Prefazione
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Prefazione
Prefazione Una tragedia come quella degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 a New York e a Washington si inserisce nella storia dell’uomo sia su vasta che su piccola scala, sia sociale che personale. Sono state fatte molte analisi circa le conseguenze storiche, economiche e politiche di questi attentati, e molte altre se ne faranno ancora. Alessandro Gisotti ha scelto di esaminare questa tragedia dal suo punto d’inizio, guardando ai suoi effetti su alcune persone la cui vita è ora segnata dalla morte e dalla distruzione portate dagli attacchi alla loro città e alla loro famiglia. Con compassione e discrezione giornalistica, Gisotti ha intervistato un giornalista televisivo, un vigile del fuoco, un impiegato al Pentagono, la famiglia di una giovane rimasta uccisa nello schianto dell’aeroplano diretto verso la Casa Bianca, coloro che sgomberarono e ripulirono Ground Zero e che ora soffrono di patologie polmonari irreversibili, un poliziotto di New 3 York, una psicologa specializzata in disturbo post-traumatico da stress, il sacerdote cattolico parroco della St. Peter’s Church, all’ombra delle Twin Towers abbattute in quel drammatico giorno. Questo libro è nato dai loro racconti. I loro mondi sono cambiati in maniera irreversibile, e anche noi non possiamo più vedere né raccontare adeguatamente il nostro mondo senza comprendere ciò che è successo loro. Quello che si ricorda di ogni avvenimento è legato a chi lo richiama alla mente. Quanto è accaduto l’11 settembre 2001 fu riportato proprio mentre veniva vissuto. Il caos a Ground Zero fu amplificato e trovò eco nella confusione mentale e spirituale di coloro che appresero la notizia e videro le immagini alla televisione. I mezzi di comunicazione fecero del loro meglio per raccontare i fatti, ma solo in seguito, come ad esempio in libri come questo, è possibile iniziare a distinguere le varie reazioni. Vigili del fuoco e poliziotti hanno trovato il senso della loro missione proprio mentre perdevano i loro colleghi. Le famiglie hanno cercato di ricostruire il loro mondo senza i loro cari che avevano dato la vita, e sono state aiutate da professionisti specializzati e amici affidabili, che hanno intrecciato la loro vita a quella di coloro a cui hanno prestato aiuto. 4 La morte e la malattia fisica e psicologica scaturite dalla tragedia sono rese ancora più imperscrutabili dal fatto che l’attacco fu perpetrato in nome del Dio di Abramo. Come può Dio far nascere il bene dal male, se il male è stato compiuto in nome di Dio? In queste pagine si percepisce chiaramente la solidarietà umana. La generosità dei volontari e il sacrificio silenzioso di molte persone che accorsero anche da molto lontano permea-no questi racconti. Uomini e donne hanno saputo elevarsi al di sopra dell’odio e della violenza proprio mentre li stavano vivendo sulla loro pelle. Molte cose sono cambiate dall’11 settembre 2001. Il rapporto dell’America con il mondo non è più lo stesso. La fiducia è andata perduta e gli spiriti si sono induriti. Tuttavia, la generosità e l’altruismo sono aumentati, persistono e continuano a sostenere i sopravvissuti. Quello che sostiene tutti noi è stato chiarito con forza da Papa Benedetto XVI durante la sua visita negli Stati Uniti nel 2008. Camminando da solo e con decisione verso il sito degli scavi di Ground Zero, il Papa coniugò il meglio dello spirito umano con la provvidenza divina, pregando in modo semplice e commovente: «O Dio dell’amore, della compassione e della riconciliazione, 5 rivolgi il Tuo sguardo su di noi... che siamo riuniti oggi in questo luogo, scenario di incredibile violenza e dolore. Ti chiediamo nella Tua bontà di concedere luce e pace eterna a tutti coloro che sono morti in questo luogo... Ti chiediamo, nella Tua compassione di portare la guarigione a coloro i quali, a causa della loro presenza qui in quel giorno, soffrono per le lesioni e la malattia... Dio della pace, porta la Tua pace nel nostro mondo violento: pace nei cuori di tutti gli uomini e le donne e pace tra le Nazioni della terra». Alessandro Gisotti ha reso un grande servizio alla memoria di tutte le vittime degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, e un servizio ancora maggiore a tutti coloro che sono sopravvissuti. Nel presentare ai lettori i protagonisti delle storie qui raccontate, egli ci aiuta a ricordare ciò che nessuno di noi dovrebbe mai dimenticare. E ci lascia con un senso di speranza perché, alla fine, la storia è quello che Dio ricorda. Card. Francis E. George, OMI Arcivescovo di Chicago domenica di Pasqua 2011 6 Introduzione L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa. Franklin Delano Roosevelt «Accendi subito il televisore». Il tono della voce dall’altro capo del telefono non promette niente di buono. Smetto di fare le valigie e pochi istanti dopo comprendo il perché di tanta concitazione. La scena che mi si presenta davanti agli occhi è talmente incredibile che, per un attimo, penso si tratti di un film, non della realtà. Ero stato alle Twin Towers nel settembre del 1999. Mi torna ora alla mente la vista mozzafiato che si può ammirare dalla terrazza sulla cima di una delle Torri, enfaticamente chiamata Top of the World. Basta ruotare su se stessi lentamente e con lo sguardo si riesce ad abbracciare un orizzonte larghissimo: da Brooklyn al New Jersey, dalla Statua della Libertà all’Empire State Building e ancora più su verso Central Park ed Harlem. Come è possibile che un aereo, questa è la versione che i reporter americani stanno