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Anno VIII • N°3 e 4 2007
PERIODICO DEL COLLEGIO PROVINCIALE INFERMIERI PROFESSIONALI - ASSISTENTI SANITARI VIGILATRICI D’INFANZIA
G O R I Z I A
Direttore Responsabile: Mario Schiavon - Redazione consiglio direttivo Collegio IPASVI - Via Morelli, 38 - 34170 Gorizia - Tel./fax 0481.534024 - Grafica e Stampa: Centro Stampa tipografia - Via Romana, 46/48 - 34074 Monfalcone
Autorizzazione Trib. Gorizia n° 273 di data 18/3/97 - Periodico trimestrale - “Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 2 - DCB/Gorizia
EDITORIALE
SOMMARIO
IPASVI
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EDITORIALE
INFERMIERE OGGI
Infermiere oggi
a cura di Mario Schiavon
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Vita professionale
2
a cura di Mario Schiavon
AGGIORNAMENTI
Con la professionalizzazione della professione infermieristica, varata dal
decreto ministeriale 739/94, l’infermiere è ritenuto responsabile dell’assistenza
generale infermieristica, vede definita la natura dei suoi interventi, gli ambiti
operativi, la metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli altri operatori, gli
ambiti professionali di approfondimento culturale e operativo, le specifiche
aree della formazione specialistica (sanità pubblica, area pediatrica, salute
mentale/psichiatria, geriatria, area critica).
Ciò ha messo fine al comune riconoscimento di "professione sanitaria
ausiliaria" per quella infermieristica, rivalutandola da un’anacronistica e
impropria definizione ereditata dalla storia. Con gli ultimi tasselli del percorso
di riordino della professione nella L. 251/2000 (Disciplina delle professioni
sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione
nonché della professione ostetrica) e la Legge n. 1 dell’8 gennaio (Conversione
in legge, con modificazioni del decreto legge 12 novembre 2001, n. 402,
recante disposizioni urgenti in materia di personale sanitario), gli infermieri in
possesso dei titoli di studio rilasciati con i precedenti ordinamenti hanno
avuto accesso alla laurea di secondo livello in Scienze infermieristiche, con
riconoscimento dell’equipollenza dei titoli ai fini della prosecuzione degli
studi.
L’importanza della L. 251 consiste soprattutto nel riconoscimento "formale"
del ruolo di dirigenza: per gli infermieri si aprono così le porte per l’accesso
alla nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario. Ai dirigenti sono
attribuite la responsabilità e la gestione delle attività di assistenza
infermieristica e delle connesse funzioni, nonché la revisione
dell’organizzazione del lavoro incentivando modelli di assistenza
personalizzata.
E’ storia attuale la novità introdotta dai decreti del 2 aprile del 2001 sulla
determinazione delle classi di laurea delle professioni sanitarie - i corsi di
diploma universitario per infermiere si trasformano in laurea triennale e viene
prevista la laurea specialistica nelle Scienze infermieristiche e ostetriche.
Nell’evoluzione della libera professione si sono andati aggiungendo ambiti
nuovi di azione, come i cosiddetti settori innovativi, terzo settore, informatori
scientifici, periti del tribunale, servizi sanitari aeroportuali, assicurazioni,
certificazione di qualità e cure complementari, oltre all’attività ambulatoriale,
domiciliare, di docenza, con esercizio autonomo individuale, in uno studio
associato, in collaborazione coordinata e continuativa oppure all’interno di una
Dalle teorie del nursing ai modelli di assitenza personalizzata
A cura di Orietta Masala
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L’assistenza di comunità
A cura di Gloria Viotto
Responsabile Servizio Infermieristico A.S.S. n°2 “Isontina”
3
Garantire la continuità assistenziale
la scheda di dimissione infermieristica
di Inf. De Angelis Elisabetta, Iob Valentina, Visintin Paola
(U.O. di Ortopedia di Gorizia)
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Documentare le proprie competenze
a cura di Orietta Masala
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Educazione continua in medicina: numero di crediti per il triennio 2008-2010
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...Non è mai troppo presto
per iniziare ad aggiornarsi
cooperativa sociale.
Queste novità si innestano in un contesto mutante dominato dalla flessibilità,
con un alto livello della domanda di infermieri, la scarsità degli stessi sul
mercato del lavoro e la necessità di professionalità sempre più elevate.
Proprio in questo contesto opera un professionista dalle funzioni ben più e
Il consiglio direttivo ed il collegio dei
revisori dei conti augurano a tutti
gli iscritti e loro familiari
un Felice Natale ed un sereno anno 2008
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VITA PROFESSIONALE
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ogni paese.
Con la Carta di Ottawa (1986) viene successivamente affermato il ruolo
fondamentale della salute come risorsa e bene prezioso della persona e della
società.
Esso rappresenta il principio regolatore dello sviluppo possibile dei popoli e delle
nazioni in prospettiva di miglioramento della qualità di vita.
Viene ulteriormente ribadita la corresponsabilità dei diversi settori della società
(sanitario, sociale, politico, economico, ecologico, culturale, educativo) per
realizzare il passaggio dal concetto di sanità a quello di salute e nel 1998, la
comunità mondiale, con la pubblicazione del documento “Salute per tutti nel
ventunesimo secolo”, ha richiamato l’importanza del perseguimento di interventi
di educazione alla salute, quali strumenti per aiutare le persone a conoscere ed
assumere responsabilmente stili di vita e comportamenti volti alla promozione del
bene salute.
Alla luce di questi principi, in molti paesi sono state avviate riforme dei servizi
sanitari nelle quali è possibile identificare il comune scopo di migliorare la salute
pubblica attraverso azioni di contenimento dei costi, ricerca di modalità alternative
di finanziamento delle attività sanitarie, miglioramento dei livelli di qualità ed
equità delle prestazioni.
Tale miglioramento consiste nel permettere che ciascun individuo realizzi
pienamente il proprio potenziale di salute attraverso il raggiungimento di due
obiettivi: promuovere e proteggere la salute degli individui lungo tutto il corso
della loro vita e ridurre l’incidenza delle malattie ed ei traumi maggiori alleviando
la sofferenza che ne deriva.
I valori posti a base della politica per la salute (HEALTH21 per la Regione Europea
dell’OMS) sono fondati sui seguenti principi:
- la salute come diritto umano fondamentale;
- l’equità nella salute e la solidarietà nell’azione all’interno delle nazioni e tra esse
ed i loro abitanti;
- la partecipazione e la responsabilità da parte di individui, gruppi, istituzioni e
comunità per lo sviluppo permanente della salute.
Nel rispetto dei valori assunti, per raggiungere tali obiettivi, l’OMS suggerisce di
promuovere strategie che sottengano l’attivazione di programmi ed investimenti
per lo sviluppo della salute e dell’assistenza clinica, nonchè la promozione
l’assistenza sanitaria di base integrata, centrata sulla famiglia e sulle comunità.
Detta assistenza deve svilupparsi in rete con un servizio sanitario flessibile, capace
di fornire risposte diversificate e di favorire lo sviluppo di processi di partecipazione
dei vari “partners” che hanno relazione con le problematiche della salute.
I nuovi orientamenti dell’assistenza socio-sanitaria derivanti dalle raccomandazioni
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità identificano nell’assistenza territoriale e
nell’integrazione delle varie professioni socio-sanitarie le principali risorse per
ottenere la salute per tutti.
In tali contesti, il concetto di tutela della salute pubblica è stato definito dall’OMS
come:
“ La scienza e l’arte che permette di prevenire malattie, prolungare la vita e
promuovere la salute mentale e fisica ed il buon utilizzo delle risorse attraverso
oltre che sanitarie.
L’infermiere svolge una professione al servizio della salute e della vita e,
perciò, è chiamato non solo ad assicurare una qualificata assistenza
infermieristica, ma anche a dare risposte professionali sempre nuove per
favorire con la collaborazione di tutto il personale sanitario, il progresso della
salute. La stessa professione dell’infermiere può meglio essere vissuta
dall’infermiere verso se stesso e nei confronti dei soggetti con cui opera e per
i quali esercita il suo lavoro proprio se orientata da precise norme comuni.
Probabilmente, per una professione come quella infermieristica, che ha come
scopo fondamentale il benessere psicofisico della persona assistita anche in
condizioni complessive compromesse, se non terminali della vita, proprio i più
essenziali valori che affermano il significato dell’esistenza umana, la sua
dignità, libertà e rispetto costituiscono i riferimenti imprescindibili e
richiamano un senso professionale e deontologico molto forte. L’assistenza
infermieristica è servizio alla persona e alla collettività e si realizza attraverso
interventi specifici, autonomi e complementari, di natura tecnica, relazionale
ed educativa.
Ancora, recita il codice deontologico della professione, la responsabilità
dell’infermiere consiste nel curare e prendersi cura della persona, nel rispetto
della vita, della salute, della libertà e della dignità dell'individuo. Per questo il
codice deontologico è essenziale alla professione: in tempi particolarmente
complessi, esso costituisce la guida dell’infermiere allo sviluppo dell’identità
professionale e all’assunzione di un comportamento eticamente responsabile.
