L`integrazione della diagnosi di personalità nel pensiero sistemico
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L`integrazione della diagnosi di personalità nel pensiero sistemico
Articolo scaricato dal sito www.scuolamaraselvini.it U N D IC I T IP I D I P E R S O N A L IT A ' L'integrazione della diagnosi di personalità nel pensiero sistemico complesso1 Matteo Selvini2 Perché un terapeuta sistemico ha bisogno delle diagnosi di personalità? Storicamente l'identità dei terapeuti sistemici si è costruita contro la diagnosi, sul terreno dello scontro con la psichiatria istituzionale marginalizzante e con la psicoanalisi classica sua fedele alleata. (Bruni De Filippi 2007). Riscoprire le diagnosi di psicopatologia e di personalità costringe quindi ad una vera crisi d'identità, un importante movimento cognitivo ed emotivo di integrazione di concetti. In questo percorso il gruppo che ha fatto capo a Mara Selvini Palazzoli dopo Paradosso e controparadosso, a partire dagli anni Ottanta, è stato facilitato dalla forte presa di posizione del suo leader a favore di una linea scientifica di salvaguardia della centralità della diagnosi di psicopatologia come insostituibile punto di riferimento per la stessa sopravvivenza della ricerca clinica sull'efficacia della psicoterapia nel trattamento di tutti i maggiori disturbi mentali. In quegli anni fu una scelta davvero difficile, controcorrente (seppure condivisa da altri leader come Cancrini e Linares) nell'infuriare dell'ondata delle terapie costruttiviste, post-moderne e narrativiste, tutte fortemente contrarie a linee di ricerca basate sulle psicopatologie. Tuttavia per tutti gli anni 1 Articolo pubblicato su Ecologia della mente, n. 31, giugno 2008. Ringraziamenti: questo lavoro nasce dalle intense discussioni con Anna Maria Sorrentino e dei saggi arbitrati di Stefano Cirillo. Tuttavia è stato l'entusiasmo con cui molti allievi degli ultimi anni della scuola hanno partecipato a questo dibattito, utilizzando immediatamente alcune idee nelle terapie, che mi ha convinto potesse valere la pena di pubblicare appunti ancora piuttosto "magmatici". 2 1 Ottanta anche il gruppo di Mara Selvini Palazzoli continuò a condividere con i narrativisti un'impostazione iper-relazionale dove la tanto proclamata "riscoperta dell'individuo" continuava ad essere basata solo sull'ottica molto particolare della vittima come attore (Cirillo et al. 1990), cioè sul vedere il paziente come attivo stratega dentro un gioco relazionale (Selvini Palazzoli et al. 1988). Questa concezione che definisco "sistemico-classica" sul piano teorico cominciò a vacillare sotto i colpi del crescente interesse per la teoria dell'attaccamento. Il concetto di "modello operativo interno" riporta in primo piano la possibilità di pensare ai molti e differenti modi con cui il soggetto elabora in una identità di base la sua esperienza relazionale. Contemporaneamente questa elaborazione può essere vista come finalizzata alla difesa rispetto ad un eccesso di sofferenza. Nella mia personale esperienza clinica l'influenza di queste idee entra nella mia pratica quotidiana, tuttora in corso, di responsabile unico e conduttore senza ausilio di équipe, di tutte le prime sedute del centro di terapia di Mara Selvini (una media di settantasette sedute l'anno a partire dal 1990, vedi Selvini 2003). Agli inizi degli anni Novanta questa intensa esperienza mi portò ad una sorta di resa dei conti con il modello sistemico - classico. Un primo colloquio familiare non può non concludersi con una prima restituzione o spiegazione rispetto alla psicopatologia che viene presentata (prevalentemente disturbi alimentari e psicotici). Le restituzioni basate sui classici criteri della "depatologizzazione" e dell'ipotizzazione relazionale si dimostrano con impressionante frequenza fallimentari e controproducenti: drop-out, chiusura, sterili polemiche con le famiglie, sono frequentissime. Tutto questo mi spinge a sperimentare un approccio molto diverso: scopro che il progresso dell'empatia dei familiari verso il paziente e la collaborazione nella terapia risulta enormemente incrementata se nei primi colloqui mi astengo radicalmente da qualunque restituzione che connetta il sintomo con le relazioni nella famiglia. È molto più utile concentrarsi su 2 spiegazioni che focalizzino su una sofferenza personale ed esistenziale del paziente che trova nei sintomi un faticoso tentativo di difesa e contenimento di quella sofferenza. Gli stadi pre-psicologici Così come ogni paziente, gli stessi familiari, per poter utilizzare con utilità e soddisfazione il contesto di una psicoterapia devono essere aiutati a superare i cosiddetti "stadi pre-psicologici" del loro pensare il problema. Il più primitivo è quello della negazione o banalizzazione del problema, segue quello dell'onnipotenza (ce la faccio da solo), quindi quello della negazione della responsabilità (sono una vittima di cattivi genitori o simili) per arrivare finalmente all'accettazione di una coresponsabilità. Una psicoterapia può divenire efficace solo quando il paziente e/o i suoi familiari sono arrivati a tale capacità riflessiva (tra i molti si veda Yalom 1989). Quando incontro per la prima volta la famiglia di un paziente grave è quasi inverosimile che tutti siano già giunti a questo stadio evoluto. Abitualmente solo un genitore, il richiedente che ci chiama, ha raggiunto questo quarto livello di consapevolezza. Si noti qui lo stretto parallelismo con quanto ha scritto Stefano Cirillo sulle famiglia maltrattanti (Cirillo 2006, p. 29) rielaborando Trepper e Barret (1989). Per questa cognitiva ragione fondamentale, in prima seduta, una restituzione relazionale risulta inutile o controproducente: non parliamo lo stesso linguaggio, non possiamo essere capiti, un'ipotesi sistemica implica implicitamente una co-responsabilità di tutti, proprio quello che regolarmente, soprattutto il paziente, ma anche gli altri, non sono ancora capaci di mettere a fuoco. Dobbiamo passare per un'altra strada, innanzitutto dobbiamo affrontare il primo stadio della negazione e/o banalizzazione del problema e per fare questo la strada migliore è quella di collegare il sintomo con la sofferenza e con un tentativo di difendersene. Solo se questo primo passaggio ha successo si può affrontare il secondo: 3 mettere a fuoco i tratti unici e specifici del paziente e come questi sono collegati con i suoi sintomi. Come terapeuta posso essere in grado di vedere molto presto il collegamento tra la vita affettiva disastrosa della mia paziente, la sua sintomatologia anoressico-bulimica, il suo sentimento di totale estraneità rispetto ai suoi genitori. Tuttavia né i suoi genitori né la paziente sono in grado di fare questi collegamenti: occorrerà un lungo e faticoso cammino i cui primi tre passaggi sono: 1. capire che la bulimia serve a tenere a bada la sofferenza per quella profonda solitudine: è una tecnica per anestetizzarla, per distrarsi (difesa dissociativa); 2. lavorare per capire insieme cosa ha determinato quell'incapacità di costruire relazioni positive: da dove viene la profonda sfiducia nell'altro? Quel suo avvicinarsi ed insieme ritrarsi in tutte le relazioni importanti? 