Idioma di Andrea Zanzotto - Atlante digitale del `900 letterario

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Idioma di Andrea Zanzotto - Atlante digitale del `900 letterario
Atlante digitale del '900 letterario
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Idioma
di Andrea Zanzotto
Zanzotto pubblicò Idioma nel 1986, libro che
rappresenta la chiusura della trilogia, di cui
fanno parte Fosfeni e Galateo in bosco.
Zanzotto mostra non solo tutta la sua
massima sperimentazione e novità riguardo
la lingua, ma proietta anche la volontà di far
concatenare vari idiomi, passando dal parlare
"nascente" a quello popolare, dunque al
dialetto. L'iter di Idioma si articola con vari
dialoghi con «figure e figurine» trapassate o
presenti, reali o simboliche, attraverso le
quali si innesca la concezione del poeta
riguardo il futuro e il «dopo». Un futuro
meschino, atroce esplicitato dai vari
«colloqui» con personaggi vivi, semivivi, e
morti soprattutto.
È evidente una ferrea consapevolezza
del presente, ma una distante
comprensione del passato; il presente è
banalizzato dal poeta, è messo in
confronto con il passato, e accedendo al
mondo del trapassato, ossia dei morti,
Zanzotto crea nuovi mondi neopoetici.
Il dialetto è al centro del libro. Grazie
all’Ermeneneutica, che ritiene che la
lingua sia la sede naturale dell'uomo,
anche Zanzotto acquisisce quest'idea del
linguaggio come origine dell'uomo; infatti
in un’intervista sostiene: «L’idioma è la
base verbale per cui l’uomo riconosce sé
stesso, trovarsi dentro un idioma vuol
dire trovarsi nel proprio io, self. Quindi
idioma è tutto ciò che appartiene ad una
singola persona ma soprattutto ad un
gruppo che è fortemente coeso, tanto è
vero che basta spostarsi anche da un
villaggio all’altro e le parole non sono più
le stesse» (Intervista di Marco Pollini a
Zanzotto). Ma in questo caso: il dialetto
come storicità ed origine dell'umanità.
Dunque secondo il Poeta, il dialetto ha in
sé una verità nascosta che deve essere
mostrata. Ed ora, in Idioma, è posto
come confronto e relazione tra passato e
presente, il quale mette le radici nello
sgretolarsi della realtà, attraverso il fiorire
del dire eloquente e l'incepparsi della
p a ro l a . N o n v u o l e a s s o l u t a m e n t e
sperimentare un plurilinguismo, e
nemmeno accettare una lingua e poi
contaminarla, ma far vedere la mancanza
d i f id uc ia ne l l ing ua g g io p o e t ic o
funzionale alla necessità di mettersi tra il
dire e il non-dire. Infine ritiene che nel
presente la parola è limitata, anche a
causa dell'immagine (pubblicitaria,
televisiva ecc..) che inibisce il vero senso
della parola. «La parola per quanto
ambigua, imprecisa ed incapace di dare
lo shock che danno un’immagine ed
un’icona, può essere molto precisa in
quanto a catene di riferimenti, la parola
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indica con una certa precisione concetti e
fatti» (Ibidem).
Prima di Idioma il Soggetto del sapere e
il Soggetto del Mondo erano in posizione
differente, ora invece sono sullo stesso
piano, c'è una reciprocità. Zanzotto crede
che il sapere si fermi davanti alla realtà
assoluta, che unisce ma annulla allo
stesso tempo entrambi. Crede che nel
dialetto il codice della cultura e della
storia sono azzerati, perché il dialetto è
una memoria senza storia.
Il colloquio con i morti è importante per
il fatto che si ricordano non solo i fatti
storici, ma anche le stesse emozioni,
orride come quelle del Terrorismo, ma
anche di felicità, come la liberazione dal
Fascismo.