Vita professionale
Il 20 novembre si sono conclusi gli Incontri di aggiornamento organizzati dal
Collegio in questo ultimo scorcio di anno.
Complessivamente hanno partecipato ai 5 incontri n° 275 iscritti, alcuni dei
quali provenienti da altri Collegi della Regione.
E’ stato organizzato anche un incontro, della durata di due giornate, dal titolo
“Professione infermieristica: dall’assistenza individuale alla creazione di un
modello assistenziale basato sui principi e valori etici e deontologici”, tenutosi
nei giorni 15 e 16 novembre 2007 a Monfalcone, che ha visto la partecipazione
di n° 21 iscritti, che avevano già frequentato i precedenti corsi sul Counseling.
In totale sono stati assegnati n° 3 crediti per ciascuna delle giornate effettuate
tra ottobre e novembre 2007 Gorizia/Monfalcone e n° 17 crediti all’incontro di
due giornate.
L’assistenza di comunità
A cura di Gloria Viotto
Responsabile Servizio Infermieristico A.S.S. n°2 “Isontina”
Nel settembre del 1978, l’OMS, con la collaborazione dell’UNICEF, nella Conferenza
internazionale di Alma Ata (URSS) affermava che per raggiungere l’obiettivo salute
per tutti nell’anno 2000 (Regione Europea dell’OMS, 1984) occorreva che ogni
Stato disponesse di uno strumento essenziale: l’Assistenza Sanitaria di Base
(ASB).
Essa era definita e realizzata come un insieme di prestazioni sanitarie essenziali,
universalmente accessibili a tutti gli individui ed a tutte le famiglie della
comunità, erogate con mezzi accettabili, con la loro piena partecipazione ed a un
costo sopportabile per il paese.
Comunità intesa come insieme di persone e relazioni sociali appartenenti ad un
medesimo spazio geografico-territoriale (un comune, un quartiere) entro il quale vi
sono attività, riflessioni, trasformazioni, effetti e scambi tra individui, gruppi,
ambiente, bisogni e risorse.
Rappresenta un sistema complesso in quanto composto da un’entità territoriale,
una sociale, una dimensione economica ed una culturale le quali interagiscono tra
loro come un tutto.
Dunque, non semplicemente la somma delle singole parti che compongono la
comunità ma molto di più.
All’interno della comunità così intesa, cellula fondamentale è considerata la
famiglia, che rappresenta anche il fondamentale referente del sistema sanitario di
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AGGIORNAMENTO
infermieristica nell’ambito comunitario, esterna all’ambiente ospedaliero.
Comprende l’assistenza a domicilio, nei centri sanitari e negli ambulatori medici.
Esiste un legame diretto tra il nursing di comunità e l’assistenza di base che
ritroviamo nella filosofia del “ Primary Health Care”
Obiettivo di tale pratica è quello di realizzare un servizio pubblico volto ad
orientare persone, famiglie,gruppi e comunità verso attività di autocura in
relazione alla promozione della salute e prevenzione della malattia.
Gli infermieri possono concorrere al raggiungimento dell’obiettivo, assumendo un
ruolo di consiglieri, facilitatori, educatori, coordinatori, ricercatori, osservatori
della comunità e contribuendo ad identificare le cause che determinano il mal uso
della salute pubblica.
Nel contesto della medicina di comunità, l’infermiere di famiglia (Helsinki, 27-28
maggio 1999), svolge il suo lavoro presso i distretti socio sanitari o gli ambulatori.
In questi contesti assume la funzione di “aiutare individui e famiglie ad affrontare
la malattia e la disabilità cronica o, nei periodi difficili, trascorrere una grande
parte dei suo tempo lavorando nelle case dei pazienti e con le loro famiglie.”.
Le famiglie, con le quali viene chiamato a lavorare possono essere considerate
come SISTEMI operanti all’interno di un contesto o di un ambiente.
La salute è vista come l’equilibrio dinamico che si mantiene tra i due sistemi
(famiglia ed individuo o ambiente)che vanno considerati sistemi dinamici ossia in
continuo cambiamento e sviluppo nel tempo;
Il lavoro dell’infermiere di famiglia è un’attività interattiva in cui infermiere e
famiglia sono partners con l’obiettivo di mantenere e migliorare lo stato di salute
della famiglia.
“Le famiglie italiane vengono a caratterizzarsi sempre più per le risorse, le
capacità e le opportunità differenziate che esse posseggono in relazione ai
processi di sviluppo economico e alle garanzie di benessere e sicurezza sociale
offerte dalle istituzioni pubbliche”
L’infermiere di famiglia, secondo l’OMS potrà compiutamente rispondere al suo
mandato sociale se:
-presterà particolare attenzione a tutti gli aspetti inerenti alla prevenzione,
informando sui fattori di rischio legati agli stili di vita ed ai comportamenti,
assistendo le famiglie in tutto ciò che concerne la salute tramite un’individuazione
precoce dei problemi sanitari, facendo sì che i problemi emersi nelle famiglie
siano affrontati ad uno stadio iniziale;
- potrà identificare gli effetti dei fattori socioeconomici sulla salute della famiglia
e richiede l’intervento dei servizi appropriati grazie alla conoscenza in materia di
sanità pubblica, di problemi sociali e dei servizi sociali;
- potrà facilitare la dimissione precoce di persone ricoverate in ospedale
assicurando l’assistenza infermieristica domiciliare e costruire un punto di
collegamento tra la famiglia ed il medico di famiglia, sostituendosi a questi
qualora i bisogni identificati rientrino maggiormente nell’ambito di competenza
infermieristica.
L’ambito di intervento dell’infermiere di famiglia non si estrinseca solo nel
contesto della malattia ma egli è chiamato ad agire sul territorio, conoscendo
la mappa dei servizi sociali ed instaurando un rapporto diretto non solo col
malato ma anche con la persona sana, occupandosi delle sue necessità ed
aiutando la persona ed il suo gruppo di appartenenza, ad evitare i rischi
sanitari.
L’infermieristica di famiglia può essere considerata come un sistema di cure
infermieristiche rivolte ai membri della famiglia in condizione di salute o malattia
(oggetto di interesse).
Gli ambiti di esercizio rientrano nel contesto dell’assistenza primaria e la sua
finalità è prendersi cura delle famiglie e del loro ambiente di vita.
La famiglia viene considerata come unità di cura ed unità che cura; rappresenta il
focus del progetto assistenziale infermieristico.
Il suo specifico ruolo nella comunità è quello di essere il professionista
(OMS,1999) che, insieme al medico di famiglia, costituisce il perno centrale sul
quale sviluppare l’assistenza sanitaria di base, in grado di fornire prestazioni che
possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di salute.
La vision e la mission delle cure infermieristiche di comunità si ritrovano
all’interno dei quadri concettuali di riferimento.
L’uso dei quadri concettuali contenuti nei modelli teorici, fornisce un metodo per
capire ed organizzare i concetti chiave della pratica infermieristica e dei
programmi di formazione.
Tale quadro fornisce direttive e punti focali rendendo visibili i valori e gli obiettivi
gli sforzi collettivi organizzati. Si può considerare che la salute pubblica sia
costituita dalle strutture e dai processi che permettono di comprendere, di
preservare, di favorire la salute delle popolazioni grazie agli sforzi organizzati della
società.”
Occorre ribadire che la salute, ancor prima di essere un diritto, è un bene e che
l’equità consiste nel cercare o favorire per ciascun individuo il livello potenziale di
salute che gli è proprio.
A fronte di ciò, i domini della Sanità Pubblica sono la promozione ed il
miglioramento della salute e della qualità di vita, la riduzione delle disuguaglianze,
la tutela del lavoro, della casa, della famiglia/comunità, dell’istruzione, degli stili di
vita.
In questi medesimi ambiti si colloca l’impegno dell’infermieristica di comunità.
Mediante gli infermieri di comunità che lavorano nei distretti, nei servizi territoriali,
a domicilio, l’infermieristica come disciplina può contribuire a potenziare e
sviluppare interventi di Primary-care necessari a garantire accesso alle cure,
realizzare continuità, erogare assistenza generale e specialistica, fare educazione
alla salute, promuovere livelli di benessere e salute per diffondere pratiche di
autocura alle persone, alle famiglie, alla comunità.
L’INFERMIERISTICA DI COMUNITA’
La comunità sociale nel tempo ha prodotto cambiamenti capaci di causare
forti impatti sui livelli della salute pubblica.
La comunità sociale rappresenta un complesso sistema interagente con
l’ambiente circostante all’interno del quale si sviluppa.
Risulta composta da un’entità territoriale, sociale, economica e culturale.
Queste dimensioni interagiscono tra di loro in un tutt’uno in cui la cellula
fondamentale è rappresentata dalla famiglia.
