Zaia, Bortolussi e De Poli: le nostre priorità ei nostri

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Zaia, Bortolussi e De Poli: le nostre priorità ei nostri
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ATTUALITÀ
Zaia, Bortolussi e De Poli: le nostre priorità e i nostri programmi
Intervista ai tre candidati al ruolo di Presidente della Regione
Stanno percorrendo il Veneto in lungo e in largo inqueste settimane di intensa campagna elettorale.
Luca Zaia (Lega Nord, Pdl, Alleanza di centro), Giusepep Bortolussi (Pd, Italia dei Valori,
Federazione della sinistra, Ecologia e libertà, lista Idea) e Antonio De Poli (Unione di centro e Unione
Nordest) sono i più conosciuti candidarti alla guida della Regione. Li abbiamo intervistati.
LUCA ZAIA: IL FEDERALISMO? INIZIAMO NOI
Nel salone del K3, l’ormai storica sede della Lega Nord trevigiana, è tutto un viavai di militanti e
giornalisti. Luca Zaia, ministro delle Risorse agricole, alla fine l’ha spuntata sul presidente uscente
Giancarlo Galan. E’ lui il candidato della coalizione di centrodestra (Lega Nord, Pdl, Alleanza di
centro). L’abbiamo intervistato sulle principali questioni che lo attendono se sarà chiamato a governare
il Veneto.
Siamo una delle pochissime Regioni che non è riuscita ad approvare lo Statuto. Sarà la volta
buona?
Se non è stato approvato ci sono due ragioni fondamentali: il regolamento del Consiglio regionale, che
porta in alcuni casi alla paralisi amministrativa; la volontà di approvarlo, perché si può anche piazzare
la tenda canadese e stare lì fino a che non si arriva all’obiettivo. Noi come coalizione abbiamo
promesso il nuovo regolamento in cento giorni e il nuovo Statuto entro fine anno. Lo diciamo fin da
subito. I diritti dell’opposizione sono salvi, come avviene nel parlamento nazionale, ma ad un certo
punto se è necessario chiedere la fiducia, la si chiede.
Cosa pensa dei buoni scuola? E come saranno sostenute le scuole no statali? Rischiamo nei
prossimi anni la chiusura di molte realtà...
Cosa succederà nei prossimi anni è difficile dirlo, non sappiamo quanti soldi ci saranno. Con il
federalismo fiscale questo sarebbe un problema già risolto. Infatti, noi intravediamo la scuola non
statale come pilastro della nostra politica educativa.
Oggi il Veneto investe appena lo 0,04% del suo bilancio nel trasporto ferroviario e la
metropolitana di superficie è rimasta una promessa. Cosa ne pensa?
Il Veneto, più che poco, investe quello che ha. E non confondiamo i sottopassi con i ritardi. La Regione
può fare qualche accordo di programma con gli Enti locali per costruire dei sottopassi. Per dire il vero,
a volte ho la sensazione che abbiamo perfino esagerato con qualche opera pubblica... Non solo i
sottopassi ma anche le rotonde. Da presidente della Provincia ne ho inaugurate 450, ma ora se ne fa
una anche per andare dal soggiorno alla camera da letto... ma non divaghiamo. Per i ritardi noi
possiamo solo multare Trenitalia e applicare la tolleranza zero. I lavori della metropolitana sono in
pieno svolgimento, ma promesse sui tempi non siamo in grado di farne. Attenzione, però… La vera
partita è un’altra, quella dell’alta velocità. Dobbiamo impiegare un’ora e mezzo per andare a Milano. E
qui abbiamo perso il treno!
Qual è la posizione sul nucleare?
Ne ho già parlato. Non esiste una candidatura del Veneto per costruire una centrale nucleare.
Vogliamo fare un esercizio scolastico? Facciamolo pure. Primo: il bilancio energetico del Veneto è
positivo. Secondo: il Veneto è un ambiente fortemente antropizzato. Terzo: il candidato presidente, se
non lo convincono, la vede difficile. Quarto: c’è un fatto di percezione da parte della cittadinanza.
Quali strade concrete la Regione intraprenderà a sostegno dell’agricoltura?
Per noi sarà un’agricoltura del territorio. Agricoltura è identità e storia dei territori. La mia sarà
un’amministrazione del farmer market, del km zero, contro gli ogm. Io non punto all’amarcord, ma alla
realtà. La dimensione media di ogni impresa è di meno di due ettari di superficie. Non possiamo fare
guerra al produttore indiano, ma vendere identità territoriale. Siamo primi in Italia per vini, abbiamo 8
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formaggi Dop. C’è un legame tra enogastronomia e turismo.