3. Arrivare ad iniziare a mettere a fuoco le responsabilità di tutti, ciascuno per il suo "pezzetto": i genitori hanno pensato che la figlia fosse così brava, autonoma, da non aver bisogno della loro vicinanza, si poteva "allevare da sola", e la figlia ha pensato la stessa cosa: i genitori sono inservibili, me la caverò da sola. Nell'esemplificare questi tre passaggi ho fatto riferimento ad un caso specifico e reale, tuttavia emblematico di un modello operativo interno su base evitante versus disorganizzato. Ma simili schemi sono facilmente costruibili per tutti i modelli operativi interni. Arrivo così finalmente a spiegare l'estrema utilità della diagnosi di personalità. Identificare uno specifico modello operativo interno, cioè una identità esistenziale di fondo, un modo di "essere nel mondo", non è altro che iniziare a fare una diagnosi di personalità: cambiano solo i linguaggi clinico-teorici. 4 Momento essenziale di una psicoterapia è quello di dare un contenuto specifico, credibile, convincente al collegamento tra quel nucleo base della personalità e la relazione con la famiglia. Per fare questo l'ipotizzazione sistemica, cioè l'esperienza accumulata negli ultimi cinquant'anni dai grandi maestri (vedi Selvini 2006 (a) "Dodici dimensioni per orientare la diagnosi sistemica") ci è di grandissimo aiuto, tuttavia un primo abbozzo di diagnosi di personalità (o l'identificazione di un tratto importante, vedi Selvini Sorrentino 2004) è un altro grande aiuto. Infatti studiando la letteratura, e riflettendo sistematicamente sulla nostra casistica, abbiamo a disposizione delle ipotesi "standard": un tratto simbiotico rimanda a forme di iperprotezione, un tratto narcisista ad un tipo di inversione di ruoli dove il bambino è stato "obbedito", divenendo il reuccio della famiglia e così via. Ho scritto questo articolo con questo scopo: fornire agli psicoterapeuti delle buone mappe sui percorsi familiari che portano ai diversi tipi di personalità: una guida supplementare per il loro lavoro di comprensione per ricostruire e co-costruire insieme con i pazienti e le loro famiglie il senso della sofferenza. Dobbiamo disporre di un modello sistemico complesso dove questa guida deve andare ad integrarsi con gli altri essenziali sistemi di valutazione. Ad esempio, focalizzare sulla specifica psicopatologia ci aiuta a conoscere le più ricorrenti costellazioni familiari di quel tipo di pazienti a considerare i collegamenti più comuni di quel sintomo con certi tipi di personalità. Ho già accennato alla diagnosi sistemica, o all'attaccamento, ritornerò più avanti agli altri sistemi (domanda, trigenerazionale, emozioni del terapeuta). Per tenere insieme questa capacità di connettere vari livelli è utile lo schema proposto dalla Benjamin (1996) secondo il quale è sempre individuabile una coerenza tra i tre livelli: 1. come un individuo è stato trattato; 2. come un individuo tratta se stesso; 3. come un individuo tratta gli altri. 5 Restituzioni relazionali (o sistemiche) versus restituzioni individuali Fa parte della tradizionale ottica sistemica considerare il pensare in termini di relazioni (pensiero circolare) come superiore al pensare in termini individuali (pensiero lineare). Di qui tutto il fondamentale filone degli studi sui sistemi e sui contesti. Sono invece arrivato a pensare che questo atteggiamento teorico rischi di favorire un grave errore: la polarizzazione verso un pensiero iper-relazionale che perde di vista la dimensione individuale su come un individuo costruisce il rapporto con se stesso, come elabora la sua sofferenza, come inventa le sue strategie di sopravvivenza. Nella pratica clinica, nelle supervisioni, ho dovuto constatare come la "deformazione sistemica" faccia perdere all'individuo ogni spessore esistenziale. La sua unicità, la sua ricchezza di sfaccettature, le sue contraddizioni ed i suoi drammi vengono ridotte ad un sintomo, a un simbolino in fondo ad un genogramma o a una marionetta mossa dai fili del gioco della famiglia. Dicendo questo non voglio certo negare la forza degli occhiali sistemici e la pratica clinica, infatti, continua a riproporci situazioni dove la psicopatologia o le sofferenze sono collegate a "premesse disfunzionali" o, in altri termini, ad un misconoscimento della realtà. Il modello sistemico classico della circolarità aveva preso di mira un tipico misconoscimento: quando un capro espiatorio, appunto chiamato paziente designato, è definito come malato/disfunzionale, negando ed oscurando le malattie/disfunzioni di chi gli sta vicino e delle relazioni nella famiglia. Di qui le classiche e spesso efficaci ridefinizioni del problema come familiare e quindi la "depatologizzazione" del paziente. Una strategia di intervento che resta validissima a due condizioni: 1. aver correttamente diagnosticato un sistema familiare in cui alcuni membri chiave utilizzano questa difesa di negazione dei propri limiti e proiezione sul "paziente". 6 2. Essere capaci di una conduzione terapeutica in grado di ristrutturare quella difesa di negazione/proiezione. Non possiamo pensare che si tratti di una strategia invariabile, perché un intervento di depatologizzazione funziona solo se riesce con efficacia a confrontare i familiari con la loro responsabilità nel problema in atto. Nei fatti molto spesso un'ipotesi sistemica non incide su pazienti e familiari ancora bloccati a livelli pre-psicologici di negazione. Devono prima essere condotti attraverso i passi che ho descritto. Tuttavia il problema non è sempre quello della rigidità di una definizione tutta individuale del problema (è lui che è matto, indemoniato, ecc.) altrettanto pericolosa può essere la rigidità di una definizione tutta relazionale del problema, con elevata frequenza ci può infatti capitare di incontrare sistemi familiari che sono invece prigionieri di una errata definizione relazionale dei drammi che stanno vivendo. In quelle situazioni il dramma si alimenta proprio sulla negazione/misconoscimento di aspetti individuali di patologia e responsabilità. L'esempio più eclatante di questo tipo di sistemi è dato dalle coppie dove un uomo violento percuote o umilia la sua compagna. Qui il dramma può perpetuarsi proprio sulla base di una premessa sistemica: mettere sullo stesso piano la violenza dell'uomo e le inadempienze/provocazioni della donna. In questi sistemi è chiarissimo che la definizione di una patologia individuale dell'uomo dev'essere l'irrinunciabile premessa di ogni intervento e un intervento anche familiare e di coppia può essere utile solo se e quando l'uomo violento ha davvero accettato un programma terapeutico mirato alla risoluzione della sua disfunzione. Dobbiamo mettere in crisi la posizione cognitiva di quest'uomo che nega il suo problema o nega le sue responsabilità. Questo esempio può essere allargato anche ad altre patologie dove l'accettazione di uno stato di sofferenza o malattia individuale dev'essere ottenuta prima che abbia senso un intervento psicoterapeutico sia 7 individuale che relazionale. È il caso di tutte le dipendenze: alcolismo, droghe, anoressia, gioco d'azzardo e così via. Recentemente mi è stata portata in supervisione l'ennesima richiesta di terapia di coppia di persone già pluritrattate senza alcun risultato. Mi è sembrato chiarissimo come l'ennesima definizione di un problema di coppia, non solo non diceva niente di nuovo, ma anzi, parificando e mettendo sullo stesso piano le responsabilità, operava una seria mistificazione. Infatti, anche