Nella prima parte del libro c'è la
presenza della morte. Vi è una morte
fisica o individuale, come nella poesia
Maria Fresu, oppure morte collettiva,
come in Verso il 25 Aprile. In quest'ultima
poesia Zanzotto allude ad un percorso
«verso» il 25 aprile, in cui ricorda
attraverso i versi di Molière posti in
exergo, che tutto ha un suo termine,
come il tempo, il quale però si può far
rinascere attraverso la commemorazione.
Si tratta di un percorso in cui il ricordare
implica compatire gli eventi della
Resistenza, in cui la dimenticanza è una
prerogativa ineluttabile. In seguito
introduce due lemmi greci importanti:
Ethos e Pathos. Il primo riguarda i valori
della Resistenza, e il secondo si oppone
alla commemorazione ufficiale. In questa
poesia Zanzotto annuncia che è pronto
per iniziare la poesia come Insomnia,
affinché possa dare un senso alla
banalizzazione del reale, ma anche l'unico
modo di far resistere quel tempo, quello
della Resistenza, è introdurlo nel
presente, «ripercorrendo un Passio nei
luoghi dell’insonnia, della pretesa» (G. L.
Beccaria). Ma il senso ultimo di questa
poesia è cercare di non cadere nella
superficialità, come la commemorazione
ciclica di eventi, fatta di retorica fine a se
stessa, ma entrare nel vivo
dell’esperienza storica passata affinché si
comprenda meglio, il passato e il
presente, nel quale il poeta si sente
vuoto. Al vv.8 «il vostro perire» Zanzotto
usa il tempo presente, simboleggiando
che l’evento non ha un termine, e si deve
rinnovare ogni anno. Al v. 70 il Poeta
utilizza il sostantivo «pianto» il quale ha
due significati: il primo è il pianto unito al
pensiero dei morti e delle vittime, il
secondo significato deriva da un vuoto
interiore, causato dal tempo moderno,
ecco perché Zanzotto preferisce creare
mondi metapoetici, solo per cercare di
scappare dal presente banale che lo
circonda.
Invece la poesia Maria Fresu introduce la
morte individuale.
E il nome di Maria Fresu
continua a scoppiare
all'ora dei pranzi
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in ogni casseruola
in ogni pentola
in ogni boccone
in ogni
rutto − scoppiato e disseminato −
in milioni di
dimenticanze, di comi, bburp.
ed ignoranza delle persone, ed inoltre
simboleggia l' apatia della maggioranza
italiana, sempre pronta a dimenticare. Ma
il nome di Maria Fresu continua a
scoppiare.
Bibliografia:
Zanzotto ricorda la strage neofascista
avvenuta nella stazione di Bologna, 1980,
ore 10.25. Ricorda in particolare Maria
Fresu, ragazza morta con sua figlia di 3
anni, talmente vicino al punto dello
scoppio della bomba, che il suo corpo fu
totalmente disintegrato. Il Poeta vuole
ribadire che il nome della vittima è in ogni
cosa, ovunque, e ha creato una poesia
con un finale leggermente volgare per
alludere alla dimenticanza del popolo
italiano, e all'indifferenza che aumenta col
tempo. Ci sono fortissimi enjambements,
e l’anafora «in ogni» crea un senso di
riverbero, quasi un’eco del nome della
vittima. Al v. 10 «comi» sta a significare
u n ’ i n d e f i n i t i va s o s p e n s i o n e d e l l a
consapevolezza, e ciò si riallaccia al tema
dell’insomnia nel presente. Ma questo
lemma ha anche un altro obiettivo: deriva
dal greco κωµος, che vuol dire in modo
negativo, banchetto o gozzoviglia, o
nell’accezione del Tommaseo-Bellini
«uscita in pubblico dalla mensa».
Ciò che si è disintegrato, contaminato, è
la coscienza civile e politica del paese, e
non il corpo di Maria e delle 84 vittime.
Infatti il termine «bburp» indica volgarità
A. Zanzotto, Idioma, Milano, I edizione
maggio 1986, poi in Id., Poesie e prose
scelte, a c. di S. Dal Bianco, Milano,
Mondadori, I Meridiani, 1999.
Contributo:
Alessandro Romei (classe V B, L.C.
Virgilio, Roma)
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