C’è stato però negli anni un utilizzo crescente di territorio e sono all’orizzonte ulteriori
progetti…
Per favore, un po’ di orgoglio veneto, smettiamola di andare in giro per il mondo e dire che abbiamo
solo i capannoni. Abbiamo il 57% di pianura, ma anche paesaggi ineguagliabili. Che i Veneti difendano
il Veneto! Poi, io sono convinto che ci siano aspetti negativi in questa antropizzazione. Ma noi
dobbiamo anche mangiare e io non mi sento di condannare questo modello di piccola e media
impresa.
Dopo il Passante, cosa resta ancora da realizzare? E in quali tempi?
Nel programma abbiamo scelto di non scrivere un elenco eterno di opere da fare. Resta il fatto che
abbiamo il 30% in meno di viabilità rispetto al resto del paese. Il Veneto delle infrastrutture, dopo il
Passante, deve continuare a crescere. La priorità? Ora come ora sbloccare la Pedemontana.
Parliamo di Sanità. Come sarà possibile conciliare le specificità territoriali con le esigenze di
razionalizzazione?
E’ un tema che non conosco a fondo, sono sincero. Ma una cosa so: che la sanità del Veneto
funziona. E’ anche vero però che i cittadini a volte hanno un’idea sbagliata e ci si aspetta che ogni
piccolo ospedale abbia tutti i reparti. Faccio un esempio: sappiamo che le nostre mamme vanno a
partorire in tantissimi casi in piccole strutture, laddove non c’è la rianimazione pediatrica?
Si è assistito a un progressivo taglio delle risorse per il sociale. Come far fronte ai tagli?
Tutto vero. Ma la coperta è sempre corta e non possiamo fare promesse irrealizzabili. Il cittadino deve
sapere che in assenza di federalismo le risorse sono esigue.
E’ favorevole o contrario a consentire al cambio di Regione ai Comuni che ne hanno fatto
richiesta?
Hanno tutti ragione, ma non ci possono andare. Lo dice uno che abita in un’area di confine. E’ il
Veneto a meritare l’autonomia, non Lamon. Dobbiamo acquisire la filosofia di una battaglia comune.
La scommessa della legislatura sarà per il Veneto quello di far partire il federalismo a geometria
variabile.
Rispetto alle polemiche sui costi della politica cosa farà la Regione? E quanto costerà la sua
campagna elettorale?
Garantisco che la Lega si paga in proprio la sua campagna. Ma la politica non ha costi zero. Poi è
vero che esiste magari sperequazione tra un sindaco e un consigliere regionale. Introduciamo il
sistema del bilancio personale in cui ogni consigliere rende conto della sua attività ogni anno!
I rapporti tra Lega e Pdl in questo periodo sono apparsi piuttosto burrascosi, forse per una
supposta debolezza degli avversari. Come andrà se vincerete?
Voi dite sempre che non ho avversari. Invece io ho due bravi competitori. Uno da trent’anni parla dei
problemi dell’economia veneta, l’altro che è stato a lungo assessore al Sociale, è vicino al mondo
cattolico. Questa è un’alleanza come tutte le altre, con sana competizione, ma un intendimento
comune. Abbiamo definito il programma in un’ora, il vice l’ho scelto io.
Sacconi ha detto che dovrà essere un primus inter pares…
Non mi pongo il problema, la legge è chiara. In Veneto c’è l’elezione diretta. (a cura di Bruno Desidera
e Federico Citron)
GIUSEPPE BORTOLUSSI: UN VENETO VERDE E MODERNO
Cosa potrebbe diventare il Veneto se Giuseppe Bortolussi diventasse presidente della Regione? “E’
semplice: il cuore verde d’Europa”.
Uno slogan? Di più: una ben precisa vocazione della nostra regione, “che finora è stata sottovalutata e
che io vorrei tramutare in consapevolezza e opere”.
Che significa?
Che pochi o nessuno come il Veneto possono contare su un ambiente splendido e su una storia unica,
che stanno in sintonia con un’economia moderna, fatta di tanto terziario e di industria eco-sostenibile,
di turismo di qualità e di trasporti meno inquinanti, di produzione energetica da fonti rinnovabili e di
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città che recuperano la loro bellezza riconvertendo le aree in declino.