La comunità, e , al suo interno, la famiglia, si sta fortemente trasformando a
causa di una serie di fattori quali il prolungamento dell’età media, le
accresciute possibilità di sopravvivenza, collegate spesso a stati di
polipatologie di natura cronico-degenerativa, la diminuzione delle nascite, la
forte immigrazione di persone con culture, che ha portato, in pochi anni, la
nostra società a configurarsi come multirazziale e multietnica.
In tale contesto si inserisce, oggi, il nursing comunitario, definito come un
servizio di cure infermieristiche che collega idealmente individui, famiglie,
volontari e altri membri del team con i quali condivide un ruolo che combina
la promozione, la prevenzione della malattia e la dimensione curativa e
riabilitativa.
L’infermiere di comunità e i
gruppi sociali presi in
carico ( il paziente, le
famiglie, i care-givers) con i
quali lavora possono
essere entrambi considerati
come sistemi operanti
all’interno di un contesto o
di un ambiente.
L’infermieristica di comunità
viene considerata come un
sistema adattivo complesso
che si evolve nel tempo in base a come gli infermieri rispondono e adattano le
loro forze per orientare e spingere la pratica verso nuove direzioni. Rappresenta
una pratica olistica finalizzata all’autocura.
Nata in risposta all’avvio dei distretti socio sanitari di base (ASB, 1978, Legge
833, in Italia), nel tempo l’infermieristica sviluppata sul territorio ha visto
evolvere ed ampliare la sua area ed il suo oggetto di interesse, orientando le
risposte assistenziali, erogate in ottica multiprofessionale e interprofessionale
secondo la metodologia del lavoro di equipe e del lavoro di rete, sempre di più
verso la persona ed il suo contesto di vita e di lavoro nella prospettiva finale di
“ portare i servizi specialistici a casa delle persone”
In diversi paesi l’infermiere di comunità è un termine generico che include diversi
ruoli: assistente sanitario, infermiere di sanità pubblica, infermiere scolastico,
infermiere per la salute sul lavoro, infermiere di distretto.
Secondo l’United Kingdome Central Council of Nurses, Midwives and Health
Visitors (Collegio IPASVI inglese) il nursing di comunità è l’insieme dell’assistenza
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AGGIORNAMENTO
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Quando l’oggetto di interesse dell’infermieristica diviene la comunità e la sua
finalità è la salute collettiva, si parla di infermieristica comunitaria.
dell’attività.
Aiutano l’infermiere a leggere la realtà fattuale di cui si occupa ed interpretarla
secondo una visione professionale, così che possa essere guida
nell’interpretazione dei fenomeni ai fini anche della ricerca infermieristica oltre
che sistema per uniformare il linguaggio disciplinare tra i professionisti.
Per le funzioni esplicitate, trovano aderenza nel contesto comunitario i modelli di
Dorotea Orem e di Betty Neuman .
Il primo (modello della cura di sé) sottolinea l’importanza dell’autocura (selfcare) la quale deve essere continuamente potenziata e diretta per conservare la
vita e la salute, per ristabilire dalle malattie e dalle lesioni o per evitare tali
eventi.
Considera l’ambiente un fattore importante nel influenzare le potenzialità e
capacità dell’individuo nella cura di sé.
Il nursing entra in azione quando l’individuo non è più in grado di prendersi
cura di sé totalmente o parzialmente (deficit della cura di sé). Allora l’infermiere
interviene attivando sistemi infermieristici totalmente e/o parzialmente
compensatori e/o azioni di educazione e di supporto al fine di ripristinare il
livello di capacità di autocura.
Il secondo modello, che prende spunto dalla teoria dei sistemi e dello stress, si
basa sull’assunto che ogni essere umano è un insieme composto da variabili
fisiologiche, psicologiche, socioculturali, evoluti e spirituali. In quanto sistema è
delimitato dall’ambiente in cui sono presenti l’uomo, il nursing, la famiglia, il
gruppo, la comunità.
La persona nella sua vita è soggetta a attori di stress o stimoli che producono
tensioni e che possono causare squilibri.
In questo caso l’infermiere assiste la persona mediante interventi di prevenzione
primaria, secondaria, terziaria al fine di “aiutare gli individui, le famiglie, i gruppi
e la comunità a raggiungere e mantenere il massimo livello di benessere
possibile mediante interventi mirati che hanno la finalità di ridurre sia i fattori di
stress che le condizioni sfavorevoli che impediscono il funzionamento ottimale
dell’individuo in qualsiasi situazione si trova”.
La sua funzione prioritaria è quella di assicurare la continuità assistenziale sia in
ambito domiciliare sia ambulatoriale, fornendo servizi di maggior richiesta per gli
utenti e diventando punto di riferimento per la comunità anche per quanto
attiene l’informazione sanitaria, la promozione della salute e l’accesso ai servizi
che la ASL mette a disposizione dei cittadini.
Deve potersi integrare con le famiglie per aiutarle a far fronte alla complessità
legata ai bisogni di salute e al corretto uso dei servizi sociosanitari esistenti.
I principali strumenti dell’assistenza sono dati dal counselling, dall’educazione
terapeutica (empowerment), dalla supervisione e l’addestramento alle semplici
tecniche sanitarie.
Lo studio delle dinamiche familiari diviene strumento fondamentale per
individuare e valutare la relazione esistente fra i vari membri della famiglia al
fine di rilevare tutti i fattori di alterazione o di rischio del clima interno, dei
rapporti che rendono la famiglia fragile e vulnerabile rispetto ai rischi o alla
malattia conclamata.
L’infermiere dovrà poter valutare la famiglia come elemento del sistema di
sostegno sociale dell’individuo e questo dato poter essere utilizzato
nell’eleborazione del programma di cure in relazione anche alla volontà
dell’individuo, parte integrante della famiglia considerando entrambi secondo un
approccio olistico potenziali influenzatori reciproci.
L’obiettivo è aiutare la famiglia a recuperare livelli di autonomia e benessere
rispetto ai problemi di salute, al fine di renderla capace di prendersi cura dei
propri membri o di assumere stili di vita adeguati, prevenendo così malattie e
disagi.
Il suo oggetto di interesse è la famiglia nel suo complesso intesa come un
sistema unico ed integrato di competenze e relazioni mutuamente influenti ed
influenzate dall’ambiente.
Dette relazioni possono influenzare i livelli di salute dei propri componenti.
La famiglia e l’infermiere di famiglia come sistemi
tratto da “Professioni infermieristiche”
n. 53, giugno 2002, modificato
Gli infermieri di comunità dovrebbero essere in grado di promuovere
migliori livelli di qualità di vita attraverso la continua collaborazione
con le persone, promuovendo l’auto assistenza.
A tali fini gli infermieri debbono possedere competenze avanzate per
poter incidere sui processi fondamentali del lavoro di cura della
comunità e cioè sulla partecipazione, collaborazione e leadership
attraverso azioni di orientamento, informazione, educazione alla salute.
La competenza degli infermieri nell’educare e promuovere la salute
fornisce una possibile risposta alle nuove esigenze della comunità, che
si aggiunge a quelle già offerte, in ottica multisettoriale, da altre
discipline in contesti quali i distretti socio-sanitari, strutture
organizzative essenziali per assicurare la continuità tra le azioni di
prevenzione, cura, riabilitazione dal punto di vista della ottimizzazione
delle risorse.
L’infermieristica di famiglia, l’infermieristica ambulatoriale, i servizi di
assistenza per particolari target di popolazione (immigrati, bambini,
anziani, persone con patologie da abuso di sostanze, persone con
disagio psichico,ecc.) rappresentano alcune delle aree di intervento in
cui l’infermiere può contribuire alla salute pubblica della comunità
grazie ad azioni volte a favorire la rete dei servizi sul territorio, favorire
la continuità degli interventi clinico/assistenziali, contribuire al
miglioramento complessivo della qualità della cure primarie.
Gli ambiti di intervento nella comunità sono quindi diversi: il domicilio
dei pazienti, i servizi distrettuali, gli ambulatori, le scuole, i luoghi di
lavoro, le residenze, le comunità e le case alloggio, le strutture mobili
dedicate ad attività di prevenzione e assistenza.
Con questo tipo di attività, polivalente e flessibile,gli infermieri
possono da un lato individuare precocemente la comparsa di problemi
AVVISO IMPORTANTE
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 63 della Legge 23.12.1996 n° 662,
dal 1° marzo 1997 è fatto divieto al personale dipendente di continuare a
svolgere eventuali ulteriori attività di lavoro subordinato o autonomo.
La violazione di detto divieto che nei limiti indicati dalla stessa legge, non
opera nei confronti del personale a tempo parziale, comporta l’attivazione delle
procedure di licenziamento per GIUSTA CAUSA.
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di salute e garantirne la presa in carico sin dal loro insorgere, dall’altro
contribuire alla continuità assistenziale mediante la precoce presa in
carico dei
pazienti dimessi dalle diverse strutture di degenza (ospedali, RSA,
strutture riabilitative e luoghi di convalescenza) ed il reinserimento
tempestivo dell’utente nel proprio contesto naturale: il proprio
domicilio.