se non c'erano chiare testimonianze di violenza fisica, era evidente la dinamica sado-masochistica in cui l'uomo esercitava un dominio umiliante su una moglie che non solo non era in grado di sottrarsi (aveva infatti fatto fallire numerosi interventi volti ad aiutarla a separarsi), ma anzi sembrava attivamente ricercare nuove umiliazioni. In situazioni come questa potrebbe risultare assai più utile impostare il trattamento a partire da definizioni di patologie della personalità individuali che hanno realizzato tra loro un incastro che alimenta circoli viziosi negativi. Da questo tipo di riflessioni scaturisce l'utilità di approfondire lo studio della personalità: non solo come più specifica guida nei trattamenti prevalentemente individuali di pazienti richiedenti, ma anche per capire quando, anche all'interno di consultazioni familiari, definizioni del problema di tipo individuale siano prioritarie rispetto ad una classica restituzione sistemica o trigenerazionale. È molto chiaro che l'accoglienza benevolente del deficit e della sofferenza di un paziente può facilitare l'abbassamento della difesa di negazione di altri membri della famiglia: se il familiare ci sente accoglienti verso le debolezze del paziente, potrà logicamente attendersi un simile atteggiamento anche nei confronti dei suoi limiti. Il procedimento inverso, partire dalla depatologizzazione, può avere il vantaggio di allentare per tutti lo stigma della "malattia mentale", ma presenta gli importanti rischi di confusioni e accuse di cui abbiamo parlato. 8 Resta un aperto terreno di ricerca stabilire quando è più efficace una restituzione tutta relazionale, o una restituzione che mescoli connotazioni relazionali (parificanti) ed individuali. Ad esempio, in presenza di un chiaro problema relazionale (conflitto, distanza o altro) e in assenza di una definita psicopatologia, potrebbe essere indicato iniziare con una restituzione tutta relazionale (sistemica) che appunto metta sullo stesso piano le responsabilità dei singoli, specialmente in quelle situazioni in cui il conflitto si gioca proprio sul "palleggiarsi" la definizione di pazzia. L'assenza di una psicopatologia strutturata è potenzialmente un indicatore di una maggiore maturità della famiglia e quindi di una capacità riflessiva di co-responsabilità. Ma di sicuro non è un criterio sufficiente. Una dinamica familiare molto difficile da gestire è infatti quello del conflitto tra genitori preoccupati per comportamenti al limite della psicopatologia di un figlio adolescente e l'adolescente stesso che rifiuta, più o meno rabbiosamente, il tentativo di definirlo malato o problematico. In questi casi è meglio tentare un approccio cautamente relazionale. In presenza di una psicopatologia la spiegazione centrata sulla difesa dalla sofferenza è fondamentale per contrastare la conflittualità interna alla famiglia e creare un clima collaborativo per capire e portare aiuto. Fondamentalmente contrasta soprattutto l'ostilità verso il paziente (vedi le ricerche sulla psicoeducazione). Rispetto alla posizione cognitiva del paziente l'osservazione di una sua posizione di idealizzazione della famiglia e di autocolpevolizzazione orienta verso spiegazioni relazionali che ridistribuiscono più correttamente le responsabilità. Al contrario la demonizzazione dei familiari orienta verso restituzioni individuali che aiutino il paziente a vedere la sua parte attiva nell'alimentare il suo proprio malessere. Schede riassuntive su undici tipi o prototipi della personalità 9 Ho cercato di essere molto sintetico per attenermi ai concetti più certi di questo molto controverso campo di studi. Ho ordinato undici tipi secondo il classico continuum degli studi di personalità che noi abbiamo denominato autarchia/dipendenza (Selvini Palazzoli et at. 1998), ma che nella storia della psicoterapia ha avuto dozzine di termini. Si potrebbe infatti parlare di continuum evitante/ambivalente come introverso/estroverso e così via (vedi PDM 2006, p.22). La mia posizione di fondo è quella di credere nel "continuum" tra normalità e patologia. Ritengo quindi che queste 11 diagnosi possano essere utilizzate per classificare qualsiasi persona. Come sostiene Johnson (1994), a seconda di quanto le caratteristiche (o tratti) siano rigide, pervasive e radicalizzate , si potrà parlare di stile di personalità, nevrosi della personalità, disturbo della personalità. La diagnosi sugli undici tipi deve essere considerata anche in termini di coerenza o organizzazione. Solo in circa un terzo dei casi un individuo rientra in modo preponderante in un unico tipo. Nella maggioranza dei casi la diagnosi finisce per raggruppare "con peso differenziato" tratti riconducibili a due o tre tipi di personalità. Si può parlare di presenza di una buona o discreta organizzazione se tali tratti sono tra loro contigui o affini. Parlo invece di disorganizzazione se i tratti appaiono tra loro molto contraddittori, ad esempio, schizoidi e simbiotici sull'asse disorganizzazione, citato nelle sue autarchia/dipendenza. forme più eclatanti, Credo possa che la essere considerata una nuova terminologia per quei fenomeni (frammentazione e scissione) per i quali molti autori hanno parlato di personalità psicotica. Non considero quindi che il cosiddetto cluster A, eccentrico, (schizoide/paranoide) abbia particolari affinità con l'area psicotica. Un paranoide organizzato è a rischio di scompenso psicotico quanto un soggetto simbiotico organizzato. Tuttavia non tratterò la disorganizzazione e la discontinuità della personalità nelle sue diverse e 10 complesse manifestazioni in questa sede in modo sistematico perché non mi sento in grado di farlo, a parte quanto troverete rispetto alla personalità border. 1. SCHIZOIDE 2. PARANOIDE 3. NARCISISTA 4. ANTISOCIALE 5. EVITANTE 6. OSSESSIVO 7. BORDER 8. ISTRIONICO 9. PARENTIFICATO (ORALE) 10. MASOCHISTA 11. DIPENDENTE-SIMBIOTICO. Con questa mia classificazione, come si può vedere, sono costretto a far saltare la distinzione del DSM IV tra cluster B (drammatico) e C (ansioso), perché usando un criterio diverso, non solo più descrittivo, ma riferito ad un'eziologia sull'asse dell'attaccamento evitante- ambivalente, finisco per "mescolarli". Le emozioni del terapeuta Una peculiarità di questo mio scritto è rappresentata dal tentativo di individuare i controtransfert caratteristici di questi tipi di personalità. Non mi soffermo su questo tema, a scanso di equivoci voglio solo premettere che 1. le emozioni del terapeuta in seduta sono plurideterminate: si possono individuare almeno otto ordini di fattori che le influenzano, la personalità del paziente non è quindi che uno di questi (Selvini 2006). 11 2. esiste un chiaro rapporto tra nitidezza e universalità del controtransfert e gravità del disturbo di personalità. Lo spiegò molto bene Cancrini, citando Kernberg, in un seminario di qualche anno fa (si veda il recente L'oceano borderline). Pazienti meno gravi, meno "prototipo", possono suscitare emozioni diverse in terapeuti diversi, il prototipo border grave del DSM IV fa a tutti lo stesso effetto (anche se poi qualcuno reagirà scappando, qualcuno paralizzandosi, qualcuno accanendosi e così via...). 