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Leggi questa lettera scritta da Maurizio Viroli, docente di Teoria Politica all’Università di
Princetown
Gli studenti di Princetown svolgono i loro esami da soli, senza nessuno che li controlli. Se si tratta
di un esame in classe il professore distribuisce le domande o il tema da trattare, esce dall’aula e
torna per raccogliere gli elaborati; se si tratta di un esame da svolgere “a casa”, il professore
distribuisce le domande e gli studenti vanno dove vogliono. Alla scadenza prescritta consegnano il
frutto delle loro fatiche.
Gli studenti, se volessero, potrebbero senza rischi né fatica copiare o lavorare allegramente in
gruppo. In realtà i casi di irregolarità sono rarissimi. Nei miei corsi, e sono corsi molto numerosi, è
accaduto due volte in quindici anni. Perché?
La risposta è semplice: responsabilità morale e certezza della pena. Ogni studente al momento
dell’ammissione all’università si impegna a rispettare un codice d’onore, che definisce le regole
della vita universitaria. Con quell’atto accetta una responsabilità morale davanti a tutta la comunità
universitaria. In calce ad ogni esame dovrà poi scrivere di aver rispettato il codice d’onore.
L’università considera quella dichiarazione sufficiente. Assume che lo studente sia persona retta e
che quindi non ci sia bisogno di professori che controllano.
Se però lo studente viola il codice d’onore e copia, o usa il medesimo lavoro per più di un esame, la
sanzione è inevitabile e viene inflitta con una procedura che lascia il segno. Lo studente indiziato
deve comparire davanti ad un comitato disciplinare di cui fanno parte per metà studenti e per metà
professori e amministratori. Ha il diritto di difendersi, di farsi aiutare da un altro studente o da un
professore, di chiamare tutti i testimoni che vuole.
Proprio perché deve spiegare perché ha violato un impegno morale che aveva assunto, il
procedimento è più devastante della pena. Ho assistito soltanto a due procedimenti disciplinari, e
nonostante la sofferenza dei ragazzi che avevano sbagliato, nonostante il loro sincero pentimento, il
comitato ha inflitto le pene previste dal regolamento, né più né meno. Tanta solidarietà personale,
nessuna flessibilità nel giudizio disciplinare. Di norma i più severi a esigere il rispetto delle regole
sono gli studenti che siedono nel comitato perché si sentono offesi dal comportamento del loro
compagno e ritengono ingiusto tollerare comportamenti che danneggiano il prestigio dell’università.
Si parla tanto di programmi e percorsi scolastici: non sarebbe meglio cominciare una vera riforma
restaurando il senso della disciplina? Una disciplina non imposta in modo arbitrario e autoritario,
ma fondata su regole liberamente accettate e rigorosamente applicate che prepari dei cittadini
capaci di esigere il rispetto dei loro diritti perché hanno imparato a rispettare i doveri?
(da «Specchio» del 22/3/2003)
1) Sintetizza il testo utilizzando circa 70 parole.
2) Immagina di essere uno studente di Princetown, accusato di aver trasgredito le regole, e scrivi
una breve lettera in cui descrivi dal tuo punto di vista il sistema scolastico che avresti dovuto
rispettare. (circa 80 parole).
3) Scegli una delle seguenti tracce e costruisci un testo di circa 150 parole:
- Spiega come la famiglia, la scuola, la società potrebbero educare i giovani alla
responsabilità, al senso del dovere.
- Esprimi un tuo giudizio sui due diversi modi di svolgere le prove scritte, quello americano e
quello italiano.