Gli infermieri di comunità possono occuparsi di:
- gestione delle cronicità legate a malattie quali il cancro, diabete,
malattie cardiovascolari, demenze senili, disturbi psichici, esiti di
traumatismi, handicap e altre patologie;
- trattamenti assistenziali legati alla gestione di presidi/trattamenti
(stomie, protesi, dialisi domiciliare, terapie del dolore, nutrizione
artificiale, ventilazione meccaniche,ecc.);
- cure post dimissione ospedaliere;
- attività di assistenza in ambito materno-infantile;
- assistenza e riabilitazione a persone che abusano di sostanze
(tossicodipendenti, abuso da alcool);
- tutela ambientale da svolgere in collaborazione con altri servizi;
- prevenzione nei luoghi di vita e lavoro;
- attivazione di gruppi di auto-aiuto.
Accanto ad approcci di natura tecnico-sanitaria, l’infermieristica
necessita di uno sviluppo verso il lavoro di comunità basato sui
principi dello sviluppo della comunità per raggiungere obiettivi di
cambiamento partecipato, di empowerment, di sviluppo delle risorse,
sostenendo processi di responsabilizzazione degli individui per
l’impiego delle loro competenze necessarie alla soluzione dei loro
problemi
L’empowerment viene inteso come modalità di coinvolgimento,
valorizzazione interna di una persona che si sente valorizzata per il
proprio contributo all’azione comune.
Con l’empowerment si instaura tra colui che insegna l’attività
(l’infermiere) e colui che mette in atto l’insegnamento ( utente, famiglia,
care-givers) un rapporto di fiducia reciproca al fine di sviluppare nuove
competenze ed accrescere in modo positivo le persone, considerandole
non meri esecutori di ordini ma attivi protagonisti di un’azione sinergica
e condivisa.
L’infermiere di famiglia agisce come guida nel processo delicato ed
impegnativo quale l’empowerment in ambito sanitario, sfruttando la
propria competenza e professionalità in ambito educativo preventivo e
curativo per poter ottimizzare l’utilizzo delle risorse e strumenti presenti
nella famiglia.
L’empowerment si concretizza nell’azione di educazione terapeutica ,
intesa quale processo educativo che si propone di aiutare la persona
malata (con la sua famiglia e nell’ambiente che li circonda) ad acquisire
e mantenere capacità di gestire in modo ottimale la propria vita
convivendo con la malattia.
Essa non interviene solamente nelle patologie croniche ma interviene
anche nelle fasi acute di malattia e rappresenta un processo di
apprendimento sistematico centrato sul paziente che prende in
considerazione i suoi bisogni reali o potenziali ed i suoi meccanismi di
adattamento alla malattia.
Così facendo essa diviene parte integrante del processo terapeutico.
Nell’ambito del lavoro di comunità, inteso quale complesso di attività
che comprende diverse aree (sociale, psicosociale, sociopolitica,
sociosanitaria), il lavoro di assistenza ha come obiettivo il
mantenimento o reinserimento delle persone deboli nella comunità di
appartenenza mediante una rete articolata di relazioni e servizi formali
pubblici e privati, attivando la metodologia dell’integrazione
professionale oltrechè di quella istituzionale.
Quest’ultima si attua fra competenze sanitarie e sociali (Comuni e
Aziende sanitarie) e include anche ambiti di integrazione gestionale tra
servizi e centri di responsabilità che garantiscono la distribuzione delle
risorse per l’organizzazione dei servizi.
Tutte le specializzazioni presenti devono sapersi integrare con i fattori
produttivi ed i centri di responsabilità, misurandosi con la complessità
AGGIORNAMENTO
della domanda e concorrendo,per quanto di competenza, a dare
risposte unitarie ai bisogni di salute.
Ciò stante, l’integrazione socio-sanitaria è necessaria per affrontare
bisogni che richiedono unitarietà di intervento, basato sul concorso
progettuale di apparti professionali sanitari e sociali organicamente
collegati per il progetto personalizzato.
La continuità assistenziale che ogni figura è chiamata a garantire
all’utente si basa sulla condivisione di obiettivi, di responsabilità, di
risorse.
L’efficacia e l’appropriatezza delle prestazioni integrate sociosanitarie è
strettamente connessa alla valutazione multiprofessionale del bisogno,
alla definizione del piano di lavoro integrato ed alla loro organica
articolazione.
Essendo un membro di un equipe multidisciplinare, l’infermiere deve
essere preparato nella comunicazione, nella negoziazione, nella
conduzione dei gruppi di lavoro, nella delega e nella gestione delle
riunioni, nel lavoro di equipe.
Deve possedere capacità di pensiero critico e abilità di problem solving.
La competenza e l’abilità nella soluzione dei problemi di salute sono
requisiti principali che i pazienti ed i loro familiari richiedono agli
infermieri, così come a tutti gli operatori del sistema sanitario.
Oggi un infermiere per poter rispondere con una competenza completa
non deve essere solamente un esperto clinico ma deve anche possedere
abilità che gli consentano di perseguire i risultati clinici nei diversi
contesti organizzativi in cui andrà ad esercitare la sua professione
(competenza avanzata).
La nuova competenza per i professionisti non è legata solo alle singole
attività proprie, ma si estende alla capacità di valutazione dei bisogni
dei singoli e della collettività anche mediante lo studio e
l’interpretazione dei dati epidemiologici.
Tra queste, saper predisporre ed organizzare gli interventi in modo
coerente, con le risorse disponibili ed i vincoli presenti, pianificando il
proprio operato in termini di efficacia ed efficienza per raggiungere il
risultato di cui risponde, da solo ed in collaborazione con altri, diventa
una competenza essenziale posta a base del lavoro in equipe.
In questo contesto, dalla collaborazione ed interazione con altri soggetti
nascono gli obiettivi e le strategie per il conseguente raggiungimento
degli obiettivi di salute.
La stessa collaborazione dell’equipe multidisciplinare permette un
passaggio di conoscenze tra i diversi professionisti che si trovano a
collaborare nella risoluzione di un problema comune e rappresenta la
migliore strategia per aumentare di livello la professionalità di tutto il
gruppo che assiste.
I concetti di persona e di problema di salute richiedono infatti per
definizione un approccio multiprofessionale integrato ed i risultati che
ne conseguono non possono che essere frutto di sinergismi tra azioni
professionali, distinte nella specificità, ma comuni negli obiettivi.
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AGGIORNAMENTO
feedback
Non è pensabile che una professionalità sanitaria rivendichi una
esclusività assoluta nel trattare il paziente se il centro di attenzione
dell’azione sanitaria è la persona e non solo il suo problema di salute.
In questa logica ogni professionista che opera in equipe si trova nella
necessità di dover sviluppare due abilità tra loro divergenti.
Da un lato, approfondire sempre di più la propria specificità
professionale al fine di determinare il campo proprio di intervento
(competenza specialistica), dall’altro sviluppare sempre di più la
capacità di collaborare con gli altri professionisti ricercando e
condividendo ambiti operativi che permettano il raggiungimento
integrato degli obiettivi di salute (competenza avanzata).
Relatività ed integrazione costituiscono un binomio impegnativo che
implica il riconoscimento e la definizione del campo di azione comune,
su cui le diverse professionalità operano con la propria specificità.
Ne deriva che, nella ricerca di nuovi e meno rigidi confini anche
attinenti a specifiche responsabilità, l’infermiere che lavora in equipe
dovrebbe potersi avvalere , oltre che del proprio profilo di competenza,
di strumenti di orientamento quali possono essere i protocolli, le linee
guida che gli consentono di esprimere al meglio la sua specifica
competenza e responsabilità sull’utente.
Premesso che non esiste una univoca definizione di protocollo e di
linea guida e che spesso vengono erroneamente confuse, si può
ipotizzare l’adozione dell’uso di questi strumenti come atti di carattere
regolamentare sia monoprofessionale che interprofessionale.
Ogni professione cioè avvia un processo di riflessione sul proprio
specifico professionale, quale si evince dai criteri guida indicati dalla
legge- profilo codice deontologico, formazione ricevuta, e
successivamente, per le zone grigie, per tutte quelle attività
professionali che necessitano di apporti congiunti, si può provare ad
arrivare alla definizione di linee guida e di protocolli interprofessionali.
Tali strumenti a contenuto operativo- professionale, non potranno avere
una cogenza obbligatoria senza che vi sia stata una maturazione
interna al gruppo di lavoro.
L’imposizione dei protocolli e delle linee guida fa venir meno la natura
di protocollo che vede nella condivisione la sua stessa ragione d’essere.
Vi è quindi la necessità di un processo di implementazione degli
strumenti di integrazione professionali ai vari livelli operativi che per
essere validi dovranno possedere caratteristiche di condivisibilità,
trasparenza, applicabilità, mutabilità nel tempo in relazione ai
cambiamenti scientifici e professionali.