3. La relazione con il terapeuta è lo strumento diagnostico fondamentale, molto più attendibile di ogni racconto o test. Una fondamentale premessa Il pensiero sistemico complesso, o "familiare-individuale", come ho recentemente provato recentemente a definirlo (Selvini 2005), è in continuità con il pensiero sistemico classico o storico (Watzlawick et al. 1967 e molti altri) nell'attenzione al cattivo uso della diagnosi come reificazione di un problema, connotazione negativa del paziente, scarico di tutte le responsabilità sul paziente, stigma sociale, ecc. Questo comporta un rifiuto della diagnosi puramente descrittiva o fotografica. La diagnosi sistemica continua a caratterizzarsi per l'attenzione al processo che evidenzia come si costruisce la realtà che porta a quella diagnosi. Tuttavia il pensiero sistemico classico metteva all'indice tutte le diagnosi individuali, cadendo nel riduzionismo di negare le realtà individuali per conferire "esistenza" solo al relazionale, al processo, al gioco (a seconda delle terminologie). Il pensiero sistemico complesso, in conformità con la classica prescrizione del pensare "per andirivieni" (Selvini Palazzoli et al. 1988) recupera tutti i livelli diagnostici che si sono clinicamente dimostrati utili ed operativi e cerca sempre di interconnetterli. Questi livelli (o sistemi di classificazione) diagnostici sono almeno sette: 1) domanda, 2) psicopatologia, 12 3) sistema, 4) personalità, 5) attaccamento, 6) trigenerazionale, 7) emozioni del terapeuta. L'idea di fondo è che nessuno dei sette livelli debba essere utilizzato da solo e/o "sottomettere" gli altri. Questo vale a maggior ragione per la diagnosi di personalità: mai dev'essere utilizzata isolandola dagli altri livelli osservativi e diagnostici, in particolare staccandola dalle dimensioni sistemiche o trigenerazionali. È questa la fondamentale istruzione per l'uso delle schede che seguono. Questi livelli rappresentano un più esauriente completamento della teorizzazione del 1998 (Selvini Palazzoli et al.) sulla necessità di ragionare su tre poli (sintomo, famiglia, personalità) e non solo sul nesso tra sintomo e famiglia. 1. Schizoide Nucleo della definizione Distacco, distanza, "siderale" irraggiungibilità nella relazione. Cause Questo bambino è stato allevato con fatica e sopportazione, senza gioia. Un accudimento estremamente formale e distaccato. Attaccamento Evitante distaccato. Deficit fondamentale È fortemente colpito il senso di appartenenza alla famiglia e alle relazioni affettive in genere. Deficit di monitoraggio, cioè nessuna capacità di riconoscere gli stati interni. Questi pazienti sono alessitimici, cioè opachi, incapaci sia di riconoscere che di esprimere le loro emozioni. Deficit di empatia. Controtransfert tipico 13 La fatica, la noia, la difficoltà ad arrivare alla fine dell'ora di seduta possono essere molto importanti, anche perché difficilmente questi pazienti sono richiedenti ed arrivano in terapia individuale per delle pressioni esterne. Di Maggio e Semerari (2003) parlano del ciclo disfunzioale della distanza cioè il terapeuta inconsapevolmente reagisce alla distanza emotiva "siderale" del paziente distanziandosi a sua volta. Linee guida In molti casi si può lavorare soprattutto attraverso i genitori perché le sedute familiari, sia non aiutano il paziente ad esprimersi, sia rischiano di essere condizionate dall'ostilità/distacco di uno o più familiari nei confronti del paziente. Spesso questi pazienti rifiutano il coinvolgimento dei loro familiari. Sono spesso pazienti poco trattabili e che sicuramente richiedono tempi molto lunghi, in una terapia che non è necessariamente intensiva, perché sedute troppo frequenti possono disturbare il paziente. La terapia dev'essere un'esperienza correttiva nel non permettere al paziente di metterci da parte, confermando così le sue premesse. Come osserva Sorrentino (Selvini, Sorrentino 2004) con tutti i pazienti del versante autarchico occorre dare ( o incoraggiare i familiari a farlo) innanzitutto sul piano dell'accudimento. Il piano delle regole e della guida è molto meno importante. Combinazioni e sottotipi L'idea di fondo è quella di considerarla la forma più grave dell'evitante. Molto simile al paranoide che si differenzia solo per la presenza di un genitore più fortemente distruttivo. Patologie associate Autismo, depressione maggiore. 2. Paranoide Nucleo della definizione Distacco, distanza come lo schizoide, ma insieme la vigilanza dettata dalla diffidenza e dalla sfiducia prende una forma molto attiva Cause Questo bambino non è stato solo un peso, è stato anche odiato ed attaccato, tuttavia non ha solo subito, ha imparato forme attive di autodifesa del tipo: "la miglior difesa è l'attacco". Attaccamento 14 Evitante distaccato/rabbioso. Deficit fondamentale Grave incapacità autocritica e autoriflessiva. I deficit sono gli stessi dello schizoide. Controtransfert tipico Il terapeuta è confrontato con la diffidenza e la rabbia del paziente che proietta su di lui quei genitori sadici o indifferenti. Il sentimento prevalente è quindi quello dell'aver paura. Linee guida Queste persone sono trattabili con molta difficoltà, come gli schizoidi ben difficilmente chiedono aiuto. Riuscire a stabilire una relazione, come per lo schizoide, è molto importante, ma può essere molto difficile uscire dalla dimensione collusiva con il loro viversi esclusivamente come vittime. Possiamo essere interpellati dai familiari di pazienti paranoidi non trattabili, ma molto spesso le sedute congiunte non sono realizzabili. Viceversa, se arrivano a chiedere una terapia individuale, rifiuteranno il coinvolgimento dei familiari. Sono spesso padri maltrattanti inviati dal Tribunale. Combinazioni e sottotipi Ho già detto della stretta affinità con lo schizoide. Il paziente persecutorio che rende la vita impossibile agli operatori è un sottotipo del paziente border. Infatti un certo sottotipo border ha un importante nucleo identitario paranoide: l'identità di una vittima può essere infatti interpretata in senso più istrionico o più paranoide (il che potrebbe far diventar il triangolo drammatico - Karpnam 1968 - un quadrangolo). È importante non confondere paranoide con psicotico, perché il paranoide presenta un'organizzazione stabile, mente lo psicotico presenta tratti contraddittori non integrati. Anche se, ovviamente, molti psicotici presentano importanti tratti o difese paranoidi. Questo tema resta controverso in quanto molti professionisti considerano come psicotico il disturbo di personalità paranoide. Patologie associate Somatizzazioni connesse allo stress di uno stato di allarme permanente. 