Testi a confronto in riferimento a p. 208
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U NITÀ TERZA F URBI, SCIOCCHI E VANITOSI: LE MASCHERE ANIMALI DELL’UOMO Testi a confronto in riferimento a p. 208 Arione e il delfino (Gellio XVI 19) Aulo Gellio, scrittore della fine del II secolo d.C., riporta la leggenda di Arione, dicendoci di averla tratta dall’opera dello storico greco Erodoto (V secolo a.C.). È la prova della diffusione che la storia ebbe nell’antichità. 2. Vetus et nobilis Arion cantator fidibus fuit. 2. Arione era un suonatore di cetra, famoso nei tempi antichi. 3. Is loco et oppido Methymnaeus, terra atque insula omni Lesbius fuit. 4. Eum Arionem rex Corinthi Periander amicum amatumque habuit artis gratia. 5. Is inde a rege proficiscitur terras inclutas Siciliam atque Italiam visere. 6. Ubi eo venit auresque omnium mentesque in utriusque terrae urbibus demulsit, in quaestibus istic et voluptatibus amoribusque hominum fuit. 7. Is tum postea grandi pecunia et re bona multa copiosus Corinthum instituit redire, 8. navem igitur et navitas ut notiores amicioresque sibi Corinthios delegit. 3. Il suo luogo di nascita fu la città di Metimna; in funzione del paese e dell’intera isola fu Lesbio. 4. Per la sua valentia egli godette l’amicizia e l’affetto del re di Corinto, Periandro. 5. Un giorno lasciò il re per recarsi a visitare le celebrate contrade di Sicilia e d’Italia. 6. Giunto che fu nelle città di questi due paesi, egli deliziò in tutti l’orecchio e lo spirito, e lì guadagnò, dispensò gioia, fu amato. 7. Poi venne il momento che decise di far ritorno a Corinto, pieno di danaro e colmo d’ogni ben di dio; 8. perciò scelse nave ed equipaggio di Corinto, contando su una particolare familiarità e amicizia. 9. Sed eos Corinthios homine accepto navique in altum provecta praedae pecuniaeque cupidos cepisse consilium de necando Arione. 10. Tum illum ibi pernicie intellecta pecuniam ceteraque sua, ut haberent, dedisse, vitam modo sibi ut parcerent, oravisse. 11. Navitas precum eius harum commiseritum esse illactenus, ut ei necem adferre per vim suis manibus temperarent, sed imperavisse, ut iam statim coram desiliret praeceps in mare. 9. E invece questi Corinzi, una volta imbarcato Arione e condotta la nave al largo, smaniosi di preda e di danaro, decisero di ammazzarlo. 10. Allora egli, come ebbe sentore del disastro, consegnò nelle loro mani il denaro e tutti gli altri beni pregandoli solo di risparmiargli la vita. 11. Da questa sua preghiera i marinai furono relativamente commossi: arrivarono ad astenersi dall’ammazzarlo di brutto con le loro mani ma gli ordinarono di buttarsi a capofitto in mare, immediatamente e davanti a loro. 12. Homo, ibi territus, spe omni vitae perdita id unum postea oravit, ut, priusquam mortem obpeteret, induere permitterent sua sibi omnia indumenta et fides capere et canere carmen casus illius sui consolabile. 13. Feros et inmanes navitas prolubium tamen audiendi subit; quod oraverat, impetrat. 14. Atque ibi mox de more cinctus, amictus, ornatus stansque in summae puppis foro carmen, quod «orthium» dicitur, voce sublatissima cantavit. 15. Ad postrema cantus cum fidibus ornatuque omni, sicut stabat canebatque, iecit sese procul in profundum. Navitae hautquaquam dubitantes, quin perisset, cursum, quem facere coeperant, tenuerunt. 12. A questo punto Arione, pieno di terrore, senza la minima speranza di sopravvivere, li pregò di una sola cosa ancora: che prima di affrontare la morte, gli concedessero di indossare tutte le sue vesti, di prendere la cetra e cantare una canzone, estremo conforto della sua sventura. 13. Feroci e senza cuore com’erano, pure si insinua in quei marinai la voglia di ascoltare; ed egli viene esaudito. 14. Ed eccolo cinto, ammantato, ornato secondo il suo costume: ritto sul càssero di poppa, cantò con voce sovracuta una canzone nel cosiddetto ‘modo ortio’. 15. Giunto alla fine del canto, così come stava e come cantava, con la cetra e tutti gli ornamenti, si gettò giù nei gorghi profondi. I marinai non dubitarono affatto della sua fine e ripigliarono la navigazione. 16. Sed novum et mirum et pium facinus contigit. Delphinum repente inter undas adnavisse fluitantique sese homini subdidisse et dorso super fluctus edito vectavisse incolumique eum corpore et ornatu Taenarum in terram Laconicam devexisse. 17. Tum Arionem prorsus ex eo loco Corinthum petivisse talemque Periandro re- 16. E invece accadde un fatto nuovo, straordinario, sacrosanto. D’un tratto, solcando le onde, accorse a nuoto un delfino, si pose sotto l’uomo che galleggiava, lo trasportò tenendolo con il dorso al di sopra dei flutti e lo sbarcò, incolume e tutto vestito, a Tenaro, sul suolo di Laconia. 17. Da lì Arione andò direttamente a Corinto, si presentò, tal quale il delfino 1 2 U NITÀ TERZA F URBI, SCIOCCHI E VANITOSI: LE MASCHERE ANIMALI DELL’UOMO gi, qualis delphino vectus fuerat, inopinanti sese optulisse eique rem, sicuti acciderat, narravisse. lo aveva portato, al re Periandro che non se l’aspettava, e gli raccontò la faccenda così come era capitata. 18. Regem istaec parum credidisse; 19. Arionem, quasi falleret, custodiri iussisse, navitas requisitos ablegato Arione dissimulanter interrogasse, ecquid audissent in his locis, unde venissent, super Arione; 20. eos dixisse hominem, cum inde irent, in terra Italia fuisse eumque illic bene agitare et studiis delectationibusque urbium florere atque in gratia pecuniaque magna opulentum fortunatumque esse. 21. Tum inter haec eorum verba Arionem cum fidibus et indumentis, cum quibus se in salum eiaculauerat, exstitisse, navitas stupefactos convictosque ire infitias non quisse. 18. Il re ci credeva poco; 19. fece tenere Arione sorvegliato, pensando che l’imbrogliasse; rintracciò i marinai e, fatto nascondere Arione, domandò loro, come se niente fosse, se avessero avuto notizie di Arione nel paese da cui erano partiti. 20. Quelli risposero che al momento della loro partenza si trovava in Italia, che ci stava benone, che si crogiolava negli applausi e negli svaghi delle varie città, che era ricco e felice, colmato di attenzioni e di denaro. 21. E mentre così raccontavano venne fuori Arione, con la cetra e i vestiti che aveva quando s’era tuffato in mare; i marinai rimasero a bocca aperta, sbugiardati; non fu loro possibile negare i fatti. 22. Eam fabulam dicere Lesbios et Corinthios, atque esse fabulae argumentum, quod simulacra duo aenea ad Taenarum viserentur, delphinus vehens et homo insidens. 22. Questa storia la raccontano, dice Erodoto, Lesbi e Corinzi; a conferma di essa si potevano vedere presso Tenaro due statue di bronzo: il delfino che fa da cavalcatura e l’uomo che ci siede su. (trad. di G. Bernardi Perini) Dioniso su una barca a vela con albero intrecciato a una vite e delfini che guizzano intorno. Monaco di Baviera, Staatliche Antikensammlungen.