Questo approccio è tanto necessario se si considera la gestione
condivisa degli interventi più a carattere relazione- umanistico relativi
al progetto di cura ed assistenza.
Spunto essenziale di questo approccio globale è rappresentato dal
lavoro di rete che trova origine dall’obiettivo 20 del documento “salute
per tutti per il XXI secolo “ stabiliti a Copenhagen nel 1998 dalla World
Health Organization ( Regional Ogffice for Europe).
Detto obiettivo ( Mobilitare i partner per la salute) stabilisce che “per
l’anno 2005, l’applicazione delle politiche di salute per tutti dovrà
impiegare individui, gruppi e organizzazioni del settore pubblico, in
quello privato e nella società in alleanze e partnership per la salute” .
In altri termini si dovrà rendere operativo il lavoro di rete che può
essere definito “ al di là delle diverse scuole ed orientamenti, come un
lavoro che tende a promuovere la possibilità di un cambiamento nella
direzione di una ridefinizione della domanda in termini di autonomia e
di benessere collettivo e non più solo individuale”
Il lavoro di rete si coniuga alla community care che ha visto proiettare
sul territorio alcune aree di disagio soggette alla deospedalizzazione
precoce.
A causa infatti di questo nuovo fenomeno, si sta rendendo sempre più
necessario un rafforzamento dei servizi territoriali, una maggiore
integrazione tra prestazioni sanitarie a rilevanza sociale e prestazioni
sociali a rilevanza sanitaria.
La dimissione precoce rende necessaria un’organizzazione assistenziale
post-ricovero che non può essere affidata solo alla famiglia.
E’ necessario coinvolgere e coordinare molteplici professionisti e servizi
per garantire la continuità assistenziale.
La gestione delle dimissioni “difficili” richiede uno sforzo coordinato di
molteplici attori
(reparti ospedalieri, medici di base, servizi sanitarie e sociali territoriali,
strutture di riabilitazione) per la gestione non solo delle cronicità
(tradizionalmente gestite in ambito territoriale) ma anche creare una
rete riferita ai bisogni assistenziali in posizione intermedia tra intensità
dell’ospedalizzazione e la cronicità.
Le cure intermedie sono una serie di servizi sanitari e sociali
(domiciliari, residenziali e semiresidenziali) finalizzati a garantire la
continuità assistenziale dopo la dimissione ospedaliera volti a favorire il
rapido recupero funzionale e la massima autonomia dei pazienti.
Il Piano Sanitario nazionale 2003-2005 dedica al tema della continuità
assistenziale uno dei dieci obiettivi per la strategia del cambiamento:
Promuovere il territorio quale primaria sede di assistenza e di governo
dei percorsi sanitari e sociosanitari.
L’integrazione sociosanitaria rappresenta il raccordo tra le politiche
sociali e quelle sanitarie coinvolgendo tutte le risorse del territorio: i
servizi strettamente sanitari, i singoli utenti, le famiglie, il volontariato,
le associazioni mettendo in rete le risorse e le diverse competenze.
L’integrazione sociosanitaria si manifesta e si realizza in molti ambiti:
nell’assistenza domiciliare, nell’assegno di cura, nell’assistenza in
strutture residenziali sociosanitarie, nei servizi per demenze senili,
nell’assistenza agli stranieri, all’infanzia, alle persone con disagio
psichico e con patologia correlata ad abuso da sostanze, alle persone
disabili, ecc.
“Nel lavoro di rete, l’operatore deve assistere una rete, che è di fatto la
vera protagonista dell’azione. Il primo operatore è lei.
Di conseguenza, il lavoro di rete può essere rappresentato come
quell’azione intenzionale di un operatore o di più operatori
congiuntamente che si esplica in una relazione con una rete di persone,
cioè con altre relazioni preesistenti o potenziali, migliorando in tal
modo la reciproca qualità e capacità di azione, dell’esperto e della rete,
nella ricerca di determinate soluzioni “ad hoc” cioè appropriati corsi di
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feedback
azione- concrete cose da fare, incognite alla partenza.”
Diversi sono i motivi che favoriscono il lavoro integrato ed il lavoro di
rete nell’ambito della comunità:
- motivazioni epidemiologiche, in relazione ai problemi prioritari di
salute della popolazione tali da richiedere interventi multifattoriali
ed interprofessionali;
- motivazioni legate alla complessità degli interventi, che tengano
conto della globalità e specificità della persona;
- motivazioni culturali, legate alla necessità di procedere nella
valutazione multidimensionale dei bisogni di salute e nella
realizzazione di progetti di cura ispirati ai valori della
multiprofessionalità e multidisciplinarietà;
- motivazioni economiche, legate alla limitatezza dei fondi ed alla
necessità di contenere le risorse mediante una migliore ripartizione
delle responsabilità tra i diversi attori cioè servizi,professionisti,
famiglie, servizi di solidarietà.
AGGIORNAMENTO
stressors o alle minacce per la salute.
Uno dei metodi su cui basare il processo di aiuto è sicuramente
l’empowerment in cui l’infermiere assume un ruolo di guida sfruttando
la propria competenza e professionalità in ambito educativo preventivo
e curativo per poter ottimizzare l’impiego di risorse e strumenti presenti
in comunità.
In questo processo di “recupero della capacità di autodeterminazione
della persona” l’educazione terapeutica non si limita, in quanto
processo continuo, a cercare di trasferire conoscenze, ma permette al
malato di riappropriarsi della propria condizione di malattia, di diventare
protagonista e risorsa dell’assistenza.
Consente di valutare l’uso appropriato e contestuale delle informazioni
acquisite per giungere ad un progetto condiviso ed a un “contratto
informato tra le parti”.
Col processo educativo l’infermiere assume lo scopo di informare e
formare correttamente il paziente ed il suo entourage sulle possibilità e
modalità di gestione della malattia, sulle sue caratteristiche e storia
naturale, partendo dai bisogni reali e dal contesto sociale di vita.
In questo ambito vengono comprese tutte le iniziative volte ad
addestrare alle tecniche di “self-care” malati e gruppi di appartenenza.
Si porta, quindi, il malato e la famiglia ( o il gruppo di riferimento)
consapevolmente a competenze tali da poter gestire la malattia, a livelli
di sicurezza, concordati con il medico curante e con il personale
infermieristico in logica educativa di sostegno e di qualità di vita.
E’ pertanto necessario che l’infermiere che opera in comunità conosca a
fondo i gruppi sociali di riferimento (famiglie, volontariato, comunità,
ecc.) che dovrà considerare come elementi del sistema di sostegno
sociale all’interno dei quali si muove e vive l’utente per poterli attivare,
quando necessario
L’infermiere di comunità si pone come sfida la salute collettiva e per
questo contribuisce a realizzare servizi di assistenza in risposta alle
necessità di persone, famiglie, gruppi e comunità.
Per questo è chiamato a realizzare un intenso lavoro di collaborazione
con esse, con le istituzioni, con altri gruppi professionali al fine di
sviluppare quelle condizioni che possono positivamente influenzare la
promozione e lo sviluppo della salute per la collettività secondo la
logica del lavoro di rete.
L’ANA (American Nurse Association) afferma che gli infermieri
specializzati nell’area della salute di comunità hanno un ruolo in
espansione nel distribuire opportunità, diminuire i costi, implementare
la qualità delle cure, specialmente per la popolazione affetta da
problemi cronici di salute che richiedono un elevato livello di
assistenza di base sia in termini qualitativi che quantitativi.
Secondo questa visione, il modello organizzativo che meglio rispecchia
questa esigenza è quello del “ case management”, che rappresenta una
metodologia di organizzazione dei servizi sanitari basata sulla centralità
dell’utente avente l’obiettivo della massima integrazione degli interventi
richiesti, erogati con maggiore appropriatezza possibile.
Il case management è riconosciuto in molti paesi come un elemento
fondamentale delle nuove politiche socio-sanitarie, delle politiche di
assistenza nel territorio (community care) e di assistenza continuativa
(long-term care).
Esso fornisce un insieme di strumenti logici ed esperienze su come
collegare assetti organizzativi, risorse ed operatività orientati agli scopi
delle politiche sociosanitarie.
Rappresenta un processo integrato finalizzato ad individuare i bisogni
delle persone e a soddisfarli nella maniera più adeguata, nell’ambito
delle risorse disponibili, riconoscendo che tali bisogni sono unici per
ogni persona.
E’ considerato un meccanismo autonomo di miglioramento dell’efficacia
ed efficienza dell’assistenza sanitaria, basato sulla logica del
coordinamento delle risorse da utilizzare per la specifica patologia di un
paziente attraverso le diverse strutture ed organizzazioni.
Il case management si articola in alcune funzioni fondamentali:
individuazione dei casi, esame dei criteri di eleggibilità, valutazione
delle condizioni dell’utente, progettazione ed attuazione del piano,
L’infermiere che opera nell’ambito del lavoro di comunità è un
professionista che deve saper operare in collaborazione con il medico di
medicina generale (MMG) e nel contesto della Medicina di famiglia
/Medicina Generale egli può trovare una nuova area di sviluppo della
sua professionalità.