3. Narcisista Nucleo della definizione 15 Sentimento di essere speciali, superiori. Cause Il bambino è stato obbedito, esaltato ed usato come trofeo, ma tutto questo si combina con una dimensione di trascuratezza. Infatti il bambino sa di non potersi permettere di avere delle debolezze, altrimenti il suo mito cadrebbe. Questa dinamica può essere alimentata da entrambi i genitori, oppure dalla cosiddetta "madre da palcoscenico" che vive per il figlio contrapponendolo al coniuge. La ferita di fondo che queste persone devono elaborare è quella di non essere stati amati dai loro genitori e familiari, una basilare freddezza/anaffettività occultata ed in parte compensata dall'esaltazione delle loro doti straordinarie. La mancanza di empatia è passata da una generazione all'altra, mentre è stata esaltata la dimensione esistenziale della competizione. Attaccamento Evitante rabbioso. Deficit fondamentale - Incapacità di riconoscere limiti e difficoltà, cioè incapacità autocritica. - Gravi difficoltà nelle relazioni intime: difficoltà a coinvolgersi e quindi a coinvolgere stabilmente l'altro dopo la fase dell'innamoramento. L'altro tende ad essere percepito come dominante o disinteressato. - Deficit di identificazione delle emozioni (o monitoraggio). Si può ipotizzare una disorganizzazione della personalità tipica del narcisismo, ma probabilmente presente anche in associazione con altri tratti: l'oscillazione/instabilità tra essere vincente o dominante, cha dà al soggetto una sensazione di benessere, e l'estraniarsi dalla relazione non appena tale bisogno di centralità non viene appagato. Controtransfert tipico Il paziente comunica un senso di lontananza ed esclusione: non ci fa sentire terapeuti. È però anche possibile l'idealizzazione reciproca (Kohut 1971) oppure un clima di sfida in cui il paziente mette in dubbio la capacità del terapeuta o l'utilità della terapia. Tipica la delusione del terapeuta che si è affezionato ad un paziente (spesso brillante) e che viene molto freddamente liquidato. Queste persone devono essere dominanti in tutte le relazioni, se non ci riescono se ne tirano fuori. È evidente la difficile compatibilità con il ruolo di paziente in psicoterapia. Linee guida Questi pazienti sono trattabili solo se hanno ricevuto delle batoste. La più tipica è l'essere stati abbandonati dalla moglie. Altrimenti dobbiamo noi metterli in crisi o sfidarli; accogliere empaticamente un 16 narcisista compensato (come un antisociale) è controproducente. Setting individuale con allargamenti. del tutto Combinazioni e sottotipi Millon (1999) parla di quattro sottotipi: 1. l'antisociale senza principi (molti leader politici); 2. l'amoroso seduttivo Don Giovanni (istrionico); 3. l'elitario narcisista puro (l'aristocratico); 4. l'evitante compensatorio (vedi alla scheda sull'evitante). Aggiungerei la classica combinazione con il border meno richiedente, più paranoide, difficilissimo da agganciare, ed anche il narcisismo nevrotico di cui parla la Miller, cioè il parentificato che si sente speciale nella sua capacità di aiutare gli altri. Vedi anche la voce "parentificato" che è uno dei vertici del triangolo drammatico. Si può così arrivare a prendere in considerazione sei sottotipi. Patologie associate Promiscuità sessuale, disturbi della sessualità, uso di alcool e droghe, altre dipendenze. 4. Antisociale Nucleo della definizione Mancanza di rimorso per le sofferenze inflitte agli altri, strumentalità delle relazioni con gli altri. Cause Il bambino è stato attivamente rifiutato, di solito dal padre (Cirillo et al. 1994), e contemporaneamente usato/valorizzato come difensore da altri membri della famiglia, di solito la madre, incapaci di protezione ed empatia nei suoi confronti. Attaccamento Evitante rabbioso. Deficit fondamentale - Incapacità empatica, con conseguente blocco dell'intimità. - Grave difficoltà nella riflessività autocritica. Gli stessi dei narcisisti. Controtransfert tipico Questi pazienti vengono spesso incontrati in contesti coatti dove riescono a sollecitare nel terapeuta un movimento empatico destinato a trasformarsi presto in amara delusione quando si svelerà 17 la strumentalità della relazione. Rischio di colludere con il paziente in una minimizzazione della gravità dei suoi comportamenti. Linee guida Nello stato di compenso queste persone non sono assolutamente trattabili. Lo diventano, pur con serie difficoltà, solo quando la loro strategia esistenziale sia stata duramente attaccata in termini di fatti reali (carcere, abbandoni ecc.), ma anche in questo caso il registro della presa in carico può essere soprattutto quello della sfida e della provocazione, data la presenza di un importante deficit nel mettere a fuoco i propri limiti. Combinazioni e sottotipi Sono soprattutto importanti le somiglianze con il narcisista di cui costituisce uno dei sottogruppi. Infatti i deficit fondamentali sono molto simili. Occorre riflettere se la personalità sadica sia la stessa cosa o un sottotipo o un'altra personalità. In linea generale si pensa che l'antisociale funzioni sulla base di un'identificazione con l'aggressore (mentre il border è instabile/oscillante in questa identità). Personalmente ritengo che la personalità sadica possa essere considerata sinonimo di antisociale, o un possibile sottotipo. Patologie associate Gabbard (1994) sostiene che il 50% dei carcerati ricade in questa categoria e che molti antisociali diventano tossicodipendenti (dal 52% al 65%). L'uso di sostanze è rivolto a eccitanti che dilatino il senso di potenza oggettiva. Comune la depressione di fronte agli insuccessi e la sessualità sadica. 5. Evitante Nucleo della definizione Paura del giudizio, predisposizione al vergognarsi di se stessi, timidezza estrema. Cause Si è trattato di un bambino che è stato fatto vergognare di se stesso e a cui è stato di fatto impedito di esprimere pensieri e sentimenti. Il tipo di controllo ed ipercriticismo tende a paralizzare il soggetto, spingendolo verso una formale compiacenza (etero-regolazione degli scopi). Per loro vicinanza ha sempre voluto dire scegliere tra 18 costrizione o umiliazione. Cercano quindi delle relazioni che consentano una distanza di sicurezza. L'accudimento è formale, distaccato, anche se non nel modo più estremo delle famiglie dei pazienti schizoidi. Spesso queste persone ricordano di non aver avuto alcun rapporto con uno dei due genitori, se non per ricevere critiche o sarcasmi. Modestamente compensatorio l'altro genitore. Attaccamento Evitante timoroso. Deficit fondamentale - È colpito il senso di appartenenza alla famiglia e alle relazioni. Un sentimento di estraneità. - Deficit di monitoraggio cioè scarsa capacità di riconoscere gli stati interni: opachi a se stessi e agli altri (Dimaggio Semerari, pp. 2968). Tuttavia a un livello moderato, infatti: "L'evitante saprebbe raccontare al suo diario i propri sentimenti, ma non comunicare a parole la dolorosa difficoltà del vivere con gli altri" (op. cit. p.322). Controtransfert tipico Simile all'ossessivo, ma con una minor fatica e noia. È meno difficile che il paziente riesca a "dire il suo diario". L'ossessivo ci coinvolge emotivamente di meno (e lo schizoide ancora meno). Questo paziente stimola anche molta protettività. Delude fortemente quando ci accorgiamo che mente anche a noi! (per evitare il biasimo immaginario). Linee guida Un setting parallelo individuale e familiare, dove è probabile che riunioni familiari siano particolarmente efficaci per ridare voce a queste persone. Particolarmente con le tecniche esperienziali che favoriscono l'intensità del contatto emozionale praticate da Alfredo Canevaro, come ad esempio "lo zaino" (Canevaro, Selvini, Lifranchi, Peveri 2007, in corso di pubblicazione su Psicobiettivo). Combinazioni e sottotipi La frequente combinazione con la personalità dipendente segnalata dal Gabbard appare contraddittoria con la definizione qui riportata. Potrebbe essere legata ad un difetto del sistema diagnostico che confonde l'evitamento del conflitto presente in entrambe le personalità, ma sulla base di una diversissima dinamica di funzionamento. Noi stessi abbiamo a lungo, per questa confusione, sovradiagnosticato la dipendenza. Più logica la contiguità autarchica con il parentificato, l'ossessivo e quella con lo schizoide che è un evitante molto più estremizzato. L'evitante può presentare un'area fantastica o reale di "rivalsa narcisistica" che potrebbe aver generato la dubbia diagnosi di Gabbard di narcisismo ipervigile. La doppia 19 diagnosi dipendente-evitante potrebbe anche essere legata alla elevata frequenza di pazienti disorganizzati nevrotici che oscillano tra i due tipi di funzionamento. Patologie associate La Benjamin osserva che queste persone sono inclini a diventare "amanti" o "terapeuti" per poter godere di un'intimità pur mantenendo una distanza di sicurezza. 