Tumore al seno, casi Jolie a Bergamo
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Tumore al seno, casi Jolie a Bergamo
Città 29 L’ECO DI BERGAMO GIOVEDÌ 16 MAGGIO 2013 a Tumore al seno, casi Jolie a Bergamo «Intervento totale per due donne» Diagnosi e prevenzione A Il primario Fenaroli: predisposte geneticamente, avevano segni di precancro «Ma siamo per scelte conservative». Altre 10 rimozioni, con solo un lato malato CARMEN TANCREDI a Tumore al seno: la scelta choc dell’attrice Angelina Jolie, che ha deciso di sottoporsi a una mastectomia «profilattica» (asportazione di entrambi i seni, pur non avendo il tumore, ma con un profilo genetico che aumentava le probabilità di ammalarsi fino a oltre l’80%) accende i riflettori su una frontiera chirurgica che in America sta facendo proseliti, mentre in Europa e in Italia si privilegia la strategia «conservativa» e preventiva. Una linea, questa, che anima anche le équipe mediche di Bergamo, «ma va detto comunque che abbiamo avuto anche due casi molto simili a quello della Jolie, dove però le pazienti, una sui 30, l’altra di 42 anni, sottoposte al test genetico e risultato positivo, avevano comunque in un seno segnali di pretumore – spiega Privato Fenaroli, responsabile della Senologia del Papa Giovanni XXIII – . Sono state seguite in modo approfondito come è necessario sempre in questi casi, con un approccio multidisciplinare, con l’oncologo, il senologo, il chirurgo plastico, il genetista, lo psicologo e lo psichiatra. Alla fine, la scelta spetta sempre alle donne: la strada intrapresa è stata quella della mastectomia per entrambi i seni. Scelta che è stata fatta anche in almeno un’altra decina di casi, ma per questi le pazienti avevano già un tumore in un seno. Sia chiaro: un’opzione così radicale in casi come quelli della Jolie è di gestione delicatissima. Dove l’atto chirurgico, che è complesso e spesso richiede di entrare in sala operatoria anche più volte, è solo l’ultimo di atti altrettanto complessi. Non è come decidere di togliere due denti». Componente genetica Nella Bergamasca, spiega Fenaroli, il numero di nuovi casi di tumore al seno oscilla tra i 700 e gli 800 l’anno «e comunque di questi solo il 5-10% ha una causa genetica. E non basta aver avuto un caso in famiglia di tumore al seno, bisogna avere una casistica di almeno 4 persone ammalate in famiglia, tra nonne, zie, mamma e sorelle, e anche casi di tumore al seno e all’ovaio abbinati». Anche la scelta di sottoporre a un test genetico donne sane che hanno una storia familiare di più casi di tumore non è facile. «Serve la maggiore delicatezza possibile: spesso si tratta di ragazze ventenni o poco più, e davanti a un test positivo va calibrato con attenzione l’impatto emotivo e sociale che ne deriva. Nella Bergamasca sono potenzialmente 80 l’anno le donne che potrebbero rientrare nel profilo delle pazienti a rischio e da sottoporre a test, ma L’attrice Angelina Jolie non è affatto detto che da sane poi sviluppino la malattia: un test positivo indica che la percentuale di rischio può quadruplicarsi rispetto alla media, salendo anche fino al 70-80% in specifici casi – evidenzia Fenaroli – . Così come va spiegato con cura alle donne che una mastectomia "profilattica" non azzera il rischio, resta un 5%. Oggi la diagnosi precoce consente di arrivare fino a un 98% di remissio- ne del tumore, in caso di comparsa e gli interventi sono sempre conservativi del seno, quando è possibile». Centri di eccellenza Senza dimenticare, come evidenzia Enrico Robotti, presidente della Sicpre, società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica e primario al Papa Giovanni XXIII, che seppure le tecniche si sono affinate dando risultati eccellenti dal punto di vista estetico, «dopo una mastectomia di questo tipo la ripresa della sensibilità è impredicibile». Ogni caso va valutato con estrema attenzione: «La mastectomia profilattica è una soluzione estrema. Ma per una donna, risultata positiva al test, può essere altrettanto difficile da accettare la strada della prevenzione, del controllo serrato ogni 6 mesi: non tutte reggono allo stress emotivo periodico, alla convivenza con un potenziale rischio tumore», continua Fenaroli. Intanto, come past president dell’Anis, Associazione nazionale italiana senologi chirurghi, Privato Fenaroli ricorda che è stata presentata in Regione la richiesta dell’individuazione di due centri lombardi di riferimento dove convogliare le donne con rischio genetico di tumore al seno: «Oggi, per questi casi, sia il test genetico sia l’intervento, che ovviamente non è un intervento estetico, sono coperti dal servizio sanitario nazionale. Inevitabili, comunque, le ricadute sul budget. E oltretutto le donne a rischio genetico dovrebbero essere esentate dai costi del ticket per i controlli preventivi – sottolinea –. In ogni caso, il Papa Giovanni XXIII ha tutti i titoli per porsi come centro di riferimento». ■ ©RIPRODUZIONE RISERVATA Gavazzeni Un protocollo in fase di validazione A «Ogni caso va valutato a sé, davanti a un test genetico positivo. In primo luogo c’è la prevenzione, con controlli ogni 6 mesi. E c’è anche la chemioterapia preventiva». Massimo Grassi, direttore dell’Unità di Senologia all’Humanitas Gavazzeni di Bergamo sottolinea che ogni soluzione, non solo la mastectomia profilattica, ha implicazioni psicologiche e non garantisce l’annullamento del rischio: «L’importanza di una valutazione genetica è innegabile, ma va rimarcato che la diagnosi precoce oggi è garanzia di guarigione nel 98% dei casi. E una mastectomia profilattica va praticata secondo precisi codici, stiamo parlando di organi sani: alle Gavazzeni è in via di validazione un protocollo, già sottoposto al Comitato etico e all’Asl». Dal canto suo Roberto Sacco presidente Lega italiana lotta ai tumori Bergamo e responsabile Area chirurgica della Clinica Castelli evidenzia: «Le donne con predisposizione genetica sono non più del 10% di tutte le affette da tumore. Si punti sulla prevenzione».