Ad esempio, gli ambulatori infermieristici sono un’opportunità per
l’infermiere di esprimere la propria professionalità e competenza
attraverso il rapporto diretto e continuativo nel tempo con la
cittadinanza ed i suoi bisogni di salute.
Costituiscono un ambito nel quale si sviluppa la figura dell’infermiere di
comunità o di famiglia con lo scopo di contribuire allo stato di
benessere della comunità.
L’utente a sua volta sperimenta la possibilità di farsi carico dei propri
problemi attivando così il processo di auto assistenza (self-care) e di
imparare a gestirli in maniera appropriata.
La salute è vista come un equilibrio dinamico che si mantiene tra uno
dei sistemi, ad esempio la famiglia o l’individuo e l’ambiente.
Essi sono considerati sistemi dinamici ossia in continuo cambiamento e
sviluppo nel tempo.
Il lavoro infermieristico diviene un’attività interattiva in cui l’infermiere
ed i gruppi di riferimento sono partners con l’obiettivo di mantenere o
migliorare lo stato di salute del gruppo aiutandolo ad adattarsi agli
CAMBIO INDIRIZZO
Si invitano tutti gli iscritti che variano
indirizzo ad informare tempestivamente la
segreteria del Collegio
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AGGIORNAMENTO
feedback
monitoraggio nel corso del tempo, riaggiustamento del piano. Il ruolo
dell’operatore di riferimento, ossia del case manager,
indipendentemente dalla funzione rivestita, si concretizza nel supportare
l’integrazione delle risposte sanitarie intorno al cliente, con una
specifica attenzione all’appropriatezza ed ai costi ed è responsabilizzato
direttamente sul caso ( McCurry E., 1997).
L’impatto di un approccio di case management si declina in :
- una più efficace comunicazione con i pazienti e le loro famiglie;
- un’educazione dei pazienti e delle loro famiglie;
- una pronta identificazione dei bisogni di assistenza dei pazienti;
- un piano per la riduzione delle barriere reali e potenziali alla
dimissione del paziente;
- un’identificazione dei problemi del paziente in modo preventivo
piuttosto che retrospettivo;
- una riduzione o eliminazione di duplicati di assistenza, dei
trattamenti e dei test per la presenza di una sequenza coordinata di
attività;
- una riduzione o eliminazione degli errori di trattamento;
- un’assistenza individuale efficace ed efficiente, in quanto adeguata
ai bisogni del paziente.
Le principali competenze che i Case manager devono possedere sono la
capacità di valutare lo stato di malattia di definire per priorità i bisogni
sanitari; conoscere i costi e la disponibilità dei servizi per meglio
orientare il percorso clinico del paziente in logica di continuità
assistenziale.
Aspetto ed abilità strategiche per il lavoro di comunità è sicuramente la
capacità di identificare ed attivare le reti di sostegno presenti nella
comunità.
In particolare l’ICM deve gestire l’assistenza pianificando le modalità di
trattamento e gli interventi assistenziali per favorire e soddisfare le
necessità dei pazienti; programmare il proprio lavoro e quello degli
operatori di supporto; determinare con l’equipe di lavoro gli obiettivi di
assistenza; guidare le attività e i trattamenti erogati dal gruppo;
valutare la qualità dell’assistenza fornita, guidare i collaboratori ed il
personale di supporto anche mediante funzioni di insegnamento e di
tutoraggio tra i professionisti meno esperti.
Garantire la continuità assistenziale
la scheda di dimissione infermieristica
A cura di Inf. DE ANGELIS Elisabetta, IOB Valentina, VISINTIN Paola
( UO di Ortopedia di Gorizia)
Una dimissione conclude un periodo di assistenza, diagnosi e cura per
aprirne uno successivo in cui la persona, se necessario, viene presa in
carico da altri servizi o operatori.
Particolarmente la dimissione di un paziente definito "fragile"( per
patologia, necessità assistenziali o difficoltà sociali ) è un momento
critico perchè si modificano i regimi di cura, cambiano i contesti o gli
operatori sanitari, l'intensità e la tipologia degli interventi.
Non si parla quindi di un evento isolato ma di un processo che ha
l'obiettivo di anticipare e accompagnare i cambiamenti dello stato di
salute dei pazienti.
Alcune volte il piano di dimissione è un percorso attivato durante la
degenza che può risolversi in interventi educativi che rendono
indipendente il paziente; altre volte invece esso prevede la presa in
carico cioè l'attivazione di piani assistenziali e percorsi integrati per
evitare l'interruzione delle cure tra ospedale e territorio e il
coinvolgimento e la valorizzazione del ruolo delle famiglie e delle
risorse informali. In questi casi si parla di dimissione pianificata e di
dimissione protetta.
La prima ha l'obiettivo di accompagnare i cambiamenti dei bisogni dei
pazienti garantendo la continuità delle cure.
Prevede quattro fasi:
1. Valutare il paziente ed i suoi bisogni
2. Stendere un piano personalizzato di dimissione paziente e i suoi
famigliari
3. Valutare i problemi e attivare gli interventi non appena si
stabilizzano le condizioni cliniche
4. Attivare un follow-up telefonico domiciliare o ospedaliero
La gestione del caso richiede l’adeguamento delle figure sanitarie, tra
cui quella infermieristica, a ruoli di nuova responsabilità, in cui la
capacità di valutare i bisogni, pianificare gli interventi e mantenere alti
livelli di cooperazione tra gli operatori ed i volontari della rete informale
cui appartiene l’utente (familiari, amici, volontari) costituiscono le
principali caratteristiche.
L’infermiere case manager ( I.C.M.) dovrà essere in grado di presidiare
situazioni complesse con una propria autonomia e con la capacità di
lavorare assieme agli altri operatori, diventando facilitatore e
coordinatore dell’assistenza di un gruppo di pazienti che gli sono
assegnati e che assiste mediate l’applicazione del processo di nursing
nelle sue diverse fasi.
L’ ICM ha la responsabilità di accertare i problemi reali e potenziali dei
pazienti identificando non solo le condizioni fisiche ma anche psicosociali ed emotive del paziente.
Successivamente, in collaborazione con gli altri membri dell’equipe
multidisciplinare sviluppa un piano di assistenza facilitandone il
coordinamento delle attività durante le fasi della presa in carico.
La seconda indica una presa in carico delle necessità sanitarie
assistenziali e sociali del paziente da parte di strutture residenziali, di
lungodegenza, assistenza domiciliare integrata, ospedalizzazione a
domicilio o presso centri di accoglienza sociale.
I vantaggi delle dimissioni pianificate e protette si apprezzano su diversi
fronti :
• Maggiore soddisfazione dei pazienti che, informati, sono meno
ansiosi.
• Maggiore tranquillità e sicurezza dei famigliari che, informati ed
educati, non avvertono il senso di impotenza e abbandono da parte
dei servizi sanitari
• I tempi di ricovero sono coerenti coi bisogni dei pazienti
• Viene stimolato il lavoro in equipe attraverso la comunicazione tra
servizi territoriali ed ospedalieri
ORARIO DI SEGRETERIA
MARTEDÌ E VENERDÌ
DALLE 16.00 ALLE 19.00
BIBLIOTECA DEL COLLEGIO
I testi della Biblioteca del Collegio possono
essere consultati dagli iscritti durante l’orario di
apertura dell’ufficio
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feedback
AGGIORNAMENTO
COME SEDERSI: la sedia deve avere dei braccioli ed un 'altezza
adeguata al fisico della persona. Avvicinarsi alla sedia e, girando
lentamente, afferrare i braccioli e sedersi supportando il peso del corpo
sulla gamba sana. Non accavallare mai le gambe.
SCHEDA DI DIMISSIONE INFERMIERISTICA IN RSA O
STRUTTURA PROTETTA
COME DORMIRE: salire sul letto alzando per primo l'arto sano, scendere
dallo stesso appoggiando per primo l'arto operato. Non appoggiarsi sul
fianco dell'arto operato e posizionare un cuscino tra le gambe. Non
ruotare all'interno l'arto operato (le ginocchia non devono mai
"guardarsi "). Non flettere il busto in avanti per rimboccare le coperte
(chiedere aiuto oppure utilizzare un bastone).
