Lasciate a loro stesse, le malattie acute, hanno un

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Lasciate a loro stesse, le malattie acute, hanno un
Dott. Gianalberto Pagni
Lasciate a loro stesse, le malattie acute, hanno un’evoluzione
variabile che si compie sempre in un tempo breve e che porta alla
guarigione o alla morte del paziente.
Hahnemann nel paragrafo 72 dell’Organon le definisce così: “Manifestazioni di
un’improvvisa alterazione dell’equilibrio dell’energia vitale”.
Lasciate a loro stesse, le malattie acute, hanno un’evoluzione variabile che si
compie sempre in un tempo breve e che porta alla guarigione o alla morte del paziente.
Si classificano in malattie individuali e collettive.
Le malattie individuali sono dovute a traumatismi, ad indisposizioni dovute a
raffreddamenti, a surriscaldamenti, ad eccessi o carenze dietetiche, a sovraffaticamento,
ad emozioni, a paure, preoccupazioni o soprusi. Possono inoltre svilupparsi in seguito
all’esacerbazione della malattia cronica di fondo.
Le malattie collettive colpiscono contemporaneamente un gran numero di persone
(epidemie).
La malattia acuta tende ad autolimitarsi (periodo di latenza>periodo di
esacerbazione dei sintomi> periodo di risoluzione).
Se vi sono situazioni croniche precedenti, queste si ritirano verso l’interno
dell’organismo per riemergere dopo la scomparsa della malattia acuta.
Quando un medico si trova di fronte ad una patologia acuta deve essere in grado,
utilizzando poche ed appropriate domande, di individuare il rimedio più simile al paziente
evitando di perdersi in domande inadatte alla situazione come ad esempio chiedere ad un
malato alla prese con una colica renale se è geloso oppure preciso.
L’omeopatia può molto nella risoluzione delle malattie acute, ma deve essere
utilizzata con precisione ed avendo una buona conoscenza della Materia Medica.
Bisogna essere consapevoli che le malattie acute non sono necessariamente più
facili da curare delle malattie croniche.
Infatti il tempo a disposizione per la scelta del rimedio è minore, il paziente soffre e
si è in diretta competizione con la medicina allopatica.
Tutti conoscono gli analgesici e sanno che dopo pochi minuti il dolore può essere
sedato: ne consegue che la terapia omeopatica può sopravvivere solo se riesce ad
ottenere un risultato analogo. E’ molto importante attraverso le risposte del paziente,
giungere ad una corretta gerarchizzazione dei sintomi.
Il primo sintomo da ricercare è quello Eziologico (dopo..., da quando...)
spontaneamente riferito dal paziente; ad esempio il raffreddore insorto dopo un colpo di
freddo oppure il dolore articolare iniziato dopo uno sforzo.
E’ buona norma evitare di suggerire la risposta o di incoraggiarne una (per caso ha
preso un colpo di freddo?).
In omeopatia esistono diversi rimedi che corrispondono ad eziologie precise,
pertanto è indispensabile conoscerne alcuni qui di seguito elencati:
ARNICA: dopo i traumi fisici o psichici.
ACONITUM: dopo un colpo di freddo od eccessi di calore.
DULCAMARA: dopo esposizione all’umidità.
ANTIMONIUM CRUDUM: dopo eccessi alimentari.
NUX VOMICA: dopo eccessi in generale.
GELSENIUM: dopo paure o cattive notizie.
COFFEA: dopo belle notizie.
COLOCINTHYS: dopo collera.
IGNATIA: dopo disillusioni
STAPHYSAGRIA: dopo soprusi.
Questi sono alcuni esempi, forse i principali, ma ci permettono di capire il significato
di eziologia in senso omeopatico che è molto più ampio di quello allopatico.
Al secondo livello della gerarchizzazione si collocano i sintomi mentali sopraggiunti
dopo l’inizio della malattia.
Sottolineo l’importanza che i sintomi mentali siano quelli sorti dopo l’inizio della
malattia e non prima.
Non è importante che un paziente abbia sempre desiderato la consolazione, è
importante che la desideri dopo la comparsa della malattia. Ecco alcuni esempi:
-
“Preferirei morire piuttosto che sopportare...” (Chamomilla).
-
“Mia moglie lascia sempre aperta la finestra!” (Nux Vomica: la colpa non è mai sua).
-
“Dammi manina, stammi vicino” (Pulsatilla).
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“Lasciami soffrire da sola, tu non sai cosa vuol dire soffrire!” (Sepia).
-
“Questa è la volta che ci rimetto le penne” (Aconitum).
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“Non voglio essere toccato!” (Arnica).
L’atteggiamento mentale deve trasparire dal modo di fare del paziente, non deve
essere forzato dal terapeuta: “Non è che forse sopporta male la sua lombalgia?”.
Nella stragrande maggioranza dei casi alla domanda del medico: “Da quando sta
male?”, il paziente risponderà: “Da ieri” e questa non è un’eziologia omeopatica; così
come una lieve irritazione non rappresenta un sintomo mentale significativo.
Quindi bisognerà giungere al terzo livello di gerarchizzazione: il tipo di dolore. E qui
le cose si complicano perché in Omeopatia sono presenti 140 tipi di dolore.
E’ importante annotare l’esatta terminologia utilizzata dal paziente: “E’ qualcosa che
pulsa” (Belladonna, Glonoinum), “E’ come se fossi stato bastonato” (Arnica) ecc.
Anche qui spesso ci scontriamo con pazienti che non sanno definire il proprio
dolore ma si limitano a dire “Mi fa male”.
Non rimane che passare al quarto livello di gerarchizzazione: localizzazione ed
irradiazione del dolore, ovvero dov’è situato e come si propaga il dolore.
Ad esempio se il paziente indica con un dito il punto del dolore è Kali Bichromicum.
Il dolore che parte dall’occipite ed arriva sopra gli occhi è Silicea. Dolore che parte dallo
stomaco, passando per la flessurasplenicasinistra, arriva alle apofisi spinose delle
vertebre del Giacobini (così non ve lo diranno mai!) è Argentum Nitricum. Il dolore va dal
basso verso l’alto: Ledum Palustre; dall’alto verso il basso: Kalmia Latifolia ecc.
Se poi il paziente, alla domanda “Dov’è localizzato e dove si irradia il suo dolore?”,
vi risponde con ampi gesti indefiniti che coprono tutto l’addome, non vi rimane che
orientarvi sul quinto livello di gerarchizzazione, spesso il più facile da definire da parte del
paziente: le modalità ovvero ciò che fa migliorare o peggiorare il sintomo.
Esempi: il dolore migliora con il movimento (Rhus Tox), migliora stando fermo
(Bryonia), migliora con la distrazione (Ignatia), il bruciore migliora col caldo (Arsenicum)
ecc.
Esiste anche un sesto livello che è la similitudine anatomo-patologica. Se è
presente assume un valore primario, ad esempio Vipera nelle flebiti, Rana Bufo nelle
linfangiti, Phosphorus nelle epatiti acute ecc...
La ricerca del simile nel paziente affetto da malattia acuta non è particolarmente
difficile, a condizione che la prassi illustrata venga seguita correttamente.
A tale proposito ho ritenuto utile riassumere la gerarchizzazione dei sintomi nel
seguente schema:
Gerarchizzazione dei sintomi nelle malattie acute
1) Eziologia;
2) Sintomi mentali sopraggiunti dopo l’inizio della malattia;
3) Tipo di dolore;
4) Localizzazione ed Irradiazione del dolore;
5) Modalità;
6) Similitudine anatomo-patologica.