Diario calais e dunkerque IV

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Diario calais e dunkerque IV
The way up
(to) here
30/4/2016
M^C^O
viale Molise 68
#daquassùlaterraèbellissima
Diario calais e dunkerque IV
Non è facile tenere un diario qui. Si fatica
a trovare il tempo e spessissimo anche
a convincersi di averlo per se stessi, per
scrivere qualcosa di personale.
Ma soprattutto un diario significa dare
un riscontro al tempo. Mettere una tacca
in più. Un altro giorno dal quale non ci
si può spostare. No non ho sbagliato a
scrivere, proprio un altro lasso di tempo
dal quale non ci si può muovere.
Mentre fisicamente nella jungle tutto si
sposta. Alacremente. Intere casupole
portate a mano nell’altro versante.
Sciami di persone che in costante
movimento trasportano cibo e qualsiasi
oggetto recuperato. Che con fantasia e
necessità verrà trasformato in qualcosa
di utile.Tutto si muove al di là della
polizia, massicciamente presente sia per
continuare la distruzione del lato nord sia
per prendere le targhe dei volontari.
Sempre più agguerrita
nell’allontanamento della jungle. Ci
allontana come se un giorno tutto sia
abbastanza lontano da evaporare e
estinguersi da solo o più semplicemente
perché sia sufficientemente fuori portata
da non essere più un problema proprio.
Un tentativo di riavvolgere velocemente
all indietro la pellicola degli sbarchi. E a
quel punto resta solo il mare.
14 giorni. Non sembrano molti in un
momento storico così lungo.
14 giorni che equivalgono alla scelta
forzata di vivere o no. Questo è il
riscontro.
Perché 12 persone si sono cucite la
bocca e non mangiano ne bevono da
2 settimane. In condizioni estreme,
temperature drastiche, stress fisico e
mentale indefinibile.
Insomma il tempo medio di una vacanza
europea e il tempo per morire qui.
Eppure sembra che nessun media ne
parli anche se nel campo la stampa non
manca. Non c’è traccia di questo sciopero
della fame. Non solo loro hanno la bocca
cucita.
E’ difficile scandire il tempo anche per
me stessa. Sembra che non basti mai. Si
è sempre presi da una sorta di frenesia.
Un’energia enorme e condivisa. Che
non si ferma al portare aiuti. Non si
placa nelle innumerevoli ore passate a
cucinare, smistare materiali, costruire e
riparare. Ne si placa nel costante lavoro
di ricerca e comunicazione. E’ un energia
che si crea grazie agli abitanti della jungle
che insegnano che non importa quanto
sia difficile. Importa avere una vita
migliore.
Importa sorridere. Importa essere curiosi.
In fondo qui c’è tutto il mondo.
Personalmente mi trovo in una
dimensione spazio tempo surreale e
incredibile.
Come moltissimi qui sono disoccupata,
nullatenente e con prospettiva future di
lavoro in Italia pressoché inesistenti.
E mi sto rendendo conto di avere una
cosa importantissima che ai rifugiati
viene negata. Ed è sempre il tempo. La
possibilità di scegliere come vivere e
disporre del proprio tempo.
Senza questa scelta non si ha
l’immaginario del proprio futuro. Senza
un futuro esiste solo un presente di
sopravvivenza. E non per tutti.
Diario di un giorno y da Calais.
Sita