COGNOME--------------------------------------------NOME -------------------------------------------------DATA DI NASCITA----------------------------------- TEl. FAM.-------------------------DIAGNOSI DI ENTRATA ----------------------------------------------------------------------PATOLOGIE ASSOCIATE----------------------------------------------------------------------CONSULENZE ED ESAMI ESEGUITI ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------DATA E TIPO DI INTERVENTO--------------------------------------------------------------REINFUSIONI/TRASFUSIONI ----------------------------------------------------------------ultima HB------------------------------------------------------ultimo INR in pazienti con anticoagulante----------------NORTON ENTRATA----------------------------------------------------USCITA---------------DOLORE (SCALA VAS)-----------------------------------------------STATO DELLA CUTE -----------------------------------------------DECUBITI ZONA------------------------------------------------ I II III IV
DECUBITI ZONA------------------------------------------------ I II III IV
MEDICAZIONI-----------------------------------------------MATERASSO AD ARIA
SI
NO
ELIMINAZIONE URINARIA----------------------CAT VESC----SI----NO----DATA------FECALE-----------------------------------------------------------------------DIETA------TIPO DI--------------------PZ EDENTULO--------PROTESI--------SI----NO
VISUS------------------------------------------------OCCHIALI----------------------SI----NO
UDITO------------------------------------------------PROTESI-----------------------SI----NO
RIPOSO NOTTURNO SPONDE DI CONTENZIONE-----------------SI-------NO------TERAPIA IPNOINDUCENTE-------------------------------------GRADO DI AUTONOMIA RAGGIUNTO
IGIENE PERSONALE---------------------------------------------------------------------------ALIMENTAZIONE ------------------------------------------------------------------------------MOBILIZZAZIONE ------------------------------------------------------------------------------
COME LAVARSI: l'igiene parziale del busto e del viso va eseguita davanti
ad un lavabo all'altezza delle anche oppure seduti su una sedia davanti
al lavabo stesso. Per eseguire la doccia usare uno sgabello.
COME ANDARE IN BAGNO: usare il water con sedile rialzato. Tenere la
carta igienica a portata di mano per evitare le rotazioni del busto.
COME VESTIRSI: i vestiti vanno riposti in cassetti o su mensole in zone
all 'altezza del busto. Prima di iniziare a vestirsi disporre il necessario
sul letto a portata di mano. Vestirsi da seduti per evitare sbilanciamenti
o eccessive flessioni del busto. Sono consigliate scarpe con tacco basso,
suola di gomma e senza lacci. Parimenti indossare le scarpe da seduti
con 1 'ausilio di un calzascarpe lungo.
COME STIRARE: stirare su un’asse posizionata all'altezza delle anche,
con l'arto operato appoggiato su uno sgabello.
COME SALIRE IN AUTOMOBILE: salire e scendere dall'automobile
sollevando entrambi gli arti da seduti con l'ausilio di un telino di
scorrimento. E ' opportuno riprendere la guida non prima di sei
settimane dalla data dell'intervento.
ATTIVITA' SESSUALE: questa potrà riprendere non appena ci si sentirà
meglio.
Per la donna adottare la posizione prona con un cuscino sotto l'addome
e per l'uomo la posizione supina.
PER ULTERIORI CHIARIMENTI SIAMO A VOSTRA DISPOSIZIONE
L 'EQUIPE INFERMIERISTICA TEL 0481/ 592038
RACCOGLIERE GLI OGGETTI: raccogliere gli oggetti caduti a terra
avvalendosi di un bastone, pinza a manico lungo, sostanze adesive
applicate all'estremità del bastone ed eseguire sempre movimenti che
impediscano la flessione eccessiva del busto.
SCHEDA DI DIMISSIONE INFERMIERISTICA A DOMICILIO
ARTROPROTESI DI ANCA / FRATTURA DI FEMORE
MOVIMENTI DA NON ESEGUlRE
COGNOME NOME ------------------------------------------------------DATA DI NASCITA--------------------------------DIAGNOSI DI ENTRATA-----------------------------------------------------------------------DATA DELL 'INTERVENTO--------------------------------------------------------------------PERlODO DI RECUPERO STANDARD
Protesi cementata 6-10 settimane ( )
Protesi non cementata 3-6 mesi ( )
Endoprotesi
()
Chiodo endomidollare
()
NOTE PER LA CONTINUITA’ ASSISTENZIALE da comunicare al proprio
medico curante)
REINFUSIONI/TRASFUSIONI-----------------------------------ULTlMA Hb---------------ULTIMO INR--------------
•ACCAVALLARE L'ARTO OPERATO SULL'ALTRO
•INTRARUOTARE L'ARTO OPERATO
NORME GENERALI ATTE A FAVORIRE UNA RAPIDA GUARlGIONE
SEGUIRE LE INDICAZIONI MEDICHE RIGUARDO LA TERAPIA EPARINICA
CONTROLLARE IL PESO CORPOREO
UTILIZZARE AUSILI ( DEAMBULATORE , BASTONI ANTBRACHIALI , SEDIA
COMODA, RIALZO SUL WATER)
PREPARARE IN MODO ADEGUATO L'AMBIENTE DOMESTICO ( anche con
l'eventuale aiuto dei familiari ): ATTENZIONE AI TAPPETI, AI GRADINI E
AD EVENTUALI OGGETTI SUL PAVIMENTO.
SEGUlRE UNA ADEGUATA MOBILIZZAZIONE
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AGGIORNAMENTO
feedback
•PIEGARSI IN AVANTI IN POSIZIONE SEDUT A
•FLETTERE IL BUSTO A GAMBE TESE PER RACCOGLIERE QUALCOSA DA TERRA
apprezzano molto quando le attività sono ordinate con logica. Lo stesso
criterio và utilizzato anche per i titoli di studio indicando per primo
quello più elevato e acquisito nell’ultimo periodo. Il curriculum è
diverso a seconda dell’obiettivo che si vuole raggiungere, proprio per
questo vanno messe in evidenza le attività più pertinenti, ad esempio
quelle professionali per un concorso in Azienda, quelle formative e
scientifiche per u concorso universitario. A titolo di esempio in fondo
all’articolo si allega il curriculum europeo, oggi richiesto da molte
Aziende. In ogni caso ci sono diversi modi per costruire il curriculum che
dipendono sia dal paese che dall’organizzazione in cui si vuole lavorare.
L 'EQUIPE INFERMlERISTICA TEL. 0481 592038
REFERENZE
AREA MEDICA la relazione infermieristica di dimissione/trasferimento per
migliorare la comunicazione nel Dipartimento, in Ospedale e sul
Territorio per i pazienti con dimissione integrata. Linca M., Lucenti V.
Luglio 2003 n°3.
AIFA.PROGETTOECCE.IT, informazioni dalla letteratura scientifica per una
buona pratica infermieristica. Dimissioni ospedaliere. Bono L., Dutto A.,
2006 n°9.
IL PORTFOLIO
Il portfolio è una raccolta personale e privata di documentazione con cui
viene dimostrato l’apprendimento continuo di abilità, conoscenze,
attitudini; la loro applicazione e valutazione.
E’ un documento retrospettivo e prospettico. La parte retrospettiva è
data dal curriculum, la parte prospettica è quella in cui rappresento le
mie aspirazioni e valuto capacità e attitudini per realizzarle.
Cosa “non è” il Portfolio? Non è un fascicolo personale; non è un piano
di studi personalizzato; non è l’ “album dei ricordi” personali; non è un
portfolio giudicante.
Alcune ragioni per usare il portfolio:
• Potenziamento delle proprie capacità di autoriflessione e di gestione
dei propri processi formativi (Redman 1994, Wenzel 1998, Harris 2001)
• Potenziamento dell’autostima (Ryan & Carlton, 1997 Wenzel 1998)
• Sviluppo dell’autoconsapevoleza, della crescita personale,
dell’autoapprendimento (Mitchell 1994, Cayne 1995)
La documentazione da inserire nel portfolio deve essere accuratamente
selezionata e deve dimostrare l’acquisizione delle competenze, è
fondamentale che nel portfolio venga dichiarata la motivazione sottesa a
tale selezione. Un quantitativo eccessivo di documentazione rende difficile la
consultazione mentre una documentazione eccessivamente sintetica non
consente un’adeguata valutazione delle competenze. E’ molto importante che
il portfolio evidenzi come la riflessione sulle proprie esperienze abbia
prodotto conoscenza. Comprende una parte di progettualità sul proprio
futuro professionale. Il portfolio dice chi sei, chi sei stato e chi vuoi essere.
Le domande per progettare il proprio sviluppo professionale sono:
• Descrivi la tua esperienza di nursing?
ASSISTENZA INFERMIERISTICA E RICERCA, guida di autoapprendimento.
La pianificazione delle dimissioni ospedaliere e il contributo degli
infermieri, 2004,23,4.
WWW.ITALIA.Stryker.com.
WWW.LASALUTE.ORG.
WWW.2.ING.UNIPI.IT.
Documentare le proprie competenze
A cura di Masala Orietta
Tutto quanto documenta o segna la propria esperienza personale e
professionale va raccolto. Si parte da questa affermazione per introdurre
due strumenti importanti per rendere evidenti le competenze di un
professionista: il curriculum ed il portfolio.
Il curriculum esprime la carriera scientifica, burocratica o accademica di
una persona; il resoconto sommario delle successive fasi di tale carriera,
da allegare, in genere a domande di concorso, assunzione o simili. Può
comprendere anche gli avvenimenti principali della vita di una persona.