riferendo, abbia centrato accidentalmente un edificio 7 mastodontico come la Torre Nord del World Trade Center, per di più in una mattina soleggiata nella quale è difficile scorgere una nuvola nel cielo di New York? Accanto a questo interrogativo che molti si pongono, il mio pensiero, angosciato, va alle persone intrappolate nel grattacielo. Soprattutto a quelle che si trovano al di sopra dello squarcio provocato dalla collisione. In che modo potranno salvarsi? Mi è stato sufficiente passare qualche decina di minuti all’ultimo piano di una delle Twin Towers, a quattrocentoquindici metri di altezza, per rendermi conto che riuscire a portarli a terra sarà un’impresa disperata. Un ragionamento, questo, che viene sopraffatto dall’immagine di un’esplosione devastante nell’altra Torre del World Trade Center. All’inizio non si riesce a comprendere cosa l’abbia provocata. Poi, una sequenza registrata da una differente angolazione svela l’orrore: un secondo aereo, sicuramente di linea viste le dimensioni, si è schiantato sul grattacielo. La parola “incidente”, ancora utilizzata poco prima dai cronisti, lascia spazio a quella inquietante: “attentato”. Il titolo della notizia, che sta già assumendo i contorni dell’evento storico, non è più «Disastro aereo a New York», ma «America sotto attacco». Passa ancora qualche minuto e l’inquadratura lascia le Twin Towers di Manhattan. Sul8 lo schermo appare una nuova Breaking News: «Colpito il Pentagono». Capisco che posso evitare di tornare a preparare le valigie. Guardo il mio biglietto aereo, ormai inutilizzabile: volo Sabena per Washington, 12 settembre 2001. Tutti ricordiamo dove eravamo nel momento in cui ci hanno informato di ciò che stava accadendo sotto il cielo di New York. Una data, l’11 settembre, che non ha neppure bisogno di un riferimento esplicito all’anno, perché per la nostra generazione l’11 settembre non può che essere quello del 2001. Un giorno che, come è stato scritto mille volte, ha cambiato il passo della storia. Una storia che continua, nonostante il passato faccia fatica a passare. Questo, naturalmente, è soprattutto vero per gli americani. Dieci anni dopo l’attacco, la ferita, inferta al corpo degli Stati Uniti, è ancora aperta. Lo si è visto drammaticamente anche quest’anno all’indomani della sparatoria al comizio della deputata democratica Gabriel Giffords a Tucson, in Arizona. Una strage della follia costata la vita a sei persone. Christina Taylor Green, la più giovane tra le vittime, aveva solo nove anni. Ed era nata l’11 settembre 2001. Una coincidenza che ha profondamente scosso gli americani. Il giorno dei funerali della piccola Christina, all’entrata della chiesa dove si svolgevano le esequie, sventolava la World Trade 9 Center flag, la grande bandiera a stelle e strisce trovata dai vigili del fuoco di New York in mezzo alle macerie delle Twin Towers. «Come tutti i bambini nati l’11 settembre», ha scritto il «Time», «Christina Green è venuta al mondo come un raggio di speranza in un giorno estremamente buio [...] la sua morte è senza senso e lancinante»1. Non è stato facile scrivere questo libro. Finché ti confronti con le vicende dei sopravvissuti, degli eroi dell’11 settembre leggendo un articolo o guardando un film, puoi mantenere il distacco che si riserva ad una pagina di storia. Ma quando incroci i loro sguardi, ascolti le loro voci, allora è difficile rimanere impermeabili alle emozioni. Quelle vicende diventano anche tue. Non è più solo cronaca, ma esperienza personale. Anche per questo, nel raccontarle, l’essere padre, marito o figlio ha preso, a volte, il sopravvento sull’essere giornalista. Frutto di conversazioni telefoniche ed incontri personali, prima a Washington e poi a New York tra l’autunno del 2010 e la primavera del 20112, questo libro vuole innanzitut1 D. Von Drehle, Tucson Tragedy: the real lesson of the senseless violence, «Time», 13 gennaio 2011. 2 Le testimonianze sono state raccolte prima dell’uccisione di Osama Bin Laden, annunciata dal presidente Barack Obama, in un discorso alla nazione, il 1° maggio 2011. 10 to celebrare il coraggio dei soccorritori, delle famiglie delle vittime e dei sopravvissuti all’orrore dell’11 settembre 2001. Ecco perché la “grande storia”, dalla questione della sicurezza interna agli sviluppi della controversa guerra al terrorismo, pur non essendo elusa resta tuttavia sullo sfondo. Ogni capitolo ripercorre una vicenda umana che, nonostante il contesto di dolore, racchiude un vibrante messaggio di speranza. D’altro canto, se è vero che le testimonianze iniziano con il ricordo di quella tragica mattina di settembre di dieci anni fa, la narrazione si sposta poi rapidamente al giorno dopo. E ci rende partecipi di come la vita di queste donne e di questi uomini sia cambiata irreversibilmente dal 12 settembre 2001 ad oggi. Alcuni dei protagonisti di questa breve raccolta di testimonianze sono personaggi noti, come l’ex comandante dei vigili del fuoco di New York, Daniel Nigro, e il giornalista televisivo Aaron Brown. Altri, come l’ex poliziotto newyorkese Vito Friscia e il fotografo di Ground Zero David Margules, sono meno conosciuti. Tutti accomunati, però, dall’essersi trovati ad affrontare una situazione molto più grande di loro. Ed aver vinto la sfida, tra mille difficoltà. Ancor più, i protagonisti di questo libro sono uniti dalla radicata convinzione che 11 la fiducia nel futuro sia più forte della paura del passato. Che i terroristi possono aver abbattuto i loro grattacieli. Ma non hanno scalfito il loro amore per la vita, la loro voglia di libertà. Alessandro Gisotti Roma, maggio 2011 12