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Cinema: Tornano i fratelli Coen con "A Proposito di Davis" (VIDEO) La pellicola esce a tre anni di distanza dal loro ultimo lavoro New York, 1961, Llewyn Davis (Oscar Isaac) suona le sue ballate acustiche nei saloni pieni di fumo del Greenwich Village. non è ancora la New York di Dylan e Joan Baez, anni di platino per l'industria discografica; ma qualcosa sta crescendo, ed è sul punto di esplodere. Llewyn si trova lì, con la sua chitarra, e vuole fare musica: quindi è al posto giusto nel momento giusto. Eppure, eppure. Fin da principio, nella scena che apre e chiude il film - quand'è pestato a sangue in un vicoletto fumoso, mentre dentro il saloon un giovane Bob Dylan soffia nella fisarmonica - la Storia gli gira intorno, lo sfiora appena. Perennemente in bolletta, non ha fissa dimora e vive da amici e conoscenti, dormendo sul divano. Un giorno, in coppia con un altro musicista e col nome di Timlin & Davies, era riuscito a incidere un disco: sembrava, per lui, il primo gradino di un successo scritto, poi il suicidio del compagno vanificato il tutto. Intorno a lui c'è il cantautore folk Jim (Justin Timberlake), disposto a commercializzarsi per ottenere il successo, la cantante e fidanzata di quest'ultimo Jean (Carey Mulligan), ultima ragazza con cui è stato a letto che ora è incinta (stessa situazione di due anni prima, solo che questa il bimbo l'ha tenuto, senza dirgli nulla) e lo seppellisce di rancore, ricordandogli puntualmente come "tutto ciò che tocchi diventa merda", c'è una sorella che vive nella normalità medio borghese e gli chiede di arrendersi e adattarsi a una vita dove la musica può essere un semplice hobby. E ci sono infine tutti quei personaggi che vivono nel mondo musicale, contro le cui astuzie, mediocrità e cinismo Llewyn è completamente disarmato: il produttore di Chicago Bud Grossman (F. Murray Abraham, che passa breve ma intenso nel film), il musicista e produttore jazz Roland Turner (un fantastico John Goodman) che attraversa l'America con un'autista valletto (Garret Hedlund), il titolare del Gaslight Café a Greenwich Pappi Corsicato (Max Casella, curiosissima l'omonimia con il regista italiano). Dopo la parentesi Western de "Il Grinta" del 2010, i Coen riprendono un discorso iniziato l'anno prima con l'ingiustamente sotttovalutato "A Serious Man", tornando a parlare delle tante opportunità che ci concede la vita, ma che non riusciamo a coglierle appieno. "A Proposito di Davis" è più un colpo basso, quando la vita non ti sorride, quando perdente è la parola più gettonata, ma dietro l'angolo si nasconde ancora un'ultima possibilità. Proprio questo è infatti il bello dei Coen: riescono a prendere storie apparentemente banali ed insignificanti e renderle interessanti, puntando il tutto su antieroi ai quali ci si affeziona, provando un sentimento di simpatia incondizionato, come ad esempio in passato è successo per "Drugo" Lebowski. Da sempre è come se i Coen ci ammonissero dicendoci che è inutile che ci impegniamo a cambiare il nostro destino perché quello è già scritto, è un gran casino e non capiremo mai davvero perché ci stia accadendo una cosa piuttosto che un'altra, quindi di non provarci nemmeno. Ispirati alla vera storia del cantautore folk Dave Van Ronk, i Fratelli Coen scrivono la sceneggiatura di questo "Inside Llewyn Davis" (nella versione originale) prendendo spunto dalla sua autobiografia "The mayor of MacDougal Street", pubblicata postuma nel 2005. I Coen hanno sempre oscillato tra una vena sarcastica e una vena malinconica, spesso mescolando le due cose. I loro film migliori sono quelli dove domina la seconda, come in quest'ultimo, tra l'altro splendidamente fotografato da Bruno Delbonnel, che non fa rimpiangere l'assenza del "solito" Roger Deakins e utilizzando una paletta cromatica tutta autunnale, rende la pellicola carica di struggente malinconia, di tagliente sarcasmo esistenziale, di umorismo e filosofia Yiddish. Bravissimi anche gli altri attori, Carey Mullighan (la quale aveva già recitato assieme ad Isaac nel gioiellino "Drive" di Nicolas Winding Refn) nella parte della fidanzata incinta dell'amico di Davis, l'attore-feticcio dei fratelli di Minneapolis John Goodman, onnipresente nelle loro pellicole e Justin timberlake, ormai sempre più a suo agio dietro una macchina da presa che con un microfono in mano. La colonna sonora, è la co-protagonista del film, quella che non lascia spazio ad altro nel momento in cui entra in scena e per questo rimanda direttamente a "Fratello, Dove sei?". La musica di Llewyn viene suonata su un palco in penombra, è riflessiva, cadenzata solo da voce e chitarra, una melodia che racconta la vita vera. «Non si fanno i soldi con quella roba», sentenzia il proprietario di The Gate Horn a Chicago dove il protagonista va per un provino. O forse non era solo il momento giusto, da cui la critica dei Coen all'industira dello spettacolo. Ispirata alla musica folk americana degli anni sessanta, ha visto la partecipazione di Bob Dylan, dello stesso Oscar Isaac (molto belle le sue interpretazioni, è la vera sorpresa del film), di Marcus Mumford, Stark Sands e dei Punch Brothers. Il film, presentato in anteprima italiana a Novembre al Torino Film Festival dopo aver vinto il Gran Premio della Giuria al festival di Cannes, è stato il trionfatore indiscusso alla 48° edizione dei National Society of Film Critics Award, un'altra delle maggiori associazioni cinematografiche americane, vincendo in tutto quattro premi: miglior film, miglior regia, miglior attore per il protagonista Oscar Isaac e miglior fotografia. Francesco Cancellara 06/02/2014 07:00