Di norma, quando contiene prevalentemente esperienze lavorative viene
denominato curriculum professionale; diversamente, se prevalgono le
attività didattiche o scientifiche, diventa curriculum accademico; quando
integra le diverse attività con aspetti di vita personale particolarmente
significativi, è denominato curriculum vitae. La prima cosa da fare è
raccogliere i documenti. Può essere utile conservare:
• Una sintesi delle esperienze/competenze professionali
• I titoli di studio e le qualificazioni conseguite
• I profili di posto occupati che evidenzino le responsabilità assunte
• Pubblicazioni prodotte anche in collaborazione con altri
• Incarichi di progetto, professionali o organizzativi assunti
• Incarichi di collaborazione con gruppi di studio, con particolare
riferimento ai risultati raggiunti
• Certificati di servizio
• Certificati attestanti corsi di aggiornamento, formazione indicanti la
sede, la data, giorni e ore di formazione, punteggi raggiunti nella
valutazione, eventuali programmi.
Una volta raccolti i documenti, si inizia a scrivere il curriculum mettendo in
evidenza le esperienze, classificate in più filoni: attività clinica, didattica,
formativa, scientifica, di ricerca, gestionale e di studio. In particolare:
contributo apportato nell’ambito di gruppi di studio, ricerca o di lavoro,
precisando anche quello che ha prodotto il gruppo; attività didattica svolta
indicando per prima quella realizzata con incarichi formali e secondo
l’importanza dell’istituzione formativa; attività clinico assistenziale
specificando il tempo investito, la complessità dei pazienti, delle procedure
e delle tecnologie gestite; attività gestionale o direttiva svolta specificando
il tempo investito e i risultati conseguiti; corsi di aggiornamento o
formazione specificando la sede, le ore di formazione e soprattutto a quale
filone di apprendimento appartenevano.
Nel costruire il curriculum vanno indicate per prima le ultime attività
svolte per poi risalire a quelle più lontane nel tempo, procedendo in
ordine cronologico inverso: le commissioni valutano gli ultimi anni ed
Esperienza
(quando dove)
Riflessione (guarda Apprendimento (sintetizza che
indietro, elabora, cosa hai imparato, che cosa hai
analizza, rifletti
bisogno di conoscere rispetto
sull’espeerienza) ad un problema o uesperienza)
-------------------------- ---------------------------- ----------------------------------------------
• Quali sono le tue competenze attuali?
• Quali sono le tue potenzialità?
Attraverso l’autovalutazione, il ricercare l’aiuto di un mentor, tutor,
coach, l’attivare il confronto tra pari.
L’ultimo passaggio è rappresentato dalla domanda seguente: qual’è il
mio progetto professionale a breve-medio termine?
Riassumendo gli aspetti da tenere in considerazione sono i seguenti:
• Un primo curriculum dovrà elencare tutte le attività professionali,
scientifiche, formative e di didattica alle quali si è partecipato. Una
sorta di banca dati da tenere costantemente aggiornata. Un
curriculum più completo invece serve nel momento i cui è
necessario far conoscere meglio le proprie competenze.
• Attivare strategie di sviluppo professionale, riflettere sulla scelta
dei percorsi formativi, sull’uso del portfolio per documentare le
proprie competenze e gli apprendimenti dall’esperienza, sulle fonti
disponibili per l’aggiornamento.
• Assumersi con maggiore responsabilità lo sviluppo delle proprie
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feedback
competenze, non riconducendo tutte le aspettative al sistema ECM. Lo
studio individuale, il confronto, la ricerca di informazioni rigorose ogni
volta che un problema o una decisione richiedono nel quotidiano una
risposta creativa e non routinaria, devono essere la norma.
REFERENZE
Saiani L, Palese A. Guida per pianificare lo sviluppo professionale e
documentare le competenze. AIR vol.21, apr-giu 2002.
AGGIORNAMENTO
Capacità e competenze
relazionali
Vivere e lavorare con
altre persone, in
ambiente multiculturale,
occupando posti in cui la
comunicazione è
importante e in
situazioni in cui è
essenziale lavorare in
squadra (ad es. cultura e
sport), ecc.
ALLEGATO: curriculum vitae formato europeo
Informazioni personali
Nome
Capacità e competenze
organizzative
Ad es. coordinamento e
amministrazione di
persone, progetti,
bilanci; sul posto di
lavoro, in attività di
volontariato (ad es.
cultura e sport), a casa,
ecc.
Indirizzo
Telefono
Fax
E-mail
Nazionalità
Data di nascita
Capacità e competenze
tecniche
Con computer,
attrezzature specifiche,
macchinari, ecc.
Esperienza lavorativa
Nome e indirizzo del
datore di lavoro
Tipo di azienda o settore
Capacità e competenze
artistiche
Musica, scrittura,
disegno ecc.
Tipo di impiego
Principali mansioni e
responsabilità
Altre capacità e
competenze
Competenze non
precedentemente
indicate
Istruzione e formazione
Date (da - a)
Nome e tipo di istituto di
istituzione o formazione
Principali materie/abilità
professionali oggetto
dello studio
Qualifica conseguita
Patente o patenti
Ulteriori informazioni
allegati.
Il sottoscritto è a conoscenza che, ai
sensi dell’art. 26 della legge 15/68, le
dichiarazioni mendaci, la falsità negli atti
e l’uso di atti falsi sono puniti ai sensi
del codice penale e delle leggi speciali.
Inoltre, il sottoscritto autorizza al
trattamento dei dati personali, secondo
quanto previsto dalla Legge 675/96 del
31 dicembre 1996.
Livello nella
classificazione nazionae
(se pertinente)
Capacità e competenze
personali
Acquisite nel corso della
vita e della carriera ma
non necessariamente
riconosciute da certificati
e diplomi ufficiali.
Prima lingua
Città, data
NOME E COGNOME (FIRMA)
__________________________
Altre lingue
Capacità di lettura
Capacià di scrittura
Capacità di espressione
orale
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AGGIORNAMENTO
feedback
EDUCAZIONE CONTINUA IN MEDICINA:
NUMERO DI CREDITI PER IL TRIENNIO 2008-2010
L'Accordo Stato-Regioni del 1° agosto 2007 concernente il "Riordino del
sistema di Formazione continua in medicina" ha stabilito che con il
2007 si chiude la fase sperimentale dell'ECM, iniziata nel 2004, e dal 1°
gennaio 2008 inizia la fase a regime con l'avvio del modello di 50
crediti/anno:
minimo 30 e massimo 70 crediti l'anno per un totale di
150 crediti nel triennio 2008-2010.
Il suddetto Accordo prevede inoltre che dei 150 crediti richiesti, almeno
90 dovranno essere acquisiti negli anni 2008, 2009 e 2010 mentre fino
a 60 crediti potranno derivare dal riconoscimento di crediti acquisiti
negli anni della sperimentazione: 2004, 2005, 2006 e 2007.
In altri termini se un professionista ha acquisito nella fase sperimentale
40 crediti, avrà un debito formativo nel triennio 2008-2010 di 110 crediti
mentre se ha acquisito 90 crediti avrà un debito di 90 crediti ECM nel
triennio perché in ogni caso l'integrazione è consentita fino ad un
massimo di 60 crediti.
Se un professionista infine non ha maturato alcun credito nella fase
sperimentale, dovrà acquisire tutti i 150 crediti nel triennio 2006-2008.
Direttore Responsabile
Mario Schiavon
Redazione:
Battaglini Alessandro
Codognotto Maria Alessandra
Fedel Edi Maurizio
Magrin Patrizia
Masala Orietta
Rigotti Alessandra
Valentini Deborah
Proprietario ed Editore
Collegio Provinciale IPASVI
Via Morelli, 38
34170 Gorizia
A questo numero hanno collaborato:
De Angelis Elisanetta
Iob Valentina
Masala Orietta
Schiavon Mario
Viotto Gloria
Visintin Paola
Il giornale Feedback è aperto alla collaborazione di quanti desiderino intervenire
sulle sue pagine con argomenti riguardanti qualsiasi aspetto della professione.
Gli articoli che pervengono al Collegio saranno presi in considerazione dall’Ufficio
di Redazione composto dal Consiglio Direttivo e successivamente pubblicati.
Dovranno essere redatti in lingua italiana, dattiloscritti o su floppy disk Word per
Windows versione 2, 6 o 7.
Dovranno comprendere titolo ed Autore, l’eventuale bibliografia utilizzata,
eventuali tabelle o didascalie.
Con l’invio stesso del testo e di eventuali allegati l’Autore concede autorizzazione
piena ad utilizzare l’articolo sia per la pubblicazione sia per eventuali riedizioni.
Tenuta in considerazione la periodicità trimestrale del Giornale Feedback, in uscita
all’inizio dei mesi di aprile, luglio, settembre e fine dicembre, tutto il materiale
dovrà pervenire entro la fine dei mesi di gennaio, aprile, luglio ed ottobre.
L’ufficio di Redazione si riserva la facoltà di apportare eventuali modifiche al testo
originale, tali da non stravolgere le intenzioni dell’Autore, che sarà debitamente
informato di tale evenienza.
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