoperto la legge delle combinazioni semplici dei volumi gassosi e Ampère per
giustificare questo applicò il suo metodo ipotetico-deduttivo: egli ipotizzò che volumi uguali di gas diversi
(fenomeno), nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contenessero lo stesso numero3 di molecole
(noumeno).
Tra 1808 e il 1815, suppose inoltre che le molecole avessero la forma di poliedri e fossero costituite da atomi
disposti come i vertici di solidi regolari e simmetrici.
La chimica poteva fondarsi sulla geometria, che per Ampère era la forma più pura di matematica.
STRUMENTI dopo la PILA: GALVANOMETRO (REGOLA di AMPÈRE) e PILA
CIRCOLARE
Dopo la pila comparvero nuove famiglie di strumenti e Ampère partecipò alla loro sistemazione teorica. Per
moltiplicare, ad esempio, gli effetti magnetici del cosiddetto “flusso magnetico”, Ampère suggerì di usare due
aghi magnetici uguali, montati in contrapposizione, per evitare il campo magnetico terrestre, che infatti si
neutralizzava in quella piccola regione di spazio. Egli chiamò questo suo nuovo strumento “galvanometro” e
notò che l’ago della bussola si disponeva sempre ad angolo retto rispetto al conduttore percorso dalla
corrente.
Grazie al galvanometro scoprì come definire l’orientamento del campo magnetico generato da una corrente
che percorre un conduttore (regola di Ampère): “il polo Nord di un ago magnetico (introdotto nel relativo
campo) devia sempre a sinistra di un osservatore che, adagiato lungo il filo in modo che la corrente gli entri
dai piedi e vada verso il capo, volge all’ago la faccia”.
Costruì poi una pila voltaica (1820) circolare in modo che il polo positivo fosse a contatto con quello negativo
e osservò che generava un campo magnetico simmetrico.
Egli utilizzò, da quel fruttuoso mese di settembre in avanti, questi strumenti per le sue sperimentazioni e per
le sue verifiche.
Alla base dell’amperometro ci sono gli stessi principi del galvanometro e l’unica differenza stà nella sensibilità
che negli amperometri è maggiore.
sono le sensazioni percepite dalla mente umana, sono i segnali di una realtà diversa.
sono le cause dei fenomeni, le “cose in sè”, gli oggetti veri della realtà e le fonti degli altri segnali.
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questo numero fu poi calcolato da Avogadro: 6 X 10 alla 23
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L’INTERAZIONE ELETTRODINAMICA tra 2 CORRENTI ELETTRICHE
Oersted aveva scoperto che un filo percorso da un corrente fa orientare un ago magnetico e fece le prime
osservazioni dell’azione magnetica delle correnti elettriche; le sue spiegazioni erano però fantasiose.
Anche Ampère subì, dopo questa scoperta, un notevole interesse. Egli ripeté ed ampliò le esperienze di
Oersted, ottenendo in brevissimo tempo i suoi risultati e, mentre era professore di filosofia a Parigi, (1820)
annunciò la scoperta delle interazioni tra 2 conduttori percorsi da corrente; l’interazione avveniva con delle
forze attrattive o repulsive a seconda che la corrente passasse con stesso verso o con versi opposti.
Egli dimostrò questa relazione e, non a caso, era un ottimo matematico.
In maniera analoga all’ago di una bussola, egli trovò che anche una spira mobile percorsa da corrente (che
corrisponde a un semplice circuito) si orienta come l’ago, se in presenza di un’altra spira o di un magnete.
Questa fu la sua esperienza più significativa; facendo passare corrente nelle due spire - circuiti, la spira
mobile ruotava per delle forze “elettrodinamiche” originatesi dalla corrente.
Le distinzioni introdotte dalle leggi columbiane, tra fluido elettrico e fluido magnetico, erano da considerarsi
palesemente errate e l’esperienza di Oersted non era più paradossale.
Una carica in moto dunque, esercita su un’altra carica in moto, oltre alla forza di natura elettrica, una forza
“magnetica”. Oggi possiamo spiegare questo fatto ipotizzando che la carica sia immersa in un campo
magnetico generato dall’altra.
Con questa ipotesi rivoluzionaria nasceva un altro ramo dalla fisica: l’elettrodinamica ed Ampère ne era il
fondatore.
L’AZIONE MECCANICA delle CORRENTI e l’UNITÀ di MISURA dell’INTENSITÀ di
CORRENTE
Pochi giorni dopo la dimostrazione dell’azione elettrodinamica delle correnti, egli descrisse poi l’azione
meccanica esercitata tra correnti in assenza di magneti, azione sulla quale si fonda la moderna
elettrodinamica e le leggi delle forze motrici.
La sua ipotesi fondamentale fu verificata tra l’altro da 2 esperimenti:
1. due spire percorse da corrente si respingono come magneti dello stesso polo.
2. due solenoidi si respingono se sono arrotolati attorno a due tubi di vetro che impediscono l’azione
longitudinale tipica di due semplici fili (altrimenti si attrarrebbero inspiegabilmente).