6. Ossessivo-compulsivo Nucleo della definizione Perfezionismo, sacrificalità, biasimo per responsabilizzazione nella gestione di se stessi. gli altri, iper- Cause Un bambino che è stato caricato e/o si è caricato da un eccesso di regole e rigida disciplina. Attaccamento Misto evitante/ambivalente. Deficit fondamentale - Incapacità di concedersi piacere e riposo seguendo la bussola dei propri desideri. - Difficoltà ad entrare in relazioni davvero intime. - Deficit di monitoraggio. Controtransfert tipico Frustrazione e fatica per la distanza emotiva e il conseguente formalismo del rapporto, il paziente è cordialmente sulla difensiva. Diffidenza falsamente compiacente. Rischio di congedo prematuro per la fatica/noia del terapeuta. Linee guida Setting individuale e familiare con sedute congiunte e disgiunte (solo genitori, quando nelle sedute familiari ostilità reciproca e incomunicabilità restano troppo elevate). È fondamentale salvaguardare l'empatia, la leggerezza e la piacevolezza del lavoro individuale: la terapia non può diventare l'ennesimo peso o dovere e un altro luogo dove vivere nella paura di essere criticati. Evitare di colludere con le intellettualizzazioni del paziente, usare tecniche molto esperienziali, come per gli evitanti. Combinazioni e sottotipi 20 L'affinità maggiore è con l'autarchia e l'organizzata diffidenza dell'evitante. Nei casi più gravi la diffidenza può avvicinarsi al tratto paranoide. L'iper-responsabilizzazione per se stessi può estendersi verso qualche familiare creando una combinazione con il tratto parentificato. Il perfezionismo estremo può avvicinarsi al tratto narcisistico. Esistono due principali sottotipi: quello disciplinato da genitori rigidi e quello della persona gravemente carenziata, spesso cresciuta in istituto, che si è "salvata" auto-disciplinandosi, fenomeno tipico tra i padre delle anoressiche (vedi Selvini Palazzoli et al. 1998). Patologie associate Tutte le dipendenze e i disturbi dell'affettività (depressioni maggiori, disturbi bipolari). 7. Border Premessa L'esistenza stessa di questo tipo di personalità non viene accettata dal movimento psicoanalitico contemporaneo. Si veda il recente Psychodynamic Diagnostic Manual (PDM) pubblicato dall'alleanza di tutte le associazioni psicoanalitiche americane unitesi contro il DSM. Il PDM porta a quattordici i disturbi della personalità, aggiungendo le personalità sadica, masochistica, depressiva, somatizzante, ansiosa e dissociativa, ma non includendo la schizotipica (credo correttamente) e soprattutto borderline. Infatti, se la diagnosi non deve essere solo descrittiva, ma deve far corrispondere un certo funzionamento o organizzazione della personalità con determinati comportamenti tipici, è vero che tratti disorganizzati (per me sinonimi di border) come il dilemma bisogno/paura (impossibilità di regolare la distanza affettiva) e delle integrazioni impossibili d'identità (tratti antitetici, oscillazioni idealizzazione-demonizzazione) possono essere osservati in tipi di personalità tra loro assai eterogenee e non solo nel border impulsivo/aggressivo messo a prototipo dal DSM IV. Tuttavia in questa sede seguirò la posizione presa dai cognitivisti, che trattano invece quella di border come una diagnosi a sé stante (Dimaggio Semerari 2003). Nucleo della definizione Impulsività aggressiva ed autoaggressiva, instabilità emotiva tra atteggiamenti opposti, difficoltà a regolare le distanze interpersonali: troppo vicino/troppo distante. Tipica l'immediata e precoce rivelazione di fatti personali assai pesanti. 21 Il concetto di triangolo drammatico (Karpman 1968) rende bene l'idea di una oscillazione di identità tra tre nuclei (i vertici del triangolo) carnefice/vittima/salvatore. Cause Il bambino è stato spaventato ed eccitato, è stato trattato in modo da farlo contemporaneamente sentire colpevole e vittima, e nell'impossibilità di integrare coerentemente le diverse identità o vissuti (ad esempio piacere nel dolore, potenza nell'impotenza ecc.) Le relazioni fondamentali sono state paritarie ed instabili, oscillando continuamente da una dimensione relazionale ad un'altra. La struttura della famiglia (gerarchie e distanze) è assai instabile, muta a seconda degli argomenti e dei momenti. Frequenti esperienze traumatiche. Possibili fenomeni dissociativi. Si può ipotizzare che queste persone abbiano avuto genitori disorganizzati, che rapidamente vanno "dalle stelle alle stalle". Il classico concetto di "doppio legame", vedi gli atteggiamenti contraddittori della madre dello schizofrenico descritta da Bateson (1956), può essere visto come esempio di disorganizzazione del funzionamento di quella madre. Attaccamento Disorganizzato ambivalente. Deficit fondamentale Disregolazione emotiva, non integrazione di polarità e ruoli opposti (tipicamente la paura e il bisogno dell'altro), deficit di gerarchizzazione (con iperproduzione narrativa), stati dissociativi. Controtransfert tipico Il rapporto terapeutico è molto intenso e coinvolgente, più che con qualsiasi altro paziente. La relazione può divenire anche molto stressante con pazienti altamente imprevedibili che accusano il terapeuta, gli chiedono di uscire dal setting, minacciano ricattatoriamente il suicidio. Il terapeuta può così arrivare a sperare che il paziente abbandoni la terapia. Il paziente riproduce nel terapeuta le sue stesse scissioni: quando critica il terapeuta gli fa vivere in contemporaneità il sentimento di essere vittima di una violenza ingiustificata, ma anche quello che il paziente ha una parte di ragione. Linee guida Il tema fondamentale è quello del contenimento e della stabilizzazione del paziente, per favorire ordine mentale ed integrazione. Per questo le sedute congiunte possono non essere indicate, in quanto rischiano di favorire scambi aggressivi, rivendicativi, accusatori. Il formato più classico è quello "a 22 scacchiera", o "parallelo" in cui il paziente è visto individualmente e altri familiari sono parallelamente visti individualmente o a sottogruppi. Il progresso della terapia rende poi utili anche sedute allargate a un altro membro della famiglia. Qui pare essere particolarmente specifico l'obiettivo di recuperare con un genitore un attaccamento più sicuro, superando le passate reciproche dinamiche distruttive (terapia della riconciliazione) (Selvini 2005). Forte il rischio di sopravvalutarne le risorse. Un paziente "avido" e "sregolato" in funzione del quale è stata inventata la rigidità e la distanza del setting psicoanalitico classico. Parallelamente per le famiglie di questi pazienti è stata inventata la direttività e prescrittività delle terapie familiari