Per finire con la ciliegina sulla torta: Olimpiadi 2020 in cui si mangerà biologico e a “chilometri zero”,
mentre impianti sportivi e hotel dimostreranno che per avere tanta energia non sono più indispensabili
petrolio e gas. Questo è il Veneto cuore verde d’Europa. Ed è il cuore del programma del candidato
Bortolussi.
Il suo programma ha delle sfumature decisamente ecologiste...
Sì, ma non perché sia una moda. Questo, per me, è un programma valido da anni: alla Cgia di Mestre
lo sto dimostrando da tempo, avendo “importato” i corsi dell’agenzia Casaclima di Bolzano per il
risparmio energetico e avendo agevolato la riconversione a gpl delle vetture dei nostri associati.
Ma portare questa esperienza al rango di missione del Veneto non è operazione un po’
arrischiata?
Non creda: l’intervento avviato a Padova, che porterà a ricoprire l’Interporto con la più grande distesa
di pannelli fotovoltaici d’Italia, ha un valore duplice: significa una consapevolezza ormai raggiunta e
dice che la strada è aperta. Aperta, cioè, ad una valorizzazione del territorio, del suo ambiente e della
sua storia, che finora abbiamo trascurato e che invece è la nostra chance in più. E questo non vale
solo per le grandi realtà, ma anche per i singoli cittadini.
Cioè?
L’ho scoperto andando un giorno in un ristorante. Dietro al locale c’era una condotta: “Ci passa l’acqua
del torrente - mi dice il ristoratore - fa un salto di un metro e fa girare le turbine. Così io produco
energia e la vendo”. Ecco che, oltre al fotovoltaico, i privati possono, in molte zone del Veneto, puntare
sul mini e sul micro-idroelettrico. Per non parlare dei rifiuti: siamo già cittadini virtuosi, produciamo
meno immondizie di altri italiani e ne ricicliamo di più. Se sarò presidente incentiverò questo circolo
virtuoso.
Ciononostante, perché dire no al nucleare? Oggi è sicuro e ci può traghettare verso un tempo
in cui le tecnologie verdi saranno più efficienti...
Io non sono contrario per ragioni di principio al nucleare. Però dico che c’è una grande risorsa subito
disponibile che è il risparmio energetico, e che l’energia da fonti rinnovabili è già una realtà.
Programma “verde” il suo; però lei dice sì ad alta velocità, nuova Romea Commerciale,
Pedemontana, Nogara mare... Perché questa rete di nuove grandi infrastrutture?
Perché cerco di essere realista. Dopo 25-30 anni che attendiamo queste opere, dire no sarebbe
sbagliato.
Sempre da anni c’è chi - per esempio coloro che abitano in montagna - lamenta i maggiori costi
da sopportare. Lei è disposto a dotare la legislazione regionale di un meccanismo di
compensazione?
E’ molto difficile prevedere compensazioni automatiche. Però io intendo fare approvare uno Statuto
che preveda l’autonomia per la provincia di Belluno e che preveda anche la distribuzione di maggiori
deleghe e competenze a Province e Comuni. Voglio realizzare un federalismo istituzionale che ci
permetterà di vivere meglio e di ridurre la spesa pubblica.
Viriamo sulla sanità, grande competenza regionale. Tra l’altro, nel suo programma lei dice di
voler ridurre i tempi di attesa per le visite: come, visto che nessuno ci è mai riuscito?
Voglio diffondere le Utap, cioè le associazioni di medici di base che, insieme, potrebbero fare tutta la
piccola diagnostica e le prenotazioni. In più il Veneto ha pochi infermieri e pochi medici e perciò usa le
macchine diagnostiche poche ore al giorno. Vale la pena risparmiare su medici e infermieri e poi avere
macchine che costano milioni di euro ferme e liste d’attesa infinite?
In questi anni si è assistito a un progressivo taglio delle risorse per il sociale. Come reperire
ulteriori risorse?
Mi sono reso conto dell’assurdità dei tagli, perché le realtà del sociale hanno un moltiplicatore dentro
di loro: mai lo Stato o la Regione potrebbero fare le stesse cose con gli stessi soldi. Perché la base è il
volontariato, è la voglia di fare. Quindi la cosa migliore è incentivare il sociale: tagliare significa far
ricadere sulla Regione opere che poi avranno costi di gran lunga maggiori.
Per l’agricoltura si avvicina un momento cruciale con la riforma della Pac e la fine degli attuali
contributi. Come far fronte al calo dei finanziamenti?