I risultati da lui conseguiti sono ricordati oggi dal nome dell’unità di misura della corrente nel S.I. Questa unità
assoluta4, rappresentata dall’ampère, è definita come quella corrente costante che, attraversando 2
conduttori rettilinei, infinitamente lunghi, posti nel vuoto a distanza di un metro, produce tra essi una forza di
2 X 10 alla -7 newton per ogni metro di conduttore.
In formula:
F
. .
µ . i1 i2 l
d
2. π
l = lunghezza dei tratti dei fili considerati
i = intensità di corrente circolante
d = distanza tra i due fili
Purtroppo questa concessione ha reso il nome “ampère” legato ai comuni fusibili che sono tarati con diversi
valori di corrente, senza considerare gli enormi contributi dello scienziato francese.
Il TEOREMA della CIRCUITAZIONE di AMPÈRE
Questo teorema evidenzia la relazione della componente tangenziale delle “influenze dell’azione magnetica”
(concetti oggi interpretati come “campo”), sommate lungo una curva chiusa, con la corrente che passa
attraverso la curva (la relazione è di proporzionalità diretta al prodotto della lunghezza e della permeabilità
magnetica).
Questa relazione permette di ricavare quantitativamente il passaggio di corrente tra due fili, in una spira
oppure in un solenoide, tutte situazioni con un alto grado di simmetria.
Essa oggi può essere enunciata dicendo che: “la circuitazione del vettore induzione magnetica lungo un
percorso chiuso, col quale risulta concatenata la corrente che genera il campo, è uguale al prodotto della
permeabilità magnetica per la corrente, qualunque sia la forma geometrica del percorso chiuso”.
In formula:
C (B) =  i
C (B) = circuitazione del campo magnetico
= permeabilità magnetica del vuoto
 i = somma algebrica delle correnti concatenate al circuito
Maxwell modificherà questo teorema generalizzandolo e riscrivendolo nella sua “quarta” equazione.
dicasi anche fondamentale perché è definita soltanto in funzione di grandezze meccaniche (forze e
lunghezze).
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L’INTERPRETAZIONE del MAGNETISMO dei MAGNETI PERMANENTI
Come interpretazione teorica dei suoi esperimenti pensò alle correnti atomiche presenti nei magneti ed ebbe
un’intuizione famosissima ancor oggi.
Egli, per primo, suggerì questo semplice modello che unifica i fenomeni elettrici e magnetici in quanto le forze
magnetiche hanno origine elettrica: attorno a ogni molecola di un corpo di materiale magnetico, circola una
corrente elettrica microscopica.
Con questo modello oggi possiamo comprendere il campo magnetico di un magnete a sbarra, situazione
simile a quella di un solenoide.
I momenti magnetici5 di tutte le piccole spire, di minuscole dimensioni, sono paralleli all’asse del cilindro. In
ogni punto all’interno del magnete la corrente totale è nulla poiché spire di correnti confinanti si annullano
vicendevolmente. Risulta esserci solo una corrente superficiale simile a quella di un solenoide.
La CONTROVERSIA con FARADAY (1821-22)
Faraday aveva apparentemente smentito la sua ipotesi fondamentale che il magnetismo fosse il risultato di
correnti circolari: in una bacinella d’acqua un sughero sormontato da un magnete si fermava in prossimità di
un tubo magnetizzato cavo ma proseguiva in un solenoide. Perché i due fenomeni erano diversi?
L’apparenza fu però risolta da Ampère sia teoricamente che sperimentalmente.
Infatti egli attribuì questa contraddizione a un aspetto qualitativo: col solenoide l’ago e il sughero erano
all’interno delle correnti mentre col magnete rimanevano all’esterno.
La forza dell’impegno di difesa di questa sua ipotesi era evidente anche in altri esperimenti.
La TEORIA sulla NATURA del CALORE e della LUCE
Ampère nel 1832 espose una nota circa la natura di due enti fisici come il calore e la luce, con l’ipotesi di
derivazione da movimenti vibratori.
Egli infatti evidenziava delle analogie tra la luce e il calore.
Si apriva la strada alla crisi del calorico, come particolare tipo di materia, verso la concezione di un moto
oscillatorio delle più piccole parti dei corpi.
L’EREDITÀ
Egli pubblicò, nel 1826, una monumentale opera di ispirazione newtoniana, che Maxwell definirà “perfetta
nella forma e inattaccabile nella precisione”, che rielaborava le sue pubblicazioni precedenti; essa era
intitolata:
“Théorie mathématique des Phénomènes Electro-dynamiques uniquement déduite de l’Expérience”.
Prima di morire si dedicò ancora a un’opera di filosofia della scienza aderendo alla dottrina di Leibniz sulla
“armonia prestabilita”. Il processo di ragionamento dell’uomo è un’immagine del processo di ragionamento di
Dio e preesiste quindi un’armonia tra le leggi dell’universo e i poteri razionali dell’uomo.
Ecco perché terminò la sua vita come l’aveva cominciata: come un enciclopedista fortemente convinto
dell’unità di tutto il sapere, poiché ogni forma di conoscenza non è altro che il riflesso dell’unità della mente
divina.
il momento magnetico è quella grandezza fisica che ha modulo dato dal prodotto tra corrente e superficie,
direzione perpendicolare alla spira e verso tale che, se ci si dispone come il vettore, si vede la corrente
ruotare in senso antiorario.
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