sistemiche. Combinazioni e sottotipi Come dicevo nella Premessa la tradizione psicoanalitica si oppone alla definizione di un tale disturbo della personalità, riservando il termine borderline a un livello o tipo di funzionamento (Kernberg 1980). In parte concordo riconoscendo che ci sono molte personalità caratterizzate da oscillazioni e non integrazioni o discontinuità di identità (cioè da disorganizzazione). Alcune di queste varianti possono essere: - Presenza di un nucleo simbiotico/abbandonico particolarmente importante; - Vittimismo lamentoso che apparenta alla personalità istrionica; - Tratti sadici ed eteroaggressivi che avvicinano alla personalità antisociale; - Forte distanza, disprezzo e diffidenza nelle relazioni principali che apparenta a pazienti narcisisti, a schizoidi, a paranoidi; - Presenza di un importante attitudine "io ti salverò"; - La dissociazione delle personalità multiple. La complessità di queste variegate sottoidentità è stata parzialmente sintetizzata nel concetto di triangolo drammatico (vittima, carnefice, salvatore). Una possibile ipotesi di lavoro è che tutti gli attaccamenti disorganizzati portino a personalità non integrate che possono funzionare ad un livello nevrotico (tipiche le sintomatologie fobiche, ansiose e distimiche) o al livello più tipicamente border. Ad un livello ancora più grave di disorganizzazione si giunge alla personalità psicotica (Selvini 2005), che può sfociare nelle schizofrenie, nei disturbi bipolari e nelle depressioni maggiori. La presenza di più o meno importanti aspetti di funzionamento disorganizzato è stata osservata praticamente in tutti gli undici tipi di personalità che sto qui considerando. In particolare in tutte le mie pazienti anoressiche o bulimiche, anche quelle più evitanti/ossessive, apparentemente lontanissime dal prototipo border del DMS IV. Questo pone un problema teorico e clinico di fondo perché se ci distacchiamo (come stiamo cercando di fare) dai 23 criteri descrittivi del DMS IV per classificare le diverse personalità, per pensare invece in termini di deficit e tipo di funzionamento, non possiamo definire una personalità disorganizzata perché le oscillazioni polari dell'identità, o mancate integrazioni tra atteggiamenti contraddittori (vicinanza/distanza o bisogno/paura, idealizzazione/demonizzazione, sacrificalità/egocentrismo, dominanza/sottomissione, aggressività incontrollata/inibizione, ecc.) sono state appunto osservate in tutti i tipi di personalità. Quali sono allora deficit e funzionamento davvero specifici di un'ipotetica personalità border-border? L'errore diagnostico più comune è quello di confondere uno "scompenso", cioè una fase di sofferenza acuta, con la diagnosi di personalità. Infatti, qualsiasi tipo di personalità, in un momento di acuta disperazione tende a comportamenti impulsivi, aggressivi, sregolati, ecc. Fondamentale ricordare che la diagnosi di personalità si fa valutando comportamenti che presentano continuità e ripetitività nel tempo, non si può fare solo sul qui e ora. Patologie associate Tutte le dipendenze e i disturbi dell'affettività (depressioni maggiori, disturbi bipolari). 8. Istrionico Nucleo della definizione Teatralità, esibizionismo. Cause Il bambino è stato dimenticato, per esistere ha avuto bisogno di protestare e lamentarsi o di rendersi interessante sintonizzandosi sui bisogni degli adulti. Il caso più tipico è infatti quello della bambina trascurata che diventa seduttiva con il padre per guadagnarsi le sue attenzioni. Attaccamento Ambivalente organizzato. Deficit fondamentale La presenza di un nucleo simbiotico, come per il border, rimanda agli stessi deficit. In particolare un deficit di mentalizzazione/riflessività. Controtransfert tipico 24 Il terapeuta si sente investito da una forte seduttività, può essere coinvolto oppure può provare fastidio per una percezione di fatuità o stupidità del paziente. Linee guida Setting parallelo individuale e familiare. Indicazione specifica all'uso di interpretazioni e riflessioni che favoriscano l'autocoscienza. Combinazioni e sottotipi Le combinazioni più tipiche sono quelle con le personalità border del DSM e con il sottotipo seduttivo del narcisismo. Patologie associate Come per il border. I sintomi isterici o di conversione (cecità, paralisi) potrebbero non essere presenti soprattutto in personalità di questo tipo (Johnson 1994). 9. Parentificato Nucleo della definizione Questa diagnosi è assente dal DSM e anche da PDM, forse perché si tratta di una difesa o adattamento complessivamente funzionale, anche se possono esistere forme estreme di dedizione agli altri "io ti salverò" socialmente tuttavia classificate nella santità e non nella patologia. Tuttavia nella tradizione psicoanalitica sono definiti e descritti come "orali" (Johnson 1994). Queste persone vivono in funzione dei bisogni altrui trascurando e non mettendo a fuoco i propri. C'è un importante somiglianza con i dipendenti simbiotici, con la fondamentale differenza che i parentificati non sono capaci di chiedere accudimento per sé, si accontentano della benevolenza derivante dal darsi all'altro. Cause Il bambino è stato stabilmente adultizzato e responsabilizzato nell'inversione dei ruoli: deve farsi carico dei bisogni di uno dei due genitori, di entrambi, di altri familiari, dell'intera famiglia. Attaccamento Ambivalente o misto. Deficit fondamentale Analogie con dipendente, ossessivo, evitante, vedi le linee guida. Controtransfert tipico 25 È fondamentalmente gradevole stare con una persona addestrata a farsi carico dei bisogni dell'altro. Come per il dipendente-simbiotico il rischio è che la protettività compiacente del paziente illuda il terapeuta di un'inesistente efficacia della terapia. Linee guida Setting individuale e familiare. Aiutare la famiglia a farsi finalmente carico delle difficoltà del paziente. Nel setting individuale occorre lavorare sui vari deficit: quello della rappresentazione di scopi propri (come per il dipendente), quello della messa a fuoco dei desideri e della ricerca del piacere (come l'ossessivo), quello della difficoltà a esprimere sentimenti e bisogni (come l'evitante). Combinazioni e sottotipi Ho già toccato le combinazioni principali con dipendente, ossessivo ed evitante. Un nucleo "io ti salverò" è presente nel border come una delle punte identitarie del triangolo drammatico. Una sacrificalità estrema può avvicinarsi al masochismo. Viceversa se l'identità "io ti salverò" viene molto rinforzata e valorizzata diviene un nucleo narcisista, equivalente al tema della "rivalsa narcisistica" che caratterizza alcuni evitanti. La Miller (1996) ha descritto queste persone ne Il dramma del bambino dotato parlando infatti di "narcisismo nevrotico". Patologie associate Non esiste nessun dato a questo proposito. 