Vedo che altri, l’Alto Adige per esempio, non hanno mai abbandonato l’agricoltura, sia per il valore di
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tutela ambientale e idrogeologica che ha, sia per l’eccellenza dei suoi prodotti. Se si vuole fare del
Veneto il cuore verde d’Europa, non si può lasciare da sola l’agricoltura.
Nel programma dice di voler sostenere la famiglia: come?
L’ultimo Consiglio regionale ha bocciato una legge per creare un fondo dedicato alle famiglie
numerose. Penso che il mio primo atto, se diverrò presidente, sarà ripresentare questa legge. La
famiglia è il nucleo fondamentale della società e dell’economia veneta.
Finora lei ha promesso sostegno a molti settori della società veneta; ma bisognerà ben sforbiciare da
qualche parte, no?
Già attribuire maggiori competenze a Province e Comuni farebbe risparmiare parecchi quattrini. Solo
un esempio: la Regione Lombardia, che ha decentrato più di noi, ha lo stesso numero di dipendenti
del Veneto, pur avendo il doppio di abitanti.
A proposito di spesa per la politica: le pare giusto che un consigliere regionale prenda un lauto
stipendio e dopo soli 5 anni abbia diritto ad una pensione di duemila euro al mese?
Posso essere d’accordo: si può risparmiare a livello di emolumenti, buonuscita e pensione dei
consiglieri. Però non è molta cosa rispetto alla sproporzione fra quello che i veneti versano allo Stato
con le imposte e ciò che torna loro: la differenza è di 6 miliardi di euro l’anno. Sa cosa potremmo fare
con 6 miliardi di euro in più ogni anno? (a cura di Giorgio Malavasi)
ANTONIO DE POLI: PRIORITA' AL SOCIALE
Antonio De Poli arriva puntuale nella sede della Difesa del popolo di Padova per rispondere alle nostre
domande.
Il Veneto è una delle poche Regioni che non è riuscita ad approvare lo Statuto. E’ possibile
rimanere privi della “carta” fondante dell’identità regionale?
Lo Statuto va approvato quanto prima, e per una regione così importante come il Veneto, in cui
quotidianamente ragioniamo di autonomia, non aver approvato la nostra “carta costituzionale”
dimostra quanta distanza ci sia tra i proclami politici sul federalismo e i fatti concreti. Noi siamo per
uno statuto attento alle politiche della persona, che riconosca il ruolo della famiglia naturale e che si
prefigga di colmare le distanze sociali che oggi esistono. Sosteniamo il progetto del Veneto a statuto
speciale e crediamo che si debba dare ampia autonomia ai comuni, anche attraverso il trasferimento
delle risorse economiche, riservando alla Regione il semplice ruolo di programmazione e di controllo.
C’è un problema evidente di assetto della Regione, per garantire la governabilità. Può essere la
fiducia lo strumento adeguato a evitare le paralisi legislative?
Per nulla, e siamo molto preoccupati che si voglia introdurre nello statuto un meccanismo che
cancellerebbe di fatto il confronto democratico in consiglio. Quel che davvero serve è una modifica del
regolamento, che garantisca tempi certi di intervento e cancelli i subemendamenti. Se l’idea invece è
quella di blindare il Consiglio regionale, significa che l’obiettivo non è quello di governare ma di poter
comandare. Sono due cose profondamente diverse.
Il Veneto ha una rilevante presenza di scuole paritarie. Oggi i contributi regionali sono
largamente insufficienti. Cosa si prefigge di fare, e cosa pensa del meccanismo dei buoni
scuola?
Intanto diciamo che alle scuole paritarie abbiamo sempre dato attenzione, con interventi precisi che
sono certo insufficienti ma che penso di poter dire che sono senz’altro merito del lavoro in giunta dei
rappresentanti dell’Udc come assessori alle Politiche sociali. Ci impegniamo a dare il nostro contributo
perché ci sia la giusta attenzione alle scuole materne e ai nidi integrati, conservando anche lo
strumento del buono scuola.
In questi anni assistiamo a un progressivo taglio delle risorse che gli Enti locali possono
destinare ai servizi sociali. Come è possibile invertire la tendenza? E occorre un ripensamento
delle politiche sociali?
