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Zelig
Una commedia scoppiettante, arguta, brillante e ben ideata, degna della firma di Woody Allen (Io e Annie,Crimini e
misfatti). Senza contare che rappresenta una delle riflessioni più interessanti di Allen sulla società e sul
conformismo; l’opera che più di tutte rivela l’amore del regista nei confronti della psicologia, una delle sue
intramontabili passioni.
New York, 1928. Leonard Zelig (Woody Allen) è un cittadino americano di origine ebraiche che possiede un’abilità
assai insolita: quella di trasformarsi fisicamente e psicologicamente prendendo le sembianze dell’individuo con cui
si trova ad interagire in base al contesto e alla classe di quest’ultimo. Quando l’abilità di Leonard viene scoperta
egli viene ricoverato in un ospedale, mentre le varie istituzioni e i mass media si concentrano sul curioso caso del
cosiddetto ‘’uomo camaleonte’’. A tentare di guarire il malcapitato Zelig dalla sua patologia e a ridargli una propria
personalità ci penserà la dottoressa Eudora Fletcher (Mia Farrow), trasformandolo in un simbolo della democrazia.
Già il fatto che la pellicola sia girata come un falso documentario con tanto di fotografia in bianco e nero è di per
sé geniale. Tramite questa scelta si può già intuire l’intelligenza e la potenza narrativa di Allen. Certo l’idea del
mockumentary non è nuova, il regista l’aveva già utilizzata in Prendi i soldi e scappa del 1969, ma in questo
contesto si riesce a intuire l’analisi storico-sociale che il regista vuole compiere. Una regia precisa, sostenuta da
un montaggio efficace e da una fotografia folgorante che riescono a creare l’effetto desiderato.
La sceneggiatura è incalzante e divertente, basata come molti dei primi film dell’autore da una comicità slapstick
ma che comunque non oscurano l’idea di base dell’opera. In questo caso la storia è condita da un retrogusto
grottesco che si mischia con il fantasy. Anche se la trama sembra folle e senza senso in realtà essa è molta
precisa e ordinata. L’idea di base di fondo però è quella di una critica sociale nei confronti del conformismo. In
questo film Allen mostra tutta la sua sapienza nel campo della sociologia allacciandosi alle teorie della Scuola di
Francoforte. Secondo gli insegnamenti della scuola europea la società si fonda su una levigata illibertà. Le menti
degli individui sono livellate e le coscienze appiattite ad un'unica dimensione: quella economica.
Woody Allen mette in scena uno dei personaggi più grotteschi tra quelli da lui incarnati. Un uomo che rappresenta
paradossalmente un’anomalia nel sistema sociale poiché riesce ad adattarsi facilmente ad essa. La prima cosa
che la società decide di compiere quando il protagonista si mostra ad essa è quella di sfruttarlo economicamente
e di annullare la sua caratteristica che non lo rende conforme.
Zelig però, grazie all’aiuto di Eudora, riuscirà a trovare una propria opinione riuscendo a neutralizzare la malattia
da cui era affetto. Tuttavia sarà proprio la sua unicità a salvare lui e la donna che ama nel momento del bisogno.
La storia di Leonard Zelig è quella di un individuo che, temendo di essere respinto dalla società, decide di
rinunciare a una propria personalità, adattandosi all’ambiente in cui si trova. Nella sua mentalità il personaggio
crede sia meglio cadere nella schiavitù intellettuale piuttosto essere ripudiati dalla società e costretti alla solitudine.
Alla fine questa vicenda non è diversa da quella del protagonista di Prendi i soldi e scappa, che sceglie di
percorrere la via del crimine poiché costretto a sopravvivere fin da piccolo ad un ambiente violento da cui ha
ricevuto solo soprusi. Zelig e Virgil Starkwell sono entrambi prodotti di una società che li ha modellati a proprio
piacimento.
Il pericolo che Allen sottolinea nel suo Zelig è il fatto che oramai la società non è più un meccanismo forgiata dagli
individui, bensì è ella stessa che forma i soggetti. In una società in cui una persona viene privata di una propria
essenza si rischia di unirsi alla mediocrità collettiva senza avere una propria individualità. In particolar modo un
processo del genere è facilmente manovrabile dalle dittature, a cui vi è il pericolo di seguire senza più nessun
freno a causa dell’irriflessione creata nelle menti dalle varie istituzioni. Non a caso l’autore inquadra la moltitudine
di folle di New York che si aggirano per le strade della metropoli che in un momento all’altro potrebbero diventare
un pericolo non da poco se controllate da personalità autoritarie.
Woody qui elogia l’unicità della persona, nonché l’umanità di quest’ultima. Sono le nostre emozioni, le passioni e
abilità a salvarci dall’anonimato della massa.
Una commedia divertente, ma intelligente che spinge alla riflessione. Di certo una delle più sperimentali tra la
filmografia dell’autore, che non rinuncia a miscelare il suo umorismo yiddish con il suo amore per le materie
umaniste, senza contare il suo immancabile sbeffeggiamento al bigottismo statunitense.
Pellicola consigliata a chi ha voglia di ridere ma anche di imparare e pensare. Uno degli apici massimi di Woody,
imperdibile per ogni suo fan. Dedicato soprattutto a chi odia seguire la massa, per chi ha fame delle sue capacità
e ha voglia di esprimerle al mondo senza seguire per forza il gregge.
di Lorenzo Infanti