10. Masochista Nucleo della definizione Anche questa diagnosi non fa parte della sezione ufficiale del DSM, probabilmente per ragioni politiche, dato che il nesso eziologico con la violenza intrafamiliare è troppo evidente. Aspetti della diagnosi di masochismo sono stati così disseminati nelle diagnosi addizionali del DSM IV di personalità passivoaggressiva e depressiva. Descrittivamente il tratto più significativo è probabilmente quello di un'apparente sottomissione nella relazione ma combinata con elementi di aggressività passiva. Il paziente ha sviluppato una sorta di orgoglio nella sua capacità di essere costantemente vittima e riuscire ugualmente a resistere e sopravvivere. Cause 26 Il bambino è stato umiliato e sopraffatto senza che nessuno dentro e fuori dalla famiglia muovesse un dito per difenderlo. Il soggetto interiorizza così l'incapacità di difendersi attivamente sviluppando la sua identità proprio attorno all'essere vittima, ma contemporaneamente nella idealizzazione, almeno parziale, dei suoi persecutori. Attaccamento Ambivalente o misto. Deficit fondamentale Molto frequente un ciclo disfunzionale basato sulla tipica profezia che si autodetermina: queste persone attendendosi di essere umiliate creano condizioni che favoriscono il loro maltrattamento. Controtransfert tipico Desiderio di far del male o perlomeno scuotere il paziente: irritazione, disprezzo, fino a vere e proprie fantasie di torture fisiche. Linee guida Setting individuale e familiare. Cercare di mostrargli che non è così impotente, ha già una grande influenza e può attivamente guadagnarsi una maggiore efficacia positiva. Combinazioni e sottotipi Il bambino sottoposto a disciplina estrema va sul confine tra l'ossessivo e il masochista. Si veda il celebre caso freudiano del presidente Schreber. Un discorso analogo vale per il dipendente che cade preda di un accudimento sadico, così come per le umiliazioni che costruiscono il versante evitante/schizoide, tuttavia il masochista resta molto aperto alla relazione quindi l'affinità, combinazione e confusione più tipica resta quella con il dipendente e quella con l'istrionico, che pure ha un nucleo identitario molto legato all'essere vittima. Tuttavia l'istrionico è estremamente rivendicativo e protestatario, mentre il masochista è al massimo sommessamente lamentoso. Patologie associate Somatizzazioni. Depressione. Recentemente ho ipotizzato un nesso con certe forme di obesità (Selvini 2007). 11. Dipendente - simbiotico Nucleo della definizione Incapacità di stare solo per una vitale necessità di relazioni interpersonali accudenti. 27 Attenzione alla grande confusione in cui anche noi stessi siamo caduti con tratti come "l'incapacità di sostenere un conflitto", che, con basi funzionali differenti, caratterizza anche evitanti, schizoidi, parentificati e masochisti; e attenzione anche alla confusione con la capacità assertiva che è poi una sorta di sinonimo dell'incapacità di sostenere un conflitto. Cause Il bambino è stato iperprotetto e dominato da un ambiente carico di ansia contagiosa. Non c'è ipercriticità, ma una potente squalifica implicita nella compulsione ad aiutare, consigliare, mettere in guardia, fare al suo posto. Entrambi i genitori possono alimentare tale simbiosi, oppure il padre può non intervenire nella fusionalità simbiotica con la madre ed eventuali parenti, come tipicamente la nonna materna. Quando si parla di ambienti trascuranti (Selvini-Sorrentino 2004) o autoritari (Bornstein 1998) probabilmente si fa confusione rispettivamente con la personalità parentificata e con quella masochista o ossessiva. Attaccamento Ambivalente. Deficit fondamentale L'incapacità di pensare con la propria testa implica l'incapacità di avere davvero dei propri scopi, la persona simbiotica si convince di volere quello che desidera la persona che lo accudisce. Quindi in assenza di una persona da cui dipendere si crea una sensazione di vuoto; prevale quindi l'ansia da separazione che è invece assente negli ossessivi e negli evitanti dove è invece dilagante l'ansia da prestazione. La famiglia del dipendente simbiotico è la tipica famiglia invischiata, fusionale ed inseparabile. Controtransfert tipico Il paziente pende dalle labbra del terapeuta e lo fa sentire un mito. Il grave rischio è quello di riprodurre un ciclo simbiotico disfunzionale con il terapeuta (fino al rischio di una vera e propria relazione sadomasochistica) oppure il rischio opposto che il terapeuta, alla lunga infastidito dalla passività ed appiccicosità del paziente, lo abbandoni con una fine prematura della terapia. Un grave rischio del ciclo disfunzionale simbiotico è quello che il paziente idealizzando il terapeuta lo illuda che sono avvenuti cambiamenti in realtà inesistenti. Linee guida Anche i cognitivisti consigliano un setting combinato (alternato) con sedute individuali e sedute familiari congiunte (Dimaggio Semerari 2003 p.293). Il paziente ha di solito ottime capacità di entrare in 28 un'alleanza terapeutica. Occorre combattere l'idealizzazione delle figure di accudimento, ma non assolutamente per favorire una separazione fisica del paziente. È fondamentale che il paziente inizi ad usare la sua propria testa, ma restando dentro la relazione di accudimento per farla evolvere e crescere. Va attuato quel processo adolescenziale che queste persone non hanno mai potuto vivere. Pericoloso invece alimentare una formazione reattiva oppositiva aprioristica, occorre invece lavorare per facilitare una maggiore capacità di regolare le scelte in modo autonomo. Combinazioni e sottotipi L'affinità e la confusione più tipica è quella con il masochista, che pure tende ad entrare in relazioni di sottomissione, ma accentuando l'accettazione delle umiliazioni fino al punto di favorirle e quasi richiederle con un atteggiamento sottilmente provocatorio. Un'altra tipica confusione è quella con il border che per definizione ha sempre un importante tratto simbiotico/abbandonico ma mescolato in modo disorganizzato con un tratto evitante o con tratti impulsivi, aggressivi ecc. Un simbiotico abbandonato accentua infatti la sua sottomissione, un border lo fa mescolandola con esplosioni di rabbia. Analoga la contiguità con la personalità istrionica. Altra parentela/confusione è con la personalità parentificata, che pure presenta legami affettivi importanti, ma dove accudisce e non chiede di essere accudito. Il simbiotico è "down", sempre a rischio di un'escalation complementare con partner sadici (antisociali), narcisisti, border o parentificati, che lo usano per le loro proprie finalità. Patologie associate Depressione, ansia. Essere vittima di una setta (come il masochista). Conclusioni Per queste riflessioni i lavori sono più che mai "in corso". Non sono infatti sicuro di aver potuto recepire e capire tutti i principali apporti della letteratura sulla personalità. Anche l'apporto esperienziale della casistica mia, dei didatti della scuola, delle supervisioni con allievi ed ex allievi, è ancora in una fase troppo basata su casi che mi hanno colpito e troppo poco su più solide conferme quantitive. Infine i legami con gli altri sei livelli diagnostici (o sistemi classificatori) sono da 29 approfondire, in particolare per quanto riguarda le interconnessioni con le varie dimensioni della diagnosi sistemica e soprattutto per la fondamentale ricerca di un nesso tra disorganizzazioni sistemiche e tipi di disorganizzazione della personalità BIBLIOGRAFIA Bateson, G., Jackson, D.D., Haley, J. Weakland, J.H., (1956) "Verso una teoria della schizofrenia". Tr.it. in Verso un'ecologia della mente. Adelphi, Milano 1988. Benjamin S.L., (1996) Diagnosi interpersonale e trattamento dei disturbi di personalità, trad. it. 1999 LAS. Bornstein, R.F. (1998). "Dependency in the personality disorders: Intensity, insight, expression, and defense". 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