Il ragionamento da fare è complesso e serio. Oggi non è possibile ragionare separatamente di sanità,
sociale, famiglia, scuola. Quel che serve è una legge quadro accompagnata da un nuovo piano per i
servizi alla persona, che partendo dalle politiche rivolte alla famiglia racchiuda e declini tutte le
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politiche sociali, sociosanitarie, di istruzione e formazione. Solo in questo modo sarà possibile
concepire un progetto unitario e strategico che guardi dalla persona, dal suo concepimento fino alla
quarta età, garantendo risorse economiche certe. Lo stesso concetto di quoziente familiare, in cui
crediamo molto, deve essere rimodulato: non basta guardare solo alla presenza dei figli, bisogna
garantire agevolazioni fiscali e costi dei servizi inferiori anche alle famiglie che si fanno carico di
persone disabili e dei nostri anziani bisognosi di cure. Ci sono certamente problemi di bilancio, ma
dobbiamo darci delle priorità.
Oggi il Veneto investe appena lo 0,04% del bilancio regionale nel trasporto ferroviario. La
metropolitana di superficie è lettera morta, mentre i disservizi gravano sui pendolari. Come se
ne esce?
Spendendo in maniera diversa le risorse, partendo dal presupposto che l’alta velocità è un traguardo
bellissimo ma dedicato a una fascia d’élite, mentre a noi interessa dare risposte concrete a chi il treno
lo usa ogni giorno per lavoro o per andare all’università. Non credo che le multe a Trenitalia servano a
qualcosa, sarebbe più opportuno intervenire con provvedimenti drastici e persino con blocchi ai
progetti di sviluppo dell’alta velocità in mancanza di risposte sul trasporto regionale.
E’ stato realizzato il Passante, ma la lista di grandi opere da costruire è lunga. A quali dare la
priorità?
Per noi l’opera fondamentale a cui applicarsi è quella di garantire i fondi necessari a tutte le famiglie
con una persona disabile o non autosufficiente. Il mattone e l’asfalto possono attendere.
E’ favorevole al nucleare in Veneto?
Il nostro territorio, per caratteristiche ambientali e densità urbanistica, non ha la possibilità di ospitare
una centrale. Aggiungo che abbiamo già contribuito alle esigenze nazionali con il rigassificatore che
copre oggi il 10% del fabbisogno italiano. Ma alle spalle del nostro parere contrario c’è anche un
ragionamento più ampio: le aziende venete sono oggi tra i leader europei nel settore delle energie
alternative, ed è questa la strada su cui investire per favorire la massima diffusione del solare, del
geotermico e delle altre tecnologie.
L’agricoltura veneta nei prossimi anni dovrà fare i conti con la riforma della Pac e la fine dei
contributi comunitari. Cosa potrà fare la Regione?
Il 2009 è stato l’anno nero dell’agricoltura veneta, con moltissime chiusure, prezzi in calo vertiginoso e
troppe promesse del ministero che non si sono tradotte in realtà. Credo che la Regione debba in primo
luogo tornare a confrontarsi in maniera seria col mondo agricolo per capire le strade da intraprendere,
incentivando e agevolando tutti i piani di riconversione possibili.
Nel 2010 subiremo gli effetti più pesanti della crisi economica, nel momento in cui si
esauriscono le risorse destinate alla cassa integrazione in deroga. Come intervenire?
La Regione può mettere in campo degli interventi precisi per far ripartire l’economia. Il più importante,
dal nostro punto di vista, sarebbe quello di intervenire sul Governo perché esoneri dal patto di stabilità
i Comuni col bilancio a posto, in modo che possano far ripartire gli investimenti. In caso contrario, la
Regione dia il via libera e si assuma il compito di interloquire col Governo. Seconda considerazione: la
finanziaria Veneto Sviluppo è partecipata tra gli altri dalle banche. Si adoperi allora perché i nostri
istituti aprano i cordoni della borsa, aiutando aziende e famiglie a fronte di una precisa garanzia
regionale. Possiamo anche intervenire a supporto delle aziende coprendo gli oneri di primo
inserimento o reinserimento. Solo in ultima analisi, rimane la responsabilità di aiutare le famiglie
rimaste prive di reddito, ma con meccanismi che consentano la restituzione dei fondi stanziati, una
volta tornati alla normalità, per alimentare le politiche sociali.
L’Udc arriva a queste elezioni dopo una serie di scissioni. Cosa sta succedendo?
Nulla di preoccupante. Credo che dopo le regionali si possa lavorare alla nascita di un’area moderata,
di cultura cattolica e laica, che sappia guardare oltre questo bipolarismo inconcludente e sempre più
ostaggio dei partiti più estremistici, a destra come a sinistra. (a cura di Guglielmo Frezza)
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